RINASCIMENTO URBANO

sdVision Sustainable Development Magazine 2013/2014
sdVision
www.italcementigroup.com
Sustainable Development Magazine 2013/2014
NUOVA AGENDA PER LA CITTÀ ARCHITETTURA SOSTENIBILE AL FEMMINILE SALVAGUARDIA
DEL TERRITORIO RIGENERAZIONE URBANA INNOVAZIONE PER L’EDILIZIA SOSTENIBILE
RINASCIMENTO URBANO
cemento per lo sviluppo
Italcementi Group
pianeta urbano
La nuova anima del cemento
Intervista a Mario Cucinella
Bastano poche parole per presentare
Mario Cucinella. Architetto italiano
attivo nel campo della progettazione
eco-sostenibile, all’inizio degli anni
Novanta lavora con il team di Renzo
Piano a Genova e a Parigi. Oggi è visiting Professor alla Nottingham University e lecturer presso altre scuole
europee di design e architettura. Nel
2007 ha lanciato il progetto per la
realizzazione di una casa da 100mila
Euro a basso impatto ambientale. sdVision ha chiesto a Mario Cucinella
di indicare il percorso per riavviare il
dialogo tra il mondo delle costruzioni,
la comunità economica e la comunità
sociale su basi di reciproco riconoscimento e di responsabilità condivisa.
Mario Cucinella presso i.lab,
il Centro Ricerca e Innovazione
di Italcementi Group a Bergamo
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One Airport Square,
Accra, Ghana
Il settore del cemento oggi si trova a far fronte a un duplice problema: la crisi del settore edilizio e
una vera e propria demonizzazione del prodotto cemento, percepito come la causa principale del
deturpamento del territorio. Qual
è il suo pensiero al riguardo?
Dobbiamo partire da una premessa:
i prodotti industriali non nascono
come entità autonome, ma insieme a
una visione. Oggi più che in passato.
Il cemento purtroppo è stato associato ad azioni realmente devastanti
per il territorio. Noi sappiamo però
che non è il cemento in sé ad aver
generato gli eco-mostri, ma la logica
speculativa e totalmente irrispettosa
del bene collettivo che li ha imposti ai
nostri territori. Sta di fatto che oggi il
cemento si porta dietro una criticità
culturale. È quindi necessario cambiare questa associazione culturale
dando un’anima al materiale. Oggi
dobbiamo cioè spiegare che l’utilizzo di questo materiale permetterà di
contribuire in modo positivo alla rigenerazione della città e che proprio
la riqualificazione del patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente rappresenta una priorità delle strategie
più avanzate di sviluppo urbano. In
particolare è oggi possibile associare l’impiego del cemento alla riqualificazione di un patrimonio immobiliare che giace in pessime condizioni
di conservazione. Il che equivale a
connettere l’utilizzo di questo materiale con un beneficio collettivo reale
e tangibile. E che per di più non implica alcun ulteriore consumo di suolo.
Quale la cornice di riferimento
dei nuovi percorsi di sviluppo
dell’ambiente urbano?
In Europa sicuramente le nuove normative in tema di efficienza energetica in edilizia, che impongono, da qui
al 2019, che tutti gli edifici pubblici
di nuova costruzione siano “a quasi zero energia”. Dal 2020 lo stesso
target dovrà essere raggiunto anche
dagli edifici privati e, nel frattempo,
dovrà essere avviato un processo
di trasformazione anche per il patrimonio edilizio esistente (v. pag. 32,
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pianeta urbano
ndr). Dobbiamo renderci conto che
sarà uno sforzo grandissimo, che
richiede soprattutto professionalità
e filiere che possano accompagnare e sostenere un cambiamento di
questa entità. Insomma nei prossimi
dieci anni dovremo cambiare radicalmente i nostri parametri culturali
di riferimento.
Quindi, secondo lei, la leva principale di una possibile ripresa
del settore è l’apertura verso un
cambiamento culturale?
Sì, non c’è dubbio. Abbiamo bisogno di attivare percorsi qualificati di
formazione continua per i professionisti e per gli operatori della filiera.
Oggi non sono pronti ad affrontare
il percorso disegnato dall’Europa.
