è stato gentilmente offerto da questo numero della rivista

Costituita ed operante dal 1944
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a
QUESTO NUMERO DELLA RIVISTA
È STATO GENTILMENTE OFFERTO DA
Mensile della
FEDERPROPRIETÀ-ARPE
In caso di mancato recapito rinviare a: ufficio poste Roma (Romanina) per la restituzione al mittente previo addebito “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma
Costituita ed operante dal 1944
Settembre 2014 • n° 9
La
TUA FIRMA per salvare
LA TUA CASA
• ABBASSARE LE TASSE sulle abitazioni.
Siamo il paese nel mondo con le imposte più alte
• UN’UNICA IMPOSIZIONE che i contribuenti
possano pagare trimestralmente
SOMMARIO Settembre 2014
14
18
4 ■
Editoriale
Sulla casa tasse, solo tasse
6 ■
Si mobilita il coordinamento unitario
dei proprietari immobiliari
Un autunno caldo
7 ■
La tua firma per salvare la tua casa
8 ■
Stangata e caos fiscale
Riepilogo delle tasse sulla casa
di Sergio Menicucci
34
- ASCENSORI
pag 10
29 ■ IL PUNTO
Aumentano le tariffe dei parcheggi
30 ■ Le vicende storiche dell'opera
già prevista dal PRG del 1962
La linea C della metropolitana
di Pietro Samperi
11 ■ A ottobre arriva la Tasi
Un'imposta ancora da definire
di Alessandro Caneba
32 ■ Dopo la chiusura di Malagrotta
Aspettando un piano per la gestione dei rifiuti
di Giuseppe Sappa
12 ■ I numeri rossi dell'industria
delle costruzioni
Edilizia: è mancato il colpo d'ala
di Marcello Cruciani
34 ■ Consulta Nazionale per l'Ambiente
Roma: i valori da tutelare
14 ■ Criteri della riforma
Stime catastali e valori di mercato
di Gianni Guerrieri
30
27 ■ Barconi della morte
«Bloccare le partenze dalla Libia»
16 ■ Londra, Parigi, Berlino
Il mercato immobiliare in Europa
di Gianluigi Indri
18 ■ La riforma delle CCIAA
Sbagliati i tagli alle Camere di Commercio
di Marzio Fianese
20 ■ Catastrofi Naturali
Copertura obbligatoria: sì degli assicuratori
di Paolo Clemente
23 ■ Perchè il paese non cresce
La burocrazia è di ostacolo
agli interventi edilizi
di Massimo Cestelli Guidi
24 ■ Progetti pilota avviati a Milano e Pisa
Nuovi modi di abitare: il "cohousing"
di Walter Williams
37 ■ Se l'imposta di registro è pagata in eccesso
Il notaio non ha diritto al rimborso
di Salvatore Albanese
39 ■ GIURISPRUDENZA
di Mauro Mascarucci
40 ■Locazioni
La morosità incolpevole
di Giuseppe Magno
42 ■Condominio
Il rendiconto, strumento per gestire
con trasparenza
di Mauro Mascarucci
46 ■ Il fondo per manutenzione straordinaria
e innovazioni
di Alberto Celeste
48 ■LIBRI
49■ SCADENZARIO
50 ■ TABELLE ISTAT
- PRONTO INTERVENTO
E VIDEOISPEZIONE
pag 36
- RISTRUTTURAZIONE
E NOLEGGIO
pag 22
pag 26
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L. 662/96 - Filiale di Roma - 2003 © Tutti i diritti riservati. È consentita la riproduzione di articoli, citando la fonte. Tiratura 19.990 copie - Finito di
stampare nel mese di Settembre 2014
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e
ditoriale
I proprietari di casa nel 2011
pagavano tasse per 9 miliardi,
oggi: 26 miliardi!
I
tre governi del Presidente della Repubblica denze in ottobre e dicembre (così bruceremo anche la
hanno sortito un effetto negativo. Così fu per tredicesima). Queste imposte graveranno sulle famiglie
Monti (“l’algido” che rispose ottusamente alla italiane.
crisi finanziaria con un orgiastico inasprimento
Sulla crisi economica e sociale ogni ministro ha la
di tasse sulla casa), per Letta (“il nipote” che vedeva la sua ricetta, spesso sbagliata. Lo dimostrano le previsioluce alla fine del tunnel e secondo il quale eravamo in ni degli economisti che a suo tempo non hanno saputo
procinto di agganciarci alla ripresa economica dell’Eu- prevedere l’arrivo dello tsunami provocato dal monropa), per Renzi (“il battutista” le cui promesse sono tal- do delle banche americane ed inglesi, a partire dalla
mente tante che ne cambia una al giorno).
Lehman la cui lezione non sembra sia servita a molto.
Questi gli uomini del Presidente che ci avrebbero con- Economisti che, a tutt’oggi, non conoscono i motivi deldotto fuori dalla crisi, che avrebbero dovuto ridiscutere i la devastante crisi, ne i rimedi per la ripresa. Tante ricetsuperati trattati di Bruxelles, che in poco tempo avrebbe- te, nessuna ricetta.
ro rilanciato la crescita economica. Risultato hanno rotIn Italia, sono mesi che gli istituti di statistica (ISTAT
tamato quel poco che restava dell’economia italiana.
e Eurostat) emettono a gettito continuo dati che fotoSi fa fatica a comgrafano la situazione delprendere quale sarà il
la crisi: disoccupazione
punto di svolta sul piaal 12,8% quella giovanile
no socio economico e
oltre il 42%, la pressione
politico. C’è, però, la
fiscale è la più alta al monpossibilità di giocare
do; il debito pubblico in
la partita decisiva, sencostante crescita 2,180
za trucchi ed inganni,
miliardi di euro; prodotper il rilancio dell’eto interno lordo negativo.
conomia dopo quasi 8
In compenso abbiamo i
di
Massimo
Anderson,
anni di crisi, deflazioservizi peggiori dell’occine, recessione, infla- Presidente Nazionale di FEDERPROPRIETÀ dente.
zione, debiti pubblici
I dati per intervenire
all’eccesso, economia
sono su tutti i tavoli del
pubblica in stallo, economia privata bloccata, ferma per Parlamento, del Governo, della Banca d’Italia, della
mancanza di credito e di competitività?
Confindustria, dei sindacati. Il governo procede a picSull’Europa incombono i guai, le incertezze, le divi- coli passi, con alcune furbizie, come per il bonus degli
sioni, le ambiguità politiche. Nel mondo, poi, i conflit- 80 euro in busta paga per alcune categorie di lavoratoti territoriali e religiosi aumentano come dimostrano ri escludendone la maggioranza. 11 miliardi che non
le guerre in Siria, Iraq, Libia e le violenze in Nigeria, hanno a tutt’oggi inciso minimamente sulla ripresa dei
Sudan, India. Per non parlare del barbarico risveglio consumi, ma certamente utilizzati, o accantonati, per
dell’integralismo islamico che ha mostrato il suo vero pagare, in minima parte, tasse e balzelli allo Stato, alle
volto. Nel mediterraneo l’ondata di sbarchi di migranti Regioni, ai Comuni; “una partita di giro” si direbbe.
e profughi sulle coste della Sicilia. L’Italia è stata lasciata
C’è diffidenza sulle promesse. Il ceto medio-basso
sola nell’operazione “Mare nostrum” che costa 12 miliar- vede i propri risparmi volatilizzati nel pagare tasse suldi l’anno, anche se appare possibile un coinvolgimento la casa, sulla luce, sul gas, sulla benzina, sulle assicuradell’Europa.
zioni, sul riclassamento etc. Solo tasse. Si risparmia di
Ma torniamo a noi: la gran parte dei contribuenti ita- più, sempre di più. Gli italiani non hanno certezze, sono
liani sono e saranno alle prese con il labirinto composto sfiduciati e non sono sufficienti e convincenti le rituali
da ICI, IMU, Tasi, TARES, Irpef, Irap, dichiarazioni dei declamazioni renziane. La pensione, che si è trasformaredditi. Un caos: aliquote incerte, date ballerine, sca- ta in un “ammortizzatore sociale” consentendo spesso la
SULLA CASA
TASSE, SOLO
TASSE
4
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
sopravvivenza non solo dell’avente diritto, ma anche ai
figli disoccupati o cassaintegrati, sarà toccata? Che fine
faranno 7 milioni di disoccupati? Saranno reintegrati? I
nostri figli troveranno lavoro? Il sistema sanitario sarà
modificato? Si avrà ancora diritto all’assistenza sanitaria per la quale abbiamo versato per decenni i contributi? Quanto vale la casa comprata con anni di risparmi e
privazioni? Se la vendo sarà sufficiente per una dignitosa sopravvivenza? Certamente no! (gli immobili si sono
svalutati per un valore di 1000 miliardi). Chi vorrebbe
comprarla rinvia: troppe tasse, meglio l’affitto. Risparmiamo, risparmiamo. Ma c’è tanta amarezza per i tanti
anni di sacrifici dissolti come nebbia al sole.
Nell’incertezza si aggiunge anche la sfida di Renzi di
riscrivere in mille giorni (cioè in tre anni) le riforme.
Il decreto “Sblocca Italia”, recentemente commentato da Padoan con una dichiarazione al quotidiano “La
Repubblica”: “non ci sono i fondi e non ci saranno ulteriori
risorse per gli interventi in arrivo” “mentre il pacchetto casa
è a rischio”. Riconfermate, invece, le agevolazioni degli
sgravi fiscali per chi acquista (20 %) una casa e la mette
in affitto per 8 anni con canone concordato.
Positiva la decisione di investire – anche se non sufficienti - due miliardi di euro contro i disastri dovuti al
dissesto idrogeologico (problema portato avanti con
decreti legge di Federproprietà-Ambiente). Soddisfatti
per il provvedimento di chi deve ristrutturare casa propria e non dovrà più chiedere un’autorizzazione: basterà
una semplice comunicazione edilizia al Comune (proposta sempre portata avanti da Federproprietà). Questo
non ci esime dal dichiarare che la montagna del governo
partorisce un topolino e un coro di critiche e proteste si
leva da parte del mondo imprenditoriale, delle categorie, dei sindacati (che minacciano scioperi) e dei partiti
di opposizione.
Cottarelli – prima di lasciare l'incarico – rammenta
che: “senza copertura finanziaria non è possibile spendere”.
Ormai il governo Renzi appartiene più alla categoria
degli annunci propagandistici che alle azioni concrete.
E’ pur vero che la lunga marcia delle riforme cozza con
il quadro di divisioni, lobby, e lungaggini della politica
italiana. E’ un governo in costante fibrillazione nel suo
interno pur godendo dell’assenza di una vera, seria e
programmatica opposizione (che non è certo quella
grillina).
Per rimettere l’Italia nella giusta carreggiata servono
– ribadiamo - interventi più decisi e seri, programmi che
vengano attuati e non rinviati: tagli alla spesa pubblica
e lotta alla corruzione; l’impegno costante contro l’evasione fiscale; privatizzare o chiudere quelle migliaia di
partecipate dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni;
eliminazione dei rimborsi all’editoria; la vendita di beni
immobili.
Richieste che difficilmente diventeranno realtà.
Noi vogliamo soprattutto ricordare al Governo che
le tasse sulla casa sono triplicate in soli tre anni, in nessun altro settore l’inasprimento fiscale è stato tanto rapido e violento. Un aggravio ottenuto con decine di tributi vecchi e nuovi, diretti ed indiretti, palesi e occulti.
Tant’è che Buzzetti, Presidente nazionale dell’Associazione dei costruttori, ha affermato: “La casa è diventata il bancomat del Paese, la patrimoniale ripetuta. Siamo
passati da 9 miliardi a 26 di gettito fiscale: un’autentica
stangata per tutti. Le prime case sono inaccessibili, le seconde non sono più un investimento, gli affitti non sono più
remunerativi!” e ha proseguito “Sono 100 i miliardi che
servono per far ripartire l’edilizia: Renzi ne ha stanziati
solo 3,8”
Saremo patetici, ma ribadiamo – così come abbiamo
fatto nelle sedi parlamentari, regionali e comunali – occorre urgentemente abbassare le tasse perché gli italiani
possano tornare a spendere, a consumare; questa è l’unica ricetta possibile per battere la deflazione.
II nostro giudizio complessivo è che l’Italia cammina
sul filo del rasoio. In questo contesto la Banca Europea
interviene ed abbassa, ancora una volta, i tassi d’interesse portandoli allo 0,05 %; sono pronti 75 miliardi per
gli istituti italiani. Questa è la decisione presa da Draghi, con il parere contrario della Merkel. Dopo il primo
intervento del Presidente della Bce per salvare l’euro,
questo secondo è mirato a far uscire l’Europa dalla crisi
economica. E i fondi Europei potrebbero essere una leva
aggiuntiva .
L’Italia è in deflazione e in recessione e si trova ad
un bivio: riprendersi con massicci programmi di investimenti oppure tornare ad essere – come suggerisce il
fondatore di Repubblica Scalfari – in “libertà vigilata”
- sotto il controllo di Bruxelles.
Questo significherebbe tornare all’Italia dei secoli
bui.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
5
SI MOBILITA IL COORDINAMENTO UNITARIO DEI PROPRIETARI IMMOBILIARI
Un autunno caldo
6
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
ese, non sono stati capaci di fare altro
che inasprire l’imposizione fiscale e
portarci al massimo della disoccupazione negli ultimi 50 anni e alla deflazione.
In compenso, in soli tre anni l’imposizione fiscale sulla casa è passata dai 9
milioni del 2011 ai circa 26 del 2014.
A questo si aggiunga che la prossima
operazione di riordino del sistema di
aggiornamento dei registri catastali
corre il rischio di tramutarsi nell’ennesima manovra contro i proprietari di
abitazione che sarebbero sottoposti a
un nuovo aggravamento della contribuzione fiscale. Contro questa possibilità
già da tempo si è schierata FEDERPROPRIETÀ che, nel mese di luglio,
è stata ricevuta presso la Commissione
finanze e tesoro del Senato. La delegazione, guidata del Presidente Anderson
e di cui facevano parte i dirigenti nazionali Pedrizzi, Grillo e Bonura, ha sottolineato come, pur comprendendo la
necessità di perequare i valori catastali,
sia necessario che venga assolutamente
garantita l’invariabilità del gettito fiscale, cosa per altro prevista dalla legge,
assicurando un tetto massimo all’incremento impositivo.
In caso di mancato recapito rinviare a: ufficio poste Roma (Romanina) per la restituzione al mittente previo addebito “Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Roma
S
e l’estate è stata decisamente
fresca per tutti gli italiani, con
un agosto trascorso all’insegna
della pioggia e del freddo, l’autunno si preannuncia clamorosamente
caldo soprattutto per quei proprietari
di casa che si troveranno a fare i conti
con Tasi, IMU e Tari. Queste tasse hanno già reso amaro il ritorno a casa alle
famiglie impegnate a onorare tutte le
scadenze fiscali che contraddistinguono il calendario da qui sino alla metà di
dicembre. E pensare che l’articolo 53
della Costituzione afferma, giustamente: «Tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva. Il sistema tributario è informato su criteri di progressività».
Non ci si rende conto come quello che
era un sogno per tutti gli italiani “avere casa”, stia diventando un incubo per
chi, dopo avere fatto tanti sacrifici, si
trova adesso a dover combattere una
battaglia quotidiana per conservare il
proprio bene e non doverlo svendere
per far fronte alle continue richieste di
uno Stato che spreca e divora i beni dei
suoi figli. Ed è proprio per questo che le
Associazioni di categoria, prima fra tutte ARPE-FEDERPROPRIETÀ, unitamente alle altre partecipanti al Coordinamento unitario dei proprietari
immobiliari (CONFAPPI, UPPI e Movimento per la difesa della casa) hanno
deciso di intraprendere delle azioni per
informare i cittadini di quanto li aspetta dal punto fiscale nei prossimi mesi e
poter creare un fronte comune in difesa
di quelle categorie che, proprio in quanto oneste, rispettose delle leggi e perché
la casa è un bene che non si può certamente nascondere, sono più facilmente
colpite alle vessazioni del Governo.
Così non si può più andare avanti. È
ancora il ceto medio che subisce e deve
far fronte agli errori di quei politici che,
chiamati a risolvere i problemi del Pa-
Mensile della
FEDERPROPRIETÀ-ARPE
Luglio/Agosto 2012 • n° 7/8
Per questo Federproprietà ha deciso di
intraprendere, insieme alle altre componenti del Coordinamento unitario
dei proprietari immobiliari, un’azione
capillare tramite i propri siti a livello
nazionale per portare a conoscenza di
tutti gli associati, e i proprietari di casa
in genere, quanto sarà chiesto al Governo in materia di decisioni da prendere,
rapidamente, per evitare un ulteriore
tracollo del settore immobiliare, che da
sempre è uno dei fattori trainanti dell’economia, e per far si che quello che era
il bene rifugio per eccellenza non si trasformi in una specie di capestro per chi
non riesce più a fare fronte agli esborsi
continui.
Fra i punti sui quali si chiederà un’adesione via posta elettronica, sono fondamentali i seguenti quattro:
yyuna politica che dica basta al rincaro
delle tasse sulle abitazioni (siamo il
Paese nel mondo che impone le imposte più alte sulla casa);
yyla necessità di un’unica imposizione per quanto riguarda la casa (no a
Tasi, Tari ma tassa unica) e semplificazione con regolamentazione unica
per la tassazione locale;
yyla possibilità per i contribuenti di dilazionare i pagamenti quantomeno
in rate trimestrali senza interessi;
yyRiduzione della tassazione diretta
con diminuzione delle aliquote Irpef
per tutti, e copertura del gettito minore intensificando la lotta all’evasione fiscale.
Dal canto suo ARPE­-FEDERPROPRIETÀ ha già deciso di intraprendere una
raccolta di firme a livello nazionale e
sarà presente in diverse piazze con i suoi
dirigenti e i suoi associati per far sentire
a tutti i cittadini la propria presenza e
coinvolgerli in quest’azione di protesta
che si trasformerà in una petizione nazionale da rimettere al Governo.
N
onostante le promesse
fatte dal governo anche
nel decreto cosiddetto
“Sblocca Italia” non c’è
traccia di eventuali agevolazioni in
maniera fiscale anche per quanto riguarda la casa che continua a rimanere una sorta di bancomat per chiunque
sia al governo e voglia fare cassa. L’unico dato reale che incombe come un
macigno sui proprietari è che nel 2011
per il prelievo fiscale sulla casa si pagavano complessivamente 9 miliardi di
euro e che, in soli tre anni, questa cifra è quasi triplicata visto che, nel
2014, si prevede un ricavo per lo Stato
di oltre 26 miliardi . Il sacrificio che
impongono a tutti non è più sopportabile dai cittadini italiani, per questo
le organizzazioni di categoria ARPE
- FEDERPROPRIETA’, CONFAPPI,
UPPI, MOVIMENTO PER LA DIFESA DELLA CASA aderenti al Coordinamento dei Proprietari Immobiliari
chiedono al Governo:
yy una politica che dica basta al rincaro
delle tasse sulle abitazioni (siamo il
paese nel mondo che impone le imposte più alte sulla casa)
yy la necessità di un’unica imposizione per quanto riguarda la casa (no
a Tasi, Tari, ma tassa unica) e semplificazione con regolamentazione
unica per la tassazione locale
yy La possibilità per i contribuenti di
dilazionare i pagamenti quantomeno in rate trimestrali senza interessi
yy Riduzione della tassazione diretta
con diminuzione delle aliquote Irpef per tutti, e copertura del gettito
minore intensificando la lotta all’evasione fiscale
Se condividi questa nostra iniziativa che viene intrapresa in difesa di
tutti i cittadini e dei diritti, garantiti
dalla Costituzione, dei proprietari
di casa che rappresentano la stragrande maggioranza degli italiani,
invia, se sei inscritto, la tua adesione ed il tuo indirizzo email alla
sede dove sei iscritto, altrimenti ai
siti nazionali e provinciale, al fine
di rafforzare e dare peso a queste richieste
Il COORDINAMENTO DEI
PR0PRIETARI IMMOBILIARI
ARPE - FEDERPROPRIETA’
CONFAPPI
UPPI
MOVIMENTO PER LA DIFESA
DELLA CASA
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
7
STANGATA E CAOS FISCALE
Riepilogo
delle tasse
sulla casa
Le abitazioni sono un bancomat da cui l’Erario preleva senza sosta
di Sergio Menicucci
C
i risiamo: IMU, Tari/
Tares, Iuc, 730, Unico,
Tasi. Il caos fiscale sulla
casa regna sovrano. Con
l’introduzione da parte del governo
Letta della Tasi (l’imposta sui servizi comunali indivisibili come spese per l’illuminazione cittadina, la
manutenzione delle strade, il verde)
e il ritorno dell’IMU voluta dal governo Monti i contribuenti italiani
sono costretti a veri salti mortali sia
per capire l’applicazione delle nuove
imposte, valevoli solo per il 2014)
sia per effettuare materialmente il
versamento dei tributi dovuti sulla
prima casa, sulle altre abitazioni, sui
negozi e sui capannoni. Il prossimo
appuntamento ravvicinato è il 16 ottobre.
Un sistema di completa indeterminatezza che andrà avanti per lo meno
fino alla primavera del 2015, quando
dovrebbero essere varate nuove norme al fine di apportare alcune semplificazioni o come sostiene il sottosegretario alle Finanze Enzo Zanetti al «ricompattamento di IMU
e Tasi in un’unica imposta» perché,
osserva «sulla scellerata accoppiata
Tasi-IMU si è toccato il fondo. Un
papocchio inaccettabile» E sarebbe
l’ennesimo annuncio di proposta che
il governo Renzi vorrebbe portare in
porto entro mille giorni.
Lo scenario davanti ai contribuenti è
8
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
tra i più intricati dopo la prima mazzata subita il 16 giugno. Le complicazioni non mancano perché le scadenze del 16 ottobre e del 16 dicembre
non sono chiare.
Il tutto deriva dalla legge di stabilità
2014 che ha inglobato tasse e tributi
dovuti in relazione alla casa (IMU)
e alla produzione di rifiuti (ex Tia e
Tarsu o Tares). In un primo momento era stata ribattezzata Trise ma con
il maxi-emendamento del governo,
approvato dal Senato, la denominazione è Iuc, cioè imposta unica comunale, suddivisa in tre parti.
Il governo in pratica ha affidato ai
Comuni una serie di decisioni (fissazione delle aliquote e previsione di
detrazioni) che hanno aumentato il
caos, stante anche la crisi politica di
molti municipi.
La Tasi doveva essere regolata dai
Sindaci per rendere equa e flessibile la tassazione sugli immobili, con
aliquote tra il 2,5 e il 3,3 per mille,
in base ad alcuni parametri certi. La
somma tra IMU e Tasi non avrebbe
dovuto superare, per ciascuna tipologia d’immobile, l’aliquota massima
consentita per l’IMU al 31 dicembre
2013, ossia il 10,6 per mille.
Alcuni Comuni in realtà hanno fatto riferimento al valore catastale
dell’immobile, altri hanno preso
come base il calcolo della dichiarazione Isee dei contribuenti e altri
ancora si sono basati su redditi dichiarati.
Una torre di babele di indicazioni e
decisioni che hanno reso difficile il
compito anche ai CAF Non essendoci, infatti, un sistema automatizzato
per il calcolo del valore dell’imposta
da pagare è necessario procedere manualmente a calcolare il versamento
da fare per ogni singolo contribuente. Il che ha comportato notevoli ritardi.
Caos a giugno. Incertezza a ottobre.
