REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CALTANISETTA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Caltanissetta, sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice, dr. C.D. Cammarata ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 990/2012 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (Omissis) nato a (Omissis) il (Omissis), rappresentato e difeso, giusta mandato a margine dell’atto di citazione dall’Avv. (Omissis) ed elettivamente domiciliato in Caltanissetta v.le (Omissis), presso lo studio dell’Avv. (Omissis). Attore CONTRO (Omissis), nata a (Omissis) il (Omissis), (Omissis), nato a (Omissis) il (Omissis), (Omissis), nato a (Omissis) il (Omissis), (Omissis), nato a (Omissis) il (Omissis), (Omissis), nato a (Omissis) il (Omissis), rappresentati e difesi, giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e procura speciale alle liti, dall’Avv. (Omissis), presso il cui studio in (Omissis) , C.so (Omissis), sono elettivamente domiciliati. Convenuti E (Omissis), nata a (Omissis) il (Omissis), rappresentata e difesa, giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione dall’Avv. (Omissis) e dall’Avv. (Omissis) del Foro di Agrigento, ed elettivamente domiciliata in Caltanissetta via (Omissis) , presso lo studio dell’Avv. (Omissis) Convenuto (Omissis) nata a (Omissis) il (Omissis) ed ivi residente. Convenuto contumace (Omissis) nata a (Omissis) il (Omissis) e residente a (Omissis) villaggio (Omissis), via (Omissis) Convenuto contumace Oggetto: risarcimento danni. All’udienza del giorno 26.06.2013 l’attore concludeva chiedendo: a) ritenere e dichiarare che il sig. (Omissis) ha diritto a norma degli artt. 2043, 2059 c.c. e 185 c.p. al risarcimento dei danni ingiusti patrimoniali e non patrimoniali tutti subiti e subendi cagionatigli dalle condotte criminose usurarie poste in essere da (Omissis) ed accertate con sentenza n. 249 pronunciata il 9.05.2006 dal Tribunale di Caltanissetta- Sezione Penale, 2) per l’effetto condannare i convenuti, quali eredi legittimi di (Omissis) ( deceduto in (Omissis) il (Omissis)) ciascuno in ragione della rispettiva quota di eredità a norma dell’art. 754 c.c., al risarcimento dei danni in favore di (Omissis), dei danni patrimoniali e non patrimoniali dallo stesso subiti e subendi, con rivalutazione monetaria e gli interessi legali, liquidandoli anche equitativamente ex artt. 2056 c.c. e 1226 c.c., c) ritenere e dichiarare inammissibile, improponibile, improcedibile ovvero rigettare, perché totalmente infondata, la domanda riconvenzionale spiegata dai convenuti (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis). I convenuti (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis) concludevano chiedendo: a) in via preliminare ritenere e dichiarare nullo l’atto introduttivo del presente giudizio ai sensi dell’art. 164 comma 4 c.p.c. e di conseguenza adottare i provvedimenti di rito, b) nel merito rigettare con qualsiasi statuizione la domanda avanzata da parte attorea perché infondata in fatto ed in diritto, inammissibile e/o comunque improponibile, c) in via riconvenzionale per i motivi in fatto ed in diritto esposti in premessa condannare (Omissis) alla restituzione della somma concessagli in mutuo da (Omissis) oltre interessi legali dalla domanda e sino al soddisfo da compensare, nella ipotesi di condanna, con la somma che ciascun erede pro quota sarà tenuto a corrispondere all’attore per gli eventuali danni che saranno giudizialmente accertati. La convenuta (Omissis) concludeva chiedendo: a) in via preliminare ritenere e dichiarare nullo l’atto introduttivo del presente giudizio ai sensi dell’art. 164 comma 4 e 163 comma 3 c.p.c. e/o dichiarare inammissibile, improcedibile il giudizio per carenza di legittimazione passiva con conseguente estromissione dallo stesso della sig.ra (Omissis), b) nel merito rigettare in toto la domanda attrice perché infondata in fatto ed in diritto, per le ragioni argomentate in narrativa. IN FATTO E IN DIRITTO L’odierno attore ha agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non asseritamente subiti a seguito del reato di usura perpetrato in suo danno da (Omissis), genitore e marito dei convenuti e già condannato in primo grado alla pena di mesi sei di reclusione ed alla multa di €. 1500,00 in quanto riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 81 e 644 c.p. perché a fronte della concessione di un prestito nel novembre del 2002 di €. 11.620,00 si faceva promettere e pi dare da (Omissis) la somma di €. 