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Prima di parlare del lavoro parlamentare di queste settimane, voglio esprimere la
mia solida, immutata e immutabile stima nei confronti di Vasco Errani, che l'8
luglio si è dimesso da Presidente della Regione Emilia-Romagna. Dimostrando,
come sempre, la sua onorabilità. Ricordo che per il caso Terremerse Errani è stato
assolto in primo grado e che la condanna a un anno in Appello non è definitiva ma
attende il giudizio in Cassazione. La decisione di dimettersi appena appresa la
sentenza (che riguarda poi un'ipotesi di reato di lieve entità) evidenzia un rispetto
raro per le istituzioni oltre all'altrettanto rara dignità di una persona che vuole
essere giudicata da uomo libero. Vasco Errani è stato un grande Presidente e ha
sempre svolto il suo compito con serietà, competenza e onestà. Sulla quale non ho
alcun dubbio. Vasco Errani ha lavorato nell'interesse pubblico e per la collettività
dell'Emilia-Romagna. Al momento – e mi auguro solo temporaneamente –
rispettando la sua difficile scelta dobbiamo rinunciare a uno dei migliori
amministratori del nostro Paese.
Esodati: votata alla Camera la sesta salvaguardia che coinvolge oltre
32.000 lavoratori
La possibilità di andare in pensione con le regole precedenti alla legge Fornero prorogata
al gennaio 2016. Per il personale della scuola, possibile soluzione con la riforma della Pa
Ne ho fatto cenno nella prima newsletter inviata ad aprile. Scrivevo che il nuovo Governo
Renzi si era impegnato a rispondere al grave problema degli esodati (creato nel 2011
proprio dal legislatore, quindi ancor più grave). In questi mesi è seguito un confronto tra
la commissione Lavoro, presieduta da Cesare Damiano, e l'Esecutivo. Confronto che per
ora si è concluso con l'approvazione, il 3 luglio alla Camera, della sesta salvaguardia per
le persone che con l'entrata in vigore della riforma Fornero si sono trovate in una
situazione drammatica: senza i requisiti per accedere alla pensione, pur avendo già
trattato l'uscita dai propri impieghi, e senza più lavoro. La legge Fornero (per esser
precisi l'articolo 24 del Dl 201/2011) incrementava infatti a partire dal 2012 i requisiti
anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento (a 66 anni per la pensione di
vecchiaia e/o con 42 anni di contributi). Accorgendosi che l'imminente modifica avrebbe
avuto conseguenze su alcuni lavoratori che restavano “incagliati” tra vecchie e nuove
norme, nel decreto fu contemplata una disciplina transitoria che individuava alcune
categorie su cui veniva applicata la legge precedente, preordinando risorse finanziarie.
La platea che con tale disciplina si salvaguardava era limitata e l'insufficienza delle
norme transitorie si è resa evidente fin dai mesi successivi, poiché il numero dei
lavoratori che con i nuovi parametri si sarebbero venuti a trovare senza stipendio e in
attesa – anche per anni – di andare in pensione secondo i nuovi criteri era in realtà molto
ma molto più ampio. Questo ha indotto i successivi Governi a dare vita a una serie di
salvaguardie: siamo arrivati alla sesta che riguarda altri 32.100 lavoratori.
Complessivamente, nelle sei salvaguardie sono stati tutelati oltre 170.230 esodati e
stanziati 11 miliardi di euro.
Quest'ultima nasce, come si è detto, da un confronto (anche acceso) tra l'Esecutivo e la
commissione Lavoro della Camera, che ha scritto una proposta di legge unitaria per dare
soluzione strutturale al problema. Il nodo su cui ineluttabilmente ci si è scontrati sono
state le risorse, molto ingenti, necessarie a chiudere il capitolo. Il ministro del Lavoro
Poletti ha presentato una soluzione in due passaggi, distinti nel merito e nei tempi di
attuazione. Il primo passaggio è stato ratificato con il voto del 3 luglio. Il secondo – che
però è ancora sulla carta – è che con la legge di Stabilità, in autunno, si trovi una
conclusione al tema assieme alle risorse necessarie.
