Giugno 2014 - Parrocchia Villapinta

Giugno 2014
Anno XVII°
Numero 71
Pro Manoscritto
Visita il sito della Parrocchia: www.parrocchiavillapinta.it
Carissimi parrocchiani,
Il mese di giugno è il mese nel quale si ricordano e
si celebrano gli anniversari di ordinazione sacerdotale.
È anche l’occasione per
ricordare che Dio
“chiama” tutti ad essere
suoi discepoli. Ovviamente nei modi e secondo i doni che ha dato a ciascuno.
Ognuno di noi, infatti, è un progetto di
Dio.
Ci realizziamo “solo” se costruiamo la nostra
storia secondo questo progetto. È questa la
“vocazione” di ciascuno.
Per seguire la propria vocazione occorre aver
chiare le condizioni.
Prima condizione. Ricercare e conoscere la
verità su noi stessi: chi siamo, cosa vogliamo,
come viviamo,…
Il Papa ci ricorda che “l’uomo ha bisogno di
conoscenza, ha bisogno di verità, perché, senza di essa non si sostiene, non va avanti”.
L’uomo, per sua natura, è proteso verso la
verità. Ciascuno vuole realizzare i progetti che
ha nel cuore, ma se non sono conformi a verità, sarebbero “castelli di carta”.
Seconda condizione. Sincerità e lealtà con
noi stessi e con gli altri. In caso contrario, ci
nutriremmo di illusioni e inganneremmo noi
stessi. La lealtà, la sincerità, la coerenza, anche
quando costano fatica e sacrificio, sono segno
di “carattere” e “personalità matura”.
L’inganno e la bugia, invece,
sono segno di poco coraggio e
di viltà. Soprattutto in chi dice
di “credere”.
È sempre il Papa che ci ricorda:
“La fede senza la verità non salva, non rende sicuri i nostri passi. Resta una bella favola, la
proiezione dei nostri desideri di
felicità, qualcosa che ci accontenta solo nella misura in cui
vogliamo illuderci”.
Terza condizione. Confrontare sempre le
proprie scelte con la Parola di Dio.
Solo chi ha imparato ad amare sperimenta la
realtà della vita in modo nuovo.
“Gioisce il cuore di chi cerca il Signore”, perché il Signore ci insegna ad amare, perché Dio
è Amore, perché tutta la Sua vita è stata dono
d’amore.
In questo modo, giorno dopo giorno, nelle
piccole cose quotidiane, realizziamo la nostra
vocazione, cioè quel “progetto” che Dio ha su
ciascuno, il solo che ci può dare la felicità.
Vivere bene è sempre impegnativo. Ma è l’unico modo per non “sciupare” la vita. Soprattutto in un tempo in cui le “sirene” che illudono sono molte e potenti… e la “grande verità” che spiega la vita nel suo insieme è guardata con sospetto!
Per terminare, vi propongo di riflettere su
alcune esortazioni di S.Escrivà de Balaguer che
di vocazioni se ne intendeva.
“Non prendere una decisione senza soffermarti a considerare la questione davanti a
Dio”.
“Pretesti. Non te ne mancheranno mai per
venir meno ai tuoi doveri. Respingili e fa’ il
tuo dovere”.
“Guardare il passato e… lamentarti…? NO; è
sterile. IMPARARE, questo è fecondo”.
“Domani! Qualche volta è prudenza. Molte volte è l’avverbio
dei vinti”.
Sono suggerimenti molto pratici. Ascoltiamoli e diventeremo
migliori.
don enrico
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di Alba Codazzi
Nella giornata di venerdì 25 aprile tutti gli
“invitati” all’assemblea, circa 200 tra preti, laici,
religiosi, hanno affrontato, suddivisi in nove gruppi ed in due distinti momenti intervallati dal pranzo in comune, il tema del “festeggiare” e del
“primerear” (prendere l’iniziativa). Questo neologismo è stato introdotto dal Papa per indicare
che “il Signore ha preso l’iniziativa”, ha preceduto
la Chiesa nell’amore “e per questo essa sa fare il
primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura,
andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli
incroci delle strade per invitare gli esclusi”.
La seconda giornata ha visto i gruppi confrontarsi sul tema del “coinvolgersi”, dell’
“accompagnare” e del “fruttificare”. I lavori
dell’assemblea sono terminati con l’esposizione
di una sintesi di quanto emerso nei laboratori
(che può essere riassunto in: formazione; cura
delle relazioni; verifica di quanto si è fatto in passato; esame degli strumenti che si hanno già a
disposizione; opportunità di riformare tali strumenti- orari, linguaggio, modalità - in base alle
richieste ed alle esigenze pastorali e sociali), cui
hanno fatto seguito la riflessione e alcune conse-
Si è svolta il 25 e il 26 aprile l’Assemblea Diocesana voluta dal Vescovo per condividere la
programmazione pastorale del triennio 20152017, partendo dall’esortazione apostolica di
Papa Francesco “Evangelii Gaudium”, ed, in particolare dal n. 24 e dai cinque verbi che lo caratterizzano: prendere l’iniziativa (primerear),
coinvolgersi, accompagnare, fruttificare, festeggiare. Cinque verbi che dovrebbero caratterizzare una Chiesa “in uscita”, cioè “la comunità di
discepoli missionari che prendono l’iniziativa,
che si coinvolgono, che accompagnano, che
fruttificano e festeggiano”.
I lavori dell’assemblea sono cominciati con un
momento iniziale di accoglienza, durante il quale
il Vescovo, proponendo una riflessione di Paolo
VI, ha richiamato l’attenzione dei presenti sulla
“mai compiuta formazione all’intelligenza del
Vangelo”. L’intronizzazione dell’Evangeliario, accompagnata da musica, gesti e canti, e la meditazione offerta da don Marco Cairoli sul brano
tratto dal Vangelo di Matteo (13,1-52), hanno
offerto la giusta carica per dare corso ai lavori di
gruppo, o, come si dice oggi, ai “laboratori”.
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la “celebrazione con il Regina coeli”, che ha proposto la meditazione di un altro brano del Vangelo di
Matteo ed un singolare e suggestivo dialogo tra
Maria e le figlie di Gerusalemme). Poi ancora lascia
l’appello del Vescovo a riflettere sulla “qualità della
fede nelle nostre comunità”. Una fede il cui spessore in alcuni casi è troppo sottile, generico, disperso.
“Un deterioramento della fede che genera deterioramento morale, visibile nelle abitudini comuni e
nell’atteggiamento civico”. Infine, lascia la provocazione, lanciata a suo tempo dallo scrittore Bernanos e saggiamente “rilanciata” all’inizio dei lavori
assembleari: “Un ateo parla ai credenti: “Quando
uscite dal confessionale, voi siete in stato di grazia.
