Il nostro sostegno alla ricerca scientifica

GRANT
2014
Il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
grant 2014
Lettera di Umberto Veronesi
Lettera di Paolo Veronesi
Lettera del Comitato Etico
Lettera di Chiara Tonelli
In cosa crediamo
I numeri del 2014
Borse di ricerca 2014
Borse oncologia
Tumore al seno
Tumori alle ovaie
Linfomi e leucemie
Tumori al polmone
Tumori all’intestino
Tumori gastrici
Tumore al fegato
Tumori al sistema nervoso
Tumore di testa e collo
Melanomi e tumori della pelle
Sarcomi e tumori dei tessuti molli
Tumore alla vescica
Tumore alle ossa
Borse cardiologia e malattie croniche
Borse neuroscienze
Borse nutrigenomica e prevenzione delle malattie
Scuola Europea Medicina Molecolare
progetti di ricerca 2014
progetto together for peace
I ricercatori sostenuti negli anni
Istituti finanziati negli anni
5
6
7
8
10
12
14
17
34
64
68
78
88
98
100
106
112
118
122
126
128
132
144
160
174
188
208
210
214
3
Da undici anni, ogni volta che scrivo
la prefazione al quaderno che rende
noti i vincitori delle borse di studio
della Fondazione Veronesi, sostenute
anche con il generoso contributo di
donatori spesso anonimi, mi ritrovo
a pensare che cosa sarebbe questo
Paese senza lo slancio altruista di
persone che pure in un momento di
ristrettezze sentono l’impegno di aiutare
la ricerca.
E mi conforta sapere che nonostante la miopia di chi non crede nella
ricerca scientifica, vi siano coloro che
sanno che la ricerca non è una spesa, ma un investimento. In campo
medico, consente di incrementare le
risorse a disposizione e di passare
dalla semplice tutela sanitaria alla
promozione della salute. E consente
di migliorare costantemente la qualità
delle cure. In cinquant’anni di professione, io non ho mai smesso di fare
ricerca, e penso che essa sia il lievito della buona Medicina. Il progresso
scientifico non si alimenta senza
ricerca.
Per questo la Fondazione Veronesi
investe energie e fondi e condivide
con studiosi autorevoli importanti
iniziative che possano aprire le porte
al futuro.
Lo fa sostenendo i progetti più all’avanguardia e offrendo borse di ricerca a
giovani medici e scienziati. Si dice
spesso “investiamo nei giovani perché
sono il nostro futuro”, ma troppo spesso sono solo parole.
Io penso che bisogna investire nei
giovani anche perché i giovani di
questa generazione sono bravi, anzi
eccellenti. Indipendentemente dalla
nazionalità e dalla cultura, sono preparati, ricchi di entusiasmo e di valori,
e soprattutto motivati al progresso
della civiltà nel suo insieme. Ciò che
manca loro, e di cui hanno veramente
bisogno, è la fiducia: qualcuno che
creda nelle loro capacità e li incorag-
gi a investirle oggi in un domani che
appare incerto.
Io e la mia Fondazione ci crediamo
e, grazie al sostegno costante di chi
la pensa come noi, continueremo a
farlo, nella certezza di contribuire così
al futuro benessere di tutti.
UMBERTO VERONESI
Fondatore
5
La medicina ha vissuto negli ultimi anni
una trasformazione straordinaria: se
prima si trattava il paziente quando la
malattia mostrava i suoi sintomi, ora
si vanno a cercare nella persona sana
i segnali precursori, per impedire che
la malattia si manifesti.
L’ambizioso obiettivo non è più solo
quello di curare il malato di oggi, ma
anche e soprattutto di evitare il malato di domani. È un traguardo reso
possibile dallo sviluppo delle nuove
tecnologie e dalle nuove conoscenze
del DNA, che hanno portato la medicina nella dimensione delle molecole,
permettendole di risalire all’origine dei
processi e dei meccanismi di trasfor-
6
mazione delle cellule da sane a malate.
Dalla sua nascita la Fondazione che
presiedo si è concentrata nel finanziamento della ricerca in campo di
prevenzione e di diagnosi precoce.
Proprio in quest’ultimo campo si sono
fatti passi da gigante: un tumore della mammella diagnosticato in fase
preclinica grazie alla mammografia e/o
all’ecografia mammaria ed operato ha
una sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi intorno al 98%; un tumore
del polmone in un fumatore, diagnosticato precocemente grazie alla TC
spirale annuale e tra poco ancora prima grazie ai microRNA, può essere
operato con successo nella maggior
parte dei casi. Fino a qualche tempo
fa, 8 casi su 10 diagnosticati non erano operabili.
Sono solo due esempi di come la
ricerca e le innovazioni tecnologiche
possono modificare le aspettative di
vita di tantissime persone, ma ve ne
sono molti altri. Tutto ciò è possibile
grazie al lavoro silenzioso di tanti ricercatori che, in mezzo a mille difficoltà,
sono riusciti a raggiungere risultati
inimmaginabili sino a pochi decenni
fa. Giovani brillanti che spesso, a causa degli scarsi investimenti, si vedono
costretti ad abbandonare il nostro paese
per continuare a coltivare la loro passione.
Fondazione Veronesi, dopo 11 anni,
è ancora qui a volerli sostenere. Il futuro della ricerca passa da loro ed è
nostro dovere morale aiutarli con tutti i mezzi disponibili.
PAOLO VERONESI
Presidente
La scienza è un’attività umana inclusiva,
presuppone un percorso cooperativo
verso una meta comune ed è nella
scienza che gli ideali di libertà e pari
dignità di tutti gli individui hanno sempre
trovato la loro costante realizzazione.
La ricerca scientifica è ricerca della
verità, perseguimento di una descrizione
imparziale dei fatti e luogo di dialogo
con l’altro attraverso critiche e confutazioni.
Ha dunque una valenza etica intrinseca e un evidente valore sociale, è
un bene umano fondamentale e
produce costantemente altri beni
umani. In particolare, la ricerca biomedica promuove beni umani irrinunciabili quali la salute e la vita stessa,
e ha un’ispirazione propriamente
umana poiché mira alla tutela dei più
deboli - le persone ammalate - contrastando talora la natura con la cultura e con la ragione diretta alla piena
realizzazione dell’uomo. L’etica ha un
ruolo cruciale nella scienza e deve
sempre accompagnare il percorso di
ricerca piuttosto che precederlo o
seguirlo.
È uno strumento che un buon ricercatore usa quotidianamente.
La morale è anche l’unico raccordo
tra scienziati e persone comuni, è il
solo linguaggio condiviso possibile.
Ci avvicina: quando si discute di valori, i ricercatori non sono più esperti
di noi. Semmai, sono le nostre prime
sentinelle per i problemi etici emergenti e, storicamente, è proprio all’interno della comunità scientifica che
si forma la consapevolezza delle
implicazioni morali delle moderne
tecnologie biomediche.
Promuovere la scienza, come fa mirabilmente la Fondazione Umberto
Veronesi, significa proteggere l’esercizio di un diritto umano fondamentale,
la libertà di perseguire la conoscenza
e il progresso, ma anche, più profondamente, significa favorire lo sviluppo
di condizioni di vita migliori per tutti.
Compiti del Comitato Etico saranno
quello di dialogare con la Fondazione
e con i ricercatori, favorendo la crescita di una coscienza critica, e insieme
quello di porsi responsabilmente
quali garanti terzi dei cittadini rispetto
alle pratiche scientifiche, guidati dai
principi fondamentali condivisi a livello internazionale e tenendo nella
massima considerazione le differenze
culturali.
COMITATO ETICO
MEMBRI COMITATO ETICO
Cinzia Caporale (Coordinatore)
Domenico De Masi
Giuseppe Ferraro
Armando Massarenti
Lucio Militerni
Telmo Pievani
Mario Pirani
Carlo Alberto Redi
Alfonso M. Rossi Brigante
S.E. Monsignor Marcelo Sánchez Sorondo
Paola Severino
Elena Tremoli
7
“Per il progresso delle scienze”: questo
è il motto ispiratore della ricerca per
Fondazione Umberto Veronesi.
E la Fondazione da oltre 10 anni si
impegna in questa direzione: sostenendo la formazione di giovani ricercatori e attraverso la divulgazione dei risultati della ricerca.
Il mondo della ricerca e della medicina sta attraversando una vera e propria
rivoluzione.
Noi intendiamo sostenere una nuova
mentalità, quella che vede la ricerca
di laboratorio affiancata e proiettata alla
prevenzione e alla cura.
Per questa ragione Fondazione Veronesi crede e sostiene la crescita e la
8
formazione di una nuova generazione
di scienziati capaci di pensare e agire
contemporaneamente da clinici e da
ricercatori.
La grande sfida per gli scienziati di
domani è parlare la lingua della medicina del futuro, una medicina molecolare, preventiva e personalizzata.
La Fondazione Umberto Veronesi ha
recentemente pubblicato i nomi dei
vincitori dei bandi per la ricerca: 130
borse di studio a singoli ricercatori, 23
dottorandi alla Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM) e 18 progetti di ricerca all’avanguardia. Il Comitato Scientifico, di cui sono onorata
di far parte in qualità di Presidente, da
sempre opera perché venga privilegiato il merito.
Come?
Premiando giovani ricercatori meritevoli, valutati in base al curriculum scientifico e alla qualità delle pubblicazioni,
e progetti di alta innovazione che
portino a un rapido trasferimento dei
risultati dai laboratori di ricerca alla
pratica clinica e alla prevenzione delle
malattie croniche.
Chiara Tonelli
Presidente Comitato Scientifico
grant 2014
La Fondazione Umberto Veronesi si è dotata di una Carta dei Principi e dei Valori che definisce la missione, i principi e gli scopi della
Fondazione.
Principi
 L’universalità della scienza
 La libertà e la responsabilità
10
In cosa
crediamo
nella scienza
 L’integrità nella ricerca
scientifica
 La tutela della dignità
umana
 L’autonomia individuale
e il consenso informato
 L’equità e la giustizia
nelle politiche pubbliche
per la salute
 La qualità e la sicurezza
nella ricerca e nelle cure
 La promozione della
prevenzione nella gestione
della salute
 La professionalità dei ricercatori, dei medici
e degli operatori della sanità
 Il dovere di informare
e il ruolo sociale dei Comitati
Etici
 La tutela dell’habitat
e della biosfera
Missione e Scopi
della Fondazione
 Favorire il progresso delle
scienze
 Favorire lo sviluppo di con-
dizioni di vita migliori per tutti
 Promuovere la pace e il
dialogo tra i popoli
 Contribuire a creare una
nuova generazione di ricercatori
 Rafforzare la cooperazione
scientifica internazionale e
promuovere l’innovazione
tecnologica
 Migliorare la comunicazione
tra la comunità scientifica
e la società e diffondere la
consapevolezza
dell’importanza della scienza
per l’uomo
Il documento è pubblicato
integralmente su
www.fondazioneveronesi.it
11
I NUMERI
DEL PASSATO
I NUMERI
DEL 2014
BORSE 2014
130
23
BORSE
DI RICERCA
BORSE DI RICERCA
SCUOLA
EUROPEA
MEDICINA
MOLECOLARE
PROGETTI 2013-2014
18
12
PROGETTI
DI RICERCA
2003

4 Borse di Ricerca
2004

4 Borse di Ricerca
2005

13 Borse di Ricerca
2006

15 Borse di Ricerca
2007

44 Borse di Ricerca
2008

42 Borse di Ricerca
2009

43 Borse di Ricerca
5 Progetti di Ricerca
2010
54 Borse di Ricerca
7 Progetti di Ricerca
2011

59 Borse di Ricerca
13 Progetti di Ricerca
PROGETTI
DI RICERCA
INIZIATI NEL 2013
2012

94 Borse di Ricerca
26 Progetti di Ricerca
2013
12


125 Borse di Ricerca
14 Progetti di Ricerca
13
borse
di
ricerca
2014
14
Le scienze progrediscono ovunque ci sia
vero scambio.
Scambio di esperienze, di conoscenza, di
procedure, di risultati, di modi di arrivare alla
soluzione di un problema. Per questo, la
Fondazione Umberto Veronesi promuove
una cultura delle scienze che non abbia
confini, favorendo la formazione professionale
degli scienziati più meritevoli provenienti
dall’Italia e dai diversi Paesi del mondo.
La Fondazione Umberto Veronesi presenta
annualmente il bando pubblico BORSE DI
RICERCA per sostenere medici e ricercatori offrendo loro diversi mesi di perfezionamento perché possano acquisire nuove
competenze durante lo studio e l’attività
clinica. Il progetto si propone di preparare
nuovi scienziati presso le migliori istituzioni
italiane e straniere e di offrire opportunità di
crescita a giovani studiosi consentendo loro
di specializzarsi in particolari ambiti della
medicina.
Nello specifico, le borse di ricerca che la
Fondazione bandisce si rivolgono a:
 MEDICI E RICERCATORI ITALIANI
I candidati prescelti svolgeranno il periodo
di studio e lavoro presso centri di eccellenza in ambito nazionale e internazionale: una
concreta opportunità per crescere professionalmente, approfondire, confrontarsi con
metodi di lavoro differenti.
 MEDICI E RICERCATORI
STRANIERI
I candidati prescelti svolgeranno il periodo
di studio e lavoro presso centri di eccellenza in Italia.
Anticipare il futuro. Questo è l’ambizioso obiettivo che ci poniamo anche
quest’anno selezionando i giovani
ricercatori più capaci e finanziando i
progetti di ricerca più lungimiranti nell’ambito dell’Oncologia.
La Ricerca guarda continuamente avanti
e invita gli oncologi e gli scienziati che
operano in questo campo a impegnarsi
ancora di più per curare i tumori scoprendoli prematuramente e per guarirli con
terapie efficaci e mirate, perché realmente
personalizzate sul paziente.
I nostri studiosi quest’anno lavoreranno
ancora nella Medicina Molecolare, per
la creazione di farmaci intelligenti, specifici per le cellule tumorali.
Questa rivoluzione è già in atto, ma la
sfida della Ricerca è che diventi routine
non solo sequenziare il genoma del
paziente ma anche quello del tumore
che l’ha colpito che, purtroppo, si evolve
continuamente nel tempo.
I nuovi farmaci saranno in grado di agire
nella specifica fase della malattia,
colpendo solo le cellule malate e impedendo che sia sviluppata resistenza
ai farmaci stessi.
La Ricerca più recente ci ha aperto gli
occhi su un’altra importante scoperta,
che cambierà le prospettive di cura,
e quindi di vita, di moltissime persone.
Grazie alla Ricerca stiamo imparando
che la massa tumorale maligna non è
uniforme: sono le cellule staminali tumorali le sole responsabili del proliferare del tumore e della formazione di
metastasi.
Queste devono essere colpite e curate
per eradicare il tumore ed evitare ricadute.
Diagnosi ancora più precoce, terapie
innovative, studi scientifici all’avanguardia: ho ricordato brevemente le linee
innovative della Ricerca che la Fondazione ha scelto di sostenere finanziando borse e progetti di ricerca nell’area
dell’Oncologia.
Non dimentichiamo però che, per
sconfiggere il cancro, la prevenzione
resta la nostra prima, indispensabile
alleata. Possiamo fare molto come
ricercatori in ambito oncologico, ma
possiamo fare molto tutti insieme, in
qualità di persone più consapevoli e
responsabili della nostra salute.
PAOLO VERONESI
16
Professore Associato in Chirurgia
Generale presso l’Università degli
Studi di Milano
Direttore Unità Chirurgia Senologica
Integrata, Ieo
BORSE ONCOLOGIA
I tumori sono un insieme di malattie molto complesse caratterizzate da proliferazione
anomala di alcune cellule. Questa è causata da mutazioni a livello del DNA, che rendono le cellule tumorali insensibili al controllo. Col tempo, le cellule acquisiscono la
capacità di sfuggire al sistema immunitario, iniziano a migrare in altri tessuti del corpo,
causando metastasi, e diventano resistenti ai farmaci. Comprendere i meccanismi
molecolari dei tumori è essenziale per sviluppare nuove terapie più efficaci.
Cancro
oltre
200 malattie
diverse
55 ANNI
età media
di sviluppo
di un tumore
366.000
nuovi casi
di tumore
diagnosticati
in Italia nel 2013
33-58%
percentuale
di tumori attribuibili
a fattori di rischio:
tabacco, dieta
scorretta e obesità
OLTRE IL
56%
dei pazienti è vivo
a cinque anni
dalla diagnosi
di tumore
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
17
Marina Maria
Bellet
La cronoterapia del cancro:
i benefici di una somministrazione circadiana di farmaci
antitumorali.
Gli orologi circadiani sono un complesso sistema biologico che permette agli esseri viventi di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente
modificando il comportamento, la fisiologia e il metabolismo in funzione
del momento del giorno.
Operano sia a livello centrale nel cervello, regolando i cicli sonno-veglia,
sia a livello di ogni singola cellula.
Alterare o danneggiare questi cicli ha
profonde conseguenze sulla salute
umana e può favorire l’insorgere di
molte malattie, dalla depressione ai
disturbi metabolici e al cancro.
La proliferazione delle cellule sane
è diversa da quella delle cellule
tumorali sotto molti aspetti, anche in
termini di ora del giorno in cui la
maggioranza delle cellule si divide.
Questo fa sì che l’efficacia e la tollerabilità di un farmaco antitumorale possa
dipendere anche dall’ora in cui viene
somministrato.
Il progetto valuterà l’efficacia di diversi
farmaci antitumorali somministrati
a specifiche ore del giorno, e seguirà
le risposte molecolari delle cellule sane
e tumorali alla somministrazione di questi
farmaci in orari diversi.
Lo scopo della ricerca è identificare i
meccanismi molecolari responsabili
degli effetti benefici della somministrazione circadiana di alcuni farmaci antitumorali, con l’obiettivo di stabilire gli
orari ottimali di trattamento per
ciascun farmaco e rendere massima
l’efficacia della terapia con minimi
effetti collaterali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Perugia
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Perugia
18
 Specializzata in Patologia Clinica
all’Università degli Studi di Perugia
Maria Antonietta
Calvaruso
Rimodellamento metabolico
in cellule con diversi gradi
di disfunzioni energetiche.
I mitocondri, piccoli organelli cellulari,
sono le centrali energetiche delle
cellule, dove si svolgono le reazioni
biochimiche che generano, da glucosio e ossigeno, l’energia per tutti i
processi vitali dell’organismo.
Nei mitocondri vengono prodotte
anche molecole, detti intermedi
metabolici, utilizzate per la crescita
e la “costruzione” di nuove cellule.
Un tumore è un tessuto che cresce
molto rapidamente e quindi richiede
una quantità maggiore di energia e
intermedi metabolici per sostenere la
sua crescita: lo sviluppo di un tumore
è infatti spesso associato a un riadattamento delle funzioni dei mitocondri.
Piccole alterazioni dei mitocondri
possono favorire la crescita delle
cellule maligne; di contro, disfunzioni
molto gravi che distruggono del tutto
la funzione dei mitocondri bloccano
la crescita del tumore, ma ancora non
si sa attraverso quale meccanismo.
Scopo della ricerca è confrontare
diversi tipi di cellule tumorali con
diversi gradi di malfunzionamento
dei mitocondri per analizzarne l’adattamento metabolico, la crescita cellulare e il potenziale cancerogeno.
Comprendere quali sono gli adattamenti metabolici e i meccanismi mitocondriali che bloccano la crescita
del tumore è molto interessante dal
punto di vista terapeutico, per sviluppare farmaci che sfruttino questo
principio, ed evitare di accendere le
vie che invece ne favoriscono la crescita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Bologna
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Palermo nel 1981
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi di Bologna
 PhD in Medical Science all’University
Medical Center Radboud di Nijmegen
(Olanda)
19
Marco
Cirò
Metformina come farmaco
antitumorale: identificazione
di nuove vie biochimiche e
geni bersaglio.
È ben noto che patologie e scompensi
metabolici come obesità e diabete
aumentano anche le probabilità di
sviluppare tumori.
È di grande interesse clinico dunque
l’osservazione che la metformina, il
farmaco anti-glicemico per il diabete
di tipo 2 più utilizzato al mondo, è
anche in grado di ridurre il rischio
di insorgenza di tumore in pazienti
diabetici. La metformina agisce bloccando la via del recettore mTOR, uno
dei principali regolatori della risposta
ai nutrienti della cellula: la metformina “mima” una condizione di as-
Claudia
Cosentino
senza di nutrimento ed energia,
diminuendo quindi lo stimolo delle
cellule a crescere e dividersi, come
se fossero in condizioni di “carestia”.
Tuttavia, la comprensione dei meccanismi molecolari dettagliati attraverso
cui agisce la metformina è ancora molto
lacunosa: scopo della ricerca è proprio
comprenderli meglio e identificare geni
e proteine rilevanti per la funzione di
metformina come nuovo farmaco antitumorale.
In particolare, la ricerca si focalizzerà
su alcuni geni candidati identificati in uno studio preliminare condotto su cellule di lievito.
Tra i geni identificati a livello preliminare
ce ne sono molti coinvolti nel riparo
del danno al DNA e il complesso della
proteina PP2A, noto soppressore tumorale nell’uomo.
I risultati forniranno utili indicazioni
sull’utilizzo della metformina come
antidiabetico ma anche come possibile antitumorale.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1970
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
20
 PhD in Scienze Genetiche
all’Università degli Studi di Milano
L’interazione tra SIRT6 e le
proteine dell’Anemia di Fanconi nel mantenimento della stabilità del genoma.
L’instabilità genomica caratterizza
pressoché tutti i tipi di cancro e ne
è una delle cause principali. Comporta perdita o alterazione di tratti del
DNA, interferendo così con le normali funzioni cellulari.
Le cellule hanno sviluppato meccanismi di sorveglianza e riparo del
DNA per contrastare l’instabilità genomica e mantenersi sane. Quando
questi processi non funzionano correttamente, si ha con molta facilità
l’insorgenza di tumori.
Il progetto di ricerca vuole studiare
meglio la funzione di alcune proteine
coinvolte nel metabolismo e nel
riparo al DNA, in particolare l’enzima
SIRT6, un noto soppressore dei tumori.
SIRT6 interagisce con le proteine FANC,
o proteine dell’Anemia di Fanconi: esse
sono attivate in condizioni di danno e
stress sul DNA, e contribuiscono a
riparare i danni.
È probabile che anche SIRT6 abbia
un ruolo nel proteggere il DNA dai
danni, e infatti cellule che non possiedono SIRT6 hanno un maggior
grado di instabilità genomica e cromosomi aberranti, anticamera della
trasformazione maligna.
La comprensione di meccanismi così
complessi darà un grosso contributo
a capire le cause della nascita e del
mantenimento dei tumori: conoscere
permette di sviluppare terapie sempre
più efficienti e mirate, e di minimizzare
effetti non specifici alla base degli effetti collaterali di molte chemioterapie.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Massachussetts General Hospital
di Boston (USA)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Napoli nel 1979
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi Federico II
di Napoli
 PhD in Oncologia Molecolare
e Endocrinologia all’Università
degli Studi Federico II di Napoli
21
Amit
Kumar
Emanuela
Di Salle
Identificazione di peptidi
correlati a PTX3 tramite
biologia computazionale.
I fattori di crescita dei fibroblasti
(FGF) sono una famiglia di molecole
che hanno un ruolo chiave nella
vascolarizzazione, nella crescita e
nella formazione di metastasi tumorali.
Gli FGF si legano a specifici recettori
sulla superficie delle cellule e danno
il via a segnali che controllano lo sviluppo embrionale e, nell’adulto, la
formazione di nuovi vasi, ad esempio
per guarire una ferita.
Un’eccessiva attivazione della via
di FGF però è associata allo sviluppo di molti tipi di cancro.
La proteina PTX3 è naturalmente in
grado di legare diversi tipi di FGF, impedendo la loro funzione di segnalazione e bloccando la crescita di tumori
in modelli sperimentali. Sono state
identificate tramite metodologie computazionali e modelli di struttura molecolare, una serie di piccole molecole
che, mimando l’azione di PTX3,
potrebbero agire da trappole per
sequestrare gli FGF.
Scopo del presente progetto è valutare
queste molecole per la loro efficacia
nell’inibire la crescita e la formazione
di nuovi vasi intorno al tumore in diversi
modelli sperimentali di melanoma e
carcinoma polmonare e prostatico.
In seguito, mediante ulteriori analisi e
modelli computazionali, le molecole
risultate efficaci potranno essere perfezionate come farmaci utili per
inibire la vascolarizzazione, la crescita e la disseminazione dei tumori
umani dipendenti dall’azione di fattori FGF.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Brescia
22
Meccanismi di attivazione di
ATR alla membrana nucleare.
L’instabilità cromosomica è una delle
caratteristiche principali delle cellule
tumorali. ATR è una proteina che
controlla l’integrità del genoma; si
attiva in caso di danno al DNA e dà il
via a una cascata di segnalazione che
porta a riparare il danno o, quando
questo non sia possibile, alla morte
cellulare programmata, per evitare che
cellule con DNA mutato si duplichino
dando vita a una progenie potenzialmente
cancerogena.
La struttura stessa dell’involucro del
nucleo cellulare e la sua modificazione
può causare instabilità cromosomica.
L’ipotesi da cui parte la ricerca è che
la tensione topologica causata dall’attività
dei cromosomi possa indurre stress
meccanico a livello della membrana
nucleare attraverso quelle regioni di
DNA che sono fisicamente connesse
con la membrana stessa.
L’obiettivo della ricerca è comprendere se e come ATR sia attivata
dallo stress meccanico che deriva
dalle interazioni tra cromosomi e
membrana nucleare.
Inoltre si vuole comprendere il ruolo
di ATR nel mantenimento e nella differenziazione delle cellule staminali,
confrontando cellule sane con cellule
in cui si trovano mutazioni di ATR.
Le mutazioni di ATR causano instabilità
genomica e sono frequenti in diversi
tipi di tumori e nella sindrome di Seckel,
una grave malattia rara.
Comprendere i meccanismi molecolari
alla base è il primo passo per elaborare
strategie terapeutiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto FIRC di Oncologia Molecolare
di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Napoli nel 1980
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato nel 1980 a Jhunjhunu
(Rajasthan, India)
 Laureata in Biotecnologie
Farmaceutiche all’Università
degli Studi Federico II di Napoli
 Laureato in Biotecnologie alla Bundel
Khand University di Jhansi
(Uttar Pradesh, India)
 PhD in Biochimica, Biologia Cellulare
e Molecolare all’Università
degli Studi Federico II di Napoli
 PhD in Molecular Biology
all’Universidad Autonoma de Madrid
(Spagna)
23
Federica
Maione
Audrey
Laurent
Studio di Prep1 nello sviluppo embrionale e nelle cellule staminali embrionali
murine.
La proteina Prep1 appartiene alla
classe degli oncosoppressori, cioè
proteine che grazie alla loro funzione
rallentano, controllano o bloccano
un’eccessiva proliferazione cellulare e
quindi proteggono dal rischio di
sviluppare tumori.
In particolare Prep1 impedisce che
si accumulino mutazioni nel DNA;
esse sono potenzialmente pericolose
sia per un corretto sviluppo embrionale
sia per la sopravvivenza a lungo termine
degli adulti.
Lo scopo della ricerca è comprendere meglio i meccanismi di azione
di Prep1 attraverso il modello delle cellule staminali embrionali di
topo; sono un ottimo modello poiché
sono molto sensibili ai danni al DNA
e smettono di dividersi non appena
ne riconoscono uno.
Questa proprietà ha un gran potenziale
terapeutico; una volta compresi i
meccanismi nelle cellule staminali
embrionali si potrebbe cercare di
sfruttarli anche nelle cellule adulte
e in particolare in quelle tumorali, per
bloccare la divisione delle cellule maligne inducendo farmacologicamente
danni al DNA
La presente ricerca quindi è volta a
caratterizzare i meccanismi molecolari attraverso cui Prep1 regola
l’arresto delle cellule in risposta al
danno al DNA in una situazione fisiologica come lo sviluppo embrionale,
per comprendere quindi cosa va storto in situazioni patologiche come i
tumori.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto FIRC di Oncologia Molecolare
di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Rennes (Francia) 1982
24
Colpire
l’enzima
ossidosqualene ciclasi: un
nuovo bersaglio per bloccare l’angiogenesi tumorale
e le metastasi.
La formazione di nuovi vasi sanguigni,
o “angiogenesi”, è una fase essenziale per la crescita di un tumore;
lo rifornisce di nutrienti e gli permette
di entrare nel circolo sanguigno e
formare metastasi anche in organi
molto distanti. Pertanto, uno dei possibili approcci per contrastare la
crescita neoplastica è quello di colpire
i vasi tumorali. Questa strategia è
detta terapia anti-angiogenica e ha
il vantaggio di essere meno tossica e
più selettiva rispetto ai convenzionali
farmaci chemioterapici.
I vasi sanguigni sono formati da cellule specializzate, dette endoteliali: in
queste cellule il colesterolo ha un
ruolo chiave nel stimolarle a produrre
nuovi vasi. Bloccare quindi la sintesi
del colesterolo può contribuire a
rallentare l’angiogenesi di tumori in
crescita. Lo scopo della ricerca è
proprio quello di valutare nelle cellule
endoteliali l’efficacia anti-angiogenica
di un farmaco che blocca l’enzima
ossidosqualene ciclasi, essenziale per
la sintesi del colesterolo.
Il suo potenziale anti-tumorale e anti-metastatico verrà valutato in modelli sperimentali che riproducono le
caratteristiche cliniche e patologiche
di diversi tumori umani. Inoltre verranno anche eseguite analisi genetiche e
molecolari in seguito a trattamenti con
l’inibitore dell’ossidosqualene ciclasi,
per comprendere meglio i meccanismi
patologici che si innescano nell’angiogenesi tumorale.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto per la Cura e la Ricerca
sul Cancro di Candiolo (TO)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Alessandria nel 1978
 Laureata in Biologia e Agronomia
all’Università di Rennes (Francia)
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi del Piemonte Orientale
“Amedeo Avogadro”
 PhD in Biochimica e Biologia
Molecolare e Cellulare all’Università
di Rennes (Francia)
 PhD in Sistemi Complessi nella
Biologia Post-genomica all’Università
degli Studi di Torino
25
Giulia
Nacci
Paul
Massa
Anticorpi contro il tumore
per contrastare le recidive
e la farmaco-resistenza: un
nuovo approccio terapeutico.
Il problema più urgente nel trattamento dei tumori è la loro capacità di
diventare resistenti alle terapie.
Tutti i tumori possono sviluppare
resistenza e metastasi e spesso
questo causa la morte del paziente.
Molti tumori primari vengono efficacemente combattuti con anticorpi monoclonali che si legano in maniera specifica a proteine peculiari del tumore.
Tuttavia questi anticorpi non sono altrettanto efficaci nel trattare eventuali
ricadute o su metastasi.
L’obiettivo di questo progetto è di
generare nuove terapie basate
sull’utilizzo di anticorpi selezionati
per la loro capacità di legare e uccidere
tumori resistenti e metastatici.
Verranno analizzati campioni di tumori
al seno, al polmone e melanomi; una
prima scrematura con molti anticorpi
permetterà di selezionare, con moderne
tecnologie di sequenziamento, quelli
più promettenti e specifici per le
diverse neoplasie.
Gli anticorpi candidati saranno poi
validati con saggi in vitro su colture
cellulari derivate da tumori e in vivo su
modelli sperimentali di tumori recidivi
e metastatici.
L’ultimo traguardo di questo progetto
è di creare anticorpi ricombinanti che
mostrino una specificità o un legame
preferenziale per cellule derivate da
biopsie di recidive e metastasi del cancro
alla mammella e melanoma.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Valley Stream, New York (USA)
nel 1976
 Laureato in Biological Sciences alla
Colorado State University di Fort Collins
(USA)
26
 PhD in Genetica alla State University
di New York (USA)
Sclerosi sistemica e malattia
da trapianto contro l’ospite:
applicazione di nuovi saggi
predittivi.
La sclerosi sistemica e la reazione
contro l’ospite conseguente a trapianto
sono patologie croniche accomunate
dallo sviluppo di estesa fibrosi cutanea
e degli organi interni. Colpisce soprattutto donne giovani o di mezza età: i
sintomi sono molto debilitanti e il tasso
di mortalità è elevato. Escluse le ricadute,
sono infatti la causa principale di morte
in pazienti affetti da tumori del sangue
che hanno ricevuto trapianti.
A livello molecolare, la caratteristica
comune è la presenza di autoanticorpi
specifici per il recettore del PDGF
(PDGFR), che contribuiscono a generare
infiammazione cronica nei pazienti.
Il progetto si propone di perfezionare
e ampliare, reclutando un numero
maggiore di pazienti, un nuovo saggio
diagnostico sviluppato di recente dal
gruppo di ricerca per l’identificazione
di autoanticorpi anti-PDGFR nei
soggetti a rischio, al fine di stabilire una
diagnosi precoce utile a indirizzare la
terapia.
Nel saggio verranno misurati i livelli nel
sangue di autoanticorpi specifici per il
PDGFR e analizzata la correlazione tra
la prevalenza degli autoanticorpi e l’andamento della malattia.
In questo modo gli autoanticorpi possono
essere usati come marcatori diagnostici
e prognostici. Inoltre la ricerca si prefigge
di studiare l’attività biologica degli autoanticorpi per comprenderne la funzione
patologica, le molecole chiave coinvolte
nella fibrosi e il potenziale impiego come
bersagli terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cirié (TO) nel 1982
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Torino
 PhD in Sistemi Complessi
per le Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Torino
27
Rani
Pallavi
Giovanni
Pacchiana
Ruolo della fusione cellulacellula nella trasformazione
e
nella
progressione
tumorale.
La fusione tra cellule è un fenomeno
fisiologicamente molto importante ma
raro e che avviene solo in particolari
occasioni come la fertilizzazione
dell’oocita, la formazione della placenta
e lo sviluppo delle fibre muscolari e
degli osteoclasti nello scheletro.
Una teoria proposta agli inizi del ‘900
e ripresa recentemente afferma che
la formazione di metastasi, principale
causa di mortalità nelle patologie
oncologiche, possa originarsi dalla
fusione anomala tra una cellula
tumorale e un macrofago. I macrofagi
sono cellule del sistema immunitario
28
che, per loro natura, sono molto mobili
e in grado di migrare tra i tessuti e nel
sangue.
I macrofagi intervengono anche nella
risposta antitumorale, ed entrano in
contatto con le cellule maligne.
Se una cellula tumorale è in grado
di fondersi con un macrofago, si
avvantaggerebbe della sua naturale
capacità migratoria e sarebbe così
in grado di abbandonare il tumore
primario e originare metastasi.
Lo scopo di questo progetto è di
individuare, isolare e caratterizzare a
livello molecolare e genetico eventuali
ibridi originati da fusione tra cellule
tumorali e macrofagi in un modello
murino di tumore alla mammella.
La miglior comprensione del complesso
fenomeno delle metastasi potrà aiutare
lo sviluppo di terapie più efficaci e
migliorare la qualità della vita dei pazienti
con tumori metastatici.
Azione anti-tumorale della
restrizione calorica attraverso la regolazione delle
cellule staminali.
La restrizione calorica, cioè l’introduzione
di un numero ridotto di calorie con il
cibo, è uno strumento efficace nel
prevenire diverse malattie associate
all’invecchiamento, compreso il
cancro. Queste malattie sono dette
multifattoriali, e fattori ambientali o legati
agli stili di vita possono notevolmente
influenzare la comparsa o la progressione
di queste patologie.
Diversi studi suggeriscono che l’accumulo durante l’invecchiamento di
danni molecolari nelle cellule, e in
particolare nelle cellule staminali
sane, porti alla degenerazione dei
tessuti e alla loro trasformazione.
Diete eccessivamente ricche possono
causare stress al metabolismo che
influenzano i processi cellulari, anche
in senso maligno; di contro, la restrizione
calorica potrebbe esercitare un’attività
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Muzaffarpur (India) nel 1979
 Laureato in Biotecnologie
Farmaco-genomiche all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
 Laureato in Biotecnologie alla
Maharaja Sayajirao University di Baroda
(India)
 PhD in Molecular Medicine
all’Università degli Studi di Torino
 PhD in Biochimica all’Indian Institute
of Science di Bangalore (India)
protettiva e antitumorale.
Il fine del progetto è proprio quello di
capire meglio i meccanismi molecolari della restrizione calorica nella
prevenzione del cancro analizzando
il suo effetto soprattutto sulle funzioni
delle cellule staminali.
Si studierà come le cellule staminali
avvertano la disponibilità di cibo e lo
stress ossidativo; come convertano i
segnali alimentari in un comportamento metabolico e funzionale e come
questi circuiti incidano sulla soppressione tumorale o sulla stabilità del DNA.
Scopo ultimo è identificare marcatori
del rischio di cancro e studiare l’eventuale applicazione di una dieta a basso
contenuto calorico al fine di garantire
un invecchiamento libero dal cancro.
29
Laura
Raccosta
Alessandro
Pratesi
Nuovi bioconiugati di biotina
e octreotide per trattamenti oncologici mirati.
Nonostante gli enormi progressi della
medicina nella cura e nella prevenzione
del cancro, esso rappresenta ancora
una delle prime cause di morte nei paesi industrializzati ed è spesso difficilmente
curabile. Il limite principale della
chemioterapia tradizionale è l’incapacità di distinguere tra cellule tumorali e cellule normali, causando
danni anche in tessuti sani e provocando effetti collaterali consistenti.