Venendo al voto alla Camera, con questa nuova salvaguardia si sposta di un altro anno –
cioè al 6 gennaio 2016 – il termine per poter accedere alla pensione con le regole anteFornero. La platea coinvolge i lavoratori in mobilità, i lavoratori in congedo per la cura di
parenti disabili, i lavoratori che hanno lasciato il posto per accordi individuali o collettivi. A
questi si aggiungono anche i cosiddetti “cessati”, ovvero i licenziati da un lavoro a
tempo determinato (circa 4mila persone), che nelle altre salvaguardie non erano
compresi. Per il nuovo “salvacondotto” sono stati utilizzati fondi già impegnati ma non
spesi nelle precedenti salvaguardie, in particolare la seconda e la quarta (entrambe
avevano sovrastimato il numero dei lavoratori coinvolti). Così 24.000 esodati verranno
tutelati da queste risorse, cui si aggiungono 256 milioni di euro tra il 2015 e il 2016 i
restanti 8.100. Il provvedimento approvato è importante ma non è risolutivo. Importante
perché altre 32.100 persone avranno una certezza, ma altre restano impigliate nelle
maglie della Fornero finché non si trova il modo di azzerarne l'effetto.
Dal 2011 il problema infatti si è allargato anche a coloro che, pur avendo un lavoro alla
fine di quell'anno, lo hanno perso negli anni successivi trovandosi di fatto nella stessa
condizione degli esodati. Queste persone, per le quali a oggi non è stato assunto alcun
impegno, sono in molti casi uomini e donne sessantenni con scarsissime possibilità di
reimpiego e il traguardo della pensione, per loro, è troppo lontano. La soluzione
strutturale, pertanto, dovrebbe tener conto di queste condizioni partendo dall'evidenza
che la riforma del 2011 è troppo rigida e non ha contemplato la molteplicità delle forme di
necessità in cui i lavoratori e la famiglie si sono venuti a trovare, soprattutto in questi anni
di crisi e causa dei suoi effetti sul mercato del lavoro. Il ministro Poletti ha assicurato di
voler individuare una soluzione strutturale in autunno, utilizzando un insieme di leve
– contenute nel testo unificato della commissione Lavoro – come la flessibilità in uscita a
partire dai 62 anni di età (dando così una mano anche a un ricambio generazionale) o
l'adozione di un parziale ricalcolo contributivo per chi sceglie di ritirarsi anticipatamente.
Capitolo a parte riguarda invece la cosiddetta “Quota 96”. Tra i numerosi problemi creati
dalla riforma del 2011 si segnalano anche veri e propri errori formali che sono diventati
sostanziali, come quello che riguarda gli insegnanti e il personale Ata della scuola
(la “Quota 96”), 4mila addetti che non riescono a intercettare una finestra pensionistica
perché il calendario scolastico non inizia a gennaio ma il 1° settembre (la Fornero
dimenticò questo particolare con effetti a dir poco paradossali se non fossero
drammatici). L'Esecutivo e la commissione Bilancio si sono impegnati a risolvere il
problema con un emendamento in fase di conversione in legge della riforma della
Pubblica amministrazione, che deve essere approvata dalle Camere entro la fine di
agosto.
Negli scorsi mesi infine è stato istituito un tavolo di confronto (con i due ministeri
dell'Economia e del Lavoro, la Ragioneria dello Stato e l'Inps, i rappresentanti delle
commissioni Lavoro di Camera e Senato) che ha verificato per la prima volta i numeri
delle salvaguardie (mostrando ad esempio che la seconda ne aveva previste 55mila e ne
ha registrate 20mila da cui, come per la quarta, la rimanenza di fondi a disposizione). Il
tavolo di confronto dovrà dar conto anche delle certificazioni di questa sesta iniziativa e
quantificare il numero (ancora incerto) di tutte le persone coinvolte.
