mestiere dí scrivere

mestiere
dí scrivere
di PAOLO ll1 STEFANO
uò sembrare la scoperta dell'acqua
calda, è invece la scoperta della realtà. E vero che della realtà si è sempre alimentata anche la letteratura
di finzione, ma quel che colpisce è
la preoccupazione crescente, nei romanzi, di
restare ancorati alla cronaca, alla storia, all'esperienza sociale, individuale o collettiva,
per interpretare un presente la cui comprensione sfugge invece sempre più alla politica.
In Italia è sicuramente un vento dalla forza
insolita, un'attrazione diventata irresistibile
e maggioritaria nella produzione letteraria.
Al punto che si fa fatica a rintracciare nomi
che vadano nella direzione del fantastico puro, del labirinto combinatorio, del ludico postmoderno o del metanarrativo, tutti capitoli
piuttosto nutriti fino al secolo scorso, quando agli scrittori italiani si rivolgeva l'accusa
di essere iperletterari, eccessivamente
astratti o ombelicali.
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Provate a sfogliare la bella rassegna di Stefano Tani, Il romanzo di ritorno, uscita nel
figgo, e non vi sarà difficile constatare quanto
sia cambiato, in 25 anni, il panorama della
narrativa italiana: oggi sarebbe complicato
riuscire a titolare qualche paragrafo, come
succedeva là, al gotico, alla fantastoria, alla
fiaba, al manierismo, alla riflessione metanarrativa. Saranno proprio i primi anni Novanta a vedere delinearsi quello che è stato
definito il «ritorno al reale» (con scrittori come Gianfranco Bettin, Sandro Onofri, Sandro Veronesi, Pino Corrias...), ma oggi questo «movimento» ha assunto proporzioni di
particolare rilievo. Non per niente, la rivista
di Goffredo Fofi, «Lo straniero», negli ultimi
quattro numeri ha interpellato scrittori di
varie generazioni per un'inchiesta sulle motivazioni che spingono verso il romanzo-verità, l'inchiesta, il resoconto narrativo, la narrazione di non-fiction o la «non-fiction creativa» (secondo la definizione di Wu Ming)
sul presente o sulla storia nazionale recente:
scritture miste che spesso mescolano liberamente la ricostruzione dei fatti storici con
l'invenzione.
È come se, dopo le varie ipoteche gaddiana, moraviana, calviniana..., la letteratura
d'oggi guardasse variamente a Sciascia, Parise, Carlo Levi, Revelli e (meno) Pasolini, oppure si rivolgesse al grande new journalism
americano bypassando la tradizione italiana
(e qualche volta optando quasi per un grado
zero di espressività).
Certo, non ha senso parlare di realismo o
di neorealismo o di neo-neorealismo come
si è fatto, con poca originalità, perché nei casi migliori si tratta di tentativi di indagare lo
spaesamento di fronte allo scorrere incessante della cronaca e del cronachismo, davanti al fervore dell'immediatezza registrata
e amplificata quotidianamente, fino allo sfinimento, dai mezzi di comunicazione. È forse il dileguarsi del confine tra fittizio e immaginario, tra vero e finto (culminato nella
pervasività del reality), che suggerisce alla
letteratura l'esigenza di un richiamo all'ordine dell e cose e dei fatti. Del resto, lo sosteneva Salman Rushdie già diversi anni fa: «La
narrativa dice la verità in un'epoca in cui le
persone cui è demandato di dire la verità inventano storie». In questo senso, qualcuno
ha cautamente riesumato il concetto, alquanto démodé, di impegno.
Si accennava allo «Straniero». Ma neppu-
re può essere un caso se «Babelia», il supplemento letterario del quotidiano spagnolo
«El País», un paio di settimane fa ha aperto
con un titolo significativo, Novelas de verdad, con un sommario che comunica un
concetto analogo a quello di Fofi: «La fiction
si aggrappa alla realtà. I libri più interessanti
dell'anno prendono spunto dalla storia o
dalla cronaca». E precisa che il romanzo ha
sostituito la verosimiglianza con la «veracità». Gli esempi evocati da Berna González
Harbour, che firma il lungo servizio, sono
molti e in buona parte noti anche a noi. Javier Cercas è il primo. Autore di romanzi dalle ampie ambientazioni storiche, fino all'ultimo Le leggi della frontiera, le cui vicende si
collocano nella Gerona della tumultuosa
Transizione democratica, Cercas non può
che dire: «La realtà è sempre stata il carburante della finzione, tutto parte da lì». Estrarre un frammento di storia per fargli spazio
nella letteratura, questo il suo proposito: «Il
mio ideale è utilizzare tutte le esperienze
storiche combinando la geometria e il rigore
di Flaubert con la libertà, la flessibilità e la
pluralità del modello di Cervantes».