A fine agosto un Comune su due
era in ritardo nel decidere l’aliquota
Tasi, che si è rivelata un rompicapo,
un labirinto di prelievi e detrazioni
diverse.
Solo 3.635 Comuni sugli oltre 8 mila
hanno ottenuto la pubblicazione sul
portale ufficiale del Ministero delle
finanze. In Sicilia è in regola solo un
municipio su 7, in Puglia, Basilicata
e Calabria uno su 5, in Campania e
Molise uno su 4. I ritardi sono dovuti
anche alla complessità delle delibere comunali. In questo caso prima
passano per gli uffici finanziari poi
decidono gli organi politici e cioè la
giunta e il Consiglio.
L’ulteriore pasticcio parte dal fatto
che solo 2.187 Comuni avevano deliberato entro il 23 maggio mentre
gli altri hanno tempo fino al 10 settembre in modo da avere le aliquote
online entro il 18 settembre. Solo
così i contribuenti potranno versare l’imposta entro il 16
ottobre.
Per gli amministratori fuori tempo massimo la legge ha
previsto che la Tasi sarà pagata in un’unica soluzione entro il 16 dicembre con l’aliquota base dell’1 per mille.
Per chi ha pagato l’acconto a giugno, il saldo avverrà a
dicembre, salvo cambiamenti decisi dai Comuni.
Si possono verificare alcuni casi paradossali. Chi possiede una casa con una rendita catastale bassa (entro 400
euro) la Tasi dell’1 per mille senza detrazioni è più cara
dell’IMU versato nel 2012, anche perché l’abitazione
principale aveva una detrazione di 200 euro.
Ci vuole un “ABC” delle imposte sulla casa per orientarsi. Molti italiani non hanno compreso quanto e se devono pagare la Tasi, estesa anche agli inquilini e perché il
calcolo deve essere fatto sui metri quadrati anche se utilizzata per poco tempo come per le case per le vacanze o
quelle ereditate nei tanti paesi italiani. La novità per gli
inquilini riguarda il fatto che se il Comune non ha fissato l’imposta si applica il minimo base pari al 10% a carico dell’occupante (inquilino, comodatario). Per evitare
errori dal 2015 i Comuni dovranno obbligatoriamente
inviare a casa dei contribuenti i bollettini di conto corrente postale pre-compilati. Più semplice il meccanismo
all’estero dove il Comune ti manda a inizio anno la specifica delle tasse da pagare direttamente mensilmente in
banca.
Per l’IMU, dopo l’acconto di giugno versato con le quote 2013, il saldo potrebbe essere modificato se i Comuni
hanno cambiato nel frattempo (entro il 30 settembre) le
loro decisioni.
Calendario ingarbugliato. Salasso economico certo per
le famiglie già in difficoltà per la crisi. La casa è diventata
un bancomat da cui l’Erario preleva senza sosta.
Ora l’idea del Ministro Padoan è di fondere IMU e Tasi
in un’unica tassa sugli immobili con articolazioni e caratteristiche diverse secondo le varie tipologie (prima
casa, seconda casa, abitazioni in affitto, negozi, capannoni) e dei contribuenti che saranno chiamati a pagarla.
Si cambia con l’aggiunta delle incognite del nuovo catasto. I dati degli ultimi anni sotto i governi Monti e Letta
(reintroduzione dell’IMU e novità Tasi) sono impressionanti. Il gettito ICI del 2011 era di 9, 2 miliardi, nel
2012 è salito a 23,7 miliardi, e poi 20 miliardi nel 2013
per giungere ai 24,8-28 miliardi di IMU-Tasi nel 2014.
Sempre nel triennio il settore dell’edilizia ha perduto
800 mila posti di lavoro e sono fallite 14.200 imprese.
In conclusione che pagherà la Tasi il 16 ottobre? Tutti i
contribuenti che possiedono o utilizzano immobili situati nei Comuni che NON hanno pubblicato sul sito delle
Finanze le delibere con le rispettive quote entro la fine di
maggio scorso o che lo faranno entro il 18 settembre. Gli
altri, salvo imprevisti, avranno tempo fino a dicembre.
Riclassamento catastale:
vittoria dei proprietari–contribuenti
Mentre si consolida l’indirizzo giurisprudenziale
secondo il quale il classamento (e il riclassamento)
catastale va specificatamente motivato in adempimento di quanto sancito dall’art. 3 della legge
n. 241/1990 espressamente richiamato dall’art. 7
della legge n. 212/2000 (statuto dei diritti del contribuente) non sembra inutile sottolineare l’importanza che tale indirizzo riveste in quanto strumento principe per la difesa dei proprietari edilizi ma
anche come preciso orientamento per l’attuazione
della legge-delega n. 23/2014 sulla riforma fiscale e
avvertimento per chi vi sta ponendo mano.
Anche la stampa quotidiana ha rilevato e rileva gli
aspetti essenziali della vicenda, ma questa rivista è
più volte intervenuta per informare i lettori nel dettaglio dei contenuti delle relative pronunce della
Cassazione nonché di altri organi giudicanti, senza
trascurare le prese di posizione del Coordinamento
unitario dei proprietari immobiliari in conseguente
correlazione con i temi principali della fiscalità immobiliare: l’amministrazione finanziaria è tenuta
senza eccezione alcuna a motivare i provvedimenti
adottati con riferimento ad elementi obiettivi desunti dalla realtà.
Si ricorda infine che già da tempo (novembre 2013,
con avviso su questa rivista n. 12/2013 pag. 36)
l’ARPE-FEDERPROPRIETÀ ha costituito un apposito servizio di consulenza per tutti coloro che,
raggiunti da avvisi di riclassamento, li ritengano
non conformi alle norme o anche semplicemente
errati nella formulazione (Nella foto, code all’ufficio del catasto di Roma).
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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A OTTOBRE ARRIVA LA TASI
Un’imposta
ancora
da definire
di Alessandro Caneba
L
a disciplina della Tasi è contenuta nell’art. 1 co. 669 e seguenti della l. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014). Tuttavia,
le regole specifiche di applicazione sono
stabilite dai singoli Comuni nell’esercizio della propria potestà regolamentare,
pertanto l’impatto effettivo dell’imposta sarà noto solo in seguito all’emanazione dei regolamenti.
La maggior parte dei Comuni non ha
ancora deliberato le varie applicazioni della nuova imposta, che possono
coinvolgere oltre alle aliquote, anche
eventuali detrazioni e agevolazioni applicabili soggettivamente ai singoli contribuenti.
Si prevede quindi un ulteriore ed ennesimo sacrificio da parte dei proprietari
immobiliari che negli ultimi anni oltre
ad aver fornito una sussistenza finanziaria all’intera nazione, si sono dovuti
sobbarcare adempimenti molto complicati e farraginosi malamente gestiti dai
poteri esecutivi e legislativi.
Sono ormai anni che i cittadini si trovano in grandi difficoltà per fare i pagamenti di queste imposte. Non dimentichiamoci del passaggio da ICI a
IMU e poi della Mini IMU per arrivare
ora alla Tasi che prevede adempimenti e scadenze diversi per ogni tipo di
contribuente. Oltre al costo materiale
delle tasse e delle imposte, deve essere
considerato quello indiretto che ricade
su ciascuno, sottraendo alla collettività
energie e risorse.
Ricordiamo che la delibera per il calcolo della tassa deve essere obbligatoriamente pubblicata sul sito www.finanze.
it.
Se la delibera è pubblicata entro il 18
settembre, si paga entro il 16 ottobre
2014. Altrimenti, si paga tutto a saldo
con l’aliquota dell’1 per mille base.
È probabile, dato l’iter di approvazio-
ne necessario, che numerosi Comuni
arrivino alla decisione finale qualche
giorno prima della scadenza e che molti
altri non facciano in tempo a deliberare. Se l’immobile adibito ad abitazione
principale è situato in uno dei Comuni
che avevano già deliberato le aliquote prima di fine maggio e nei quali si è
pagato l’acconto Tasi il 16 giugno (o in
una delle diverse date stabilite a livello
locale), la seconda rata si pagherà a dicembre.
Per gli immobili con rendite catastali
basse, abbiamo già avuto modo di scrivere su queste pagine come la Tasi senza
detrazioni è più cara dell’IMU versata
nel 2012 sull’abitazione principale, che
godeva della detrazione fissa di 200
euro.
Le scadenze sono diverse, a seconda della delibera. Dovranno versare la Tasi entro il 16 ottobre 2014 tutti i contribuenti
che possiedono o utilizzano immobili situati nei Comuni che non hanno
pubblicato sul sito delle Finanze www.
finanze.it le delibere Tasi entro la fine
dello scorso mese di maggio, e che lo faranno entro il 18 settembre 2014.
Chi ha già versato l’acconto Tasi, sulla
base delle delibere comunali pubblicate alla fine di maggio, non deve versare
nulla entro il 16 ottobre 2014, ma dovrà
pagare il conguaglio entro il prossimo
16 dicembre 2014.
I Comuni erano, infatti, obbligati a deliberare le aliquote Tasi entro il 10 settembre al fine di ottenerne la pubblicazione sul sito delle Finanze entro il successivo 18 settembre 2014.
Nel caso in cui non sia andata a buon
fine la pubblicazione entro quest’ultimo termine, i contribuenti sono tenuti a
versare l’imposta in un’unica soluzione,
entro il 16 dicembre 2014, con l’aliquota
base dell’1 per mille.
Modello 770: i termini per l’invio
I sostituti d’imposta avranno tempo fino al 19 settembre per inviare il modello 770 all’Agenzia delle entrate. Il termine, già previsto per il 31 luglio, è
stato prorogato dal governo per soddisfare le generali esigenze manifestate
da aziende e professionisti.
Il modello 770 semplificato deve essere presentato telematicamente, direttamente o tramite un intermediario abilitato (professionisti, associazioni di
categoria, Caf, ecc.)
L’omessa presentazione del modello 770 nel termine ordinario del 19 settembre 2014 potrà essere regolarizzata mediante ravvedimento operoso, entro il 18 dicembre 2014 (ossia entro 90 giorni successivi al termine ordinario di presentazione). In questo caso bisognerà versare la sanzione pari a 25
euro (1/10 di €258) - per ogni modello omesso - con il codice tributo 8911
anno 2014 sezione erario di F24. Sempre entro il 19 settembre 2014 potranno essere versate le ritenute operate e non ancora versate utilizzando il meccanismo del ravvedimento operoso con il contestuale versamento della sanzione e degli interessi utilizzando
gli appositi codici tributo.
I sostituti d’imposta devono comunicare all’Agenzia delle entrate il modello 770 semplificato, i dati relativi alle ritenute effettuate in ciascun periodo
d’imposta, quelli relativi ai versamenti eseguiti, i crediti, le compensazioni
operate e i dati contributivi e assicurativi.
I soci di ARPE-FEDERPROPRIETÀ usufruiscono dell’assistenza del
CAF dell’associazione per tutte le pratiche menzionate, negli uffici di
via San Nicola da Tolentino n. 29, Roma – Metro A - Barberini.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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I NUMERI ROSSI DELL'INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI
Edilizia:
è mancato
il colpo d’ala
I decreti-legge del Governo per il rilancio del settore hanno avuto
effetti modesti anche per l’assenza di provvedimenti più incisivi.
In sette anni sono scomparse 70mila imprese
di Marcello Cruciani
I
numeri si commentano da soli:
dal 2008 a oggi 70 mila imprese hanno cessato l’attività, con
58 miliardi di euro di fatturato
persi; la pressione fiscale sulla casa è
salita in tre anni di circa il 200%.
L’ennesimo grido di allarme lanciato dal presidente Paolo Buzzetti
il 21 luglio all’assemblea dell’ANCE
sulla crisi del settore delle costruzioni deve far riflettere per almeno
due motivi: da un lato il numero crescente di disoccupati tra gli addetti, a
causa principalmente della cessazione volontaria o giudiziale (fallimenti, liquidazioni) dell’attività di tantissime imprese; dall’altro una serie
di azioni legislative che non hanno
– come si sperava – arrestato la caduta del settore, ma sono riuscite solo a
rallentarla.
Alcune norme sono state senz’altro importanti e con effetti positivi
come quella sui ritardati pagamenti
per chi ha lavorato per le pubbliche
Amministrazioni, altre destinate, si
spera, a far ripartire il settore in un
periodo temporale quanto auspicabilmente medio come può esserlo il
decreto legge n. 47/14 per l’emergenza abitativa.
In realtà, sino ad ora, è però
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la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
L'ing.Paolo Buzzetti, presidente dell'ANCE
mancato il colpo d’ala e cioè quel
provvedimento in grado di riavviare
l’edilizia, un’industria con un diffuso
indotto nel sistema economico del
Paese, che non si può delocalizzare
all’estero.
Competitività, Semplificazioni,
Cultura e ora “Sblocca Italia” sono i
nomi, per così dire in codice, di alcuni decreti-legge di questi ultimi mesi.
Provvedimenti senz’altro importanti
che potranno apportare un po’ di respiro al settore delle costruzioni, ma
che spesso sono più stralci che vere
e proprie normative in grado di riavviare in modo compiuto l’attività.
Peraltro questa situazione sta
creando cessazioni di attività, ma anche perdita di competenze professionali per il mancato aggiornamento
tecnologico. Insomma c’è il rischio
che quando il sistema Paese sarà in
condizioni di ripartire potrebbero
mancare i soggetti in grado di avviare questo processo!
In rapida sintesi sarà opportuno
ricordare alcuni dei provvedimenti
degli ultimi mesi: le condizioni di
degrado del patrimonio edilizio scolastico sono più che note ed ecco il
piano di interventi, anzi di micro interventi che alla fine rischiano di tra-
sformarsi in poco più che una manutenzione ordinaria. Situazione appena migliore per il dissesto idrogeologico dove sarebbe già un bel successo
operare per accelerare la spesa delle
risorse disponibili, ferma restando la
necessità di un’azione articolata sia
sulla riparazione dell’emergenza sia
sulla prevenzione del rischio.
Se poi si va a esaminare la questione abitativa e soprattutto la riqualificazione dei centri abitati si
rileva una preoccupante mancanza
di provvedimenti pur a fronte di una
situazione ogni giorno più esplosiva.
Gli incentivi fiscali per i trasferimenti di aree e immobili compresi
nei piani recupero non sono stati ripristinati dopo la loro scadenza (31
dicembre scorso); è mancata l’approvazione di un regime IMU agevolativo per chi affitta a canone concordato
(come avveniva in passato per l’ICI);
si attende anche la normativa, a costo
zero, sul rent to buy (sintesi inglese
della locazione con patto di futura
vendita o di altre forme contrattuali a essa riconducibili) che potrebbe
rappresentare un utile volano per
ridurre la questione dell’invenduto,
consentendo l’accesso all’abitazione
con oneri differiti nel tempo; ancora
L’ECOLOGICA
inesistente la possibilità di utilizzare nel più breve tempo possibile per l’edilizia sociale gli immobili oggetto di
procedimento giudiziario (ad es. fallimenti, liquidazioni,
esecuzioni immobiliari).
Le aspettative per una norma finalizzata a incentivare la riqualificazione urbana sono molto elevate, ma
rischiano di essere rinviate nel lungo termine. Infatti, il
loro inserimento nell’importante progetto per la riforma urbanistica presentato dal Ministro Lupi il 24 luglio
scorso, da un lato testimonia l’attenzione del Governo,
dall’altro comporta la tempistica ordinaria (lunga) di
un disegno di legge che deve essere esaminato dal Parlamento e confrontarsi con numerosi altri progetti già
presentati.
La Camera dei deputati sta esaminando il disegno di
legge anch’esso governativo sul consumo del suolo agricolo, che comunque ha una rilevanza da non trascurare
sui principi per il governo del territorio; senza entrare
nel dettaglio di questo progetto (che forse sarebbe stato
meglio presentare dopo l’approvazione della legge di riforma costituzionale e l’assestamento delle competenze
delle province e delle città metropolitane) perché non
concentrarsi su qualche azione di effetto più immediato
per rilanciare la riqualificazione e soprattutto l’edilizia
privata?
Semplificazione amministrativa e certezza dei tempi
delle procedure e quindi di realizzazione sono elementi
essenziali per l’attività edilizia privata. La vicenda della
normativa paesaggistica, modificata per cinque volte nel
giro di un anno, è la dimostrazione di come il legislatore
vada in controtendenza rispetto alle richieste dei cittadini. La materia è importante, giacché il territorio nazionale è in gran parte soggetto a vincoli. Al contrario, ci si
augura che la previsione contenuta nel decreto Semplificazioni per l’adozione di una modulistica unica che dovrà
essere fatta propria dagli enti locali, possa rappresentare
il primo passo verso un effettivo snellimento delle procedure edilizie. Insomma, non basta prevedere, ad es., gli
sportelli unici per l’edilizia, strumenti senz’altro importanti, ma occorre poi essere in grado di farli funzionare,
magari attraverso poteri sostitutivi. Che senso ha parlare
di comunicazione d’inizio attività o di SCIA se poi per
ottenere i pareri da allegare alla comunicazione sono necessari tempi superiori a quelli previsti per il successivo
inizio dell’attività?
Ora è stato annunciato lo Sblocca cantieri, ma sarà
veramente in grado di essere tale? Le prime indicazioni
fanno emergere azioni potenzialmente interessanti, quali
interventi sulle procedure edilizie nonchè incentivi fiscali, su modello francese, per chi acquista un’abitazione destinata all’affitto.
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la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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CRITERI DELLA RIFORMA
Stime catastali
e valori
di mercato
L’equità fiscale richiede una forte riduzione degli indici di
dispersione tra le due valutazioni
di Gianni Guerrieri
C
ome è noto è stata recentemente approvata (legge
11 marzo 2014, n. 23) la
delega fiscale che contiene
all’art. 2 le norme indicanti i criteri e
gli indirizzi direttivi su cui il Governo
dovrà legiferare per la riforma del sistema estimativo del catasto urbano.
Sull’argomento sicuramente vi è
molto da poter scrivere e si suppone
che molto si scriverà. In questa sede
a noi interessa cercare di comprendere cosa significa creare un catasto dei
fabbricati in cui per ciascuna unità
immobiliare sia definito catastalmente sia un valore patrimoniale sia un
reddito.
I riferimenti essenziali nella legge
delega sono almeno due. Anzitutto, si
deve definire per «ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita» introducendo così
anche in Italia, accanto al catasto dei
redditi immobiliari, anche quello dei
valori patrimoniali. In secondo luogo
l’art. 2, comma 2, lett. f della legge delega, indica che occorre «operare con
riferimento ai rispettivi valori normali, approssimati dai valori medi ordinari, espressi dal mercato nel triennio
antecedente l’anno di entrata in vigore
del decreto legislativo».
Prima di commentare quest’indicazione normativa, conviene fare un
passo indietro.
La necessità di definire un valore catastale di natura patrimoniale
si è imposta in modo impellente al
14
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
momento che si decise di introdurre
in Italia una tassazione patrimoniale reale sugli immobili: l’ICI che, si
rammenta, sostituì l’Ilor e progressivamente l’Invim. Al riguardo va rammentato che la tassazione patrimoniale ha un senso, tra l’altro, in quanto il
valore patrimoniale rappresenta un
indice di capacità contributiva. La
capacità contributiva, se misurata mediante il valore patrimoniale, non può
che concepirsi come potenzialità di
entrata (e di spesa). Pertanto, il valore
patrimoniale deve poter misurare, in
termini relativi tra un contribuente e
l’altro e per un dato periodo, tale “potenzialità”.
La scelta operata all’epoca fu di
procedere alla determinazione dei
valori imponibili di natura patrimoniale applicando alla rendita catastale (un reddito netto) un coefficiente
moltiplicativo specifico per ciascuna
categoria d’immobili. Tali coefficienti rappresentavano il reciproco di un
tasso di capitalizzazione convenzionale medio nazionale. In altri termini, il valore normale era approssimato
dalla capitalizzazione di una rendita
perpetua e la sua normalità era concettualmente fondata, da un lato, sulla
rendita quale espressione di un prezzo
normale di lungo periodo (canone di
locazione) per l’uso degli spazi immobiliari (abitativi e non) al netto delle
normali spese di manutenzione e gestione e, dall’altro, da un tasso di capitalizzazione convenzionale.
Tuttavia, anche qualora supponessimo che le rendite catastali siano
adeguate e coerenti (cosa che oggi non
è), il procedimento descritto per la determinazione del valore imponibile ai
fini ICI è afflitto da una distorsione e
quindi un’iniquità. Adottando, infatti, un tasso di interesse convenzionale
ai redditi figurativi, si ottiene che per
l’unità immobiliare cui corrisponde
un tasso di rendimento netto di mercato inferiore a quello convenzionale,
si avrà un vantaggio fiscale, in termini
relativi, rispetto alla situazione contraria. Da questo punto di vista, l’esito
è anche criticabile con riferimento a
un approccio “produttivistico” (einaudiano), poiché sarebbero penalizzati,
in termini relativi, i contribuenti che
riescono a ottenere dal loro investimento immobiliare un tasso di rendimento più elevato.
Il superamento di questa distorsione rientra tra le diverse ragioni che
hanno indotto il legislatore a procedere all’introduzione di un valore patrimoniale catastale.
Riprendendo il tema della legge
delega e di quanto specifica l’art. 2,
co. 1, lettera f, sopracitato, rileva che il
valore patrimoniale catastale deve essere un valore normale approssimato
dal valore medio ordinario espresso
dal mercato nel triennio antecedente.
Sul concetto di valore normale si potrebbero versare fiumi d’inchiostro,
ma dal punto di vista concettuale non
è affatto conclusiva la teoria economi-
ca (le posizioni sono diverse e divergenti). Qui risolve la norma indicando
che qualunque cosa esso sia, il valore
normale deve essere approssimato dal
valore medio ordinario espresso dal
mercato.
Si rileva non solo il riferimento al
concetto di media dei valori espressi
dal mercato, ma anche al concetto di
ordinarietà di tali valori da assumere a
riferimento. Non solo. È importante
sottolineare anche che il criterio di delega non si riferisce ai prezzi medi ordinari, ma ai valori. È evidente, infatti,
che il concetto di «prezzi di mercato
ordinari» sarebbe un nonsense (i prezzi di mercato sono quelli che sono). Il
riferimento ai valori ordinari consente, invece, di selezionare quei prezzi
che esprimono ordinarietà, ovvero
non influenzati da evidenti accidentalità. Tale argomento porta con sé
un’altra considerazione. L’ordinarietà
non può che riferirsi alla capacità del
valore di riflettere principalmente
«la localizzazione e le caratteristiche
edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale», i due fondamenti
alla base della costruzione della funzione statistica (si veda art.2, comma
1, lettera h). Ma la destinazione catastale non può che essere rappresentata
dall’attuale destinazione che è agli atti
del catasto o all’evidenza della verifica oggettiva, documentale o in loco, di
tale destinazione. Tale considerazione
sgombra il campo, per così dire, dal
problema della stima del bene in relazione all’“Highest and Best Use” del
bene medesimo. Ciò è rilevante poiché il valore (e il prezzo) di mercato di
un bene potrebbe essere o essere stato
influenzato da quello che potrebbe
derivare da una sua trasformazione
o dal completamento dell’edificabilità dell’area in cui è sito un immobile.
Dal punto di vista impositivo, tuttavia, appare adeguato far riferimento
alle condizioni d’uso esistenti e non
a quelle potenziali. D’altra parte, con
specifico riferimento alle aree edificabili, la tassazione patrimoniale su
quest’ultime avviene su basi non catastali ma relativamente al valore venale
in comune commercio.
