Ricerca pedagogica e valutazione della qualità

NUOVA SECONDARIA RICERCA
Ricerca pedagogica e valutazione
della qualità della ricerca. Alcune riflessioni
di Giuseppe Spadafora
In questo breve articolo l’autore propone alcune riflessioni sulla stretta relazione tra il significato epistemologico della ricerca pedagogica e le questioni della sua valutazione. L’autore affronta tre problemi: l’importanza della monografia, soprattutto se sostenuta dalle
case editrici italiane nell’ambito di una diffusione internazionale dei prodotti di ricerca; il miglioramento della peer review in una chiara
prospettiva di internazionalizzazione; la necessità di definire l’impatto sociale dei prodotti di ricerca pedagogici per migliorare la qualità della scuola e dell’università. In questa prospettiva la valutazione della ricerca diventa uno strumento fondamentale per migliorare
le tendenze della ricerca pedagogica.
In this brief essay the author proposes some reflexions on the strong relationship between the epistemological meaning of educational research
and the problems related to its evaluation. The author deals with three points: the importance of monography, especially if promoted by
Italian Press in relation to the international spreading of evaluation items; the improving of peer review evaluation in the clear perspective
of its international diffusion; the necessity to define the social impact of the evaluation items just to better the quality of school and university.
In this perspective the evaluation research becomes a basic tool to better the trends of the educational research.
I
l tema dei limiti e delle possibilità della valutazione della
qualità della ricerca è una delle questioni centrali su cui
si sta tentando di riformare i valori culturali e politici dell’università nell’immediato futuro nella società globale contemporanea. È abbastanza evidente come non sia possibile,
pur tenendo presenti le criticità messe in luce da una vasta
letteratura al riguardo1, considerare la valutazione unicamente nei termini di un “pervasive assessment regime”, un
pervasivo e condizionante nuovo regime culturale e politico,
o come una forma di “punizione” che legittima cordate di
potere di gruppi accademici o di lobbies economico-politiche; né, d’altro canto, pare plausibile eleggerla a panacea
per risolvere i problemi della meritocrazia e degli investimenti pubblici o privati per la ricerca e per l’università2.
La valutazione della qualità della ricerca, senza volerla assolutizzare come l’unico fattore di miglioramento dell’università del futuro, si pone all’interno del vasto dibattito sulla meritocrazia come condizione necessaria per il cambiamento
economico, sociale e civile di una comunità3, ed è una importante opportunità per lo sviluppo dell’università nei
prossimi decenni. In questo senso, quindi, questa tematica
dovrebbe sollecitare un momento corale di approfondimento critico in ogni ambito disciplinare di ricerca, in stretta
correlazione con le politiche economiche e di sviluppo civile
e sociale del sistema di istruzione e formazione, e universitario in particolare.
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In relazione a questa premessa, vorrei proporre alcune brevi
riflessioni che leghino il dibattito contemporaneo sulle problematiche epistemologiche della ricerca pedagogica ad alcune questioni specifiche sui problemi della valutazione
della qualità della ricerca.
Questa scelta di legare il “destino epistemologico” della disciplina pedagogica, classificata come una scienza umana e
sociale, con i temi più generali della valutazione della ricerca
in ambito universitario potrebbe sembrare settoriale. In effetti, le complesse problematiche che la recente scienza della
“bibliometria”, e in una prospettiva più generale della “scientometria”, hanno posto, spesso vanno a interessare questioni
più generali della politica della ricerca, quali, ad esempio, il
rapporto tra la ricerca di base, quella applicata e la tecnologia, o in modo più specifico tra la valutazione delle scienze
umane e sociali, quella della ricerca fisico-biologico-matematico-informatica di base e quella delle tecnologie applicate4. Credo, però, che l’incrocio tra le problematiche specifiche di un ambito disciplinare come quello pedagogico e le
1. Cfr. A. Baccini, Valutare la ricerca scientifica. Uso e abuso degli indicatori bibliometrici,
il Mulino, Bologna 2010.
2. Cfr. V. Pinto, Valutare e punire, Feltrinelli, Milano 2012.
3. Cfr. R. Abravanel, Meritocrazia, Garzanti, Milano 2008.
4. Cfr. P. Garimberti, Valutazione e scienze umane: limiti delle attuali metodologie e prospettive future, «Astrid Rassegna», 191 (2013).
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questioni della valutazione della ricerca possano condurre ad
ulteriori elementi di approfondimento della complessa tematica.
Come emerge in modo abbastanza evidente dalla variegata
letteratura scientifica sulle scienze dell’educazione o dal movimento “analitico” della “philosophy of education”, la valutazione della ricerca pedagogica (sarebbe più corretto parlare
in ambito internazionale di ricerca teorica in educazione, dal
momento che il temine pedagogia, come è ben noto, è desueto nella lingua inglese) è estremamente complessa, in
quanto è legata ad alcune specificità epistemologiche della disciplina messe in rilievo dalla cultura scientifica internazionale.
