SUM – Istituto Italiano di Scienze Umane Federico Maiocchi Teoria delle Relazioni Internazionali – Prof. Filippo Andreatta Tra realismo strutturale, costruttivismo e scuola inglese: diverse interpretazioni della minaccia nucleare nord coreana alla stabilità regionale. 1. introduzione Tra le tante vicende analizzate dagli studiosi di politica internazionale, il riemergere negli ultimi mesi della minaccia nucleare che la Corea del Nord attua all'interno del sistema regionale est asiatico desta particolare preoccupazione; da un lato, la ragione di tale apprensione è ad una prima lettura particolarmente evidente: si tratta infatti di una crisi – la terza dal 1994 – che si pone potenzialmente al massimo livello di gravità possibile, la minaccia cioè del deflagrarsi di una guerra nucleare. Dall'altro lato tuttavia, se letta attraverso una lente analitica più profonda, la crisi che investe periodicamente la penisola coreana è vista con particolare preoccupazione in virtù della percezione che gli analisti di relazioni internazionali hanno del comportamento dell'attore nord coreano, le cui intenzioni e minacce vengono spesso viste come estremamente, addirittura eccessivamente, spregiudicate e dunque di difficile interpretazione o, al grado più elevato di incapacità di comprenderle, come irrazionali. Spesso in tal senso si parla della possibilità di un attacco nucleare nordcoreano, l'obiettivo del quale è peraltro non necessariamente identificato con la Corea del Sud ma anche il Giappone o addirittura il territorio americano, come dell'equivalente internazionale dell'irrazionalità estrema, e dunque del suicidio. Ma difficilmente il pensiero strategico che guida i vertici politici e militari di Pyongyang può essere analizzato se ne si assume a priori l'irrazionalità. D'altra parte, anche pretendere di considerare slegate dalla razionalità le linee guida strategiche di uno stato dalla fine della guerra fredda totalmente isolato e privo di alleati nella propria regione, con alcune rare eccezioni da parte della Cina, appare irrealistico [Smith, 2000], considerando come, ciononostante, il regime nordcoreano sia stato comunque in grado non solo di sopravvivere, ma anche di riuscire a guadagnare quote di potere relativo a livello regionale spesso proprio grazie alla minaccia nucleare. Si tratta dunque di analizzare il comportamento della Corea del Nord servendosi degli strumenti analitici della teoria delle relazioni internazionali, la quale presenta differenti interpretazioni di uno singolo fatto empirico a seconda di quale approccio si scelga di utilizzare. Di queste correnti interpretative, almeno due particolarmente adatte al caso qui 1 preso in esame, proprio perché analizzano la realtà internazionale, oltre che pretendere di spiegarla, secondo differenti vettori descrittivi, che sono però entrambi inscrivibili alla situazione di crisi della penisola coreana. 1.1 L'interpretazione neorealista La prima corrente teorica presa in considerazione è quella del neorealismo, o realismo strutturale. Come è noto, questa corrente teorica si propone finalità diverse rispetto agli altri filoni della letteratura contemporanea; più di tutte le altre infatti, la teoria strutturale, della quale il maggiore esponente rimane Kenneth Waltz, si propone di offrire un impianto teorico in grado, più che descrivere singoli fenomeni all'interno del sistema internazionale, di spiegare le regolarità delle azioni degli attori inseriti nella struttura internazionale, indipendentemente dalle caratteristiche interne degli attori stessi e dalle possibili motivazioni ideologiche che guidano tali azioni. Sono le caratteristiche della struttura internazionale, più che le caratteristiche interne degli stati, a dettare i comportamenti degli attori internazionali. Ragionando secondo questa impalcatura teorica, è possibile individuare quindi dei comportamenti costanti a prescindere dal fatto che tali azioni siano compiute da attori diversi tra loro per caratteristiche interne [Waltz 1979]. Se si segue dunque questa linea interpretativa, le azioni della Corea del Nord devono essere analizzate in considerazione del contesto strutturale in cui essa è inserita, indipendentemente dal fatto che abbia un regime interno