Dunque, il valore patrimoniale
catastale dovrà riferirsi a un valore
storico medio espresso dal mercato
(media del triennio), con riferimento alle condizioni d’uso esistenti e
limitatamente a quella componente
espressa dal mercato correlata alla localizzazione e alle caratteristiche edilizie del bene.
Al riguardo soccorrono le tecniche statistiche (funzioni di regressione) che correlano il valore del bene
alla posizione e alle caratteristiche del
bene stesso. Questa modalità accetta
implicitamente la presenza dell’approssimazione statistica e tollera l’errore statistico.
In effetti, tra i prezzi osservati dal
mercato e i valori stimati con le tecniche di regressione esiste sempre una
differenza che può essere dovuta alle
variabili non incluse nel modello (in
tal caso avremo una sottospecificazione del modello stesso), ma anche a variabili aleatorie e soggettive (si pensi
al diverso potere di contrattazione tra
acquirente e venditore, alla presenza
di asimmetrie informative, ai gusti dei
“consumatori”) impossibili o quantomeno assai complicate da modellizzare.
Ovviamente utilizzare queste
tecniche di regressione statistica non
è questione semplice. In ogni caso
per essere applicate necessitano di
database sufficientemente ampi concernenti i prezzi delle compravendite.
Poiché tali prezzi sono appurabili in
modo oggettivo solo da quanto scritto
nei contratti registrati, per il loro utilizzo ai fini indicati è indispensabile
che i prezzi registrati corrispondano a
quelli effettivamente sostenuti. Al riguardo si può sostenere che dal 2007,
con l’introduzione del cosiddetto
“prezzo-valore” per il calcolo dell’imposta di registro sul trasferimento a
titolo oneroso delle abitazioni e con la
modifica delle regole di accertamento
tributario, tale corrispondenza è nettamente migliorata e aumentata.
A questo riguardo non si comprende l’opinione espressa su alcuni
mezzi di comunicazione, tesa a considerare le aste immobiliari come i luo-
ghi in cui si forma il prezzo di mercato “vero”. Posto che anche i contratti
stipulati sulla base di aggiudicazioni
di aste devono essere registrati e trascritti e quindi rientrano nel database
sopra accennato, è del tutto privo di
fondamento il fatto che i prezzi formatisi in “asta” siano maggiormente
rappresentativi del “mercato” rispetto
a quelli … determinati sul mercato
delle compravendite!
Semmai il problema può consistere nel fatto che non per tutti i territori esistono mercati dinamici e ampi,
sicché talvolta le basi di riferimento
rischiano di essere troppo esigue per
l’adozione delle tecniche statistiche.
In tali casi è inevitabile definire l’ampiezza dei territori anche in funzione
dell’adeguata numerosità delle osservazioni sulle quali operare con le tecniche statistiche.
In ultimo si deve osservare che ai
fini impositivi l’equità che deve ispirare il trattamento tributario non richiede che il valore patrimoniale catastale
di una unità immobiliare sia eguale al
suo valore di mercato. Ciò che rileva è
che la distanza relativa tra i due valori,
qualunque essa sia, deve essere tendenzialmente uguale per tutte le unità immobiliari. In termini tecnici ciò significa che gli indici di dispersione tra il
valore patrimoniale catastale e il valore di mercato osservato devono essere
contenuti. Sulla sensibile riduzione di
questi indici di dispersione, rispetto
alla situazione attuale, sta il successo
della riforma.
A margine dell’articolo che precede, è
utile richiamare il documento presentato dal presidente della FEDERPROPRIETÀ in sede di audizione presso la
competente Commissione del Senato
della Repubblica (v. n. 7-8.2014, pag.
24 di questa rivista), anche perché l’assicurazione sull’equità da ultimo inserita in detto articolo coincide con le nostre conclusioni in correlazione con il
doveroso rispetto del principio dell’invarianza del gettito sancito dall’art. 2
della legge n. 23 (ndr).
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
15
LONDRA, PARIGI, BERLINO
Il mercato
immobiliare
in Europa
Tra i fattori della timida ripresa in atto c’è il mattone che, nelle
principali capitali continua ad attirare investitori, anche dall’Italia
di Gianluigi Indri
I
timidi segnali di ripresa economica che si avvertono nell’Ue
provengono in parte dall’andamento del mercato immobiliare
che manifesta qualche segnale positivo. Ciò non significa che la crisi sia
alle nostre spalle. Anche perché gli
acquirenti di case appartengono a una
ristretta cerchia di soggetti in possesso di redditi medio-alti, ma anche al
mondo dei nuovi ricchi, provenienti
principalmente dalla Russia, dai Paesi arabi e dall’Estremo Oriente (Cina,
Corea e Giappone), che prediligono
Londra, Berlino e Parigi, centri nevralgici del mondo finanziario internazionale.
In quasi tutti i Paesi dell’Eurozona
(che sono 17) si registra un aumento
delle vendite d’immobili, anche a investitori istituzionali che hanno puntato decisamente sulle tre capitali già
citate. In Germania, Gran Bretagna e
Francia si registra circa l’ottanta per
cento delle transazioni immobiliari
europee, con variazioni anche importanti; a Parigi, infatti, si assiste da
oltre un anno a un notevole raffreddamento dei prezzi degli immobili e del
volume delle compravendite che sono
crollate del 50 per cento rispetto al
2011.
Londra, viceversa, sta attraversando
un vero e proprio boom, soprattutto
Dalla relazione del Presidente Buzzetti all’Assemblea dei costruttori
Il falso mito dell'austerità
“Finalmente è stata messo in discussione il falso mito dell’austerity a tutti i
costi: come imprenditori e come settore dell’edilizia siamo stati tra i primi a
denunciare l’errore nel quale i tecnocrati europei stavano cadendo imponendoci vincoli economici, spesso scelti a caso, come quello del 3%, che stanno
affossando qualsiasi tentativo di ripresa enon solo in Italia”. Ma non basta.
“le recenti dichiarazioni del Governatore della Bce Mario Draghi che di fatto
ha escluso l’edilizia dalle misure per far affluire maggiore liquidità alle imprese non gettano speranza, perché sono il frutto di paure infondate, almeno nel nostro Paese, di bolle immobiliari e di possibili ricadute finanziarie di
quest’ultime”.
16
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
tra i singoli investitori che intendono
affidare al mattone i propri risparmi.
Fra questi si distinguono gli italiani
che sempre più spesso acquistano in
Inghilterra, soprattutto nella Capitale (un aumento dell’11 per cento dal
2012, oltre 42 mila lo scorso anno).
Londra si conferma la meta prediletta
dei nostri connazionali, sia perché è la
cittì europea del business, sia perché
sono molti i giovani che vi si recano
per motivi di lavoro o di studio.
Il rovescio della medaglia è che il
costo della vita (e delle case) ha raggiunto livelli di guardia e molti analisti internazionali già parlano di bolla
immobiliare. Ha fatto scalpore nei
mesi scorsi l’acquisto da parte di un
anonimo Paperone dell’Est di un attico di 1500 mq nel centro della City
per circa 170 milioni di euro (oltre 113
mila euro/mq). Mediamente i prezzi
sono cresciuti del 78,4% al centro e
del 40,6 in periferia, rispetto al 2009.
Hyde Park, Kennington, Notting Hill
e Chelsea, restano le mete più esclusive. Tutto il Paese è stato coinvolto con
un effetto domino.
Nel Regno Unito (Inghilterra, Galles,
Scozia e Irlanda del Nord) il costo medio di un appartamento ha raggiunto
la ragguardevole cifra di 174 mila sterline. A Londra, escludendo la City, il
prezzo medio è lievitato a 458 mila
sterline. Il boom immobiliare è condizionato da vari fattori, in particolare
dal buon andamento dell’economia
che sta attraendo forti capitali dall’estero.
Per i prossimi anni sono previsti incrementi del prezzo degli immobili con
una media del nove per cento l’anno,
suscitando non poche preoccupazioni
tra i sudditi britannici che rischiano
l’espulsione dalle loro stesse città per
essere sostituiti da immigranti di lusso. Tra i più preoccupati c’è il sindaco
di Londra, Boris Johnson, che ha programmato per i prossimi dieci anni la
costruzione di 400 mila nuovi alloggi
che contribuiranno indubbiamente a
calmierare il mercato che rimane su
livelli molto alti nonostante il calo dei
tassi di interesse.
A Berlino, città che ha avuto un notevole rilancio economico, politico e
culturale, da quando è tornata a essere
la Capitale della Germania riunificata,
lo scenario immobiliare è altrettanto
dinamico. In più i prezzi sono notevolmente inferiori a quelli di Londra.
Nelle periferie si possono ancora acquistare appartamenti 2.500/3.000
euro/mq, che salgono a 4.500 a Charlottenbourg, quartiere borghese. Ma
gli investitori guardano con molto interesse alla riqualificazione della zona
est, quella controllata fino al 1989 dal
governo comunista della RDT, dove il
valore medio di un appartamento si
attesta intorno ai 1.500/2000 euro/
mq, che possono salire anche del 50%
se rientrano nel piano di gentrification
(ammodernamento dei vecchi edifici
e avvicendamento di ceti più abbienti), anche se sono ancora molte le case
prive di ascensore. Il governo federale non ha lesinato fondi per il rilancio
della capitale, con grossi investimenti
in infrastrutture. Come ad esempio la
riqualificazione della zona intorno a
piazza Postdam, vicino al nuovo Parlamento, che era abbandonata e decadente. Ma, al contrario di quanto
è avvenuto a Roma per i mondiali di
calcio del 1990 e i successivi di nuoto,
i soldi in Germania sono stati spesi
bene e non sono andati a ingrossare il
portafoglio dei soliti noti, i quali sono
ancora alla guida di società pubbliche
e private. Al boom berlinese hanno
contribuito i tassi molto bassi che attraggono capitali freschi e il fascino di
una capitale, meta preferita dei giovani, anche italiani.
A Parigi la situazione è completa-
mente opposta rispetto a Londra e
Berlino. Il mercato ha rallentato molto dalla metà del 2011, con prezzi,
però, ancora alti, senza raggiungere
quelli della capitale britannica. Il valore medio di un appartamento è ben
oltre gli 8 mila euro/mq, il doppio
di Roma per intenderci, con punte
di 20/30 mila in Avenue Montaigne
e Anatole France e di 15 mila nella
zona degli Champs Elisèes. Negli ultimi due anni, secondo la stima dei
notai dell’Ile de France [la regione
con oltre 11 milioni di abitanti in cui
si trova Parigi che ne è il capoluogo,
ndr], le compravendite sono scese
notevolmente: nei primi tre mesi
di quest’anno sono state di 35 mila
abitazioni, -3% rispetto allo stesso
periodo del 2013. Da notare, però,
che in questi ultimi mesi si registra
un leggero incremento, soprattutto
nel volume degli acquisti. Segno che
la capitale francese non ha perduto il
suo appeal, in particolare per gli italiani che si confermano tra i maggiori
acquirenti.
In Spagna la crisi è dimenticata
Tutti i dati sembrano ormai confermare che la Spagna è uscita dalla crisi
economica. Non erano molti a scommettere su questa possibilità anche
perché, dopo 15 anni di crescita, dal 2008 l’economia iberica era entrata
in grave crisi grazie alla bolla edilizia e del credito e con uno spread che
assomigliava molto al nostro. Quando il Premier Renzi, in seguito ai dati
diffusi sul PIL di Francia e Germania, a zero il primo e in calo dello 0,2
il secondo, dichiarò che il problema non era italiano ma europeo, si è
dimenticato di dire che qualcuno, la Spagna, stava percorrendo la strada
in senso contrario.
Dalla fine del 2013 è, infatti, in atto un continuo e progressivo miglioramento tanto che le stesse previsioni degli economisti sono state superate dalla realtà dei fatti. Nel secondo trimestre del 2014 è stato calcolato
un +0,6% congiunturale e un +1,2% tendenziale anno su anno. Ed è il
quarto trimestre consecutivo che si chiude con il segno positivo. Il confronto con l’Italia, che ha potuto segnare un +0,1% nell’ultimo trimestre
2013 per poi ricadere in recessione, è impietoso. Come si vede per la Spagna la tendenza al recupero della crescita è netta e non equivoca.
Fra i punti che hanno contribuito all’uscita dalla crisi, sono stai posti in
evidenza la riforma del lavoro, la stabilità politica, gli investimenti diretti dall’estero, la forza dell’export, gli aiuti dall’Europa, le privatizzazioni,
la fiducia dei mercati e, guarda caso, l’interesse per l’immobiliare.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
17
LA RIFORMA DELLE CCIAA
Sbagliati i tagli
alle Camere
di Commercio
Il primo effetto sarà far risparmiare pochi euro a commercianti e artigiani in cambio del depotenziamento di servizi
che sono molto utili allo Stato, alle imprese e ai cittadini
di Marzio Fianese
L
a “foga riformista” del governo Renzi, fatta soprattutto
di annunci progressivi, ha
trovato una sua prima concretizzazione con il varo dei due decreti e del disegno di legge che si pongono l’obiettivo ambizioso di cambiare la pubblica amministrazione dalle
fondamenta. In realtà il premier aveva
inizialmente proposto un unico provvedimento di legge per bruciare i tempi, ma la bozza di decreto non ha convinto gli uffici legislativi del Quirinale
che hanno rispedito più volte il testo al
mittente con la richiesta di emendarlo, limarlo e semplificarlo. Al termine
del palleggiamento, durato un paio di
settimane, il testo originario è stato
sdoppiato in due decreti e sulla Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato anche
il disegno di legge connesso.
Gli strali renziani che si abbattevano
su tutta la pubblica amministrazione
(le limitazioni riguardanti i magistrati e le fasce alte della dirigenza statale
sono state poi modificate o addirittura eliminate) non hanno risparmiato neppure il sistema delle Camere
di commercio industria artigianato
e agricoltura (CCIAA). L’art. 29 del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90
stabilisce, infatti, che «a decorrere
dall’esercizio finanziario successivo
all’entrata in vigore del decreto, l’importo del diritto annuale a carico delle
imprese è ridotto del 50 per cento». Il
primo effetto della cosiddetta riforma
del sistema camerale è dunque quello
18
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
di tagliare di netto metà degli introiti
grazie ai quali le istituzioni camerali
erogano servizi a livello territoriale. È
evidente che il taglio lineare avrà conseguenze negative su tutte le attività
a favore delle imprese e del territorio
consentite finora dal diritto annuale.
Il punto centrale delle critiche mosse
trasversalmente al Governo Renzi su
questo provvedimento è proprio il fatto che lo Stato non risparmia neppure
un centesimo: lo faranno le imprese
che pagano una media di circa 100
euro l’anno (minimo 30, massimo 40
mila euro l’anno).
Per la verità all’inizio l’intendimento
del Governo era di abolire, tout court,
le Camere di commercio, così come
ha tentato di fare (riuscendovi solo in
parte) con le Province, con l’ACI e con
le Motorizzazioni, con il CNEL, ecc. Il
ddl ha un iter parlamentare più lungo
e complesso rispetto al decreto-legge
e, perciò, potrà essere modificato e
migliorato. Per ora stabilisce la cancellazione di 85 Camere di commercio su un totale di 105. Di fatto una
regionalizzazione che cancellerà automaticamente le Unioni regionali delle
Camere di commercio. Stessa sorte
subiranno le aziende speciali delle
Camere di commercio che saranno accorpate a livello regionale per materia.
Nel Lazio, così come nel resto d’Italia,
saranno accorpate in una sola realtà
tutte le aziende speciali che si occupano d’internazionalizzazione, oppure
di marketing, di comunicazione, d’in-
novazione tecnologica, di sviluppo del
turismo: tutte attività ritenute fondamentali in questo momento di forte
crisi della nostra economia. A titolo di
esempio, l’export e il turismo sono tra i
pochissimi settori che fanno registrare
un andamento positivo; grazie anche
all’attività di accompagnamento delle nostre aziende sui mercati stranieri
per opera delle CCIAA e grazie alle
“Reti d’impresa” promosse dal sistema camerale per superare l’handicap
dovuto alle piccole dimensioni delle
imprese italiane.
Per tornare al ddl, i tagli si abbatteranno anche sulla composizione degli
organi consiliari e di vertice degli enti
camerali, sulla cancellazione dei gettoni di presenza per consiglieri e membri di giunta e su un nuovo sforbiciamento del 30 per cento degli stipendi
dei segretari generali dopo l’istituzione del tetto massimo comune a tutta la
pubblica amministrazione (240 mila
euro lordi l’anno). Il ddl impone anche una razionalizzazione delle risorse
economiche normalmente usate dalle
Camere di commercio per la promozione del territorio e lo sviluppo del
tessuto imprenditoriale. Insomma,
tagli di ogni genere e l’imposizione di
paletti normativi anche sul tipo di attività da svolgere.
A quanto pare, però, perfino all’interno della compagine governativa
c’è chi ha fatto notare che la parte
della riforma della P.A. riguardante
il sistema camerale si traduce in una
sorta di accanimento che non trova
ragione nell’indispensabilità e nel
ruolo stesso svolto in questi anni dalle Camere: questi enti pubblici dotati
di autonomia funzionale sono stati ripetutamente chiamati dai precedenti
governi a svolgere compiti crescenti in
tanti ambiti. Per questo motivo spesso
sono state definite motori di sviluppo
dei territori e strumento indispensabile per la semplificazione burocratica. Le Camere di commercio, inoltre,
tendono a collocarsi quasi sempre tra
i pionieri dell’azione riformistica del
governo: a titolo esemplificativo, solo
nell’ultimo quinquennio, sono state
le avanguardie rispetto ai temi della
gestione della performance, della trasparenza e della lotta alla corruzione.
Per quanto riguarda la prevenzione
e il contrasto alla criminalità, ogni
CCIAA cura il Registro delle imprese
informatizzato che oggi rappresenta
uno strumento fondamentale per la
sicurezza, la certezza, la trasparenza e
la garanzia del mercato e che, nel mondo, stanno cercando di copiarci molti
Paesi. Basti pensare che ogni anno
a livello nazionale, su un totale di 40
milioni di visure, magistratura e forze
dell’ordine effettuano 6,5 milioni di
accessi per le indagini di contrasto alla
criminalità organizzata. Il Registro
delle imprese, per queste ragioni, è
diventato il principale strumento di
contrasto alla criminalità economica
dei cosiddetti “colletti bianchi”.
Irrinunciabile, poi, il ruolo svolto dal
sistema camerale nel facilitare l’accesso al credito delle piccole imprese in
una lunga fase di crisi economica, resa
ancora più difficile dalle imposizioni
europee alle banche con gli accordi di
Basilea 2 e 3; norme che hanno dato
vita al fenomeno del cosiddetto credit
crunch (la stretta creditizia), i cui effetti hanno rischiato di paralizzare completamente il tessuto produttivo italiano, formato per oltre il 98 per cento da
imprese di dimensioni piccole o piccolissime. Le CCIAA italiane continuano a garantire il sostegno al sistema
dei consorzi fidi per non far mancare
alle Pmi l’ossigeno del credito. Azioni
che si sostanziano in cifre rilevanti:
solo nel 2013 oltre 85 milioni di euro Le Camere di commercio, con il supsono stati investiti, direttamente o at- porto di Unioncamere, assicurano
traverso i Confidi, per un ammontare certezza e affidabilità dei sistemi di
di finanziamenti alle imprese pari a misura attraverso gli Uffici metrici,
1,2 miliardi di euro. Nello specifi- strutture tecniche in grado di gestire
co, la CCIAA di Roma – dal 2009 a tutte le procedure legislative e ammioggi – sta per raggiungere l’ambizioso nistrative in materia, realizzare diretobiettivo di garantire la cifra record di tamente collaudi, prove e verifiche,
un miliardo di euro di finanziamenti offrire servizi di controllo, certificaalle imprese, 600 milioni dei quali già zione e sorveglianza, al fine di garantierogati con circa 9.500 affidamenti in re la correttezza delle operazioni di
favore di oltre 4.500 imprese del ter- misurazione nelle determinazioni
ritorio.
quantitative che interessano la pubbliLe Camere di commercio, inoltre, ca fede, nei rapporti inter partes. Poco
svolgono attività di mediazione, uno conosciuti dalla maggioranza di cittastrumento molto utile per risolvere dini, questi uffici svolgono regolaragevolmente e con costi ragionevoli mente l’attività di controllo dei misucontroversie a vantaggio dei consu- ratori usati per la mescita dei liquidi, le
matori e delle imprese. Nel 2013 sono verifiche periodiche sulla taratura delstate oltre 42 mila le conciliazioni ge- le bilance commerciali (da quella del
stite in favore di imprese e consuma- salumiere a quella di precisione dell’otori, risolte con un decimo dei costi di rafo), i controlli sistematici sugli eroun procedimento ordinario (con un gatori di carburante. Gran parte dei
risparmio complessivo di 130 milioni “furbi” che finiscono in trasmissioni
di euro per le parti che hanno scelto di tipo Striscia la notizia o Le Iene sono
conciliare) e con un taglio in termini smascherati dagli ispettori delle Cadi tempi rispetto alla giustizia civile mere di commercio. A Roma è in attinotevole: da 1.280 a 46 giorni in me- vità un laboratorio chimico-merceolodia. Inoltre, l’attività di mediazione gico della Camera di commercio (tra
consente di alleggerire l’enorme peso l’altro aperto al pubblico) dove si condei procedimenti in carico ai tribunali trolla la purezza delle acque minerali
civili ordinari.
che beviamo, la qualità dei vini e le
Sul terreno della semplificazione am- etichette DOC, DOP, IGT, la qualità
ministrativa oltre un terzo dei comuni dei cibi, la composizione dei metalli
italiani ha delegato alle Camere di preziosi.
commercio la gestione degli
Sportelli unici per le attività
produttive (i Suap). Grazie
alla procedura telematica
unica - ComUnica – è possibile avviare l’attività di
un’impresa realmente in un
solo giorno, risparmiando
agli imprenditori il “pellegrinaggio” tra quattro diversi enti pubblici. Inoltre, recentemente è stato reso più
semplice l’accesso alle visure camerali, documenti
adesso ancora più dettagliati
che presentano la situazione La "Corbusierhaus", unità abitativa costruita per
giuridica e le principali in- l’esposizione Interbau 57 (Berlino,1957)
formazioni economiche delle aziende iscritte presso il Nella pagina precedente, la palazzina di Le Corbusier
al Weissenhofsiedlung (Stoccarda, 1927)
Registro delle Imprese.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
19
CATASTROFI NATURALI
Copertura
obbligatoria: sì
degli assicuratori
Dall’assemblea dell’ANIA una proposta sulla linea dei d.d.l. ispirati
da ARPE-FEDERPROPRIETÀ, ENEA, Ordine degli Ingegneri della
provincia di Roma, UCITecnici e URIA
di Paolo Clemente – Dr. Ing. PhD *
I
n occasione dell’assemblea annuale dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici
(ANIA) che si è svolta il 1° luglio
scorso all’Auditorium Parco della Musica di Roma, il presidente Aldo Minucci, nella sua relazione, ha presentato una proposta di assicurazione obbligatoria contro le catastrofi naturali:
può apparire strano ma la cosa ci ha
piacevolmente sorpresi visto che solo
qualche anno fa l’ANIA aveva espresso forti perplessità al riguardo.