Lo stato di grazia… eppure, vedete, esso quasi mai
appare. Ci domandiamo che cosa ne facciate della
grazia di Dio. Non dovrebbe raggiarvi dal viso? Dove
diavolo nascondete la vostra gioia?”. Già: dove nascondiamo la nostra gioia? Dice il Papa: “La gioia
del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”. E noi, lo abbiamo
incontrato?
gne da parte del Vescovo: “Non offro delle conclusioni, ma condivido alcune impressioni maturate dall’ascolto di sollecitazioni preziosissime e
sovrabbondanti che, in quanto tali, chiedono un
tempo indispensabile di decantazione per portare
frutto e applicazione nei vari consigli di partecipazione. Da questa assemblea è emersa una chiesa
bella, una chiesa viva, che ha sicuramente dei
problemi e dei limiti, ma che è capace di dire dei
“sì”, anche di fronte alle molte sofferenze, povertà e drammi dell’umano”.
Ma, al di là della cronaca di due giornate intense, cosa lascia quest’assemblea diocesana ai partecipanti? Senza dubbio la certezza di avere vissuto un bel momento di Chiesa, in un clima di dialogo, condivisione e rispetto, che, purtroppo, spesso manca, perché soffocato da individualismi, gelosie e apatìe. Poi lascia la “boccata d’ossigeno”
ricevuta da momenti di preghiera molto ben preparati e minuziosamente curati (la prima giornata
si è conclusa con la Messa presieduta dal Vescovo, celebrata nella chiesa del seminario. La seconda giornata, invece, è stata caratterizzata dal-
di Gianfranco Ravasi - “Avvenire”
Amo la vita. Tutto il mio tormento
consiste nella paura di non poterne
godere abbastanza a lungo e appieno.
Le giornate mi sembrano troppo brevi. Il sole tramonta troppo
presto. Le estati finiscono così in fretta. La morte arriva così
presto.
E’ questa una riflessione di Irène
Némirovsky da meditare soprattutto da
chi vive immerso nella noia e nell’inerzia, di chi tira a campare, giovane o vecchio che sia, riprendendo idealmente la
sconfortante osservazione di Qhoelet:
“Non ci provo alcun gusto!” (12,1).
“Io amo la vita, e la amo perché ne
succhio tutta la linfa, ne colgo i fiori, la
colmo di ricerca, di azione e di contemplazione”.
Impressiona questo gustare l’esistenza a pieni sorsi, soprattutto ai nostri
giorni quando si vedono folle di persone che non sanno come sprecare il tempo e bruciarsi la vita.
È un po’ anche per questo che la morte è diventata semplicemente un dato
statistico oppure rimossa e ignorata.
O peggio, è spesso scelta come una
soluzione per le difficoltà, dall’inizio assoluto della vita con l’aborto sino alla fine con
l’eutanasia, con una futilità e una leggerezza impressionanti.
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Il prete non è prete
per sé, non dà l’assoluzione a se stesso, non
amministra a se stesso i sacramenti, non è prete per
sé, ma per gli altri. Lasciate una parrocchia senza prete. “Che fare in Chiesa? - direbbe la gente - non vi è
più la celebrazione dell’Eucaristia, non più Sacramenti,
il Signore non vi è più, tanto vale pregare in casa”.
Quando si vuol distruggere la religione si comincia dal
prete perché dove non vi è più prete non vi è più sacrificio, non vi è religione.
Quest’anno la solennità del Corpus Domini per la
nostra parrocchia sarà allietata anche da un altro felice evento. Potremmo dire... da una benedizione speciale: il qurantacinquesimo anniversario di ordinazione
sacerdotale del nostro don.
Si sa: sulla figura del prete si dice di tutto e di più.
Chi lo vorrebbe in un modo, chi lo vorrebbe nell’altro.
Se parla, dovrebbe stare zitto. Se sta zitto, dovrebbe
parlare. Se è un tipo spirituale, dovrebbe stare con i
piedi per terra. Se pensa anche alle cose materiali,
dovrebbe essere più spirituale. Se è diplomatico, non
sa prendere posizione. Se prende posizione, dovrebbe essere diplomatico! …Ci piaccia o no, anche il prete è una persona. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Egli,
però, è un “uomo di Dio”, e questo lo rende speciale.
Proviamo a pensarci…ci aiuta il santo Curato d’Ars.
Consideriamo quali poteri Dio ha dato al prete.
Egli d'un pezzetto di pane ne fa un Dio. È più che
creare un mondo! “Se m’incontrassi in un prete e in un
angelo - è sempre il curato d’Ars che parla - saluterei il
prete prima dell'Angelo”. L’Angelo è l'amico di Dio, il
prete è il luogotenente di Dio. S.Teresa baciava il terreno dove era passato il prete.
Quando vediamo un prete dobbiamo dire: “Ecco
colui che mi ha fatto figlio di Dio, che m’ha aperto il
Paradiso nel santo battesimo, che mi ha purificato l’anima mia, che alimenta l’anima mia, che vorrò aver
vicino al capezzale nella mia agonia”.
Alla vista d’un campanile dobbiamo chiederci chi
c’è nella chiesa. Crediamo che lì c’è il nostro Signore,
vero uomo e vero Dio. E c’è perché un prete ha celebrato la Messa”. Le dita del prete che hanno toccato la
carne adorabile di Gesù Cristo, che si sono immerse
nel calice dove è stato il Sangue, nella Pisside dove è
stato il suo Corpo, sono più preziose di qualunque
gioiello.
Consideriamo dunque la grandezza
del prete.
S.Antonio Abate era stimato per la
sua straordinaria santità dagli stessi
imperatori. Questi gli scrivevano per
supplicarlo di pregare per loro. Eppure, sebbene tanto onorato dai grandi,
onorava egli stesso i Sacerdoti con
un così profondo rispetto che quando
ne incontrava qualcuno si buttava in
ginocchio e non si alzava se prima
non aveva ricevuta da lui la benedizione.
Ai giorni nostri invece, è molto avvilito e disprezzato il carattere Sacer-
*** ***
Il prete, dice san Giovanni Maria Vianney, curato
d’Ars, è un uomo che tiene il luogo di Dio.
Senza il sacerdote non avremmo il Signore. Chi
lo ha riposto nel Tabernacolo? Il prete.
Chi ci ha ricevuti nel grembo della Chiesa cattolica
al primo entrar nella vita? Il prete.
Chi ci nutre e dà forza nel pellegrinaggio di questa
vita mortale? Il prete.
Chi ci preparerà a comparire al tribunale di Dio lavandoci per l’ultima volta nel Sangue di Gesù Cristo?
Il prete, sempre il prete.
Se noi ci allontaniamo dal Signore, chi ci riconcilierà con Lui? Chi ci renderà la grazia, la calma e la pace? Ancora il prete.
Confessiamoci alla Santa Vergine o
a un Angelo, ci assolveranno essi dai
nostri peccati? No. Ci daranno per nutrirci nel nostro pellegrinaggio terreno il
Corpo e il Sangue del Signore? No. La
Santa Vergine non può far discender il
suo Divin Figlio nell'Ostia.