Da risolvere anche la questione dei ferrovieri che sempre per un marchiano errore del
Dl 201/2011 non sono stati inseriti nelle armonizzazioni pensionistiche e devono andare
in pensione a 67 anni (prima era 58, in media con l'Europa, poiché è un lavoro usurante).
A tutti questi sbagli va posto rimedio. Il gruppo parlamentare del Pd continuerà a
impegnarsi, assieme al ministro del Lavoro, per raggiungere la definitiva e positiva
conclusione di questa vicenda.
Approvato il decreto 83 su Cultura e Turismo:
gli emendamenti parlamentari al testo
Si amplia la platea di chi potrà beneficiare di incentivi fiscali per gli investimenti: l'obiettivo
è far ripartire la crescita dei comparti attraverso forti garanzie pubbliche
La Camera ha approvato il 9 luglio il Decreto 83 su Cultura e Turismo che avevo
presentato a fine maggio. Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, nel mese di giugno
il Dl è stato sottoposto al lavoro emendativo delle Commissioni. Ora la discussione passa
al Senato. Illustro il testo approvato a Montecitorio partendo da un giudizio complessivo:
è un buon provvedimento, soprattutto per l'istituzione dell'Art-bonus (uno sconto del
65% sulle erogazioni liberali destinate a lavori conservativi e di tutela dei beni culturali
pubblici), che da molti è giustamente ritenuta la vera innovazione del Decreto. Positivi
anche alcuni interventi urgenti su grandi progetti nazionali (come il recupero di Pompei) e
per il cinema: è infatti sulla cultura che il dispositivo movimenta la maggior parte degli
oltre 400 milioni di euro previsti e agisce in maniera cogente. Sul fronte del turismo,
comparto che va assolutamente sostenuto in Italia, il decreto introduce importanti
agevolazioni fiscali per le imprese e alcune ottime iniziative (la possibilità di conferire
beni demaniali inutilizzati in concessione gratuita a giovani imprenditori o l'estensione a
tutto il territorio della disciplina dei “distretti turistici”) che da tempo erano auspicate. Il Dl
83 costituisce dunque una prima, importante, inversione di tendenza. Dopo anni di tagli,
si incentivano gli investimenti su turismo e cultura, due ambiti legati tra loro in un Paese
come il nostro, fonti di reddito e indotto. Nel 2013 il contributo diretto e indiretto del
turismo al Pil è stato di 159,6 miliardi di euro (il 10,3%). Nello stesso anno gli occupati
diretti hanno superato il milione (4,9% del totale), ma se consideriamo anche il settore
cultura legandolo al turismo allora si sale a 2.619mila persone (11,6%). Bisogna
promuovere questi comparti, ancora ampiamente sottoutilizzati.
Illustro in 10 punti le principali modifiche apportate dal lavoro parlamentare al testo del
Governo:
1) L'articolo 1 introduce e disciplina l'Art-bonus, ovvero un sistema di credito d'imposta
sulle erogazioni liberali per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni
culturali pubblici (il 65% della spesa per il 2014 e 2015, poi il 50% a regime).
L'emendamento più significativo è l'estensione dell'agevolazione non solo a beni
gestiti direttamente dal pubblico (come inizialmente previsto), ma anche da soggetti
privati, affidatari o concessionari dei beni oggetto di intervento. Significa che questa
forma di “mecenatismo” è destinata anche a Fondazioni, cooperative, enti non pubblici.