Dopo aver riconosciuto che le catastrofi naturali rappresentano un rischio estremamente significativo nel
nostro Paese, Minucci ha ricordato
che lo Stato italiano spende mediamente oltre 3 miliardi di euro ogni
anno per le opere di riparazione e ricostruzione, facendo ricorso essenzialmente alla fiscalità generale, con
interventi normativi predisposti ad
hoc a seguito degli eventi stessi. Invece, Paesi caratterizzati da pericolosità
da eventi ambientali, quali terremoti
e dissesti idrogeologici, maggiori delle nostre, come il Giappone, gli Stati
Uniti e la Nuova Zelanda, hanno già
da tempo adottato sistemi di assicurazione e le cose sembrano funzionare
bene. Anche in Europa, in particolare
Spagna e Francia, ci sono esempi di assicurazione a fronte di eventi naturali
con sistemi basati su un’organica col-
20
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
laborazione tra pubblico e privato, con
una ben definita ripartizione di compiti tra lo Stato e le imprese assicuratrici
in caso di disastri.
La proposta dell’ANIA (i punti più
importanti dell’intervento di Minucci
appaiono nel box della pagina al lato)
prevede una collaborazione tra il settore privato e il pubblico. L’intervento
dello Stato sarebbe limitato a una percentuale del danno, presumibilmente
non superiore al 50%, mentre la quota
in esubero sarebbe coperta da una polizza privata. Lo Stato comunque sarebbe il riassicuratore di ultima istanza
in caso di eventi eccezionali. L’ANIA
propone anche incentivi fiscali, attraverso la detraibilità dal reddito del premio versato e la riduzione dell’imposta
sulle assicurazioni, al fine di contenerne i costi.
L’obbligatorietà, ovviamente, avrebbe lo scopo di creare la massa critica
necessaria. Al riguardo va osservato
che, essendo il numero di unità immobiliari in Italia pari a oltre 30 milioni,
un premio di assicurazione medio di
100 euro/anno coprirebbe il costo medio annuo attualmente a carico dello
Stato. Basandosi su queste cifre, la
proposta di assicurazione obbligatoria
per eventi naturali messa a punto da
ARPE-FEDERPROPRIETÀ, ENEA,
Ordine Ingegneri della Provincia di
Roma, Unione cattolica italiana tecni-
ci, Unione nazionale esperti diritto immobiliare e Unione romana ingegneri
e architetti (presentata come d.d.l. n.
3631 al Senato della Repubblica nella
XVI legislatura nel dicembre 2012 e riproposta nella XVII legislatura, d.d.l.
n. 881, nel giugno 2013), non prevede
alcun contributo da parte dello Stato.
Anzi, trattandosi di una cifra modesta,
il premio potrebbe essere raddoppiato,
mettendo a disposizione una somma
annua, utile a finanziare un fondo per
la sicurezza strutturale da destinare a
interventi preventivi sugli edifici. Al
fondo potrebbero affluire anche altre
aliquote a carico dello Stato, finanziamenti europei specifici del settore ed
eventuali altri finanziamenti pubblici
e privati.
Oltre a quello di sollevare lo Stato
dalle spese di ricostruzione, quindi,
l’assicurazione obbligatoria e il fondo
per la sicurezza strutturale avrebbero
come conseguenza quella di ridurre
gradualmente i costi di emergenza e ricostruzione. Infatti, il livello dei premi
sarebbe correlato all’affidabilità strutturale delle costruzioni e, quindi, alle
misure preventive adottate in fase di
costruzione o di eventuali lavori di miglioramento strutturale. Proprietari e
compagnie assicurative sarebbero così
stimolati a verificare l’effettiva affidabilità delle costruzioni e a intervenire
in caso di carenze strutturali per ridur-
parziale rimborso sufficiente per la
ricostruzione parziale o delocalizzata. Si è accennato alla costituzione di
consorzi e alla riassicurazione nella
quale potrebbe intervenire lo Stato;
al riguardo va osservato che il rimborso non sarebbe richiesto immediatamente a seguito dell’accertamento
del danno ma potrebbe essere erogato a stati di avanzamento dei lavori, consentendo un certo respiro alle
compagnie di assicurazione, specialmente nel caso di eventi calamitosi
di notevole intensità e nei primi anni
dopo l’entrata in vigore. D’altra parte
le compagnie assicuratrici potrebbero
servirsi di imprese edili di propria fiducia per i lavori, esercitando così un
re il rischio.
Val la pena ricordare che il rischio rappresenta la perdita economica in caso
di disastro e dipende da tre fattori: la
pericolosità del sito, ossia la probabilità che accada un evento di assegnata
intensità; la vulnerabilità delle costruzioni, ossia dalla suscettibilità delle
stesse a subire danni in occasione di
eventi calamitosi; l’esposizione, in cui
rientra anche il valore economico, culturale e sociale del bene. A questi tre
fattori potremmo aggiungere la resilienza, la “capacità di assorbire l’urto”,
ossia di riportare il bene danneggiato
nelle condizioni in cui era prima dell’evento.
L’istituzione dell’assicurazione obbligatoria, pertanto, avrebbe anche
l’effetto di stimolare una corretta prevenzione, sarebbe una strategia per il
miglioramento della sicurezza strutturale e creerebbe un sistema virtuoso
che invoglierebbe i cittadini a investire
sulla sicurezza strutturale dei propri
immobili, favorendo anche il rilancio
del settore edile e del mercato immobiliare. La valutazione dell’impresa di
assicurazione sarebbe una valida base
per determinare il valore di un immobile, che dipenderebbe finalmente dal
grado di sicurezza.
Il proprietario potrebbe scegliere di
assicurare solo una percentuale del
proprio immobile, accontentandosi,
in caso di completa distruzione, di un
controllo maggiore sull’utilizzo del
rimborso.
L’applicazione in Italia dell’assicurazione obbligatoria trova ostacolo
innanzitutto in un limite culturale:
ci si assicura tutti per aiutare i pochi
sfortunati e non per trarne comunque
un vantaggio. Inoltre, l’assicurazione
obbligatoria è vista come una nuova
tassa sulla casa: può apparire tale ma
non deve esserlo, anzi deve portare
all’annullamento di tutte le tasse, palesi e non, con le quali attualmente
si finanziano le ricostruzioni conseguenti a eventi calamitosi.
* Responsabile Prevenzione rischi naturali e mitigazione effetti, ENEA
Dalla relazione del presidente dell’ANIA Minucci
«Per introdurre elementi di efficienza nel sistema e ridurre in modo significativo gli oneri a carico delle finanze pubbliche, abbiamo elaborato una proposta di copertura per il patrimonio abitativo italiano che assegna un ruolo
al settore privato nella gestione del rischio catastrofale.
Il nostro modello si basa, innanzitutto, sulla limitazione dell’intervento economico a carico dello Stato a una predeterminata percentuale del danno subito (per es. il 50%).
La quota a rischio esclusa dall’intervento pubblico sarebbe coperta da una
polizza privata di natura obbligatoria, sottoscritta dai proprietari di abitazione. L’obbligatorietà avrebbe lo scopo di creare la “massa critica” necessaria
per il buon funzionamento del meccanismo assicurativo, basato sulla mutualità e sulla ripartizione del rischio, evitando fenomeni di antiselezione e contenendo altresì il costo delle polizze.
La copertura sarebbe offerta dalle imprese di assicurazione anche con l’ausilio di un consorzio, di cui lo Stato sarebbe riassicuratore di ultima istanza al
fine di far fronte alle conseguenze di eventi eccezionali che il sistema assicurativo – nazionale e internazionale – non sarebbe in grado di sostenere.
Sono infine da prevedere incentivi fiscali volti a contenere i costi del sistema
per gli assicurati, favorendo l’effettiva diffusione delle coperture. Mi riferisco
sia alla detraibilità dal reddito del premio versato sia alla riduzione dell’imposta sulle assicurazioni, attualmente pari al 22,5%, un livello che penalizza
fortemente chi deve stipulare una polizza.
Il sistema da noi ipotizzato comporterebbe significativi vantaggi rispetto
all’attuale situazione.
I proprietari delle abitazioni, con una spesa contenuta, potrebbero contare su
risarcimenti certi e tempestivi, anche grazie alla comprovata qualità professionale dei periti assicurativi, cui sarebbe affidato il processo di valutazione
del danno anche per la parte a carico del sistema pubblico.
Lo Stato, poi, beneficerebbe di una strutturale riduzione del costo dei risarcimenti, quantificabile in almeno un miliardo di euro l’anno, un terzo dell’attuale onere medio a carico dei conti pubblici»
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
Impresa di Ottobre: ORAZIETTI
PERCHÉ IL PAESE NON CRESCE
La burocrazia
è di ostacolo agli
interventi edilizi
di Massimo Cestelli Guidi
Al momento di andare in stampa è
doveroso riportare che recentemente il Governo ha previsto un decreto legge per facilitare, dal punto di
vista burocratico, l'esecuzione di
interventi all'interno degli appartamenti. In attesa di apprendere come
questo d.l. verrà recepito e applicato
dalla "burocrazia", è bene conoscere la situazione assurda e vessatoria
alla quale si era arrivati per effettuare gli interventi nell'edilizia.
I
l mercato immobiliare ha subito in
questi ultimi anni una battuta d’arresto di notevoli proporzioni, a causa soprattutto dell’elevata tassazione applicata, non gradatamente, all’edilizia, e delle indagini fiscali collegate che
hanno spaventato i potenziali acquirenti.
Il danno arrecato al mondo del lavoro è
stato notevole, dato il vasto indotto collegato alle ristrutturazioni degli appartamenti oggetto di compravendite.
Ma i pochi interventi che attualmente si
eseguono negli edifici (in particolare nelle città ubicate in zone a rischio sismico,
come ad es. Roma) sono ostacolati da pratiche burocratiche eccessive e da una normativa sismica complessa, con un eccesso
di verifiche d’ingegneria in parte inutili ai
fini della sicurezza.
In un precedente articolo su questa rivista
(n. 10/2013, pag. 38) già si riferiva che la
normativa attuale vanifica l’adeguamento
sismico di strutture in cemento armato di
un edificio a causa della mole eccessiva di
prove e saggi richiesti sulle strutture esistenti, anche in presenza di un progetto
strutturale. La conclusione era che se l’edificio non aveva rifiniture di pregio, era
preferibile demolirlo e ricostruirlo.
Critiche analoghe alle norme sismiche
vigenti valgono per le nuove costruzioni, in questo caso per l’eccessivo lavoro
d’ingegneria necessario per effettuare la
notevole quantità di verifiche strutturali
richieste. Le norme sono sostanzialmente
complesse, di difficile interpretazione, e
richiedono appunto numerose verifiche,
alcune delle quali del tutto inutili ai fini
della sicurezza strutturale. Contrariamente allo scopo che si è prefisso il legislatore, c’è il rischio che le norme siano
disattese, o che non siano applicate correttamente dai tecnici.
L’incremento dell’ingegneria nelle progettazioni strutturali in zone sismiche si è
verificato soprattutto dopo i tragici eventi degli ultimi terremoti (L’Aquila 2009,
Emilia 2012). In questi casi sarebbe stato
invece necessario incrementare i controlli sulle progettazioni e nelle fasi esecutive
delle realizzazioni dei fabbricati in zone
sismiche.
Purtroppo è un antico vizio italiano:
dopo che occorre la mancata osservanza
di una legge, se ne incrementano i vincoli
o si emettono nuovi decreti-legge, invece
di aumentare i controlli per evitare che la
stessa legge sia disattesa. Questo modo di
procedere ha creato una macchina burocratica farraginosa che ostacola il buon
funzionamento delle procedure amministrative.
Le pratiche burocratiche per l’approvazione dei progetti, anche per interventi
modesti, sono talmente numerose, e le approvazioni interdipendenti l’una dall’altra
che con i tempi che ogni Amministrazione impiega per l’esame e l’approvazione
di 30-60 giorni, oppure, 90 giorni l’inizio
dei lavori è posticipato a volte di un anno.
La progettazione recente di un modesto
intervento di risanamento per un appoggio di due travi lignee sulla muratura perimetrale di un edificio di fine ‘800 nel
centro di Roma si è trasformata in un’esperienza avvilente.
Il progetto, molto banale, è stato redatto
in sole due settimane. Poi si sono dovute
compiere pratiche per il Genio Civile, per il Comune di Roma, per la Soprintendenza del Comune di Roma
e quella demaniale, perché l’edificio,
anche se non compreso tra quelli storici della legge del 1939, ricadeva nel
1° Municipio della Capitale. Oltre a
doversi recare negli uffici di ciascuna
Amministrazione sopra menzionata,
si è dovuto riempire per via telematica una serie di moduli.
Il tempo richiesto è stato 3-4 volte
superiore a quello necessario per la
redazione del progetto di consolidamento. Si è dovuto poi superare
ostacoli di ogni tipo, poiché i moduli adatti per grandi e piccole realizzazioni richiedevano il nome del
geologo (non il geotecnico), ossia il
professionista che facesse una relazione geologica indicando gli strati
del terreno fondale dell’edificio.
A cosa poteva servire una tale relazione per un intervento di consolidamento da eseguire sul tetto?
Si badi bene che una piccola relazione geotecnica faceva parte del
progetto, in essa si specificava che
l’intervento di consolidamento degli
appoggi non modificava i carichi in
fondazione dell’edificio.
Altri moduli chiedevano dal punto
di vista sismico lo spettro di risposta
per l’edificio, come se si fosse dovuto
intervenire a consolidare le strutture
dell’intero fabbricato tenendo conto
del terremoto del sito.
Non si aggiungono altri commenti
su queste pratiche. La conseguenza è
stata un rinvio di circa un anno per
l’inizio dei lavori, e un aggravio notevole delle spese di progettazione.
Il paradosso di questa situazione è
rappresentato dal fatto che l’Italia
soffre da alcuni anni di una disoccupazione giovanile di livello eccessivo. Come si può dare lavoro ai
giovani se sono proprio le pubbliche
Amministrazioni a ostacolare la possibilità di fare investimenti e lavori
in genere in tempi ragionevolmente
brevi?
Sono anni che sentiamo parlare da
chi sta al Governo di semplificazioni. Il risultato è stato del tutto contrario, poiché nel corso degli anni la
complicazione burocratica è aumentata.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
23
PROGETTI PILOTA AVVIATI A MILANO E PISA
Nuovi modi
di abitare:
il “cohousing”
La crisi economica induce a trovare soluzioni alternative di
housing sociale e ripercorrere vie già sperimentate
di Walter Williams
C
ontro un mercato immobiliare alla deriva si è spesso
alla ricerca vecchie e nuove
esperienze per cercare forme di fruizione dell’alloggio più flessibili rispetto alle possibilità di accesso
tradizionali e quindi meno costose
e magari anche più adatte a esigenze
che sono diventate molto mutevoli nel
tempo, anche per i destini stessi di una
famiglia sempre più “pluriforme”.
Cohousing, autocostruzione, edilizia
sostenibile e autorecupero sono le
strade in via di sperimentazione per un
nuovo modo di concepire e costruire
la casa, intesa anche come centro di
aggregazione, seguendo criteri di sostenibilità non soltanto ambientale ma
anche, e soprattutto, sociale e accessibile.
Scomporre e ricomporre alloggi nati
come molto standardizzati in ordine ai
bisogni abitativi cui avrebbero dovuto
rispondere, e quindi rigidi e costosi se
questi cambiano radicalmente, può
certo diventare un modo per razionalizzare un patrimonio già molto ampio
e sempre più costoso da mantenere e
un modo per liberare risorse e rendere
accessibile un alloggio adeguato.
Non è una discussione nuova tra gli
architetti e gli urbanisti quella relativa
a come riprodurre in città i benefici tipici del villaggio: una comunità unita,
spazi condivisi e disponibilità di tempo gli uni verso gli altri. E risalgono
agli anni sessanta i primi esperimenti
di cohousing, o co-residenza e quindi
24
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
di abitazioni fatte anche di ambienti in
comune tra più nuclei famigliari o singoli residenti.
Da allora l’esperienza è stata replicata
in tutto il mondo, soprattutto in Scandinavia, Olanda, Inghilterra, Stati
Uniti, Canada, Australia e Giappone.
Da esperienze sostanzialmente episodiche ed elitarie, però, oggi si vuole
passare a individuare nuove risposte
a partire da stati di necessità abitativa non soddisfatta, pensando la coresidenza come soluzione flessibile ed
economica e quindi più accessibile…
magari a tempo.
Lo stato di necessità da solo però non
è sufficiente per dare possibilità di successo al modello delle abitazioni (parzialmente) condivise.
Un’ipotesi del genere per funzionare,
però, richiede anche un corretto processo culturale di condivisione perché
la convivenza non è certo facile da attivare e soprattutto da mantenere nel
tempo.
L’essenza del cohousing sta, in effetti,
nella volontà di un gruppo di persone
di scegliersi reciprocamente (vicinato
elettivo) per dar vita a una “comunità
urbana” e per progettare in maniera
partecipata il complesso dove si andrà ad abitare. Ogni famiglia possiede
la propria casa, ma nell’insediamento
abitativo sono previsti spazi e servizi
condivisi da tutti, decisi dalla comunità stessa. Di solito si tratta di gruppi di
una trentina di famiglie con spazi comuni che arrivano fino al 20% della su-
perficie totale del complesso abitativo.
Gli ambiti e i servizi condivisi sono tipicamente uno spazio multifunzionale, magari con una lavanderia comune
o una sala per gli attrezzi a disposizione della comunità, o anche una stanza
per i bambini che in alcuni casi può
diventare un vero e proprio asilo: spesso esiste un magazzino/dispensa per
organizzare gruppi di acquisto e fare
la spesa insieme. La condivisione di
spazi e servizi, oltre che la socialità tra
i vicini di casa, permette un risparmio
per ciascuna famiglia sul budget per la
casa, anche fino al 15%.
Ma è impossibile codificare con precisione: ogni cohousing è un modello
particolare di comunità urbana uguale
solo a se stesso.
Il più delle volte si tratta di ristrutturazioni di edifici già esistenti o di cambio
d’uso, piuttosto che di nuove costruzioni.
Il modello prevalente è quello danese, ma non è certo l’unico. Esistono
caratteristiche che s’incontrano più
spesso di altre. Ad esempio, di solito
gli insediamenti si trovano in periferia,
o appena fuori dalle città. E sono fatti
per abitarci, e non per lavorarci. Sono
gruppi che non si creano in base a una
particolare ideologia o credo religioso.
Non mancano quasi mai la sala da
pranzo dove mangiare tutti insieme,
che anzi è forse un aspetto fondamentale del successo di un cohousing, come
gli spazi verdi e quelli per i bambini.
Ma l’utilizzo degli spazi è flessibile e
segue l’evolversi della comunità.
Si tengono riunioni periodiche per
prendere le decisioni, a volte si formano gruppi di lavoro e di solito una
specie di “comitato centrale” di pochi
membri per l’amministrazione generale. Le votazioni avvengono a maggioranza, ma in molti casi si utilizza il metodo del consenso. E non è detto che
qualcuno non decida a un certo punto
di andarsene.
Esistono alcune varianti al modello
prevalente. In alcuni casi l’insediamento è lontano dalla città (e porta
con sé anche esperimenti di autocostruzioni), oppure è più forte l’intervento pubblico, come in Svezia e in
Olanda, dove è l’amministrazione locale a fare il progetto, trovare il terreno
su cui costruire o l’area da ristrutturare e scegliere i destinatari: è la risposta a un’esigenza sociale che abbassa i
costi della casa, ma riduce la possibilità
di creare di un gruppo forte e coeso fin
dall’inizio.
Ormai nel mondo le co-residenze sono
oltre un migliaio, per almeno 130 mila
persone coinvolte. Nei Paesi Bassi c’è
il più grande progetto di coabitazione:
190 persone, 26 case condivise (stanze in comune per studiare, lavorare,
dormire) e 21 appartamenti, un ristorante, un negozio dell’usato, giardini e
spazi per praticare sport, e un pub.
Alcune realtà sono dedicate a categorie specifiche: a Londra, ad esempio, il
cohousing è dedicato alle signore anziane.
In California il 10% delle nuove costruzioni è progettato per residenze
condivise.
In Italia le prime sperimentazioni
sono state avviate a Milano (e nel suo
hinterland) e in provincia di Pisa. Le
unità abitative previste sono un centinaio, ma gli interessati sono oltre
3.500, l’80% dei quali a Milano. Qui il
Politecnico ha studiato il fenomeno e
messo a punto gli strumenti attraverso i quali si formeranno le comunità di
co-residenti, un processo che dura dai
6 ai 9 mesi e che comprende la scelta
di destinazione degli spazi da condividere. A una società privata spetta la
responsabilità imprenditoriale dell’i-
niziativa: trovare l’area dove costruire
o il complesso da ristrutturare, realizzare il progetto, raccogliere le manifestazioni d’interesse, trovare l’impresa
che realizzi i lavori e poi venda le case.
Gli spazi comuni copriranno mediamente il 12/15%. In questo caso si
tratta di un’iniziativa profit e non c’è
nessun intervento pubblico: gli appartamenti saranno consegnati a prezzi di
mercato.
Diversamente, in Toscana la Regione
intende includere il cohousing anche
nell’esperienza pubblica: l’ultimo bando per l’edilizia sociale dedica una delle tre linee d’intervento previste, con
il 50% dei 13 milioni di euro stanziati,
a interventi pilota di cohousing secondo le tecniche della bioarchitettura e
bioedilizia. L’obiettivo è costruire o recuperare alloggi da dare in affitto a un
canone inferiore a quello di mercato,
combinando innovazione sociale e costruttiva, puntando a coniugare principi importanti come la sostenibilità
ambientale, attraverso l’utilizzo di tecniche costruttive a impatto minimo,
con quella economica, mettendo al
centro il diritto fondamentale ad avere
un’abitazione, cercando di recuperare,
nello stesso tempo, le relazioni sociali.
L’intreccio tra pubblico e privato può
rappresentare uno strumento importante in questo senso.
Alcune esperienze-pilota italiane, promosse dal “privato-sociale”, confermano che i legami sociali che si vengono a
creare sono il vero valore aggiunto dei
progetti di alloggi condivisi.
Occorrerà verificare ora le dimensioni
e la qualità della risposta concreta dei
Comuni che sono stati i principali destinatari del bando e che hanno potuto
partecipare non soltanto con progetti
propri, ma anche con quelli proposti
da altri soggetti (cooperative edilizie,
imprese di costruzione, anche cooperative, e altri organismi senza scopo di
lucro) sia in forma singola che consorziati.
Il contributo regionale, escluse le eventuali spese per l’acquisto degli immobili o delle aree edificabili, è del 100%
del costo se l’intervento è promosso e
realizzato dal Comune o dal soggetto
gestore dell’edilizia residenziale pubblica, mentre in caso di soggetto proponente privato il sostegno non supera
il 40% dei costi, fatte sempre salve le
spese per l’acquisto delle aree o degli
edifici da recuperare.
CARO-MUTUI IN ITALIA
Ma negli Usa sanzioni miliardarie alle banche per i “subprime”
Secondo uno studio di Confartigianato, i mutui in Italia sono tra i più cari
d’Europa: la media dei prestiti concessi per l’acquisto della casa è circa 36
punti base in più rispetto alla media dei paesi dell’Eurozona. Il fenomeno
caro-mutuo è una delle cause della crisi del settore immobiliare.
Perché i prestiti in Italia sono più onerosi? I motivi sono per lo meno tre:
la frammentazione degli istituti (troppo piccoli), lo spread (troppe oscillazioni), la contrazione dell’economia che alza il rischio di sofferenze.