È quindi di primaria importanza individuare molecole sintetiche capaci di
svolgere la loro azione antitumorale in
modo selettivo solo sulle cellule cancerose. Il progetto si pone lo scopo di
individuare e sperimentare potenziali farmaci per la cura mirata dei
tumori, in particolare del cancro al
seno.
La strategia è quella di costruire molecole che hanno come bersaglio proteine
espresse dalle cellule tumorali ma non
dalle cellule sane, e agiscano come
“cavalli di Troia” per trasportare
farmaci e chemioterapici.
Uno degli approcci della ricerca è sviluppare derivati della biotina per il trasporto di metalli radioattivi direttamente
nel tumore; una seconda strada è
invece sviluppare analoghi dell’octreotide
da impiegare come trasportatori di
chemioterapici a base di oro e platino.
L’utilizzo di farmaci più selettivi permetterebbe la messa in atto di radioterapie interne e chemioterapie
mirate.
Ciò comporterebbe un aumento
dell’efficacia del trattamento e conseguente diminuzione dei dosaggi
del farmaco e riduzione degli effetti
collaterali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Prato nel 1978
 Laureato in Chimica all’Università
degli Studi di Firenze
30
 PhD in Chimica all’Università
degli Studi di Firenze
Analisi della chemio resistenza indotta dagli ossisteroli prodotti dal tumore.
Una delle strategie che i tumori utilizzano
per sopravvivere ed espandersi
nell’organismo è impedire una risposta
del sistema immunitario contro di
essi; lo fanno ad esempio producendo
molecole che impediscono alle cellule
immunitarie di combattere le cellule
maligne.
Tra le varie molecole che il tumore
produce, alcuni derivati del colesterolo,
chiamati ossisteroli, ostacolano le
cellule dendritiche, tra le prime a
riconoscere una cellula anomala, e
richiamano nel microambiente intorno
al tumore cellule neutrofile, che invece
stimolano la crescita tumorale.
Ancora però non è chiaro con quali
meccanismi il tumore produca ossisteroli
e quale sia il ruolo del microambiente
col quale il tumore e le altre cellule
interagiscono.
La ricerca vuole approfondire questa
conoscenza, con un’attenzione particolare a ciò che avviene a seguito di
trattamento con chemioterapia, durante cioè lo sviluppo di resistenza e di
ricaduta.
Verranno analizzati, in modelli sperimentali di tumori trattati con chemioterapia, l’espressione dei geni
coinvolti nella produzione degli
ossisteroli, quantificare il numero
di neutrofili pro-tumorali che si sono
infiltrati nella massa e in che modo
causano eventuali recidive del tumore.
In prospettiva, questa ricerca potrà
fornire nuova conoscenza dell’interazione
tra tumore, sistema immunitario e
microambiente e suggerire approcci
terapeutici innovativi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1979
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
31
Antonio
Vendramin
Erica
Salvati
Le strutture a quadrupla
elica nel gene del recettore
di VEGF-2: implicazioni per la
terapia.
La struttura del DNA consiste solitamente in due filamenti avvolti uno
sull’altro, nella classica struttura doppia elica: tuttavia, recentemente si è
scoperto che il DNA può assumere
anche strutture a quadrupla elica,
dette G-quadruplex. Queste quadruple eliche sono importanti per la
regolazione di geni, anche quelli
coinvolti nell’oncogenesi e nella progressione tumorale. Nelle cellule endoteliali che costituiscono i vasi sanguigni, uno dei geni la cui espressione
è regolata da una sequenza di DNA
quadruplex è VEGRF-2; esso codifica
32
per una proteina recettore importante
nella formazione di nuovi vasi intorno
al tumore. Questo fenomeno, detto
angiogenesi, permette al tumore di
approvvigionarsi di nutrienti, sostenere la sua crescita e invadere il circolo
sanguigno per formare metastasi.
Bloccare l’angiogenesi è una delle armi
nella guerra contro i tumori.
Lo studio si propone di stabilire se
la regione a quadrupla elica di DNA,
nel gene VEGRF-2, sia importante
per regolare la sua espressione. In
particolare, la sua presenza bloccherebbe l’espressione del gene VEGRF-2,
facendo diminuire anche la corrispondente proteina-recettore, col risultato finale di ostacolare la formazione
di nuovi vasi tumorali. Molecole
chimiche in grado di stabilizzare le
strutture a quadrupla elica nelle cellule potrebbero quindi essere utilizzati
per sviluppare farmaci anti-angiogenici in terapie antitumorali.
Modulazione immunitaria per
separare la malattia da
trapianto contro l’ospite
dalla reazione al tumore.
Il trapianto allogenico da donatore sano
di cellule staminali ematopoietiche è
una delle principali opzioni di cura per
pazienti con tumori ematologici.
Le cellule trapiantate scatenano una
reazione immunitaria contro le cellule maligne, combattendo la malattia.
Tuttavia tale fenomeno è associato
spesso a una reazione generale delle cellule trapiantate contro l’organismo ricevente e questo rappresenta
un’importante causa di mortalità nei
pazienti sottoposti a trapianto.
È fondamentale quindi comprendere
quali sono le vie coinvolte nei due effetti in modo da colpire e bloccare,
con farmaci mirati, solo la reazione
da trapianto e non quella contro il
tumore. Questa ricerca vuole capire
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina
Elena di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1975
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Nizza (Francia) nel 1983
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università “La Sapienza” di Roma
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Biologia Molecolare e Cellulare
all’Università “Tor Vergata” di Roma
 PhD in Ematologia Sperimentale
all’Università degli Studi di Milano
quali sono le vie di segnalazione coinvolte nei due fenomeni. La via di
segnalazione mediata dalle proteine
Janus e JAK/STAT è uno dei principali meccanismi coinvolti nella patogenesi della reazione contro l’ospite. Si vuole
valutare se l’inibizione specifica di JAK/
STAT possa essere una strategia nel
prevenire la reazione contro l’ospite
conservando l’effetto antitumorale. I
risultati avrebbero un grande risvolto
clinico: sono già disponibili farmaci
approvati sull’uomo che agiscono
bloccando JAK/ STAT e che quindi
potrebbero essere facilmente utilizzati nei pazienti trapiantati per prevenire
una grave e pericolosa reazione avversa al trapianto senza intaccare il
potenziale antitumorale.
33
TUMORE AL SENO
Il tumore al seno è il più diffuso nel sesso femminile; nonostante le alte probabilità di
sopravvivenza se diagnosticato in tempo, data la sua diffusione è responsabile ancora
del 16% di tutte le morti per cause oncologiche. La diagnosi precoce è resa possibile
grazie a screening come la mammografia: inoltre, è possibile prevenirlo con una dieta
sana ed evitando sovrappeso e fumo. Tuttavia esistono ancora dei sottotipi di tumore
al seno particolarmente aggressivi e che sviluppano metastasi e resistenza alle terapie.
98%
OLTRE IL
34
dei pazienti
sono donne
75%
10%
87%
delle pazienti
ha più di 50 anni
OLTRE
donne in Italia
vivono con
una diagnosi
di tumore al seno
500.000
dei tumori
al seno
è di origine
ereditaria
pazienti
sopravvivono
a cinque anni
dalla diagnosi
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
Alaa Moustafa Ahmed
Hamza
Le opzioni chirurgiche del
cancro al seno “triplo
negativo”.
Il cancro al seno “triplo negativo” rappresenta il 15-20% di tutti i tumori al
seno ma è quello più aggressivo.
È chiamato “triplo negativo” poiché le
cellule tumorali non esprimono sulla loro superficie nessuno dei tre
recettori normalmente presenti in
altri sottotipi di cancro al seno: recettori per gli estrogeni, recettori per il
progesterone e recettore HER2, e che
rappresentano i bersagli farmacologici per molti dei chemioterapici
usati per la cura. La chirurgia è dunque
quasi sempre l’unica opzione terapeutica percorribile per questo tipo di
cancro. Due sono gli approcci nella
chirurgia del cancro al seno: la mastectomia, in cui viene rimossa tut-
ta o buona parte della mammella,
e la chirurgia conservativa.
La seconda ha sicuramente un migliore impatto sul benessere psicologico delle pazienti, già provate da
una diagnosi di un cancro particolarmente aggressivo.
La presente ricerca vuole analizzare
retrospettivamente gli esiti delle due
tipologie di intervento chirurgico su
un gruppo di pazienti operate per
tumore al seno “triplo negativo” in
modo da ottenere una valutazione
oggettiva delle differenze, se presenti,
tra le due modalità di intervento sulla
sopravvivenza post-operatoria.
L’obiettivo è identificare l’opzione
chirurgica migliore da offrire a pazienti
con cancro al seno “triplo negativo”.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato ad Alessandira d’Egitto (Egitto)
nel 1980
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università di Alessandria d’Egitto
(Egitto)
35
Giorgia
Beffagna
Veronica
Barrero Blanco
Ablazione del tumore al seno
in fase precoce con ultrasuoni ad alta energia.
Il cancro al seno è un tumore molto
frequente nelle donne, e spesso la
chirurgia è necessaria per rimuovere
la massa tumorale.
Ove è possibile, viene praticata di
preferenza la chirurgia conservativa,
per consentire alle pazienti di conservare quanto più possibile il seno integro.
Dopo l’intervento, però possono insorgere effetti collaterali come dolore,
sanguinamento, infezioni e cicatrici e
in alcuni casi le pazienti devono sottoporsi anche a radioterapia. La comunità medica sta quindi sviluppando tecnologie per la rimozione
dei tumori sempre meno traumatiche
e invasive, come la tecnica HIFU
(High-Intensity Focused Ultrasound).
È una terapia di ablazione locale non
invasiva: un fascio di ultrasuoni ad
alta energia viene indirizzato con
precisione su tumori solidi causandone la necrosi.
La HIFU è risultata molto efficace nel
rimuovere i tumori e può essere di
grande utilità per le pazienti in cui
l’intervento chirurgico presenta dei
rischi.
Inoltre rispetto alle altre tecniche
conservative non lascia cicatrici e
provoca i minori cambiamenti nella
forma del seno.
Il progetto sta valutando attraverso uno
studio clinico l’efficacia della HIFU
nella rimozione completa di masse
tumorali senza effetti collaterali, così
da integrare questa tecnica nella comune pratica terapeutica per il cancro
al seno.
Le
cellule
staminali
indifferenziate nel cancro
al seno: ruolo della via di
segnalazione di Hippo e Wnt/ß
catenina.
Il tumore al seno è il più diffuso nella
donna: chirurgia, chemioterapia e radioterapia possono controllare le forme
localizzate, ma non le forme metastatiche. Esiste una sottopopolazione
di cellule tumorali, le cellule staminali del cancro, capace di causare
metastasi.
La ricerca vuole caratterizzare questa
sottopopolazione, utilizzando colture
cellulari ottenute da tumori mammari
“tripli negativi” della donna e del gatto.
Le cellule del tumore al seno felino
sono considerate un buon modello
spontaneo del tumore della donna.
Conoscere più a fondo le caratteristiche
delle cellule staminali del cancro potrà
aiutare a capire il potenziale metastatico
dei tumori mammari e aiutare a sviluppare
terapie mirate. In particolare, la ricerca
vuole indagare nelle cellule staminali
del cancro una via biochimica di
segnalazione denominata Hippo.
Un suo malfunzionamento determina
eccessiva crescita delle cellule. Le
staminali del cancro inoltre, hanno alti
livelli di attività anche della via di Wnt/β
catenina, che stimola la proliferazione.
La ricerca vuole capire la relazione tra
Hippo e Wnt nelle cellule staminali del
tumore al seno umane e feline.
Con un bagaglio di conoscenze maggiori sulle cellule staminali del cancro
nel gatto e nella donna, gatte portatrici di tumore mammario sviluppati spontaneamente diventerebbero,
durante le terapie veterinarie, un
modello naturale per lo studio di
terapie avanzate per l’uomo, riducendo la necessità e i costi di uno
studio su topi in laboratorio.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Santa Cruz de La Sierra (Bolivia)
nel 1977
 Laureata in Medicina e Chirurgia alla
Pontificia Università Cattolica Boliviana di
Santa Cruz (Bolivia)
36
 Specializzata in Chirurgia Generale
all’ Ospital Santa Casa da Misericordia
di Rio de Janeiro (Brasile)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Padova
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Venezia nel 1976
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Padova
37
Cinzia
Calzarossa
Amelia
Buffone
Genetica del tumore ereditario al seno e all’ovaio:
vecchi e nuovi approcci
nell’era del “next generation
sequencing”.
Il 10% dei tumori ereditari al seno e
all’ovaio sono associati a mutazioni
nei geni BRCA1 e BRCA2; individui
che possiedono le varianti mutate
hanno un alto rischio di sviluppare
questi tumori nel corso della vita.
Lo studio di questi tumori ha permesso
di individuare strategie di prevenzione
per soggetti portatori di mutazioni
nei geni BRCA1 e BRCA2.
Tuttavia molti altri casi di tumore,
apparentemente ereditari, non ottengono
risultati informativi dal test genetico
poiché non rilevano tutte le alterazioni,
o per la presenza di altre mutazioni
predisponenti a funzione ancora ignota
(mutazioni VUS).
Lo scopo del progetto è ricercare
nuovi tipi di mutazioni nei geni BRCA1
e BRCA2, non rilevabili con le tecniche
di screening standard, e di nuovi geni
potenzialmente coinvolti nella predisposizione genetica al tumore
della mammella e all’ovaio mediante
la tecnologia del sequenziamento di
nuova generazione. Si tratta di una
metodologia all’avanguardia per
sequenziare il DNA rapidamente e
con un grado di precisione molto alto.
Ad esempio, si vogliono indagare
eventuali mutazioni nel gene ATM in
famiglie predisposte al tumore al seno.
L’utilizzo clinico che può derivare da
questa ricerca è significativo: si potrà
incrementare il numero delle famiglie con ereditarietà per tumori al
seno a cui associare l’alterazione genetica che ne è causa, per indirizzarle
verso più mirate e accurate misure
di prevenzione o terapia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Baruta Caracas (Venezuela)
nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
38
 PhD in Epidemiologia e Patologia
Molecolare all’Università “La Sapienza”
di Roma
Ruolo
oncogenico
e
modulazione dei recettori
P2 delle cellule staminali
del cancro al seno.
La crescita di un tumore è molto influenzata dalle interazioni delle cellule
tumorali con le cellule sane che compongono lo stroma, cioè il tessuto in
cui si trova il tumore.
La ricerca ha ormai compreso che per
trovare efficaci strategie terapeutiche
contro i tumori, diminuendo anche
la probabilità di ricadute e metastasi,
è essenziale comprendere i meccanismi molecolari che regolano le
interazioni tra cellule maligne e
microambiente. Tra le cellule dello
stroma, molto interessanti dal punto
di vista terapeutico sono le staminali mesenchimali; esse modificano il
loro metabolismo in presenza di un
tumore, e interagiscono con esso
stimolandone la crescita. Nell’ambiente
esterno viene inoltre rilasciata, a causa dell’infiammazione prodotta dal
tumore, una grande quantità di ATP,
la molecola che trasporta energia per
i processi cellulari.
Le cellule tumorali possiedono sulla superficie dei recettori specifici
per l’ATP, chiamati P2.
Il livello di questi recettori sulle cellule
tumorali e la loro modulazione da parte
delle cellule mesenchimali potrebbe
influenzare, in senso positivo o negativo,
la continua crescita del tumore.
Lo scopo della ricerca è caratterizzare
questo meccanismo e i suoi effetti,
in particolare sulle cellule staminali
di cancro al seno, responsabili di
sostenere la proliferazione del tumore
e le sue ricadute.
I risultati potranno fornire nuovi bersagli
molecolari contro cui indirizzare farmaci
mirati per bloccare i meccanismi di
sostentamento delle cellule maligne.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Saronno (VA) nel 1976
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Neurologiche e del
Dolore all’Università degli Studi di Milano
39
Simona
Citro
Luis Campos
Martinez
Studio clinico della matrice
di collagene SurgiMend®
nella ricostruzione del seno
dopo mastectomia.
La ricostruzione del seno dopo mastectomia (parziale o totale) in seguito
a un tumore è ormai pratica consolidata in oncologia, per garantire alle
pazienti un benessere anche psicologico, oltre che beneficiare dalla rimozione del tumore. Tuttavia questa
pratica non è esente da problemi di
equilibrio tra necessità di inserire
l’impianto correttamente rispetto al
muscolo è risultato esteticamente
soddisfacente. Negli ultimi anni sono
stati sviluppati prodotti di origine biologica di supporto alla chirurgia. La
possibilità di utilizzare innesti biologici
consentirebbe la ricostruzione anche
nei casi in cui siano danneggiati i tessuti che dovrebbero sostenere la
protesi, ad esempio per radioterapia
precedente, fornendo un’impalcatura
per il ripopolamento cellulare e la rivascolarizzazione.
Il presente studio clinico si propone
di valutare l’efficacia, l’affidabilità,
le eventuali complicanze e il risultato estetico finale della matrice di
collagene SurgiMend® nella ricostruzione del seno con protesi.
Quaranta pazienti saranno sottoposte
a ricostruzione immediata dopo mastectomia del seno con SurgiMend®
e saranno poi seguite per un minimo
di dodici mesi dopo l’intrevento.
Lo studio vuole escludere eventuali
complicanze a breve e lungo termine,
come ad esempio ematomi, infezioni,
malposizionamenti e rotture dell’impianto
e valutare nel complesso la soddisfazione
per il seno ricostruito.
La deacetilasi 1 e la via biochimica PI3K/mTOR nelle cellule di cancro al seno.
Le deacetilasi sono enzimi che regolano l’espressione dei geni nelle cellule, tra cui quelli coinvolti nella divisione. Livelli alterati delle deacetilasi o
un loro funzionamento anomalo sono
coinvolti nello sviluppo e nella progressione di diversi tumori. Infatti, alcuni
inibitori delle deacetilasi sono, in
combinazione con altri farmaci, in
sperimentazione clinica per il trattamento del cancro al seno, mentre
sono in corso studi preclinici per valutare la loro azione sul tumore “triplo-negativo”, particolarmente refrattario a diverse chemioterapie.
Purtroppo questi farmaci hanno
effetti collaterali; conoscere le vie
biochimiche in cui sono coinvolte le
deacetilasi è fondamentale per acquisire nuova conoscenza e sviluppare
farmaci più mirati e meno tossici.
La ricerca vuole studiare la relazione
tra la deacetilasi 1 e la via biochimica
di mTOR. mTOR è un enzima presente
nelle cellule e ne promuove la crescita. Quando mTOR è stimolato da
fattori di crescita, la deacetilasi 1 è
modificata, ma solo in cellule di cancro
al seno e non quelle sane. Si vuole
capire se e come questa differenza
possa favorire la crescita del tumore.
Inoltre, mTOR è coinvolto nell’autofagia; un fenomeno in cui una
cellula, se danneggiata, “mangia se
stessa”; favorire l’autofagia nei tumori è una delle strategie terapeutiche. Comprendere le relazioni tra
deacetilasi 1 e la via di mTOR potrebbe aprire nuovi orizzonti terapeutici per
il tumore al seno, ad esempio combinando farmaci inibitori delle deacetilasi e di mTOR.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
40
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1977
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Albacete (Spagna) nel 1978
 Laureata in Chimica e Tecnologie
Farmaceutiche all’Università
degli Studi di Milano
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Universidad Miguel Hernandez
di Alicante (Spagna)
 PhD in Farmacologia, Tossicologia
e Biotecnologie Farmaceutiche
all’Università degli Studi di Milano
41
Salvatore
Cortellino
Laura
Conti
Onco-antigeni delle cellule
staminali del cancro per una
terapia immunologica del
tumore mammario triplo
negativo.
I progressi nella diagnosi e nelle terapie hanno migliorato la sopravvivenza
delle pazienti con tumore al seno.
Tuttavia, per alcuni tumori, detti “tripli
negativi”, che non esprimono i recettori per estrogeni e progestinici né la
proteina HER2, le possibilità di trattamento sono limitate.
Si devono dunque identificare nuove
molecole da utilizzare come bersaglio per terapie mirate.
Queste molecole devono avere un
ruolo nella progressione dei tumori tripli
negativi ed essere espresse dal
42
“sottogruppo” delle cellule staminali
del cancro, il nocciolo duro del
tumore, responsabili della progressione
tumorale, della formazione di metastasi
e dei fenomeni di resistenza ai farmaci.
Il progetto vuole caratterizzare le cellule
staminali dei tumori al seno tripli negativi
e identificare le molecole coinvolte nel
loro auto-rinnovamento e nelle loro
proprietà.
Una volta identificate molecole e proteine importanti per il mantenimento
delle cellule staminali del tumore, sarà
possibile generare anticorpi monoclonali specifici contro di esse, in
modo da colpire solo le cellule staminali del cancro, per bloccarne l’autorinnovamento e privare il tumore
del suo serbatoio di nuove cellule.
Le terapie immunologiche con anticorpi monoclonali sono più specifiche,
dunque in generale più efficaci e meno
tossiche, della classica chemioterapia
e possono fornire nuovi strumenti per
il trattamento del tumore mammario
triplo negativo, molto aggressivo, e
fornire ai pazienti prognosi e terapie
migliori.
RAB5A
promuove
la
disseminazione del tumore
al seno attraverso un
programma trascrizionale
atipico.
La principale causa di morte nei pazienti
oncologici non è il tumore primario,
ma le metastasi, cioè tumori che derivano
dalla disseminazione del tumore primario
in altri organi e tessuti. Comprendere
i meccanismi del processo di
migrazione del tumore è fondamentale
per sviluppare nuovi farmaci specifici
per combattere il fenomeno della
metastatizzazione. Rab5 è una proteina
che controlla la morfologia e il
movimento delle cellule, e lo fa
regolando nel tempo e nello spazio
l’accensione e lo spegnimento di geni
specifici della migrazione. Rab5 regola
i geni a livello della loro trascrizione,
cioè quando le informazioni vengono
copiate dal DNA all’RNA messaggero.
In particolare, Rab5 è un “master
regulator”, cioè uno dei principali
regolatori dei geni della “transizione
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Torino
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto FIRC di Oncologia Molecolare
di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Torino nel 1979
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Canosa di Puglia (BAT) nel 1975
 Laureata in Biotecnologie Mediche
presso l’Università degli Studi di Torino
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Bari Aldo Moro
 PhD in Immunologia e Biologia Cellulare
all’Università degli Studi di Torino
 PhD in Patologia all’Università
degli Studi di Siena
epiteliale-mesenchimale”: un processo
biologico che le cellule mettono in atto
quando hanno bisogno di una maggior
mobilità nei tessuti. Non è ancora chiaro
però quali siano tutti i geni regolati da
Rab5 e in che modo sono alterati nelle
cellule tumorali.
Lo scopo del progetto è proprio
identificare quali geni regolati da
Rab5
sono
coinvolti
nella
trasformazione delle cellule tumorali
benigne in cellule con alto grado di
malignità e alto potenziale di migrazione
e disseminazione, utilizzando il modello
del cancro al seno.
I geni identificati potranno essere in
futuro utilizzati come marcatori diagnostici
in studi epidemiologici e come bersagli
di nuovi farmaci e chemioterapici.
43
Patrizia
D’adda
Susan Jaqueline
Cuevas Novoa
Effetti dalla radioterapia in
pazienti sottoposte a mastectomia nipple sparing e
ricostruzione immediata.
La mastectomia nipple sparing è
una tecnologia chirurgica che permette
di mantenere intatto il capezzolo e
l’areola durante un intervento di
mastectomia in pazienti affette da
cancro al seno.
Può essere accompagnata anche
da un intervento di ricostruzione immediata, per ricostituire la forma e
l’aspetto originale del seno nonostante l’asportazione del tessuto tumorale,
con vantaggi notevoli sul benessere
psicologico delle pazienti dopo l’intervento. Spesso la mastectomia necessita di una radioterapia adiuvante
per minimizzare il rischio di ricadute
del tumore.
Lo scopo del progetto è di analizzare
gli effetti della combinazione della
radioterapia prima, durante e dopo gli
interventi di mastectomia nipple sparing
con ricostruzione immediata.
L’obiettivo finale è quello di valutare
eventuali differenze tra i tre trattamenti di radioterapia e individuare
quello più idoneo e sicuro per quanto riguarda la sicurezza oncologica.
In particolare si valuterà se la radioterapia
intraoperatoria del complesso areolacapezzolo possa migliorare la prognosi
e gli esiti dell’intervento per le pazienti
affette da cancro al seno senza
comportare complicazioni ed effetti
collaterali.
Limitazioni funzionali nelle
pazienti affette da carcinoma
mammario dopo chirurgia
ascellare.
La rimozione chirurgica dei linfonodi
ascellari è una pratica abbastanza
comune nelle pazienti affette da
carcinoma mammario, al fine di
rimuovere eventuali cellule del tumore
già penetrate nei vasi linfatici prima
che si diffondano e generino metastasi
in altri tessuti dell’organismo.
Negli ultimi anni si è affermata anche
una metodologia complementare, la
biopsia del linfonodo sentinella, cioè
il linfonodo più vicino alla massa
tumorale: è un intervento meno invasivo
che permette di valutare se è opportuno
o meno procedere con la rimozione
di tutti i linfonodi ascellari.
La chirurgia ascellare, benché preziosa
per l’eradicazione del tumore, non è
quasi mai priva di complicanze post
chirurgiche; edema ai linfonodi
compaiono nel 75% delle pazienti che
subiscono la chirurgia ascellare e nel
40-50% di quelle che hanno effettuato
la biopsia del linfonodo sentinella.
Questo causa perdita di funzionalità
dell’arto superiore, dolore e stress
anche a livello psicologico.
Lo scopo della ricerca è valutare quantitativamente in un gruppo di pazienti
affette da carcinoma mammario l’esito post-chirurgico della funzionalità
dell’arto in termini di dolore, forza e
particolarità, nonché il grado di preoccupazione per le conseguenze
prima e dopo l’intervento. Lo scopo
è confermare la convenienza di non
intervenire sui linfonodi ascellari in
casi di carcinoma mammario con
l’ascella negativa alle analisi cliniche
ed ecografiche, onde evitare complicazioni alla funzionalità dell’arto.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Caracas (Venezuela) nel 1980
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’ Universidad Central de Venezuela
di Caracas (Venezuela)
44
 Specializzata in Ginecologia
all’Universidad Central de Venezuela
di Caracas (Venezuela)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Codogno (Lodi) nel 1983
 Laureata in Fisioterapia all’Università
degli Studi di Milano
45
Yenia Ivet
Diaz Prado
Simona
D’Aguanno
Ricerca degli interattori di
Bcl-2 in cellule di cancro
al seno mediante spettrometria di massa.
La proteina Bcl-2 si trova ad alti livelli
nelle cellule di tumore della mammella.
Bcl-2 ha diverse funzioni nelle cellule:
è coinvolta nella crescita dei tumori,
nella resistenza alla “morte cellulare
programmata”, nella formazione delle
metastasi e nella risposta ai trattamenti
chemioterapici.
Nelle cellule di melanoma e nel carcinoma mammario, Bcl-2 coopera con
altri fattori cellulari nel favorire la
formazione di nuovi vasi sanguigni
nelle regioni del tumore povere di ossigeno. In questo modo il tumore si
approvvigiona di ossigeno e sostiene
la sua crescita. Il meccanismo con cui
Bcl-2 promuove questi fenomeni è
ancora in parte oscuro: lo scopo del
progetto di ricerca è l’identificazione
di altre proteine “partner” che interagiscono con Bcl-2 in cellule di
tumore alla mammella per comprendere meglio il ruolo di questa proteina
nello sviluppo e nel mantenimento del
tumore.
Per realizzare la ricerca verranno utilizzate tecniche di spettrometria di
massa di ultima generazione e software di bioinformatica per lo studio
in silico delle proteine identificate.
La spettrometria di massa è una tecnica che permette di identificare la composizione chimica di una qualunque
sostanza immessa nello strumento,
quindi anche gli amminoacidi che
compongono le proteine: analizzandone
la sequenza degli amminoacidi con
dei software appositi, si può risalire a
quale proteina interagisce con Bcl-2.
Introduzione alla tecnica
chirurgica del linfonodo
sentinella in pazienti con
tumore al seno.
Il cancro al seno è uno dei tumori più
frequenti nelle donne nei paesi
industrializzati, ma la sua incidenza
sta aumentando anche nelle nazioni
in via di sviluppo, tra cui il Centro e
Sud America. Il cancro al seno è curabile
nell’85% dei casi, se diagnosticato e
rimosso in tempo, soprattutto prima
che dia origine a metastasi. Le metastasi
sono masse tumorali che si formano
in tessuti lontani dall’origine del tumore
primario, originato da cellule che migrano
attraverso i vasi sanguigni e linfatici.
Il linfonodo sentinella è il linfonodo
più vicino al sito del tumore primario,
e il primo che viene raggiunto da cellule
tumorali in movimento. Viene identificato
tramite liquido di contrasto, ed effettuata
una biopsia per analizzare l’eventuale
presenza di cellule tumorali, per decidere
la migliore strategia terapeutica da
adottare.
L’obiettivo della ricerca è permettere
alla Dottoressa di acquisire e perfezionare le competenze tecniche
e teoriche della chirurgia del linfonodo sentinella presso l’Istituto Europeo
di Oncologia.
La Dottoressa potrà usufruire di attrezzature e strumentazioni diagnostiche
all’avanguardia per la diagnosi e la
chirurgia del tumore al seno, analizzare un gran numero di casi clinici e
beneficiare dell’expertise di medici e
personale sanitario in un centro di
eccellenza nel trattamento del cancro
al seno.
Il know-how acquisito al termine del
progetto permetterà alla Dottoressa
di trasferirlo nei centri sanitari del proprio paese di origine.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina
Elena di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cassino (FR) nel 1976
46
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Santa Clara (Cuba) nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Instituto Superior De Ciencias
Médicas de Villa Clara (Cuba )
 Specializzata in Oncologia all’Instituto
Superior De Ciencias Médicas de Villa
Clara (Cuba )
47
Daniela
Di Giacomo
Una nuova piattaforma biotecnologica per la diagnosi di predisposizione al cancro al seno.
Il 10% circa dei tumori al seno ha
un’origine genetica; in particolare, mutazioni nei geni per le proteine BRCA1
e BRCA2 aumentano di oltre l’80%
il rischio di sviluppare carcinoma al
seno e all’ovaio. Il progetto si propone
di utilizzare una piattaforma clinica
per l’identificazione e la selezione
di famiglie abruzzesi con predisposizione al cancro al seno e all’ovaio.
La piattaforma è stata messa a punto
negli ultimi 15 anni dall’Università degli Studi dell’Aquila in collaborazione
con l’Ospedale San Salvatore e l’Università di Rouen (Francia).
Lo scopo è quello di identificare nuove
mutazioni, varianti genetiche e riarrangiamenti cromosomici che alterano
la produzione delle proteine BRCA1 e
BRCA2 e valutare in che misura aumentino il rischio di contrarre carcinoma mammario e ovarico.
Nelle pazienti senza predisposizione
genetica identificata, infatti, sono presenti mutazioni genetiche di significato funzionale sconosciuto (VUS)
ma che, con meccanismi ancora
ignoti, sono associate al tumore.
Sarà molto importante quindi identificare quali sono, come sono associate
allo sviluppo della malattia e come
esercitano la loro azione predisponente allo sviluppo del cancro.
In particolare, si vuole indagare se e
come le mutazioni VUS influenzino
l’espressione e l’azione delle proteine
BRCA1 e BRCA2, il cui malfunzionamento aumenta notevolmente il rischio
di sviluppare cancro al seno e all’ovaio.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi dell’Aquila
48
Ana Paula
Gomes
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Teramo
Monitoraggio della tecnica
del linfonodo sentinella
all’University Hospital nel
sud del Brasile.
Il sistema linfatico è un insieme di vasi
complementare a quello sanguigno,
drena i liquidi in eccesso dai tessuti e
trasporta le cellule immunitarie. I linfonodi sono piccoli organi disseminati in diversi punti come collo, inguine
e ascelle. Nei linfonodi arrivano i
liquidi provenienti dal tessuto circostante, contenenti anche sostanze
indesiderate o cellule tumorali. Il
sistema linfatico infatti è tra i primi organi che le cellule tumorali raggiungono quando acquistano la capacità di
disseminarsi lontano dal sito primario,
causando metastasi. Il linfonodo
sentinella è il più vicino al sito primario di un tumore, ed è il primo
che viene raggiunto dalle cellule
tumorali.
Quando si asporta una massa tumorale, si può decidere di rimuovere i
linfonodi dell’area coinvolta per diminuire
il rischio di metastasi. Per valutare come
procedere, si individua il linfonodo
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Teramo nel 1976
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Mama-Hospital Sao Lucas
da PUCRS (Brasile)
 Laureata in Biologia
all’Università degli Studi dell’Aquila
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Porto Alegre (Brasile) nel 1982
 PhD in Oncologia e Patologia Molecolare
e Genetica all’Università di Chieti-Pescara
e Università di Rouen (Francia)
 Laureata in Medicina e Chirurgia
alla Pontifica Universidade Catolica do
Rio Grande do Sul (Brasile)
sentinella, iniettando una piccolissima
quantità di una sostanza radioattiva
vicino al tumore; il linfonodo raggiunto per primo viene asportato ed esaminato in laboratorio per accertare o
escludere la presenza di cellule tumorali e decidere la strategia chirurgica.
Questo progetto consiste nel monitorare il follow-up post-operatorio
di pazienti con carcinoma mammario
operati presso l’Ospedale di San Lucas, in Brasile, con la tecnica del
linfonodo sentinella.
Si vuole analizzare l’applicazione di
questa tecnica chirurgica valutando
la mortalità delle pazienti, per migliorare le prestazioni della procedura in
ospedale.
49
Giulia
Massari
Olga
Ivanova
Analisi di strategie chirurgiche per il trattamento del
tumore al seno.
La chirurgia è la strategia terapeutica
di elezione per trattare il tumore al seno.
In Italia, i moderni approcci chirurgici sono volti a mantenere quanto
più possibile integro il seno, e a
intervenire con la modalità meno invasiva possibile, per causare alle pazienti il minor disagio psico-fisico
possibile.
Ad esempio, l’analisi del linfonodo
sentinella, il più vicino alla sede del
tumore, permette di valutare in fase
pre-operatoria la necessità o meno di
procedere con interventi chirurgici più
invasivi, come la rimozione di tutti i
linfonodi ascellari (linfoadenectomia
radicale). Durante la sua permanenza
la Dottoressa migliorerà le proprie
competenze teoriche e tecniche,
eseguendo la biopsia del linfonodo
sentinella e chirurgia ricostruttiva nelle
pazienti con cancro al seno. Migliorerà
le proprie competenze di valutazione
di efficacia e fattibilità della biopsia del
linfonodo sentinella in pazienti giovani,
seguendo l’impatto sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita del paziente.
Imparerà anche le tecniche di mastoplastica e chirurgia conservativa
del seno accoppiata a radioterapia,
chemioterapia e terapia ormonale di
supoporto.
L’obiettivo è quello di portare un
bagaglio di conoscenze medicochirurgiche di alto livello in Russia,
dove le metodologie di cura del
tumore al seno sono ancora
drastiche e prevedono sempre la
linfoadenectomia radicale, per offrire
anche in quel paese una migliore
qualità della vita e di sopravvivenza
alle pazienti con cancro al seno.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Kishinev (URSS) nel 1979
50
 Laureata in Medicina e Chirurgia
alla Moscow Medical Academy di Mosca
(Russia)
Tumore al seno, dalla
neoplasia duttale
intraepiteliale al
carcinoma infiltrante:
considerazioni cliniche.
Il Mammotome® è una strumentazione
all’avanguardia per la cura del tumore
al seno, perché permette di fare
diagnosi affidabili anche su calcificazioni
microscopiche, senza dover ricorrere
all’intervento chirurgico.
Lo strumento consente, tramite una
sottilissima sonda introdotta nel
seno, di rimuovere l’intera lesione
per una successiva biopsia senza un
vero e proprio intervento chirurgico.
In alcuni casi però, una diagnosi,
effettuata al Mammotome®, di
neoplasia duttale intraepiteliale diventa,
una volta effettuata una valutazione
anatomopatologica approfondita, una
diagnosi di carcinoma infiltrante, cioè
una stadio conclamato e più avanzato
di tumore. La ricerca quindi vuole
identificare fattori di rischio e i
parametri clinici e biologici che
possano suggerire la presenza di
un carcinoma invasivo nelle biopsie
preoperatorie da Mammotome®, per
valutare la necessità di effettuare
contestualmente anche la biopsia del
linfonodo sentinella.
La ricerca valuterà inoltre l’entità precisa della discordanza tra la diagnosi
al Mammotome® e quella anatomopatologica definitiva, che secondo la
letteratura internazionale è intorno al
15-25%. I risultati permetteranno di
perfezionare l’efficacia della diagnosi
per ogni paziente migliorando la performance clinica.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Ortona (CH) nel 1987
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Milano
51
Alessio
Molfino
Claude
Minani
Epidemiologia, tecniche di
screening e terapia dei tumori al seno e alla cervice
in Burundi.
I tumori al seno e all’apparato genitale
sono tra i più diffusi nelle donne dei
paesi industrializzati ma la loro incidenza sta aumentando anche nei
paesi in via di sviluppo, dove provocano numerosi morti soprattutto a
causa dell’inadeguatezza delle strutture
sanitarie.
In Burundi, due sono le cause
principali di morte nelle donne:
complicazioni durante la gravidanza e il parto e i tumori dell’apparato riproduttivo femminile.
Mentre per ridurre la mortalità legata
alle gravidanze esiste una politica
sanitaria internazionale all’interno dei
Millenium Development Goals delle
Nazioni Unite, non vi sono strategie
strutturate per affrontare l’emergenza
legata alla diffusione dei tumori all’apparato riproduttore femminile.
