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Editoriale
RICERCA TRASLAZIONALE
IN MEDICINA E NEL DOLORE
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TRANSLATIONAL RESEARCH IN MEDICINE AND IN PAIN
Maria Luisa Sotgiu
IBFM-CNR Segrate
(Milano)
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La ricerca traslazionale in medicina (RTM)
in termini generali si riferisce al trasferimento
dei risultati della ricerca di base (o ricerca
preclinica) a una possibile utilizzazione clinica.
Lo scopo ultimo è fornire il fondamento
scientifico per lo sviluppo di nuove strategie
terapeutiche farmacologiche e strumentali o
per il miglioramento di terapie già esistenti.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario
definire gli effetti biologici dei trattamenti
terapeutici nell’uomo e la “ biologia” della
patologia trattata.
Un’efficace medicina traslazionale comprende
varie fasi: la trasduzione dei risultati della
ricerca di base (con dati a livello molecolare,
cellulare, recettoriale e di circuiteria nervosa)
agli studi clinici e l’utilizzazione dei risultati
degli studi clinici nella pratica medica.
La RTM si avvale della continua innovazione
delle tecnologie grazie alla quale si sono
prodotti nuovi strumenti per la ricerca di base
e la ricerca clinica.
Esempi di applicazione di tecnologie innovative
nella terapia del dolore sono i due articoli
riportati nella sezione “rassegna clinica”
in questo numero.
Il potenziale per utilizzare i nuovi strumenti per
procedure diagnostiche e terapeutiche sempre
più avanzate è aumentato non solo dal metodo
di collegare la ricerca di base, la ricerca clinica
e la pratica clinica ma anche dall’integrazione
delle conoscenze biomediche con elementi
provenienti da altre discipline come
l’informatica, la fisica, la statistica, l’elettronica.
Nei gruppi di ricerca è infatti diventata
essenziale la presenza di bioingegneri, fisici,
statistici e altre figure di competenza non
biologica che rispondano alle esigenze di creare
nuovi modelli sperimentali e di utilizzare
raffinate analisi dei dati.
La ricerca di base o preclinica utilizza tutte
le tecniche e i metodi a oggi disponibili come i
sistemi isolati (colture cellulari, tessuti in vitro,
organi perfusi) e le tecniche computazionali di
modelli matematici. Tuttavia, data la
complessità dei sistemi biologici, studiare
gli effetti e le interazioni di una sostanza
o di un dispositivo su sistemi isolati, non sempre
può fornire indicazioni comparabili a quelle
ottenute da studi sull’organismo in toto.
Per questo motivo in molti laboratori di ricerca
si “disegnano” modelli animali in cui si induce
sperimentalmente la patologia in esame.
E’ possibile così caratterizzare i meccanismi che
possono spiegare i sintomi indotti nel modello
sperimentale; verificare negli studi clinici
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PATHOS 2014; Vol 21, 2: 5-6
se il medesimo meccanismo esiste e sia
confrontabile nell'uomo;
sviluppare trattamenti terapeutici designati
a normalizzare o sopprimere i meccanismi
identificati e acquisire valori predittivi degli
esiti dei trattamenti.
Lo sforzo di convertire i risultati di laboratorio
in nuove terapie, attraverso le fasi prima
descritte, ha dimostrato in tempi recenti
notevoli successi: è noto, per esempio, il caso
degli studi sull’Aids, in cui, grazie agli studi
sul virus HIV e sul sistema immunitario,
si sono sviluppate terapie che hanno aumentato
l’aspettativa di vita dei pazienti da pochi mesi a
trenta o più anni.
In altre malattie dell’uomo non si è avuta,
almeno fino a ora, una fruttuosa ricaduta
sullo sviluppo di nuovi trattamenti terapeutici.
Tuttavia un esito clinico negativo non
necessariamente significa che le informazioni
dalla ricerca di base non sono applicabili alla
clinica, ma può essere temporaneamente
attribuito alla variabilità dell’intervallo che
intercorre tra i risultati di laboratorio,
il trasferimento alla ricerca clinica e la messa
a punto di nuove cure.
In ogni caso è indiscutibile che le conoscenze
scientifiche dalla ricerca preclinica si siano
rivelate molto importanti per la comprensione
dei meccanismi di base di molte patologie.
Per quanto riguarda il dolore, la ricerca
traslazionale non coincide strettamente
con lo schema “dal laboratorio all’applicazione
clinica”. Essa prevede anche l’approccio “dalla
clinica al laboratorio” sul presupposto
che la traslazione del dolore clinico in modelli
di dolore testabili in laboratorio rappresenti
una prima tappa per arrivare allo sviluppo di
nuove terapie farmacologiche e/o strumentali.
Con questo intento si sono creati, almeno
per quei tipi di dolore clinico riproducibili
in modelli animali sperimentali, modelli
di dolore infiammatorio, neuropatico,
viscerale, osteoartritico, che hanno permesso
caratterizzazioni estremamente fini
sull’anatomia, la biochimica, l’attività di
trasmettitori e recettori e l’attività neuronale.
Grazie a queste informazioni si sono chiariti
molti meccanismi alla base delle modificazioni
nelle strutture coinvolte nella trasmissione
del segnale doloroso.
In particolare, la caratterizzazione della
specificità dei trasmettitori coinvolti nei diversi
tipi di dolore studiati ha permesso di sviluppare
e di sperimentare preventivamente sui modelli
animali nuovi farmaci, validati poi dalla ricerca
clinica, utilizzabili nell’uomo.
Non si può ignorare tuttavia che la ricerca
traslazionale nel campo del dolore, anche se
ha dato un notevole contributo al progresso
di strategie terapeutiche, trova un limite
proprio nei molteplici aspetti del dolore
(affettivo, emozionale, cognitivo) che rendono
difficile la valutazione di dati che non sono
soltanto soggettivi, ma possono variare in uno
stesso soggetto in condizioni differenti.
Questo limite non inficia la conclusione
che la ricerca traslazionale in medicina
sia un fondamentale strumento per lo sviluppo
delle conoscenze scientifiche.
Risulta chiaro che per ottenere sempre più
valide applicazioni cliniche per le malattie
dell’uomo, è necessario che nei progetti di
ricerca coesistano sia la ricerca di base
che la ricerca clinica.
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