2) Sull'articolo 2, che disciplina il Progetto Grande Pompei, sono stati predisposti una
cospicua serie di emendamenti per regolare l'eccezionalità delle misure, rese necessarie
per concludere il progetto nei tempi previsti (fine del 2015), tenendo conto dei recenti
provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri in merito alla gestione degli appalti. Il
Direttore generale del progetto dovrà informare in maniera più minuziosa sugli
affidamenti dei contratti relativi a lavori, servizi e forniture. Inoltre sono stati soppressi
commi che concedevano al Direttore la possibilità di derogare, rispetto al numero
previsto dal Codice dei contratti pubblici, sugli interventi di variazione del progetto e al
responsabile del procedimento la facoltà di svolgere funzioni di progettista o direttore dei
lavori. Mantenendo l'eccezionalità delle misure, sono stati mitigati alcuni poteri
straordinari.
3) L'articolo 4 disciplina il decoro nei siti culturali. Il decreto prevede che non possano
sussistere attività commerciali ambulanti in aree di pregio, dando facoltà all'istituzione
competente di proporre un luogo alternativo in cui esercitare. Fin dalle audizioni nelle
Commissioni erano emerse preoccupazioni delle categorie, che temevano
allontanamenti lesivi l'interesse dei commercianti con una licenza di occupazione di suolo
pubblico. Pertanto, è stata alleggerita la portata della norma non indistintamente ai “siti
culturali”, ma con un riferimento più preciso a “complessi monumentali e altri
immobili interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti”. È stato anche
introdotto un indennizzo monetario più rilevante laddove non si possa trovare un sito
equivalente – ovvero egualmente remunerativo – per l'attività commerciale. Affinché vi
sia un indennizzo equo, viene calcolata la media dei ricavi dichiarati negli ultimi 5 anni.
4) Importanti emendamenti riguardano poi l'articolo 6, che ha come finalità attrarre
investimenti per la produzione cinematografica, anche in questo caso con una forte
incentivazione del tax credit. L'articolo è stato fortemente riformulato poiché, oltre alla
produzione, per favorire il cinema si introducono, per alcune fattispecie di sale,
crediti di imposta del 30% per gli anni 2015 e 2016 sui costi sostenuti per il restauro e
l'adeguamento strutturale e tecnologico (soprattutto per l'aggiornamento al formato
digitale). L'intervento è riservato agli esercizi esistenti almeno dal 1° gennaio 1980 e
dotati di massimo due schermi, quindi per le sale "storiche" e non per i multiplex. Il
credito d'imposta è riconosciuto fino a un massimo di 100mila euro. Mi pare un passo
avanti notevole per tenere in vita e riqualificare gli esercizi cinematografici nei centri delle
città.
5) L'articolo 7 si occupa della definizione di un Piano strategico nazionale per i Grandi
progetti culturali. Il Piano, da predisporre entro la fine dell'anno, individua beni o siti di
eccezionale interesse per i quali sia necessario realizzare interventi organici di tutela,
riqualificazione, promozione, anche a fini turistici. Per l’attuazione degli interventi è
autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per il 2014, 30 milioni di euro per il 2015 e 50
milioni di euro per il 2016. All'interno di questo titolo, un emendamento ha posticipato al
31 marzo 2015 il termine per presentare i progetti di valorizzazione turistica e culturale
legati a Expo 2015 da parte dei Comuni sotto i 150mila abitanti, che possono attingere a
un fondo ad hoc di 500 milioni di euro. Un altro emendamento, sempre per valorizzare le
iniziative territoriali, intende inserirsi costruttivamente nel progetto Capitale europea
della Cultura che vedrà, nel 2019, una città italiana acquisire questo titolo. Come
sappiamo bene, Ravenna è una delle città concorrenti, ma altre 5 sono in corsa per
l'assegnazione. Affinché il lavoro preparatorio di tutte le città non venga disperso, il
decreto istituisce il Programma Italia 2019 che intende realizzare una parte dei disegni
strategici che le città hanno ideato in questi anni. Incrociando le dita per vedere il nostro
capoluogo diventare Capitale europea della Cultura (lo sapremo entro l'anno), trovo
importante che il legislatore abbia voluto riconoscere il lavoro svolto da tutte le aspiranti
al titolo.