diverso da tutti gli stati con cui interagisce. Dagli assunti teorici di cui la teoria strutturale si serve per spiegare i fenomeni internazionali in funzione delle pressioni che la struttura del sistema interstatale esercita sui comportamenti degli attori - cioè che il principio ordinativo del sistema sia l'anarchia internazionale, che gli attori fondamentali della politica internazionale siano gli stati, che questi si comportino razionalmente, che il loro fine principale sia la ricerca della sopravvivenza [ibidem] - si può cercare di spiegare il comportamento della Corea del Nord in termini, per l'appunto, di tentativo di sopravvivere e conservare la propria posizione di potere all'interno della gerarchia internazionale. Due sono, in particolare, gli assunti della teoria sistemica che sembrerebbero confermare questa proposizione. Da un lato il considerare il regime nordcoreano come attore razionale, e considerando le minacce nucleari come razionalmente coerenti alla propria autodifesa, e la volontà nordcoreana di sopravvivere. Vi è, per la verità, una corrente del realismo strutturale, definita realismo offensivo, che devia dalla teoria waltziana assumendo che gli stati non tenderebbero alla conservazione della propria posizione nel sistema internazionale ma, al contrario, tenderebbero a massimizzare il proprio potere relativo per guadagnare posizioni nella gerarchia internazionale [Mearsheimer, 2001]. Ad una prima analisi, si potrebbe interpretare il dotarsi di armi nucleare da parte della Corea de Nord proprio come un tentativo di guadagnare “quote” di potere 2 relativo nei confronti dei propri rivali regionali ma, per le ragioni che si vedranno, tale azione sembra riflettere maggiormente l'assunto waltziano della ricerca della sopravvivenza. Delle forme ordinative che la struttura del sistema internazionale permette, quella dell'equilibrio di potenza si conforma maggiormente alla situazione politico strategica dell'area est asiatica. In assenza di un principio ordinativo diverso dall'anarchia internazionale, scrive Waltz, gli stati sono costretti a diffidare delle intenzioni altrui perennemente, assicurandosi dunque i mezzi necessari all'autodifesa [Waltz, 1979, p. 203]. la razionalità degli attori e la ricerca della loro sopravvivenza conduce ad un gioco di allineamento e riallineamento delle quote di potere accumulato per garantire agli attori razionali la propria auto conservazione. Ne deriva, dunque, che l'equilibrio di potenza, in sintonia con le considerazioni a tal proposito di David Hume [ibidem, p. 227], sia la forma regolativa più prudente attuabile dagli astati in un sistema costitutivamente anarchico. In questo punto risiede il nodo teorico su cui si può dibattere se la minaccia nucleare nord coreana debba essere vista in senso equilibratore o, nell'ottica del realismo offensivo, tendente alla massimizzazione di potere relativo che rappresenta, per quanto sempre nell'ottica ultima della ricerca della sopravvivenza, il modo ottimale di uno stato di garantirsi la propria autoconservazione [Mearsheimer, 2001, p. 19] . A una prima analisi, difatti, la dotazione di armi nucleari, e la minaccia recente di utilizzarle, da parte della Corea del Nord potrebbe spingere gli analisti a seguire il filone teorico del realismo offensivo. Ma non è detto che questa tendenza sia la più realistica analiticamente. Il punto decisivo è proprio l'introduzione dell'arma nucleare nella regione est asiatica. Per sua stessa natura, l'arma atomica scardina le convenzionali logiche dell'equilibrio di potenza e la propensione degli attori ad attaccare. Scrive Waltz a tal proposito […] Nuclear weapons reverse or negate many of the conventional causes of war. […] The accumulation of significant power through conquest, even if only conventional weapons are used, is no longer possible in the world of nuclear weapons. […] In a conventional world, a country can sensibly attack if it believes that success is probable. In a nuclear world, a country cannot sensibly attack unless it believes that success is assured. [Waltz, 1988, p.625 – 626] il punto di divergenza tra realismo strutturale e la sua corrente offensiva starebbe proprio in questo passaggio dalla minaccia convenzionale