Fossero nel Confessionale anche
tutti gli Angeli, non potrebbero assolverci dai nostri peccati. Un prete, per semplice che sia, lo può. Egli può dire: “Va’
in pace, io ti perdono”.
La dignità del prete è davvero grande!
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quelle storie nelle quali il Papa, i Vescovi, i Frati, i Preti
sono calunniati e derisi nella maniera più turpe e volgare.
dotale; alle volte anche da quelle persone che vantano
ossequio alla Fede, alla religione, alla Chiesa. Che gli
increduli e i libertini non abbiano per i Sacerdoti che
odio e disprezzo non è meraviglia, ma che persone cristiane, che si ritengono buone e timorate di Dio, non
abbiano il dovuto rispetto per i Sacerdoti, è cosa intollerabile. Spesso si sparla dei Sacerdoti, si fa delle loro
persone un oggetto di beffe e di satire, s'ingrandiscono i
loro difetti e se ne fa un gran rumore. Succede poi anche che, per lo sbaglio e il limite di qualche povero prete, con sacrilega ingiustizia, si mettono in discredito tutti
i Sacerdoti facendone indistintamente un fascio di tutti,
come se tutti fossero persone ignoranti, oziose, avare,
mondane, viziose. Come se le azioni di uno bastassero
a rendere rei anche gli altri.
È stoltezza giudicare tutti gli uomini scellerati perché
uno, dieci, cento di loro sono tali. La vita del Sacerdote
deve essere santa e se non lo è, guai a lui! Ma anche
se conducesse una vita cattiva non lascia per questo di
essere Ministro di Dio, e nessuno ha il diritto di disprezzarlo. Chi disprezza i Sacerdoti di Dio disprezza Dio
stesso. Rigettate con orrore quelle riviste, quei romanzi,
Rispettiamo il prete, amiamolo, ascoltiamolo;
difendiamolo dalle calunnie e dagli insulti degli empi.
Egli è l'uomo di Dio, il Ministro, il Rappresentante
dell’Altissimo. È un uomo che rinunziò alle ricchezze, ai
piaceri della vita per tutto consacrarsi ai bisogni spirituali, e non solo, dei fratelli.
Se incontriamo qualche sacerdote poco esemplare e
forse anche vizioso, non ci meravigliamo. Ci ricordiamo
che i preti son anche loro figli di Adamo, soggetti alle
stesse debolezze della natura umana. Sono pochi i preti cattivi e ogni cristiano ha il dovere di pregare per questi poveri disgraziati e coprire più che è possibile i loro
sbagli.
Si parla con tanto chiasso delle debolezze di qualche prete in particolare, e non si fa parola delle virtù e
dei sacrifici del maggior numero. E chi può conoscere e
raccontare le sofferenze, la carità di mille e mille preti
che pregano, che si sacrificano per la loro gente, per le
parrocchie che sono loro affidate? (…)
per festeggiare sia pure nella semplicità,
il nostro don, proponiamo, per domenica
22 giugno, il seguente programma:
ore 10,45: S.Messa nella solennità del Corpus Domini
Seguirà la processione eucaristica, alla
quale parteciperanno i bambini della Prima
Comunione. Sarà presente la banda.
Dopo la S.Messa: aperitivo per tutti al CAP
ore 13,30: pranzo presso Albergo Ristorante “Villa dei
(se necessario,
Tigli” di Valle di Colorina (Opera don Folci)
ci sarà un
servizio navetta) per coloro che si saranno iscritti.*
*
PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI:
CELL. 348.2692229, CELL. 347.2652264
PRENOTAZIONI ENTRO MERCOLEDI’ 18 GIUGNO
PRANZO: € 30,00, bevande incluse.
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LO SPIRITO, FORZA DI DIO
Quando dobbiamo parlare dello Spirito Santo, ci troviamo spesso poveri
di concetti e di parole, ci diventa difficile poterlo raccontare e spiegare.
Forse è questo uno dei motivi per cui lo Spirito Santo è spesso “un illustre sconosciuto”. Anche le immagini che di solito usiamo per indicarlo
(soffio, vento, fuoco, colomba, ecc.) rischiano di farci immaginare lo Spirito Santo come una “cosa”. Invece, queste stesse immagini, servono a
dire che lo Spirito è vita, è dinamismo.
a. Lo Spirito, forza di Dio,
nell’Antico Testamento
L’Antico Testamento, pur non conoscendo ancora lo Spirito Santo come realtà, parla diverse volte di lui,
soprattutto come forza vitale di Dio,
con la quale Dio agisce e fa agire.
Quando Dio dona il suo soffiospirito, la creazione si anima, i profeti parlano a nome di Dio, ecc. (vedi
Ez 37,9b-1O).
Per l’Antico Testamento, quindi, lo
Spirito è l’azione di Dio.
Lo stesso Antico Testamento annuncia anche che il Messia sarà ripieno
dello Spirito (Is 11,1-2) e che lo Spirito sarà donato a tutto il mondo (GI
3,1-2).
b. Gesù, ripieno dello Spirito
Santo
Il Nuovo Testamento, ci presenta Gesù “ripieno di Spirito
Santo”.
 L’Annunciazione ci presenta
l’origine di Gesù come opera
dello Spirito Santo (Lc 1,35);
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tutti e quattro i Vangeli danno grande importanza anche al momento
del Battesimo di Gesù: lo Spirito
scende su Gesù in forma di colomba, lo attesta Messia e lo consacra
per la missione tra gli uomini;
 dopo il Battesimo, incontriamo Gesù
che, nel deserto, comincia la sua
lotta contro Satana, con la forza dello Spirito (Lc 4,1-2);
 dopo Le tentazioni, Gesù inizia la
sua vita pubblica, sempre con La
potenza dello Spirito (Lc 4,14-15);
 nella sinagoga di Nazaret, Gesù legge, davanti ai suoi concittadini, il
passo di Is 61,1-2: “Lo Spirito del
Signore è sopra di me; per questo mi
ha consacrato con l’unzione, mi ha
mandato per annunciare ai poveri un

lieto messaggio... “, e Lo commenta
dicendo: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i
vostri orecchi”. (Lc.4,21)
c. La Chiesa, creatura dello Spirito
La Chiesa riceve lo Spirito Santo, promesso da Gesù, nel giorno di Pentecoste (At 1,8).
Questo dono è per la Chiesa ciò che il
Battesimo è stato per Gesù: con la
forza e l’energia dello Spirito Santo la
Chiesa può iniziare la sua missione
universale.
Lo Spirito fa spuntare un’umanità nuova netta quale vengono superate le
barriere che separano e creano incomunicabilità (vedi il racconto della
Pentecoste in At 2); lo Spirito spinge
gli Apostoli e tutti i credenti alla missione, all’accoglienza dei pagani (At 10);
lo Spirito costituisce dei pastori nella
Chiesa (At 20,28), guida la comunità
ed i suoi capi, soprattutto nei momenti
dette decisioni importanti e
delle prove dolorose; lo Spirito
dà forza alla Parola che converte, è fonte di gioia anche
nelle persecuzioni.