12.911,00 mediante un assegno bancario rilasciato in garanzia e posto all’incasso il 29.04.2003 ed in seguito di interessi nella misura del 10% mensile da considerarsi usurari (cfr. sentenza penale di condanna resa dal Tribunale di Caltanissetta il 9.5.2006 allegata al fascicolo dell’attore). Ulteriormente l’attore evidenziava che il convenuto, già condannato in primo grado alla refusione dei danni cagionati alla parte civile da liquidarsi in separata sede, decedeva il 22.11.2006 e conseguentemente la adita Corte D’Appello di Caltanissetta dichiarava, ai sensi dell’art. 150 c.p.c. e 605 c.p.p. di non doversi procedere nei confronti di (Omissis) in ordine al reato ascrittogli perché estinto per morte dell’imputato (cfr. sentenza resa il 12.06.2008 allegata al fascicolo dell’attore). I convenuti costituiti con le rispettive comparse di costituzione eccepivano la nullità dell’atto di citazione per difetto dei requisiti di cui al n. 3 e n. 4 dell’art. 163 c.p.c. per non avere l’attore specificato l’oggetto della domanda in quanto non è stata specificata la somma richiesta a titolo di risarcimento danni rimettendosi al Decidente la determinazione e per non aver specificato i criteri attraverso i quali determinare l’effettivo pregiudizio subito così ledendo i diritti della difesa delle parti a cui sarebbe stato preclusa la possibilità di svolgere compiutamente le rispettive difese. Ulteriormente (Omissis) deduceva il difetto di legittimazione passiva in quanto citata a titolo personale e non nella qualità di erede di (Omissis). I convenuti costituiti, inoltre, nel costituirsi in giudizio hanno tutti contestato la fondatezza della domanda di parte avversa chiedendone il rigetto non spiegando alcuna efficacia nel presente giudizio la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Caltanissetta, non divenuta irrevocabile in quanto con la successiva sentenza della Corte d’Appello il reato era stato dichiarato estinto per morte del reo. Tanto premesso deve osservarsi che i convenuti costituiti non hanno contestato la loro qualità di eredi di (Omissis) tanto più che è indubbio che la loro chiamata in giudizio sia da collegare a tale loro qualità come esplicitamente dedotto nell’atto di citazione alla pagina 5 “ gli odierni convenuti sono tutti eredi legittimi del detto (Omissis), deceduto in (Omissis) il (Omissis) e, dunque, tenuti al ristoro dei pregiudizi subiti dal sig. (Omissis) a cagione della condotta posta in essere dal loro autore”. Tale loro qualità è, comunque, ulteriormente comprovata non solo dalla dichiarazione di successione e conseguente trascrizione (cfr. documenti allegati alla memoria x art. 183 Vi comma n. 2 c.p.c. dell’attore) ma anche dalla voltura catastale in loro favore, e in particolare di (Omissis) allegata alla comparsa conclusionale. A tal proposito mette conto rilevare che venendo in considerazione una della condizioni dell’azione, ossia la legittimazione passiva, come tali suscettibili di verifica anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio con la conseguenza che le parti possono documentare la ricorrenza di dette condizioni senza incorrere nelle preclusioni di cui all’art. 183 VI comma c.p.c. (cfr. Cass. Civ. 2009 n. 23825). Proprio la voltura catastale versata in atti vale a ulteriore legittimare passivamente i convenuti e, segnatamente, a provare la loro qualità di eredi di (Omissis) poiché, come affermato dalla condivisa giurisprudenza di legittimità, “L'accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l'accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile (cfr. Cass. Civ. 2009 n. 10796). Ulteriormente, passando ad esaminare la seconda delle eccezioni pregiudiziali sollevate dai convenuti costituiti, si osserva come non ricorra alcuna ipotesi di nullità dell’atto di citazione in quanto non risulta incerta né tanto meno omessa l’indicazione della cosa oggetto della domanda né l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti la ragione della domanda. Invero come affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità: “ La dichiarazione di nullità della citazione che si produce, ai sensi dell'art. 164 comma 4 c.p.c., nel caso in cui il "petitum" venga del tutto omesso o risulti assolutamente incerto, ovvero qualora manchi del tutto l'esposizione dei fatti costituenti la ragione della domanda, postula una valutazione che tenga conto, nell'identificazione dell'oggetto della domanda, dell'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e nei documenti ad esso allegati, determinandosi la nullità soltanto qualora, all'esito del predetto scrutinio, l'oggetto della domanda risulti assolutamente incerto … La nullità dell'atto