In questa prospettiva il ruolo delle aziende è e sarà cruciale. Solo le
aziende oggi possono ancora investire in formazione e gli attori che
si muoveranno in questa direzione,
puntando sulla formazione e sull’innovazione, saranno gli unici a vincere nei mercati. Noi dobbiamo imparare a pensare attraverso le nuove
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tecnologie. E ho in mente le ultime
frontiere dell’innovazione nel costruire come la digital fabrication (che
consente di creare oggetti solidi e
tridimensionali partendo da disegni
digitali), l’impiego del computational
design e della robotica in architettura, la ricerca sui materiali avanzati
con caratteristiche programmabili,
l’osservazione dell’efficienza della
natura come possibile modello per
nuove generazioni di materiali. Penso anche ai molteplici miglioramenti
in resistenza ed efficienza nei materiali ottenuti in questi ultimi anni. Insomma dobbiamo convincerci che
l’innovazione è l’unica alternativa
per affrontare la crisi a tutti i livelli.
In questa prospettiva lo stesso quadro normativo è in ritardo. E non a
caso i player più avanzati del settore edilizio già propongono soluzioni
costruttive che vanno molto oltre gli
obblighi di legge e adottano i criteri
proposti dai sistemi volontari di certificazione idonei ad offrire garanzie
agli investitori.
Come immaginiamo la nuova
Nuova sede
dell’Autorité de
Régulation de
la Poste et des
Télécommunications,
Algeri, Algeria
città rigenerata e riqualificata?
Quali benefici collettivi pensiamo di creare?
La città che si rigenera deve puntare
prima di tutto a creare condizioni di
benessere per chi la abita nella relazione con l’ambiente, con lo spazio
e con la comunità. Il beneficio principale offerto da una città è il vivere
insieme e deve quindi essere messo
in primo piano il valore sociale della
città. È venuto il momento di spostare l’asse dell’attenzione dai benefici
economici ai benefici sociali connessi alla dimensione urbana. In pratica
se fino ad oggi la città ha espresso
la sua attrattività in termini di valore
economico degli asset immobiliari,
oggi la città deve attrarre per il suo
valore sociale. Dobbiamo anche imparare a prenderci cura della città.
Città rigenerata e riqualificata non
deve significare per forza di cose un
processo di trasformazione all’insegna del glamour. Significa anche
mettere a posto i marciapiedi, i giardini, gli aspetti minori che fanno la felicità e il benessere di tutti. In questa
prospettiva, strettamente legata alla
creazione di una situazione diffusa
di benessere nell’ambiente urbano,
anche la città smart acquista nuovi
significati: la nuova città rigenerata
è smart non solo perché supportata
dall’impiego di tecnologie avanzate,
ma anche perché le persone che la
abitano vengono messe in condizione di vivere esperienze uniche, in
questo senso appunto “smart”. La
smart city diventa quindi il motore di
una crescente felicità collettiva.
Quale visione deve ispirare la
riqualificazione degli edifici esistenti?
Oltre agli aspetti di efficientamento
energetico e ambientale in generale,
è indispensabile guardare il contesto
in cui si colloca l’edificio esistente da
riqualificare. Fino ad oggi ci siamo
occupati dell’edificio in sé, sgancia-
to dal suo contesto, cercando di garantire standard elevati di efficienza
funzionale e di estetica architettonica. Oggi dobbiamo muoverci in direzione opposta: partire dal quadro di
riferimento e riqualificare il costruito
esistente in base alle esigenze specifiche espresse dal contesto umano e ambientale.
Quali idee progettuali la convincono particolarmente in questo
momento?
Quelle che rispondono realmente
alla domanda attuale. A partire da
una prospettiva radicale di retrofit
energetico del patrimonio residenziale obsoleto. In Italia, ad esempio,
siamo assestati su una più o meno
generalizzata classe E, questa è la
verità. Dovremmo quindi pensare a
un serio passaggio in classe A, con
enormi benefici in termini di risparmio energetico e di creazione di opportunità di lavoro. Per il patrimonio
pubblico obsoleto si potrebbe prospettare un passaggio in classe B.
Penso inoltre che, nella prospettiva
di una reale rigenerazione urbana,
dovremmo mettere in campo soluzioni nuove di gestione dei cantieri e
della logistica. Suggerisco, ad esempio, l’utilizzo di immobili invenduti
durante la ristrutturazione per garantire un’adeguata sistemazione
alle persone coinvolte. Interventi importanti di riqualificazione possono
poi essere fatti sulle aree industriali
dismesse. Tutto ciò, ripeto, con zero
consumo di suolo. E poi ho sempre
in mente la casa 100k: una casa vera
da 100mila Euro, a basso costo, a
misura di desiderio e a basso impatto ambientale. Prima o poi riuscirò a
realizzarla. Anche la prefabbricazione, sperimentata nell’assistenza alle
zone terremotate, con i materiali e le
soluzioni costruttive oggi disponibili
è davvero convincente, soprattutto
se confrontata con una buona parte
dell’edilizia pubblica obsoleta. s
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