La pedagogia si rivela come un sapere che riflette su un oggetto di ricerca “strutturalmente antinomico” e difficilmente
delimitabile come oggetto di indagine, l’educazione, in
quanto esso si incrocia in vario modo con diverse altre
scienze tanto da esserne spesso “espropriato”, in particolare
dalla psicologia e dalla sociologia5, ma soprattutto in quanto
è rivolto alle applicazioni specifiche per le trasformazioni
comportamentali e valoriali del processo formativo della
persona umana, che è sempre risultato difficilmente controllabile e misurabile.
Negli ultimi decenni in modo estremamente efficace e, per
molti versi discutibile, almeno da alcuni settori della pedagogia contemporanea6, il paradigma delle scienze dell’educazione, nelle sue genealogie italiane, statunitensi e francofone7, è coinvolto in numerose intersezioni interdisciplinari
con altre scienze di carattere psico-sociologico e statisticosperimentale e, pur nelle grandi macrodistinzioni, almeno
nel contesto della politica universitaria italiana, che corrispondono ai due settori concorsuali 11/D1 (teoretico-storico) e 11/D2 (didattico-speciale-sperimentale-valutativo), la
ricerca pedagogica o, meglio, delle scienze dell’educazione
deve essere considerata ibrida, perché si tratta di una ricerca
di base che nello stesso tempo si apre in modo molto chiaro
a specifiche applicazioni ai processi educativi specifici e differenziati e che in ultima istanza può avere importanti ricadute sociali, civili e economiche, in quanto implementa in
modo significativo il concetto di capitale umano.
Tenendo in considerazione, quindi, la natura complessa e variegata del sapere pedagogico che sviluppa possibili sue applicazioni per le trasformazioni valoriali e operative della
persona, si potrebbe sostenere che la valutazione qualitativa
della ricerca universitaria nell’ambito pedagogico potrebbe
essere approfondita in tre direzioni principali: a. l’approfondimento del contributo monografico (la vexata quaestio
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non pienamente risolta, proprio perché attribuibile esclusivamente alle priorità valutative della ricerca, per così dire,
delle scienze umane) in una dimensione di internazionalizzazione; b. il lavoro della peer review nell’ambito della riviste di “fascia A” della ricerca pedagogica, sempre nel contesto del processo di internazionalizzazione; infine, c. l’impatto
sociale che la ricerca pedagogica deve avere per lo sviluppo
delle politiche scolastiche e universitarie e, di conseguenza,
per una più chiara definizione e, nel contempo, un possibile
ripensamento del concetto di capitale umano.
Appare chiaro come la monografia conservi, nella dimensione della ricerca pedagogica, un valore fondante, poiché si
tratta di un tipo di pubblicazione che consente al ricercatore
dell’area di esprimere una tesi più organica e articolata, di
presentare una sperimentazione completa e dettagliata, di illustrare un progetto pedagogico efficace nella sua possibile
realizzazione. La monografia rimane, a mio avviso, l’espressione più significativa di un filone di ricerca e, quindi, dovrebbe avere una valutazione più alta, specialmente se si accerta la dimensione internazionale del lavoro. Ad esempio,
può essere data una valutazione più alta alla mediana raggiunta dalle monografie se si tratta di una valutazione che
prelude ad un giudizio concorsuale, o si può procedere a
maggiori incentivazioni di finanziamento a chi sviluppa
progetti di ricerca implementati in modo organico e monografico. Si può incentivare il processo della pubblicazione
monografica, migliorando il sistema della peer review nell’ambito delle collane editoriali. In questo senso si dovrebbero anche favorire le pubblicazioni monografiche in lingua
“veicolare”, o in altra lingua europea o extraeuropea, per
permettere alla comunità pedagogica degli studiosi di cimentarsi nella pubblicazione, anche con le case editrici italiane, nel settore teoretico-storico o didattico-sperimentale.
In questa prospettiva si potrebbe utilizzare, come dirò in seguito per le riviste, un sistema di “balancement of powers” e,
quindi a mio avviso, di maggiore trasparenza sottoponendo
a una doppia blind peer review il testo monografico da esaminare, in modo da dare la possibilità a numerosi ricercatori
giovani di avere maggiori suggerimenti da parte dei revisori
che dovrebbero avere non solo la responsabilità di avviare
5. Cfr. G. Spadafora (a cura di), Verso l’emancipazione, Carocci, Roma 2010.
6. Cfr. N. Blake, edited by, The Blackwell Guide to the Philosophy of Education, John Wiley
& Sons, New York 2003.