In poche parole: lo Spirito è la
forza segreta della Chiesa e
della sua missione nel mondo.
d. Andiamo al Padre, mediante Gesù Cristo, nello
Spirito
La Chiesa è una comunità di
persone che può chiamare Dio
con il nome di Padre grazie al
sacrificio di Cristo, alla sua
morte ed alla sua risurrezione.
E Gesù, a sua volta, non è un
personaggio lontano, ma è
vivo ed operante ancora oggi
grazie allo Spirito.
Andiamo al Padre, termine
ultimo della nostra storia e del
disegno divino sugli uomini,
mediante Cristo, che è vissuto in mezzo a noi, è morto ed è risuscitato, nello
Spirito Santo, che rende presente l’azione e la persona di Cristo. L’azione
dello Spirito è spesso invisibile, non
riusciamo a percepirla, quindi è oggetto di fede. Ma lo Spirito Santo ha anche delle manifestazioni visibili, che
noi possiamo vedere in qualche modo.
Possiamo, ad esempio, toccare con
mano quelli che San Paolo chiama i
frutti dello Spirito: amore, gioia, pace,
pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé (GaI 5,22).
Questi sono i frutti del nostro cammino
cristiano!
Per offrire a tutti gli uomini la salvezza, Gesù risorto ha inviato dal Padre lo
Spirito Santo. Lo Spirito radica nel cuore di ogni uomo il suo Vangelo e guida
la Chiesa sulle strade del mondo.
Come l’anima nel corpo, cosi lo Spirito rende vive le istituzioni della Chiesa
ed infonde nel cuore dei cristiani il desiderio ed il coraggio di portare a tutti
gli uomini la verità del Vangelo che Gesù ci ha donato. Ad Gentes — n. 4
Domande / provocazioni




Chi guida le tue grandi scelte di vita?
Ascolti la voce dello Spirito Santo, oppure la soffochi con le tue
superficialità?
“Lavori” nella tua comunità cristiana, lasciandoti guidare dallo
Spirito ed impegnandoti a vivere nella fede e nella bontà?
Riesci ad incarnare nella tua esistenza i “frutti dello Spirito”?
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Due ragazze brasiliane, ambedue sedicenni dopo aver partecipato ad un “party” in
una frequentatissima località balneare, erano state assassinate. Le rispettive mamme, interrogate dalla polizia, confessarono di essere all’oscuro di tutto: non sapevano nulla né della fuga delle figlie e ancor meno conoscevano i proprietari della villa
ove era avvenuto il tragico festino.
Il testo a seguire è stato scritto da uno psicologo e consegnato agli allievi di una
rinomata scuola privata di San Paolo con la raccomandazione che lo passassero ai
loro genitori. Ai figli era stato chiesto di rimanere loro accanto sino alla lettura completa del testo.
vostra cameretta, cosa che io avrei potuto fare
in quindici minuti.
• Vi ho amati a sufficienza quando vi ho
dimostrato, oltre l’amore che nutrivo per voi,
anche la mia delusione di fronte a certi vostri
atteggiamenti e non vi ho nascosto le lacrime
che mi scorrevano sul volto.
• Ma più ancora, vi ho amati a sufficienza
quando vi ho detto quel «no» deciso, anche se
sapevo che per questo avreste potuto odiarmi
(e in certi momenti, forse, mi avete odiato
davvero...).
Un giorno, quando i miei figli saranno cresciuti a sufficienza per capire la logica che
spinge i papà e le mamme ad agire, potrò dire
loro:
• Vi ho amati a sufficienza quando vi ho
chiesto dove andavate, con chi e a che ora sareste tornati.
• Vi ho amati a sufficienza quando vi ho
fatto capire che quell’amico conosciuto da poco non era una compagnia affidabile.
• Vi ho amati a sufficienza quando vi ho
obbligato a pagare ciò che di nascosto avevate
sottratto nel supermercato o le riviste prese di
soppiatto al giornalaio e vi
ho costretti a dire al legittimo proprietario: «Ieri
abbiamo preso queste cose e siamo venuti a pagarvele».
• Vi ho amati a sufficienza quando sono rimasto due ore in piedi, accanto a voi, aspettando
che rimetteste in ordine la
Erano queste le battaglie più difficili. Eppure adesso sono contento.
Ho vinto! Anche voi avete
vinto! E quando i miei nipoti cresceranno a sufficienza
per capire la logica che
muove i papà e le mamme
ad agire, quando questi domanderanno se i loro genitori erano «crudeli», i miei
figli potranno dire:
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SÌ,I NOSTRI GENITORI
ERANO «DURI».
ESSI ERANO I PEGGIORI
DEL MONDO!
• Gli altri bambini si abbuffavano di torte e cioccolato a colazione e noi
dovevamo mangiare cereali, uova e toast con
una misera fetta di prosciutto.
• Mentre gli altri bambini bevevano litri di
Coca-Cola, mangiavano patatine fritte e quegli
hamburger farciti di ogni ben di Dio, noi dovevamo mangiare a pranzo molta verdura, cruda e
cotta che fosse, e tanta frutta.
• I nostri genitori avevano il diritto di sapere
chi erano i nostri amici e cosa combinavamo
quando eravamo con loro.
• Insistevano perché noi dicessimo con chi
uscivamo, anche se la nostra assenza era di
un’ora e anche meno. Dovevamo essere sinceri.
• E quando eravamo adolescenti, papà e
mamma riuscivano persino a leggere i nostri
pensieri. Sì, la nostra era davvero una vita grigia
e monotona.
• I nostri genitori non permettevano che gli
amici si attaccassero al clacson per dirci che
erano sotto casa. Essi dovevano bussare alla
porta e salire perché loro li potessero squadrare
a dovere.
• E mentre tutti gli altri, a dodici anni e anche
meno, potevano tornare tardi a casa, noi aspettammo per lo meno i 16 anni per rientrare un po’più tardi. Papà e mamma — Dio, come erano ingombranti!
— ci aspettavano svegli, e volevano sapere com’era
riuscita la festa (... ma in realtà, volevano solo vedere in che stato ritornavamo).
PER COLPA DEI NOSTRI GENITORI
NOI ABBIAMO PERSO
INNUMEREVOLI ESPERIENZE
NELLA NOSTRA ADOLESCENZA!
Nessuno di noi è mai stato coinvolto con le
droghe, i furti, gli atti di vandalismo, le violazioni
di proprietà o il bullismo.
TUTTO PER COLPA DEI NOSTRI GENITORI!
Ora che siamo adulti, onesti e responsabili,
stiamo facendo il possibile per essere,
con i nostri figli, genitori «duri»
come papà e mamma lo furono con noi.
Forse è questo che manca nel mondo d’oggi.