Vi è scarsità di conoscenza su come
riconoscere le patologie non solo
nella popolazione ma anche tra gli
operatori sanitari, assenza di programmi di screening efficaci per una
diagnosi precoce e limitato accesso
alle cure da parte delle donne.
Durante la sua permanenza, il Dottor
Minami potrà acquisire e perfezionare
le conoscenza diagnostiche e
interventistiche sul tumore al seno
e alla cervice, apprendendo le
metodiche strumentali e di laboratorio
per la diagnosi.
Inoltre, verrà approfondito l’aspetto
epidemiologico, in particolare la relazione
tra virus del papilloma umano (HPV) e
tumore alla cervice. L’obiettivo finale
è quello di acquisire un know-how
da poter utilizzare nel proprio paese
per diminuire la mortalità tra le donne
per tumori dell’apparato riproduttore
e implementare efficaci programmi di
prevenzione.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Murago-Bururi (Burundi) nel
1983
52
 Laureato in Medicina e Chirurgia
al Teaching Regional Hospital of Ngozi
(Burundi)
Effetto dell’acido docosaesaenoico (DHA) sull’indice di
omega-3 in pazienti con cancro al seno.
Il carcinoma mammario è uno dei tumori più frequenti; colpisce ogni anno
più di un milione di donne al mondo
e oltre 40.000 in Italia. È da tempo
nota la relazione tra dieta, sovrappeso
e rischio di neoplasia mammaria e sua
recidiva.
In particolare, diete a elevato contenuto
di acidi grassi della serie omega-6
e carenti in acidi grassi della serie
omega-3 favoriscono un aumento
del rischio di sviluppare carcinoma
mammario.
Gli acidi grassi polinsaturi della serie
omega-3, in particolare l’acido docosaesaenoico (DHA), sono in grado di migliorare l’efficacia della chemioe radio-terapia in pazienti con
carcinoma mammario, sensibilizzando
solo le cellule tumorali, e non i tessuti sani, all’azione delle terapie, riducendo così gli effetti collaterali.
Lo scopo della ricerca è valutare la
capacità delle cellule di pazienti con
carcinoma mammario a incorporare l’acido docosaesaenoico, valutare
se ci sono differenze tra pazienti oncologiche e donne sane e se l’incorporazione di acido docosaesaenoico
è ridotto in pazienti con famiglie ad
alto rischio di carcinoma mammario
rispetto, ad esempio, a pazienti che
non hanno una storia familiare di tumori
al seno.
I risultati della ricerca saranno preziosi
per stabilire come cambiano i valori di
omega-3 nelle pazienti con carcinoma
mammario, quali sono i valori ottimali
da mantenere e come integrare grassi
omega -3 nelle diete delle pazienti con
un basso indice per migliorare la diagnosi
e il risultato clinico delle terapie.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1978
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
 PhD in Nutrizione Clinica e Preventiva
all’Università “Tor Vergata” di Roma
53
Andrea
Prodosmo
Sergio
Occhipinti
Varianti mutate di HER2 come
bersaglio di immunoterapia
nel cancro al seno.
La proteina HER2 è un recettore presente sulla membrana delle cellule,
rivolto verso l’esterno
Riceve i segnali degli ormoni e dei
fattori di crescita e li trasmette all’interno della cellula, che risponde stimolando la sua crescita. Il suo ruolo
nello sviluppo del tumore mammario
è ben noto; livelli elevati o mutazioni
di HER2 la rendono oncogenica,
cioè in grado di favorire la formazione
del tumore. Le mutazioni delle proteine
vengono solitamente studiate dal punto di vista funzionale, valutando l’impatto che hanno sul funzionamento
delle proteine e l’effetto sulla vita e
54
sulla velocità di divisione delle cellule.
Le proteine di membrana, come
HER2, sono però anche esposte al
riconoscimento da parte di cellule
immunitarie, come i linfociti, che circolano nei tessuti. I linfociti possono
riconoscere proteine anomale come
quelle tumorali ed eliminare le cellule
che le espongono. Lo scopo dello
studio è quello di valutare in vitro e poi
in un modello in vivo la capacità di una
forma mutata di HER2 di stimolare il
sistema immunitario di pazienti con
tumori mammari positivi per HER2.
Una volta individuati linfociti
specifici per la proteina tumorale
HER2 ancora potenzialmente attivi,
questi potrebbero essere ristimolati
da un vaccino, veicolato tramite
nanoparticelle, e reagire contro il
tumore.
L’obiettivo finale è quello di sviluppare
un efficace vaccino antitumorale e
progettare protocolli immunoterapici a
basso costo e accessibili a un vasto
numero di pazienti.
Un nuovo test diagnostico
per valutare le mutazioni di
ATM nel rischio di cancro al
seno.
Il 10% circa dei tumori al seno ha una
predisposizione familiare ed è causato
da mutazioni specifiche in alcuni geni,
come BRCA1 e BRCA2. Negli ultimi
anni sono stati individuati diversi altri
geni le cui mutazioni portano allo sviluppo del tumore al seno, tra cui ATM.
ATM codifica per una proteina che
segnala i danni nel DNA affinché
siano riparati. Quando non funziona,
i danni nel DNA si accumulano e questo facilita lo sviluppo del cancro.
Individui con mutazioni in entrambe le
copie del gene ATM (omozigosi),
sviluppano in età pediatrica la sindrome
Atassia-Telangectasia, mentre quelli
con mutazioni in singola copia
(eterozigosi) non manifestano sintomi
ma hanno una predisposizione
maggiore allo sviluppo dei tumori
al seno.
L’obiettivo del progetto è analizzare
quante e quali mutazioni di ATM
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
CeRMS, Ospedale Città della Salute e
della Scienza di Torino
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina
Elena di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Savona nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1977
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Torino
 Laureato in Scienze Biologiche
all’Univesità “La Sapienza” di Roma
sono presenti in un gruppo di 150
pazienti con tumore al seno utilizzando un nuovo test diagnostico tramite
prelievo di sangue, rapido e non
invasivo. I risultati permetteranno di
comprendere quali sono i cambiamenti nella sequenza del gene ATM che
più probabilmente aumentano il rischio
cancro al seno. L’analisi delle pazienti con il tumore al seno utilizzando
questo nuovo test consentirà in futuro di avviare programmi di prevenzione per tutte le portatrici sane
delle mutazioni di ATM in eterozigosi che ancora non hanno sviluppato
la malattia e migliorare i criteri di valutazione del rischio di tumore per suggerire programmi di prevenzione personalizzati.
55
Sabrina Kahler
Ribeiro Fontana
Utilizzo della biopsia ai linfonodi sentinella dopo chemioterapia neoadiuvante nel
cancro al seno.
Una delle strategie terapeutiche più
utilizzate per trattare i tumori umani, ad
esempio i tumori al seno, è la rimozione
chirurgica. L’intervento viene spesso
accompagnato da chemioterapia di
supporto, per aumentare le probabilità
di guarigione senza ricadute. La chemioterapia neoadiuvante consiste
nella somministrazione di farmaci
chemioterapici a pazienti prima di
sottoporli a un eventuale intervento
chirurgico, allo scopo di ridurre la
massa del tumore e combattere eventuali micrometastasi in presenza di una
malattia apparentemente localizzata.
La somministrazione precoce di farmaci ha il vantaggio di diminuire la
probabilità di resistenza e di fare
regredire il tumore per effettuare una
chirurgia meno invasiva.
La tecnologia del linfonodo sentinella
consiste nel valutare l’eventuale presenza di cellule tumorali che stanno
migrando dal sito primario per originare
metastasi. Il progetto vuole valutare
quantitativamente e qualitativamente
l’esito in pazienti affette da tumore al
seno e sottoposte a chemioterapia
neoadiuvante, analizzando oltre 400
pazienti trattate a partire dal 2000 presso l’Istituto Europeo di Oncologia di
Milano.
Si vuole inoltre valutare l’efficacia della tecnica del linfonodo sentinella nella valutazione clinica di pazienti dopo
trattamento con chemioterapia neoadiuvante e la presenza di eventuali ricadute a livello dei linfonodi ascellari.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
56
Randriamamonjy
Florence Yolande
Master in Citopatologia cervico-vaginale e Citologia
mammaria.
Il Master ha l’obiettivo di formare la
figura professionale del citologo,
fornendogli le necessarie competenze teoriche e pratiche: conoscenza
delle tecniche di citologia dei tessuti
del seno e dell’apparato riproduttore
femminile, autonomia nell’interpretazione del campione biologico e
della compilazione del referto secondo i criteri standard internazionali,
conoscenza delle metodiche immunoistochimiche e diagnostiche, gestione e organizzazione di un laboratorio
citologico e procedure per il controllo
di qualità.
Al termine del percorso formativo la
Dottoressa avrà acquisito conoscenze
teoriche e tecniche per effettuare in
modo accurato e in autonomia la lettura
dei preparati biologici dei pazienti e la
compilazione del referto secondo i
modelli internazionali. In questo modo
la Dottoressa avrà gli strumenti per
poter organizzare un laboratorio di
citologia all’Ospedale di Sakalanina
in Madagascar, un centro sanitario
che fa parte della rete che opera per
la prevenzione, la diagnosi e la cura
dei tumori femminili in Madagascar.
Questa rete sanitaria è stata creata
nel 2011 e da allora partecipa al progetto di lotta contro i tumori femminili 4 A WOMAN, promosso dalla
Fondazione Akbaraly.
Rendendo autonome le regioni e i
paesi più isolati nelle attività di prevenzione dei tumori si mira a ridurre l’incidenza degli stessi nonché il tempo
di intercorrenza tra diagnosi e terapia,
aumentando le probabilità di successo della cura.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università di Modena e Associazione
ONLUS “Alfeo Corassori LA VITA PER TE”
di Modena
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Caxias do Sul (Brasile) nel 1978
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Antanarivo (Madagascar)
nel 1962
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Universidade de Caxias do Sul (Brasile)
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università di Antanarivo (Madagascar)
57
Francesco
Sabbatino
Ramaherison
Ndremisa Seheno
Master in Citopatologia cervico-vaginale e Citologia
mammaria.
Il Master si propone di formare la figura professionale del citologo, con un
focus particolare sul seno e sull’apparato riproduttore femminile
Il corso fornisce le necessarie
conoscenze teoriche e pratiche delle
tecniche di citologia dei tessuti,
come le metodiche immunoistochimiche
e diagnostiche, nozioni per la corretta
interpretazione del campione biologico
e della compilazione del referto secondo
i criteri internazionali, modalità operative
di gestione e organizzazione di un
laboratorio di analisi citologiche e
protocolli di controllo qualità.
L’obiettivo del master è quello di fornire
alla Dottoressa le conoscenze teoriche
e tecniche per effettuare correttamente
e in autonomia le diagnosi dai campioni
biologici delle pazienti e stilare il referto
secondo i modelli standard della comunità
medica internazionale.
In questo modo la Dottoressa sarà in
grado di organizzare presso l’Ospedale
di Sakalanina in Madagascar un
laboratorio di citologia attrezzato e
operativo.
L’ospedale fa parte infatti di una rete
che opera per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori femminili
in Madagascar.
Dal 2011 infatti fa parte del progetto
di lotta contro i tumori femminili 4
A WOMAN, promosso dalla Fondazione Akbaraly. Permettere ai
paesi più poveri e disagiati di svolgere in autonomia e con competenza
programmi di prevenzione dei tumori
contribuisce notevolmente a diminuirne
l’incidenza, il tempo che trascorre tra
diagnosi e intervento, offrendo a quelle
popolazioni maggiori probabilità di
successo della cura oncologica.
Nuove terapie combinatoriali
per il tumore al seno “triplo
negativo”.
Le neoplasie mammarie denominate
“triple negative” sono un sottogruppo
di tumori al seno le cui cellule non
hanno recettori per gli estrogeni, per
il progesterone o per il recettore HER2.
Sono tra i tumori al seno più difficili
da trattare farmacologicamente, proprio perché non presentano i recettori “bersaglio” di molti farmaci
attualmente a disposizione. Il progetto di ricerca consiste nel valutare,
in modelli animali che simulano il quadro
clinico dei pazienti, una nuova combinazione terapeutica per questo tipo
specifico di tumore, utilizzando un
farmaco e un anticorpo diretti contro
proteine importanti nella biologia delle cellule tumorali triple negative.
Tale combinazione mira all’eliminazione
selettiva delle cellule mammarie tu-
morali, incluse le cosidette cellule
“iniziatrici”, o staminali, del cancro
(CIC), responsabili dell’origine e
della rigenerazione del tumore.
Poiché la mancata eliminazione di tutte
le cellule staminali del cancro è alla
base della disseminazione e delle
metastasi, in questo modo si dovrebbe
anche diminuire la probabilità di ricaduta
che è causa primaria di morte nelle
pazienti affette da tumori mammari tripli
negativi.
I risultati ottenuti in vitro e in vivo sull’efficacia e sulla tossicità del trattamento forniranno una base di partenza per
disegnare e attuare un nuovo studio
clinico sperimentale per il trattamento
dei tumori mammari “tripli negativi” nelle
pazienti.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Harvard Medical School di Boston (USA)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università di Modena e Associazione
ONLUS “Alfeo Corassori LA VITA PER TE”
di Modena
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Andriba (Madagascar) nel 1975
58
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università di Antanarivo (Madagascar)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Napoli nel 1979
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi Federico II
di Napoli
 PhD in Oncologia Molecolare ed
Endocrinologia all’Università degli Studi
Federico II di Napoli
59
Maria Virginia
Thomazini
Ricorrenza e sopravvivenza
globale in pazienti con cancro al seno triplo negativo
dopo mastectomia nipple
sparing senza radioterapia.
Tra i diversi tipi di tumore al seno, quello
triplo negativo è il più difficile da trattare
farmacologicamente, e la chirurgia è
la terapia di elezione per questo tumore.
La mastectomia “nipple sparing” è
una moderna tecnica chirurgica che
permette di eliminare completamente
il tessuto tumorale mantenendo intatti il capezzolo e l’areola, con
notevoli benefici psicologici per le
pazienti.
A seguito di mastectomia nipple sparing può o meno essere effettuata
anche radioterapia adiuvante alla mam-
mella per diminuire le probabilità di
ricadute del tumore.
Lo scopo della ricerca è valutare la
sopravvivenza globale e i fattori associati alle ricorrenze locali del carcinoma mammario triplo negativo in
pazienti sottoposte a mastectomia
nipple sparing senza radioterapia
di tutta la mammella o che hanno irradiato solo la zona dell’ areola e del
capezzolo.
L’identificazione dei fattori associati alla
recidiva permetterà di selezionare, tra
tutte le pazienti che hanno effettuato
una mastectomia nipple sparing, quelle
con un maggior rischio di sviluppare
ricadute della malattia e che quindi
vanno indirizzate a una radioterapia
adiuvante post-intervento per aumentare le probabilità di una remissione
completa.
Veronica Toledo
Martinez
Sicurezza del lipofilling nei
pazienti di cancro al seno.
Il lipofilling è una tecnica di chirurgia
estetica che consiste nell’utilizzare il
tessuto adiposo da altre parti del
corpo per correggere squilibri o
difetti e, in oncologia, viene utilizzata
per ricostruire il seno in seguito a mastectomia in pazienti operate per cancro al seno. Ha il vantaggio di utilizzare materiale naturale e autologo, ciò
di provenienza del paziente stesso,
facilitando l’attecchimento
Tuttavia è fondamentale accertarsi
dell’assenza di effetti collaterali e possibili conseguenze.
Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato infatti che gli adipociti, le
cellule che immagazzinano il grasso
corporeo, sono capaci di produrre
fattori di crescita che possono stimolare le cellule tumorali a crescere
e favorire l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni intorno al tumore, nutrendolo.
Lo scopo della ricerca è dimostrare
la sicurezza di utilizzare lipofilling
nelle pazienti trattate per cancro al
seno, e verificare che non vi sia un
aumento di rischio per sviluppare nuovi
tumori. La chirurgia estetica al seno è
molto importante dal punto di vista del
benessere psicologico delle pazienti
operate, soprattutto se donne giovani,
ma è altrettanto importante valutare
che l’intervento estetico non comprometta il risultato clinico e non esponga le pazienti a rischi di sviluppare
ricadute.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Pires do Rio-Goiás (Brasile)
nel 1985
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’ Universidade Estadual de Campinas
di Campinas (Brasile)
60
 PhD in Ginecologia e Senologia
all’ Universidade Estadual de Campinas
di Campinas (Brasile)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cañete (Cile) nel 1979
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Universidad de Chile (Cile)
61
grant 2014
Jose
Vila
Trattamento chirurgico del
carcinoma mammario nelle
pazienti giovani: chirurgia
conservativa contro mastectomia.
Le pazienti giovani, al di sotto dei 40
anni, hanno tumori al seno più aggressivi
rispetto alle pazienti sopra i 50 anni.
La chirurgia, volta a eliminare la massa
tumorale, è una delle strategie
terapeutiche principali: può eliminare
interamente il seno (mastectomia)
o il minimo indispensabile a rimuovere
il tumore (chirurgia conservativa).
Lo studio valuterà le opzioni chirurgiche
nelle pazienti giovani con diagnosi di
carcinoma mammario. Il progetto prevede un studio retrospettivo di tutte
le pazienti con diagnosi di carcino-
ma mammario di età inferiore a 40
anni trattate chirurgicamente all’Istituto Europeo di Oncologia; verranno
confrontate la sopravvivenza totale, la
sopravvivenze libera da malattia e il
tasso di recidiva a 5 e 10 anni tra
pazienti sottoposte a chirurgia conservativa e quelle sottoposte a mastectomia.
L’obiettivo è verificare che l’esito della
malattia, il rischio di contrarre ricadute
e la sopravvivenza non sono influenzate dal tipo di intervento chirurgico e
che la chirurgia conservativa garantisce
le stesse possibilità di guarigione della mastectomia. In questo modo, si
potrebbe offrire alle pazienti in giovane
età un intervento efficace ma meno
invasivo che consenta di preservare
quanto più possibile l’integrità del seno,
con notevoli benefici psicologici e
migliore qualità della vita post-operatoria.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Valencia (Spagna) nel 1982
62
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Universidad Rovira e Virgili
di Tarragona (Spagna)
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
63
Domenica
Giuffrida
TUMORI ALLE OVAIE
Il tumore alle ovaie è meno frequente del tumore al seno, ma è più difficilmente curabile; non dà sintomi evidenti fino a stadi avanzati della malattia, e questo influisce
sull’esito delle cure. I sintomi sono addome gonfio, aerofagia e necessità di urinare
spesso. La terapia di elezione per il trattamento del tumore alle ovaie è la chirurgia, con
chemioterapia adiuvante per eliminare eventuali micrometastasi. Numerosi però sono
i casi di ricadute e di sviluppo di resistenza ai farmaci.
Rappresenta il
3,7%
30%
4800
64
di tutti i tumori
diagnosticati
nelle donne
al mondo
di tutti
i tumori
ginecologici
nuovi casi
in Italia
nel 2013
quinta
causa di morte per
tumori nelle donne
tra i 59 e i 65 anni
30-50%
probabilità di
sopravvivenza
se diagnosticato
in fasi avanzate
Attività antitumorale della
membrana amniotica e delle
cellule staminali mesenchimali della placenta sul cancro alle ovaie.
Il tumore ovarico ha il più alto tasso di
mortalità tra tutti i tumori ginecologici
anche a causa del fatto che viene
spesso diagnosticato in stadi avanzati.
La placenta umana contiene cellule staminali mesenchimali che possono essere isolate facilmente e senza grossi problemi di natura etica.
Alcuni studi sembrano indicare che
queste cellule producano dei fattori che stimolano le cellule del tumore
ovarico alla “morte programmata”,
diminuendo così la crescita della massa maligna.
Gli obiettivi del progetto sono proprio
quelli di determinare l’effettiva abilità
delle cellule staminali mesenchimali
derivate della placenta di controllare
la crescita del tumore ovarico e di
caratterizzare le vie biochimiche coinvolte in questa regolazione.
Se i risultati saranno positivi, si apriranno nuove prospettive sull’uso
delle cellule staminali nelle terapie
antitumorali.
L’utilizzo delle molecole prodotte dalle staminali della placenta potrebbe
risolvere i problemi etici e di tollerabilità correlati alle attuali terapie
cellulari.
Inoltre, le informazioni biochimiche sui
fattori coinvolti nell’effetto protettivo
delle staminali della placenta potrebbero fornire una base razionale per la
sintesi di molecole capaci di mimare
gli effetti dei fattori originali per sviluppare di farmaci innovativi nella terapia
del carcinoma ovarico.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale Sant’Anna di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Catania nel 1972
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Catania
 PhD in Andrologia e Scienze della
Riproduzione Umana all’Università
degli Studi di Catania
65
Francesca
Ricci
Flora
Guerra
I mitocondri nella progressione del tumore epiteliale
dell’ovaio.
Il carcinoma ovarico è la più comune
causa di morte per i tumori ginecologici, in gran parte dovuta alla tardività
nelle diagnosi e all’elevata percentuale
di recidive. La possibilità di predire la
risposta al trattamento chemioterapico
è quindi di vitale importanza per offrire alle pazienti migliori aspettative di
vita.
I mitocondri sono le centrali energetiche
della cellula e possiedono del proprio
DNA con alcuni geni, essenziali per
la loro corretta funzione.
L’ipotesi principale di questo progetto
è che il trattamento con alcuni chemioterapici possa causare mutazioni
nel DNA mitocondriale, alterando la
funzionalità e l’assemblaggio dei mitocondri ed in conseguenza causare
disfunzioni energetiche nelle cellule.
Queste disfunzioni provocherebbero
una riduzione dell’indice di proliferazione
e del potenziale cancerogeno.
É infatti stato dimostrato che una mutazione nel gene mitocondriale MTND4,
identificata solo nelle cellule di cancro
all’ovaio residue dopo la chemioterapia, e probabilmente indotta dal farmaco, causa un deficit energetico
portando a un arresto del ciclo cellulare. L’obiettivo della ricerca è valutare,
attraverso l’analisi genetica e funzionale
dei mitocondri prima e dopo il trattamento chemioterapico, come la presenza di mutazioni provochi una minor
capacità del tumore di adattarsi all’ambiente, agendo come nuovo fattore
prognostico di buona risposta alla
chemioterapia. A livello clinico, i risultati potranno definire un nuovo concetto di chemio-resistenza nel quale
il deficit energetico, dovuto alle mutazioni mitocondriali, supporta il trattamento chemioterapico.
Resistenza alla chemioterapia
nel carcinoma ovarico: la
transizione
epitelialemesenchimale e le cellule
staminali.
Il carcinoma all’ovaio è il più letale tumore ginecologico, e tra le cause
dell’elevata mortalità vi è lo sviluppo
di resistenza ai trattamenti di prima
linea. Identificare i principali meccanismi di resistenza alla chemioterapia è
un prerequisito per sviluppare marcatori predittivi di risposta al trattamento e migliori strategie terapeutiche.
Due sono i meccanismi molecolari che
favoriscono la resistenza nel tumore
ovarico: la presenza di un sottoinsieme
di cellule del tumore che si comportano come cellule staminali, e
che se non rimosse dalla prima chemioterapia danno origine a un nuovo
tumore resistente.
Il secondo è la capacità delle cellule
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università del Salento
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Barletta nel 1982
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Bari Aldo
Moro
66
 PhD in Biochimica, Biologia Molecolare
e Bioinformatica all’Università degli Studi
di Bari Aldo Moro
tumorali di mettere in atto la cosidetta
“transizione epiteliale-mesenchimale”
(EMT): le cellule, cambiando l’espressione di certi geni, acquistano delle
caratteristiche che favoriscono il
movimento nei tessuti e la resistenza ai farmaci. Questo progetto intende
studiare entrambi i meccanismi e i geni
coinvolti nel processo di EMT e nelle
caratteristiche staminali. La possibilità
di applicare nella pratica in clinica i
risultati della ricerca consentirebbe la
stratificazione delle pazienti affette
da carcinoma ovarico in responsive
o no alla chemioterapia prima del trattamento, evitando quindi di trattare
coloro che hanno poche possibilità di
risposta e indirizzandole subito verso
terapie alternative.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Rovereto (TN) nel 1983
 Laureata in Biotecnologie
Farmaceutiche all’Università degli Studi
di Bologna
 PhD in Life and Biomolecular Sciences
all’Open University di Londra (UK)
67
Aleco
D’Andrea
LINFOMI E LEUCEMIE
I linfomi e le leucemie sono tumori a carico delle cellule del sangue; le cellule staminali nel midollo osseo si dividono senza controllo, causando alterazioni nel corretto numero di globuli bianchi. Sono tipici dell’età infantile e sono causati da mutazioni e alterazioni nel DNA, sia a livello di singoli geni che di cromosomi. Le cause delle
mutazioni possono essere ereditarie o ambientali: ad esempio è nota la correlazione
tra aumento di leucemia ed esposizione a grandi dosi di radiazioni.
39%
OLTRE
28.000
80%
30%
68
di tutti i tumori
infantili sono
leucemie e linfomi
i nuovi casi
in Italia
nel 2013
dei linfomi e
delle leucemie
è guaribile
aumento di sopravvivenza
nei pazienti affetti da linfoma
dal 1970 al 2009 grazie alla
ricerca biomedica
Il ruolo di Dyrk3 nella genesi dei linfomi dipendenti da
Myc.
Una delle sfide principali della moderna ricerca biomedica è quella di comprendere il ruolo biologico di tutte
le informazioni che provengono dai
sequenziamenti massicci dei genomi
delle cellule tumorali e decodificare la
complessità del cancro.
La decodifica di queste informazioni
permetterebbe un grosso passo avanti nella comprensione della tumorigenesi, gettando le fondamenta per lo
sviluppo di strategie terapeutiche innovative in campo clinico.
Questa ricerca ha come obiettivo
l’identificazione di nuovi meccanismi
di progressione tumorale nei linfomi
di Burkitt, utilizzando un modello di
linfoma stimolato dalla presenza
dell’oncogene c-myc. Lo studio utilizzerà le più avanzate metodiche di
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Palermo nel 1983
 Laureato in Biologia Molecolare e
Cellulare all’Università degli Studi di
Palermo
 PhD in Oncologia Molecolare e
Cellulare all’Università degli Studi di
Palermo
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
biologia molecolare, genomica funzionale e sequenziamento del DNA
di nuova generazione. In particolare,
la ricerca studierà Dyrk3, una nuova
proteina coinvolta nella proliferazione
cellulare nei linfomi di Burkitt. Dyrk3
ha un ruolo da soppressore tumorale, cioè frena i meccanismi preposti alla moltiplicazione cellulare.
Sembra essere stimolata proprio dall’oncogene myc, quindi potrebbe rappresentare un interessante meccanismo
di controllo negativo “a retroazione”
che le cellule mettono in atto per contrastare l’eccessiva proliferazione.
L’applicazione clinica futura potrebbe
essere quella di sviluppare farmaci che
stimolino Dyrk3 per bloccare l’espansione dei linfomi.
69
Matteo
Lulli
Alicja
Gruskza
Il ruolo di NPMc+ nella via
di segnalazione di Wnt e nella sensibilizzazione all’acido retinoico.
La leucemia mieloide acuta rappresenta circa il 30% di tutte le forme di
leucemia.
Si tratta di un insieme di disturbi ematologici tutti caratterizzati dall’accumulo di blasti, cioè cellule del sangue
che non riescono a differenziarsi del
tutto in cellule adulte e che proliferano
eccessivamente.
Le più comuni alterazioni, che si
trovano in un terzo di tutti i casi di
leucemia acuta mieloide, sono mutazioni del gene della nucleofosmina
(NPM1).
Nonostante esista un interesse diffu-
70
so per il loro ruolo nella patogenesi
della malattia, il meccanismo di azione
del mutante NPMc+ rimane largamente
sconosciuto. La ricerca si propone
quindi di studiare il ruolo funzionale
delle proteine mutanti NPMc+ utilizzando modelli animali e linee cellulari;
risultati preliminari mostrano che NPMc+
è coinvolta nell’attivazione della via di
segnalazione Wnt, che a sua volta
stimola la proliferazione.
Questo ha grandi implicazioni terapeutiche poiché esitano già a disposizione
degli inibitori specifici per Wnt che
potrebbero essere quindi impiegati
come farmaci antileucemici.
Il progetto inoltre valuterà anche il ruolo
delle mutazioni NPMc+ nella
sensibilità delle cellule leucemiche
a un’altra molecola che blocca la
proliferazione dei blasti: l’acido
retinoico.
I risultati potrebbero aprire promettenti vie terapeutiche combinatoriali con
acido retinoico e inibitori di Wnt nelle
leucemie mieloidi acute con mutazioni
nel gene NPM1.
Alterazioni del controllo
di Bcl-2 nella leucemia linfocitica cronica.
La leucemia linfocitica cronica a cellule B è la più frequente tra le leucemie,
con un decorso clinico assai eterogeneo e possibilità terapeutiche molto limitate per i pazienti in fase avanzata della patologia. In questo tipo di
leucemia si trovano spesso alti livelli della proteina Bcl-2.
Bcl-2 agisce per impedire la morte
cellulare programmata, o apoptosi,
e quando non è controllata può causare l’espansione anomala delle cellule, provocando tumori.
Su tali basi, il principale obiettivo di
questo progetto è caratterizzare i meccanismi di regolazione di Bcl-2 nella
leucemia linfocitica cronica.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cracovia (Polonia) nel 1971
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Firenze nel 1978
 Laureata in Medicina e Chirurgia al
Collegium Medicum di Cracovia (Polonia)
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Patologia all’University
of London di Londra (UK)
 PhD in Oncologia Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Firenze
Tra i regolatori dell’espressione di
Bcl-2 vi è la proteina CryZ; verrà
caratterizzato il suo ruolo nella regolazione dell’espressione di Bcl-2, studiando inoltre il suo impatto nello sviluppo
della leucemia e l’effetto della sua
modulazione sulla resistenza delle
cellule leucemiche al trattamento con
alcuni chemioterapici.
CryZ potrebbe quindi rivelarsi un
nuovo
potenziale
strumento
diagnostico e terapeutico; per questo
verranno anche valutati gli effetti sinergici
di modulare dall’esterno CryZ insieme
alla somministrazione di chemioterapici
convenzionali, allo scopo di individuare
un trattamento terapeutico ad alta efficacia
e con ridotti effetti collaterali.
71
Massimiliano
Mazza
Manuela
Mancini
Il ruolo di FOXM1 nella proliferazione e nella sopravvivenza delle cellule staminali nella leucemia mieloide
cronica.
Come in molti altri tipi di tumori, anche
nella leucemia mieloide cronica la
comparsa di resistenza alla chemioterapia pone grossi problemi nella cura
a lungo termine dei pazienti.
Diversi sono i meccanismi coinvolti
nella farmaco-resistenza, ma attualmente il più studiato è quello che vede
nella cellula staminale leucemica la
sorgente della malattia e la fonte di
origine della resistenza.
Il progetto si propone di identificare
nuovi bersagli terapeutici, allo scopo
di sradicare i fenomeni emergenti di
72
resistenza e offrire ai pazienti una vita
libera dalla leucemia. Da qui emerge
l’importanza dello studio dei meccanismi biologici di sopravvivenza
delle cellule staminali leucemiche.
Una via di segnalazione importante a
questo scopo è quella della ßcatenina,
che coinvolge una serie di proteine
tra cui l’enzima Plk1 e il fattore di
trascrizione FOXM1; quest’ultimo
regola geni importanti per sostenere
la divisione e il rinnovamento delle
cellule staminali leucemiche.
La finalità del progetto è di identificare
se Plk1 e FOXM1 possano essere
promettenti bersagli terapeutici e se
la loro inibizione possa bloccare la
proliferazione della cellula staminale leucemica e la sua capacità di
automantenimento in modo selettivo,
mantenendo intatte queste capacità
nelle cellule staminali normali e minimizzando l’insorgenza di resistenza.
Essi rappresenterebbero una buona
base di partenza per terapie mirate
che offrono migliore prospettiva di cura
ai pazienti affetti da leucemia mieloide
cronica.
Nuove terapie basate su anticorpi per la cura della
leucemia linfoblastica acuta di tipo T
La leucemia linfoblastica acuta da
cellule T è una forma di tumore tipica
dell’età giovanile che deve essere
trattata da subito con una chemioterapia
aggressiva.
Questo fa si che in caso di ricadute
non siano più disponibili ulteriori trattamenti efficaci e i pazienti vadano
incontro a morte.
Scopo della ricerca è applicare l’approccio della terapia con anticorpi
monoclonali altamente specifici per
identificarne nuovi strumenti terapeutici efficaci contro la leucemia
linfoblastica acuta anche recidiva e
resistente alla chemioterapia standard.
Verranno analizzati un set di anticorpi
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ematologia Seràgnoli
di Bologna
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Messina nel 1978
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Rimini nel 1977
 Laureata in Biotecnologie all’Università
degli Studi di Bologna
 Laureato in Biotecnologie all’Università
degli Studi di Bologna
 PhD in Biotecnologie Cellulari e
Molecolari all’Università degli Studi di
Bologna
 PhD in Genetics and Molecular Biology
all’European Molecular Biology
Laboratory di Heidelberg (Germania)
isolati da screening preliminari per
caratterizzare l’attività anti-tumorale
contro leucemie umane di tipo T; i
primi risultati con xenografi, cioè con
tumori umani trapiantati in modelli
animali, confermano che questi anticorpi determinano una sopravvivenza e una remissione della
malattia nel 50% dei casi.
La ricerca però vuole anche identificare
quali siano i recettori sulla superficie
cellulare riconosciuti dagli anticorpi,
per comprendere meglio anche il loro
meccanismo biologico di azione e
infine testare se l’attività anti-tumorale
di questi anticorpi possa essere estesa anche ad altri tipi di tumore, per
aumentare lo spettro di utilità terapeutica.
73
Clara
Ricci
Maria Cristina
Picchio
La via di segnalazione PI3K/
AKT nella sindrome di Sezary.
La sindrome di Sezary è una variante
aggressiva del linfoma cutaneo a cellule T, con una bassa aspettativa di
vita. È caratterizzata dalla presenza
di linfociti maligni nella pelle, nei
linfonodi e nel sangue.
I determinanti genetici che causano
questa particolare forma di linfoma
cutaneo sono ancora in gran parte
sconosciuti, e la ricerca vuole contribuire
a caratterizzarli, focalizzandosi in particolare sulla proteina PTEN e la via
biochimica PI3K/AKT.
Il gene della proteina PTEN, che si
trova sul cromosoma 10, è deleto,
cioè assente, nel 36% dei casi e in
quasi tutti i livelli di RNA e di proteina
74
PTEN sono molto inferiore del normale.
Questo suggerisce che l’assenza di
PTEN sia importante per permettere
al tumore di proliferare e diventare
aggressivo.
PTEN si trova alla fine di una via biochimica di segnalazione che regola la
sopravvivenza e la proliferazione cellulare, chiamata PI3K/AKT.
È molto importante nei linfociti maligni
localizzati nella pelle, meno in quelli
circolanti nel sangue.
Il progetto si propone quindi di stabilire
se i linfociti della pelle e quelli circolanti
esprimono un set di geni diversi che
possono giustificare una diversa
attivazione della via PI3K/AKT; è
promettente dal punto di vista terapeutico
poiché esistono già disponibili farmaci
che agiscono contro questa via e che
potrebbero essere utilizzate anche nelle
terapie della sindrome di Sezary.
Meccanismi
molecolari
nell’origine e nella progressione della leucemia mielomonocitica cronica.
La leucemia mielomonocitica cronica
è una malattia complessa ed
eterogenea: è frequente negli anziani
e ha un decorso clinico molto variabile.
In genere, dopo un periodo di stabilità
può evolvere verso una forma più
aggressiva, con incremento graduale
e difficilmente controllabile dei globuli
bianchi. Le possibilità di cura sono
limitate, anche a causa della scarsità
di comprensione dei meccanismi
molecolari che guidano la nascita e il
peggioramento della malattia.
La ricerca ha quindi lo scopo di identificare eventuali mutazioni presenti
nelle cellule leucemiche e distinguere
le mutazioni acquisite precocemente,
da cui origina la malattia, da quelle
secondarie, potenzialmente responsabili della sua progressione.
Le analisi verranno effettuate con la
tecnologia del sequenziamento “di
nuova generazione”, che permette
di ottenere con grande precisione la
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Dermopatico dell’Immacolata
di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Perugia nel 1971
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Perugia
 Laureata in Biotecnologie
Mediche all’Università degli Studi
di Milano
 PhD in Scienze delle Malattie Infettive
e Terapie Immunologiche all’Università
“La Sapienza” di Roma
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università degli Studi di Milano
sequenza del DNA di cellule leucemiche.
L’analisi molecolare dei campioni
“seriali”, cioè ottenuti dallo stesso
paziente in momenti diversi della
malattia, consentirà di stabilire l’ordine
di insorgenza delle mutazioni.
L’identificazione delle mutazioni nella
leucemia mielomonocitica cronica è
cruciale per la diagnosi, il monitoraggio e la prognosi.
In particolare, data la mancanza di
trattamenti efficaci nelle fasi più avanzate,
è essenziale individuare i pazienti a
rischio di progressione, che possono
avere bisogno di controlli medici più
frequenti e che potrebbero avere gran
beneficio da un tempestivo intervento
terapeutico.
75
Caterina
Vitali
Giovanni
Roti
Il ruolo della ATPasi di tipo
P nella leucemia acuta.
Le ATPasi di tipo P sono un gruppo
di proteine, presenti in tutti gli organismi,
che controllano il trasporto di ioni
attraverso le membrane cellulari.