di citazione può peraltro essere dichiarata soltanto nel caso in cui l'incertezza dell'oggetto della domanda investa il contenuto dell'atto nella sua interezza” (ex plurimis Cass. Civ. 2012 n. 8077). Inoltre la mancata quantificazione del danno, patrimoniale e non, non ha alcuna refluenza ai fini della determinazione della cosa oggetto della domanda stante la natura equitativa della pronuncia di condanna che è stata richiesta avendo, inoltre, la parte compiutamente esposto le ragioni, in fatto e in diritto, della propria domanda specificando le somme che erano state concesse in prestito, l’importo degli interessi asseritamente usurari corrisposti e, dunque, la fattispecie costitutiva del preteso danno per il cui ristoro l’attore ha agito in giudizio. Passando al merito della domanda di risarcimento danni da reato proposta dall’attore è evidente e non controverso tra le parti che la sentenza di condanna di primo grado resa dal Tribunale di Caltanissettasezione penale- non spiega alcuna efficacia nel presente giudizio ai sensi dell’art. 651 c.p.p. in quanto è intervenuta la successiva sentenza di appello che in riforma della sentenza di primo grado ha dichiarato l’estinzione del reato per morte del reo. Tanto considerato è indubbio che: “il giudice civile, in presenza di una sentenza penale di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato pur priva di effetti vincolanti nel giudizio di opposizione ad ordinanza- ingiunzione, può trarre elementi di convincimento dalle risultanze del procedimento penale, ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, ricavandoli direttamente dalla sentenza penale e sottoponendoli al proprio vaglio critico, mediante il confronto con gli elementi probatori emersi nel giudizio civile … il giudice che fondi il proprio convincimento sulle risultanze di una sentenza penale non è tenuto a disporre la previa acquisizione degli atti del processo penale ed esaminarne il contenuto, qualora, per la formazione di un razionale convincimento, ritenga sufficienti le risultanze della sola sentenza (cfr. Cass. Civ. 2010 n. 22200 – 2010 n. 10055). In maniera ancor più esplicita la Corte Regolatrice ha avuto modo di precisare che: “ In forza del principio dell'unità della giurisdizione, il giudice civile può utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale conclusosi con sentenza di non doversi procedere per intervenuta amnistia o per altra causa estintiva del reato e può, a tal fine, porre anche ad esclusiva base del suo convincimento gli elementi di fatto acquisiti in sede penale, ricavandoli dalla sentenza o dagli atti di quel processo, con apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità se sorretto da congrua e logica motivazione (cfr. Cass. Civ. 2009, n. 5009). In ragione dei principi sopra affermati deve affermarsi in questa sede la colpevolezza di (Omissis) per il reato di usura come previsto e punito ai sensi dell’art. 644 c.p. a mente del quale è prevista e sanzionata la condotta di colui il quale si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari mentre è rimessa al legislatore la determinazione del limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurarie , dovendosi al riguardo fare riferimento alle rilevazioni trimestrali del Ministero dell’Economia. Orbene dalla sentenza penale di condanna resa dal Tribunale di Caltanissetta nel 2006 si evince che l’odierno attore, nel novembre del 2002 trovandosi in situazione di difficoltà finanziarie per carenza di liquidità, ebbe a richiedere un prestito a (Omissis) il quale, come già avvenuto altre volte in precedenza, gli concedeva il prestito e si faceva rilasciare, a garanzia della restituzione della somma mutuata, un assegno di €. 12.911,00 privo di data. La dazione di interessi usurari è stata ritenuta dal Tribunale documentalmente provata dalla dazione e successivo incasso mensile di €. 1291,44 tramite assegni bancari regolarmente versati sul c/c dello stesso (Omissis). Evidente come tali somme di denaro, mensilmente corrisposte, equivalgano ad un interesse mensile del 10% ( 12.911,00/12) per un importo annuo pari al 120%. Ulteriormente a riprova della destinazione della somma mensile al pagamento degli interessi, in un’occasione l’attore ebbe a richiedere ad un amico un prestito proprio per far fronte al pagamento di detti interessi mensili. Tali circostanze sono state oggetto di vaglio documentale da parte del Tribunale e sono state suffragate sia dalle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa che dalle deposizioni testimoniali di (Omissis) e di (Omissis). Inoltre il fatto che le