6) Se all'articolo 8 vengono previste maggiori deroghe per gli enti locali volte
all'assunzione a tempo determinato di professionisti dei beni culturali per opere urgenti di
valorizzazione, all'articolo 9 – da cui inizia la parte dedicata specificatamente al turismo –
viene introdotto il credito d'imposta del 30% per le spese legate alla digitalizzazione
degli esercizi ricettivi. Con un emendamento si è introdotto il beneficio fiscale anche
per le agenzie di viaggio e i tour operator che intendono realizzare processi di
innovazione tecnologica e di conversione al digitale. Per farlo le agenzie potranno
attingere a un massimo del 10% del fondo complessivo di 15 milioni di euro l'anno.
7) L'articolo 10 predispone un credito d'imposta del 30% per le spese relative alle
ristrutturazioni alberghiere, a partire dal 2015, fino a un massimo di 200mila euro. Con
alcuni emendamenti sono state ampliate le azioni per cui si può richiedere l'incentivo
fiscale, che contempla come spese ammissibili anche la manutenzione straordinaria e
il restauro conservativo, prima non previsti, o l'acquisto di mobili e componenti
d'arredo. Per agevolare nuove iniziative economiche si è poi intervenuti sulla disciplina
dei distretti turistici, aggregazioni di imprese coordinate sul piano territoriale e funzionale.
In deroga a precedenti disposizioni, viene eliminata la possibilità che questa forma
organizzativa (cosiddetta a “burocrazia zero” per via delle peculiari semplificazioni
amministrative) sia destinata ai soli territori costieri. Pertanto alcune zone del nostro
entroterra, prima escluse, potranno avviare le procedure amministrative per essere
riconosciute distretti turistici sulla base, ovviamente, di progetti in corso o in via di
implementazione. Per i distretti sarà possibile utilizzare i cosiddetti “contratti di
rete”, che consentono di migliorare il rating bancario e accedere a credito agevolato ed
essere riconosciute “Afai” (Aree favorevoli agli investimenti), zone per cui sono previste
facilitazioni per gli investimenti infrastrutturali, la riconversione industriale, la
trasformazione urbana e la riqualificazione del personale coinvolto. Complessivamente, il
pacchetto di emendamenti – distretti, contratti di rete, Afai – interviene su tutte le leve
possibili per creare nuovi prodotti turistici.
8) Un emendamento all'articolo 11 prevede che la concessione gratuita di caselli, fari,
case cantoniere e beni demaniali non utilizzati destinati alla gestione di giovani
imprenditori abbia durata di 9 anni anziché di 7 come da Decreto. Anche per consentire
ai concessionari – cui spettano eventuali lavori di restauro dei beni – di ammortizzare
meglio gli investimenti realizzati. Viene poi innalzata l'età dei potenziali imprenditori:
40 anni e non più 35.
9) Riscritto in parte l'articolo 13, con l'introduzione del Fondo di promozione del Turismo
le cui risorse verranno trovate dal recupero delle frodi fiscali legate ai rimborsi Iva.
10) All'interno della riforma dell'Enit (l'Agenzia nazionale del turismo), che incentiva la
piattaforma digitale della struttura, viene prevista la creazione di una “Carta del turista”
che, attraverso convenzioni con soggetti pubblici e privati, permetta di effettuare
pagamenti a prezzi ridotti per la fruizione di servizi pubblici di trasporto e dei luoghi della
cultura.