La stretta creditizia impedisce, quindi, qualsiasi percorso di ripresa. Il discorso sulle banche è complesso. Sei anni dopo il crac della banca USA
Lehman Brothers (settembre 2008) ancora non si è fatta piena luce sulle responsabilità di chi ha consentito di spostare fuori bilancio miliardi
di dollari. Un meccanismo fraudolento che ha portato al fallimento tante
aziende. Ora le banche responsabili dei mutui “subprime” preferiscono
pagare multe e risarcimenti salati per chiudere le cause civili e liberarsi
degli errori dei loro vertici. La Bank of America ha accettato di pagare una
sanzione di 16,05 miliardi di dollari (9,65 di multa e 7 di risarcimento ai
clienti) per chiudere il contenzioso.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
25
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26 la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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BARCONI DELLA MORTE
«Bloccare
le partenze
dalla Libia»
Gentile direttore:
Sono un lettore assiduo della vostra rivista che,
giustamente, si sofferma ampiamente sui problemi
legati al mondo della casa, ma non avete mai trattato il problema dell’immigrazione clandestina.
Proprio per questo mi permetto di inviarvi questo
mio scritto, con la preghiera di pubblicazione.
Sempre più date nere nella storia dei disperati del Mediterraneo: secondo un’agenzia specializzata sarebbero almeno
20 mila i migranti morti o dispersi nel
Mediterraneo negli ultimi 20 anni.
Drammatici furono gli anni 2008 e
2011con rispettivamente 1274 e 2352
morti quando si persero le tracce di due
barconi partiti dalla Libia. A giugno,
sempre del 2011, una nave con 700 migranti a bordo ebbe un’avaria al largo
della Tunisia, facendo registrare 270 dispersi, mai ritrovati. Nel 2013 un barcone
naufragò davanti a Lampedusa con 366
vittime, tra cui tanti bambini e donne. Il
ripetersi di questi dolorosi eventi indusse
il governo italiano a organizzare l’operazione “Mare nostrum” che, fino a oggi, ha
salvato migliaia di vite. In appena 8 mesi
sono stati 110 mila i migranti sbarcati in
Italia e sistemati nei centri di accoglienza
e poi dirottati nelle varie Regioni per alleviare le tensioni e i rischi per la popolazione siciliana. Gli scafisti arrestati sono
stati circa 600 mentre 10 mila persone
sono state rimpatriate.
Il dramma emigrazione è reso più grave
dall’ingovernabilità della Libia, alle prese con conflitti interni insanabili e lacerata da una guerra civile tra milizie islamiste che fanno capo al “califfato” islamico
di Bengasi e le forze del generale Khailifa
Haftar. Un’area percorsa da bande che
si arricchiscono con il contrabbando di
uomini. I disperati fuggiti dalla Siria e
dall’Iraq, quelli dell’Africa subsahariana
e del Corno d’Africa si affollano nei pressi
di Tripoli. Qui le bande criminali raccolgono le persone sfinite dalle guerre, dalla
fame, dalle fatiche del deserto. Sono concentrati in capannoni prima di affrontare
i viaggi in mare: la fuga della speranza
verso l’Europa. Negli ultimi mesi i clan dei
trafficanti hanno accelerato le operazioni
abbassando i prezzi. Con 800 dollari si
parte da due punti d’imbarco. Il più attivo è il porto di Zuara, a un centinaio di
km da Tripoli; il secondo è a Zliten a est
della capitale. L’obiettivo è Lampedusa,
con la speranza di essere intercettati dalla
nostra Marina Militare. Nei primi otto
mesi del 2014 sono partite da lì circa 90
mila persone, altre decine di migliaia (si
parla di 200 mila) sono ammassate in attesa nei campi di raccolta e sfruttamento.
“Mare nostrum” nacque come operazione
a tempo: fino a ottobre 2014 con un costo
per l’Italia di circa 12 miliardi. Ora l’Italia non può essere lasciata sola davanti
a questo dramma che coinvolge altri paesi mediterranei i quali però si comportano in maniera più rigida nei confronti
dell’immigrazione clandestina. Dovrà
essere compito dell’intera Europa, ripete
il Ministro dell’Interno Angelino Alfano
che a fine agosto ha incontrato il commissario europeo Cecilia Malmström, scioccata dalle tragedie, che ha ringraziato
l’Italia per aver salvato cinquemila
migranti. Dopo 110 mila sbarchi e
oltre duemila morti nel solo 2014 ci
si aspetta molto di più dall’Europa,
costruendo una proposta alternativa
a “Mare nostrum”, coinvolgendo l’Agenzia Frontex al fine di costruire un
avamposto europeo di gestione dei
flussi migratori.
Il problema principale resta comunque la Libia, dove è fallita la missione europea EUBAM Libya (costata
30 milioni di euro) guidata dal finlandese Antti Juhani Hartikainen,
che doveva servire per migliorare e
sviluppare la sicurezza delle frontiere. I confini colabrodo permettono
l’arrivo di migliaia di clandestini da
mezza Africa oltre che dei siriani in
fuga dalla guerra. È da Zuara che
parte la maggioranza dei barconi
che hanno lasciato una lunga striscia di sangue. Non solo. Nessuno è
in grado di controllare se tra i disperati che giungono dalla sponda opposta del Mediterraneo non si siano
infiltrati quei pericolosi fondamentalisti islamici che hanno il compito specifico di arruolare, nel nostro
Paese come nel resto dell’Europa,
altri fanatici pronti a trasformarsi in
terroristi per combattere la guerra in
nome di Allah.
Alfonso Rossi
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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28 la PROPRIETÀ
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Dal lunedì al venerdì dalle 10:00 alle
13:00; dal lunedì al giovedì dalle 15:30
alle 18:30
LEGALE GENERALE, DIRITTO
AMMINISTRATIVO E PENALE
Martedì dalle 10:00 alle 13:00
LEGALE: EQUITALIA-GERIT
Tutti i martedì dalle 10:00 alle 13:00
DIRITTO DI FAMIGLIA
Tutti i giovedì dalle 10:00
alle 13:00
CATASTO ED ESTIMO
Lunedì dalle 10:00 alle 13:00;
giovedì dalle 15:30 alle 18:30
DIRITTO DEL LAVORO (COLF E BADANTI)
Giovedì e venerdì dalle 10:00 alle 13:00
REGIME SANZIONATORIO
AMMINISTRATIVO (CONTRAVVENZIONI
ELEVATE DAI COMUNI)
Martedì dalle 10:00 alle 13:00
CASACONSUM
DIRITTI DEI CONSUMATORI
Il primo giovedì del mese
dalle 15:30 alle 18.30
NOTARILE (COMPRESE COOP EDILIZIE)
1° e 3° mercoledì di ogni mese
dalle 11:00 alle 13:00
DIRITTO DEL LAVORO
(PORTIERI)
Lunedì dalle 10:00 alle 13:00
Giovedì dalle 15:30 alle 18:30
IMPIANTISTICA, SICUREZZA
E PREVENZIONE INCENDI
mercoledì dalle 10:00 alle 13:30
e dalle 15:30 alle 18:30;
Giovedì dalle 10:00 alle 13:00
URBANISTICA, EDILIZIA
lunedì dalle 10:00 alle 13:00;
mercoledì dalle 10:00 alle 13:30
e dalle 15:30 alle 18:30;
giovedì dalle 15:30 alle 18:30;
DIRITTO TRIBUTARIO
martedì e venerdì dalle 11:00
alle 13:00; martedì dalle 15:30
alle 18:30; giovedì dalle 10:00
alle 13:00
GESTIONE ENERGETICA
E AMBIENTALE
Mercoledì dalle 10:00 alle 13:30
e dalle 15:30 alle 18:30
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SPORTELLI DI ARPE-FEDERPROPRIETÀ
Allo scopo di venire incontro alle esigenze dei soci, si è ritenuto opportuno
istituire tre delegazioni nelle quali sarà svolta la consueta attività di consulenza
legale-amministrativa.
Le consulenze vanno prenotate telefonicamente.
• Zona Centro: Studio avv. Giovanni Bardanzellu - Via Banco di S. Spirito n.
48, Roma - tel. 06/68805294 - 06/68806232 - I giovedì dalle 15:00 alle 17:00;
• Zona Trionfale, Medaglie d’Oro, Balduina: Studio avv. Giuseppe Bonura
Via Cipro n. 12, Roma - tel. 06/39720228 - I lunedì dalle 15:00 alle 17:00;
• Zona Prati - Delle Vittorie: Studio avv. Giuseppe Magno - Via Nicotera n.
29, Roma - tel. 06/32111063 - 06/32111066 – I martedì dalle 15:00 alle 17:00;
• Mentana: Studio avv. Daniela D'Artibale - Via Reatina n. 7a - Mentana
tel. 06/94363127 - I lunedì e mercoledì dalle 16:30 alle 19:30;
• Ariccia: Studio dott. Lucio Maselli - Via Innocenzo XII (loc. Fontana di
Papa) - tel. 06/39743161 - cel. 333 7563279.
Il salasso di fine estate è arrivato e ha colpito tutti i
romani che sono costretti a usare l’automobile per
andare al lavoro o per qualsiasi altra necessità. La
Giunta Marino ha, infatti, deciso aumenti sia per la
sosta nelle strisce blu – estese in tutta l’area del centro e nelle zone limitrofe – sia per entrare nelle Ztl. Il
disegno del sindaco è chiaro e annunciato da tempo:
scoraggiare l’uso della macchina e incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici. Ma il problema sta proprio
nella pessima situazione del trasporto capitolino:
due linee di metropolitana sono ormai insufficienti; il prolungamento della B1 atteso dall’estate del
2013 e ancora da inaugurare; una linea C che naviga
a vista tra finanziamenti che non arrivano e incapacità di mandare avanti i cantieri e un trasporto di superficie che s’incaglia nelle centinaia di strozzature e
di traffico che paralizzano la città.
Intanto però, con l’intenzione di fare cassa, il Comune ha deciso di alzare le tariffe dei parcheggi sulle strisce blu. La sosta oraria è passata da 1 a 1,50
euro, ma quello che più penalizza è l’abolizione del
mini-abbonamento giornaliero di 4 euro per 8 ore
e di quello mensile a 70 euro. Stangata anche per i
permessi per entrare nel centro storico che da settembre, a mano a mano che quelli vecchi sono andati in scadenza, sono passati da un minimo di 2.016
a un massimo di 2.816 euro, secondo la cilindrata
dell’auto. E dalla batosta non sono stati risparmiati
neppure i residenti: per loro il permesso alla Ztl arriva a costare fino a 1.016 euro.
Ma per chi intendesse utilizzare i parcheggi, in che
condizioni si trova il famoso piano elaborato dal
Comune? Anche in questo caso, disastrosa. A oggi
non sono ancora disponibili circa 1.300 posti considerati necessari per snellire il traffico nei punti
nevralgici della città. A far discutere sono anche i
numerosi parcheggi inutilizzati. Quello di piazza
Euclide, inaugurato da Veltroni nel 2004, è chiuso
per «troppa tecnologia» (il meccanismo che doveva garantire la riconsegna dell’auto in 65 secondi si
è guastato e non è mai stato riparato); e quello di
scambio (650 posti) della stazione Cornelia della
metro A, inaugurato nel 2001 e mai usato per gravi
difetti funzionali. Fermo anche il parcheggio di viale
Giulio Agricola: qui da anni i residenti lottano addirittura contro un cantiere “fantasma” diventato una
discarica. E ancora c’è il problema dei parcheggi di
piazzale della Radio, via Magna Grecia, via Chiana,
via Antonelli e via Bruno Buozzi: tutto fermo da più
di un anno e mezzo. Pertanto occorre aumentare i
parcheggi, non le tasse!
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
29
LE VICENDE STORICHE DELL’OPERA GIÀ PREVISTA DAL PRG DEL 1962
La linea C della metropolitana
A Roma le scelte della politica del trasporto pubblico hanno sofferto del mancato coordinamento con
quelle dell’assetto urbanistico della città, soprattutto dopo gli anni Novanta
di Pietro Samperi - Urbanista
D
opo i numerosi esempi di
mala politica urbanistica
del Comune di Roma negli ultimi decenni, accennati da questa rivista, merita affrontare le vicende della linea metro C, dalla
previsione nel p.r.g. del 1962, alla decisione, assunta alla fine degli anni 90, di
realizzarla con priorità, fino allo stato
attuale dei lavori ancora in corso, i cui
costi sono lievitati in misura abnorme.
Questa circostanza si somma ai disagi
della popolazione di non fruire ancora
della linea e di subire l’invasiva presenza dei cantieri.
Le responsabilità delle decisioni
trascorse, di recente attribuite ipocritamente agli amministratori dell’ultimo breve periodo, sono enormi, anche
perché ciò che è avvenuto era stato
esattamente previsto e pubblicizzato
(io stesso ne avevo scritto su Il Tempo),
e formato oggetto di un ricorso al TAR
di Italia Nostra. È utile riassumere alcune vicende storiche non tanto per
individuare e punire i responsabili,
30
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
quanto per evitare di ripeterne gli errori.
A Roma le scelte della politica del
trasporto pubblico, a cominciare dalla
rete della metropolitana, hanno sofferto del mancato o scarsissimo coordinamento con quelle dell’assetto urbanistico della città e dell’area metropolitana, soprattutto dopo gli anni Novanta e durante la lunga elaborazione
dell’ultimo p.r.g. In quest’ultima fase,
addirittura il sistema, e in particolare
la rete della metropolitana, sono stati
concepiti a prescindere dalle previsioni di assetto e di sviluppo urbanistico
futuro, attraverso uno strumento, il
Programma integrato della mobilità (PROIMO), curato direttamente
dal settore competente del traffico e
dai relativi tecnici, sedicenti esperti
anche di urbanistica. Si è così mirato
a servire la domanda di spostamenti
della città attuale anziché a sostenere,
o meglio, promuovere quella relativa al
nuovo p.r.g.
Circa la storia recente della linea
C, anzitutto se ne sono modificati
nome e tracciato, tangenziale a sud del
centro, che collega il quadrante est (da
via Casilina) con quello nord-ovest. A
fine anni 90 si stabilì la priorità di tale
linea, iniziandone la costruzione da
via Casilina, dove sostituiva l’esistente vicinale per Pantano. Le modifiche
di tracciato rispetto a quello originale
(via Prenestina, Colosseo, Piazza Venezia, nord-est) non furono mai motivate e il tratto successivo a piazza Lodi
e ancor di più a S. Giovanni, è stato
sempre fonte di difficoltà per l’attraversamento di parti interne al centro
antico, dove, se lo scavo delle gallerie
a foro cieco a maggiore profondità elimina i problemi di salvaguardia archeologica, in corrispondenza di stazioni
e uscite non avviene altrettanto, per
cui andranno eliminate una o più stazioni.
Mancò un reale coordinamento
fra i tre livelli territoriali (Regione,
Provincia, Comune), pur con uno
stesso schieramento politico. Il piano
della Provincia, tecnicamente interessante, fu privo del necessario apporto
comunale. La Regione avviò nel 1994
un quadro territoriale di riferimento
regionale, cui non vollero collaborare Provincia e Comune. Il Quadro fu
adottato dalla Giunta e, senza modifiche, da quella successiva, con il titolo
di Piano territoriale regionale che,
senza motivazioni, non fu però adottato.
Nei primi anni 90, in previsione
di redigere un nuovo p.r.g., il Comune
avviò il citato PROIMO, invertendo
l’ordine logico degli strumenti e falsando le basi di un nuovo assetto urbanistico. In particolare, s’inventò la
nuova linea C. Premesso che l’avvio fu
stabilito dal capolinea est, coincidente
con quello della linea vicinale a Pantano, l’inizio dei lavori per la nuova linea,
lasciata via Casilina, avvenne in galleria da piazza dei Mirti, via Teano, Pigneto, San Giovanni, Colosseo, dove i
lavori in corso si fermano, in attesa di
proseguire non si sa più fin dove. I lavori sul tracciato nuovo, da Centocelle
hanno raggiunto piazza Lodi e proseguiranno fino al Colosseo. Il costo per
terminare il tracciato progettato fino
a Piazza Venezia (previsti 300 milioni di euro) si sa già che in realtà non
sarà inferiore a 750 milioni, ma non si
hanno notizie certe sulle difficoltà che
potranno incontrare in questo tratto le
gallerie e, soprattutto, la stazione.
Il ruolo della Soprintendenza,
particolarmente importante e delicato per questa linea, ha reso i rapporti
con le imprese obiettivamente difficili,
con conseguenze negative non tanto
sull’andamento quanto sui tempi e i
costi dei lavori, che hanno motivato rivendicazioni delle imprese per i ritardi
sui tempi contrattuali, con contenziosi sul mancato rispetto del contratto
d’appalto. Le conseguenze si sono aggravate a seguito delle note difficoltà
dovute ai problemi burocratici e, peggio ancora, ai tempi biblici e ai costi
della giustizia civile. Ma quest’aspetto,
derivante dalla situazione archeologica dei terreni, non è stato ben valutato
in precedenza e le conseguenze sono
quelle che oggi emergono in tutta la
loro gravità.
Il tracciato non dovrebbe presentare grossi problemi nel tratto
Pantano-San Giovanni. Poi, fino al
Colosseo, presenta ancora problemi
che vanno risolti al più presto per consentire la chiusura della “maglia” con
la linea B, requisito fondamentale per
una rete efficiente, anche se l’ubicazione della stazione Colosseo, protesa
verso i Fori Imperiali, rende scomoda
la corrispondenza con la B. Giunti al
Colosseo, la tentazione di arrivare a
Piazza Venezia ha senso solo contando sull’ulteriore proseguimento verso nord-ovest, dove le difficoltà sono
notevolissime. Volendo accennare a
questa ipotesi, le difficoltà archeologiche delle stazioni Argentina e Chiesa
Nuova appaiono insormontabili, e costruire il tratto centrale di una metropolitana sotto il pieno centro e con un
attraversamento del Tevere è una vera
follia tecnica ed economica.
Ricapitolando, fino al Colosseo
il problema è condizionato prevalen-
temente dalla convenienza di mettere
a profitto le somme già spese. Ma per
proseguire devono porsi altri aspetti
sul bilancio costi/benefici, valutando
la presenza di altri interventi capaci di
recare maggiori benefici alla mobilità.
Va accennato infine, per dimostrare la leggerezza con cui si prendono
decisioni così importanti, accennare
alla scelta di pochi anni fa di una quarta linea (D), in totale variante al p.r.g.,
con tracciato nord–sud, all’incirca parallelo, verso ovest, alla B, attraversante in pieno il centro storico (addirittura sotto piazza S. Silvestro), ignorando
l’esperienza della C, con le connesse
difficoltà dei lavori e le conseguenze
su costi e tempi. Anche ammesso che
vi siano le risorse finanziarie, si è insistito a lungo su questa scelta, fino alla
formulazione del bando di gara per
appaltare progetto e realizzazione. È
stato evitato in extremis un bando che
avrebbe consentito alle imprese partecipanti di chiedere al Comune i danni
per le spese.
Interrogazioni al Comune e alla Regione
Quanto sia sentito dai romani l’annoso problema del tratto della linea C
della metropolitana fra il Colosseo e Piazza Venezia, lo dimostrano anche
le recenti interrogazioni a risposta scritta presentate al Comune e alla Regione da due esponenti dell’opposizione (Forza Italia), rispettivamente gli
onorevoli Giovanni Quarzo e Luca Gramazio.
I due consiglieri, infatti, invitano le rispettive amministrazioni a trovare finalmente un accordo per accelerare il progetto che, pensato già dal
1962 e programmato alla fine degli anni 90, deve ancora vedere la luce. Lo
spunto viene da notizie apparse sulla stampa nelle ultime settimane, dove
si esprimevano dubbi sulla possibilità di finanziare l’opera. Infatti, la cifra
di cui si dispone (circa 300 milioni di euro) è ritenuta insufficiente, sia per
problemi archeologici sia per la scelta di stabilire per un tempo piuttosto
lungo il capolinea a Piazza Venezia, dove non esistono incroci con altre
linee, anziché al Colosseo dove già transita la linea B.
Appare evidente, scrivono gli interroganti, che i responsabili pubblici di
tale opera sono più interessati a sostituire in continuazione le varie governance susseguitesi nel tempo, che a individuare e risolvere gli aspetti
tecnici e quelli di natura economica e finanziaria del progetto. Quarzo e
Gramazio, dopo aver deprecato l’inconcludenza che da troppi anni accompagna questa vicenda, chiedono a Comune e Regione di «trovare,
nell’ambito delle rispettive competenze, il metodo e gli strumenti per
completare l’opera, adottando le soluzioni necessarie a superare le difficoltà create dalla spericolata scelta del tracciato».
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
31
DOPO LA CHIUSURA DI MALAGROTTA
Aspettando un piano
per la gestione dei rifiuti
La raccolta differenziata richiede nuovi metodi e attrezzature. Non si conosce il destino della spazzatura
né di progetti per la sua valorizzazione
di Giuseppe Sappa – Associato di Geologia all’Università “La Sapienza” di Roma
L
e dichiarazioni di Bruno Vespa, dell’archistar Massimiliano Fuksas, e dello sceneggiatore Enrico Vanzina ma
anche le lamentele di tanti cittadini
comuni che vedono le strade coperte
di rifiuti sono state molto severe con
il sindaco Ignazio Marino, il quale, bisogna riconoscerlo, è riuscito, insieme
all’assessore all’ambiente Estella Marino, dove non avevano avuto successo
né il precedente sindaco, Alemanno,
né l’ex presidente della Regione Lazio,
Polverini: la chiusura definitiva della
discarica di Malagrotta. Tuttavia, la
crescente inefficienza del servizio di
raccolta, trasporto e smaltimento dei
rifiuti solidi urbani di Roma, si riflette purtroppo anche sui costi, che, da
quando la discarica di Malagrotta è
stata chiusa, sono aumentati, di oltre il
50% e non ci sono elementi che facciano presumere un’inversione di tendenza perchè manca qualunque avvisaglia
di un cambiamento strategico nella
gestione dei rifiuti solidi nella città più
grande d’Italia.
Estella Marino continua a ripetere che serve un cambiamento culturale
in tema di rifiuti, ma stenta a formularlo. Peraltro, fra le tante risposte fornite dal Sindaco e dalla stessa utility del
Comune di Roma che gestisce i servizi ambientali (AMA s.p.a.), manca
all’appello quella che aiuterebbe a capire la situazione, e anche l’indirizzo
cui potrebbe rivolgersi l’Amministrazione capitolina: dopo il transito negli
impianti per il trattamento meccanico
biologico, dove finiscono i rifiuti solidi
prodotti dai romani? Com’è noto, la
chiusura di Malagrotta doveva essere
il 30 giugno 2008, ma è stata realizzata solo cinque anni dopo (settembre
2013): si è perso tutto questo tempo
per pensare un sistema alternativo
per il ciclo dei rifiuti della Capitale.
Di questo non si possono addebita-
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32
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
re responsabilità al sindaco Marino,
né all’attuale presidente della Regione Lazio Zingaretti, ma al primo, più
che al secondo, si può chiedere conto
di una scelta, assunta in tutta fretta,
senza apparentemente avere in tasca
un piano industriale alternativo, che
andasse oltre l’obbligo per l’AMA di
trovare giorno per giorno un recapito
per i rifiuti solidi, peraltro già sottoposti a trattamento meccanico e biologico. Ciò che, infatti, appare non essere
considerato in modo adeguato, è che
la conversione alla raccolta differenziata di un sistema da sempre fondato
sulla raccolta del “tal quale” richiede
all’AMA un piano industriale ex novo:
i mezzi di trasporto sono diversi, i contenitori pure, i turni di raccolta rispondono a esigenze differenti. Infine, è necessario un forte coinvolgimento dei
cittadini che, negli ultimi venti anni,
hanno assistito a troppe false partenze.