NON CI SONO PIÙ GENITORI «DURI»
A SUFFICIENZA!
Del Sacerdote, tanto grande e tanto fragile, hanno detto:
S. Agostino:
Il Sacerdote è il vertice di tutte le grandezze
S. Francesco:
Se incontrassi simultaneamente un Angelo e un Sacerdote, saluterei prima il Sacerdote, perché egli è un altro
Cristo.
S. Giovanni Bosco:
Il più grande dono che Dio possa fare a una famiglia
è un figlio sacerdote
S. Giovanni Vianney: Lasciate per vent'anni una parrocchia senza prete
e vi si adoreranno le bestie.
S. Padre Pio:
Quando celebro la S. Messa sono sospeso sulla croce
con Gesù.
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Per combattere le discriminazioni, la lobby Lgtb pretende di sovvertire valori
e natura, negare che la famiglia sia fondata sul matrimonio tra uomo e
donna, mettere in discussione anche i concetti di maternità e paternità.
E’ giunto il momento di esprimere con forza e puntualità il nostro dissenso.
di Lucia Bellaspiga
Nelle corpose “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone
Lgbt”, pubblicate dal Dipartimento per
le Pari Opportunità (presidenza del
Consiglio dei ministri) e dall’Unar
(l’ufficio nazionale antidiscriminazioni
razziali che da questo dipende), anche
noi giornalisti, come tante altre categorie e realtà, abbiamo ricevute le istruzioni su come scrivere di Lgbt (lesbiche,
gay, bisessuali e transgender) e quali
termini possiamo o non possiamo utilizzare.
Di più: ci siamo sentiti dire come la
dobbiamo pensare. Insomma, se ancora crediamo che la famiglia sia formata
da un padre, una madre e dei figli da
loro nati, siamo
schiavi di una antiquata mentalità e ci
comportiamo in modo omofobico.
In realtà spesso
sbagliamo in buonafede: la vera colpa
infatti è di tre concetti fuorvianti:
“Tradizione, natura e procreazione”.
D’ora in poi tutti noi giornalisti dovremo
capire che non esiste la famiglia tradizionale, così come non esiste la famiglia gay, in quanto i due concetti semplicemente coincidono. Anche per
persone dello stesso sesso dovremo ricordarci di parlare di matrimonio, ad
esempio, sebbene questo istituto nemmeno esista...
La discriminazione è caldamente
consigliata, se non addirittura imposta,
quando si parla di persone Lgbt, ma
nei confronti di chi non lo è. Ciò avviene in tutti i campi... Addirittura sono
sovvertite le regole del buon giornalismo che prevede il
confronto di più
opinioni: in caso di
dibattito — si legge infatti — si inviteranno e si intervisteranno solo persone Lgbt, sgraditi
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tutti gli altri, anche gli esperti e gli psicologi, i quali magari si permetterebbero di
sostenere che i figli hanno bisogno di
una madre e un padre... Meglio censurarli in partenza.
Abbiamo iniziato dalle “Linee guida”
che riguardano la nostra professione.
Ma se usciamo dall’ambito giornalistico
e ci guardiamo intorno, il panorama è
inquietante e omogeneo: analoghi documenti, infatti, sono stati prodotti e diffusi anche per il mondo del lavoro, le
carceri, la scuola, con una capillarità
non giustificata, che certo non corrisponde al sentire comune e ai bisogni
della società, e con un dispendio clamoroso di soldi pubblici.
Su “Avvenire” abbiamo già più volte
messo in guardia dai tre famigerati opuscoli per gli insegnanti (e quindi per gli
alunni) dalle elementari alle superiori,
intitolati “Educare alla diversità a scuola”, partoriti dall’Istituto Beck, sempre
con il beneplacito dell’Unar (e quindi
delle Pari opportunità), oltre che con dispendio di decine di migliaia di euro.
Qualche citazione dai testi: “A un
bambino è chiaro da subito che, se è
maschio, dovrà innamorarsi di una principessa, se è femmina di un principe.
Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse . Ecco allora che la guida sottotitolata “per un insegnamento
più rispettoso delle differenze” parte da
semplici esercizi rivolti agli insegnanti,
che vanno rieducati al gender, e prosegue con schede di lavoro da sottoporre
ai bambini stessi.
Ricordiamo che la teoria
del gender è la seguente:
non si nasce uomo o donna, si nasce ciò che ci si
sente e si sceglie di essere.
Indifferenziati i sessi, tutto è
liquido, tutto è mutevole e
relativo, dunque non ha più
senso usare le parole
“padre e madre”.
Così nelle scuole narrativa, cinema, teatro, ma an-
che ascolto di testimoni invitati in
quanto gay o trans,
aiuteranno a ripulire
il cervello dei bambini da preconcetti
assurdi come la famiglia padre/madre/figli, che la guida
stessa definisce “uno stereotipo da pubblicità”. E come? Le gender-fiabe non dovranno mai dare per scontato l’amore tra
sessi diversi. Biancaneve? Cenerentola?
Tutto in pattumiera. Anche per la matematica largo al gender - problemino di
aritmetica, con Rosa che va a fare la spesa con i suoi due papà: quanto spende in
totale la gender-famiglia di Rosa? E così
avanti.
Premesso che qualsiasi forma di discriminazione o bullismo è da condannarsi, non
è però accettabile che la deriva sia quella opposta, con la totale discriminazione
non solo delle persone eterosessuali, ma
della nostra millenaria cultura, della natura che ci fa figli di un padre e di una madre, persino del credo religioso.
Ai nostri figli le guide dell’Unar vorrebbero insegnare che “un pregiudizio diffuso
nei paesi di natura fortemente religiosa è
che il sesso vada fatto solo per avere
bambini “, ne consegue ovviamente che,
poiché così non è, il sesso tra i gay è persino più naturale di quello tra eterosessuali
(stiamo parlando a bambini delle elementari!) e il loro matrimonio dovrebbe essere
ammesso, perché i figli crescono benissimo se i due genitori sono dello stesso sesso...
Se questa è la scuola del
futuro (anzi, in certi casi del
presente), c’è di che preoccuparsi. Le famiglie dell’Age
(Associazione italiana genitori) - come l’intero l’associazionismo familiare - si ribellano a tutto ciò, ricordando che questi testi non
sono obbligatori nelle scuole e anzi sono anticostituzionali. Scaturiti dalla
12
delle cose e di far passare per
acquisito ciò che non lo è affatto.
In Italia lo scorso settembre gli
Lgbt sono andati su tutte le
furie, perché un signore chiamato Guido Barilla ha detto
testualmente “non farei uno
spot con una famiglia omosessuale non per mancanza di rispetto, ma
perché ho un concetto differente rispetto alla famiglia gay. Sono favorevole al
matrimonio gay, non all’adozione, da
padre di più figli credo sia infatti molto
complesso tirare su dei bambini in un
coppia dello stesso sesso». Insultato a livello planetario, messo alla gogna, costretto a ritrattare. Che sia urgente una
legge contro l’eterofobia?