Per approfondimenti:
http://deputatipd.it/files/documenti/47_DECRETO%20CULTURA%20_ART%20BONUS_
%20E%20TURISMO%20.pdf
http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/D14083b.pdf
Agricoltura e imprese: i contenuti del maxi-decreto 91
Tra le misure anche la controversa rimodulazione degli incentivi agli impianti fotovoltaici
e solari, che serve a tagliare del 10% la bolletta elettrica delle aziende
Uno dei recenti decreti varati dal Consiglio di Ministri e pubblicato in Gazzetta Ufficiale a
fine giugno è il numero 91, un maxi-provvedimento che tocca molte materie. Il suo titolo è
infatti “Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficienza
energetica dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche”. Tra le misure previste – che poi
verranno discusse in Parlamento – vorrei dare visione sintetica delle principali su due
settori: quello agricolo e quello delle imprese. Menzionando anche la questione della
rimodulazione degli incentivi alle fonti rinnovabili (che ha generato molti malumori) legato
al taglio del 10% della bolletta elettrica delle aziende. È una scelta politica. Ed è una
scelta opinabile che non rende felici i produttori di impianti fotovoltaici e solari, ma
soprattutto ne disattende alcune previsioni. Andiamo per gradi.
Sull'agricoltura: interventi su semplificazione – in particolare per la produzione del vino –,
sostegno all'innovazione con l'introduzione di due crediti d'imposta, agevolazione delle
reti d'impresa, incentivi alle assunzioni attraverso deduzioni Irap per i datori di lavoro. Sul
primo punto, abrogate una serie di autorizzazioni (magari poco interessanti per chi non
fa impresa, ma farraginose per chi la fa): sarà consentita la detenzione – finora vietata –
di acquavite o bevande gassate in locali adiacenti a quelli in cui si estraggono mosti o
vini; vengono eliminate l'autorizzazione per l'istituzione da parte delle distillerie di centri di
raccolta temporanei dei sottoprodotti della vinificazione e quella sui prodotti utilizzabili per
la pulizia dei recipienti dei prodotti vinosi, o il limite di 5 giorni entro cui occorre
comunicare la detenzione di vinacce destinate ad usi industriali.
Vengono introdotti due nuovi crediti d'imposta piuttosto significativi. Il primo è per i
nuovi investimenti finalizzati alla realizzazione e all'ampliamento di infrastrutture
informatiche per il commercio elettronico di prodotti agroalimentari. Il credito è
riconosciuto per il 2014, 2015, 2016 nella misura del 40% delle spese ma non può
essere superiore ai 50mila euro. L'altro, sempre del 40% e per gli stessi anni, si riferisce
ai nuovi investimenti per lo sviluppo dei prodotti e per la cooperazione di filiera o le reti
d'impresa (non oltre i 400mila euro). Come si vede – poiché anche nel Decreto Cultura e
Turismo ci sono molti interventi di questo tipo – la scelta del legislatore è incentivare gli
investimenti produttivi facendosene carico in parte. Per i giovani agricoltori sono previsti
anche sgravi per l'assunzione o a tempo indeterminato o a tempo determinato (ma per
un minimo di 3 anni) di lavoratori under 35 entro il 30 giugno 2015. Lo Stato coprirà un
terzo della retribuzione lorda per un anno e mezzo. Previa autorizzazione della
Commissione Ue – richiesta dal ministero dell'Agricoltura – il Dl intende estendere anche
alle imprese agricole soggette a Irap le deduzioni per lavoro dipendente, nella misura del
50%, nel caso di lavoratori a tempo determinato con durata almeno triennale, con
ulteriori aumenti (fino a 6.750 euro all'anno) per le donne e gli under 35. Detrazioni – di
circa 1200 euro l'anno – per l'affitto di terreni per giovani coltivatori.
Alcune norme intervengono sulla sicurezza del consumatore. Come l'obbligo di inserire
nelle etichette dei prodotti un'informazione relativa all'origine della materia prima e nuove
sanzioni per chi viola i divieti di coltivazione con sementi Ogm non approvate. Il Dl
rafforza i controlli nella cosiddetta “Terra dei fuochi” (la vasta zona tra Napoli e
Caserta in cui sono presenti tonnellate di rifiuti tossici) che possono essere estesi a
terreni agricoli che non sono stati oggetto d'indagine ma oggetto di sversamenti nocivi
resi noti solo dopo la chiusura delle indagini stesse.