Non è pensabile che tutto cambi
nel giro di pochi mesi, ma è ragionevole attendersi che nel momento in cui,
chiudendo Malagrotta, s’interrompe
– si spera definitivamente – un siste-
ma di gestione dei rifiuti, siano chiare
le linee d’indirizzo per avviarne uno
nuovo. Non si tratta, infatti, di sorvegliare le strade, mandando i dirigenti
dell’AMA, o di stimolare un maggiore
impegno dei quadri intermedi deputati al controllo della pulizia delle strade,
ma di disegnare un nuovo modello, di
cui a oltre otto mesi dalla chiusura di
Malagrotta, non si vede traccia. Si ha
l’impressione che si tenti di scaricare
sull’AMA le tensioni derivate dalla
debolezza dell’orientamento politico
in materia. Scartata, infatti, l’ipotesi di
“termo-valorizzare” i rifiuti, scelta che
in altre zone d’Italia, si è dimostrata risolutiva (ma che a Roma sembra inattuabile) non resta che procedere nello
sviluppo avanzato del sistema di raccolta differenziata per il quale il Campidoglio vanta il raggiungimento della
soglia del 40% senza però spiegare gli
step successivi del ciclo. In altre parole,
se non si prevede un’adeguata valorizzazione economica dei rifiuti, è difficile che il sistema possa essere destinato
a una progressiva crescita che consenta di raggiungere, ad es., i risultati di
Milano, dove, dietro la percentuale
dell’80% di raccolta differenziata, c’è
il recupero delle materie seconde per i
più diversi usi industriali.
Se si considera che Roma produce più rifiuti di intere regioni italiane
(che hanno risolto in modo brillante
il problema) se ne conclude che oltre
all’approccio ideologico finora seguito, avrebbe bisogno di una strategia, di
un’idea che vada oltre le enunciazioni
di principio e le dichiarazioni critiche di condanna del comportamento
dell’AMA, la quale ha le sue responsabilità, tra cui la principale è di non
essere riuscita, in oltre venti anni di
esistenza, a diventare una vera azienda
industriale, rimanendo un’incompiuta
trasformazione del vecchio servizio
di nettezza urbana. Peraltro recentemente è stato sottoscritto un contratto
di servizio fra l’AMA e il Comune di
Roma dal quale sembra difficile poter
desumere quei segnali di cambiamento che le dichiarazioni dell’Amministrazione capitolina sembrano rivendicare. Se è vero, infatti, che raccolta
e spazzamento potrebbero diventare
il core business di una moderna azienda di servizi pubblici, resta da capire la
strategia del Comune per il trattamento e il recupero della raccolta differenziata, sia umida sia secca.
Il ritardo accumulato in questi
mesi rischia di esporre il sistema a
un’altra soluzione emergenziale che
potrebbe condurre nuovamente il
settore nelle mani di qualche monopolista, pubblico o privato, che, nelle
vesti di salvatore della città, si sostituirà al gestore di Malagrotta, con costi
sicuramente più elevati. Certamente
sarebbe meglio provare a immaginare
un’azione di diffusa privatizzazione del
sistema di stoccaggio e valorizzazione
della raccolta differenziata, da attuare per mezzo di un numero elevato di
operatori (cui l’AMA potrebbe conferire i rifiuti raccolti), distribuiti lungo
la cintura perimetrale del territorio
comunale adeguatamente selezionati,
che garantiscano flessibilità e concorrenza economica nell’espletamento
del servizio di smaltimento finale, con
una progressiva riduzione della tariffa
per i cittadini.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
33
CONSULTA NAZIONALE PER L’AMBIENTE
Roma: i valori da tutelare
Appello per la salvaguardia del patrimonio ambientale, archeologico ed edilizio della Capitale
Premesso:
che
FEDERPROPRIETÀ-AMBIENTE è un “ente ambientalista”
per decreto del Ministero dell’ambiente;
che l’ambiente va inteso nelle varie
manifestazioni: atmosfera, natura,
paesaggio agricolo e urbano.
che
FEDERPROPRIETÀ-AMBIENTE raccoglie proprietari edilizi che in gran parte occupano il
proprio alloggio, per uso abitazione
o di attività lavorative, i quali nel
complesso superano l’80% delle famiglie italiane;
che il p.r.g. amplia il tradizionale centro storico, definendolo “città storica”, e individua, attraverso la Carta
per la qualità e i Tessuti, le varie parti
del territorio, attribuendo al patrimonio archeologico e monumentale
dell’area centrale e di episodi isolati
in aree periferiche e agricole, una disciplina di salvaguardia dello stato e
34
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
relative sistemazioni attuali, riaffermando e consolidando i vincoli apposti dai competenti organi;
che anche la “città consolidata” contiene valori complessivi da salvaguardare; che le periferie, in parte di origine
abusiva, dovranno recuperare valori
urbanistici, talora storici;
che il territorio agricolo, preponderante nel Comune di Roma e ricco
di valori ambientali e, spesso, monumentali antichi, non può considerarsi una destinazione residuale
delle altre urbanizzate, ma è a tutti
gli effetti produttiva e meritevole di
interesse anche economico;
che parte del patrimonio edilizio,
pubblico e privato, manifesta, soprattutto nelle strutture portanti,
segni di obsolescenza, più gravi ove
sommati a rischi sismici e idrogeologici;
che i proprietari immobiliari sono
responsabili e direttamente interessati a conservare – e arricchire, ove
compatibili con la salvaguardia ambientale – le caratteristiche e i valori
attuali, che, soprattutto nelle aree archeologiche più antiche, presentano
sistemazioni ormai storicizzate, non
suscettibili di modifiche;
che gli interventi, soprattutto esterni
o ai margini del Comune, dovranno
considerare questo nelle dimensioni e organizzazione amministrativa
che saranno definite per la città metropolitana, quale, di fatto, è Roma;
la Consulta nazionale per l’ambiente rivolge al Comune di Roma, alla
Regione Lazio, al Ministero per i
beni culturali e ambientali e relative
Soprintendenze e a tutti gli altri soggetti, pubblici e privati, interessati
un appello affinché:
Le aree archeologiche centrali non
subiscano significative modifiche, al
di là di completamenti e approfondi-
menti delle aree individuate, nonché
opere di ordinaria e straordinaria
manutenzione, per rendere più sicure e ordinate le aree aperte al pubblico, al fine di garantire la sicurezza
dei visitatori.
Le aree archeologiche esterne alla
città costruita siano valorizzate e
sistemate così da conferire, rispetto
alle loro caratteristiche, immagine e
significati di appartenenza alla città
di Roma.
La città storica, non limitata al centro storico (p.r.g. 1962), ma estesa ad
aree che hanno acquisito caratteristiche degne di salvaguardia, come
affermò la variante 1974 e il p.r.g.
vigente, non abbia più una disciplina
limitata alle opere edilizie, ma estesa a contenuti urbanistici (strade e
piazze, aree verdi, arredo, ecc.).
La città moderna consolidata, posteriore al 1870 e costruita fino agli
anni ’30, riservi eventuali spazi inedificati a coprire l’arretrato di spazi
pubblici, mantenendo la struttura
urbanistica attuale, salvo opere infrastrutturali necessarie per motivi
funzionali, e coerenti con l’ambiente
urbano esistente.
Le periferie degradate esterne alle
zone suddette, sorte dopo gli anni
’30 con sommari strumenti urbanistici e, dopo gli anni ’60, spesso
abusivamente, siano recuperate attraverso il completamento di infrastrutture, servizi e verde pubblico,
integrate fra loro e assumendo adeguati effetti urbani; vi siano consentite attività artigianali di servizio, favorendovi il trasferimento di quelle
insediate in zone urbane centrali.
Il territorio agricolo sia riservato
all’uso agricolo, con relative infrastrutture, servizi e residenze limitate
a favorire la produttività, soprattutto
per la domanda locale (“chilometro zero”) senza ammettervi nuovi
insediamenti residenziali, le cui esigenze infrastrutturali urbane non
sarebbero più sostenibili dalla città;
essi saranno previsti nell’area metropolitana, nel rispetto dell’ambiente e
collegati rapidamente con la città.
Le altezze massime degli edifici siano definite negli strumenti urbani-
stici, con valori non superiori a m. 60
entro il GRA e a m. 110 all’esterno,
al fine di conservare a Roma l’immagine tradizionale e unica.
Il verde pubblico urbano, con particolare attenzione per il ricco patrimonio arboreo, sia meglio conservato, mantenuto e, soprattutto,
rinnovato, mettendolo in opera con
attenzione per le pavimentazioni.
L’inquinamento atmosferico sia sottoposto a un maggiore controllo, fin
dalle fonti.
Firmato: prof. arch. Paolo Portoghesi, Presidente onorario (Storia
dell’Architettura – Univ. La Sapienza); prof. ing. Pietro Samperi, Presidente (Gestione urbanistica – Univ.
La Sapienza).
Componenti della Consulta nazionale per l’ambiente: prof. arch.
Sandro Benedetti (Storia dell’archi-
tettura – Univ. La Sapienza); prof.
dott. Claudio Botrè (Chimica fisica
– Univ. La Sapienza); prof. ing. Massimo Cestelli Guidi (Scienza delle
costruzioni – Univ. La Sapienza);
dott. ing. Paolo Clemente (Dirigente
ENEA); prof. ing. Livio De Santoli
(Fisica tecnica – Univ. La Sapienza);
prof. Amedeo Gargiulo (Ingegneria
dei trasporti - Univ. La Sapienza);
prof. ing. Stefano Gori (Tecnica ed
economia dei trasporti - Univ. Roma
3); prof. arch. Francesco Karrer
(Urbanistica - Univ. La Sapienza);
dott. Marco Ravaglioli (giornalista,
portavoce); prof. ing. Gianludovico
Rolli (Tecnica urbanistica – Univ.
dell’Aquila); prof. ing. Giuseppe
Sappa (Geologia – Univ. La Sapienza); prof. arch. Tommaso Scalesse
(Storia dell’architettura – Università
di Chieti - Pescara); dott. ing. Cesare
Bifano (Segretario generale).
Da Città Eterna a città sporca
Quanto sia giustificato, sincero e doveroso il grido di dolore di tutti coloro i
quali hanno a cuore il buon nome della Capitale d’Italia, a iniziare dai Membri della Consulta nazionale per l’ambiente di FEDERPROPRIETÀ con alla
testa i suoi vertici, il prof. arch. Paolo Portoghesi, e il prof. ing. Pietro Samperi,
lo hanno dimostrato gli eventi verificatisi al rientro dalle ferie estive con l’inizio delle piogge autunnali. Nonostante le promesse del Sindaco Marino sulla
messa in sicurezza del verde pubblico e dei beni ambientali, dopo le piogge di
gennaio che avevano causato la chiusura per mesi di diverse importanti vie di
scorrimento, e alcune non sono state ancora riaperte a distanza di quasi nove
mesi, tutto si è ripetuto con immancabile puntualità.
La pioggia e il forte vento hanno, infatti, causato la caduta di un platano sulla
via Nomentana all’altezza della centralissima Porta Pia. Si è sfiorata la tragedia, con quattro feriti tra cui uno in gravi condizioni e una donna incinta.
Stessa cosa con un albero caduto a Roma in via Sant’Angela Merici che ha
causato un altro ferito.
La via Nomentana è stata momentaneamente chiusa al traffico perché i rami
caduti avevano tranciato anche i cavi aerei della linea dei filobus. E pensare che
avevano promesso che per ogni albero caduto nella città di Roma ne sarebbero
stati piantati tre.
Nella stessa giornata, nei pressi del Parlamento, il maltempo ha provocato
danni alla storica chiesa che si trova a fianco delle poste di piazza San Silvestro. Sono infatti cadute alcune parti dei cornicioni.
Roma non è mai stata così degradata. Cassonetti della spazzatura pieni di
rifiuti, invasa da topi che vicino all’immondizia trovano la più ampia forma
di sostentamento. La Città della dolce vita di Fellini si è trasformata nella città di una vita amara mentre la grande bellezza si è trasformata nella grande
schifezza.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
Impresa di Ottobrebre: L’ECOLOGICA
SE L’IMPOSTA DI REGISTRO È PAGATA IN ECCESSO
Il notaio
non ha diritto
al rimborso
Nel caso di errori nella registrazione di atti rogati,con eccedenze evidenziate in modo automatico dal sistema informativo, l’indennizzo spetta solo
alle parti, mentre il professionista rogante potrà ricorrere alla compensazione
di Salvatore Albanese
L
’azione volta a far valere il diritto di rimborso dell’imposta
di registro non dovuta non è
esercitabile dal notaio che ha
pagato l’imposta in veste di obbligato,
ma dal contribuente titolare del rapporto tributario.
Ciò è quanto emerge dalla giurisprudenza della Cassazione, la quale aveva stabilito, già con la sentenza n.
9440/2005, che il notaio rogante non
rientra tra i soggetti legittimati a chiedere il rimborso dell’imposta di registro versata con aliquota superiore; successivamente, con la n. 22918/2007, in
materia d’imposta di registro, ha negato la legittimazione del notaio rogante a
richiedere il rimborso di somme versate
in eccedenza dato che il DPR 26 aprile
1986, n. 131, art. 77, limitando il diritto al rimborso delle somme corrisposte in eccedenza al “contribuente” e al
«soggetto nei cui confronti la sanzione
è stata applicata», unici interessati alla
corretta determinazione dell’imposta,
e precisando che «il notaio rogante –
pur obbligato a richiedere la registrazione dell’atto e […] a pagare l’imposta
principale in solido con le parti nel cui
interesse è richiesta la registrazione –
resta estraneo al rapporto tributario, in
quanto è solo responsabile d’imposta,
quale soggetto obbligato al pagamento
della stessa per fatti e situazioni, riferibili esclusivamente ad altri».
Da parte sua l’Agenzia delle entrate, con
risoluzione 11.12.2013, n. 90/E, chiarisce, in ossequio all’orientamento della
Cassazione che, in ipotesi di somme
versate in eccesso in sede di registrazione di atti rogati, la domanda di rimborso
può essere presentata unicamente dalle
parti contraenti e non anche dal notaio,
poiché estraneo al rapporto tributario.
La risoluzione n. 90E citata scaturisce
dall’istanza presentata dai notai, i quali
avevano chiesto all’Agenzia le modalità di recupero (a “rimborso” oppure
mediante “compensazione”, ai sensi
dell’art. 3-ter del d.lgs. n. 463/1997 modificato dal d.lgs. n. 9/2000) delle imposte di registro versate in più in sede
di autoliquidazione degli atti telematici
redatti per conto dei loro clienti e non
dovute in virtù dei chiarimenti successivamente intervenuti in ordine al periodo dal 2008 fino al 7 ottobre 2011,
data di emissione della circolare n.
44/2011, atteso che diverse erano state le interpretazioni e i comportamenti
adottati dai diversi uffici territoriali in
ambito nazionale.
Al riguardo si ricorda che la disposizione contenuta nell’articolo 3-ter, ultimo
comma, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n.
463 così recita: «Per i notai è ammessa la compensazione di tutte le somme
versate in eccesso in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti
di data posteriore, con conseguente
esclusione della possibilità di richiedere
il rimborso all’Amministrazione finanziaria».
Con tale norma il legislatore ha, infatti,
inteso estendere l’istituto della compensazione, introdotto dal d.lgs. 9 lu-
glio 1997, n. 241, anche a favore dei notai con riferimento alle somme versate
in eccesso in sede di autoliquidazione,
a valere sulle imposte dovute per atti di
data posteriore. L’ambito di operatività
della compensazione di cui al richiamato articolo 3-ter è circoscritto esclusivamente alla fase di autoliquidazione del
tributo.
Nella circolare dell’Agenzia del territorio 2 maggio 2002, n. 3, si legge, infatti, che «Le eccedenze di pagamento
sono evidenziate in modo automatico
dal sistema informativo che consente
agli uffici di conoscere se le imposte
autoliquidate si discostano in eccesso
o in difetto rispetto a quelle calcolate
dal sistema stesso», circostanza che
dà immediata evidenza all’eccedenza a
credito compensabile, come si è detto,
dal notaio stesso con imposte dovute
per atti successivi.
Va da se che la compensazione in argomento è ammessa unicamente nel caso
di somme versate per mero errore in
fase di autoliquidazione, imprecisione
riscontrata dall’Ufficio dell’Agenzia
delle entrate in sede di controllo dell’autoliquidazione operata dal notaio. Ne
discende che successivamente non è
più ammessa la possibilità per i notai di
compensare quanto versato in eccesso.
Chiarito che alla fattispecie in esame
non è applicabile l’articolo 3-ter, occorre valutare se il notaio rogante sia legittimato a richiedere il rimborso sulla
base di quanto previsto dall’articolo 77
del DPR 26 aprile 1986, n. 131.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
37
PORTIERCASSA
Prestazioni aumentate a favore
degli aderenti al Contratto di Lavoro
FEDERPROPRIETÀ - ARPE - UPPI
CONFAPPI - CONFSAL
A) RIMBORSO INDENNITÀ GIORNALIERA
MALATTIA DEL PORTIERE
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 33,00 dal 4° al 20° giorno di malattia - Euro 39,00 dal 21°
al 180° giorno di malattia
La prestazione viene corrisposta una volta ogni 365 giorni.
DOCUMENTI NECESSARI
del dipendente e del datore di lavoro
caso di ricovero ospedaliero
pagamento delle indennità di cui chiede il rimborso
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Nei casi di Infortuni ( esclusi infortuni sul lavoro) occorre il
verbale di pronto soccorso nonché idonea documentazione dalla
quale risultino le modalità dell’evento
Via Barberini, 29 - 00187 Roma
tel. 06.48.56.11 (r.a.) - 06.42.01.22.94
fax 06.42.00.42.36
D) RIMBORSO SPESE MEDICHE PER I LAVORATORI
CON ETÀ SUPERIORE AI 40 ANNI
(estendibile al nucleo famigliare)
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 200, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia delle fatture relative alle prestazioni
mediche
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti
il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa
(Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Certificato stato di famiglia
E) BORSA DI STUDIO ISCRIZIONE
I° ANNO UNIVERSITÀ
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 600, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia dei versamenti relativi alla 1° e 2° rata universitaria
Polizza
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
F) BORSA DI STUDIO CON VOTAZIONE 100/100
PER 5° ANNO SCUOLA MEDIA SUPERIORE
B) ASSEGNO PER LA NASCITA DI UN FIGLIO
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 1000, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Certificato di diploma
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 500, 00 per ciascun nato
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 ripor tanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
G) CONTRIBUTO PER FAMIGLIE IN CUI è
E PRESENTE UN
DIVERSAMENTE ABILE CON PERCENTUALE MAGGIORE O
UGUALE AL 65%
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 2000,00 per coniuge disabile
C) CONTRIBUTO PER IL DECESSO DEL PORTIERE
è DELLA PRESTAZIONE
ENTITA
Euro 300, 00
DOCUMENTI NECESSARI
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 riportanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
il lavoro è un
DIRITTO
proteggerlo una
CONQUISTA
DOCUMENTI NECESSARI
• Certificato rilasciato dall’INPS che attesti l’invalidità del
disabile
• Copia degli ultimi 6 modelli F24 ripor tanti il versamento contributivo effettuato alla Portiercassa ( Mod F24 con causale contributo PORT sezione INPS)
• Consegna documenti entro il 28/2
GIURISPRUDENZA
di Mauro Mascarucci - Avvocato, consulente
1) Prescrizione quinquennale per le
spese condominiali
La Corte di cassazione, seconda sezione
civile, con la sentenza 25.02.2014 n. 4489,
ha stabilito con fermezza che alle spese
condominiali è applicabile la disciplina
dell’art. 2948 comma 4, secondo il quale
la prescrizione è di cinque anni per «tutto ciò che deve pagarsi periodicamente
ad anno o in termini più brevi», proprio
come accade con il pagamento, appunto
periodico, delle quote delle spese condominiali, a carico di ogni singolo condomino.
L’amministratore deve quindi esercitare
l’azione per il recupero delle spese condominiali non pagate, contro i condomini
morosi, entro il termine di cinque anni.
Ma la questione più controversa è quella
del dies a quo della suddetta prescrizione.
Invero, nell’ultimo periodo si era assistito favorevolmente a un’evoluzione della
giurisprudenza, secondo la quale il suddetto termine prescrizionale decorreva
dalla sola delibera dell’assemblea che approvava le spese condominiali, e non a
seguito della successiva delibera di approvazione dello stato di riparto, come si riteneva, invece, fosse necessario in passato.
La Cassazione, Sez. II Civile, con la sentenza 21 luglio 2005 n. 15288, spiegava,
infatti, che «L’obbligo dei condomini di
contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera
dell’assemblea che le approva e non a
seguito della successiva delibera di ripartizione, volta soltanto a rendere liquido
un debito preesistente e che può anche
mancare, ove esistano tabelle millesimali,
per cui l’individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini
è il frutto di una semplice operazione aritmetica».
Ora, con la sentenza n. 4489/2014 in
commento, la suprema Corte opera una
battuta d’arresto nella predetta evoluzione, e torna a riconsiderare anche la delibera dello stato di riparto.
La Cassazione afferma testualmente, che
la «decorrenza [della prescrizione di cinque anni delle spese condominiali, n.d.r.]
è da rapportarsi alla data della delibera di
approvazione del rendiconto delle spese
e del relativo stato di riparto».
2) I vizi relativi alla convocazione
dell’assemblea non possono essere
sollevati da chi vi ha partecipato
Secondo la Corte di cassazione, sentenza 13.05.2014, n. 10338, non si può impugnare la delibera assembleare per vizi
relativi alla convocazione dell’assemblea
il condomino che, convocato, vi ha partecipato esprimendo il proprio parere.
3) No al sollecito di pagamento
presso il datore di lavoro
Inviare un sollecito di pagamento al datore di lavoro di un condomino moroso,
anziché a lui personalmente, costituisce
un illecito trattamento di dati personali
secondo quanto stabilito dal Garante della privacy con provvedimento 19.06.2014
n. 314.
Il sollecito, inviato dall’amministratore
su richiesta del proprietario dell’appartamento affittato al condomino che era in
ritardo con i pagamenti di alcune rate, era
stato spedito a un indirizzo di posta elettronica accessibile da chiunque sul posto
di lavoro e riportava anche l’ammontare
del debito.
Per quanto concerne l’osservanza dei fondamentali principi di liceità e correttezza
posti dall’art. 11, comma 1, lett. a del codice, il Garante, proprio con riferimento
all’attività di recupero crediti, ha avuto
modo di affermare che «chiunque effettui un trattamento di dati personali, in
ossequio ai principi di liceità e correttezza, debba astenersi dal comunicare ingiustificatamente a soggetti terzi rispetto al
debitore, informazioni relative alla condizione d’inadempimento nella quale versa
l’interessato (comportamento talora tenuto per esercitare indebite pressioni sul
debitore al fine di conseguire il pagamen-
to della somma dovuta), avendo cura di
evitare, nel tentativo di prendere contatto
con il medesimo (anche attraverso terzi),
comportamenti suscettibili di incidere
sulla sua dignità».
L’Autorità, intervenuta su reclamo
dell’interessato, ha accertato che l’amministratore è incorso in un trattamento
di dati non conforme alla legge, perché
lesivo della dignità della persona ed effettuato senza consenso del condomino, che
non aveva autorizzato quel tipo di comunicazione.
4) Poteri dell’amministratore di
condominio
Per la Corte di cassazione, seconda sezione civile, con la sentenza 14.05.2014, n.