Mantenere le corrette concentrazioni
dei vari tipi di ioni dentro e fuori
dalle cellule è cruciale per il l’omeostasi, cioè l’equilibrio fisiologico in
cellule e tessuti.
Non sorprende, quindi, che in molti
tipi di tumori umani siano presenti
mutazioni nelle ATPasi che ne alterano
il normale funzionamento.
La ricerca vuole comprendere più a
fondo il ruolo delle ATPasi di tipo P
nello sviluppo e nella progressione
delle leucemie acute, nonché nell’in-
sorgere della resistenza ai farmaci che
spesso caratterizza questa forma di
leucemia.
Verrà studiata in particolare l’ATPasi
chiamata SERCA nelle leucemia
linfoblastica a cellule T. Essa contribuisce, con la sua azione di canale
per gli ioni, a regolare un’importante
via biochimica, la via di NOTCH, che
a sua volta regola la divisione cellulare.
Scompensi nella via di NOTCH si
trovano nel 50% delle leucemie
linfoblastiche a cellule T e in altri
tumori ematologici: agire su questa
via o sui suoi regolatori, come la ATPasi SERCA, offre nuove prospettive
terapeutiche per il trattamento della
leucemia acuta.
Esistono infatti molecole in grado di
inibire SERCA, come la tapsigargina,
che sia in vitro sia in modelli animali
ha mostrato un effetto anti-tumorale
ed è quindi un farmaco promettente
contro la leucemia linfoblastica acuta.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Harvard Medical School di Boston (USA)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Reggio Emilia nel 1977
76
Regolazione dell’osteopontina nei linfomi a cellule B
indotti da malattie autoimmuni.
Le malattie autoimmuni sono uno dei
fattori di rischio per lo sviluppo del
linfoma non Hodgkin. Soggetti affetti
da lupus eritematoso sistemico hanno
una maggiore predisposizione a sviluppare linfoma delle cellule B della
zona marginale o linfoma diffuso a
grandi cellule, ma il meccanismo che
lega i due eventi è ignoto.
La proteina osteopontina è una citochina, cioè una molecola segnale
che regola l’attivazione di molte cellule immunitarie, tra cui i linfociti T e B,
e ha probabilmente un ruolo in questo processo. L’assenza di osteopontina in modelli animali di lupus è
associata allo sviluppo di un linfoma ad alta aggressività, suggerendo che abbia un ruolo protettivo contro la trasformazione tumorale dei
linfociti B.
Si trova infatti molto abbondante nei
tessuti affetti da lupus: una sorta di
meccanismo di protezione che le cellule colpite dalla malattia autoimmune
mettono in atto per limitare il rischio di
degenerazione verso il linfoma conclamato. Questo progetto vuole capire
a quale livello agisca l’osteopontina e come riesca a tenere sotto controllo la proliferazione incontrollata
delle cellule B. Dal punto di vista
clinico, la caratterizzazione precisa
del ruolo dell’osteopontina potrà essere utilizzato come marcatore di
prognosi favorevole, o stimolato
farmacologicamente per prevenire
l’insorgenza di linfomi in pazienti affetti da lupus o da altre malattie autoimmuni.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Treviglio (BG) nel 1982
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Parma
 Laureata in Biotecnologie Industriali
all’Università degli Studi di
Milano-Bicocca
 PhD in Biotecnologie nel Trapianto di
Midollo Osseo Umano all’Università
degli Studi di Perugia
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università degli
Studi di Milano-Bicocca
77
iros Giacomo
Barozzi
TUMORI AL POLMONE
Il tumore al polmone è la prima causa di morte per malattia oncologica. Questo è
principalmente dovuto alla tardività nella diagnosi, quando il tumore è già in metastasi. Il principale fattore di rischio è il fumo, per il quale è chiara la relazione dose-effetto. L’incidenza del tumore al polmone è in diminuzione graduale tra gli uomini
ma in crescita fra le donne, a causa proprio dell’aumento nel numero di fumatrici.
L’identificazione di marcatori precoci è una delle linee di ricerca più promettenti per
migliorare la cura del tumore al polmone.
primo
QUASI
2 milioni
20%
78
16%
85%
tumore
più frequente
al mondo
di nuovi
casi all’anno
nel mondo
delle morti
oncologiche
sono causate
dal tumore
al polmone
di probabilità
di sopravvivenza
a cinque anni
dalla diagnosi
dei tumori
al polmone
è causato
dal fumo
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
Ruolo di mutazioni in regioni
genomiche
regolatrici
nell’insorgenza e nella progressione del carcinoma
polmonare a piccole cellule.
I tumori sono causati da mutazioni nel
DNA che alterano i normali processi
di regolazione delle cellule, le quali
proliferano in modo incontrollato e
invadano i tessuti sani.
Più una cellula tumorale si divide velocemente e più accumula mutazioni:
una delle sfide della biologia del cancro è proprio quella di distinguere,
tra tutte le mutazioni, quelle che
sono la vera causa della malattia,
chiamate “mutazioni guida”, da
quelle casuali che non hanno nessun
effetto, chiamate “mutazioni passeggere”.
Le mutazioni guida, a differenza di quelle
passeggere, sono quelle che hanno
un ruolo chiave nello sviluppo e nel
decorso della malattia, e sono quelle
che si ritrovano con alta probabilità in
tumori indipendenti e in diversi pazienti.
Le mutazioni, inoltre, non avvengono
solo nei geni, cioè nei frammenti di
DNA che codificano per proteine, ma
anche in porzioni di DNA che regolano l’accensione e lo spegnimento dei geni stessi, e che sono chiamate “regioni regolatrici”.
Il progetto di ricerca utilizzerà approcci di biologia molecolare e analisi
bioinformatiche per individuare e
riconoscere le mutazioni “guida” da
quelle “passeggere” nel carcinoma
polmonare a piccole cellule, che rappresenta il 15% di tutti i tumori polmonari diagnosticati.
Una volta perfezionata la strategia
sperimentale, potrebbe essere in futuro estesa anche all’analisi delle mutazioni di tumori di origine diversa.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Luino (VA) nel 1984
 Laureato in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Bologna
 PhD in Molecular Medicine alla
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
79
Laura
Brunelli
Roberto
Bellini
La chirurgia robotica mini
invasiva nel tumore al
polmone: impatto sulla
qualità della vita.
Il tumore al polmone è uno dei tumori
più difficile da trattare farmacologicamente e la chirurgia, ove possibile,
rimane la strategia preferenziale per la
cura di questa neoplasia. L’obiettivo
di questa ricerca è confrontare, in
pazienti affetti da tumore polmonare
candidati a resezione anatomica, la
chirurgia standard e la chirurgia robotica con sistema Da Vinci.
Quest’ultima è una tecnica chirurgica mini invasiva, realizzata con strumentazione altamente tecnologica;
lasciando pressoché intatti i tessuti
sani, presenta molteplici vantaggi
rispetto alla classica chirurgia, tra cui
minor dolore post operatorio, minor
risposta infiammatoria e immunitaria con conseguente diminuzione
delle possibili complicanze e più
rapida riabilitazione e riacquisto della funzionalità dell’organo.
La ricerca vuole analizzare l’efficacia
di questo approccio chirurgico rispetto all’approccio standard nel decorso post-operatorio, il periodo più
critico per il paziente sottoposto a
chirurgia polmonare, in termini di
qualità della vita e di risposta immunitaria.
L’obiettivo finale è comprendere quale
fra la chirurgia standard e la chirurgia
robotica mininvasiva, nello stesso tipo
di intervento e con lo stesso tipo di
gravità del tumore, consente al paziente
una maggiore aspettativa e qualità di
vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Romano di Lombardia (BG)
nel 1979
 Laureato in Medicina e Chirurgia
ll’Università degli Studi di Pavia
80
 Specializzato in Chirurgia Toracica
all’Università degli Studi di Pavia
Le mutazioni di K-RAS nel metabolismo di cellule di tumore al polmone: implicazioni per la risposta a terapie
antitumorali.
Il tumore del polmone non a piccole
cellule rappresenta l’85% dei tumori
polmonari e ha una prognosi estremamente negativa: la sopravvivenza a
cinque anni è inferiore al 5%.
La prognosi infausta è data sia dalla
difficoltà di una diagnosi precoce sia
dalla scarsità di terapie davvero efficaci nel tumore conclamato.
È necessario quindi sviluppare terapie
più mirate, che agiscano sui meccanismi chiave di sopravvivenza del tumore.
Il gene K-RAS codifica per una proteina che è coinvolta nel passaggio di
segnali dall’esterno della cellula verso
l’interno, per regolarne i processi vitali,
tra cui il metabolismo.
Alcune mutazioni di K-RAS danno un
vantaggio metabolico, ma non si sa
ancore se provochino effetti diversi tra
cellule sane e tumorali.
Si sa invece che diverse mutazioni
di K-RAS influenzano la sensibilità
e la resistenza ai chemioterapici in
pazienti affetti da tumore del polmone
non a piccole cellule. Lo scopo
della ricerca è proprio quello di capire
se esistono differenze metaboliche in
cellule sane rispetto a cellule con mutazioni in K-RAS tipiche del tumore
polmonare a piccole cellule e valutare
se queste eventuali differenze nel metabolismo possano influenzare la risposta ai farmaci e i meccanismi di
resistenza alle chemioterapie. Eventuali differenze metaboliche potrebbero essere sfruttate per costituire nuove
terapie più efficaci.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Copparo (FE) nel 1983
 Laureata in Scienze Biomolecolari
e Cellulari all’Università degli Studi di
Ferrara
 PhD in Scienze Farmacologiche
all’Istituto di Ricerche Farmacologiche
Mario Negri di Milano
81
Ester
Del Signore
Francesco
Carleo
Diagnosi precoce del tumore
al polmone: uno studio
italiano per un modello di
rischio personalizzato.
Il tumore al polmone è tra i tumori più
letali ed è una delle principali cause
di morte nei paesi sviluppati, con un’incidenza in aumento nei paesi in via di
sviluppo. Il principale fattore di letalità è la diagnosi tardiva, quando
il tumore è in fasi molto avanzate.
La tomografia computerizzata a
basso dosaggio si è rivelato un ottimo strumento per la diagnosi precoce
del tumore del polmone.
È raccomandata annualmente per
soggetti ad alto rischio, fumatori e di
età superiore a 55 anni.
Per migliorare ulteriormente la strategia
di diagnosi precoce, in particolare del
tumore al polmone “non a piccole
cellule”, particolarmente aggressivo,
la presente ricerca, che fa parte del
progetto COSMOS II, vuole identificare nel sangue dei pazienti marcatori della presenza del tumore. In
particolare, si concentrerà sull’analisi
di 34 microRNA, piccole molecole
rilasciate nel sangue in presenza di
tumore, e che ne rappresentano la
“firma molecolare” da utilizzare come
strumento diagnostico.
L’obiettivo finale è quello di integrare i
dati dai marcatori molecolari con le
informazioni cliniche e gli esami radiologici per elaborare un modello di
rischio personalizzato per ogni paziente e determinare l’intervallo di
tempo per sottoporsi a esami di controllo. Inoltre, la ricerca permetterà di
perfezionare i protocolli di diagnosi
precoce per identificare il tumore al
polmone quando ancora non dà sintomi, la strategia vincente per renderlo più curabile e diminuire la mortalità.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Camillo Forlanini di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1977
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
82
 Specializzato in Chirurgia Toracica
all’Università “La Sapienza” di Roma
Individuazione precoce e
trattamento delle metastasi ossee in pazienti affetti da
carcinoma polmonare.
Le metastasi, cioè la disseminazione
di un tumore in organi diversi dalla sede
di sviluppo, sono la principale causa
di morte nei pazienti oncologici.
In particolare, le metastasi dell’apparato scheletrico sono tra le più
dolorose e debilitanti. Si sviluppano
nel 30-40% dei pazienti con carcinoma polmonare, tumore che già di
per sé ha una prognosi infausta ed
espone il paziente a un rapido decadimento delle condizioni cliniche generali: maggior rischio di frattura alle
ossa, ipercalcemia e dolore difficilmente
controllabile con analgesici, con un
peggioramento ulteriore della qualità
di vita. La ricerca è orientata a perfezionare le metodologie diagnostiche e
terapeutiche in pazienti affetti da carcinoma polmonare.
Nel 20% dei casi, infatti, la metastasi
ossea è diagnosticata solo alla
comparsa dei sintomi, a metastasi
già avanzate. È necessario quindi
identificare marcatori precoci specifici
e sensibili, ad esempio nel sangue
e nelle urine, per diagnosticare la
presenza delle metastasi nelle fasi
iniziali. Alcuni metaboliti utili sono già
disponibili, ma la loro specificità è ancora
oggetto di controversia.
La ricerca studierà soprattutto i microRNA, che stanno emergendo come
una classe di molecole specifiche
di ogni tumore. L’obiettivo è migliorare le attuali strategie di diagnosi e
cura delle metastasi ossee in pazienti con cancro al polmone, per garantire loro una qualità di vita accettabile
nonostante la prognosi negativa.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Giulianova (TE) nel 1982
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
 Specializzata in Oncologia Medica
all’Università “La Sapienza” di Roma
83
Chiara
Renzi
Filippo
Lococo
Diagnosi precoce del tumore
al polmone: uno studio
italiano per un modello di
rischio personalizzato.
La principale causa di letalità del tumore
al polmone, una delle neoplasie più
aggressive e meno curabili e in aumento tra le donne e nei paesi in via
di sviluppo, è la diagnosi tardiva in fase
avanzata. Una buona diagnosi precoce
si può effettuare con la tomografia
computerizzata a basso dosaggio,
rivolta in particolare a individui ad altro
rischio, come i forti fumatori con più di
55 anni di età.
Tuttavia è necessario ottenere degli
strumenti diagnostici ancora più
sensibili dell’esame strumentale, in
particolare per i tumori al polmone “non
a piccole cellule”, particolarmente aggressivi.
La ricerca, inserito nello studio COSMOS II, si propone di individuare marcatori del tumore, soprattutto circolanti nel sangue.
In particolare, si concentrerà sul potenziale diagnostico di 34 microRNA, piccole molecole rilasciate dalle
cellule tumorali, e che ne rappresentano la “firma molecolare”.
Lo scopo finale è quello di costruire
un modello di rischio del cancro al
polmone personalizzato per ogni paziente, includendo i dati dei marcatori
biologici, le informazioni cliniche e
l’esito degli esami radiologici. Questo
permetterà di determinare con più
precisione l’intervallo di tempo in cui
ogni paziente dovrebbe sottoporsi
a controllo medico e di perfezionare
i protocolli di diagnosi precoce per
identificare il tumore al polmone nelle
fasi precoci e asintomatiche per renderlo più curabile e offrire ai pazienti
migliori prospettive di vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Azienda Ospedaliera San Camillo
Forlanini di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Teramo nel 1983
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
84
 Specializzato in Chirurgia Toracica
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
Effetti della realtà virtuale
sul sistema immunitario per
stimolarne la risposta nel
tumore al polmone.
Le risposte del sistema immunitario
sono influenzate in maniera importante
dai livelli di stress. Le abilità dei pazienti
di far fronte a tali eventi (coping), ad
esempio una diagnosi di tumore, ne
influenzano la predisposizione, il
recupero dopo l’intervento chirurgico
e il grado di rischio di recidive.
In un modello bio-immuno-psicosociale di approccio al paziente,
con l’utilizzo di moderne metodologie
di realtà virtuale, ci si propone di
sviluppare tecniche d’intervento psicocognitive che, attraverso la moderazione
di reazioni psicologiche negative e
l’educazione del paziente a efficaci
strategie di coping, migliorano le
funzioni del sistema immunitario e
quindi la velocità di recupero postoperatorio diminuendo le recidive nel
lungo termine in pazienti con diagnosi
di tumore al polmone.
Lo scopo della ricerca è valutare
l’efficacia delle tecniche di realtà virtuale
sulla funzionalità del sistema immunitario
attraverso due parametri: la riduzione
dell’ansia pre-operatoria nei pazienti
con conseguente miglior decorso
post-operatorio, e l’apprendimento
di strategie psicologico-cognitive
personalizzate per la gestione di
eventi stressanti, che stimolando il
sistema immunitario riducono il rischio
di recidive nel lungo termine.
Lo sviluppo di interventi personalizzati attraverso sistemi di realtà virtuale
permetterà di aumentare le capacità
del paziente di far fronte a eventi
stressanti collegati alla malattia migliorando notevolmente la sua qualità
di vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1985
 Laureata in Psicologia all’Università
degli Studi di Pavia
 PhD in Psicologia Sperimentale
e Psicobiologia all’Università
degli Studi di Pavia
85
Elena
Tassi
Claudia
Sticozzi
Il fumo passivo impedisce
l’assunzione di lipidi antiossidanti: un legame con le
patologie polmonari.
È ormai noto e assodato che il fumo
di sigaretta sia dannoso per la salute
e un grande fattore di rischio per numerosissime patologie, prima fra tutte
quelle a carico dei polmoni e del tratto respiratorio. Il fumo passivo è
riconosciuto come un “noto agente
cancerogeno” per l’uomo dalle principali agenzie internazionali della salute
e sembra essere ancora più tossico
del fumo attivo, perché stimola la
produzione di radicali liberi e ossidanti.
Inoltre, in molti casi l’assunzione preventiva di antiossidanti non è così ef-
86
ficiente nel prevenire i danni da fumo
passivo e le patologie respiratorie,
come enfisemi e tumori; una spiegazione può risiedere nel fatto che il fumo
passivo interferisca con i meccanismi di assimilazione di antiossidanti e che ci sia variabilità genetica tra
diversi individui.
La ricerca vuole indagare meglio questi
meccanismi, con particolare riferimento
al ruolo della proteina SRB1; è un
recettore di membrana che sembra
coinvolto nell’assimilazione da parte
delle cellule del polmone di vitamina
E. La vitamina E è un piccolo lipide
solubile dal grande potere antiossidante.
Si valuterà se i livelli di SRB1 sono più
bassi in pazienti con patologie respiratorie
e se questo può predisporre a una
maggior probabilità di sviluppare tumore
al polmone rispetto a soggetti sani.
Profilo immunologico del
carcinoma polmonare e associazione con la bronco-pneumopatia
cronica
ostruttiva.
La bronco-pneumopatia ostruttiva
è un’infiammazione cronica delle vie
respiratorie; può causare la morte ed
è associata a un alto rischio di sviluppare carcinoma al polmone che,
a sua volta, è uno dei tumori meno
curabili ad oggi.
La patologia è caratterizzata da progressiva ostruzione delle vie aeree
per accumulo di muco, ispessimento delle pareti dei bronchi con tessuto fibroso e infiammazione causata
dall’infiltrazione di cellule del sistema
immunitario.
Lo scopo della ricerca è caratterizzare le cellule immunitarie nel tumore al
polmone e le differenze con il tessuto
polmonare sano. Inoltre si vuole chiarire se la presenza di bronco-pneumopatia ostruttiva prima dell’insorgenza
del tumore possa essere un fattore di
predisposizione, modificando l’immunità anti-tumorale o interferendo con
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Ferrara
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Bari nel 1982
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Bergamo nel 1979
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Siena
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Fisiologia Molecolare e
Cellulare, Farmacologia e Tossicologia
all’Università degli Studi di Siena
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
la risposta a trattamenti stimolanti del
sistema immunitario. Verrà valutata la
presenza di diversi tipi di cellule immunitarie nel tessuto tumorale e nel
tessuto sano prelevati da pazienti. Sarà
anche determinata la funzionalità delle cellule immunitarie, in particolare dei
linfociti T, e la loro capacità di reagire
contro il tumore.
Lo scopo atteso è quello di definire
meglio le caratteristiche delle cellule immunitarie che si infiltrano nel
tessuto polmonare maligno; identificare le differenze tra tumore e tessuto sano e tra presenza e assenza di
bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e infine determinare quali cellule
o molecole siano coinvolte in questi
meccanismi.
87
Andrea
CasazzA
TUMORI ALL’INTESTINO
I tumori all’intestino causano oltre 600.000 morti. Sono causati dalla progressiva mutazione di determinati geni che normalmente bloccano l’eccessiva proliferazione. Vi
sono poi alcuni fattori di rischio “ambientali”, come una dieta troppo ricca di carni rosse;
essa provoca uno stato di infiammazione cronica che col tempo può favorire la trasformazione neoplastica. L’intestino è inoltre sede della più numerosa comunità di microorganismi, che contribuiscono a mantenere lo stato di salute e a prevenire i tumori.
Terzo
OLTRE
1 milione
ALL’ANNO
2 milioni
SECONDA
63%
88
tumore
più diffuso
al mondo
di diagnosi
all’anno
al mondo
le diagnosi
stimate
nel 2030
causa di morte
per tumore
nei paesi
industrializzati
la probabilità
di sopravvivenza
a cinque anni
dalla diagnosi
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
I monociti circolanti come
marcatori di diagnosi e progressione del carcinoma del
colon-retto.
Il carcinoma del colon-retto è una delle principali cause di mortalità per
tumore nei paesi occidentali: ogni anno
sono diagnosticati più di un milione di
nuovi casi e oltre mezzo milione di
morti. Questo a causa del suo alto
tasso di incidenza e delle difficoltà
nella diagnosi precoce.
Definire quindi dei marcatori affidabili
e facilmente ottenibili per il cancro
al colon è una priorità nella cura di
questo tumore.
Il sangue è il tessuto di elezione in cui
cercare marcatori per una patologia,
per via della semplicità e non invasività
del suo prelievo.
Nel sangue si trovano molti tipi cellulari diversi, tra cui i monociti circolanti. I monociti sono cellule del
sistema immunitario: vengono richiamate al sito di un tumore, attratte dalle molecole prodotte dal tumore stesso, e vengono “sfruttate” per favorire
la crescita, la formazione di vasi sanguigni e la migrazione delle cellule
cancerogene. I monociti, dopo essere
entrati in contatto con cellule di un
tumore al colon-retto, modificano il
loro “set” di geni spenti e accesi
rispetto a monociti che non hanno mai
visto un tumore. Hanno quindi una
“firma genetica” particolare e possono essere utilizzati come “spie”
che rivelano la presenza di un tumore
al colon-retto nel paziente.
I risultati di questa ricerca hanno una
duplice applicazione: da una parte,
utilizzare i monociti del sangue come
marcatori del tumore, anche nelle sue
fasi iniziali, per una diagnosi precoce.
Dall’altra identificare bersagli farmacologici per manipolare i monociti contro
le cellule del tumore a scopo terapeutico.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Leuven (Belgio)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Torino nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Torino
 PhD in Scienze e Tecnologie Cellulari
all’Università degli Studi di Torino
89
Giuseppe
Di caro
Fulvio
Chiacchiera
Ruolo della metiltransferasi
EZH2 nella tumorigenesi
intestinale.
Il carcinoma del colon-retto è uno dei
tumori più diffusi e la seconda causa
di morte per tumore nei paesi occidentali.
Le terapie attualmente esistenti non
sempre sono in grado di curare la
malattia; c’è dunque la necessità di
identificare nuove vie biochimiche nel
tumore intestinale da sfruttare come
bersagli farmacologici.
Come molti tessuti adulti, anche nell’intestino esistono le cellule staminali intestinali, coinvolte nella rigenerazione del tessuto.
Mutazioni genetiche in queste cellule staminali che ne scombinano la
biologia le trasformano in cellule
staminali tumorali. Sono le cellule
staminali tumorali, infatti, che promuovono la nascita del tumore, ne sostengono la crescita e sono responsabili
delle ricadute dopo le terapie.
In particolare, la ricerca si focalizzerà
sul ruolo della proteina EZH2, un
enzima che modifica chimicamente
il DNA aggiungendo il gruppo chimico metile per regolare l’accensione e
lo spegnimento dei geni in una cellula.
EZH2 si trova in alti livelli in molti
tumori, inclusi quelli del colon-retto. La sua azione regola geni coinvolti
nella divisione e nella proliferazione
cellulare; la ricerca vuole indagare se
e come, all’interno delle cellule staminali intestinali, EZH2 influenzi la nascita e lo sviluppo dei tumori del colon-retto e come, agendo su di essa con
dei farmaci specifici, sia possibile
bloccare o rallentare l’espansione del
tumore.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Roma nel 1979
 Laureato in Scienze Biologiche
all’Università della Tuscia
90
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università degli Studi di Trieste
I macrofagi mediano la
risposta del cancro del
colon-retto alla
chemioterapia.
Il sistema immunitario ha un ruolo ambivalente nella genesi dei tumori. Alcune
cellule immunitarie che stimolano la
risposta infiammatoria favoriscono la
nascita del tumore, mentre le cellule dell’immunità adattativa aiutano a combatterne la crescita e la
disseminazione. È quindi molto importante comprendere la relazione tra
tumore e sistema immunitario nell’ottica di sviluppare terapie più efficaci.
I macrofagi sono cellule immunitarie
che rimuovono, fagocitandoli, organismi
estranei ma anche detriti cellulari e si
infiltrano anche nelle masse tumorali.
Sembra che i macrofagi infiltranti
agiscano in sinergia con alcuni trat-
tamenti chemioterapici per favorire
la regressione del tumore in pazienti
col cancro del colon-retto.
La ricerca si prefigge di verificare queste
osservazioni preliminari su due casistiche
indipendenti di pazienti e in un modello
sperimentale di tumore colorettale.
La dimostrazione che i macrofagi sono
un “biomarcatore” cellulare capace
di predire la risposta clinica alla chemioterapia permetterà una terapia
personalizzata e quindi evitare trattamenti potenzialmente tossici.
La comprensione dei meccanismi
molecolari alla base di questo effetto
potrebbe portare allo sviluppo di nuovi
farmaci per pazienti con cancro
colorettale che non rispondono bene
alle chemioterapie standard.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
 Laureato in Biotecnologie del Farmaco
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Patologia e Neuropatologia
Sperimentale all’Università
degli Studi di Milano
91
Paola Simona
Ravenda
Paolo
Luraghi
Cellule iniziatrici del cancro
colorettale come modello
per identificare i segnali di
resistenza alle terapie.
Il cancro al colon-retto è un tumore
ormai ben caratterizzato in tutte le fasi
del suo sviluppo come tumore primario; di contro, poco ancora si sa dei
meccanismi che regolano la formazione e lo sviluppo di metastasi
derivate dalla sede primaria, in particolare in caso di ricadute.
Attualmente per curare le metastasi
di cancro colo-rettale viene utilizzata
una terapia molecolare che colpisce
una proteina sulla membrana delle
cellule, il recettore del fattore di
crescita EGF (EGFR), bloccando in
questo modo la proliferazione del tu-
more. Tuttavia spesso compaiono
metastasi secondarie resistenti alla
terapia anti EGFR, che si verificano
probabilmente in una piccola frazione
del tumore, le cellule iniziatrici o
staminali, ma che sostengono la
crescita e la ricaduta della malattia.
Il progetto si propone di studiare, nei
tumori colo-rettali metastatici, i diversi
meccanismi di resistenza indotti dal
microambiente tumorale.
Lo studio avverrà attraverso un modello
traslazionale di cellule staminali del
cancro derivate da metastasi epatiche
di tumori colo-rettali, impiantate poi in
modelli animali (xenopazienti).
L’obiettivo è quello di individuare le
molecole e le altre proteine delle via
di segnalazione coinvolte nella resistenza,
così da elaborare terapie combinate
con inibitori di EGRFR e farmaci che
bloccano sul nascere i meccanismi
di resistenza.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto per la Cura e la Ricerca sul Cancro
di Candiolo (TO)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
 Laureato in Biotecnologie Industriali
all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
92
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università degli Studi di Torino
La biopsia liquida per
identificare
mutazioni
prognostiche e diagnostiche
del cancro al colon-retto.
Una delle armi più efficaci nella lotta
contro le malattie oncologiche è la
possibilità di effettuare una diagnosi
precoce del tumore, quando è ancora nelle fasi iniziali, è localizzato e vi
sono meno probabilità che sviluppi
metastasi e resistenza alle terapie.
Per effettuare una diagnosi precoce
è necessario però avere a disposizione
dei marcatori biologici specifici e
sensibili, possibilmente ottenibili in
modo rapido, economico e non
invasivo, ad esempio attraverso un
prelievo di sangue. I tumori sono cellule anormali che contengono DNA
alterato e mutato: riuscire a indentificare questo DNA permetterebbe
di avere in tempo reale l’identikit
biomolecolare dello specifico tumore
e seguire le sue variazioni al progredire
della malattia e durante i trattamenti
chemioterapici.
Il DNA tumorale rappresenta un
potenziale marcatore tumorale molto
prezioso per la diagnosi e l’impostazione
della terapia personalizzata più
adeguata, fatta “su misura” per le
specifiche costituzioni genetiche di
ogni tumore.
Inoltre permetterebbe di anticipare
l’evoluzione del tumore prevenendo o
riducendo la comparsa di farmacoresistenza, ottimizzando l’approccio
terapeutico.
La ricerca si propone quindi di isolare
e caratterizzare, da un prelievo di sangue,
il DNA circolante dell’ adenocarcinoma
del colon-retto, e svilupparlo come
potenziale marcatore prognostico e
diagnostico per questa malattia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Reggio Calabria nel 1980
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Pavia
 PhD in Oncologia Medica all’Università
degli Studi di Pavia
93
Pietro
Vella
Fabiana
Saccheri
Il ruolo del microbiota nel
carcinoma del colon-retto.
Il microbiota è l’insieme dei microorganismi presenti naturalmente nell’organismo e delle loro interazioni con
esso. Contribuiscono a mantenere
in salute l’organismo; la modulazione
delle popolazioni microbiche può avere
dunque un grande impatto sul decorso di molte patologie, ed essere “sfruttate” come arma per combatterle.
Un esempio è la microflora batterica
intestinale e il suo possibile ruolo
nel combattere il cancro del colon-retto. Il carcinoma del colon-retto è uno dei tumori più comuni e una
delle cause di morte più frequenti.
È una patologia multifattoriale, dovuta
a cause sia genetiche che ambientali.
Poiché il carcinoma del colon-retto si
genera da alterazioni delle cellule della mucosa intestinale, anche il muco
potrebbe ricoprire un ruolo essenziale
nella genesi tumorale: e proprio nel
muco risiedono molti dei microrganismi della flora intestinale.
Questo progetto si propone di identificare nelle feci e nel muco dei pazienti possibili marcatori microbici che
possano correlare con la presenza o
la progressione del tumore e analizzare se nei pazienti affetti da carcinoma
colo-rettale vi siano delle differenze
nella composizione della flora batterica rispetto a individui sani.
La ricerca ha delle grandi potenzialità:
si sta iniziando a comprendere solo
ora le complesse relazioni tra microbiota,
salute e malattie progressive, come i
tumori, e le scoperte in questo campo
potrebbero aprire la strada a terapie
innovative in futuro.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1980
94
Modificazioni del DNA nella
predisposizione al cancro
del colon-retto.
L’infiammazione cronica dell’intestino
è un fattore di rischio per il cancro del
colon-retto, ma quali siano i segnali
molecolari che predispongono le cellule dell’epitelio intestinale alla trasformazione tumorale ancora non è chiaro.
Una possibilità è che uno stato
infiammatorio persistente alteri le
modificazioni a carico del DNA nelle
cellule
staminali
dell’epitelio
intestinale (dette ISC), cambiando la
regolazione dei geni e predisponendole
a diventare maligne.
Esistono infatti delle modificazioni del
DNA reversibili che non alterano la
sequenza delle basi ma che servono
ad accendere e spegnere i geni quando è necessario; l’insieme di questi
meccanismi è chiamata epigenetica.
Il suo ruolo nell’infiammazione delle
cellule staminali intestinali è ciò che la
ricerca si propone di studiare.
Verranno confrontate le modificazioni
epigenetiche di cellule isolate da
intestino normale, da intestino cronicamente infiammato e da intestino
con cancro del colon-retto.
Gli obiettivi sono da un lato comprendere
come diversi livelli di infiammazione
alterino le modificazioni epigenetiche
del DNA, e dall’altro stabilire come si
modifichi l’identità delle staminali
intestinali al punto di farle diventare
staminali tumorali.
Comprendere il legame tra infiammazione
e cancro colo-rettale è di grande
importanza per attuare strategie di
prevenzione e di terapia efficaci.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1983
 Laureata in Biologia Molecolare
all’Università degli Studi di Milano
 Laureato in Biologia molecolare
della cellula all’Università degli Studi di
Milano
 PhD in Molecular Medicine alla
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
 PhD in Molecular Medicine alla
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
95
Laura
Lorenzon
TUMORI GASTRICI
I tumori allo stomaco sono in genere accompagnati da una prognosi negativa,
principalmente a causa del ritardo nella diagnosi. I sintomi infatti vengono spesso
scambiati per gastrite o ulcera e la diagnosi di tumore, che si effettua tramite una
gastroscopia, avviene di solito in fase avanzata. Un fattore di rischio è la presenza
dell’Helicobacter pylori, un batterio che vive a livello dello stomaco e che può modificare gli equilibri fisiologici dell’organo, favorendo la trasformazione tumorale.
QUARTO
tumore
più comune
al mondo
119.000
nuovi casi
ogni anno in
Europa
DAI
45 ANNI
35%
Profilo prognostico del
tumore dello stomaco.
Il tumore allo stomaco è il quarto tumore
più diffuso al mondo ed è ad alto rischio
di recidive.
Data quindi la sua rilevanza clinica,
molti sforzi vengono impiegati per
identificare marcatori prognostici
dell’aspettativa di vita e della sopravvivenza nei pazienti.
Lo studio si propone di valutare, in
250 pazienti sottoposti a gastrectomia
totale o parziale per tumore dello stomaco, la capacità prognostica di alcuni
marcatori clinici, patologici e molecolari.
In particolare la ricerca analizzerà in
dettaglio l’espressione di proteine
HER2/Neu, di specifici microRNA
e il numero di linfonodi positivi alle
cellule tumorali. Saranno inoltre valutate
la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da tumore gastrico,
mettendo in relazione queste informazioni cliniche con i dati molecolari e
istologici. Lo studio permetterà di
valutare l’utilità di questi marcatori nella comune pratica clinica al fine
di selezionare quelli con migliore performance e attendibilità. Permetterà
inoltre di selezionare pazienti a maggior
rischio di recidiva da sottoporre quindi a un follow-up postoperatorio intensivo e frequente nel tempo e a terapie
molecolari mirate.
in su età media
di insorgenza
del tumore
allo stomaco
probabilità di
sopravvivenza
a cinque anni
dalla diagnosi
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università “La Sapienza” di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1978
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università “La Sapienza” di Roma
96
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
EUCAN- IARC (International Agency for Research on Cancer) http://eco.iarc.fr/eucan/Default.aspx
 PhD Metodologie di Ricerca
Sperimentale e Clinica in Oncologia
all’Università “La Sapienza” di Roma
97
grant 2014
Gloria
Ravegnini
Tumori mesenchimali gastrointestinali: analisi dei
micro-RNA e di un nuovo potenziale farmaco.
I tumori gastrointestinali sono tumori
di origine mesenchimale piuttosto comuni. Sono caratterizzati da mutazioni
in alcuni recettori presenti sulla superficie delle cellule: recettori delle proteine tirosina chinasi, KIT e PDGRFA, che controllano vie biochimiche
di proliferazione cellulare.
Le mutazioni provocano un mancato
controllo e scarso mantenimento della stabilità cellulare.
Identificare tutte le molecole coinvolte
nella mancata regolazione di queste
vie di segnalazione, possibilmente
specifiche e caratteristiche dei tumori
gastrointestinali, è di grande importanza
per effettuare diagnosi e prognosi
più precise, somministrare il farmaco
corretto e anticipare l’insorgere di
resistenza.
Questo è lo scopo del progetto, con
particolare riferimento ai microRNA
coinvolti nei tumori gastrointestinali.
I microRNA sono una famiglia di piccole molecole che controllano l’espressione genica e sono spesso sregolate
in molte tipologie di cancro.
Nella ricerca verrà valutato il comportamento dei microRNA in linee cellulari e modelli animali di tumore
gastrointestinale trattati con una
nuova molecola, BYL-719, da solo
o in combinazione con un altro farmaco, l’imatinib.
L’ambizione di questo progetto è quella di identificare i cambiamenti nei
microRNA indotti dal trattamento col
farmaco. Questi potrebbero rappresentare nuovi marcatori biologici per
la malattia e svelare i meccanismi di
resistenza ai farmaci.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Bologna
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Rimini nel 1984
 Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Bologna
98
 PhD in Farmacologia e Tossicologia
all’Università degli Studi di Bologna
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
99
Laura
Gragnani
TUMORE AL FEGATO
Il tumore al fegato primario è relativamente poco comune, mentre estremamente diffusi sono i tumori al fegato secondari, cioè metastasi che provengono da tumori in altri
organi. Esistono fattori di rischio che predispongono a tumori al fegato primari, prima
fra tutti l’infezione da parte del virus dell’epatite C, ma anche stati di infiammazione
cronica come la cirrosi. La funzionalità del fegato non è compromessa anche in presenza di grosse masse tumorali, il che rende la sua diagnosi spesso tardiva.
sesto
85%
oltre
75%
più di
60 anni
tumore
più comune
al mondo
dei tumori primari
al fegato è
diagnosticato nei
paesi in via
di sviluppo
dei tumori
al fegato primari
sono causati dal
virus dell’Epatite C
età media
di insorgenza
Analisi dei mircro-RNA nei
carcinomi epatici e nei linfomi
causati dal virus dell’epatite
C.
Diversi virus umani sono associati a
un rischio maggiore di sviluppare alcuni tipi di tumore.