a quella nucleare. Difatti, considerando gli attori presenti nel contesto regionale in cui opera la Corea del Nord, il suo dotarsi di armi nucleari tenderebbe a favorire l'assunto teorico del realismo offensivo di massimizzazione del potere relativo. Ma, come osserva Corrado Stefanachi, il dotarsi da parte della Corea del Nord di armi nucleari può essere 3 visto anche in funzione della decennale minaccia, percepita a torto o a ragione, nucleare statunitense, principale alleato degli avversari nord coreani nella regione, vale a dire Corea del Sud e Giappone [Scobell, Chambers 2005, p. 291, in Stefanachi 2007, p.106]. L'arma atomica, più che massimizzare il potere relativo nord coreano, pareggerebbe la disposizione di potenza in considerazione dell'equilibrio regionale ritenendo come attore rilevante anche gli Stati Uniti. Di più, la bomba atomica nord coreana, nella “stagione unipolare” “può diventare una cruciale risorsa dissuasiva per gli stati interessati a estromettere ed escludere la colossale potenza unipolare dalle “partite” locali […] in cui si giocano i loro interessi fondamentali” [Stefanachi 2007, p. 124]. se questa interpretazione ha dunque il merito, da un lato, di mettere in discussione la credenza comune che le azioni della Corea del Nord siano irrazionali, dall'altro lato non dice tutto riguardo lo spettro di possibilità che le azioni nord coreane siano dettate da considerazioni non necessariamente coerenti con la teoria neorealista. Altri approcci teorici offrono interpretazioni differenti del comportamento degli attori del sistema internazionale che possono completare l'analisi delle crisi nucleari in atto nell'area est asiatica. 1.2 L'interpretazione costruttivista attraverso la scuola inglese Se la teoria strutturale dichiaratamente decide di trattare gli stati come unità interagenti le cui azioni sono sconnesse dalle loro caratteristiche interne, e considera ininfluente ai fini della spiegazione delle azioni degli stati ciò che essi pensano, cioè come interpretano il mondo e come tali interpretazioni possano influenzare i loro comportamenti, altre teorie divergono invece da questa interpretazione. Tra queste, la teoria del costruttivismo è quella che propone una divergenza importante rispetto al realismo strutturale nell'analisi del rapporto tra le pressioni sistemiche e la natura degli attori che vi fanno parte. La corrente costruttivista maggiormente analizzata e dibattuta è quella proposta da Alexander Wendt; egli, pur partendo dagli assunti del neorealismo [Wendt 1995, p. 71], mette in discussione il concetto indifferenziazione funzionale delle unità interagenti del sistema internazionale [Wendt, 1999, p. 342], sostenendo quindi, differentemente da Waltz, che le variabili da considerare per comprendere le azioni degli stati non siano solo quelle materiali ma anche quelle immateriali, ideazionali ed identitarie, legate dunque alle relazioni di amicizia e inimicizia [ibidem]. Gli stati, per Wendt, non sono guidati nei loro comportamenti unicamente dalle pressioni sistemiche della struttura internazionale, ma reagiscono ad essa in base alla propria identità, trasformando o modellando la struttura stessa proprio in virtù della loro visione della 4 natura della politica internazionale [Wendt, 1992]. questo punto è molto importante sia a livello teorico sia nell'ottica dell'analisi del comportamento della Corea del Nord, perché permette di analizzare il comportamento degli attori non solo in considerazione del contesto strutturale in cui operano. Il ragionamento di Wendt su tale concetto parte dalle considerazioni di Martin Wight e Hedley Bull – in questo senso dunque la necessità di dover passare attraverso la scuola inglese per analizzare le differenze tra neorealismo e costruttivismo – e in particolare, si concentra e rielabora la suddivisione dei comportamenti degli attori internazionali secondo tre grandi “tradizioni” formulata sia da Wight che da Bull. In particolare, Wendt rileva tre particolari forme di comportamento degli attori internazionali, riconducibili a tre filoni interpretativi della natura della politica interstatale. “La mia tesi, adattando le intuizioni di Bull e Wight, è che esse tendano a raggrupparsi in tre culture