10607 l’amministratore del condominio
conserva i poteri conferitigli dalla legge,
dall’assemblea o dal regolamento di condominio anche se la delibera di nomina
(o quella di conferma) è stata oggetto
d’impugnativa davanti all’autorità giudiziaria per vizi comportanti la nullità o
annullabilità della delibera stessa, ovvero
sia decaduto dalla carica per scadenza del
mandato, fino a quando non sia sostituito con provvedimento del giudice o con
nuova deliberazione dell’assemblea dei
condomini.
È il principio espresso dai i giudici del
Palazzaccio per il caso in esame (in una
fattispecie governata, ratione temporis,
dall’art. 1129 c.c. nella sua versione originaria, anteriore alla modifica apportata
dall’art. 9 della legge n. 220/12, entrata in
vigore il 18.6.2013), vertente sul ricorso
proposto da alcuni condomini avverso la
sentenza di reiezione della domanda di
annullamento di una delibera dell’assemblea del condominio con la quale era stato
approvato il bilancio e confermato l’amministratore. A sostegno della domanda
i ricorrenti avevano dedotto l’irregolare
costituzione dell’assemblea per omessa
convocazione di alcuni condomini e il
mancato raggiungimento del quorum deliberativo.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
39
LOCAZIONI
La morosità incolpevole
Le condizioni per accedere al fondo istituito dal Governo per aiutare conduttori in buona fede
impossibilitati a pagare i canoni di affitto. Stanziati 40 milioni di euro per il biennio 2014-15
di Giuseppe Magno - Avvocato
I
l decreto legge n. 102 del
31.08.2013, nell’ambito delle misure di sostegno all’accesso all’abitazione e al settore immobiliare, all’art 6 comma 5, ha introdotto il
concetto di “morosità incolpevole” del
conduttore di immobili ad uso abitativo dovendosi ritenere, come tali, quei
soggetti che non sono in grado di affrontare l’onere economico consistente
nel pagamento dei canoni di locazione
per cause di forza maggiore ovvero per
motivi indipendenti dalla loro volontà.
Oggi, con decreto del Ministro delle
infrastrutture di concerto con il Ministro dell’economia – ancora in corso
di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale – verranno chiariti alcuni aspetti
della complessa e confusa questione
alla scopo, si spera, di prestare effettivo sollievo ad alcune categorie sociali
che non sono in grado, come si è detto
dianzi, di assicurare il tetto alla propria
famiglia.
Per “morosità incolpevole” secondo
il summenzionato decreto, più precisamente, s’intende «la situazione di
sopravvenuta impossibilità a provvedere al pagamento del canone locativo
a ragione della perdita o consistente
riduzione della capacità reddituale del
nucleo familiare». L’art 2 co. 2 del decreto in oggetto fissa ora le specifiche
cause di morosità incolpevole individuandole in:
■■ perdita del lavoro per licenziamento
■■ accordi aziendali o sindacali con
consistente riduzione dell’orario di
lavoro;
■■ cassa integrazione ordinaria e straordinaria che limiti notevolmente la
capacità reddituale;
■■ mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici;
■■ cessazione di attività libero-professionali o di imprese registrate, derivanti da cause di forza maggiore o
da perdita di avviamento in misura
Agevolazioni fiscali per sostituire
gli infissi del condominio
L’Associazione dei geometri fiscalisti ha fornito dei chiarimenti in merito
alle agevolazioni fiscali per la sostituzione degli infissi in condominio. Per
prima cosa è bene chiarire che si tratta di un intervento di manutenzione
straordinaria e quindi richiede la denuncia d’inizio attività (DIA), anche se
il regolamento edilizio del Comune di riferimento potrebbe escludere tale
procedura.
Per la sostituzione degli infissi (fino al 30 giugno 2015 solo per i condomìni)
è prevista la detrazione del 65%, con un massimo di 60 mila euro in dieci
anni.
Per usufruire dell’agevolazione, occorrono: 1) la dichiarazione rilasciata
da un tecnico abilitato (o dalla ditta produttrice) che specifichi il valore
della trasmittanza termica dei vecchi infissi e dei nuovi, assicurando il non
superamento dei valori limite prescritti dal D.M. del 26 ottobre 2010; 2) la
scheda informativa semplificata da inviare all’Enea via web, dove l’unico
requisito tecnico richiesto è il valore della trasmittanza termica delle finestre comprensive d’infissi.
40
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
consistente;
■■ malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo
familiare che abbia comportato o la
riduzione del reddito complessivo
del nucleo medesimo o la necessità
dell’impiego di parte notevole del
reddito per fronteggiare rilevanti
spese mediche e assistenziali.
La presenza di una di tali condizioni
consentirà all’inquilino in serie difficoltà, per l’impossibilità di provvedere
al pagamento del canone di locazione,
di richiedere l’intervento dello Stato.
Il Fondo a tale scopo istituito ammonta a 20 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2014 e 2015 da destinarsi ai
Comuni ad alta tensione abitativa che
abbiano avviato bandi o altre procedure amministrative per l’erogazione di
contributi in favore di inquilini morosi
incolpevoli.
Le risorse assegnate al Fondo sono
ripartite tra le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano mediante l’assegnazione delle stesse prioritariamente alle Regioni che abbiano
emanato norme per la riduzione del
disagio abitativo, attraverso percorsi di
accompagnamento sociale dei soggetti
sottoposti a sfratto.
A tal fine i Comuni adotteranno le misure necessarie per comunicare alle
Prefetture-Uffici territoriali del Governo l’elenco dei soggetti richiedenti
che abbiano i requisiti per l’accesso al
contributo. Tali condizioni sono fissate
al primo comma dell’art. 3 del Decreto
Ministeriale di imminente pubblicazione il quale prevede che i richiedenti:
■■ rispettino i parametri Isee previsti
dal decreto ovvero abbiano un reddito non superiore a euro 35 mila o
– in caso di reddito Isee da regolare
■■
■■
■■
■■
attività lavorativa – non eccedente euro 26 mila;
siano destinatari di atti di intimazione e di sfratto per
morosità, con citazione per la convalida;
siano titolari di contratti di locazione ad uso abitativo regolarmente registrati;
siano residenti in un alloggio – non rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9 – oggetto di procedure di
rilascio da almeno un anno;
abbiano cittadinanza italiana o di un Paese europeo, ovvero, nei casi di cittadini non appartenenti all’Unione europea, siano in possesso di un titolo di soggiorno.
I Comuni dovranno, tuttavia, verificare che il richiedente –
o un componente del nucleo familiare –non risultino titolari di un diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione nella
provincia di residenza di altro immobile fruibile e adeguato
alle esigenze del proprio nucleo familiare (Art. 3 secondo
comma).
Il successivo comma individua come titolo preferenziale
per la concessione del contributo la presenza all’interno del
nucleo familiare richiedente di anziani o portatori di handicap o minori, o a carico dei servizi sociali.
Va tuttavia specificato che il decreto in oggetto fissa un limite all’entità del contributo il quale può essere concesso
fino ad un importo massimo di euro 8.000,00. Tale valore massimo si giustifica proprio in ragione del fatto che il
contributo deve servire a “sanare la morosità incolpevole
accertata.”
L’art 5 indica le priorità di utilizzo del contributo a favore
di inquilini:
a. destinatari di provvedimento di rilascio esecutivo per
morosità incolpevole, che sottoscrivano con il proprietario dell’alloggio un nuovo contratto a canone concordato;
b. la cui ridotta capacità economica non consenta il versamento di un deposito cauzionale per stipulare un nuovo
contratto di locazione. In tali casi si precisa che i Comuni
debbano verificare che i contributi siano versati contestualmente alla consegna dell’immobile;
c. ai quali il contributo consente di differire l’esecuzione
dello sfratto.
Di rinnovato spirito risulta indubbiamente l’art. 6 del decreto in esame il quale detta le modalità di graduazione
degli sfratti. Come dinanzi esposto i Comuni adottando le
misure necessarie individuano un elenco dei soggetti che
abbiano i requisiti richiesti per la concessione del contributo. Il Prefetto sulla scorta di questo elenco programma la
graduazione dell’intervento della polizia negli sfratti delle
famiglie che presentino i requisiti previsti.
Dalla sommaria analisi finora compiuta si evince chiaramente la natura di un decreto, sorto per l’esigenza di colmare le lacune e le indubbie zone d’ombra del D.L. 102/2013, e
ad oggi trasformato in un testo di gran lunga perfezionato,
tuttavia suscettibile di ulteriori miglioramenti.
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TRE
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
41
CONDOMINIO
Il rendiconto, strumento
per gestire con trasparenza
Ispirandosi alla giurisprudenza il legislatore ha introdotto nel Codice civile un articolo totalmente
nuovo (1130 bis) che disciplina il controllo delle finanze
di Mauro Mascarucci - Avvocato, consulente
L
a riforma del Condominio,
legge 11 dicembre 2012,
n. 220 (di cui La Proprietà
Edilizia si è occupata in più
occasioni), ha modificato in molti
punti la disciplina degli immobili in
condominio così era configurata nel
codice civile del 1942. In particolare, la riforma ha cercato di consolidare in norme le decisioni più recenti
della Corte di cassazione in materia
condominiale ma ha avuto anche
l’ambizione di creare qualcosa di totalmente nuovo. Tra le tante novità
introdotte spicca, in particolare, l’introduzione di un articolo ad hoc che
disciplina uno strumento fondamentale per la gestione finanziaria del
condominio. Si tratta del nuovo rendiconto condominiale, all’art. 1130
bis che recita: «Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e
di uscita e ogni altro dato inerente
alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili e alle
eventuali riserve, che devono essere
espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un
registro di contabilità, di un riepilogo
finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con
l’indicazione anche dei rapporti in
corso e delle questioni pendenti. L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare
un revisore che verifichi la contabilità
del condominio. La deliberazione è
assunta con la maggioranza prevista
42
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
per la nomina dell’amministratore e
la relativa spesa è ripartita fra tutti i
condomini sulla base dei millesimi
di proprietà. I condomini e i titolari
di diritti reali o di godimento sulle
unità immobiliari possono prendere
visione dei documenti giustificativi
di spesa in ogni tempo ed estrarne
copia a proprie spese. Le scritture e
i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla
data della relativa registrazione. L’assemblea può anche nominare, oltre
all’amministratore, un consiglio di
condominio composto da almeno tre
condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha
funzioni consultive e di controllo».
Tale disposizione s’inquadra nell’esigenza di favorire un maggior controllo della gestione condominiale da
parte dei condomini, anche a fronte
di un irrigidimento della giurisprudenza verso gli amministratori di
condominio.
Con la sentenza 5 ottobre 2011, n.
36022, infatti, la Cassazione ha stabilito che il reato di appropriazione
indebita si può verificare a carico
dell’amministratore anche per ammanchi di importi esigui nei fondi
condominiali, quando la giacenza sia
inferiore a quanto risulta dalla contabilità condominiale, dal momento
che una differenza contabile di minima entità potrebbe fondarsi anche
su presupposti non leciti. I giudici
hanno così affermato che l’esiguità
dell’ammanco di cassa di per se stessa
non è in grado di escludere la responsabilità penale dell’amministratore
di condominio per il reato di appropriazione indebita aggravata, sia sul
piano oggettivo che soggettivo. Sino
alla riforma del 2013 la disciplina sul
rendiconto e sulla gestione economica appariva piena di lacune. A questa
deficienza normativa ha cercato di
supplire la giurisprudenza, segnando
una serie di principi che l’amministratore deve conoscere e osservare
per una corretta gestione della cassa
del condominio:
a. l’amministratore è obbligato a far
affluire i versamenti delle quote
condominiali su un apposito e
separato conto corrente intestato
a ciascun condominio da lui amministrato, onde evitare che possa sorgere confusione tra il suo
patrimonio personale e quelli dei
diversi condominii che gestisce,
nonché tra questi ultimi;
b. per contro il singolo condomino ha un vero e proprio diritto
soggettivo a vedere versate le sue
quote, sia per sopperire alle spese
che per gli eventuali fondi, su un
conto corrente intestato al condominio e non personalmente
all’amministratore, e a conoscere
l’entità degli interessi che maturino a suo favore;
c. la mancata adozione da parte
dell’amministratore di condominio di un conto corrente apposito
per la gestione condominiale costituisce perciò da sola un’irrego-
larità di tale gravità da comportare la revoca del mandato;
d. ne consegue che è illegittima la
deliberazione dell’assemblea di
condominio che preveda di far
affluire i versamenti delle quote
condominiali sul conto corrente
personale dell’amministratore, in
quanto ciò integra lesione del diritto di ciascun condominio alla
perfetta trasparenza, chiarezza
e facile comprensibilità della gestione condominiale, limite inderogabile alle scelte discrezionali e
gestionali degli organi di amministrazione e governo del condominio;
e. è legittimo, tuttavia, che le Poste
Italiane S.p.A. si rifiutino di far accedere il singolo condomino all’estratto del conto corrente intestato al condominio, ex art. 22 l. n.
241/90, in quanto il diritto d’accesso è recessivo rispetto al diritto
alla riservatezza (v. T.A.R. Lazio,
sez. II, 17 gennaio 2002, n. 1294,
in Arch. Locazioni, 2002, 332).
Queste norme sono state ritenute così
importanti dal legislatore che per una
parte sostanziale è stata fatta confluire nella riforma del condominio. La disciplina del rendiconto condominiale, dettata dal neo-introdotto
articolo 1130-bis del Codice civile,
appare di assoluta novità. Si prevede
una più complessa redazione del bilancio consuntivo, con molti nuovi
adempimenti, formali e sostanziali.
Il Codice civile del 2013 ha assunto
una posizione innovativa rispetto alla
giurisprudenza, che fino ad oggi riconosceva una sostanziale libertà di forme al rendiconto purché idoneo a informare il condomino sulle modalità
di gestione. In base all’art. 11 delle
disposizioni preliminari del Codice
civile, la legge – in assenza di espressa disposizione normativa – non può
disporre che per il futuro.
La norma non si applica dunque
a tutte le situazioni giuridiche che
ancora non hanno esaurito i loro effetti, e che hanno tratto origine sotto la vigenza della legge precedente.
L’obbligo di rendiconto sorge, per
l’amministratore, con l’aprirsi di un
nuovo esercizio annuale, al termine
del quale egli dovrà rendere il conto
della propria gestione (articolo 1130,
comma 2 del Codice civile nella vecchia formulazione).
Ne consegue che gli adempimenti
previsti dal nuovo articolo 1130-bis,
entrato in vigore il 18 giugno 2013,
trovano applicazione solo agli esercizi condominiali che vedono la loro
origine in data successiva all’entrata
in vigore della norma. Per quanto riguarda la documentazione da allegare, la nuova disciplina prevede: A. REGISTRO DI CONTABILITÀ. Per contenuto e forme, è in linea con il registro di cassa. In esso
andranno annotate tutte le voci in
entrata e uscita in ordine cronologico e seguendo un metodo analitico per la rilevazione contabile
degli eventi di gestione economica rilevanti. In merito alla tenuta
e conservazione dei predetti registri non è imposta alcuna particolare forma o sistema contabile,
ma prevede l’obbligo di tenuta dei
registri sui quali siano annotate le
informazioni richieste dal codice
civile, nei termini prescritti (30
giorni dall’effettuazione dell’operazione), ciò è condizione necessaria e sufficiente alla corretta
tenuta dei registri. La tenuta del
registro di contabilità è libera: 1)
non esiste alcun regime contabile specifico (partita semplice,
partita doppia), purché i singoli
movimenti siano esposti cronologicamente; 2) non esiste alcuna
forma specifica di conservazione
del registro (cartacea, elettronica,
registro numerato, a fogli mobili
ecc; 3) non vi è nessun obbligo di
vidimazione o bollatura iniziale.
Nel rispetto del principio di chiarezza e trasparenza cui si rifà la riforma, ogni condomino ha diritto
di prendere visione del registro di
contabilità e di ottenerne, a proprie spese copia firmata dall’amministratore.
B. RIEPILOGO FINANZIARIO.
Per struttura e caratteristiche si
potrebbe definire come lo stato
patrimoniale del condominio, in
quanto rappresenta una “fotografia” della situazione, definendo lo
stato delle attività e passività, enucleando crediti, debiti ed eventuali fondi di riserva. Il riepilogo
finanziario ha quindi la finalità di
individuare la situazione dello stato patrimoniale del condominio
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
43
amministrato.
C. LA NOTA SINTETICA ESPLICATIVA. È un documento propedeutico in quanto ha la finalità di
descrivere sinteticamente l’intera
gestione annuale, dando conto
non solo dei rapporti in corso, ma
anche delle questioni pendenti.
In particolare, la nota di accompagnamento sull’andamento della
gestione annuale è assimilabile
alla nota integrativa prevista per
i bilanci delle società di capitali,
nella quale sono fornite informazioni sulla situazione finanziaria,
patrimoniale nonché altre informazioni relative all’andamento
della gestione condominiale. Tuttavia tale documento non deve
contenere un’analisi approfondita
dei singoli dati, ma deve fornire
informazioni sugli eventi di maggior rilievo e analizzare quelli che
presentano sensibili variazioni rispetto ai periodi amministrativi
precedenti. Nella nota, essendo
principalmente un documento descrittivo, occorre riferire ai condomini sulle circostanze che hanno
determinato eventi di particolare
importanza nel corso della gestione e i riflessi che tali accadimenti
hanno avuto e potranno avere sulla situazione economica e patrimoniale del condominio.
La riforma del condominio non ha
previsto alcuno schema obbligatorio
per la redazione della nota sintetica
esplicativa ma tale documento potrebbe essere elaborato secondo lo
schema di seguito riportato:
■■ Premessa: dati del condominio,
dati dell’amministratore, data di
presa in carico della gestione.
■■ Fatti di rilievo verificatisi nel corso dell’esercizio: Lavori in corso,
principali problematiche condominiali, eventi imprevisti.
■■ Principali variazione delle voci di
attività (crediti): commento delle
variazioni intervenute nelle singole voci.
■■ Principali variazioni delle voci di
44
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
passività (debiti): commento delle
variazioni intervenute nelle singole voci.
■■ Principali variazioni delle voci di
uscita: commento delle variazioni
intervenute rispetto alle voci preventivate.
■■ Principali variazioni delle voci di
entrata: commento delle variazioni intervenute rispetto alle voci
preventivate.
■■ Controversie giudiziali in corso:
esposizione dei contenziosi in essere, motivazioni e stato dei procedimenti.
■■ Personale dipendente: riepilogo
dei costi e delle eventuali problematiche emerse nel corso dell’anno.
■■ Creditori/Fornitori: sintesi dell’esposizione
creditoria/debitoria
verso i principali creditori/fornitori.
■■ Informazioni sui beni mobili e immobili: elenco delle proprietà condominiali, sintesi sullo stato dei
beni, eventuali interventi di manutenzione da porre in essere, sintesi
delle locazioni in corso.
I tre documenti di cui sopra, dunque,
costituiscono il rendiconto condominiale, che deve essere sottoposto
all’attenzione dei singoli condomini,
previo invio di copie allegate all’atto
della convocazione dell’assemblea.
Il “principio di cassa”
Come per la tenuta del registro di contabilità, anche per il riepilogo finanziario e la nota di accompagnamento non esistono schemi o forme prescritte dalla legge, non vi sono dunque
vincoli in senso lato sulla modalità di
tenuta e di esposizione del rendiconto, purché contengano tutte le informazioni prescritte dal codice civile.
In merito ai principi cui l’amministratore deve attenersi nella redazione del
rendiconto condominiale, l’art. 1130
1° comma, così come novellato, dispone che «il rendiconto condominiale
deve contenere le voci di entrata e di
uscita e ogni altro dato inerente alla
situazione patrimoniale del condominio …». Il legislatore non fornisce
alcun criterio di redazione del rendiconto condominiale ma elenca tutte le
informazioni che in esso devono essere riportate.
La volontà di eliminare ogni riferimento al principio di competenza e
l’obbligatoria presenza delle voci di
entrata e uscita fanno supporre che
l’adozione del principio di cassa debba
ritenersi come linea di condotta principale nella redazione del rendiconto
condominiale, tuttavia il principio di
cassa, da solo, non è in grado di fornire gli ulteriori dati richiesti dal primo
comma dell’art. 1130 del c.c., ossia
tutte quelle informazioni inerenti alla
situazione patrimoniale del condominio (crediti, debiti, fondi di riserve e
disponibilità condominiali) nonché
tutte le altre informazioni concernenti
l’andamento condominiale.
Funzioni del revisore contabile
Il nuovo testo ha introdotto, altresì, la
figura del revisore contabile, peraltro
spesso contenuta nei regolamenti di
condominio. Il suo incarico consiste
nel prendere visione degli estratti conto e delle pezze giustificative relative
all’esercizio che si è appena concluso,
in modo da verificare la reale rispondenza degli stessi e poter accertare in
sede di assemblea la regolarità della tenuta contabile. La nomina del revisore
è delegata dall’assemblea, seguendo gli
stessi criteri di maggioranza utilizzati
per la nomina dell’amministratore. Il
compenso da versare per il controllo
contabile effettuato dovrà essere ripartito secondo i millesimi di proprietà.
In merito alla durata del mandato da
conferire al revisore, poiché di solito
si procede solo una volta all’anno alla
revisione dei conti, è possibile limitare
l’incarico nel tempo oppure stipulare
un contratto pluriennale. Quest’ultima soluzione è comunque preferibile,
poiché garantisce una maggiore continuità, visto che l’art. 1131-bis parla di
«più annualità».
Il legislatore, con la riforma del 2012, ha anche previsto la
nomina di un Consiglio di condominio (detto anche
Consiglio di amministrazione), già previsto dal vecchio
art. 16 r.d.l. del n. 56/1934. Il riformatore, reinserendo
legislativamente tale organo, gli ha attribuito solo specifiche funzioni consultive e di controllo. Sulla costituzione,
la norma prescrive che «l’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio
composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari». Prima dell’introduzione
della riforma, la conservazione dei documenti riguardanti la gestione del condominio è sempre stata oggetto di
discussione, e ante riforma si faceva riferimento all’art.
2220 del c.c. nonché ai termini di prescrizione decennale
dei diritti, come fonti normative cui ispirarsi per giustificare la conservazione decennale della documentazione
contabile e gestionale del condominio.
Conservazione dei documenti
Con la riforma, l’art. 1130 bis c.c. ha definitivamente stabilito che le scritture contabili e i documenti giustificativi devono essere conservati per dieci anni dalla data della
relativa registrazione. È opportuno precisare che il termine imposto dalla legge è riferito al singolo movimento
(registrazione) e non all’esercizio di riferimento.
È bene fare attenzione tuttavia che il dettato normativo,
posto all’interno della norma relativa al “rendiconto”, si
riferisce alle scritture contabili (registro di contabilità
e rendiconto) e ai documenti giustificativi che le hanno
originate (fatture, ricevute, estratti conti ecc.). Nulla dice
in merito agli altri registri previsti dalla riforma, quali il
registro dell’anagrafe condominiale, il registro di nomina e revoca dell’amministratore e il registro dei verbali di
assemblea per i quali è opportuna una loro conservazione
a tempo indeterminato, unitamente alle tabelle millesimali, al regolamento di condominio e alla documentazione tecnica relativa alla sicurezza degli impianti e delle
strutture condominiali, affinché sia possibile avere una
continuità storica della vita del condominio.