somme corrisposte mensilmente fossero destinate al solo pagamento degli interessi e non anche alla restituzione della somma capitale lo si evince dal fatto che nell’aprile del 2003 il (Omissis), dopo le vane richieste di restituzione della somma capitale concessa a mutuo, poneva all’incasso l’assegno a suo tempo ricevuto a garanzia. Nell’ambito del presente giudizio tali circostanze non sono state oggetto di alcuna puntuale contestazione alcuna ed anzi i convenuti (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis) hanno chiesto, in via riconvenzionale, la restituzione della somma a suo tempo mutuata dal loro dante causa con ciò ulteriormente comprovando la originaria dazione di denaro mentre, quanto alla pattuizione e dazione degli interessi devono in questa sede ritenersi sufficienti le risultanze emerse in sede penale e puntualmente esplicitate nella sentenza penale. Peraltro, per quel che rileva nel presente giudizio, lo stesso attore in sede di interrogatorio formale ha confermato di avere ricevuto in prestito la somma di denaro di £. 25.000.000 pari ad €. 12911,00 e di aver corrisposto mensilmente la somma di €. 1291,00. Alla stregua di quanto sin qui esposto deve pertanto ritenersi che, ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria, che siano stati integrati i presupposti oggetti e soggettivi della fattispecie penale di cui all’art. 644 c.p. e, dunque, deve affermarsi la responsabilità di (Omissis), dante causa dei convenuti. Grava, pertanto sui convenuti, nella loro qualità di eredi ed entro i limiti di cui all’art. 754 c.c. l’onere di risarcire, ai sensi del combinato disposto di cui all’art.2043 c.c., 2059 c.c. e 185 c.p.. Passando così all’esame del profilo del quantum debeatur si osserva che con riferimento al presunto danno patrimoniale asseritamente subito l’attore nulla abbia allegato o chiesto di provare. Inoltre la ricorrenza di tale posta di danno non può ritenersi immediatamente riconducibile alla fattispecie di reato posto che, per quanto emerso in sede penale ed ammesso dallo stesso (Omissis) in sede di interrogatorio formale, a fronte della somma originariamente ricevuta in prestito non ha restituito, mediante i versamenti mensili degli interessi, l’equivalente come, peraltro, già evidenziato in sede penale. Inoltre l’attore non ha allegato alcuna ulteriore circostanza o fatto utile al fine di dimostrare una perdita patrimoniale direttamente o indirettamente riconducibile al fatto di reato rispetto al quale era persona offesa nulla deducendo a proposito, a solo titolo esemplificativo, di dismissioni del proprio patrimonio mobiliare o immobiliare, per far fronte al pagamento degli interessi ovvero ad occasioni di guadagno perdute. Quanto al danno non patrimoniale deve osservarsi che laddove il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato, la vittima avrà astrattamente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale, costituendo la tutela penale sicuro indice di rilevanza dell'interesse leso (Cass. Civ. 2012 n. 9445). La prova del danno, evidentemente, non può ritenersi in re ipsa ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca potendo anche farsi ricorso a presunzioni semplici. Nel caso in esame può ritenersi alla stregua dei fatti allegati e del grave reato di cui è rimasto vittima l’attore che tale danno non patrimoniale, nella sua componente di sofferenza morale e patimento legato alle vessazioni cui è stato sottoposto può ritenersi provato tenuto conto del lasso di tempo entro il quale il reato di usura è stato consumato ( novembre 2002- aprile 2003) alle presumibili tensioni e sofferenze legate alla necessità di acquisire mensilmente le somme necessarie per frante al pagamento degli interessi e sempre sotto la coazione rappresentata dalla possibilità per il (Omissis) di porre sempre all’incasso l’assegno consegnato in garanzia ma privo di provvista e tale da comportare per un imprenditore, anche agricolo, evidenti ricadute sulla sua attività professionale. Peraltro l’esistenza di tale vessazioni e della situazione di coazione cui era sottoposto l’attore la si può evincere anche dal fatto che almeno in una occasione quest’ultimo è stato costretto a richiedere l’aiuto di un amico da quale, a sua volta, farsi prestare il denaro necessario per il pagamento degli interessi usurari mensili maturati. Affermata, dunque, l’esistenza del danno, nella sua componente non patrimoniale legata alla sofferenza morale (pretium doloris) che normalmente si accompagna al patimento di un fatto previsto e punito come reato e passando al profilo concernente la sua