Un capitolo a parte, che si lega a positive misure destinate alle imprese, è appunto quello
sugli interventi alle tariffe degli impianti fotovoltaici. Per tagliare del 10% il costo
dell'energia per le aziende – che significa circa 1,5 miliardi di euro all'anno – si è
ritenuto necessario rimodulare gli incentivi per la produzione delle rinnovabili. La bolletta
delle imprese in Italia è il 20% in più rispetto alla media Ue. Dopo anni di aiuti alla
produzione da fotovoltaico e solare – cui tutti abbiamo contribuito con la bolletta – il
legislatore intende riequilibrare il sistema. Solo per dare alcune cifre: gli incentivi al solare
fotovoltaico sono stati 900 milioni nel 2010, 4 miliardi nel 2011, 6 miliardi nel 2012 e nel
2013. Sul fotovoltaico siamo arrivati a 313 euro per megawatt/ora. La media Ue è di 160
euro. Sono certo che in Parlamento si dibatterà di questo articolo. Per ora mi limito a
spiegarlo come da Decreto. I titolari di impianti di potenza superiore a 200 kwatt
dovranno scegliere entro il 30 giugno e con decorrenza dal 1° gennaio 2015, due opzioni:
o una riduzione dell'8% dell'incentivo fino al periodo residuo di incentivazione, che dura
complessivamente 20 anni; o una riduzione modulata e più progressiva in funzione del
periodo residuo, ma “allungabile” a 24 anni. Questo passaggio, battezzato “spalmaincentivi”, sarà probabilmente discusso in Aula.
Sul fronte delle imprese, di cui si occupa il capo III del decreto, oltre al citato sgravio dei
costi energetici sono previsti crediti d'imposta del 15% a chi investe in beni
strumentali nuovi destinati a strutture produttive nel nostro paese (non all'estero) entro
il 30 giugno 2015. Modifiche interessanti alla disciplina dell'Ace (Aiuto crescita
economica), introdotta nel 2011 con il decreto Salva Italia con la finalità di favorire la
capitalizzazione delle imprese con una riduzione dell'imposizione fiscale sui
rendimenti derivanti dalla patrimonializzazione. Se per le Pmi si amplia la detassazione –
con un meccanismo che agisce sull'Ires e sull'Irap – il decreto 91 prevede un forte sconto
per le società che si quotano in borsa nello spazio Ue. In questo caso l'Ace viene
addirittura incrementata al 40% della variazione del reddito determinata dall'aumento di
capitale. Gli oneri di un articolo come questo sono stimati a 714 milioni di euro fino al
2020. Le risorse sono contenute nel Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020. Il
decreto punta anche a liberalizzare il credito aprendo alle assicurazioni che potranno
concedere finanziamenti alle aziende. Le autorità di vigilanza e Banca d'Italia devono
monitorare il corretto funzionamento di questa nuova forma di sostegno. Nel decreto
anche misure per le bonifiche ambientali e per la difesa del suolo.