Il nuovo art. 1130-bis c.c. rende la conservazione dei documenti contabili obbligatoria per dieci anni. Il termine
decorre dalla data di registrazione degli stessi. Tale arco
temporale vale solo per scritture di natura contabile ovvero tutta la documentazione idonea a rappresentare cronologicamente gli accadimenti di gestione condominiale
(atto o fatto di gestione economicamente rilevante). Nella contabilità assumono importanza solo le scritture cronologiche, perché determinanti per gli aspetti probatori
e per ricostruire dettagliatamente l’azione amministrativa posta in essere dall’amministratore. Nell’obbligo di
conservazione decennale rientrano anche i “documenti
giustificativi”, chiamati più comunemente “pezze”, che
descrivono le singole entrate e uscite.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
45
CONDOMINIO
Il fondo per manutenzione
straordinaria e innovazioni
La modifica al testo dell’art. 1135 c.c., introdotta dalla legge n. 220/2012, era apparsa opportuna anche
se dirompente per la gestione quotidiana. Le implicazioni di un’aggiunta del 2014 al medesimo articolo del
codice civile che cambia parzialmente l’assunto
di Alberto Celeste - Magistrato
L
e uniche, ma rilevanti, modifiche apportate dalla legge
n. 220/2012 al testo dell’art.
1135 c.c., avente ad oggetto
le attribuzioni dell’assemblea, riguardavano la rimodulazione del n. 4 del
comma 1, il quale contemplava le opere di manutenzione straordinaria e le
innovazioni, stabilendo che si dovesse
«obbligatoriamente» costituire «un
fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori» da eseguire.
La novità introdotta dalla Riforma era
apparsa particolarmente opportuna,
anche se dirompente per la gestione
quotidiana, nel senso che, dal 18 giugno 2013, l’approvazione dei lavori di
cui sopra – si pensi, rispettivamente, al
rifacimento della facciata dell’edificio
o all’installazione di un ascensore nella
tromba delle scale – e, quindi, la decisione di affrontare spese notevoli per il
bilancio condominiale, presupponeva
che si mettesse da parte la necessaria
“provvista” per adempiere, puntualmente e compiutamente, le obbligazioni nei confronti del terzo.
La prescritta obbligatorietà della costituzione preventiva del fondo speciale
consentiva di garantire il terzo creditore del corrispettivo dovutogli in virtù
degli accordi negoziali da sottoscrivere,
e, al contempo, preveniva, a monte, il
fenomeno della morosità, perché così
si escludeva l’eventuale fase patologica
dell’inadempimento dell’obbligazione,
da parte del condominio, di pagare il
prezzo convenuto.
In pratica, salvo apposita dispensa da
46
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
parte dell’assemblea, che lo esentasse
espressamente da ogni responsabilità
al riguardo, l’amministratore avrebbe
dovuto rifiutarsi tout court di stipulare
se non avesse avuto “in cassa” la liquidità per far fronte agli impegni nei confronti del manutentore e dell’appaltatore, così imponendogli di procedere
alla riscossione prima (e non dopo) la
stipula del contratto con il terzo.
Tale obbligo ha finito, tuttavia, per ritardare, se non addirittura paralizzare,
l’esecuzione delle delibere, specie se
attinenti lavori importanti da eseguirsi
nello stabile o per ottemperare a obblighi di legge – ad esempio, per l’impermeabilizzazione del lastrico solare
o per la messa a norma dell’impianto
elettrico dell’autorimessa – laddove
era prassi, invece, raccogliere i fondi
durante l’esecuzione delle opere de
quibus, saldando il terzo creditore al
momento del raggiungimento della relativa disponibilità economica.
Sul punto, è intervenuto il decretolegge 23 dicembre 2013, n. 145 (c.d.
destinazione Italia) - convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 febbraio
2014, n. 9 - che, mediante l’art. 1, comma 9, lett. d), ha aggiunto, all’art. 1135,
comma 1, n. 4), il seguente periodo:
«se i lavori devono essere eseguiti in
base ad un contratto che ne prevede
il pagamento graduale in funzione del
loro progressivo stato di avanzamento,
tale fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti».
Pertanto, il legislatore del 2014 affida
ora ai condomini la facoltà alternativa
di stabilire, in sede di delibera, che il
contratto da stipulare con l’appaltatore
dei lavori di manutenzione straordinaria o delle opere di innovazione preveda un pagamento collegato ai relativi
stati di avanzamento, nel qual caso il
fondo speciale può essere costituito in
relazione ai pagamenti dovuti di volta
in volta.
La Relazione che ha accompagnato
il decreto d’urgenza ha, infatti, individuato la ratio di tale aggiunta nel
«contemperare le meritorie esigenze
economiche dei proprietari con quelle
creditorie dell’appaltatore, altrettanto
meritorie, nell’attuale recessione economica, onde impedire evidenti disincentivi all’adozione di nuove delibere
per l’avvio di lavori di ristrutturazione».
È ovvio che deve essere la delibera assembleare, che approva l’esecuzione
delle opere di manutenzione straordinaria o le innovazioni, a determinare
con precisione – e la prassi, purtroppo,
registra una certa “leggerezza” sul punto, a prescindere, talvolta, dalle oggettive difficoltà correlate alla peculiarità
dei lavori da eseguire – le modalità di
pagamento per stati di avanzamento
all’interno del contratto di appalto da
stipulare con l’impresa prescelta, poiché solo questo definito contenuto del
rapporto negoziale con l’appaltatore
può esonerare i condomini dal versare
l’obbligatorio intero fondo preventivo.
Affinché il nuovo fondo speciale soddisfi la sua particolare finalità, è necessario che sia l’oggetto del futuro
appalto, ossia la puntuale indicazione
delle opere da eseguire nelle parti comuni dell’edificio, sia il corrispettivo
effettivamente dovuto all’appaltatore
in conseguenza dei relativi lavori, siano inequivocamente predeterminati
(o sufficientemente predeterminabili)
nel contesto negoziale sottoscritto dai
contraenti.
Sembra, però, che i due fondi adesso
contemplati dallo stesso art. 1135, n.
4), c.c. rivelino natura e modalità operative abbastanza differenti: il fondo
speciale “unico” ideato dalla Riforma
del 2012 è un fondo necessariamente
preventivo rispetto all’esecuzione dei
lavori, mentre il fondo “graduale” di
cui alla legge n. 9/2014 costituirebbe
un fondo strutturalmente successivo
e conseguente alla realizzazione delle
opere.
In altri termini, quest’ultimo, essendo
allestito soltanto dopo l’approvazione
dei singoli stati d’avanzamento, presupporrebbe la già avvenuta esecuzione delle opere contabilizzate e, quindi,
a differenza del primo, anche l’immediata esigibilità del credito dell’appaltatore per la parte di prezzo corrispondente a quello specifico stato di avanzamento; i pagamenti seguirebbero il
frazionamento dei lavori e il fondo andrebbe a coprire il minor importo pre-
visto per il parziale intervento eseguito
sulle parti comuni.
Non si nasconde, però, che la costituzione del fondo de quo a lavori compiuti snaturi completamente la ragione
dell’istituto come originariamente contemplato dal legislatore della Riforma,
sicché appare preferibile ritenere che
la seconda parte del n. 4) dell’art. 1135
c.c. abbia inteso riferirsi a quel “fondo” prescritto nella prima parte, ossia
quello ante operam (d’altronde, sul
carattere “anticipato”, oltre che obbligatorio, del nuovo fondo milita espressamente la Relazione al decreto-legge n.
145/2013).
Parimenti, appare equivoco, e comunque foriero di incertezze operative, il
riferimento al fatto che il “pagamento”,
necessariamente correlato al corrispettivo concordato per i lavori appaltati,
possa essere «graduale in funzione del
loro progressivo stato di avanzamento»; invero, il riferimento ai S.A.L., ove
si frazioni l’unica prestazione d’opera
in più sezioni non aventi caratteristiche
di lotti autonomi, rischia di non assicurare la certezza del tempo dell’adempimento, con probabile snaturamento
della certezza dei rapporti giuridici che
la costituzione preventiva della c.d.
provvista era, invece, destinata a garantire.
Comunque, la modifica introdotta
dalla legge n. 9/2014 non fa venire
meno l’originario fondo speciale – il
nuovo fondo “può” essere costituito,
e non “deve” – nel senso che l’attuale
facoltà di “pagamento graduale” resta
pur sempre un’alternativa rimessa alla
discrezionalità dell’assemblea, peraltro
difficilmente praticabile ove i lavori si
concludano in un’unica soluzione e i
pagamenti avvengano in tempi stretti.
Rimane, però, irrisolto il problema di
individuare cosa abbia voluto intendere il legislatore della Riforma per “costituzione” del fondo speciale, perché,
in proposito, sono state avanzate molte
ipotesi, talvolta addirittura tese a negare la stessa obbligatorietà del fondo
de quo: alcuni hanno sostenuto che la
prescritta costituzione comportasse la
mera istituzione, per così dire, virtuale,
ossia senza versamento di alcuna somma; altri hanno reputato che sarebbe
stato sufficiente tenere una contabilità
separata, ossia una semplice destinazione di somme, quasi una riserva “in
conto lavori” da inserire in bilancio;
altri ancora, in parte anticipando le novità legislative, avevano optato per un
“fondo a formazione progressiva”.
Appare più ragionevole opinare che,
affinchè il fondo di cui alla prima parte
dell’art. 1135, n. 4), c.c. possa dirsi “costituito”, occorra l’effettivo versamento
integrale dei relativi contributi (“di importo pari all’ammontare dei lavori”)
da parte di tutti condomini, in maniera
simile a quanto dispone, ad esempio,
l’art. 37 c.c., non essendo sufficiente
un mero atto di “destinazione” assembleare delle spese ripartite a far fronte
ai bisogni derivanti dall’esecuzione dei
lavori, sul modello dell’art. 167 c.c.
In ogni caso, il conto corrente intestato
al condominio, imposto dall’art. 1129,
comma 7, c.c., su cui verrà accreditato,
di regola, il fondo speciale per le opere
straordinarie e le innovazioni, anche se
autonomo, non è sottoposto dalla legge a misure di conservazione, in modo
da concentrarvi la garanzia dei creditori; alcun vincolo sorge dalla costituzione del fondo per i lavori manutentivi
o innovativi dell’edificio al soddisfacimento dei debiti connessi alla propriela PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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tà condominiale, il che rende possibile in ogni momento la
distrazione delle somme raccolte e la loro restituzione ai
singoli.
Il fondo speciale non è, infatti, inquadrabile fra i patrimoni
separati, in quanto la stessa previsione normativa non imprime ad esso alcun vincolo di destinazione, ossia esso non
è per legge legato allo scopo per cui è stato costituito, potendo essere distratto dall’assemblea, la quale ne conserva
la disponibilità; ne consegue che tale fondo potrebbe formare oggetto di esecuzione da parte di tutti i creditori del
condominio, trattandosi di somme non facenti più parte
del patrimonio dei singoli condomini che le hanno versate,
ma che neppure possono essere considerate a garanzia delle
sole obbligazioni assunte per la realizzazione di quei lavori
che hanno imposto la costituzione del medesimo fondo.
Può succedere, però, che l’assemblea decida lo stesso di
approvare le opere di manutenzione straordinaria o le innovazioni soprassedendo volutamente alla costituzione del
fondo speciale, per cui ci si chiede quale tipo di invalidità
(nullità o mera annullabilità) inficia tale delibera.
Al riguardo, occorre premettere che il legislatore del 2013,
postulando la preventiva costituzione del fondo speciale
per i summenzionati lavori, ha inteso soddisfare l’interesse - non solo generale al corretto funzionamento dell’ente
condominiale, poiché unicamente la concreta anticipata
disponibilità dell’importo occorrente per il pagamento
delle opere straordinarie permette di affrontare, poi, con
maggiore tranquillità l’ordinaria gestione del condominio,
bensì anche - del singolo condomino, perché, in tale modo,
si esclude, a monte, il rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi, secondo il nuovo
meccanismo escussorio di cui all’art. 63, commi 1 e 2, disp.
att. c.c.
In quest’ottica, l’assemblea non potrebbe deliberare, a maggioranza, di by-passare l’allestimento del fondo in questione
– pur ove abbia ricevuto il preventivo consenso dell’appaltatore il quale, pur di lavorare, in un periodo di crisi edilizia
come l’attuale, rinuncia a vedersi precostituito il corrispettivo della sua prestazione – in quanto l’anticipato effettivo
pagamento di tutte le quote dovute dai condomini per costituire il fondo speciale mette al riparo il singolo dall’eventualità di essere chiamato a rispondere delle quote lasciate
inadempiute dai morosi (una volta rimasto infruttuoso il
recupero a carico di questi ultimi).
Resta fermo, in forza dell’immutato art. 1135, comma 2,
c.c., che l’amministratore possa sempre ordinare lavori di
manutenzione straordinaria aventi carattere di urgenza, dovendo solo «riferirne nella prima assemblea»; se, invece,
l’assemblea intendesse ratificare, e di conseguenza approvare, le spese straordinarie, ma prive dei connotati di indifferibilità e urgenza, effettuate dall’amministratore senza la
preventiva autorizzazione, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva delibera, allora dovrebbe ritenersi
necessaria la contestuale predisposizione del fondo speciale
di cui sopra.
48
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
LIBRI
Celeste A. – Scarpa A. - L’amministratore e l’assemblea – Giuffrè, 2014 - € 36,00
L’editore Giuffrè offre al lettore una
collana, diretta dagli autori, destinata
ad approfondire la normativa sul condominio generata dalla riforma introdotta
dalla legge n. 220/2012.
Con questo volume gli autori mirano a
un’elaborazione unitaria dei temi relativi al “nuovo” condominio, quali risultano dalla giurisprudenza di legittimità e
di merito già oggi sufficientemente indicativa.
L’opera è suddivisa in due parti come indicato dal titolo.
Nella prima si evidenziano i problemi attinenti alle vicende del rapporto fra condominio e amministratore a partire
dalla sua nomina per discettare dei nuovi poteri e doveri,
con le conseguenti responsabilità e i connessi aspetti della
rappresentanza sostanziale e processuale.
La seconda parte tratta partitamente delle varie fasi di
svolgimento dell’assemblea (convocazione, costituzione,
discussioni, votazioni e verbalizzazioni) ma anche esamina
le singole deliberazioni adottabili con le relative maggioranze.
Non mancano nel testo espliciti richiami alle criticità applicative della nuova normativa né i richiami alle varie tesi
comparse nella dottrina.
Grillo Morassutti Salvatore - Il delitto Sicilia.
Operazione vulcano - Bonfirraro Editore, 2014 € 18,90
Il nostro collaboratore si cimenta nella
sua opera prima, un romanzo storico nel
quale largo spazio è dato alla storia vera
della Sicilia e soprattutto dei suoi tormentati rapporti con lo Stato unitario
(con specifico riferimento agli anni ’40
del novecento ma non solo), tratta spesso dagli scritti e dai racconti dei protagonisti stessi.
Non mancano le notazioni particolari sulla vita familiare
e sociale filtrata attraverso la sensibilità e gli approfondimenti dell’autore passionalmente legato alla sua terra con
la quale non ha mai perso contatto. Notevoli sono anche i
riferimenti a opere letterarie e storiche di varia natura per
lo più ormai dimenticate, ma particolarmente illuminanti
su alcuni aspetti delle questioni storiche e sociali.
In buona sostanza siamo di fronte ad un’opera complessa di
carattere odeporico, nella quale il lungo viaggio del protagonista attraverso l’isola e la penisola, costituisce lo spunto
per le riflessioni e le puntualizzazioni predette ma anche
per una rivisitazione dei luoghi alcuni dei quali particolarmente cari alla sensibilità dell’autore.
Scadenzario Settembre 2014
GIORNO
PRINCIPALI ADEMPIMENTI
Martedì 30
Venerdì 19
Martedì 16
Chi: Amministratore soggetto IVA
Che cosa: Versamento IVA relativa al mese di agosto
Come: Modello F24 tramite home banking, in via telematica tramite intermediari abilitati oppure con il servizio
fisco online dell’Agenzia delle entrate.
Codice tributo:
6008 Iva mensile
Chi: Condominio.
Che cosa: Versamento dei contributi INPS dovuti sulle retribuzioni dei dipendenti e sui compensi corrisposti
nel mese precedente ai soggetti tenuti all'iscrizione nell'apposita sezione gestione separata INPS
Come: Modello F24 tramite home banking, in via telematica tramite intermediari abilitati oppure con il servizio
fisco online dell’Agenzia delle entrate.
Codice tributo: DM10 - Versamenti relativi a modelli DM10/2
C10 - Versamenti per i collaboratori coordinati e continuativi già iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria
CXX - Versamenti per i collaboratori coordinati e continuativi privi di altra copertura previdenziale, con contribuzione comprensiva di aliquota pensionistica e di aliquota assistenziale
Chi: Condominio e amministratore soggetto IVA
Che cosa: Versamento ritenute alla fonte su redditi di lavoro dipendente, assimilati, lavoro autonomo, provvigioni corrisposti nel mese precedente e sui corrispettivi corrisposti dai condomini per prestazioni relative a
contratti di appalto di opere o servizi effettuate nell'esercizio di impresa.
Come: Modello F24 tramite home banking, in via telematica tramite intermediari abilitati oppure con il servizio
fisco online dell’Agenzia delle entrate.
Codice tributo:
1001 redditi di lavoro dipendente
1004 redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
1019 corrispettivi su contratti d’appalto a soggetti Irpef
1020 corrispettivi su contratti d’appalto a soggetti Ires
1038 provvigioni
1040 redditi di lavoro autonomo
Chi: Condominio e altri sostituti d’imposta
Che cosa: Presentazione della dichiarazione dei sostituti d'imposta - Modello 770/2014 prorogato con Decreto
del Consiglio dei Ministri del 31 luglio 2014.
Come: Mediante invio telematico
Chi: Condominio, privati.
Che cosa: Versamento imposta di registro sui contratti di locazione nuovi o rinnovati tacitamente con decorrenza 1/09/2014 di cui non si è optato per la cedolare secca
Come: Modello F23 presso banche, agenzie postali o concessionari
Codice tributo:
107T-Imposta di registro per contratti di locazione fabbricati - intero periodo
108T-Imposta di registro per affitto fondi rustici
112T-Imposta di registro per contratti di locazione fabbricati-annualità successive
114T-Imposta di registro per proroghe (contratti di locazione e affitti)
115T-Imposta di registro per contratti di locazione fabbricati - prima annualità
Chi: Amministratore soggetto IVA; persona fisica.
Che cosa: Presentazione della dichiarazione dei redditi Unico 2014 relativa all’anno d’imposta 2013.
Come: Mediante invio telematico
Chi: Società di capitali ed enti non commerciali.
Che cosa: Presentazione della dichiarazione dei redditi Unico 2014 relativa all’anno d’imposta 2013.
Come: Mediante invio telematico
N.B. per il pagamento delle imposte dovute da Unico è possibile utilizzare il pagamento rateale, si rinvia al sito
dell’Agenzia delle entrate per le scadenze delle singole rate.
la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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Colf e badanti: come pagare i contributi
Tramite MAV - Il MAV fornito dall’INPS non comprende il versamento ad Ebilcoba. Per ottenere il rimborso della malattia della Colf
e/o Badante e tutti gli altri importanti vantaggi il datore di lavoro deve
riprodurre ogni trimestre un nuovo MAV dal sito internet www.inps inserendo il codice E1 applicando la seguente procedura:
1) servizi on line: per tipologia di utente; cittadino.
2) pagamento contributi lavoratori domestici: pagamento di un
singolo o più rapporti di lavoro; inserimento del codice fiscale del
datore di lavoro e del codice di rapporto di lavoro; cliccare su “modifica”; inserire nel campo “c.org” il codice E1; inserire l’importo risultante dalla moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel trimestre.
3) conferma la modifica.
METODI DI PAGAMENTO ALTERNATIVI
Online sul sito www.inps.it - Selezionare nel campo “codice organizzazione” il codice “E1” ed inserire l’importo risultante dalla moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel trimestre.
Con Home Banking - Se si dispone del servizio di Banca via internet,
accedere alla sezione “conto on line” >pagamenti > contributi INPS selezionando nel campo cod. org E1” ed inserire l’importo risultante dalla
moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel trimestre.
Presso le tabaccherie “Reti amiche” - È necessario fornire i dati relativi ai contributi previdenziali INPS, ed inserire nel campo cod. org E1
l’importo risultante dalla moltiplicazione di € 0,03 per le ore lavorate nel
trimestre.
N. B. Non si deve assolutamente versare il contributo a Ebilcoba congiuntamente ai versamenti previdenziali INPS, ma è necessario distinguere i due importi nelle due caselle altrimenti non è possibile ottenere i vantaggi del nostro contratto.
COEFFICIENTI MENSILI PER LA RIVALUTAZIONE DEL TFR
Mese
Tfr maturato fino al
periodo compreso tra
AUMENTI PREZZI AL CONSUMO OPERAI E IMPIEGATI
Indice ISTAT
Diff.
Incidenza %
75% di «e»
«c»
«d»
«e»
«f»
«b»
«a»
Tasso fisso
1,5%
«g»
Totale«f»+«g» Coefficiente
di
coefficiente
di rivaluta- rivalutazione
zione
progressivo
«h»
Montante
mese
Montante
progressivo
«l»
«m»
«i»
2014 - Da computare su quanto risultava accantonato al 31-12-2013 a titolo di TFR
GIUGNO
15-6
14-7
107,4
0,3
0,280112
0,210084
0,750
0,960084
311,736904
1,00960084
4,11736904
LUGLIO
15-7
14-8
107,3
0,1
0,186741
0,140056
0,875
0,015056
312,025687
1,01008562
4,119 87456
PUBBLICATE NELLA GAZZETTA UFFICIALE A NORMA DELL’ART. 81 DELLA LEGGE 27 LUGLIO 1978, N. 392
Nel prospetto che segue sono riportate le variazioni percentuali, annuali e biennali, dell’indice Istat, da valere per gli aggiornamenti dei canoni locatizi.
2012
mese
Giugno
Rispetto al
2011
V.% tot. = 3,10
V. 75% = 2,325
mese
Luglio
Rispetto al
2011
V.% tot. = 2,90
V. 75% = 2,175
Rispetto al
2010
V.% tot. = 6,00
V. 75% = 4,50
2012
Rispetto al
2010
V.% tot. = 5,70
V. 75% = 4,275
2013
Rispetto al
2012
V.% tot. = 1,20
V. 75% = 0,90
Rispetto al
2011
V.% tot. = 4,40
V. 75% = 3,30
2013
Rispetto al
2012
V.% tot. = 1,20
V. 75% = 0,90
Rispetto al
2011
V.% tot. = 4,20
V. 75% = 3,15
2014
Rispetto al
2013
V.% tot. = 0,30
V. 75% = 0,225
Rispetto al
2012
V.% tot. = 1,50
V. 75% = 1,125
2014
Rispetto al
2013
V.% tot. = 0,10
V. 75% = 0,075
Rispetto al
2012
V.% tot. = 1,30
V. 75% = 0,975
N.B Si ricorda che per l’aggiornamento del canone si deve far riferimento all’indice Istat del mese precedente la decorrenza del contratto. Per esigenze di spazio,in questo riassunto non appare la tabella relativa agli indici del costo della vita; per tale tabella, così come per la consultazione di quelle arretrate relative all’indice dei prezzi al consumo e ai coefficienti mensili per la rivalutazione del TFR, gli interessati potranno chiedere telefonicamente dati e chiarimenti agli uffici dell’ARPE o prendere visione direttamente dei relativi dati sul sito Internet: www.arpe.roma.it
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la PROPRIETÀ edilizia • Settembre 2014
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