Tuttavia, il virus dell’epatite C (HCV)
è l’unico conosciuto capace di indurre
nell’uomo due tipi di tumori molto
diversi: il carcinoma epatico e il linfoma.
Considerata la diffusione delle infezioni
croniche da virus dell’epatite C, si
tratta di un problema di salute pubblica non indifferente.
È essenziale quindi capire i meccanismi
con i quali il virus HCV provoca il
carcinoma al fegato o il linfoma nel
sangue. L’attenzione della ricerca è
rivolta verso i microRNA: si tratta di
piccole molecole coinvolte nella
regolazione fine dell’espressione
genica. Essi controllano quali geni
sono accesi o spenti, in modo reversibile,
in una cellula. Questi contribuiscono
a far svolgere a tipi cellulari diversi
funzioni diverse, e potrebbero essere
coinvolte nella carcinogenesi o nella
linfomagenesi in cellule infettate dal
virus HCV. In questo studio si eseguirà
infatti per la prima volta, un’analisi
comparativa dei microRNA nei due
tipi di tumore legati all’infezione da
HCV.
Le informazioni che si otterranno
potrebbero consentire di attribuire ad
alcuni microRNA il ruolo di marcatori
tumorali da impiegare per facilitare la
diagnosi e definire meglio la prognosi
aiutando nel monitoraggio e nella
previsione di risposta a una certa terapia.
Infine, potranno essere usati come
potenziali bersagli per lo sviluppo di
nuove terapie specifiche e non invasive.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Prato nel 1975
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
100
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 PhD in Medicina Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Firenze
101
Laura
Santangelo
Kelly
Hudspeth
Il ruolo delle cellule
natural killer nella risposta
immunologica contro il
carcinoma
epato-colonrettale.
Comprendere come il sistema immunitario combatte i tumori è una delle
frontiere nello sviluppo di terapie anti-tumorali, in particolare in stadi avanzati, come nel caso di metastasi del
fegato causate da un tumore del colon-retto.
Le cellule “natural killer” (NK) sono
un tipo di linfociti particolari: hanno la
peculiare capacità di riconoscere e
uccidere cellule tumorali anche
senza averle mai viste prima, a differenza dei linfociti e di altre cellule
immunitarie che devono essere prima
“istruite” a riconoscere un tumore.
L’ipotesi da cui prende avvio il progetto
è che vi sia una correlazione positiva
tra il numero delle cellule NK presenti
nelle metastasi epatiche da cancro
del colon-retto e l’aspettativa di vita
del paziente.
In particolare, attraverso tecnologie di
immunoistochimica, si vuole valutare
se il numero delle cellule NK presenti nelle metastasi epatiche da cancro
del colon sia influenzato dalla somministrazione della chemioterapia.
Successivamente si valuterà come
questo influenzi la risposta più o meno
favorevole del paziente alla chemioterapia, e se possa essere un indicatore
predittivo del decorso della malattia. Ci aspettiamo che i risultati ottenuti contribuiscano a una migliore
comprensione della patogenesi delle
metastasi epatiche da cancro del colon-retto e che permettano lo sviluppo
di nuovi strumenti diagnostici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Lexington, South Carolina (USA)
nel 1978
 Laureata in Biological Science
all’Auburn University di Auburn (USA)
102
 PhD in Patologia Sperimentale
e Neuropatologia all’Università degli
Studi di Milano
Le interazioni tumore-stroma
nel fegato: bersaglio di micro-RNA terapeutici veicolati con esosomi.
Un tumore non è un tessuto isolato,
ma interagisce continuamente con
l’ambiente esterno, lo stroma: esso è
costituito da altre cellule di supporto,
dette fibroblasti, e dalle cellule del sistema immunitario e della rete vascolare.
Lo stroma a sua volta non è inerte,
ma “comunica col tumore” e può
anche favorirne la nascita e la proliferazione, rilasciando molecole infiammatorie e rimodellando la matrice
extracellulare. In questo progetto viene
proposta una strategia terapeutica
finalizzata a sopprimere alcune funzioni alterate in cellule stromali del
fegato, coinvolte nei processi di fibrosi e sviluppo di tumori epatici, sfruttando piccole molecole di RNA, i microRNA. Essi sono dei fini regolatori
dell’espressione genica, e vengono
usati per “ristabilire” l’ordine nelle cellule tumorali fuori controllo. Il limite nel
loro utilizzo come molecole terapeutiche
è che sono molto fragili, ed entrano a
fatica nelle cellule attraverso le membrane cellulari. La ricerca vuole valutare
specificità ed efficacia di introdurre i
microRNA in speciali “trasportatori”, gli esosomi, prodotti da epatociti in coltura.
Tale strategia protegge le molecole di
RNA terapeutico dalla degradazione,
e permette un più facile passaggio
attraverso le membrane dei fibroblasti
dello stroma, dove gli RNA agiscono
per alterare il microambiente epatico
e sfavorire la crescita del tumore.
I risultati non solo valuteranno il potere
anti-tumorale nello stroma di microRNA
ma perfezioneranno una strategia per
trasportare efficacemente nelle cellule
queste piccole molecole terapeutiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Policlinico Umberto I di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1969
 Laureata in Biologia all’Università
“La Sapienza” di Roma
 PhD in Genetica e Biologia
all’Università “La Sapienza” di Roma
103
grant 2014
Mauro
Scotti
Estensione
dei
criteri
convenzionali per il trapianto
di fegato nel carcinoma
epato-cellulare.
Il carcinoma epato-cellulare è tra i tumori più comuni al mondo. Il trattamento più adeguato è il trapianto di
fegato, poiché consente di rimuovere
sia il tumore sia la cirrosi, cioè il tessuto sofferente circostante.
I parametri per valutare l’idoneità
al trapianto, tra cui il numero e la dimensione dei tumori e il livello di vasi
sanguigni infiltranti, sono elencati nei
Criteri Convenzionali di Milano.
Questo progetto si prefigge di estendere l’idoneità al trapianto anche per
pazienti affetti da carcinoma epato-cellulare esclusi dalla lista di attesa del
trapianto perché non rientrano nei
criteri convenzionali, e che attualmente
possono accedere solo a terapie palliative ma non curative.
Nello studio verrà analizzato il più alto
numero di carcinomi epato-cellulari
al mondo; saranno arruolati pazienti
con diagnosi di epatocarcinoma al di
fuori degli attuali criteri di trapiantabilità,
ma con una prognosi di sopravvivenza
in caso di trapianto superiore al 50%.
Questi pazienti saranno sottoposti a
trattamenti chemioterapici e/o chirurgici per retrostadiare il tumore, cioè
riportarlo in una fase meno avanzata
rendendo i pazienti idonei per un successivo trapianto di fegato.
I vantaggi attesi consistono nel poter
offrire l’opzione del trapianto a pazienti
che non ne potrebbero usufruire sulla
base dello stadio clinico iniziale della
malattia, valutando anche i reali benefici
del trapianto in termini di sopravvivenza
a lungo termine.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Monza nel 1981
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
104
 Specializzato in Chirurgia Generale
all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
105
Sara
Cattelani
TUMORI DEL SISTEMA NERVOSO
Esistono numerose tipologie di tumori del sistema nervoso, a carico delle diverse cellule specializzate che lo compongono. I più comuni sono i gliomi, come i glioblastomi
e gli astrocitomi, mentre il neuroblastoma è molto comune nei bambini. I tumori primari
del sistema nervoso sono abbastanza rari, mentre più frequenti sono le metastasi da
parte di altri tumori, come seno e polmone. Tuttavia sono molto aggressivi e causano
sintomi debilitanti, tra cui aumento della pressione intracranica con forti mal di testa e
disturbi fisici e cognitivi.
21
persone
seconda
15%
90%
106
FONTI: Orphanet (www.orpha.net), www.cbtrus.org
Epicentro (www.epicentro.iss.it)
ogni 100.000:
incidenza di
tumori cerebrali
nei paesi
industrializzati
causa di morte
per malattie
oncologiche
negli uomini
tra 0 e 49 anni
Il polimorfismo di p53 nella
nascita e nella risposta alla
chemioterapia nel neuroblastoma.
p53 è una proteina estremamente
importante e presente in tutte le cellule
dell’organismo: è chiamata il “guardiano
del genoma” perché protegge il DNA
da danni e mutazioni.
Mutazioni che aboliscono la funzione
di p53 infatti si ritrovano in moltissimi
tumori umani di diversa origine.
Curiosamente, p53 non è mai mutato nel neuroblastoma, un tumore solido cerebrale diffuso in età pediatrica.
Tuttavia, variazioni genetiche in p53
normalmente presenti nella popolazione
(polimorfismi) che non causano
malfunzionamenti di p53, possono
regolarne la sua attività e influenzare
lo sviluppo del neuroblastoma.
Ad esempio, alcuni pazienti hanno
alcune mutazioni in punti specifici del
gene p53, che fanno sì che la proteina
corrispondente abbia un aminoacido
prolina al posto di un amminoacido
arginina; questi pazienti hanno una
sopravvivenza al neuroblastoma minore
a cinque anni.
Come mai?
Scopo della ricerca è capire come
piccole variazioni in p53, apparentemente senza grandi effetti, possano influenzare l’insorgenza e l’aggressività del neuroblastoma e la
risposta ai chemioterapici.
Queste conoscenze potrebbero gettare le basi per una terapia del neuroblastoma personalizzata basata sulle
caratteristiche genetiche del gene p53
di ogni singolo paziente.
percentuale
di glioblastomi,
i tumori cerebrali
più aggressivi
percentuale di
neuroblastomi
diagnosticati
al di sotto dei
5 anni di età
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Modena nel 1980
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
 PhD in Medicina Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Modena e
Reggio Emilia
107
Annalisa
Morgano
Silvia
Cristofanon
Il ruolo della via biochimica
di Hippo nelle recidive del
glioblastoma: verso un nuovo bersaglio terapeutico.
Il glioblastoma è il tumore cerebrale
più diffuso nell’adulto e molto difficilmente curabile, anche a causa delle
sue frequenti ricadute. Lo scopo della ricerca è quello di caratterizzare
una via biochimica che sembra essere particolarmente importante nelle
recidive del glioblastoma, e che
quindi rappresenta un importante potenziale bersaglio da colpire con farmaci mirati per ridurre la frequenza di
ricadute.
Tramite sequenziamento dell’RNA
da campioni di tessuto di glioblastomi
prelevati da pazienti, è stata identifi-
108
cata la proteina TEAD2 appartenente alla via biochimica di Hippo, come
possibile responsabile dei cambiamenti di espressione dei geni nelle
recidive di glioblastoma.
TEAD2 si trova infatti a livelli più alti nei
glioblastomi recidivi e influenza circa
il 20% dei geni responsabili dell’aumento di migrazione e aggressività
della recidiva.
Il progetto vuole dunque approfondire
questa linea di ricerca: di particolare
interesse, infine, sarà valutare l’effetto del Verteporfin, un inibitore della via di Hippo sulla crescita di
cellule di glioblastoma ottenuti da
campioni di pazienti.
In caso di risultati positivi, il Verteporfin potrebbe in futuro essere utilizzato
come nuovo farmaco per prevenire o
curare le ricadute in pazienti affetti da
glioblastoma.
La via di segnalazione di NOTCH
nei paragangliomi del collo
e della testa: crescita e differenziamento delle cellule.
I paragangliomi della testa e del collo
sono rari tumori del sistema nervoso
che spesso danno origine a metastasi e per i quali la chirurgia è l’unica
cura. Quando l’intervento non è realizzabile, le opzioni terapeutiche sono
limitate e ad oggi non esistono
terapie mirate per questo tipo di tumore, con conseguente prognosi
infausta per i pazienti.
Lo scopo del progetto è comprendere i meccanismi molecolari alla base
dell’insorgenza dei paragangliomi; la
conoscenza più approfondita dei meccanismi è un pre-requisito per sviluppare terapie mirate più efficaci e
marcatori biologici per il follow-up
dei pazienti, i quali, anche se operati con successo, devono essere seguiti tutta la vita perché non è possibile
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Chieti-Pescara
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1978
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Atessa (CH) nel 1977
 Laureata in Biologia all’Università
“Tor Vergata” di Roma
 Laureata in Scienze Ambientali
all’Università degli Studi del Molise
 PhD in Biologia Molecolare e Cellulare
all’Università “Tor Vergata” di Roma
 PhD in Oncologia e Patologia Molecolare
all’Università degli Studi di Chieti-Pescara
monitorare potenziali recidive attraverso
marcatori.
La ricerca si focalizza sul ruolo della
proteina NOTCH in linee cellulari di
paragangliomi isolate da pazienti
operati.
La proteina NOTCH è coinvolta in una
via di segnalazione che regola l’equilibrio tra proliferazione e differenziamento delle cellule. Nei paragangliomi, essa è sregolata a causa di un
alterato numero di copie del gene
NOTCH e dalla perdita di meccanismi
di controllo.
La caratterizzazione di come l’alterazione di NOTCH può influenzare la tumorigenesi nel paraganglioma sarà
anche molto utile per identificare nuovi
bersagli farmacologici.
109
Cristina
Richichi
Barbara
Ortensi
Identificazione di micro-RNA
coinvolti nell’invasione del
glioblastoma.
Il glioblastoma multiforme è il tumore
cerebrale più aggressivo e incurabile.
Una delle cause è l’elevata capacità
di invasione delle cellule staminali
tumorali, che disseminandosi lontano
dalla sede di sviluppo primario fanno
sì che sia molto difficile rimuovere
chirurgicamente l’intera massa tumorale. I pazienti quindi hanno generalmente
una prognosi infausta.
Lo scopo del progetto è identificare
le molecole responsabili del processo
di disseminazione del glioblastoma;
ideare una strategia per bloccare la
loro azione e di conseguenza impedire
l’infiltrazione delle cellule tumorali nel
tessuto cerebrale sano, permettendo
così una rimozione efficace del tumore
tramite chirurgia.
L’attenzione sarà rivolta soprattutto a
una classe di piccole molecole: i
microRNA. Essi hanno funzione di
regolare in maniera fine l’espressione
dei geni in una cellula.
Quando gli stessi microRNA sono
deregolati, la cellula può andare incontro
a trasformazione maligna, come accade
nelle cellule staminali tumorali. Alcuni
microRNA potrebbero essere coinvolti
nella regolazione della proteina RAI,
la quale a sua volta stimola la migrazione
di cellule del glioblastoma attraverso
l’ambiente extra-cellulare.
Lo scopo è quello di analizzare un set
di microRNA deregolati nel glioblastoma
prelevati da un ampio numero di pazienti,
in modo da identificare, nonostante la
variabilità genetica tra individui, una
firma molecolare comune da usare per
sviluppare nuove terapie.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1975
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
110
 PhD in Molecular Medicine all’Open
University di Londra (UK)
Il canale del cloro intracellulare come nuovo biomarcatore del glioblastoma umano.
Il glioblastoma è il tumore cerebrale
più aggressivo e letale. Le difficoltà di
trattamento clinico di questo tumore
sono dovute alla complessità dei meccanismi che ne guidano l’insorgenza
e la progressione.
La conoscenza di questi meccanismi
è fondamentale per identificare molecole che siano da un lato biomarcatori utili per una diagnosi precoce e
per la scelta della terapia più adeguata, e dall’altra possibili bersagli farmacologici.
CLIC1 è una proteina che regola i
flussi dello ione cloro nelle cellule:
i livelli di CLIC1 sono più alti in cellule
di glioblastoma rispetto a cellule sane,
e sono tanto più alti tanto peggiore è
la prognosi per il paziente.
Inoltre, se i livelli di CLIC1 vengono
“spenti” in alcune cellule particolari,
dette staminali del cancro, queste
hanno una diminuita capacità di
rigenerarsi e di stimolare la propagazione
del tumore.
CLIC1 sembra quindi una proteina
importante nella genesi e nell’evoluzione del glioblastoma, e scopo del
progetto è quello di comprenderne in
meccanismi di azione.
La ricerca si prefigge inoltre di valutare
se le cellule di glioblastoma rilasciano
CLIC1 nel sangue e se questi livelli
possono essere utilizzati come indicatori diagnostici e prognostici della presenza e dello stadio della
malattia.
Infine, si intende chiarire se CLIC1
possa essere utilizzato come marcatore dell’aggressività del tumore e
della prognosi del paziente ed essere
sfruttato come bersaglio molecolare
per terapie farmacologiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1974
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Neurofarmacologia all’Istituto di
Ricerche Farmacologiche Mario Negri di
Milano
111
TUMORE DI TESTA E COLLO
I tumori della testa e del collo comprendono tutti i tumori del cavo orale, di laringe, faringe, cavità nasali, collo, orecchio e ghiandole salivari. La probabilità di sopravvivenza è
più alta rispetto ad altri tipologie di tumore, a patto di diagnosticarli tempestivamente. I
fattori di rischio sono eccessivo consumo di alcol e fumo ma anche infezioni dai virus
dell’Epstein Barr (EBV) e del Papilloma umano (HPV) e una cattiva igiene orale.
112
quinto
tumore
più diffuso
al mondo
13.000
i nuovi casi
in Italia
ogni anno
75%
dei tumori testa
e collo oltre i
50 anni è causato
da fumo e alcool
10-20%
casi di cancro
della cavità orale
e della laringe
positivi all’HPV
50-60%
probabilità
di guarigione
a cinque anni
dalla diagnosi
FONTI: Linee Guida AIOM 2013 (www.aiom.it)
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Roma
Instabilità genomica nel carcinoma di testa e collo: il
ruolo delle mutazioni positive di p53.
Il corretto funzionamento delle cellule
è garantito da un DNA integro.
Mutazioni e cambiamenti rispetto alla
sequenza originale sono coinvolte nello sviluppo di malattie, prima fra tutte il
cancro. Il 50% dei tumori umani
presenta mutazioni nell’oncosoppressore p53, detto “guardiano del
genoma”, che ha un ruolo di primo
piano nel mantenimento della stabilità
genetica. Il carcinoma squamoso della testa e del collo è caratterizzato da
un’alta instabilità genomica, e ha frequentemente mutazioni in p53.
La maggior parte delle mutazioni di
solito distrugge il funzionamento di una
proteina: in certi casi, invece, le mutazioni sono positive e fanno acquisire
alle proteine una nuova funzione che
però sfugge al controllo cellulare, come
accade a p53 nel carcinoma squamoso della testa e del collo.
Silvia
Di Agostino
In questo progetto verrà studiato il ruolo delle mutazioni positive di p53 nel
mantenimento delle caratteristiche tumorali e nell’instabilità genomica di
cellule di carcinoma della testa e del
collo.
Particolare attenzione sarà rivolta a
mutazioni di p53 che controllano microRNA e RNA messaggeri di geni
della risposta al danno al DNA.
Questi dati saranno poi incrociati con
i dati clinici dei pazienti come lo stadio,
la grandezza del tumore e lo stato dei
linfonodi. Questa analisi ci permetterà
di ottenere uno strumento predittivo-prognostico della probabilità di
guarigione, di recidiva e di risposta
a terapie farmacologiche per il carcinoma squamoso di testa e collo.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena
di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1974
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università di Roma Tre
 PhD in Embriologia Medica all’Università
“Tor Vergata” di Roma
113
Archana
Varadaraj
Martino
Monteverde
Citotossicità dipendente da
anticorpi in pazienti con carcinoma a cellule squamose
di testa e collo.
Negli ultimi anni le terapie basate su
anticorpi monoclonali hanno avuto
sempre più diffusione in oncologia:
sono specifici per proteine espresse
dalle cellule tumorali e possono stimolare il sistema immunitario del paziente contro il tumore.
La citotossicità mediata da cellule
dipendenti da anticorpi è un meccanismo immunitario nel quale alcune cellule immunitarie, come monociti,
macrofagi e cellule natural killer,
riconoscono, grazie a dei recettori
chiamati FcR, porzioni di anticorpi
legati a una cellula tumorale, e vi
rilasciano all’interno molecole tossiche,
uccidendole.
Alcuni anticorpi sintetici usati in terapie
oncologiche, tra cui il rituximab o il
cetuximab, usato nel trattamento del
cancro al seno positivo a HER2, potrebbero almeno in parte agire tramite
questo meccanismo.
Questa ricerca si propone di studiare
il meccanismo della citotossicità
mediata da anticorpi in pazienti trattati con cetuximab per tumori avanzati di testa e collo o tumori metastatici del colon-retto.
Verranno studiate le cellule immunitarie
natural killer estratte dal sangue di
pazienti trattati con cetuximab e valutate
le eventuali differenze nei recettori FcR.
Lo scopo ultimo è mettere in relazione
differenze nella risposta e nella varietà
dei recettori con l’esito della terapia e
la sopravvivenza del paziente in assenza di recidive del tumore.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Novi Ligure (AL) nel 1973
 Laureato in Biologia all’Università degli
Studi di Genova
114
 PhD in Biologia Evoluzionistica
e Conservazione della Biodiversità
all’Università degli Studi di Torino
La regolazione di Ubc9 nel
carcinoma a cellule squamose di testa e collo.
Ubc9 è una proteina espressa in tutte
le cellule dell’organismo: è un enzima
che si trova al centro di una via biochimica chiamata SUMOrilazione che
regola la funzione di molti processi
cellulari, come la crescita e la divisione.
Proprio in virtù del suo ruolo chiave
nella vita delle cellule, un’alterata
SUMOrilazione può causare squilibri
tra proteine che facilitano la progressione tumorale (oncoproteine) e di
proteine che la sopprimono (oncosoppressori) a favore delle prime.
Alti livelli di Ubc9 sono stati già
correlati allo sviluppo di tumori della pelle, del polmone, della prostata
e del seno e sono associati a sviluppo di resistenza alle chemioterapie. Il
papilloma virus umano (HPV) è tra
le cause scatenanti di diversi tumori,
primo fra tutti quello alla cervice ma
anche il carcinoma a cellule squamose di testa e collo.
I livelli della proteina Ubc9 cambiano
in cellule tumorali infettate dal ceppo
16 di HPV: l’obiettivo della ricerca è
quello di esplorare la regolazione biochimica di Ubc9, la sua stabilità e le
modificazioni a cui Ubc9 va incontro
in cellule di carcinoma della testa e
del collo infettate o meno da HPV. I
risultati potranno svelare da una parte
la relazione tra regolazione di Ubc9 e
progressione tumorale e dall’altra comprendere l’effetto del virus del papilloma sui livelli di Ubc9 e sull’evoluzione
del carcinoma a cellule squamose di
testa e collo.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Chennai (India) nel 1979
 Laureata in Biochimica all’University
of Madras (India)
 PhD in Pathology all’University
of Cambridge (IK)
115
grant 2014
Daniela
Vivenza
Presenza del virus del papilloma
e correlazione con p16 e con
la sopravvivenza nei tumori
della testa e del collo.
I tumori della testa e del collo rappresentano la sesta causa di morte per
cancro al mondo. Sono un insieme di
tumori che originano nelle vie aero-digestive come il cavo orale, la faringe,
la laringe, i seni paranasali e le ghiandole salivari.
Fino ad alcuni anni fa il fumo e l’abuso di alcool erano considerati i maggiori fattori di rischio, ma di recente è
emerso che l’infezione da parte del
virus del papilloma umano (HPV),
causa anche della maggior parte dei
tumori della cervice uterina, sia un’importante condizione predisponen-
te ai tumori di testa e collo.
L’obiettivo del progetto è di identificare
un marcatore sensibile e specifico
della presenza di infezione da HPV nel
tessuto tumorale dei pazienti con cancro oro-faringeo.
La presenza di HPV ha come conseguenza la diminuzione nelle cellule infettate della proteina p16, che
serve a “mettere a freno” la divisione
cellulare. Bassi livelli di p16 sono una
delle cause del potere pro-tumorale
del virus HPV.
La ricerca vuole mettere a punto un
sistema per identificare il genoma
del virus HPV nei tessuti dei pazienti
e correlare i livelli del virus con i
livelli di p16 e con lo stadio del tumore.
Infine, si vuole verificare se cambiamenti
dei marcatori di HPV nel sangue correlino
con il tumore e con la risposta clinica,
in modo da utilizzarlo come marcatore
nella gestione dei pazienti; fornirebbe
al medico un indicatore oggettivo di
risposta alla terapia per prescrivere al
paziente un trattamento personalizzato.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale S.Croce e Carle di Cuneo
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Torino nel 1968
 Laureata in Biologia all’Università degli
Studi di Torino
116
 PhD in Medicina Molecolare
all’Università del Piemonte Orientale
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
117
Angelo
Cicalese
MELANOMI E TUMORI DELLA PELLE
La pelle è il tessuto dell’organismo esposto verso l’ambiente esterno e quindi sottoposto a maggiore stress ambientale. Uno dei maggiori fattori di rischio per i tumori
alla pelle è l’esposizione ai raggi ultravioletti del sole. La loro energia penetra nei melanociti e possono causare danni e mutazioni nel DNA, anticamera della trasformazione
tumorale. Il melanoma è curabile, tramite asportazione chirurgica, senza conseguenze
se diagnosticato in tempo mentre la sua forma metastatica è molto aggressiva.
terzo
1%
85%
40-50%
tumore
più frequente in
Italia al di sotto
dei 50 anni di età
di tutte le morti
per tumore
la probabilità
di sopravvivenza
a 5 anni
se diagnosticato
in tempo
dei melanomi
cutanei ha una
mutazione nel
gene BRAF
Identificazione
di
geni
“bersaglio” di farmaci nel
melanoma attraverso uno
screening ad alta risoluzione.
Il melanoma metastatico è un tumore
della pelle aggressivo e devastante
con poche terapie da proporre ai pazienti.
In realtà, esistono molti tipi di melanoma, in cui sono mutati diversi
geni e diverse vie biochimiche, e per
i quali terapie su misura sarebbero la
scelta ideale.
Il progetto di ricerca persegue due
scopi: il primo è quello di analizzare
a livello molecolare diversi casi clinici in modo da dividere il melanoma
in specifici sottotipi, per creare una
mappa genetica e molecolare che
possa avere un valore prognostico.
In parallelo, con uno screening mediante la tecnica dell’interferenza
da piccoli RNA, si identificheranno
i geni essenziali per la crescita tumorale, in modo da poter studiare
nuovi farmaci gene-specifici in ogni
sottotipo di melanoma. L’interferenza
da piccoli RNA consiste nell’introdurre
nelle cellule piccole molecole di RNA,
specifiche per spegnere di volta in
volta un particolare gene. Dall’analisi
di come cambia la proliferazione e la
vita delle cellule in assenza di un dato
gene, si può risalire alla sua funzione
biologica e patologica.
I primi risultati hanno rivelato che i
melanomi metastatici hanno un
diverso contenuto di cellule staminali iniziatrici del tumore, nei quali
si è trovato un gruppo di geni specifici che potrebbero essere coinvolti
nelle caratteristiche tumorali.
Grazie a questo doppio approccio si
spera di arrivare a caratterizzare la
malattia nei singoli pazienti così da
proporre terapie personalizzate.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
118
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 PhD in Life Sciences alla Open University
di Londra (UK)
119
Katiuscia
Dallaglio
Cellule staminali del melanoma umano: ruolo del microambiente.
Il melanoma è la forma più letale di
cancro della pelle, caratterizzata da
elevata resistenza alle terapie.
Molti studi indicano che le cellule
staminali del tumore siano responsabili
di questa resistenza: causano recidiva
da malattia e, in alcuni casi, la formazione
di metastasi.
Queste cellule comunicano in modo
specifico con il microambiente tumorale, costituito dalle cellule sane e
dai fattori che circondano il tumore.
Il microambiente influenza molto lo
sviluppo e le caratteristiche di un tumore,
e comprendere questa complessa
relazione è essenziale per trovare
120
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Roma
potenziali nuovi bersagli terapeutici.
L’obiettivo principale della ricerca è
identificare quali sono di preciso i fattori che mediano la comunicazione tra
cellule staminali di melanoma e microambiente tumorale, e quali effetti
si osservano quando questi fattori
vengono inibiti.
Di particolare interesse è l’identificazione dei fattori prodotti dalle cellule
staminali di melanoma, ma non dalle
cellule tumorali non-staminali, quando
si trovano a contatto col microambiente
esterno.
Terapie che rimuovono anche il 99%
della massa tumorale ma non il
sottogruppo di staminali del cancro
sono di solito inefficienti per curare
definitivamente il paziente.
Comprendere le sottili differenze tra
cellule tumorali e cellule tumorali staminali è la chiave per elaborare terapie
farmacologiche mirate verso quest’ultime e offrire migliori prospettive di cura
a lungo termine ai pazienti affetti da
melanoma.
Dalle cellule alla proteomica: analisi di linee cellulari
di melanoma resistenti a BRAF
e ai farmaci.
Il melanoma metastatico è una devastante forma di cancro caratterizzato
da una prognosi infausta e la sua
incidenza nella popolazione è in aumento. Negli ultimi anni una speranza
di cura era arrivata dall’utilizzo di farmaci come il dabrafenib o il vemurafenib,
che agiscono bloccando la proteina
BRAF; essa si trova al centro di una
via biochimica che promuove la crescita delle cellule, ed è mutata nel 4060% dei melanomi; rappresenta
quindi un ottimo bersaglio farmacologico da colpire per bloccare la crescita del melanoma.
Sfortunatamente, molti melanomi in
fase avanzata e metastatica sviluppano resistenza agli inibitori di BRAF,
con conseguente recidiva del tumore.
Il progetto è focalizzato sullo studio
dei meccanismi alla base dell’acqui-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Arcispedale Santa Maria Nuova
di Reggio Emilia
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Superiore di Sanità di Roma
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Montecchio Emilia (RE) nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Tivoli (RM) nel 1982
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università di Modena e Reggio Emilia
 Laureato in Biologia ed Evoluzione
Umana all’Università “Tor Vergata” di Roma
 PhD in Medicina Molecolare
e Rigernerativa all’Università di Modena
e Reggio Emilia
 PhD in Immunologia e Biotecnologie
applicate all’Università “Tor Vergata” di
Roma
Claudio
Tabolacci
sizione di questa resistenza, per identificare i processi metabolici che la
causano. Una volta identificati i bersagli più promettenti sarà possibile
individuare nuove terapie con farmaci
adiuvanti, per ridurre la resistenza e
debellare il melanoma, offrendo ai
pazienti un aumento della speranza di
vita.
A questo scopo, verranno utilizzate
delle linee cellulari di melanoma resistenti
al dabrafenib e vemurafenib, sulle quali
effettuare uno screening con diverse
molecole e analizzare gli effetti sulla
crescita e sulla vitalità delle cellule al
fine di individuare quelle che sono in
grado di ridurla o bloccarla, da utilizzare
poi per svilupparle in nuovi farmaci
contro il melanoma.
121
Amalia
Conti
SARCOMI E TUMORI DEI TESSUTI MOLLI
I sarcomi e i tumori dei tessuti molli comprendono tutti i tumori a carico del muscolo,
del tessuto adiposo e connettivo, dei legamenti e dei vasi sanguigni e linfatici.
Sono tumori piuttosto rari ma che se non diagnosticati in tempo offrono ben poche
possibilità di cura ai pazienti. Spesso i tumori dei tessuti molli causano sintomi molto
vaghi e non immediatamente riconoscibili: per questo è importante individuare marcatori specifici e precoci per questa tipologia di tumori.
3
persone
più di 50
ogni 100.000:
incidenza globale
di questi tumori
all’anno
i tipi di sarcoma,
diversi dal punto
di vista istopatologico
e clinico
90%
sopravvivenza
a 5 anni
se diagnosticato
in tempo
15%
sopravvivenza
a 5 anni se
sono già presenti
metastasi
Studio di marcatori ematici
del sarcoma delle parti molli attraverso le nanoparticelle.
I sarcomi delle parti molli sono un
gruppo di tumori maligni dell’apparato
muscolo-scheletrico con diagnosi e
prognosi complesse, soprattutto in
casi di ricadute. Come per tutti i tumori,
una diagnosi precoce migliora l’esito
del trattamento, la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti.
La scoperta nel sangue di biomarcatori tumorali, come certe proteine,
indicativi di un certo rischio di tumore
o dello stadio della malattia, permette
sia di diagnosticarla precocemente,
sia di monitorare la progressione e
il trattamento in modo semplice e
non invasivo per il paziente.
Gli attuali metodi di rilevamento dei
marcatori però non sono particolarmente
sensibili, e spesso non riescono ad
evidenziare molecole presenti in piccole quantità, ad esempio negli stadi
precoci della malattia, quando invece
la diagnosi precoce sarebbe molto
utile.
Scopo della ricerca è quello di identificare nuovi marcatori circolanti
per il sarcoma nei fluidi biologici dei
pazienti utilizzando una tecnologia
innovativa: le nano-particelle.
Esse sono in grado di “imprigionare”
efficacemente proteine presenti anche
in piccole quantità prima che vengano
distrutte dagli enzimi del plasma.
L’analisi dei tipi e delle quantità di
questi marcatori permetterà di stratificare i vari tipi e stadi di sarcomi anche
in fasi iniziali, offrendo nuove prospettive di cura.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Campobasso nel 1979
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Bologna
122
FONTI: Linee Guida AIOM 2013 (www.aiom.it)
 Specializzazione in Patologia Clinica
all’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Roma
123
grant 2014
Valeria
Leuci
Immunoterapia con cellule
killer indotte da citochine
contro le cellule staminali del cancro nei tumori
mesenchimali.
L’immunoterapia, cioè lo sfruttamento
delle proprietà del sistema immunitario,
è una delle più promettenti armi contro
i tumori, ma occorre ancora comprendere
meglio i meccanismi della relazione
tra tumore e cellule immunitarie.
Questo progetto mira a studiare la
possibilità di utilizzare cellule del
sistema immunitario per colpire
tumori mesenchimali come i sarcomi. In particolare, la strategia è quella
di colpire un sottotipo di cellule tumorali, definite staminali del cancro, che
sostengono la crescita del tumore,
sono responsabili delle recidive e della resistenza alle chemioterapie e sono
le più difficili da individuare e colpire
con i farmaci.
L’immunoterapia si basa sull’uso
di un tipo di globuli bianchi, i linfociti
T, raccolti con prelievi di sangue ed
espansi in laboratorio, rendendoli
capaci di riconoscere e uccidere i
tumori: queste cellule vengono chiamate
cellule Killer indotte da citochine,
molecole naturalmente prodotte dalle
cellule immunitarie.
Lo scopo ultimo è quello di esplorare
e definire le basi biologiche di un nuovo trattamento immunoterapico capace
di sradicare le cellule che alimentano
lo sviluppo tumorale.
Verranno utilizzati campioni di tumori
e linfociti prelevati dagli stessi pazienti in modo da elaborare un trattamento personalizzato e fornire dati
quanto più affidabili per future applicazioni cliniche nel trattamento di tumori
di origine mesenchimale come sarcomi dell’osso e dei tessuti molli.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerca e Cura sul Cancro
di Candiolo (TO)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Terlizzi (BA) nel 1980
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università di Modena e Reggio Emilia
124
 PhD in Oncologia Umana all’Università
degli Studi di Torino
il nostro
sostegno
alla ricerca
scientifica
125
Barbara
Pardini
TUMORE ALLA VESCICA
Il tumore alla vescica si manifesta principalmente tra i 60 e i 70 anni. I sintomi principali sono presenza di sangue nelle urine e dolore e difficoltà a urinare. La sopravvivenza
è piuttosto alta anche se non è sempre prevedibile l’evoluzione e la risposta alla terapia, che è generalmente chirurgica con chemioterapia adiuvante.
Vi sono diversi fattori predisponenti tra cui il fumo, una dieta ricca di grassi e l’esposizione prolungata a sostanze come le nitrosamine e le ammine aromatiche, comuni in
certi processi industriali.
3%
secondo
3
70%
di tutti i tumori
fra i tumori
urologici maschili
dopo il tumore
alla prostata
volte più frequente
negli uomini
che nelle donne
probabilità di
sopravvivenza a
cinque anni dalla
diagnosi in Italia
Il sequenziamento di nuova
generazione per identificare
micro-RNA plasmatici nel
cancro alla vescica.
I microRNA sono piccole molecole di
RNA presenti naturalmente nelle cellule con un ruolo fondamentale nella
regolazione dell’espressione genica.
Negli ultimi anni è stato delineato il loro
coinvolgimento nello sviluppo di molte
malattie tra cui i tumori, incluso quello alla vescica.
Il tumore alla vescica è una delle neoplasie più spesso diagnosticate in
Europa; identificare quindi nuove molecole da poter utilizzare come marcatori diagnostici e prognostici è di grande
interesse clinico. Di grande rilevanza
sono soprattutto i marcatori che sono
rilasciati nel sangue, poiché sono
analizzabili a basso costo e senza
metodiche invasive per il paziente.
Scopo del progetto è proprio l’identificazione di variazioni nei livelli e nelle
tipologie di microRNA, collegati con
la formazione e lo sviluppo del tumore ala vescica, nel sangue di pazienti rispetto a individui sani.
Per identificarli con precisione verranno utilizzate le tecnologie di
sequenziamento di nuova generazione, che permettono di identificare
anche RNA presenti in numero ridotto, ma significativi della presenza
della malattia. Lo scopo finale è quello di individuare i microRNA coinvolti
nel processo di formazione e sviluppo del tumore alla vescica per
utilizzarli come biomarcatori.