“Strategia nazionale per la
prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale e
l’identità di genere 20132015” (sempre Dipartimento
Pari Opportunità e Unar, naturalmente), baipassano l’articolo 30 della Costituzione,
che riconosce alle famiglie il diritto di
educare i propri figli secondo i valori in
cui credono.
L’invito quindi è a vegliare e denunciare tutti i tentativi di portare nelle classi l’ideologia del gender senza il permesso
dei genitori e dei consigli d’istituto.
Con l’alibi di tutelare gli omosessuali
dal bullismo, l’ideologia del gender sta
cercando di scardinare l’ordine naturale
I nostri Cresimandi
in Cattedrale a Como
dopo
la S.Messa Crismale
lo scorso
Giovedì Santo
Accompagnati
dai loro amici
più grandi
13
La prima condizione perché un bambino sia felice
è quella di vivere in mezzo a persone felici.
Amare se stesso è un obiettivo di crescita
irrinunciabile per un bambino, ed è anche
un traguardo da raggiungere
con l’aiuto degli adulti.
Narcisismo o amore di sé?
• Oggi si sente parlare molto di narcisismo.
Questo termine richiama l’immagine mitica
del giovane Narciso che, attratto dalla bellezza del suo volto, cade nello stagno in cui
si sta specchiando. In quest’ottica è impossibile considerare l’amore di sé un obiettivo
degno di essere perseguito. Esso è visto,
piuttosto, come una strada da cui distogliere
il bambino, perché lo condurrebbe a un ripiegamento su se stesso.
• Eppure sia la riflessione psicologica che
pedagogica ci dimostrano che le capacità di
donazione e di servizio non si sviluppano là
dove i reali bisogni dell’individuo vengono
negati.
•Anche l’amore per il prossimo in questi casi rischia di essere una compensazione per
un amore verso se stessi non ricevuto.
E dietro l’apparente donarsi generoso, si
potranno celare bisogni di considerazione
che porteranno l’individuo a stabilire rapporti falsi con se stesso e con gli altri, a proteggere l’immagine di sé — come persona
buona, generosa, altruista — così faticosamente costruita.
L’amore di sé: un’arte
• Parafrasando il famoso libro di Erich
Fromm “L’arte di amare” dobbiamo riconoscere che amare se stessi non solo è un
obiettivo di crescita irrinunciabile, ma anche un traguardo molto impegnativo che
richiede disciplina, pazienza, creatività, proprio come un’opera d’arte. Solo una madre
«felice» potrà comunicare al bambino un
sentimento d’amore incondizionato.
Egli dirà a se stesso: sono amato perché sono il bambino della mamma, sono amato
perché ci sono, non per quello che so fare e
produrre.
• Ma che cosa accade quando la madre non
è in grado di offrire questi doni perché non
li ha ricevuti a sua volta, né come bambina,
né come donna? Accade che il bambino comincia a crearsi un’immagine di sé negativa.
E come se dicesse a se stesso: non mi amano perché non lo merito, sono cattivo.
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• Convincere un bambino
che ha vissuto la sua infanzia in una famiglia infelice, arida e magari violenta, che può e deve amarsi
è come richiamare alla sua
mente immagini di un
paese di cui ignora persino
l’esistenza.
• Nella trama della vita umana è inscritta la
legge della grazia: siamo e diventiamo ciò
che riceviamo in dono.
Gli artisti: padre e madre
• Sorretto dalla madre, che sorregge le sue
ansie e guidato dal padre, che lo incita ad
avanzare in modo via via sempre più autonomo, il bambino impara a riconoscersi come persona capace e degna di fiducia, sviluppando un senso d’identità stabile e positivo.
• La prima condizione perché un bambino
sia felice è quella di vivere in mezzo a persone felici: ecco perché sia la società che la
Chiesa dovrebbero avere cura del benessere
degli adulti, se vogliono assicurare quello
dei bambini. È evidente che qui non si parla
di “felicità”, come uno stato continuo di
soddisfazione euforica (improbabile, se non
addirittura patologico), ma piuttosto di una
condizione di padronanza di sé che nasce
dalla conoscenza delle proprie potenzialità e
dall’accettazione dei propri limiti e che è
accompagnata dal gusto del fare e del creare.
• Il proprio sé viene sperimentato non come
nucleo isolato, ma in rapporto-con: con le
proprie radici (padre-madre), con il coniuge,
con i figli, con il gruppo sociale in cui si è inseriti, Il credente si esperimenta, inoltre, in
relazione con un «Tu» che assume per lui le
caratteristiche di un amore e di una fedeltà
assoluti.
• Nell’ascolto, nella preghiera, nella vita
quotidiana, visti in trasparenza, papà e
mamma imparano a riconoscere in questo
«Tu” la fonte, il sostegno e la mèta del loro
amore per i figli e al tempo stesso la dimensione del loro autonomo cammino, cosicché
percepiscono che i loro
figli non sono i loro, ma i
figli della Vita; frecce
scoccate dal loro arco
verso orizzonti per loro
inesplorabili.
Sviluppo dell’amore di sé
• Se questo è il seme dell’amore di sé, ci
sono però delle cure quotidiane che permettono al seme di crescere e di svilupparsi.
Ne enumeriamo alcune:
• Creare un clima dove un bambino si senta
ascoltato e dove possa dare voce ai suoi bisogni e alle sue esigenze. A questo scopo è
importante «dare la parola» al bambino, fin
da piccolo, così che egli possa tradurre i suoi
stati d’animo in un dialogo di verifica e di
confronto.
• Dimostrare che rispettiamo e amiamo il
suo corpo, che rispettiamo le sue idee, che
non violentiamo i suoi sentimenti.
• Nutrire non solo il suo corpo, ma anche la
sua mente e il suo cuore, rispondendo ai
suoi perché, ammirando insieme a lui la bellezza di un paesaggio o i colori di un dipinto,
comunicandogli sensazioni e immagini, ad
esempio attraverso la narrazione di fiabe o
racconti simbolici. In questo modo educheremo la sua intelligenza e la sua sensibilità,
preservandolo dal diventare uno dei tanti
figli del «vuoto» o del «puramente utilitaristico» che poi, nell’adolescenza, si scoprono
incapaci di porsi le domande sul senso della
loro vita, contentandosi di vivere alla giornata e di avere abbastanza per divertirsi.
• Scoprire insieme a lui nelle parole del Vangelo, nei gesti della preghiera personale e
comunitaria (riti, celebrazioni) la fonte della
comune dignità di persone: siamo tutti, genitori e figli, creature di uno stesso Padre.
• Accompagnarlo nell’inventare e nel realizzare concretamente gesti di condivisione, di
generosità e di servizio (sono capace di fare
il bene...).
• Sperimentare insieme la festa, come dimensione del dono accolto e della gioia
condivisa.