Il pensiero, tra i suoi contemporanei, va a
colleghi come J. M. Coetzee ed Emmanuel
Carrère. Anche un altro grande spagnolo,
Antonio Muiíoz Molina, cita Carrère, il quale
«ha dimostrato le possibilità romanzesche
del reale». È vero che l'autore di Limonov da
anni va sperimentando più di altri le potenzialità del reale (che comprende anche la sua
di sottrarsi al «ricatto dell'attualità, senza
fuggire», come dice Vittorio Giacopini. Per
segnalare un elemento piuttosto ricorrente,
si potrebbe scegliere un pensiero di Raul
Montanari: «Ho il sospetto che lo stimolo a
esplorare con i mezzi della narrativa stagioni
seminali del nostro passato non venga dal
desiderio di dare un fondamento al presente, ma nasca anche dalla natura sfuggente,
elusiva, inafferrabile del presente stesso in
cui viviamo». Per Walter Siti si tratta di «rifiutare il "presentismo" inteso come immediatezza inconsapevole schiacciata sulla cronaca». Piuttosto, il proposito è quello di «inseguire proprio quelle correnti profonde che
si muovono sotto la frenesia del presente dilatato dall'isteria giornalistica».
esperienza autobiografica) dentro la scrittura narrativa in prima persona: seguendo, ma
con grande versatilità, le orme di Truman
In un recente saggio su dove va la narratiCapote e di Norman Mailer. È un'inclinaziova d'oggi, Raffaele Donnarumma parla di
ne che appartiene a un altro francese, Jean
Ipermodernità, intendendo con questa nuoEchenoz, al quale si devono ricostruzioni rova categoria una propensione alla faction più
manzesche di storie e vite realmente vissute,
che alla fiction, al superamento del postmocome quella del musicista Ravel o quella del
derno con un racconto che spazia tra testifamoso pianista Max Delmarc. Si potrebbe
monianza e documentario, tra racconto di sé
continuare, evocando alcune tra le ultime
e reportage, forme e generi che lambiscono
prove di Hans Magnus Enzensberger, per
il giornalismo senza esserlo mai a pieno e
non dire di almeno un paio di americani tra i
che invece rientrano, spesso legittimamenpiù autorevoli, come Philip Roth e James Elte, in uno spazio letterario ormai allargato.
lroy, che in forme diverse entrano in prima
Sono forme dell'espressione che possono lapersona nella materia viva e concreta della
sciar prevalere l'iperrealismo, l'autofiction o
contemporaneità.
Va anche detto che i confini della letteratura si sono molto allargati annettendo reportage giornalistici o testimonianze sul
campo, come le immersioni asiatiche del
Nobel V.S. Naipaul o il viaggio di Jonathan
Littell nella Siria degli scontri tra esercito e
ribelli. Insomma, c'è un'aria che accomunala
letteratura contemporanea di tutte le latitudini.
quello che Andrea Cortellessa, a proposito
dei più giovani, ha evocato come «realismo
della derealizzazione»: per fortuna un'ampia
varietà di esiti e non certo una poetica coerente.
Molti degli autori citati da Donnarumma
hanno risposto alla questione posta da Fofi.
Se ne ricavano percorsi che finiscono per approdare in un'area comune partendo però da
intenzioni e suggestioni diversissime: rare le
esplicite intenzioni etiche o politiche, piuttosto la sensazione di un disagio e la voglia
Più che i mutamenti, cogliere le mutazioni: e qui ritorna l'impossibilità di distinguere
tra reale e fittizio. Per Silvia Ballestra, come
per altri, c'è un intreccio inevitabile tra motivazioni private e l'occasione o la scelta di affrontare argomenti pubblici. Tutto, quasi
tutto, dunque, dentro questo comune desiderio di realtà. Purché non si parli di militanza.
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Le categorie della contemporaneità
I libri italiani degli ultimi due anni
Cri;mïi fit
Roberto Saviano
Carlo Bonini
-
,
1
Giancarlo De Cataldo
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Angelo Ferracuti
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Ii
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li,
a
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Storia
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Francesco Piccolo
Giorgio Fontana
P:
m
Società
Silvia
Avallone
Luca
Rastello
Giosuè
Calaciura
L`I
ione
L'elaborazione grafica
illustra le tendenze
della narrativa italiana
degli ultimi due anni
individuando alcune grandi
aree intorno alle quali gli
scrittori hanno costruito i
loro romanzi. I temi sociali e
legati alla realtà sono
prevalenti . D'altro canto i
confini della letteratura si
sono molto allargati
annettendo reportage
giornalistici o testimonianze
sul campo. Questo
caratterizza la narrativa di
tutti i Paesi , basti pensare
alle immersioni asiatiche
del Nobel V. S. Naipaul o al
viaggio di Jonathan Littell
nella Siria degli scontri tra
esercito e ribelli