La specificità dei microRNA dovrebbe
inoltre permettere la caratterizzazione
puntuale dei vari stadi del tumore alla
vescica e quindi di sviluppare nuove
strategie di cura personalizzata.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Human Genetics Foundation di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Lucca nel 1978
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Pisa
126
FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani
World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali
 PhD in Microbiologia e Genetica
all’Università degli Studi di Pisa
127
Serena Rubina
Baglio
TUMORE ALLE OSSA
I tumori primari alle ossa sono relativamente rari, a differenza dei tumori metastatici che
invece sono molto frequenti. I più frequenti sono l’osteosarcoma, a carico del tessuto
osseo, il condrosarcoma, a carico della cartilagine, e il sarcoma di Ewing, una forma
particolarmente aggressiva. I tumori ossei primari sono frequenti in bambini e adolescenti, con una età media di diagnosi introno ai 20 anni. La terapia è di solito una combinazione di chemio e radioterapia, talvolta accompagnata da chirurgia.
350
20-25%
nuovi casi all’anno
di tumore primario
alle ossa in Italia
percentuali di
osteosarcomi tra tutti
i tumori dell’apparato
scheletrico
60%
probabilità
di sopravvivenza
40%
aumento della probabilità di sopravvivenza
negli ultimi 20 anni
grazie ai progressi
della medicina
Gli esosomi nella comunicazione tra stroma e tumore
nella progressione dell’osteosarcoma.
L’osteosarcoma è un tumore delle ossa
estremamente aggressivo che colpisce
soprattutto bambini e adolescenti durante la crescita. Spesso i pazienti non
rispondono alle terapie, di conseguenza la percentuale di sopravvivenza
in presenza di metastasi non supera
tutt’oggi il 30%.
È quanto mai urgente aumentare la
comprensione dei meccanismi alla
base della formazione delle metastasi per lo sviluppo di terapie innovative
che offrano ai pazienti affetti da osteosarcoma una migliore possibilità di
cura.
Il progetto di ricerca in particolare si
focalizza sul ruolo nella progressione
dell’osteosarcoma di alcune piccole vescicole rilasciate dalle cellule
tumorali. Queste vescicole, chiamate
esosomi, contengono proteine e altre
molecole che le cellule rilasciano per
comunicare con altre cellule e con
l’ambiente esterno del tessuto, il mi-
croambiente. Tra le cellule presenti nel
microambiente ve ne sono alcune,
dette stromali: sono cellule che forniscono sostegno al resto del tessuto, sia sano sia tumorale.
Le cellule tumorali dell’osteosarcoma “alterano la comunicazione”
manipolando gli esosomi affinché
le cellule stromali favoriscano la crescita del tumore e la formazione di metastasi.
La ricerca vuole comprendere meglio
questo complesso meccanismo di
comunicazione tra cellule tumorali e
cellule ‘normali’ presenti nel microambiente del tumore e studiare il contenuto degli esosomi per identificare
nuovi marcatori diagnostici e terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
VU University Medical Center
di Amsterdam (Olanda)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Caltanissetta nel 1982
 Laureata in Biotecnologie farmaceutiche
all’Università degli Studi di Bologna
128
FONTI: Epicentro (www.epicentro.iss.it)
National Cancer Institute (www.cancer.gov)
 PhD in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Bologna
129
CONOSCERE LA SCIENZA PER UNA PREVENZIONE CONSAPEVOLE
La salute è un diritto inalienabile dell’essere umano, sancito anche dalla Costituzione
Italiana. La scienza e la medicina hanno scoperto molte della cause genetiche e soprattutto ambientali e comportamentali che aumentano le probabilità di ammalarsi, ad
esempio di tumore. La conoscenza dei risultati della scienza porta consapevolezza e
la consapevolezza conferisce la libertà di scelta e di azione, mettendo nelle condizioni
i cittadini di metterne in pratica le raccomandazioni per preservare la propria salute e
migliorare la qualità della vita.
Costruire il dialogo tra
scienza e società per una
cittadinanza consapevole.
Nei paesi industrializzati l’aspettativa
di vita nell’ultimo secolo si è allungata
enormemente, grazie ai progressi
compiuti dalla medicina. La scienza
ha fornito molta conoscenza su come
curarci e soprattutto su come prevenire le malattie e migliorare la nostra
salute. Per essere davvero al servizio
della collettività la scienza deve però
anche essere in grado di dialogare
con essa, trovare un linguaggio
condiviso per comunicare i propri
risultati.
Il progetto si propone di implementare,
all’interno di una Fondazione fortemente
attiva nel sostegno alla scienza e alla
ricerca, nuove strategie di diffusione
della cultura scientifica tramite diversi
canali. Sul web, con un blog, verrà
presentato il mondo della ricerca
italiana e la scienza prodotta nei
laboratori del paese, in particolare quella
Chiara
Segré
volta a migliorare la prevenzione e la
cura delle malattie croniche, e fra tutti
i tumori.
Verranno inoltre organizzate conferenze, incontri, dibattiti e corsi di
aggiornamento sui temi più attuali della scienza e della salute; medicina personalizzata, prevenzione,
alimentazione. Lo scopo è da una
parte divulgare nuove conoscenze
scientifiche utili per mantenersi in
salute ma soprattutto fornire strumenti di riflessione sul metodo che guida un buon progresso scientifico.
L’obiettivo finale è costruire un linguaggio
condiviso tra scienza e società, per
una scienza al servizio della collettività
e per una cittadinanza consapevole
e partecipativa.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione Umberto Veronesi,
sede di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1982
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
 PhD in Molecular Medicine alla Scuola
Europea di Medicina Molecolare di Milano
130
 Master in Giornalismo e Comunicazione
Istituzionale della Scienza all’Università
degli Studi di Ferrara
131
Le malattie cardio-cerebrovascolari,
come infarto del miocardio e ictus,
rappresentano nel loro insieme il primo”
killer” e la prima causa di malattia nel
mondo occidentale; esse condividono meccanismi di base e fattori di
rischio comuni con tumori a vasta
prevalenza, quali quelli ormono-dipendenti nell’uomo e nella donna. Almeno uno su quattro casi di malattie
cardio-cerebrovascolari si potrebbe
prevenire grazie a sane abitudini di vita,
alimentazione di tipo mediterraneo,
esercizio fisico, astensione dal fumo.
Queste malattie rientrano pertanto
pienamente negli interessi della Fondazione Umberto Veronesi in quanto
largo spazio viene oggi assegnato alle
strategie di prevenzione nella lotta per
ridurre la loro prevalenza (“non solo
curare il malato di oggi, ma evitare il
malato di domani”). La ricerca in questo settore si concentra oggi da una
parte sulla definizione di nuovi marcatori molecolari o biochimici di disfunzioni cardiache allo scopo di ottenere nuovi strumenti diagnostici e di
identificare bersagli finora sconosciuti per lo sviluppo di farmaci innovativi;
dall’altra,si studiano fattori di rischio
convenzionali (ipertensione, diabete,
ipercolesterolemia etc) e non (es. aspetti psicologici o socio-economici)
per migliorare la predizione clinica di
tali malattie e si attua una prevenzione
dietetica prima che farmacologica.
In questo contesto si situano i progetti proposti con le domande di Borse
di Ricerca e Progetti di Ricerca che
sono risultati vincitori per il 2014: marcatori molecolari della funzione di cellule cardiache e vascolari, ruolo di
processi infiammatori di base nello
scompenso cardiaco e nelle sindromi
di ischemia cerebrale, cardioprotezione
con antiossidanti naturali, basi genetiche e biochimiche di disfunzioni cardiache familiari, nuovi parametri di
diagnosi precoce di disturbi cardiaci
valvolari.
Alla salvaguardia della salute del nostro cuore potranno così lavorare
quest’anno, nell’ ambito delle iniziative
della Fondazione, otto giovani post-doc
e tre ricercatori indipendenti, accuratamente selezionati per la loro qualità
scientifica, la loro esperienza internazionale e l’ originalità del loro progetto di ricerca.
Maria Benedetta Donati
132
Head, Laboratory of Translational
Medicine - Department of Epidemiology and Prevention - IRCCS Istituto
Neurologico Mediterraneo Neuromed
BORSE CARDIOLOGIA E MALATTIE CRONICHE
Le patologie cardiovascolari sono malattie a carico del cuore e dei vasi sanguigni. Tra
le cause principali, vi è l’aterosclerosi, cioè il restringimento dei vasi sanguigni per
un’occlusione causata da accumulo di colesterolo, infiammazione e ispessimento delle pareti. Le conseguenze possono essere infarto, ictus e sindromi vascolari. Rientrano nelle malattie cardiovascolari anche difetti congeniti del cuore, patologie reumatiche e croniche, scompenso e insufficienza cardiaca. Sono molto diffuse nei paesi
occidentali, soprattutto a causa di errati stili di vita e mancata prevenzione.
prima
OLTRE
4 milioni
4 VOLTE
223
80%
causa di morte
al mondo
nei paesi industrializzati
di decessi all’anno
in Europa
aumento di frequenza
di infarto negli uomini
rispetto alle donne fino
ai 60 anni
costo pro capite in euro
delle spese sanitarie
a causa delle malattie
cardiovascolari
riduzione delle morti per
malattie cardiovascolari
migliorando gli stili
di vita e la prevenzione
FONTI: Organizzazione mondiale della sanità (WHO) http://www.who.int
Epicentro www.epicentro.iss.it
133
Stefania
Croci
Ersilia
Cipolletta
La proteina CaMKII nell’ipertrofia cardiaca: un nuovo
bersaglio terapeutico.
La proteina Calcio/Calmodulina
dipendente di tipo II (CaMKII) è una
chinasi, cioè un enzima che modifica
altre proteine aggiungendo un gruppo
chimico, detto fosfato.
La sua azione, regolata dai livelli di
calcio, ha un importante ruolo nella
segnalazione cellulare in molte vie fisiologiche e in molti tessuti. È molto
importante nel rimodellare il tessuto
del cuore, ed è coinvolta nell’ipertrofia
cardiaca.
L’ipertrofia è un aumento di dimensioni del cuore, in particolare dei
ventricoli. È normale che avvenga
in risposta a un esercizio fisico sos-
tenuto o in gravidanza, ma se è eccessiva può diventare patologica e
causare malattie cardiovascolari.
Conoscere le vie biochimiche che
controllano l’ipertrofia è importante per
sviluppare nuovi farmaci efficaci.
Questo progetto vuole studiare l’efficacia di AntCantide, un inibitore
di CaMKII; si tratta di un peptide, cioè
una corta sequenza di amminoacidici, che in vitro si lega alla proteina
CaMKII e la blocca: occorre ora valutare in un modello in vivo la capacità
di AntCantide di ridurre l’ipertrofia ventricolare sinistra.
CaMKII interagisce nelle cellule con
ERK, una proteina che accende o
spegni alcuni gruppi di geni: la ricerca vuole indagare anche se CaMKII
provoca ipertrofia cardiaca attraverso
l’azione di ERK.
I risultati della ricerca diranno se CaMKII può essere efficacemente usata
come bersaglio di farmaci per contrastare l’ipertrofia ventricolare sinistra.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Salerno
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Napoli nel 1976
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi Federico II di
Napoli
134
 PhD in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale all’Università degli Studi
Federico II di Napoli
L’infiammazione
nelle
patologie croniche vascolari
al crocevia tra reumatologia
e cardiologia.
Le vasculiti dei grandi vasi sono malattie autoimmuni croniche che coinvolgono l’aorta e le sue diramazioni principali.
Sono caratterizzate da infiltrazioni di
cellule immunitarie, come granulociti,
che causano infiammazioni e ispessimento anomalo del tessuto intorno.
Le conseguenze possono essere
molto gravi: perdita della visione,
aneurismi all’aorta, ischemie e infarti.
Le terapie attuali si basano sulla somministrazione di glucocorticoidi, ma
la durata della terapia non può essere
prevista a priori e in più dell’80% dei
pazienti insorgono gravi effetti collaterali. Occorrono quindi nuove terapie per affiancare o sostituire quelle
esistenti per migliorare la cura e prevenire più efficacemente le recidive e
gli eventi cardiovascolari.
Questo progetto ha l’obiettivo di
comprendere nuovi meccanismi
molecolari e immunologici coinvolti
nello sviluppo delle vasculiti dei grandi
vasi per identificare nuovi potenziali
bersagli farmacologici e biomarcatori
correlati alla severità della malattia.
In particolare, la ricerca deve verificare
il coinvolgimento di tre componenti che da studi preliminari sembrano
essere importanti nelle infiammazioni
da vasculiti: alcuni microRNA, l’interleuchina-22 e la via di segnalazione di mTOR.
Queste tre vie molecolari sembrano
essere correlate alla percentuale di
alcune cellule immunitarie infiltrate e
alla severità della malattia.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Arcispedale Santa Maria Nuova
di Reggio Emilia
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Reggio Emilia nel 1976
 Laureata in Biotecnologie all’Università
degli Studi di Bologna
 PhD in Oncologia all’Università
degli Studi di Bologna
135
Silvia
Dragoni
Carmine
Del Giudice
Valutazione del composto
SM13 nella proliferazione
del muscolo liscio vascolare.
L’aterosclerosi è la formazione di placche ispessite sulle pareti dei vasi sanguigni: sono la causa principale di
ostruzione dei vasi e di molti scompensi cardiovascolari.
Le cellule che si trovano dentro e
intorno alle placche, come quelle
della muscolatura liscia dei vasi, sono
sottoposte a stress e a danno al
DNA: esse attivano la proteina p53,
un soppressore tumorale che in presenza di danni estesi al DNA scatena
la morte programmata nelle cellule. In
questo modo, si contrasta l’espansione della placca aterosclerotica.
Stimolare i livelli e le azioni di p53 farmacologicamente potrebbe quindi
aiutare i medici a trattare con più efficacia questa patologia, e a prevenire
le complicazioni circolatorie.
Come fare ad alzare i livelli di p53 nella muscolatura liscia dei vasi?
Ad esempio, bloccando i meccanismi che distruggono p53 nelle cellule. La proteina MDM2 si lega a p53
e ne promuove la sua degradazione,
come meccanismo di controllo a livello fisiologico.
La ricerca si propone testare gli effetti di SM13; è una molecola che
impedisce a MDM2 di degradare
p53, e che dovrebbe quindi causare
un aumento di p53 con conseguente
morte delle cellule muscolari lisce dei
vasi e diminuzione delle placche
aterosclerotiche. SM13 potrebbe
quindi essere utilizzato per costruire
farmaci per il trattamento di patologie
vascolari molto comuni, come l’aterosclerosi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi Federico II di
Napoli
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Aversa (CE) nel 1983
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi Federico II di
Napoli
136
 PhD in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale all’Università degli Studi
Federico II di Napoli
Un’arma contro le malattie
cardiovascolari e il cancro:
il differenziamento delle
cellule che formano colonie endoteliali.
Le cellule endoteliali costituiscono le
pareti dei vasi sanguigni. Derivano da
progenitori che si trovano nel midollo
osseo, da cui vengono mobilitate in
caso di ischemia o verso i tumori, per
sostenerne la crescita. Tra i progenitori, solo un tipo particolare, dette
cellule formanti colonie endoteliali
(ECFC) sono in grado di generare
nuovi vasi sanguigni.
Come avviene la maturazione delle
cellule ECFC in cellule endoteliali mature?
Un importante ruolo in questo processo è giocato da un fattore di crescita, detto endoteliale vascolare (VEGF),
che promuove la proliferazione e la
migrazione delle ECFC e il loro differenziamento, interagendo con componenti del microambiente del tessuto.
La ricerca vuole studiare meglio ques-
ta complessa relazione tra cellule endoteliali immature (ECFC), fattore di
crescita VEGF e microambiente per
comprendere come le cellule ECFC
maturano e danno origine a nuovi vasi
sanguigni. Verranno usati come modelli cellule isolate da pazienti sani
o affetti da cancro alla mammella,
per evidenziare differenze tra stato
normale e stato patologico.
Le applicazioni terapeutiche del progetto sono duplici: da un lato, capire
come controllare il differenziamento
delle ECFC è utile per stimolare la
riparazione dei tessuti e dei vasi
nelle malattie cardiovascolari, dall’altro identificare molecole che stimolano nuovi vasi nei tumori getta le basi
per nuove terapie antitumorali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Massachusetts di Lowell
(USA)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Codogno (LO) nel 1986
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Pavia
 PhD in Fisiologia e Neuroscienze
all’Università degli Studi di Pavia
137
Francesco
Rotella
Paolo
Poggio
Stenosi della valvola aortica: identificazione precoce
e possibili trattamenti.
La stenosi della valvola aortica è la più
comune patologia alle valvole cardiache nei paesi industrializzati, con un’incidenza del 2-3% nella popolazione
con più di 65 anni: questa percentuale
è destinata ad aumentare in futuro,
col progressivo incremento della
longevità.
Diversi studi clinici sono stati sviluppati con lo scopo di fermare la progressione della patologia ma purtroppo i risultati non sono stati risolutivi.
La comunità scientifica ha ipotizzato
che i trattamenti siano iniziati troppo
tardi, quando la patologia è già in uno
stadio irreversibile. Lo scopo principale
di questo progetto è l’analisi della progressione della stenosi a partire dalle
fasi iniziali, in concomitanza con l’inizio
delle terapia a base di statine.
Lo stadio iniziale della stenosi aortica è la sclerosi aortica: in questa
fase la funzionalità della valvola è ancora nei parametri di normalità ma è
a questo punto che sarebbe utile
identificare dei biomarcatori che
indichino un inizio della degenerazione della valvola.
Il progetto si pone questo obiettivo,
accanto alla valutazione dell’effetto
delle statine sulla progressione della
stenosi.
I dati ottenuti da questi due approcci
paralleli permetteranno di implementare un nuovo screening veloce e affidabile per la stenosi della valvola
aortica, con prospettive concrete di
avanzamento nel suo trattamento clinico.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Cardiologico Monzino di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Biella nel 1985
 Laureato in Biotecnologie Mediche
e Farmaceutiche all’Università
del Piemonte Orientale
138
 PhD in Scienze Farmacologiche
all’Università degli Studi di Milano
Predittori psicologici e psichiatrici nelle terapie cardiovascolari.
La sindrome coronarica acuta è una
delle più comuni patologie cardiovascolari; la terapia volta a riconsentire la
rivascolarizzazione dell’area colpita, è
sia farmacologica che interventistica.
I pazienti vengono seguiti dopo l’intervento; tuttavia esistono pochi studi che
valutano l’impatto della sindrome
cardiaca e della vita post-intervento sullo stato psicologico, cognitivo e psichiatrico dei pazienti.
La ricerca vuole proprio analizzare i
predittori psicologici e psichiatrici in
soggetti con sindrome coronarica
acuta che hanno subito un intervento
di rivascolarizzazione. I pazienti verranno seguiti tramite un follow-up di
36 mesi.
Per ognuno verrà raccolta una storia
clinica completa di parametri clinici,
emato-chimici, strumentali e funzionali,
con particolare attenzione a eventuali
precedenti psichiatrici.
Sarà inoltre eseguita una valutazione
dello stato cognitivo e della qualità
della vita, somministrando alcuni test
psicologici.
I dati ottenuti serviranno ad arricchire
la valutazione dei pazienti con sindrome
coronarica acuta e a renderla più completa e utile da un punto di vista clinico.
In particolare, si vuole confermare la
teoria, già supportata da alcuni studi,
che sintomi depressivi abbiano un
impatto negativo sull’esito cardiologico.
Verrà anche valutato l’impatto sul decorso della patologia di altre variabili
come la qualità della vita e lo stato
cognitivo.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Firenze nel 1979
 Laureato in Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Firenze
 PhD in Translational Medicine
all’Università degli Studi dell’Aquila
139
Elena
Sommariva
Maria Elena
Sana
Dai geni alle basi molecolari
della sindrome del cuore
sinistro ipoplasico.
La sindrome del cuore sinistro ipoplasico è una cardiopatia congenita che
rappresenta la più comune causa di
morte per anomalie cardiache nel primo mese di vita.
È caratterizzata da una grave ipoplasia, cioè uno sviluppo ridotto, del
lato sinistro del cuore e causa grossi scompensi nel suo funzionamento.
Pur essendo una patologia complessa e multifattoriale, ha anche una forte
componente di predisposizione genetica.
Lo scopo della ricerca è quello di individuare varianti e mutazioni in geni
coinvolti nel meccanismo molecolare
140
che scatena la patologia.
Attraverso le tecnologie del sequenziamento
del DNA di nuova generazione e
l’utilizzo di modelli cellulari verranno
analizzati 200 pazienti e le rispettive
famiglie: si tratta del più grande gruppo
di pazienti mai analizzato, data la
rarità della patologia.
Le informazioni genetiche verranno poi
incrociate con i dati clinici e la storia
familiare; l’obiettivo finale è quello di
caratterizzare non solo le varianti genetiche ma anche i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza della
sindrome del cuore sinistro ipoplasico.
Un’approfondita conoscenza della
malattia rappresenta la base per ottimizzare la consulenza prenatale
delle famiglie, sviluppare migliori
strategie terapeutiche per i bambini
affetti e guidare i clinici verso più efficace
stratificazione del rischio.
Le proteine LDL, adipociti e
cellule dello stroma cardiaco nella displasia aritmogenica del ventricolo
destro.
La displasia aritmogenica del ventricolo destro (ARDV) è una patologia
del cuore caratterizzata da una sostituzione di cellule muscolari cardiache
con cellule adipose, che porta ad
aritmie e morte improvvisa, soprattutto in giovani atleti.
È una malattia genetica ma spesso
pazienti portatori della stessa mutazione
mostrano gravità diverse.
È importante indagare i meccanismi
molecolari per comprendere quali
altri fattori, oltre alla genetica, intervengano nel determinare diversi
gradi di gravità della patologia.
I pazienti affetti da ARVD presentano
valori moderatamente elevati di LDL,
lipoproteine coinvolte nel trasporto del
colesterolo.
Una forma ossidata di LDL è responsabile di stimolare le cellule cardiache
ad accumulare grasso nei pazienti
ARDV ed è quindi probabile che alterati livelli di lipidi plasmatici LDL
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Centro Cardiologico Monzino di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Bergamo nel 1982
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
 Laureata in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Oncologia molecolare e Farmacologia all’Università degli Studi di Ferrara
 PhD in Molecular Biology al St.Georges
Hospital Medical School di Londra (UK)
possano agire come cofattore per
favorire l’accumulo di grasso nel cuore.
Il progetto vuole proprio comprendere meglio questo meccanismo valutando il rapporto tra livelli di LDL normali
e LDL ossidati nel plasma, eventuali
correlazioni con varianti genetiche e il
meccanismo molecolare attraverso cui
le LDL ossidate stimolano l’incorporazione di tessuto adiposo nel cuore.
L’obiettivo finale è chiarire parte dei
meccanismi clinici e molecolari della
variabilità di gravità della displasia aritmogenica del ventricolo destro, contribuendo così a migliorare le conoscenze sulla patologia e a identificare
un nuovo potenziale approccio terapeutico.
141
Valentina
Vacca
Dalle cellule T e dall’estradiolo: differenze sessuali e
nuove prospettive terapeutiche per il trattamento del
dolore cronico.
Il dolore neuropatico è un dolore cronico
provocato dalle fibre nervose che
trasmettono segnali errati ai centri del
dolore nel cervello, anche in assenza
di un danno reale.
É causato da lesioni e disfunzioni
del sistema nervoso ed è associato
a diverse patologie, e colpisce soprattutto il genere femminile.
Negli ultimi anni è stato sempre più
evidenziato il ruolo del sistema immunitario, in particolare dei linfociti T,
nello sviluppo e nell’andamento di
tale sindrome.
Nelle donne, inoltre, l’attività del linfociti
è maggiore e le ferite guariscono più
rapidamente rispetto agli uomini. La
ricerca vuole quindi indagare se questa
maggiore “aggressività” immunitaria
nel sesso femminile possa interferire
con l’origine del dolore neuropatico e
attraverso quali meccanismi.
In particolare, i linfociti T sono regolati
da un altro gruppo di linfociti, detti
linfociti T regolatori (Treg) e dall’ estradiolo, un ormone sessuale femminile che potrebbe spiegare la diverse
suscettibilità al dolore neuropatico fra
i sessi.
L’obiettivo della ricerca è quello di capire come modulare i linfociti Treg e
l’estradiolo in modo da ridurre l’eccessiva infiltrazione dei linfociti T nell’area
di lesione garantendo una corretta
risposta immunitaria in grado di prevenire lo sviluppo del dolore.
L’individuazione dei meccanismi coinvolti
potrebbe suggerire nuove strategie
d’intervento terapeutico per il trattamento
del dolore cronico utilizzabile anche
in clinica medica.
Regolazione epigenetica di
RUNX3 nella spondilite anchilosante.
La spondilite anchilosante è una malattia infiammatoria che colpisce la colonna vertebrale e le articolazioni del
bacino.
Considerata un’artrite reumatica cronica
e autoimmune, nella sua forma più
grave porta a rigidità, deformità della
colonna vertebrale, dolore e disabilità.
Le cause della patologia sono ancora ignote, anche se sono stati identificati alcuni geni probabilmente
responsabili della malattia, tra i
quali il gene RUNX3.
Lo scopo del progetto è identificare
la funzione e il ruolo di RUNX-3 e delle
sue varianti nella spondilite anchilosante
per identificare nuovi bersagli terapeutici.
RUNX3 regola la maturazione di un
tipo di cellula immunitaria, i linfociti
CD8, coinvolti nella risposta autoimmune tipica dalla spondilite anchilosante.
Molte delle mutazioni identificate di
RUNX si trovano nelle regioni regola-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Biologia Cellulare
e Neurobiologia del CNR di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Oxford (UK)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Cassino (FR) nel 1984
 Laureata in NEUROBIOLOGIA presso
“La Sapienza” di Roma
142
Matteo Luca
Vecellio
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Roma
 PhD in Farmacologia all’Università
“La Sapienza” di Roma
trici del gene, che influenzano i livelli
e le tempistiche con cui è espresso
nei linfociti.
La ricerca si focalizza anche sui
meccanismi che modificano i geni
per regolarne l’espressione; questi
fenomeni vanno sotto il nome di epigenetica.
Una volta identificata la regolazione
epigenetica di RUNX3 verranno studiati gli effetti sulla maturazione dei linfociti CD8 nel promuovere o rafforzare la
risposta autoimmune.
Ad oggi non esiste una cura efficace
per la spondilite anchilosante; comprendere nuovi meccanismi patologici può offrire concrete possibilità di
sviluppare terapie farmacologiche efficaci.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1981
 Laureato in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
 PhD in Medicina Molecolare
e Traslazionale all’Università
degli Studi di Milano-Bicocca
143
Il cervello è l’organo più complesso
del nostro organismo. L’attività delle
cellule del cervello è alla base di tutte
le nostre funzioni, dalle più semplici,
come camminare o respirare, alle più
complesse, tra cui l’apprendimento e
la memoria. Nonostante gli enormi
progressi degli ultimi anni, le Neuroscienze rappresentano ancora un
campo in gran parte sconosciuto che
richiede, per essere esplorato, metodi sempre più multidisciplinari e integrati, nonché l’impiego e lo sviluppo
di tecnologie avanzate.
Se da una parte l’approccio molecolare consente una sempre maggiore
comprensione dei meccanismi alla
base del funzionamento del cervello,
l’imaging cerebrale ha permesso di
ottenere una mappa anatomica della
mente. Nel loro insieme questi approcci sperimentali hanno dimostrato in
maniera sempre più diretta la stretta
correlazione fra le molecole e i processi mentali. Nel nostro cervello i
neuroni sono connessi tra loro da
contatti specializzati chiamati sinapsi.
Quando i neuroni e le sinapsi vanno
incontro a disfunzioni, abbiamo malattie psichiatriche o patologie neurodegenerative.
Con l’invecchiamento della popolazione, solo in Italia si contano oltre un
milione di persone che soffrono di
malattie neurodegenerative. Purtroppo,
le terapie che abbiamo in uso consentono nella maggior parte dei casi
soltanto di trattare i sintomi della malattia, senza rimuoverne le cause o rallentarne significativamente l’evoluzione.
Abbiamo bisogno di metodi di diagnosi
precoce, marcatori diagnostici affidabili,
studi molecolari che permettano lo
sviluppo di farmaci sempre più specifici
e abbiamo bisogno di identificare e
attuare efficaci strategie di prevenzione.
L’European Brain Council si è impegnato
a rendere il 2014 l’Anno del Cervello.
Capire come funziona il cervello è infatti
la sfida più grande rimasta alla scienza
e le malattie del cervello sono la sfida
più grande per la società del XXI secolo.
La Fondazione ha raccolto questa sfida
e ha premiato, attraverso il conferimento
di finanziamenti per Borse e Progetti
di Ricerca, giovani ricercatori che
svolgono progetti di alta innovazione
scientifica, mirati all’identificazione dei
processi molecolari alterati nel corso
di patologie neurodegenerative e al
trasferimento dei risultati dai laboratori
alla clinica.
Michela Matteoli
144
CNR and Università degli Studi di Milano
Director of Neuroscience Program
Humanitas Research Hospital
BORSE NEUROSCIENZE
Le malattie neurologiche comprendono le malattie del sistema nervoso centrale (sclerosi multipla, malattie cerebrovascolari, Alzheimer, Parkinson, epilessia, malattie autoimmuni e degenerative) e il sistema nervoso periferico (polineuropatie). Sono collegate
con l’invecchiamento dei neuroni e in aumento a causa dell’allungamento della vita
media. Sono patologie altamente invalidanti dal punto di vista fisico e cognitivo.
10-12%
80.000
220.000
15-50
ANNI
40-70
CASI
di tutti i decessi
in Europa sono
causati da ictus
cerebrali
nuovi casi
all’anno in Italia
di diagnosi
di morbo di Alzheimer
italiani affetti dalla
malattia di
Parkinson
età di
insorgenza della
sclerosi multipla
ogni 100.000
persone colpite da
epilessia nei paesi
industrializzati
FONTI: Epicentro www.epicentro.iss.it
145
Enrica
BodA
Susanna
Bacigaluppi
i progenitori delle cellule
endoteliali nel sangue dei
pazienti con emorragia
subaracnoidea acuta.
L’emorragia subaracnoidea è una fuoriuscita di sangue nel cervello e può
insorgere spontaneamente, ad esempio per rottura di un aneurisma.
Le principali complicazioni che
possono insorgere e causare gravi
disabilità o addirittura la morte, sono
contrazione dei vasi sanguigni
circostanti (vasospasmo) e ischemia
cerebrale ritardata.
L’emorragia infatti causa un grosso
danno ai capillari della zona interessata con infiammazione dell’area circostante. Le cellule endoteliali sono
cellule specializzate nel formare le
pareti dei vasi sanguigni; nel sangue
circolano anche dei progenitori endoteliali, un tipo particolare di cellula
staminale adulta che genera nuove
cellule endoteliali, ad esempio per
rimarginare le ferite.
I progenitori endoteliali interagiscono
con le cellule del sistema immunitario
diminuendo la fase acuta dell’infiammazione ed è già stato dimostrato che
hanno un effetto protettivo negli
infarti e nelle ischemie cardiovascolari.
Possono avere un ruolo analogo anche
nel caso di ischemie cerebrali da emorragia?
Scopo della ricerca è rispondere a
questa domanda. Se la risposta sarà
affermativa, si potranno progettare
sperimentazioni cliniche con farmaci,
come le statine, che stimolano la
mobilitazione dei progenitori endoteliali
dal midollo osseo al sangue, per
raggiungere il sito di danno e migliorare
il decorso del paziente.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Azienda Ospedaliero-Universitaria
San Martino di Genova
146
Ringiovanire il cervello: le
cellule staminali progenitrici per migliorare le funzioni
cognitive e le capacità di
rigenerazione.
Non solo il corpo, ma anche il cervello invecchia! Col passare del tempo
i progenitori delle cellule nervose,
chiamate staminali neurali, presenti anche nel cervello adulto, perdono
progressivamente la capacità di dividersi e generare nuove cellule del
sistema nervoso centrale, come neuroni e oligodendrociti.
Questo contribuisce all’instaurarsi di
difetti cognitivi, tra cui perdita di memoria, e compromette le capacità riparative e rigenerative del cervello.
Con l’allungarsi dell’aspettativa di
vita, le patologie legate all’invecchiamento cerebrale diventeranno
sempre più urgenti, con un impatto
non trascurabile sulla gestione della
salute pubblica.
La ricerca vuole indagare quali sono
i meccanismi molecolari che causano,
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Neuroscienze Cavalieri
Ottolenghi di Torino
 Laureata in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Torino nel 1981
 Specializzata in Neurochirurgia
all’Università degli Studi di Milano
 Laureata in Neurobiologia all’Università
degli Studi di Torino
 PhD in Neuroscienze all’Università degli
Studi di Milano-Bicocca
 PhD in Neuroscienze all’Università degli
Studi di Torino
nelle cellule staminali neurali, la perdita
nel tempo della capacità di dividersi,
per identificare molecole-bersaglio su
cui agire con farmaci e terapie allo
scopo di ripristinare le funzioni cognitive
e le potenzialità di riparazione del cervello
anziano.
Gli oligodendrociti, inoltre, sono
anche responsabili di depositare la
“mielina” sui neuroni.
La mielina facilita le trasmissioni nervose
e quando è insufficiente o non riparata causa gravi patologie, come la
sclerosi multipla.
I risultati della ricerca potranno quindi
anche fornire preziose informazioni
sulla biologia dei processi di riparo della
mielina e della regolazione di questo
importante processo nel cervello adulto.
147
Luigi
Carlessi
Erica
Butti
I precursori neurali endogeni nei processi di demielinizzazione e rimielinizzazione
nella sclerosi multipla.
La sclerosi multipla è una patologia
del sistema nervoso centrale causata
da perdita di mielina intorno ai neuroni
del cervello e del midollo spinale.
La mielina facilita la trasmissione nervosa ed è depositata intorno ai neuroni
da un altro tipo di cellule, gli oligodendrociti. Nella sclerosi multipla, gli
oligodendrociti diminuiscono molto
di numero, e questo causa demielinizzazione patologica.
Gli oligodendrociti derivano da un tipo
particolare di cellule staminali neurali,
detti precursori, presenti in una zona
del cervello adulto.
Studi in altre malattie neurodegenerative hanno dimostrato che questi
precursori possono favorire il processo di rimielinizzazione, migliorando i
sintomi della malattia.
Questo progetto di ricerca ha lo scopo
di capire se lo stesso effetto protettivo
può avvenire anche in pazienti affetti
da sclerosi multipla; utilizzando un
modello animale della malattia in cui
si possono eliminare i precursori degli
oligondendrociti, è possibile valutare
il loro effetto sulla rimielinizzazione dei
neuroni.
I precursori possono funzionare in
maniera diretta generando nuovi oligodendrociti non danneggiati, o in
maniera indiretta rilasciando “nutrienti” che rendono l’ambiente del
tessuto cerebrale più adatto a un
possibile recupero degli oligodendrociti già presenti.
Le informazioni ottenute dalla ricerca
serviranno a progettare nuovi protocolli
terapeutici per stimolare la riparazione
della mielina attraverso l’azione delle
cellule staminali neurali nei pazienti
affetti da sclerosi multipla.
ATM e il danno al DNA in
neuroni derivati da cellule
staminali indotte: capire
i meccanismi della
neurodegenerazione.
Il danno al DNA, ad esempio rotture
nella doppia elica, è molto pericoloso
per la cellula perché, se non identificato e riparato, può causare mutazioni
e rimescolamenti genetici, che a loro
volta scombinano la vita delle cellule
e sono alla base di molte patologie,
come i tumori o le malattie neurodegenerative.
ATM è una proteina molto importante
che riconosce e avvia il riparo di
danni al DNA; la sua assenza provoca una grave sindrome, l’Atassia–Telangiectasia. Questa malattia è caratterizzata, tra gli altri sintomi, da una
prematura neurodegenerazione, le cui
cause sono ancora sconosciute.
Lo scopo della ricerca è comprendere il ruolo della proteina ATM nei
neuroni maturi, e come la sua assenza ne provochi la morte, come nei
pazienti affetti da Atassia telangectasia.
Verranno utilizzate le cellule staminali pluripotenti indotte; sono cellule che derivano da cellule adulte,
ottenute dalla pelle dei pazienti e
che possono essere riprogrammate
in laboratorio a uno stadio di cellula
staminale, e successivamente spinta
a diventare un neurone.
Rappresenta un ottimo modello
sperimentale per studiare in vitro il
comportamento di neuroni normali
e neuroni derivati da pazienti con
la proteina ATM mutata o assente.
Una volta identificati gli stimoli biochimici che causano la morte prematura in
neuroni di pazienti telangiectasici si
potrà meglio comprendere la neurodegenerazione nell’atassia e sviluppare
approcci terapeutici adeguati.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
148
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Erba (CO) nel 1976
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Treviglio (BG) nel 1979
 PhD in Scienze Genetiche e Biomolecolari
all’Università degli Studi di Milano
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
149
Gaia
Colasante
Maria Teresa
Cencioni
Cellule T di tipo CD8+CD57+
nella risposta al virus Epstein-Barr nella sclerosi
multipla.
La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria autoimmune del sistema
nervoso centrale, caratterizzata dalla
perdita di mielina intorno ai neuroni e
da cellule del sistema immunitario che
si infiltrano nel cervello.
È una patologia multifattoriale molto complessa, le cui cause sono
ancora in buona parte sconosciute;
è noto però che le infezioni dal virus
di Epstein-Barr possono favorire la
nascita e lo sviluppo della malattia.
La presenza del virus, infatti, stimola
ancora di più la reazione del sistema
immunitario, e così facendo peggiora
150
gli effetti autoimmuni e il decorso della malattia. Ci sono però alcune cellule immunitarie, dette cellule T di tipo
CD8+CD57+, che hanno un ruolo
protettivo nei confronti della sclerosi multipla.