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«Amatevi come io ho amato voi»
• Queste parole di Gesù che applichiamo
all’amore per il prossimo, possono essere
riferite anche all’amore per se stessi.
Amarci come Dio ci ama, avere nei nostri
confronti lo stesso atteggiamento di delicatezza e cura che Dio ci ha dimostrato
attraverso Gesù è, in ultima analisi, riconoscere che non ci apparteniamo, ma siamo
dono di Dio.
Per molti, i Sacramenti rischiano di essere riti
di pura esteriorità che hanno poco o nulla a che fare
con la vita di ogni giorno.
Ma è proprio così?
La struttura sacramentale della vita
• “Molte volte e in molte forme”, scrive il
catecheta tedesco G. Baudler, “Dio ha parlato all’uomo e gli si è comunicato attraverso
l’acqua portatrice di vita, attraverso il soffio
del vento e il respiro, attraverso il fuoco che
riscalda, l’albero che offre la sua ombra ristoratrice, la maestà e la stabilità delle montagne, la casa e la grotta in cui possiamo
rifugiarci, attraverso la strada che porta incontro al futuro, soprattutto attraverso la
solitudine del deserto e ancor più attraverso
il volto della creatura umana.
Quello stesso Dio si è rivelato pienamente
in Gesù Cristo, crocifisso e risorto,
diventato così
“sacramento”
dell’incontro tra
l’uomo e Dio”.
stero di Cristo, le cose diventano luogo di
trasformazione. Così il pasto intorno alla
tavola diventa annuncio dell’Eucaristia; il
risvegliarsi dall’incoscienza del sonno e
ogni nuovo inizio, presagio e figura del
Battesimo; l’amore tra l’uomo la donna,
confermato nel Matrimonio, immagine
dell’amore sponsale con cui Dio si unisce
all’uomo. Ogni passo decisivo che il bambino compie sulla strada dell’autonomia, può
diventare espressione e concretizzazione
del dono dello Spirito che, nel sacramento
della Cresima, rende il cristiano membro
responsabile della comunità. Ogni gesto di
perdono e di riconciliazione rende
presente la misericordia di Dio e avviene soltanto in
forza di questa misericordia.
• Il sacramento
apre nuovi orizzonti
e dona nuovo significato anche all’e-
Quando le cose
cominciano
a parlare
• Collegate al mi16
sperienza del limite: così l’Unzione degli infermi accompagna con mano materna a immergersi nella passione e
morte di Gesù, nella promessa della
sua Risurrezione.
Ogni fondamentale scelta di vita si rivela, nel sacramento dell’ordine e del Matrimonio, come speranza e conferma di un progetto
comune di cui Dio si assume rischi e responsabilità insieme alla sua creatura
• Così nel ciclo dei sacramenti si rispecchia e si
realizza il ciclo di una vita vissuta in modo autenticamente umano: non banalmente, non in superficie, ma nella costante ricerca e realizzazione
del suo vero senso.
di nuovi cammini, in forza dello Spirito che pure attraverso il Battesimo ci
viene donato.
• Nel sacramento dell’Eucaristia si
manifestano l’intrinseca natura di Dio
che è comunione e la vera natura
dell’uomo, chiamato alla comunione con il Padre e con i fratelli... Gesù che raccoglie intorno
alla stessa tavola coloro che si ritengono giusti e
quelli considerati peccatori dice con il suo gesto:
questa è la vita per cui siete nati e in cui solamente potete essere felici. E ai suoi comanda di
ripetere questo gesto fino ai confini della terra e
fino alla fine dei tempi.
La prima catechesi
 Da ciò che è stato detto appare evidente che
un percorso di Catechesi sacramentale non può
esaurirsi nello spazio di un anno (e nemmeno di
due anni) di preparazione alla Cresima e alla prima partecipazione all’Eucaristia e, tanto meno,
nel breve corso di preparazione al Matrimonio.
Essa inizia nella prima infanzia ed è affidata prima di tutto alla famiglia che non può, però, svolgere il suo compito se non è sostenuta dalla comunità ecclesiale in cui può vivere ciò che è
chiamata a comunicare ai figli.
 Solo in famiglia il bambino impara ad ascoltare, osservare, toccare, gustare. Solo la mano
della mamma o di una persona cara può richia-
I sacramenti, modello di una vita “realizzata” in
senso cristiano
•Al tempo stesso, poiché sono doni di Cristo, rivelatore del Padre, i sacramenti ci mostrano chi è
Dio per noi.
• Nel sacramento del Battesimo, egli si rivela come «abbà», colui che è tenero come un papà e
come una mamma. In questo sacramento riceve
risposta il nostro bisogno di essere amati e accettati per quello che siamo (“Questo è il mio
figlio prediletto, di cui mi compiaccio”). L’abbraccio che accoglie e sostiene non ci fa, però, rimanere in una sorta di eterna infanzia, come pronosticava Freud, ma ci rende capaci di nuovi inizi e
Il sacerdote…
 È l'uomo più amato e più incompreso; il più cercato e il
più rifiutato.
 È la persona più criticata, perché deve confermare con
il suo esempio l'autenticità del messaggio.
 È il fratello universale, il cui mandato è solo quello di servire, senza nulla
pretendere.
 Se è santo, lo ignoriamo; se è mediocre, lo disprezziamo.
 Se è generoso, lo sfruttiamo; se è "interessato", lo critichiamo.
 Se siamo nel bisogno, lo assilliamo; se vengono meno le necessità,
lo dimentichiamo.
 E solo quando ci sarà sottratto comprenderemo quanto ci fosse indispensabile e caro.
17
 Le premure e le tenerezze che si scambiano i
mare la sua attenzione sulla foglia colorata del
faggio e sull’andare paziente della lumaca. Solo
lei può additare, come una meraviglia, il fiore
appena sbocciato o il frutto maturo al punto
giusto.
• Sono sue le braccia che accolgono il bambino
al risveglio, quando ci si sente “gettati nel
mondo” e non ancora pronti per un nuovo inizio. Da lei o dal papà il bambino riceve alla sera
il racconto o il giocattolo-viatico per entrare
nel Paese del sonno, a volte spaventoso come
la terra della morte.
Osservando la mamma, egli impara quanta cura richiede la preparazione del cibo, ma anche
quanta festa comunichi la tavola apparecchiata
per le occasioni speciali, quando gli amici si
riuniscono per celebrare ricorrenze e compleanni o, semplicemente, la gioia di stare insieme.
genitori gli rendono visibile la tenerezza di Dio
che ascolterà risuonare, poi, nell’annuncio del
Vangelo. E il loro atteggiamento di fronte alla
malattia e alla morte gli farà capire se si può
sperare contro ogni speranza.
 In famiglia il bambino riceve il sacramento della Riconciliazione e del perdono molto tempo
prima di sapersi accostare a un confessionale, e
dalla fiducia dei genitori mutua il coraggio di
crescere, di «stare sulle proprie gambe», per
intraprendere autonomamente nuovi cammini
• Nella comunità cristiana queste esperienze,
radicate nella vita famigliare, si riveleranno come pietre miliari nel cammino dell’uomo con
Dio, manifesteranno il loro carattere di sacramento, diventeranno espressioni della vita nuova realizzata in Gesù Cristo. .