7. A. Visalberghi con R. Maragliano e B. Vertecchi, Pedagogia e scienze dell’educazione,
Mondadori, Milano 1978; Larry A. Hickman - G. Spadafora, edited by, John Dewey’s Educational philosophy in International Perspective, SIUP, Carbondale 2009, G. Mialaret, Les
sciences de l’éducation, P.U.F.; Paris, 2011.
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molti giovani ricercatori a organici progetti di ricerca, ma anche quella di favorire produzioni monografiche che possano determinare idee nuove per chiarire e approfondire il
dibattito culturale pedagogico.
Le case editrici dovrebbero, in questa prospettiva, considerare la possibilità di aprirsi ai mercati culturali europei o extraeuropei, utilizzando i sistemi di edizione digitale, facendo
conoscere gli autori italiani e le tematiche educative e della
scuola italiana in lingue più diffuse in altri paesi. Una valutazione premiale potrebbe stimolare, indipendentemente
dal sistema delle traduzioni all’estero, a promuovere sotto
forma di partnership editoriali la diffusione di testi pedagogici specifici pubblicati in Italia nelle lingue più diffuse.
La seconda direzione sui cui riflettere è il problema della peer
review per le riviste e della internazionalizzazione delle riviste. Sono questioni, queste, strettamente correlate. Il sistema
del peer review per le riviste è senz’altro un punto di partenza
importante. Sembrerebbe molto più semplice, da questo
punto di vista, definire la qualità della ricerca del singolo prodotto, in quanto è abbastanza scontato che se una rivista è
classificata nella fascia A, di eccellenza, l’accettazione dell’articolo, con il sistema della peer review è già di per sé un
elemento di valutazione che potrebbe mettere al riparo dagli “inquinamenti” valutativi e, quindi, potrebbe dare la possibilità al giudice-commissario di esercitare una serena valutazione del singolo prodotto di ricerca (research item),
tenendo conto della valutazione che a monte è già stata fatta
dal sistema di valutazione delle riviste. Proprio per questo, il
primo elemento da porre con chiarezza è la trasparenza
nella valutazione delle riviste per l’inserimento nella fascia A.
Nell’ambito del settore pedagogico, quello che deve essere valutato per l’eccellenza delle riviste, accanto e oltre ai parametri generali da rispettare (la periodicità regolare, una valida peer review ecc.), è soprattutto la specificità pedagogica
della rivista, da considerare con attenzione nella chiave di un
possibile fondamentale momento di “certificazione” della
qualità della ricerca, indirizzata però verso un dibattito che
alimenti le possibili trasformazioni della disciplina.
In effetti, la valutazione della qualità della ricerca di un articolo pubblicato su una rivista sottoposta alla peer review, si
lega inevitabilmente, nel modo più diretto, al processo di internazionalizzazione. È abbastanza evidente come le riviste
classificate A debbano essere internazionalizzate, sia nella richiesta della peer review che inevitabilmente deve coinvolgere
studiosi di altri paesi, sia nella lingua, che almeno nell’abstract deve essere di vasta diffusione. Il grande problema per
le riviste, già affrontato da una specifica letteratura scienti-
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fica, è “l’affidabilità della peer review”. Anche se non tutti sono
d’accordo sull’affidabilità della revisione dei pari8, è indubbio che si tratta di una pratica centrale che andrebbe sottoposta al vaglio critico di opinioni contrastanti ma anche di
proposte costruttive, come già la rivista “Nature” ha fatto in
un suo specifico blog del 20069.
Mi muoverei, considerando la questione pedagogica, dal
fatto che la valutazione dei prodotti di ricerca pedagogici da
affidare al vaglio critico della peer review delle riviste deve
avere un valore retrospettivo e prospettico al tempo stesso.
Qualsiasi sia, infatti, la finalità del prodotto di ricerca pedagogico che si sottopone alla peer review per le riviste, la valutazione dovrebbe avere per un certo aspetto una doppia
peer review, per dare l’opportunità alla comunità scientifica
di essere la più controllata e “bilanciata”, per così dire, nell’esercizio di valutazione. L’altro aspetto fondamentale è che
la valutazione della qualità della ricerca pedagogica deve
esprimersi sia sulla dimensione retrospettiva e acquisita del
prodotto di ricerca, sia sulla dimensione prospettica. Una
delle caratteristiche fondamentali della ricerca pedagogica,
infatti, è da considerare la progettualità della sua proposta,
il suo costituirsi come scienza umana basata sulla categoria
della “possibilità”, come già affermava Suchodolski.
La valutazione della qualità della ricerca di prodotti pedagogici, dunque, deve esprimere un esercizio di giudizio retrospettivo e prospettico, non solo per la migliore correzione tecnica del prodotto di ricerca, ma anche e soprattutto
per orientare meglio la specifica prospettiva pedagogica del
progetto di ricerca, legata alla possibilità di miglioramento
e di trasformazione educativa che l’analisi teorica, storica o
sperimentale vuole determinare. In questo modo la valutazione dei due peer review contattati dalla rivista non solo deve
controllare la qualità tecnica della ricerca, ma soprattutto
deve orientare questa ricerca al perseguimento delle nuove
sfide pedagogiche.