La ricerca vuole caratterizzare queste
cellule T e specialmente la loro capacità
di tenere sotto controllo le infezioni
virali; è probabile che queste cellule
T abbiano un effetto di regolazione del
sistema immunitario e siano in grado
di riconoscere e uccidere le cellule
infettate dal virus dell’Epstein-Barr,
abbattendo quindi uno dei fattori di
rischio della sclerosi multipla.
Verranno anche studiati i meccanismi
molecolari e cellulari che regolano la
risposta delle cellule T CD8+CD57+,
nella speranza che le conoscenze
acquisite aiutino a elaborare nuove
terapie per una malattia grave e
invalidante come la sclerosi multipla.
Riprogrammazione genetica
dei fibroblasti della pelle
in interneuroni GABAergici
per una innovativa terapia
dell’epilessia.
L’epilessia è un grave disordine neurologico caratterizzato da crisi ricorrenti; sono causate da uno squilibrio
tra eccitazione e inibizione di circuiti nervosi in determinate regioni
del cervello, tra cui l’ippocampo e la
corteccia cerebrale.
Gli inter-neuroni GABAergici, così
chiamati poiché producono un neurotrasmettitore specifico, l’acido gamma-ammino butirrico (GABA), sono tra
i principali neuroni inibitori che tengono sotto controllo l’impulso nervoso,
spegnendolo. In modelli animali, il
trapianto di interneuroni GABAergici embrionali in animali epilettici
adulti ha permesso il recupero della corretta funzionalità del cervello,
migliorando le crisi. Per trasferire questo approccio all’uomo, occorre trovare una fonte alternativa di inter-neuroni
funzionali che non sia l’embrione.
La presente ricerca ha lo scopo di
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione Santa Lucia di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Frascati (RM) nel 1972
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Foggia nel 1981
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università “Tor Vergata” di Roma
 Laureato in Biotecnologie all’Università
di Milano-Bicocca
 PhD in Neuroscienze all’Università
“Tor Vergata” di Roma
 PhD in Molecular Medicine all’Università
Vita-Salute del San Raffaele, Milano
mettere a punto la riprogrammazione
genetica di cellule adulte della pelle,
i fibroblasti, in inter-neuroni che
producono GABA, chiamati neuroni
GABA indotti (iGABA).
Successivamente andrà verificato se
questi neuroni iGABA sono in grado
di integrarsi nei circuiti neurali preesistenti ed esercitare correttamente
l’azione inibitoria sui neuroni circostanti,
diminuendo le crisi epilettiche e le
manifestazioni della malattia negli animali
modello.
Lo scopo ultimo è perfezionare una
terapia cellulare efficace che in futuro
possa essere applicata all’uomo, per
ricostituire una rete funzionante di inter-neuroni GABAergici nei pazienti
affetti da epilessia.
151
Alessio
Masi
Davide
Lecca
Ripristinare l’integrità della mielina nelle malattie
neurodegenerative: un nuovo approccio tramite la
proteina GPR17.
La mielina prodotta dagli oligodendrociti, cellule specializzate del sistema
nervoso, riveste i neuroni come una
guaina ed è essenziale per la corretta
trasmissione dell’impulso nervoso.
In molte malattie neurodegenerative
come l’ischemia acuta, l’Alzheimer e
la sclerosi multipla, la mielina è parzialmente distrutta, causando disfunzioni neurologiche. Ad oggi non
esistono cure in grado di riparare efficacemente la mielina e i pazienti vanno incontro a gravi disabilità e infine
alla morte.
152
Recentemente, è stato identificato un
interruttore molecolare (GPR17) che
svolge un ruolo cruciale nella maturazione degli oligodendrociti produttori di mielina.
Il progetto si propone quindi di individuare
farmaci che stimolino la ri-mielinizzazione
e la riparazione spontanea dei circuiti
nervosi danneggiati, ripristinando la
conduzione nervosa attraverso un’azione
specifica su GPR17.
In particolare, GPR17 deve accendersi
nei precursori degli oligodendrociti per
iniziare la sviluppo ma poi deve spegnersi
per permettere la maturazione a
oligodendrocita maturo.
GPR17 è alterato nelle malattie demielinizzanti: la ricerca valuterà se la
sua modulazione farmacologica può
guidare la riparazione spontanea
della mielina in modelli animali di
malattie neurodegenerative.
Le implicazioni terapeutiche sono potenzialmente molto importanti: si aprono infatti nuove prospettive di cura per
malattie che allo stato attuale sono
altamente debilitanti e invalidanti.
Iperpolarizzazione e vulnerabilità selettiva nei neuroni
dopaminergici del Parkinson.
Il morbo di Parkinson è una grave e
progressiva malattia del cervello caratterizzata da devastanti disturbi motori.
È causata dalla degenerazione della
via nigro-striatale, una rete di neuroni
che producono il neurotrasmettitore
dopamina, chiamati appunto neuroni
dopaminergici.
Esistono altri neuroni dopaminergici,
come quelli della via meso-limbica, i
quali, pur essendo molto simili a quelli nirgro-striatali, sono inspiegabilmente
meno vulnerabili, sia nel Parkinson
spontaneo sia nei modelli sperimentali.
Le basi di questa diversa vulnerabilità
sono ancora poco chiare ed è evidente
che la loro comprensione porterebbe
a un significativo avanzamento nella
conoscenza della malattia.
L’obiettivo della ricerca è testare il ruolo
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Neurofarba,
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Milano nel 1977
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Prato nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Farmacologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Oncologia Clinica e Sperimentale
all’Università degli Studi di Firenze
dell’impulso iperpolarizzante nella
sensibilità dei neuroni nigro-striatali: si
tratta di una corrente elettrica molto
abbondante nei neuroni, il cui ruolo
biologico è ancora oscuro.
È probabile però che quando è mal
funzionante, contribuisca a compromettere la vitalità di questi neuroni, con
conseguente diminuzione di produzione di dopamina e comparsa dei
sintomi tipici del Parkinson.
Dai risultati di questa ricerca potranno
scaturire informazioni sui meccanismi
patologici del morbo di Parkinson e
nuovi bersagli cellulari verso i quali
sviluppare farmaci di nuova generazione;
l’obiettivo ultimo non è solo alleviare i
sintomi della malattia, ma rallentarne
o arrestarne la progressione.
153
Alessia
Melani
Sonia
Mazzitelli
L’infiammazione come fattore di rischio nel morbo
di Alzheimer: una nuova
prospettiva meccanicistica.
Il morbo di Alzheimer è la più comune
forma di demenza associata all’invecchiamento, ed è causata dalla perdita selettiva di neuroni nel cervello. Si
stima che nel 2050 la malattia colpirà
107 milioni di persone.
Il morbo di Alzheimer è causato dall’accumulo nei neuroni di una forma
anormale della proteina beta-amiloide, che si deposita in placche e
aggregati.
Questo accumulo anomalo causa
anche attivazione delle cellule immunitarie cerebrali della microglia con
conseguente infiammazione e pro-
154
duzione di citochine, cioè molecole
che stimolano una risposta infiammatoria; esse contribuiscono probabilmente
alla disfunzione e alla morte dei neuroni
nel cervello dei pazienti.
La ricerca ha lo scopo di approfondire
i meccanismi patologici che derivano
dall’attivazione della microglia nella
progressione del morbo di Alzheimer.
In particolare la microglia rilascia
all’esterno il fattore TNFα, che può
stimolare l’attività dei neuroni vicini
favorendo la produzione della forma
tossica di proteina beta-amiloide.
I risultati degli esperimenti potranno
fornire la prova definitiva del coinvolgimento dei processi di infiammazione
nella genesi e nello sviluppo della
malattia e dei correlati problemi cognitivi.
Interrompere il processo di attivazione
della microglia con farmaci antiinfiammatori o antiepilettici potrebbe aiutare
a ridurre la produzione della beta amiloide tossica e migliorare il decorso
del morbo di Alzheimer.
I recettori purinergici come
potenziali bersagli farmacologici nell’ischemia cerebrale.
L’ischemia cerebrale è una delle principali cause di morte nel mondo.
L’unica terapia disponibile è la somministrazione di trombolitici, e a oggi
non esiste un trattamento farmacologico protettivo soddisfacente.
L’ideale sarebbe bloccare il diffondersi
dell’infiammazione dalla zona colpita
ai tessuti circostanti, anche se
l’applicazione in clinica è ancora lontana,
a causa della complessità dei meccanismi
in gioco in gran parte sconosciuti.
L’obiettivo del progetto è gettare luce
su alcuni dei meccanismi coinvolti, in
particolare sul ruolo dei recettori
purinergici A2A di adenosina.
Questi recettori sono localizzati sia a
livello centrale che periferico sulle
cellule bianche del sangue, come
i linfociti, ed esercitano effetti antiinfiammatori in grado di proteggere dal danno ischemico cerebrale.
Modificazione dell’espressione dei
recettori A2A su tali cellule potrebbe
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI)
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Firenze
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1981
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Prato nel 1970
 Laureata in Biologia all’Università
Tor Vergata di Roma
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Neuroscience all’University
of Manchester (UK)
 PhD in Neuroscienze all’Università
degli Studi di Firenze
essere indicativa dello stato di progressione della patologia.
Lo scopo è studiare gli effetti protettivi di agonisti, cioè di molecole che
stimolano i recettori A2A di adenosina, in un modello di ischemia
cerebrale nel ratto.
L’espressione dei recettori A2A sui
linfociti del sangue periferico sarà
messa in relazione con i livelli dei fattori infiammatori presenti nel plasma,
con il grado di danno dei tessuti e col
deficit neurologico che si sviluppa nei
giorni successivi all’ischemia.
Il fine ultimo è identificare degli agonisti
selettivi che possano essere usati in
terapia per stimolare una risposta
protettiva naturale e migliorare il decorso
dell’ischemia.
155
Raffaella
Morini
Paolo
Mele
Le cure materne migliorano
la plasticità del cervello:
il ruolo del gene Npy1r nelle
reti perineurali.
La plasticità è la caratteristica principale
che permette al cervello di adattarsi
agli stimoli dell’ambiente esterno,
modulando i suoi circuiti neurali.
Le cure materne, come l’ambiente
che ci circonda, sono un importante
strumento capace di influenzare lo
sviluppo e la plasticità del cervello
e possono avere degli effetti a lungo
termine sulla memoria, sull’apprendimento e sulla capacità di gestire l’ansia e lo stress anche nella vita adulta.
Una funzione importante in questi
processi è svolta dalle reti peri-neurali, strutture che circondano e sta-
bilizzano alcuni neuroni in regioni
collegate al comportamento emotivo.
Il progetto vuole studiare il recettore
Npy1r, una proteina la cui produzione
nel cervello va di pari passo con la
qualità e quantità di cure materne
ricevute nei primi giorni di vita; essa
ha un ruolo nella formazione delle
strutture neurali alla base dell’apprendimento, dell’ansia e della paura.
Cure materne intense nelle prime
due settimane di vita fanno aumentare
i livelli di Npy1r nei neuroni del sistema
limbico, importante nel regolare le
risposte emotive, e contribuiscono alla
sua plasticità.
Questa proprietà dei circuiti cerebrali ha un enorme potenziale terapeutico
per diversi disturbi comportamentali
del sistema nervoso centrale dell’adulto come la suscettibilità ad ansia e
stress e i disturbi di memoria.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Neuroscienze Cavalieri
Ottolenghi di Torino
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Torino nel 1973
 Laureato in Biologia all’Università
degli Studi di Torino
156
 PhD in Farmacologia e Terapia Clinica
e Sperimentale all’Università degli Studi
di Torino
Proteina prionica mutante:
meccanismi di neurotossicità
e possibili strategie
terapeutiche.
La proteina prionica è una molecola
presente a livello cerebrale in tutti i
mammiferi. In determinate circostanze,
si genera una forma mutata mal funzionante che si accumula nel cervello e la cui presenza è alla base
della malattia neurodegenerativa da
prioni.
Le cause possono essere svariate, di
natura genetica o scatenate da infezioni.
I sintomi neurologici sono dovuti all’interferenza della proteina mutata sulle
sinapsi tra neuroni: questo causa una
disfunzione a livello della trasmissione nervosa che a sua volta, in
ultima istanza, causa la morte neuronale.
Lo scopo del progetto è chiarire i passaggi molecolari che sottendono a tale
processo patologico: in particolare si
vuole verificare l’ipotesi che la proteina
prionica mutata alteri le funzioni
cognitive interagendo e danneggiando alcune molecole che governano
la neurotrasmissione: i recettori del
glutammato.
La proteine prionica impedirebbe la
loro normale funzione fisiologica interferendo col corretto posizionamento
dei recettori sulla membrana dei neuroni e cambiandone le proprietà biofisiche. Questo a sua volta danneggia la
neurotrasmissione e la maturazione
del neurone causandone la morte.
Chiarire il meccanismo attraverso il
quale la proteina prionica mutata sia
in grado di generare danni a livello
cerebrale può aprire la strada a possibili strategie terapeutiche.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Prato nel 1977
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Firenze
 PhD in Neuroscienze all’Università
degli Studi di Firenze
157
Cristina
Scapin
Ida Luisa
Rotundo
Ruolo del ferro e dei mitocondri nei disturbi neurodegenerativi.
Un gran numero di malattie neurodegenerative sono causate da accumulo di ferro, stress ossidativo e disfunzioni dei mitocondri, le centrali
energetiche della cellula, in alcune
aree del cervello.
Queste malattie provocano gravi sintomi motori e cognitivi e spesso non
sono disponibili terapie efficaci. Le
complesse relazioni tra i vari fattori nel
contesto della malattia sono ancora
in gran parte ignote. La ricerca vuole
gettare luce su alcuni di questi meccanismi: per fare ciò, verrà utilizzata
la tecnologia delle cellule staminali pluripotenti indotte.
158
Fibroblasti della pelle di individui sani
e di pazienti con malattie neurodegenerative da accumulo di ferro verranno riprogrammati in vitro in due
tipi di neuroni: dopaminergici e
striatali.
Questo permetterà di ottenere un buon
modello di ciò che effettivamente accade nel cervello umano e di studiare
i meccanismi molecolari che portano
all’accumulo di ferro.
Verrà approfondito inoltre il ruolo dei
mitocondri analizzando eventuali alterazioni morfologiche, difetti funzionali nella gestione del ferro e delle proteine che controllano il ferro, come
la ferritina, e alterata produzione di
radicali liberi.
La delucidazione dei meccanismi del
controllo del metabolismo del ferro nei
neuroni potrà contribuire a conoscere
la progressione di queste forme di
neurodegenerazione e in futuro sviluppare farmaci più efficaci per contrastare i sintomi delle malattie.
Le relazioni tra neuregulina
e UPR nella formazione e nel
mantenimento della mielina.
La mielina è una membrana a multistrato
che riveste e isola i neuroni, permettendo
un rapido passaggio dell’impulso
nervoso. Nel sistema nervoso
periferico la mielina è depositata
da un tipo particolare di cellule, dette
di Schawnn. L’interazione tra neurone
e cellule di Schawnn è regolata da
una proteina, la neuregulina.
Essa lega un recettore sulle cellule di
Schawnn, e stimola la produzione
e lo spessore della mielina intorno
ai nervi periferici. Il progetto si propone
di spiegare un nuovo meccanismo
molecolare per la regolazione del
processo di mielinizzazione nel sistema
nervoso periferico e come eventualmente
sfruttarlo con molecole terapeutiche
Aumentare i livelli di neuregulina migliora
i sintomi in malattie demielinizzanti in
modelli animali.
In questi modelli, la produzione di proteine è difettosa, una condizione nota
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Catanzaro nel 1983
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Padova nel 1979
 Laureata in Biologia all’Università
Federico II di Napoli
 Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche
all’Università degli Studi di Padova
 PhD in Genetica Medica alla Seconda
Università Federico II di Napoli
 PhD in Neurobiologia all’Università degli
Studi di Padova
come Risposta da Proteine non Assemblate (UPR in inglese).
L’ipotesi sperimentale è che l’aumento nell’espressione di neuregulina
possa regolare a sua volta il fattore
eIF2α, importante per rispondere
alla UPR.
Una miglior produzione di proteine
funzionanti dovrebbe migliorare anche
la deposizione della mielina sui
neuroni e migliorare i sintomi.
Le implicazioni cliniche sono potenzialmente molto importanti, perché
fornirebbero un razionale per sviluppare
nuove molecole terapeutiche nelle
patologie demielinizzanti che causano
deterioramento nervoso con l’aumentare dell’età o in gravi malattie come
la sclerosi multipla.
159
Ridurre l’impatto delle malattie croniche,
quali malattie cardiovascolari, cancro,
diabete, obesità e malattie neurodegenerative, rappresenta una sfida primaria
del nostro prossimo futuro.
L’insorgenza delle malattie croniche
è fortemente associata a tre fattori di
rischio socio-comportamentali: il fumo,
la scarsa attività fisica e un’alimentazione
scorretta. Nonostante siano stati fatti
molti sforzi nelle campagne informative
sui rischi del fumo con importanti iniziative promosse anche dalla Fondazione
Umberto Veronesi, il fumo resta la causa
principale del cancro al polmone, nonché di patologie polmonari ostruttive.
Ancora molta è la strada da fare per
passare dalla conoscenza del rischio
all’assunzione di stili di vita più salutari.
La prossima generazione sarà probabilmente la prima generazione ad avere
un’aspettativa di vita minore dei propri
genitori e la causa principale risiede
nella scorretta alimentazione. Obesità
e sovrappeso stanno diventando un
problema epidemico in tutti i paesi
europei e del mondo occidentale in
genere. Quando si parla di alimentazione
scorretta ci si riferisce alla cosiddetta
“dieta occidentale” (ormai adottata anche da molti europei), caratterizzata
dal largo consumo di alimenti ricchi di
grassi animali, di zuccheri e da un consumo molto limitato di frutta e verdura,
alimenti ricchi di fibra e di fitonutrienti
importanti per la nostra salute. La nutrigenomica ha come duplice scopo
quello di comprendere i meccanismi
molecolari attraverso cui i nutrienti influenzano l’espressione genica ed il
metabolismo, ma anche di identificare
nuovi biomarcatori, che consentano la
diagnosi precoce delle malattie croniche legate all’alimentazione, al fine di
formulare e raccomandare un regime di
alimentazione che sia in grado di revertirne la progressione. In questo ambito,
la Fondazione Umberto Veronesi si è
impegnata a sostenere la ricerca di 11
giovani ricercatori che si occuperanno di
comprendere quali siano le dinamiche
psico-comportamentali che possano
favorire l’abbandono del fumo, quali
siano i processi infiammatori e autoimmuni causati dalla “dieta occidentale”,
di valutare la relazione tra consumo di
alcool e cancro, per finire con lo studio
del ruolo di una dieta preventiva ricca
di fitonutrienti e l’importanza dell’acqua
nella salute renale.
Chiara Tonelli
160
BORSE NUTRIGENOMICA E
PREVENZIONE DELLE MALATTIE
La nutrigenomica è la scienza che studia le relazioni tra patrimonio genetico e cibo;
come le molecole che introduciamo con la dieta influenzano i nostri geni e quindi la
nostra salute, sia positivamente che negativamente. La nutrigenomica va di pari passo
con la prevenzione, soprattutto delle malattie croniche cardiovascolari, cerebrovascolari e i tumori, responsabili della stragrande maggioranza delle morti al mondo. Un
corretto stile di vita è la prima arma a disposizione per combattere la maggior parte
delle malattie.
oltre
1 miliardo
36 milioni
1 ogni
9
secondi
80%
le persone obese
nel mondo
persone che entro
il 2015 si potrebbero
salvare da morte per
malattie croniche con
una corretta prevenzione
decessi nel mondo
attribuibili al fumo
casi di ictus, cardiopatie
e diabete evitabili con un
corretto stile di vita
Prorettore alla Ricerca
Professore Ordinario di Genetica presso
l’Università degli Studi di Milano
161
FONTI: Organizzazione mondiale della sanità (WHO) http://www.who.int
Elena
Dogliotti
Valentina
Calvenzani
Ruolo delle antocianine
nella prevenzione della tossicità cardiaca.
Uno dei principali problemi dei farmaci
chemioterapici risiede negli effetti
collaterali, causati da una mancanza
di specificità: i farmaci infatti non
danneggiano solo le cellule tumorali
ma anche quelle sane.
La doxorubicina è un antibiotico della classe delle antracicline; è molto
usato in oncologia poiché agisce su
diversi tipi di tumori ma presenta anche un elevato rischio di tossicità
per il cuore. Le antocianine sono una
famiglia di molecole abbondanti in
frutta e verdura, che conferiscono il
colore rosso o blu/violaceo ai vegetali. È stato osservato che le antocianine
162
introdotte con la dieta possono avere
sul cuore un effetto protettivo dai
danni della doxorubicina.
Questa ricerca vuole indagare meglio
il fenomeno di cardioprotezione indotto dalle antocianine: verificare quali
sono le concentrazioni ottimali di antocianine da introdurre affinché loro
stesse non siano tossiche, trovare il
meccanismo molecolare attraverso cui
si attua tale protezione e verificare che
non diminuiscano l’effetto terapeutico antitumorale della doxorubicina, ma solo l’effetto collaterale
sulle cellule del cuore.
I risultati offriranno un grosso contributo agli oncologi, che potranno prescrivere ai pazienti in cura con doxorubicina una dieta ricca in cibi
contenenti antocianine per diminuire
e contenere gli effetti collaterali pur
mantenendo l’efficacia della terapia
antitumorale.
Ruolo delle antocianine bioattive e dei polifenoli nel
favorire una buona salute.
Le antocianine sono una classe di
polifenoli contenuti in frutta e ortaggi,
come i frutti di bosco o il cavolo rosso.
È ormai noto che queste molecole
hanno una funzione antiossidante
importante per prevenire malattie
cardiovascolari, obesità e tumori.
Queste patologie però, sono determinate
da molti fattori, tra cui il patrimonio
genetico individuale, che influenza ad
esempio i livelli del colesterolo “buono”
HDL.
Qual è dunque il ruolo protettivo
delle antocianine in relazione al
patrimonio genetico individuale?
Questa ricerca vuole chiarire proprio
questo. 500 volontari verranno analizzati
in termini di parametri medici, abitudini
alimentari e stili di vita.
Il consumo di macro nutrienti, micronutrienti e antocianine verrà calcolato
singolarmente utilizzando software ad
hoc. Verranno poi analizzati i patrimo-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Paolo di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1976
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Vercelli nel 1976
 Laureata in Scienze Biologiche
all’Università degli Studi di Milano
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Genetiche e Biomolecolari
all’Università degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Alimentari all’Università
degli Studi di Milano
ni genetici dei singoli e i dati ottenuti
saranno incrociati con le informazioni
epidemiologiche.
L’obiettivo è sviluppare un software
per aiutare medici e nutrizionisti ad
analizzare le abitudini alimentari dei
pazienti e i loro marcatori biologici
valutando il rischio di sviluppare patologie comuni ma multifattoriali, come
quelle cardio- e cerebro- vascolari e
il diabete di tipo 2.
Da questo studio ci si aspetta di confermare non solo l’importanza di una
sana alimentazione per uno stato di
salute ottimale ma che un particolare
stile alimentare possa contrastare lo
sviluppo di certe malattie, anche in
presenza di un patrimonio genetico
che predispone al rischio.
163
Maria Victoria
Intra
Carlotta
Galeone
Consumo di alcool e rischio
di malattie associate all’invecchiamento: studi italiani
e internazionali.
Mai come in questo secolo l’aspettativa di vita, almeno nei paesi industrializzati, è stata così elevata; una delle
conseguenze è che stanno aumentando le malattie legate all’invecchiamento, in particolare i tumori.
La prevenzione di queste malattie e
l’identificazione dei fattori di rischio
rivestiranno un’importanza clinica sempre più importante.
Questo progetto vuole studiare l’impatto del consumo di bevande alcoliche nello sviluppo di malattie
legate all’invecchiamento, tra cui
varie tipologie di tumori, cataratta e
infarto acuto.
Saranno utilizzati i dati provenienti da
una rete di studi epidemiologici italiani
su 6000 pazienti con varie patologie
e 9000 individui sani, principalmente
oltre i 60 anni, che hanno consumato
bevande alcoliche per alcuni decenni.
In un secondo tempo verranno utilizzati anche i dati provenienti da un
consorzio internazionale che include
7000 pazienti con tumore alla testa e al collo e 9500 pazienti sani.
Verranno valutati il rapporto dose-rischio,
con particolare attenzione alle basse
dosi di consumo e ai cambiamenti nel
consumo di alcool nel corso della vita.
I risultati permetteranno di quantificare
gli effetti sulla salute in età anziana
del consumo di bevande alcoliche
lungo tutta la vita, e delle caratteristiche
d’uso, ad esempio il tipo di bevanda
alcolica, le quantità e i tempi, per facilitare la pianificazione di politiche per
la prevenzione.
Aspetti emotivi e cognitivi
della percezione del rischio:
uno studio sul tabagismo e
lo stile di vita nella prevenzione primaria e secondaria.
La consapevolezza che un comportamento provoca danni alla salute non è condizione sufficiente a
ridurlo o eliminarlo. Ciò è spesso
conseguenza di bisogni viscerali o di
vere e proprie distorsioni cognitive. In
entrambi i casi, la capacità di valutare
i rischi diminuisce.
Il tema è particolarmente importante
negli ambiti di prevenzione, la cui
efficacia è spesso minata non
dall’ignoranza delle possibili conseguenze
negative ma proprio da fattori di natura
psicologica, spesso poco noti o
sottovalutati.
Il progetto si inquadra in un’ampia attività
di ricerca in relazione al tabagismo e
a tutti quei comportamenti rischiosi,
tra cui perseguire stili di vita poco salutari
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1975
 Laureata in Scienze Statistiche
all’Università degli Studi Milano-Bicocca
164
 PhD in Statistica all’Università
degli Studi Milano-Bicocca
anche a fronte di ben note evidenze,
come nel caso del fumo.
Il progetto mira ad approfondire la
conoscenza scientifica relativamente
al rapporto fra percezione del rischio,
benessere psicologico e stile di vita,
con particolare riferimento al tabagismo
e alla motivazione a smettere di fumare,
per individuare i profili psicologici
e i modelli cognitivi che sostengono
i comportamenti rischiosi.
Attraverso una metodologia quantitativa e qualitativa, verranno raccolti dati
su un campione eterogeneo, sia per
età che per condizioni psico-fisiche,
per identificare le configurazioni psicologiche pro-rischio e sviluppare
percorsi di supporto personalizzati e
potenzialmente più efficaci
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Corrientes (Argentina) nel 1985
 Laureata in Psicologia all’Università del
Salvador di Buenos Aires (Argentina)
 Master in Analisi Funzionale nel Contesto
Clinico e della Salute all’Universidad de
Almeria (Spagna)
165
Alessandra
Marinelli
Roberta
Maggio
Una dieta normocalorica a
basso contenuto di colesterolo regola l’equilibrio
Th17/Treg in pazienti con infezione cronica da virus
dell’epatite C.
L’infezione da virus dell’epatite C (HCV)
è associata spesso allo sviluppo di
malattie autoimmuni.
Sia l’epatite C cronica che diverse
patologie autoimmuni sono caratterizzate da un’elevata frequenza di un
tipo particolare di cellule immunitarie, i linfociti T helper 17 (Th17).
La progressione delle patologie autoimmuni è correlata a uno squilibrio
tra i linfociti Th17 e altre cellule
immunitarie, le cellule T regolatorie
(Treg).
166
Ristabilire quindi un corretto equilibrio
tra cellule T helper 17 e T regolatorie
può contribuire a offrire una cura migliore per il trattamento delle complicazioni di natura autoimmune in diverse
patologie.
È noto che i recettori cellulari per il
colesterolo sono in grado di regolare
la maturazione dei linfociti T helper 17
e l’autoimmunità; è probabile che
regolando il metabolismo del colesterolo si possano regolare anche
gli squilibri delle cellule T alla base
dei processi autoimmuni favoriti da
infezione da virus dell’epatite C.
A questo scopo, a pazienti pediatrici
e adulti affetti da infiammazione cronica
da virus HCV verrà somministrata una
dieta normocalorica ma a basso
contenuto di colesterolo per almeno
30 giorni e verrà studiata la modulazione
dei processi molecolari del metabolismo
del colesterolo, nonché il loro impatto
sulle cellule Th17 e Treg nel migliorare
le manifestazioni autoimmuni.
Ruolo di una dieta ricca di
antocianine nella cardioprotezione.
Le antocianine appartengono alla classe
di molecole dei flavonoidi, e hanno
diversi effetti benefici sulla salute. Ad
esempio, il regolare consumo di cibi
ricchi di antocianine aiuta a ridurre la
zona infartuata a seguito di ischemia
cardiaca e successiva riperfusione.
Questo è dovuto, almeno in parte, ad
un miglioramento delle difese antiossidanti del cuore.
Con questo progetto si vogliono comprendere meglio i meccanismi molecolari alla base dell’effetto cardioprotettivo delle antocianine.
Lo studio sarà svolto attraverso l’impiego di modelli animali alimentati con
diverse diete: standard, ad alto contenuto di grassi, in restrizione calorica,
e arricchite in antocianine.
Verranno valutati diversi paratmetri
nutrizionali come la quantità di antocianine e di altre molecole utili come
gli omega-3 nei diversi modelli speri-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Patologia e Biologia Molecolare
del CNR di Roma
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Roma nel 1977
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Milano nel 1975
 Laureato in Biologia all’Università di
Roma Tre
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Milano
 PhD in Scienze Ematologiche alla
Università “La Sapienza” di Roma
 PhD in Biologia Cellulare e Molecolare
all’Università degli Studi di Milano
mentali, verranno anche effettuate
analisi genetiche ed epigenetiche
in diversi organi e tessuti, per identificare le vie biochimiche attivate
dalle antocianine.
Verrà infine analizzato l’impatto della
dieta ricca in antocianine sul miocardio e il suo ruolo nella prevenzione
della cardiotossicità indotta da
farmaci, in particolare della doxorubicina, un chemioterapico molto
usato ma che causa seri effetti collaterali al cuore.
I risultati saranno molto utili per stilare
diete efficaci da suggerire ai pazienti
in cura con chemioterapici cardiotossici e in generale in programmi di prevenzione delle malattie a carico del
cuore.
167
Matteo
Rota
Marianna Agnese
Masiero
Smoking free cigarette: le
sigarette elettroniche come
strumento di disassuefazione.
Negli ultimi decenni il fumo è diventato un serio problema di salute pubblica: il numero di morti per patologie
correlate al fumo, come cancro al
polmone e malattie cardiovascolari, è
aumentato enormemente.
Nonostante la consapevolezza dei
danni che il fumo provoca sulla salute
umana, il numero di fumatori è ancora consistente poiché nel processo
di assuefazione e dipendenza dalla sigaretta entrano in gioco complessi meccanismi psicologici,
cognitivi, comportamentali e fisiologici.
La ricerca vuole analizzare queste
relazioni per individuare i fattori che
possono influenzare l’efficacia delle
strategie di trattamento antifumo.
In particolare, verrà valutata l’utilità
della sigaretta elettronica come
strumento di supporto nella pratica
clinica per l’interruzione del vizio.
Inoltre, verrà testata l’importanza di un
programma antifumo personalizzato,
basato non solo sull’utilizzo dei dispositivi antifumo come le sigarette
elettroniche, ma anche su un percorso di supporto psico-comportamentale costruito sulle caratteristiche individuali del paziente.
Lo sviluppo di trattamenti personalizzati
permetterà di aumentare la probabilità
di abbandono definitivo del fumo di
sigaretta.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata ad Arona (NO) nel 1981
168
Consumo di alcool e rischio
di cancro: una meta-analisi
globale.
Nel mondo, oltre 400.000 casi di cancro (oltre il 3,5% del totale) sono attribuibili al consumo di alcool.
L’ alcool è un fattore di rischio stabilito per i tumori del cavo orale e
della faringe, dell’esofago, della
laringe, del fegato, del colon-retto
e della mammella.
L’impatto dell’alcool sul rischio di sviluppare cancro è molto importante in
prospettiva di politiche di sanità pubblica, e necessita di una opportuna
quantificazione nella popolazione.
La quantificazione della relazione doserischio è però ancora oggetto di discussione, così come l’effetto nelle
diverse popolazioni.
Il progetto di ricerca ha l’obiettivo di
quantificare la relazione dose-rischio
relativa al consumo di alcol per 25
diversi tipi di cancro; verranno utilizzate tecniche meta-analitiche sulla
base di 600 studi epidemiologici
pubblicati tra il 1966 e il 2013.
Inoltre, particolare attenzione verrà data
al ruolo della dieta e del consumo di
alcool sul rischio di sviluppare il tumore dello stomaco, analizzando
dati originali provenienti da 20 studi internazionali.
Gli obiettivi della ricerca sono triplici:
quantificare con l’utilizzo di tecniche
statistiche avanzate la relazione doserischio tra il consumo di alcool e il rischio
di cancro, divulgare i risultati al grande
pubblico per promuovere un corretto
stile di vita e istituire un consorzio di
studi internazionali sul tumore dello
stomaco.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario
Negri di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Ponte San Pietro (BG) nel 1985
 Laureata in Scienze Sociali all’Università
degli Studi di Milano
 Laureato in Biostatistica e Statistica
Sperimentale all’Università degli Studi
di Milano-Bicocca
 PhD in Interazioni Umane all’ Università
IULM di Milano
 PhD in Epidemiologia e Biostatistica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
169
Michele
Vacca
Annalisa
Terranegra
Qualità e quantità dell’apporto di acqua nella terapia
della calcolosi renale.
La calcolosi renale è una patologia
molto comune; coinvolge i reni, nei
quali si formano delle calcificazioni
(calcoli) che ostruiscono i dotti, causando dolore, e ne compromettono
la funzionalità. Una delle terapie più
efficaci e consolidate è aumentare
l’apporto di acqua nell’organismo;
si raccomandano più di due litri e
mezzo al giorno.
Tuttavia, spesso i pazienti non si attengono alle quantità prescritte. Inoltre,
l’effetto di acque minerali a diverso
contenuto di sali sul metabolismo del
calcio e del sodio è ancora in gran
parte sconosciuto.
Infine, il rischio di recidiva, cioè di
formazione di nuove calcificazioni, è
molto alto in questa patologia, e
influenzato da fattori genetici e ambientali,
come la dieta, la quantità e la qualità
dell’acqua bevuta.
Lo scopo del progetto è duplice; da
una parte, valutare meglio il ruolo
terapeutico e di prevenzione di un
corretto apporto idrico e dall’altro
l’effetto di acque a diverso contenuto di sali, non solo sulla formazione
di calcoli ma anche sul cambiamento
delle abitudini alimentari dei pazienti.
Pazienti con alto rischio di recidive
dovranno bere per 6 mesi un’acqua
poco mineralizzata e per altri 6 mesi
una mediamente mineralizzata.
L’effetto del trattamento sarà valutato
mediante l’analisi del sangue e delle
urine. Infine, si vuole valutare se un’acqua minimamente mineralizzata
possa essere più appetibile per i
pazienti e facilitare quindi il raggiungimento della quantità minima di due
litri e mezzo di acqua da assumere
ogni giorno.
Come e quando una dieta di
tipo occidentale induce
infiammazione del tessuto
adiposo nell’uomo?
L’obesità è un problema sociale di
dimensioni epidemiche, e aumenta il
rischio per molte patologie croniche,
come diabete, infarto del miocardio e
tumori. I fattori che ne determinano
l’insorgenza sono l’inattività fisica e
l’adozione di regimi alimentari errati.
Questo progetto intende studiare le
risposte dell’organismo a un’alimentazione errata, con particolare attenzione alle alterazioni infiammatorie
e metaboliche non ancora patologiche
ma che possono favorire malattie
più gravi, tra cui complicanze cardio-metaboliche. L’obesità è associata a un basso ma persistente livello
di infiammazione cronica del tessuto adiposo. Man mano che il tessuto adiposo si ingrossa aumenta il
numero di cellule pro-infiammatorie.
Nei paesi occidentali è frequente il
consumo di pasti “supercalorici”:
scopo del progetto è valutare se queste
abitudini alimentari promuovano disfunzioni metaboliche stimolando un’infiammazione del tessuto adiposo.
Alcuni recettori presenti sulle cellule
immunitarie, sensibili al livello dei lipidi, hanno livelli alterati nei pazienti con
disordini metabolici.
Analizzando pazienti obesi con e
senza diabete verrà studiato se la
presenza di scompensi metabolici
contribuisce a rafforzare lo stato
infiammatorio.
Lo scopo è quello di esaminare tutti
gli aspetti molecolari del fenomeno
onde avere a disposizione il quadro
più completo possibile per elaborare
un modello dell’infiammazione del
tessuto adiposo. L’obiettivo finale è
individuare marcatori biologici precoci di rischio metabolico e strategie
nutrizionali orientate alla prevenzione
dell’obesità e delle sue complicanze.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
University of Cambridge (UK)
170
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Paolo di Milano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Terlizzi (BA) nel 1979
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Melfi (PZ) nel 1975
 Laureato in Medicina e Chirurgia
all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro
 Laureata in Biologia all’Università
degli Studi di Siena
 PhD in Oncologia e Patologia Clinica e
Molecolare all’Università di Chieti-Pescara
171
Oriella
Venezia
Cibo e salute: un progetto
di educazione alimentare
nelle scuolE secondarie di
primo grado in Sicilia.
Alimentazione e stile di vita sono universalmente riconosciuti come cardini della prevenzione di malattie croniche
tra cui obesità, diabete, malattie cardiovascolari e cancro, che rappresentano la maggior parte delle morti nei
paesi occidentali e sono in crescita
nelle nazioni in via di sviluppo.