18
EUCARISTIA
Signore Gesù,
Tu mi hai amato
fino a dare la vita
per me.
Aiutami a crescere
come Te
in sapienza
e in grazia.
Gesù,
io ti amo e
voglio essere
Cerca nello schema
le parole che trovi
elencate di fianco.
Quando le trovi,
tira sopra una riga.
Poi, partendo dal
primo rigo, e,
proseguendo in
ordine orizzontale
da sinistra a destra,
scrivi le letterine
rimaste.
Formerai una frase.
19
Le mie pecore ascoltano la mia voce
e io le conosco ed esse mi seguono.
20
CATECHESI
Un altro anno di catechesi si è concluso. È
importante sempre riflettere sul lavoro svolto,
soprattutto quello che ha per oggetto l’educazione delle persone.
La formazione religiosa poi è fondamentale
perché dà lo stile a tutti i nostri comportamenti.
Sembra infatti molto difficile per molti capire
questo. Infatti, i più, ritengono il fatto religioso
una attività come tante altre e quindi soggetta
ai gusti e agli umori del momento.
Così, troviamo genitori che “mandano” i figli
a catechismo, ma non si preoccupano di essere
coerenti nei loro comportamenti abituali. Così i
ragazzi si trovano davanti punti di riferimento
contrastanti che li disorienta. Ciò crea più problemi che aiuto ai propri figli.
Per questo è necessaria l’attiva partecipazione dei genitori all’opera di educazione religiosa.
Una partecipazione che rispetti la realtà delle
cose, e non “pretenda”, come un diritto, il “fai
date”!
La stessa coerenza deve
passare poi dalla famiglia a
tutta la Comunità parrocchiale.
L’individualismo è una mentalità che rovina molte cose.
Ritenere che “se non mi riguarda direttamente, posso
anche disinteressarmene” (!!!),
è una mentalità ancora molto
diffusa.
GRAZIE
Un grosso “GRAZIE” alle Catechiste. Il loro
è un impegno difficile, ma
estremamente necessario.
È faticoso, ma c’è un vantaggio: insegnare è sempre
il modo migliore per imparare.
Un grazie anche a tutte le persone di buona
volontà che, hanno offerto il loro tempo e la
loro fatica per le varie necessità pratiche della
Parrocchia (pulizia della chiesa, apertura, assistenza e pulizia del C.A.P., fiori, pulizia del piazzale della chiesa, piccoli lavoretti di manutenzione, disponibilità a preparare i canti per le celebrazioni liturgiche).
FESTA del CORPUS DOMINI
S.Messa solenne e processione con il Santissimo. Vi chiedo di unirvi a me con una preghiera particolare di ringraziamento al Signore in
occasione del mio 45° anniversario di ordinazione sacerdotale.
GREST 2014
AGOSTO
da lunedì 18 a venerdì 29
21
FESTA di S.PIETRO
La solennità, quest’anno, cade
di domenica.
Già da lunedì 23 giugno, ci troveremo nella chiesa di S.Pietro
alle ore 20,30 per la celebrazione della S.Messa e per prepararci alla solennità.
Ricordiamo che S.Pietro è il Patrono principale della Parrocchia.
Domenica 29 giugno
Festa patronale. S.Messa solenne nella chiesa di S.Pietro.
Dal giorno dopo, le Sante Messe feriali saranno celebrate, al mattino, alle ore 8,30 nella
chiesa di S.Pietro.
GREST
Anche quest’anno continua l’avventura del
GREST per tutti i nostri ragazzi.
L’attenzione agli altri, l’accoglierli, il mettere
a frutto i propri talenti, , offrire la propria disponibilità di tempo e fatica, pur in attività di
gioco, è utile palestra per la crescita e per la
formazione di personalità libere e generose.
Inizierà lunedì 18 agosto e terminerà venerdì
29 agosto.
Mi aspetto la collaborazione generosa dei genitori.
Anche quest’anno, sarà proposta una giornata
con i partecipanti ai GREST di tutte la Parrocchie
del Vicariato, ad Ardenno, in un giorno che vi
sarà comunicato.
BUONE VACANZE
Infine, l’augurio di trascorrere in serenità il
periodo di vacanza.
Non lasciatevi sfuggire l’opportunità di una
buona lettura e di qualche bella passeggiata nella natura.
18 maggio
2014
Prime
COMUNIONI
11 maggio
2014
CRESIME
22
La nostra preghiera di suffragio
per
Ha ricevuto il BATTESIMO
Franzina Anna
Franzina Dante
Sattin Noemi
Codazzi Carlo
Azzalini Diego
04/05/14
+ 19/03 (56 anni)
+ 16/04 (65 anni)
+ 27/04 (88 anni)
+ 14/05 (62 anni)
Prima COMUNIONE
CRESIMA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
1. Bertolini Athos
2. Bettineschi Giada
3. Bianchi Mattia
4. Bianchini Chiara
5. Bottà Annalaura
6. Bulanti Simone
7. Codazzi Asia
8. Codazzi Rachele
9. Codega Antonio
10. Donati Nicolò
11. Franzi Marianna
12. Perregrini Matteo
13. Poletti Lorenzo
14. Presazzi Sofia
15. Selvetti Simone
16. Terbaldi Alice
17. Tognini Matteo
18. Venturini Arianna
Baroli Rebecca
Borla Rubina Angela
Bottà Nadia
Codazzi Giovanni
Perregrini Luca
Presazzi Martina
Scamoni Ilaria
Trutalli Giada
Hanno celebrato il loro matrimonio
Sala Tiziana e Pisati Mauro
3 maggio
Pezzetti Stefania e Della Torre Augusto
31 maggio
Angolo della generosità
Aggiornato al 31 maggio 2014
Off.in memoria di Codazzi Carlo
100,00
Off.N.N.
350,00
Off.per Torte
352,00
Off.in memoria di Franzina Anna
150,00
Off.dai bambini Prima Comunione
160,00
Off.per Festa della donna
450,00
Off.dai ragazzi della Cresima
430,00
Off.per uova pasquali
130,00
Off.in memoria di Franzina Dante
200,00
Salvo errori e/o omissioni. Nel caso vi prego di farlo presente. Grazie!
23
Primo giorno
Sport
I genitori attendono ansiosi il ritorno del
proprio figlioletto, al suo primo giorno di
scuola. “Allora, com’è andata? Hai imparato tante cose?”.
“Non abbastanza - risponde il piccolo - ,
la maestra ha detto: ci vediamo domani!”.
Un uomo incontra l’amico e gli spiega:
“Sono stato dal medico e mi ha detto che
non devo più giocare a tennis”.
E l’amico: “Ah, ti ha visto giocare anche
lui?”.
24