dotate di logiche e tendenze distinte, hobbesiana, lockiana e kantiana. […] La mia proposta è che al cuore di ogni tipo di anarchia esiste un'unica posizione possibile per diversi soggetti. Nella cultura hobbesiana quella di “nemico”, nella cultura lockiana quella del “rivale” e nella cultura kantiana quella dell'”amico”. Ciascuna di queste posizioni comporta un orientamento o un'attitudine del Sé nei confronti dell'Altro in rapporto all'uso della violenza.” [Wendt, 1999, p. 348] Delle tre categorizzazioni, quella che più si adatta a descrivere il comportamento della Corea del Nord è la tradizione hobbesiana. In questa tradizione, l'attore “altro da sé” viene riconosciuto dallo stato unicamente come potenziale nemico. Essendo questo inevitabilmente diverso dal sé, ogni riconoscimento reciproco non può esistere e, dunque, nell'interazione tra i due nemici l'uso della violenza non può essere soggetto ad alcun tipo di limitazione. “Il nemico non riconosce il diritto del Sé a esistere come soggetto libero, e di conseguenza l'obiettivo del suo revisionismo è la vita e la libertà dell'Altro.” [ibidem, p. 348] questa schematizzazione del conflitto secondo logiche di amico/nemico, se applicata al caso nord coreano, proietta sulle minacce di Pyongyang un'ombra più inquietante. Se si sceglie di non considerare soltanto le pressioni sistemiche della struttura internazionale sugli attori in relazione alle loro capacità materiali, ma si decide di analizzare i loro comportamenti anche in relazione alle loro identità, allora la minaccia nucleare nord coreana può assumere connotati differenti. Da questo punto di vista, infatti, la bomba atomica in mano alla Corea del Nord può assumere non più solo lo strumento equilibratore con cui il regime nordcoreano riesce a pareggiare le distribuzioni di potere dei propri attori confinanti secondo una logica di equilibrio di potenza, ma può diventare anche uno 5 strumento estremo all'interno del conflitto inalienabile con attori confinanti diversi da sé per caratteristiche interne; e proprio in virtù di queste diversità inconciliabili, in particolare con la Corea del Sud, il conflitto intercoreano non può più prevedere forme di limitazione della violenza, proprio perché assume la forma di un conflitto sull'esistenza stessa del regime di Pyongyang. Come afferma Paul Bracken, “ciò che è in gioco in Corea del Nord non è semplicemente la sopravvivenza del regime di Kim, ma quella dello stesso Stato” [Bracken, 1993, p. 147]. La minaccia nordcoreana alla stabilità regionale, dunque, assume i connotati non più di un conflitto puramente in termini di potere, ma quelli di un conflitto esistenziale, e dunque assoluto in termini di violenza, proprio perché oppone due regimi diametralmente opposti, e dunque il conflitto potenziale non potrebbe che terminare con la scomparsa dell'identità politica di una o dell'altra parte [Stefanachi 2007, p.105] 6 BIBLIOGRAFIA Bracken P. (1993), Nuclear Weapons and State Survival in North Korea, in “Survival”, vol. 35, n. 3, Autumn, pp. 17 - 153 Bull H., (2005), La società anarchica. L’ordine nella politica mondiale, Vita e Pensiero, Milano. [The Anarchical Society. A Study of Order in World Politics, Columbia University Press, New York 1977]. Mearsheimer J. (2006), La logica di potenza. L'America, le guerre, il controllo del mondo, Vita & Pensiero, Milano. Scobell A, Chambers M.R. (2005), The Fallout of a Nuclear North Korea, in “Current History”, vol. 104, n. 683, September, pp. 289 – 294 Smith, H. (2000), Bad, Mad, Sad or Rational Actor? Why the “Securitization Paradigm Makes for Poor Policy Analisys of North Korea, in “International affairs”, vol. 76, n. 3, pp. 593 - 617 Stefanachi C. (2007), La seconda era nucleare. Le armi nucleari dopo la fine della guerra fredda. Franco angeli, Milano Waltz K.N. (1987), Teoria della politica internazionale, Il Mulino, Bologna [Theory of International Politics, Newbery Award Records, New York 1979]. --- (1988), The Origins of War in Neorealist Theory, in “The Journal of Interdisciplinary History”, Spring, pp. 615 - 628 --- (1959), Man, the State, and War: A Theoretical Analysis, Columbia University Press, New York. Wendt A. 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