Questa idea, forse utopistica o, comunque, molto difficile da
praticare, dovrebbe consentire di sfuggire all’eccessivo tecnicismo dell’intervento valutativo, ma pur rispettando doverosamente i canoni acquisiti dalle consuetudini valutative
già maturate, potrebbe determinare uno stimolo al dibattito
sugli orientamenti complessivi della ricerca. Del resto, il rischio della valutazione peer review dei periodici e del tecni-
8. Cfr. C. Seidl - U. Schmidt - P. Groesche, The Performance of Peer Review and a Beauty
Contest of Referees Processes of Economics Journals, «Estudios de Economia Aplicada»,
23, 3 (2005), pp. 505-551.
9. Http://blogs.nature.com/peer-to-peer/.
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cismo che determina, è di impedire alle riviste di tornare ad
essere, utilizzando anche in modo positivo il sistema on line,
un luogo privilegiato di dibattito approfondito e diffuso (e
non di autoreferenzialità, appunto, tecnicistica), come fu il
caso, ad esempio, di “Scuola e Città” nell’Italia degli anni ’70
e ’80, rispetto al mondo della comunità scientifica di appartenenza.
Un’ultima, ma forse più significativa questione, è l’impatto
sociale che la valutazione della ricerca pedagogica deve favorire. La ricerca pedagogica esprime prodotti di vario genere, che nei vari settori disciplinari, e non solo nel settore
didattico-sperimentale, sono da considerare modelli che
possono determinare un notevole impatto sociale inteso
come cambiamento di regole e comportamenti consolidati.
Se si pensa, ad esempio, ai problemi della cittadinanza e
dell’intercultura, tanto per riferirsi ai temi centrali della pedagogia generale10, o al sistema di comparazione di modelli
scolastici o formativi, o ancora ai disturbi specifici dell’apprendimento e alle disabilità, al grande tema della valutazione delle competenze attraverso i test e le misurazioni di
apprendimento, non si può non considerare la valutazione
della qualità della ricerca legata a quelle che potrebbero essere le conseguenze del suo impatto sociale. È possibile,
quindi, che la valutazione della qualità della ricerca pedagogica premi i prodotti di ricerca che propongano prototipi o
modelli pedagogico-didattico-sperimentali che possano
avere una applicazione nel mondo della scuola e dell’educazione sociale, nella formazione al lavoro e, soprattutto nell’educazione alla cittadinanza attiva delle nuove generazioni.
La valutazione della qualità della ricerca pedagogica deve,
quindi, considerare un nuovo indice, per così dire, da valutare in modo prospettico, un indice, lo definirei forse in
modo approssimativo, di impatto sociale.
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Tale fattore di impatto sociale dovrebbe essere studiato come
una possibilità della ricerca pedagogica di costruire modelli,
prototipi progettuali, “brevetti” culturali che possano dare un
significato alla specifica applicazione ai diversi contesti educativi per il miglioramento sociale e civile della società contemporanea, che vede nel ripensamento del “capitale umano”
la condizione fondamentale per lo sviluppo11. Comprendo
che questa riflessione si muove nell’ambito della difficile
possibilità di realizzazione di idee progettuali, e che potrebbe tradursi in un’utopia con margini limitati di concreta
possibilità di realizzazione, ma ritengo che quest’ultima, fra
le tre direzioni di ricerca, sia quella su cui occorre riflettere
in futuro con più attenzione per permettere ai processi di valutazione della ricerca di essere un elemento trainante per lo
sviluppo socialmente utile del nostro paese.
È innegabile, comunque, volendo trarre una conclusione da
queste brevi riflessioni, come sia necessario sviluppare un approfondito dibattito che leghi i processi di valutazione della
qualità della ricerca alla chiarificazione epistemologica della
disciplina pedagogica e all’importanza del suo impatto sociale. Solo costruendo una significativa rete epistemologica
di significati tra le trasformazioni del sapere pedagogico e la
sua valutazione della qualità della ricerca, si possono cogliere
alcune tendenze significative della valutazione della ricerca
in ambito universitario.
Giuseppe Spadafora
Università della Calabria
10. Cfr. S. Chistolini, Pedagogia della cittadinanza. Lo sviluppo dell’intercultura nella formazione universitaria degli insegnanti, PensaMultimedia, Lecce 2007.
11. Cfr. C. Xodo Cegolon, Capitani di se stessi, La Scuola, Brescia 2003; G. Bertagna, Lavoro e formazione dei giovani, La Scuola, Brescia 2011
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