Per saperne di più:
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2014;91
Sbloccati 750 milioni per l'edilizia scolastica: oltre 31 alla Regione Emilia-Romagna
Il 4 luglio il Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha
approvato i criteri di utilizzo del Fondo di sviluppo e coesione destinando 510 milioni di
euro al Piano per l'edilizia scolastica, il progetto voluto dal presidente del Consiglio fin dal
suo insediamento. A questi fondi si aggiungono altri 244 milioni, risorse dei Comuni
liberate dai vincoli del patto di stabilità. Complessivamente, nell'arco del biennio 20142015, le risorse saranno oltre un miliardo di euro su tre filoni di intervento: costruzione di
nuove scuole (intervento “scuole nuove”); azioni di messa in sicurezza (nominati “scuole
sicure”); manutenzione (“scuole belle”). In tutta Italia saranno coinvolti 20.845 edifici
esistenti, praticamente una scuola su due. In Emilia-Romagna lo stanziamento previsto,
dopo la delibera del Cipe, è di 31.500.000 euro circa. Suddivisi in: 12.347.501 euro per
nuove scuole; 7.556.019 euro per interventi di manutenzione; 11.586.455 euro per la
sicurezza. Solo nel Comune di Ravenna, verranno destinati oltre 450mila euro per
interventi di manutenzione e 1 milione 450mila euro per nuovi edifici. Nei link sotto
troverete tutti i dettagli Comune per Comune della Regione Emilia-Romagna e i dati
generali:
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/edilizia_scolastica/regioni/emilia_romagna
.html
http://www.governo.it/governoinforma/dossier/edilizia_scolastica/
Sempre più anziani vendono la nuda proprietà della casa: una legge offre
un'alternativa
Dopo l'esame in commissione Finanze, è stata votata favorevolmente alla Camera la
proposta di legge presentata dall'economista Marco Causi, Pd, che modifica la disciplina
del prestito vitalizio ipotecario. La norma è volta a evitare che gli anziani bisognosi di
liquidità vendano la nuda proprietà della propria casa (una pratica aumentata del 12,5%
negli ultimi 3 anni). Con la proposta si introduce, per i proprietari di oltre 65 anni, una
forma di finanziamento garantito proprio dall'immobile residenziale. Il proprietario potrà
convertire parte del valore della casa in contanti, ipotecandola presso una banca, per
soddisfare esigenze di denaro ma senza essere costretto a venderla. Potrà poi, se vorrà,
sospendere il contratto con l'istituto di credito e, in caso non lo faccia, gli eredi avranno
tre possibilità: ripagare il debito nei confronti della banca e liberare l'immobile, vendere
l'immobile e rimborsare la quota spettante alla banca per il prestito, lasciare che sia la
banca a vendere l'immobile per rimborsare il proprio credito (le somme rimanenti sono
loro riconosciute). Il prestito vitalizio ipotecario ha il vantaggio, rispetto alla vendita della
nuda proprietà (che svaluta di circa un terzo il valore dell'immobile nel momento della sua
cessione), di salvaguardare la casa e lasciare agli eredi la facoltà di decidere se
recuperarla o meno. Parlando di questa proposta voglio poi ricordare che la legge di
stabilità 2014 ha anche istituito il Fondo di garanzia per la prima casa da 600 milioni di
euro, per aiutare i giovani a comprare un'abitazione.
http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/FI0238.Pdf
Beni culturali: riconosciuto il ruolo dei professionisti del settore
Approvata in sede legislativa dalla commissione Cultura della Camera la norma sulle
professioni che si inserisce nel Codice dei beni culturali e del paesaggio. Si tratta di una
legge sui mestieri legati al comparto e per i quali lo Stato istituisce elenchi nazionali:
bibliotecari, archivisti, esperti di diagnostica e tecnologie negli interventi di tutela,
protezione e conservazione, storici dell'arte, queste le professioni riconosciute (i
restauratori erano già inseriti nel Codice). Un tema di attualità, vista la discussione del
decreto 83 (vedi sopra). La legge dispone che coloro che esercitano la professione
possano costituire associazioni di natura privatistica e senza scopo di lucro per
valorizzare le competenze degli associati, garantire il rispetto delle regole deontologiche,
promuovere organismi di certificazione per i settori di competenza. Le modalità e i
requisiti saranno stabiliti con un decreto del Mibact, sentito il ministero dell'Istruzione. Il
decreto deve essere emanato in conformità con la disciplina europea per cui i
professionisti sono soggetti alle regole di concorrenza e a disposizioni che riservino le
attività a una ristretta e ben inquadrabile categoria di persone. La Direttiva dei servizi Ue
prevede che i requisiti debbano anche: essere non discriminatori a seconda della
cittadinanza; chiari ed inequivocabili; resi pubblici preventivamente.