quantificazione e che evidentemente, stante la natura non patrimoniale, non può che essere equitativa, deve osservarsi che sebbene il reato di cui è rimasto vittima l’attore sia particolarmente odioso e riprovevole la fattispecie si è svolta in un ambito strettamente locale e d in un contesto temporale limitato. Inoltre deve evidenziarsi che l’attore non ha provato né tanto meno allegato di aver subito forme particolarmente pressanti o particolarmente incidenti di coazione morale e psicologica al fine di restituire il denaro ricevuto in prestito né, tanto meno di aver subito minacce per il caso di mancata restituzione della somma di denaro. Inoltre, a riprova, di una persistente capacità volitiva, l’attore non appena resosi conto che il (Omissis) avrebbe posto all’incasso l’assegno consegnato in garanzia, ha immediatamente denunciato il dante causa dei convenuti dando così luogo al procedimento penale poi conclusosi per morte del reo. In ragione di quanto sopra esposto deve ritenersi rispondente ad equità la determinazione del danno da riconoscere all’attore, nella misura di €. 10.000,00, somma questa già comprensiva di interessi e rivalutata all’attualità. Infine passando all’esame della domanda proposta in via riconvenzionale dai convenuti deve osservarsi come, diversamente da quanto sostenuto dall’attore, la stipula di interessi in misura ultralegale non è vietata dall’ordinamento mentre l’illiceità contraddistingue la sola previsione di interessi usurari con la conseguenza che, secondo quanto previsto dall’art. 1815 c.c., la nullità colpisce la sola clausola contrattuale e non l’intero contratto di mutuo al quale non si estende l’effetto invalidante. il reato di usura, infatti, costituisce, infatti, un’ipotesi di reato in contratto in quanto non plurisoggettivo poiché il fatto costituente reato non è la stipulazione del negozio in se stessa, bensì il comportamento illecito tenuto da uno dei contraenti, ossia di colui il quale si fa dare o promettere interessi usurari. Orbene è indubbio, alla stregua della stessa sentenza penale di condanna di primo grado che a fronte della originaria dazione di €. 11.620,00 da parte di (Omissis) l’attore ebbe a corrispondere la somma di €. 7746,00 così locupletando l’importo netto di €. 5165,00 (cfr. sentenza Tribunale di Caltanissetta sezione penale allegata al fascicolo dell’attore – pag. 6). Tale circostanza è stata di fatto confermata anche in sede di interrogatorio formale dallo stesso attore il quale deve, pertanto, condannarsi alla restituzione in favore di (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis) della somma di €5165,00 oltre interessi legali a far data dalla domanda giudiziale (2.10.2012) e sino al soddisfo mentre non ricorrono i presupposti per disporre, in sede giudiziale, la chiesta compensazione non essendo determinabile pro quota l’importo dovuto da costoro in favore dell’attore a titolo di risarcimento del danno. Le spese di lite attesa l’accoglimento parziale delle domande dell’attore e l’accoglimento della domanda riconvenzionale della domanda riconvenzionale dei convenuti, di valore comunque ben inferiore a quella dell’attore devono compensarsi nella misura della metà restando a carico dei convenuti la residua metà liquidata come in dispositivo. P.Q.M. Il Giudice Unico, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta al n. 990/2012 R.G.A.C., ogni altra domanda o eccezione respinta, parzialmente accogliendo la domanda proposta dall’attore, condanna (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis), nella qualità di eredi di (Omissis) e ciascuno in proporzione della loro quota ereditaria, a corrispondere in favore di (Omissis) a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, la somma di €. 10.000,00 oltre interessi legali a far data dal deposito della presente statuizione e sino al soddisfo, condanna (Omissis) a corrispondere in favore di (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) la complessiva somma di €5165,00 oltre interessi legali a far data dalla domanda giudiziale (2.10.2012) e sino al soddisfo, dichiara compensate nella misura della metà le spese di lite e condanna i convenuti al pagamento della residua metà che si liquida in misura già ridotta in €1217,5 di cui €. 225,00 per la fase di studio, €. 150,00 per la fase introduttiva,. €. 225,00 per la fase istruttoria ed €. 350,00 per la fase decisoria ed €. 267,50 per spese vive oltre accessori dovuti come per legge, Caltanissetta 7 gennaio 2014 Il Giudice Dr. C. D. Cammarata Depositata il 7 gennaio 2014
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