La divulgazione della ricerca in ambito nutrizionale è dunque fondamentale per attuare politiche di
prevenzione efficaci a livello globale.
Il progetto si propone di realizzare un
programma di educazione alimentare
in scuole secondarie di primo grado
Borsa di ricerca sostenuta grazie
alla Delegazione di Palermo
della regione Sicilia. Dall’indagine ministeriale “OKkio alla salute” è emerso
infatti che in Sicilia 23% dei ragazzi
di 13 anni e il 26% dei ragazzi di
11 anni sono in sovrappeso.
La scuola è il luogo ideale per interventi di educazione alla salute soprattutto in una fase critica della crescita
come la pre-adolescenza.
Promuovere la conoscenza e la
consapevolezza sui benefici di una
corretta alimentazione significa, di
conseguenza, migliorare le proprie
abitudini alimentari.
Il progetto si articolerà in diverse fasi:
distribuzione di opuscoli e materiale
informativo, lezioni frontali sulla corretta alimentazione e sulle patologie da
stili di vita sbagliati e somministrazione
di questionari per valutare le competenze acquisite.
Verranno anche valutati parametri
medici come il peso corporeo prima
e dopo, per verificare l’efficacia di una
corretta divulgazione nel cambiare le
abitudini alimentari dei ragazzi.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Scuole del territorio siciliano
NOTE BIOGRAFICHE
 Nata a Palermo nel 1983
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
172
grant 2014
 Master in Nutrizione Umana
all’Università degli Studi di Pavia
PERCHè
LA RICERCA
SCIENTIFICA
FA BENE
A TUTTI.
ANCHE A TE. 173
SCUOLA
EUROPEA
MEDICINA
MOLECOLARE
174
La Fondazione Veronesi da sempre sostiene
l’attività di numerosi giovani ricercatori che
desiderano proseguire il corso di studi e
specializzarsi presso la Scuola Europea di
Medicina Molecolare (SEMM), un’istituzione che
promuove la formazione e la ricerca nei settori
emergenti della biomedicina come genomica,
medicina molecolare e nanotecnologie, e
della bioetica.
La SEMM opera all’interno di centri di eccellenza e favorisce l’integrazione della ricerca di
base con la pratica clinica; gestisce dottorati
di ricerca internazionali e organizza numerosi
eventi e seminari scientifici; offre ai ricercatori
post-doc un programma strutturato e professionalizzante per intraprendere la carriera del
direttore di ricerca; è infatti l’unica scuola di
alta specializzazione in Italia ad occuparsi di
tutte le possibili applicazioni in ambito medico
e scientifico conseguenti al sequenziamento
del genoma umano.
I corsi di studio attivi presso la scuola sono 6:
1. Ph.D in Molecular Oncology
2. Ph.D in Medical Nanotechnology
3. Ph.D in Human Genetics
4. Ph.D in Computational Biology
5. Ph.D in Foundations Of The Life
Sciences And Their Ethical Consequences (FOLSATEC)
6. Structured International Post Doc
Program (SIPOD)
175
Marco Annoni
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Filosofia
all’Università di Milano
PROGETTO Etica della Medicina
basata su evidenze
Fallibilismo, apertura e quindi umiltà.
“Fare ricerca” significa prima di tutto
ammettere che ci sono molte cose
che ancora non sappiamo, ma che
vale però la pena di indagare. D’altra
parte, “fare ricerca” significa anche
essere pronti a rimettere in discussione le proprie certezze, rimanendo
aperti alla possibilità che ciò che ora
consideriamo vero e certo può alla
fine dimostrarsi errato o incompleto.
Fare ricerca, quindi, è per me essenzialmente un sinonimo di umiltà.
Matteo Biancospino
Perché hai scelto
di diventare
un ricercatore?
Perché sono convinto che il lavoro e la
dedizione di molti possano contribuire
a migliorare la vita, ed io volevo essere
uno di questi.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Biologia Molecolare
all’Università degli Studi di Padova
PROGETTO Ruolo della Miosina
VI tra endocitosi e vie di segnalazione ubiquitina-dipendenti
Sina Atashpaz
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Migliorare la vita del genere umano.
176
Sara Bisi
Perché, secondo te,
è importante
investire nella ricerca?
Perchè conoscere e capire sono passi
imprescindibili per lo sviluppo futuro.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: iraniana
 Laureato in Farmacia all’Università
di Tabriz (Iran)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie industriali
all’Università degli Studi di Pavia
PROGETTO Definizione di un
modello per la sindrome di
Williams-Beuren
PROGETTO Citoscheletro
e migrazione cellulare
177
giulia ferretti
paolo bonaiuti
perchè, secondo te,
È importante investire
nella ricerca?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionlità: italiana
 Laureato in Matematica
per le applicazioni, Università degli Studi
di Milano
Perchè le innovazioni, se ci saranno,
arriveranno da lì.
Per questo stesso motivo sarebbe
bene investire anche nell’educazione
dei ricercatori, che anche a loro siano
chiare le responsabilità che hanno e
le conseguenze che le loro ricerche
potrebbero avere nel mondo reale.
se ti dico ricerca,
cosa ti viene in mente?
Innovazione, approfondimento, futuro,
possibilità di sviluppare teorie e prassi
capaci di intervenire in modo decisivo
sulla vita delle persone.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Scienze filosofiche,
Università Vita e Salute S. Raffaele,
Milano
progetto Questioni etiche nella
ricerca oncologica pre clinica.
progetto Analisi delle
dinamiche di attivazione e
inattivazione del checkpoint
giuseppe d’agostino
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Il potere di cambiare in meglio il
mondo che ci circonda.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Biotecnologie Molecolari
e Industriali all’Università degli Studi di
Bologna
178
PROGETTO Le alterazioni della
traduzione nelle malattie dello sviluppo neurale causate
da difetti di dosaggio genico
Alma Linkeviciute
Perché hai scelto
di diventare una
ricercatrice?
Ho scelto di intraprendere il percorso delle Scienze Umane Biomediche
perché ritengo che sia importante non
solo fare nuove scoperte ma anche,
pensare, riflettere, analizzare il loro
significato oggi e come potrebbero
influenzare il nostro futuro.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: lituana
 Laureata in Neurobiologia alla Vilnius
University di Vilnius (Lituania)
PROGETTO Etica e riabilitazione
oncologica
179
Pietro Lo Riso
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
Per garantire un maggior benessere
alle generazioni a venire.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Biotecnologie mediche,
cellulari e molecolari all’Università Vita
e Salute S. Raffaele di Milano
PROGETTO Caratterizzazione
della patogenesi del carcinoma ovarico attraverso la
riprogrammazione epigenetica
Chiara Malinverno
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
Investire nella ricerca non è solo importante ma fondamentale, perché
ci permette di fare ogni giorno piccoli
passi verso una migliore qualità della vita
La ricerca è una opportunità che ci
viene data per poter assicurare a noi
e alle generazioni future una vita più
lunga e più sana. Conoscere significa
capire e poter individuare strategie
vincenti per prevenire e combattere
le malattie che ci affliggono.
Eleonora Lusito
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Ricerca per me significa conoscenza, osservazione e deduzione.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
180
PROGETTO Analisi computazionale
di dati di espressione genica in
tumori della mammella
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie Mediche
all’Università degli Studi di Parma
PROGETTO L’endocitosi nella
migrazione delle cellule
tumorali
Luca Marelli
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Ricerca è il costante rifiuto del pensiero comune, del dato di fatto,
dell’opinione generalizzata. Ricerca
è il tentativo di interrogare i fondamenti del nostro credere e sottoporli
al vaglio critico. Ricerca è aprirsi a
nuovi punti di vista. Ricerca “è propriamente nostalgia, un impulso ad
essere a casa propria ovunque”
(Novalis).
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Filosofia all’Università
degli Studi di Milano
PROGETTO Prospettive etiche
nella medicina basata su
evidenze
181
lucia massari
perchè hai scelti di
diventare ricercatrice?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biologia Molecolare della
Cellula Università degli Studi di Milano
Ho scelto di diventare ricercatrice
perchè sono una persona curiosa,
trovo stimolante affrontare le sfide
e le domande che la ricerca pone.
E perchè mi affascina il mio ambito
di ricerca, la biologia molecolare, e
voglio dedicare le mie capacità al
suo studio.
Valentina Melocchi
Perché hai scelto
di diventare un
ricercatore?
Perché mi sono appassionata a questo
mondo fin dai tempi dell’università.
La curiosità di scoprire cose nuove e
la possibilità di capire come funzioni
il nostro organismo mi hanno spinto
a seguire questa strada.
progetto Regolazione del passaggio da metafase a anafase
valeria mastrodonato
perchè, secondo te,
È importante investire
nella ricerca?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biologia Applicata alla
Ricerca Biomedica, Università degli
Studi di Milano
182
progetto Ruolo delle proteine
di membrana durante la divisione cellulare
È importante investire nella ricerca
perché penso che l’enorme progresso in ambito medico-scientifico
sia essenzialmente dovuto ad essa.
Se oggi sono disponibili cure sempre
più efficaci è stato grazie alla ricerca,
che ha permesso di comprendere
sempre più nel dettaglio i meccanismi
molecolari alla base di patologie complesse come i tumori e di sviluppare
farmaci specifici e terapie sempre più
personalizzate
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Bioinformatica
all’Università degli Studi di Milano-Bicocca
PROGETTO Il sequenziamento
di nuova generazione per
l’identificazione di mutazioni
coinvolte nella progressione
del carcinoma mammario
Simona Monterisi
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
Mi vengono in mente le parole del
mio capo: “Ricerca vuol dire cercare,
cercare ancora e ri-cercare…
Se conoscessimo già le risposte non
si chiamerebbe ricerca!”
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie Industriali
all’Universitaà di Milano-Bicocca
progetto Ruolo di HOXB7
in tumori metastatici al
polmone
183
Silvia Restelli
Szusza Pavelka
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
In generale è un obiettivo che vale
la pensa di perseguire e che ci permette di comprendere e di gestire il
mondo esterno.
Perché anche se molti passi in avanti
sono stati fatti, la ricerca ha sempre
bisogno di progredire e trovare nuove
soluzioni. La ricerca è il futuro di tutti noi.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: tedesca
 Laureata in Biologia alla Georg August
University di Goettingen (Germania)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Genomica funzionale
all’Università degli Studi di Trieste
PROGETTO Il significato evoluzionistico dell’uso di modelli
animali non umani
PROGETTO Il ruolo di RACGAP1
nelle cellule staminali del
cancro
Francesca Reggiani
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie Animali
all’Università degli Studi di Bologna
184
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
PROGETTO Cellule progenitrici
nel tessuto adiposo e tumorigenesi
Per me ricerca significa andare oltre ai
limiti che conosciamo, porsi domande
e interrogarsi sul perché ogni cosa accade. In realtà è un lavoro senza una
fine perché per ogni risposta ottenuta si
generano almeno altre mille domande
con conseguente apertura di altrettante
nuove strade e possibilità che sono lì,
pronte per essere esplorate.
Ma lo scopo di ogni passo del nostro
lavoro è ben chiaro: cercare di capire
come funzionano i processi biologici e
le patologie e come sfruttare queste
conoscenze per sviluppare nuove tecnologie e terapie che possano migliorare
la qualità di vita delle persone.
Virginia Sanchini
Perché hai scelto
di diventare una
ricercatrice?
Credo che quella del ricercatore non
sia una professione tra le altre ma una
vera e propria vocazione, che ti spinge
a non essere mai soddisfatto di quello
che sai ma a cercare sempre di più
risposte alle tue domande.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Filosofia all’Università Vita
e Salute S. Raffaele di Milano
PROGETTO Al crocevia tra etica
teorica e teoria politica: verso
il ristabilimento di un expertise in campo etico e bioetico
185
Angela Santoro
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata in Biotecnologie
Farmaceutiche all’Università degli Studi
di Bologna
Perchè è la molla da cui parte
innovazione e prestigio per il nostro
paese, perchè significa investire in un
bacino di giovani volenterosi, affamati
e folli al punto giusto.
Perchè non si può pensare di guardare
al futuro senza valorizzare le nostre
risorse intellettuali, costrette troppo
spesso ad emigrare per vedere
riconosciuto il loro valore.
francesca tettamanzi
Se ti dico Ricerca,
cosa ti viene in mente?
L’idea di ricerca come attività dinamica
e creativa, volta a generare conoscenza
e, con essa, opportunità. La ricerca è
inoltre per me un impegno che richiede
dedizione e passione.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureata Biotecnologie industriali
Università degli Studi di Milano Bicocca
progetto Studio dei meccanismi molecolari alla base dello sviluppo del tumore della
mammella
PROGETTO Ruolo della
quiescenza nella crescita
tumorale
Giuseppe Schiavone
Perché, secondo te,
è importante investire
nella ricerca?
Perché i soldi spesi in ricerca sono un
investimento sulla società del futuro.
NOTE BIOGRAFICHE
 Nazionalità: italiana
 Laureato in Scienze Cognitive
all’Università degli Studi di Milano
186
PROGETTO Rendere democratica
la bioetica: un approccio partecipativo alla bioetica deliberativa
187
progetti
di
ricerca
2014
188
La ricerca promossa dalla Fondazione ha
come obiettivo il miglioramento della qualità
della vita.
A ogni risultato raggiunto corrisponde non
solo la soluzione più utile e innovativa a un
interrogativo scientifico, ma anche una nuova
speranza per chi soffre, nuove prospettive di
una vita migliore che incidono sulla famiglia,
sul mondo del lavoro, sulla società intera.
Il progresso scientifico non si alimenta senza
ricerca.
Per questo la Fondazione Umberto Veronesi investe energie e fondi, e condivide con
studiosi autorevoli importanti iniziative che
possano aprire le porte al futuro.
Per raggiungere questi obiettivi, la Fondazione
bandisce annualmente un pubblico concorso per l’assegnazione di finanziamenti per
progetti di ricerca di elevato profilo scientifico
e ampia ricaduta sulla salute pubblica, nel
campo dell’oncologia clinica, della cardiologia
e delle neuroscienze.
189
Marco
Arese
Le fibre nervose come autostrade per la diffusione
del tumore alla prostata.
Le cellule tumorali mettono in atto
molteplici strategie per progredire nella
crescita. In particolare, “manipolano”
l’ambiente che le circonda, costituito
da tessuto normale, per migrare in
altri organi.
Il cancro della prostata utilizza
le fibre nervose circostanti come
“autostrade” per la sua crescita
e diffusione. Questo fenomeno,
chiamato invasione perineurale, è
comune anche in altri tipi di cancro ed
è associato a una prognosi peggiore.
Inoltre molti tumori producono delle
molecole che favoriscono la propria
innervazione, a suggerire che la ma-
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
nipolazione del sistema nervoso
favorisca la crescita delle cellule
maligne.
Nel laboratorio sono state identificate
recentemente due proteine che
regolano sia l’attività delle cellule
tumorali che dei nervi: la neurexina
e la neuroligina.
Sono proteine della membrana,
che nel sistema nervoso regolano
le sinapsi e la comunicazione tra
neuroni. Neurexina e neuroligina,
se prodotte dalle cellule del cancro
alla prostata, potrebbero essere alla
base delle interazioni tra neuroni
e cellule cancerogene, facilitando
la migrazione di quest’ultime lungo le
fibre nervose. Scopo del progetto di
ricerca è caratterizzare la relazione tra
aggressività del tumore alla prostata,
abilità di sfruttare l’invasione perineurale e il ruolo in questi fenomeni di
neurexina e neuroligina.
I risultati forniranno una solida base
per un nuovo approccio terapeutico
del cancro alla prostata, il tumore più
comunemente diagnosticato negli uomini sopra i 65 anni.
Stili di vita e micro-RNA nel
rischio e nel decorso dei
tumori della testa e del
collo.
I tumori del collo e della testa, il quinto
tipo più frequente al mondo, comprendono tutti i tumori del cavo orale
e del tratto oro-faringeo: lingua, palato,
laringe, faringe.
Sono causati da fattori come fumo
di sigaretta, consumo di alcool, infezioni da virus del papilloma umano (HPV) e aumento dell’età, anche
se sta aumentando l’incidenza fra i
giovani, dovuto all’aumentare delle
infezioni da HPV. Sono tumori molto
difficili da curare se diagnosticati in
fase avanzata, a causa delle frequenti
ricadute e metastasi.
È necessario quindi identificare dei
marcatori biologici affidabili sia per
uso diagnostico che prognostico,
ed è ciò che si propone il progetto di
ricerca. Per stratificare meglio il rischio
di contrarre un tumore di testa e collo
e le sue modalità di evoluzione, oc-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (TO)
PARTECIPANTI
190
Laura Bizzozero
Elena Riccitelli
Margherita Pergolizzi
Grazia Vitagliano
Stefania
Boccia
corre mettere in relazione i marcatori
biologici con gli altri fattori di rischio.
La ricerca dei marcatori si concentrerà
soprattutto sui microRNA circolanti
nel sangue, cioè piccole molecole
di RNA specifiche per i tumori della
testa e del collo. I dati sugli stili di vita
e l’incidenza dei vari tumori per gli
studi di correlazione sarrano estrapolati
dall’International Head And Neck
Cancer Epidemiology (INHANCE),
un grosso studio epidemiologico internazionale sui tumori di testa e collo.
I dati epidemiologici e molecolari, una
volta integrati in un modello, permetteranno di costruire algoritmi diagnostici
e predittivi da applicare nella pratica
clinica, e di identificare nuovi bersagli
terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università Cattolica del Sacro Cuore di
Roma
PARTECIPANTI
Sara Vincenti
Dario Arzani
Rosarita Amore
Paolo Boffetta
Mia Hashibe
191
Giovanni
Boniolo
L’etica nella cura del cancro: counselling per la
responsabilizzazione dei
pazienti.
I recenti progressi della scienza hanno
aperto una nuova era nella medicina
e nell’oncologia; questo implica una
rivoluzione nel rapporto medicopaziente, con la nascita di nuove
figure professionali che potrebbero
affiancarsi ai clinici, ad esempio gli
esperti in counselling etico. La
cura dei pazienti oncologici infatti
implica al giorno d’oggi ben più di
una corretta diagnosi e trattamento:
significa anche guidare i pazienti
e i loro familiari nell’affrontare lo
shock di una diagnosi di tumore, le
difficoltà del percorso di terapia e
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
le eventuali conseguenze e fornire
supporto etico-legale. In questo
modo, i pazienti possono essere
maggiormente responsabilizzati e di
conseguenza coinvolti nel dialogo con
i clinici, il che a sua volta consente
loro di essere parte attiva nel processo
decisionale in accordo con i propri
valori morali, credi religiosi e desideri.
Si tratta di una prospettiva innovativa
dell’approccio clinico alla cura del
cancro, con l’obiettivo di equilibrare il
dialogo medico-paziente e considerare
quest’ultimo come un individuo
indipendente e autonomo.
L’obiettivo del progetto è quello di formare professionisti esperti in grado
di fornire un counselling etico ai pazienti oncologici nell’era della medicina
molecolare.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Scuola Europea di Medicina Molecolare
di Milano
PARTECIPANTI
192
Dottorandi del programma
FOLSATEC (Foundations of
the Life Sciences and Their
Ethical Consequences)
Michelangelo
Campanella
I meccanismi molecolari che
fanno invecchiare i neuroni.
Col passare degli anni anche le cellule
invecchiano, e questo fenomeno è
particolarmente critico per i neuroni
del cervello, dove la divisione e la
produzione di nuove cellule nel corso
della vita è estremamente limitata.
Una della caratteristiche principali di
una cellula che invecchia è l’accumulo di mitocondri mal funzionanti.
I mitocondri sono organelli essenziali per
molte funzioni vitali, tra cui la capacità di
produrre energia sfruttando l’ossigeno.
Mitocondri mal funzionanti perdono la
capacità di generare energia e provocano un aumento dei radicali liberi
e di molecole ossidanti, causando
gravi danni alle cellule, soprattutto i
neuroni. Per evitare l’accumulo di mitocondri difettosi, la cellula normalmente
li elimina “mangiandoseli”, attraverso
un processo chiamato mitofagia.
Due sono le proteine che regolano
la mitofagia: Atpif1, che la favorisce,
e Tspo, che la blocca.
L’equilibrio nelle loro attività, espresso
dal rapporto Atpif1/Tspo, determina
l’efficienza della mitofagia, ma i meccanismi dettagliati di funzionamento e
di come sono alterati durante l’invecchiamento sono ancora sconosciuti.
Il presente progetto vuole esplorare
proprio la relazione tra alterata mitofagia
e invecchiamento cerebrale.
Il rapporto Atpif1/Tspo potrebbe
essere usato come indicatore
dell’invecchiamento cellulare, utile
per mettere in atto strategie di prevenzione e terapie contro l’invecchiamento
neuronale che segna la debilitazione
cognitiva nelle fasi avanzate della vita.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
European Centre for Brain Research di
Roma
PARTECIPANTI
Ramona Lupi
Stefania Cocco
Valerio DeBiase
Lara Rossi
Federico La Regina
193
Enrico
Cassano
La risonanza magnetica mammaria nella diagnosi di lesioni
borderline.
Le lesioni borderline, o a incerto
potenziale di malignità, sono un
insieme eterogeneo di alterazioni
mammarie non maligne.
La frequenza di queste lesioni nelle
biopsie percutanee delle pazienti è
tra il 3% e il 9%; esse rappresentano un problema dal punto di vista
clinico, poiché vi è il rischio di sottostimare la loro reale malignità.
Infatti, dal 20 al 30% delle lesioni
borderline, quando sottoposte a
una più approfondita biopsia chirurgica, contengono anche lesioni
maligne.
Gli approcci medici sono spesso
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
o troppo “aggressivi”, sottoponendo tutte le pazienti a esami invasivi come la biopsia chirurgica, o
troppo “conservativi”, limitandosi a
controllare le pazienti ma rischiando
di sottostimare la pericolosità della
lesione.
Il progetto di ricerca vuole quindi
valutare l’utilizzo della risonanza
magnetica mammaria con mezzo di contrasto come strumento
per la diagnosi affidabile delle
pazienti con lesioni mammarie
borderline, in particolare all’affidabilità di identificare o escludere la
presenza di focolai tumorali.
In questo modo, da un lato si eviterebbero a molte pazienti invasivi
interventi di chirurgia non necessari, indirizzandole invece con tranquillità verso strategie di follow-up;
dall’altro lato si identificherebbero
tempestivamente le pazienti con
alterazioni maligne, guadagnando
tempo prezioso per un corretto intervento terapeutico.
Matteo Giovanni
Della Porta
Le sindromi mielodisplastiche:
quando le cellule staminali ematopoietiche invecchiano.
Le sindromi mielodisplastiche sono
tumori dell’età avanzata caratterizzate
da proliferazione alterata e differenziamento inefficiente delle cellule
staminali ematopoietiche, con un
alto rischio di evoluzione verso una
leucemia conclamata.
Il processo di trasformazione delle cellule
staminali ematopoietiche è causato da
mutazioni in uno o più geni che si
accumulano col passare del tempo
durante l’invecchiamento. Lo scopo
del progetto è identificare quali geni o
gruppi di geni sono responsabili nel
tempo del processo di trasformazione
prima in cellula mielodisplastica e poi
eventualmente leucemica.
Le mutazioni possono essere spontanee, dovute a errori casuali durante la
replicazione del DNA, o anche indotte
da fattori ambientali, come radiazioni
o molecole chimiche; il progetto si
focalizzerà anche nel distinguere questi
due tipi di eventi mutageni. Una volta
identificate le mutazioni “guida”, cioè
le mutazioni che avvengono nelle
prime fasi e sembrano responsabili
di “predestinare” la cellula mutata
verso l’evoluzione patologica, verranno anche caratterizzati i meccanismi
molecolari di trasformazione tumorale.
Il progetto fornirà informazioni sulle
modificazioni del genoma nelle cellule
staminali ematopoietiche correlate
all’età, utili per la pianificazione di
strategie preventive.
Permetterà inoltre di migliorare la diagnosi e la stratificazione del rischio
di malattia e di ottimizzare tempi e
modalità di interventi terapeutici.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione IRCCS Policlinico
San Matteo di Pavia
PARTECIPANTI
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto di Radiologia dell’Università
degli Studi di Udine
PARTECIPANTI
194
Valeria Bertani
Clauser Paola
De Nicolo’ Arianna
Gallì Anna
Catricalà Silvia
Zibellini Silvia
Ambaglio Ilaria
Elena Chiara
Pietra Daniela
Travaglino Erica
Pascutto Cristiana
Ferretti Virginia
Rizzo Ettore
195
Lawrence
Faulkner
Diagnosticare e curare il neuroblastoma nei paesi in via di
sviluppo.
Nei paesi in via di sviluppo i tumori
stanno emergendo, accanto alle malattie infettive, come fattore importante
di mortalità infantile, anche a causa
della scarsità di risorse sanitarie per
affrontare queste malattie. Nei paesi
industrializzati, il neuroblastoma è
il tumore solido extracranico più
comune nei bambini.
La sua incidenza nelle nazioni in via di
sviluppo non è invece chiara. Tuttavia, i tumori pediatrici possono essere
efficacemente diagnosticati e curati
anche in contesti di risorse limitate.
Questo progetto vuole mettere a punto
strategie efficaci per la diagnosi e la
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
cura del neuroblastoma in paesi in
via di sviluppo. Il progetto si articola
su tre centri sanitari: al Cairo (Egitto), a Rabat (Marocco) e a Yangon
(Myanmar).
Il primo centro dispone di un completo equipaggiamento diagnostico
e della possibilità di somministrare
chemioterapia; il centro marocchino
si sta attrezzando con strumentazione
avanzata mentre il centro in Myanmar
possiedo solo risorse di base.
Il progetto nasce da un consorzio internazionale, il Global Neuroblastoma
Network, che raccoglie un database
mondiale sulla malattia e riunisce i
massimi esperti mondiali.
Verranno forniti ai centri supporto nella
gestione dei dati, discussone su casi
clinici, visite ai centri per percorsi di
formazione e condivisione dell’expertise
nel trattamento del neuroblastoma,
aiutando i centri sanitari in nazioni in
via di sviluppo a curare più efficacemente e con le risorse disponibili
questo grave tumore infantile.
Microbiota, vitamina e cancro
del colon-retto: verso nuove
strategie di prevenzione.
L’intestino umano è un ambiente diffusamente popolato di microorganismi
simbionti che svolgono importanti funzioni digestive e protettive; l’insieme
di queste relazioni è chiamato microbiota. Tuttavia si sa ancora molto poco del ruolo del microbiota
nello sviluppo e nell’evoluzione di
patologie intestinali, soprattutto il
cancro del colon-retto, molto diffuso
nella popolazione anziana. Anche la
vitamina D ha un ruolo importante
nell’equilibrio gastrointestinale e
agisce come agente protettivo dal
cancro. La carenza di vitamina D è una
condizione estremamente diffusa negli
anziani ed è associata a molte malattie
legate all’invecchiamento, tra cui anche
il cancro del colon-retto. Il progetto vuole
indagare la relazione tra vitamina D
e microbiota e il ruolo congiunto
nello sviluppo e nella prognosi del
Sara
Gandini
cancro del colon-retto, attraverso un
dettagliato studio caso-controllo per
valutare le differenze di composizione
batterica e di vitamina D tra pazienti
con cancro al colon-retto e soggetti
sani. In particolare verranno studiate la
composizione batterica della microflora
intestinale e i loro genomi, e la variabilità
dei recettori che legano la vitamina D.
Le informazioni raccolte aiuteranno a
caratterizzare le differenze tra soggetti
sani e malati, individuando come la
vitamina D interagisca con la microflora intestinale. Dal punto di vista clinico,
i risultati daranno preziose indicazioni
su nuove strategie di prevenzione e
cura del cancro al colon-retto, con
importanti risvolti per la salute pubblica
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Fondazione Cure2Children ONLUS
di Firenze
PARTECIPANTI
196
Katherine Matthay
Scott Howard
Nehal Parikh
Catherine Lam
PARTECIPANTI
Maria Rescigno
Davide Serrano
Bernardo Bonanni
Giulia Maria Zampino
Angelica Sonzogni
Cristina Trovato
Roberto Biffi
Harriet Johansson
197
Francesco
Gianfagna
Alla scoperta dei meccanismi
di controllo dell’obesità e
delle patologie metaboliche
dell’ipotalamo.
Obesità, diabete, ipertensione e
osteoporosi stanno diventando
sempre più diffuse, soprattutto nei
paesi industrializzati dove la popolazione
è sempre più sedentaria e vecchia.
Comprendere le vie metaboliche alterate che le causano sta diventando
una priorità per la ricerca biomedica.
La neuromedina U è una proteina
che regola il metabolismo corporeo,
presente soprattutto nell’ipotalamo.
Gli individui con alterazioni nel gene
della neuromedina hanno una maggiore
predisposizione a sviluppare patologie
metaboliche, tra cui obesità e ossa
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
fragili. L’obiettivo del progetto è verificare
il coinvolgimento della neuromedina e di
altre proteine, potenzialmente implicate
negli stessi meccanismi molecolari,
nella patogenesi di obesità, diabete,
ipertensione e osteoporosi. Verranno effettuate analisi su campioni di
DNA dei partecipanti al progetto
Moli-sani, uno studio epidemiologico
effettuato su oltre 24.000 individui
in Molise. Verranno poi confrontate le
alterazioni genetiche tra malati e sani
per identificare i geni, con particolare
interesse per la neuromedina, coinvolti nel meccanismo patogenetico ma
anche eventuali differenze epigenetiche. L’epigenetica è l’insieme di
modificazioni chimiche transitorie
del DNA che regolano l’espressione
dei geni; un campo innovativo che sta
dando risultati interessanti. L’obiettivo
finale è identificare nuovi marcatori
per migliorare la diagnosi del rischio e
nuovi bersagli terapeutici per la cura di
obesità e altre malattie metaboliche.
Nuove possibilità di cura con
i linfociti T nello scompenso
cardiaco dell’anziano.
Lo scompenso cardiaco è la più
comune causa di ospedalizzazione
tra gli anziani e, nonostante i notevoli
miglioramenti della terapia, è associato
a una prognosi infausta a cinque
anni in un’alta percentuale di
casi, soprattutto in pazienti di età
superiore ai 70 anni.
Nel cuore dell’anziano la formazione
di un tessuto fibroso determina una
riduzione della funzione cardiaca.
Inoltre, la fibrosi è accompagnata da
infiammazione, con aggravamento
dei sintomi. I linfociti T, cellule del
sistema immunitario, sono coinvolti
nell’infiammazione cronica della fibrosi
cardiaca.
L’infiammazione è già stata bersaglio
di terapie per lo scompenso cardiaco
ma senza successo, probabilmente
per una scarsa comprensione del
ruolo dei vari componenti del sistema immunitario.
Il progetto si prefigge quindi di compren-
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo
NEUROM di Pozzilli (IS)
PARTECIPANTI
198
Licia Iacoviello
Marinos
Kallikourdis
dere, a livello molecolare, la relazione
tra infiammazione, invecchiamento e
fibrosi, per sviluppare nuove strategie
terapeutiche che, attraverso la manipolazione del sistema immunitario,
interferiscano con la progressione della
fibrosi cardiaca.
L’obiettivo è mettere a punto una terapia cellulare: prelevare linfociti T dal
sangue del paziente, modificarli in
coltura per potenziare il ruolo anti-infiammatorio e ri-somministrarli
affinché agiscano contro l’infiammazione
nel cuore scompensato. Si tratta di un
approccio terapeutico innovativo che
potrebbe aprire nuove strade efficaci
nella prevenzione e nella cura di una
delle patologie cardiache più comuni
nella popolazione anziana.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Clinico Humanitas di Rozzano
(MI)
PARTECIPANTI
Daniele Catalucci
Roberto Papait
199
Claudio
Lucchiari
I benefici delle sigarette
elettroniche nei forti fumatori
per combattere il vizio del fumo.
Il fumo è ormai un’epidemia globale
che pone diversi problemi di gestione della salute pubblica. Negli ultimi
tre anni, i dispositivi elettronici senza
tabacco, comunemente chiamate
sigarette elettroniche, hanno avuto
una grande diffusione in molti paesi
del mondo.
Sono state sviluppate con l’obiettivo
di aiutare i forti fumatori a ridurre
il consumo di sigarette; tuttavia, gli
studi disponibili per verificarne l’efficacia, soprattutto a lungo termine,
come ausili per la disassuefazione
non possono essere ancora ritenuti
conclusivi. Il progetto è dunque un
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
tentativo di analizzare l’efficacia e la
sicurezza per la salute delle sigarette
elettroniche e gli effetti psico-fisici
sugli utilizzatori. Lo studio valuterà
gli effetti comportamentali (numero
giornaliero di sigarette), clinici (parametri fisiologici) e psicologici (qualità
della vita, benessere emotivo, stile
di vita) a breve e lungo termine di
un programma di disassuefazione di
tre mesi basato sull’uso di sigarette
elettroniche.
Lo studio permetterà di raccogliere dati
oggettivi e soggettivi rispetto all’uso
delle sigarette elettroniche.
Interessante in particolare sarà identificare i fattori psicologici che ostacolano
o facilitano la disassuefazione.
I risultati ottenuti saranno molto importanti per comprendere se le sigarette
elettroniche potranno diventare uno
strumento davvero efficace per la
promozione della salute e ridurre il
vizio del fumo.
Strategie innovative per la cura
del morbo di Alzheimer.
Il morbo di Alzheimer è una malattia
neurodegenerativa del sistema nervoso
centrale tipica dell’età avanzata; è la
causa più comune di demenza ed è
attualmente ancora incurabile. Una
delle cause molecolari è l’eccessiva
produzione di una forma alterata
della proteina beta-amiloide, che
forma grossi aggregati e placche
nei neuroni, causando i sintomi della malattia.
ADAM10 è un enzima, presente
nei neuroni, che previene la formazione della beta-amiloide; è
quindi plausibile che la stimolazione
della sua attività rappresenti un valido
approccio terapeutico e protegga i
neuroni dall’accumulo patologico di
beta-amiloide neurotossica.
Questo progetto ha proprio lo scopo
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
PARTECIPANTI
200
Gabriella Pravettoni
Giulia Veronesi
Patrick Maisonneuve
Stefania Pinna
Elena
Marcello
di mettere a punto una terapia volta
alla modulazione di ADAM10.
Sono stati identificati dei peptidi, cioè
piccole proteine in grado di penetrare
nei neuroni, che interferiscono con
i meccanismi cellulari di blocco di
ADAM10, stimolandone quindi l’attività.
La terapia deve essere ora testata in
modelli animali della malattia per
verificarne l’efficacia nel contesto di
un organismo e l’assenza di effetti
tossici.
Se i risultati saranno positivi, rappresenteranno un grosso passo avanti
nella comprensione della patogenesi
del morbo di Alzheimer e offriranno
nuove possibilità di intervento sul decorso di questa grave e invalidante
malattia del cervello.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
PARTECIPANTI
Stefano Musardo
Silvia Pelucchi
Annalisa Longhi
Paolo Calabresi
Alessandro Tozzi
Daniele Di Marino
201
EUGENIO
MARTINELLI
Dal moscerino della frutta, lo
sviluppo di un “naso” per identificare le molecole volatili emesse
dalle cellule tumorali
Le cellule tumorali hanno un metabolismo alterato rispetto alle cellule sane:
di conseguenza, anche la quantità e
la qualità delle molecole prodotte è
differente, in particolare i composti
organici volatili. Ciò implica che riuscire
a identificare i profili delle molecole
volatili emesse differentemente dalle
cellule tumorali rappresenterebbe un
valido strumento, non invasivo ed economico, per identificare la presenza
di un tumore. Il gruppo di ricerca ha
recentemente sviluppato un sistema
biologico per discriminare linee cellulari
di tumore al seno da linee cellulari
Riccardo
Masetti
normali utilizzando i neuroni olfattivi
del moscerino della frutta opportunamente ingegnerizzati. Questi neuroni
contengono oltre 50 tipi di recettori
per gli odori a cui sono in grado di
rispondere, e l’elaborazione dei profili
di risposta tramite analisi informatiche
e strumentali “fotografano” la varietà di
molecole emesse dai diversi campioni,
sani e tumorali, discriminandoli.
Gli obiettivi principali della ricerca
sono quelli di ampliare la sensibilità
del sistema biologico, sviluppare un
software di analisi più raffinato e l’interfaccia elettronica del dispositivo.
Lo sviluppo di “nasi biologici elettronici”
rappresentano una nuova e promettente strategia per la diagnosi precoce;
ad esempio potrebbero essere di
grande aiuto al medico di famiglia in
uno screening di base economico e
non invasivo che, in caso di risposta
positiva, possa indirizzare tempestivamente il paziente verso gli esami
di accertamento tradizionali.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi “Tor Vergata”
di Roma
PARTECIPANTI
202
Luca Rava
Alessandra Ulivieri
Identificare nuovi bersagli
terapeutici per le leucemie
mieloidi acute in età pediatrica.
La leucemia mieloide acuta rappresenta il 10-20% delle leucemie in età
pediatrica, con un’incidenza di circa
65-70 nuovi casi all’anno nell’età
compresa tra 0 e 15 anni.
Si tratta in realtà di un gruppo di disordini
molto eterogenei per caratteristiche
cliniche e genetiche e, nonostante i
notevoli progressi ottenuti in ambito
terapeutico negli ultimi anni, hanno
ancora oggi una prognosi sfavorevole.
La sopravvivenza libera da malattia a cinque anni dalla diagnosi è
intorno al 50%. Circa un 20% delle
leucemie mieloidi acute, inoltre, non
mostra nessuna evidente alterazione
genetica o molecolare nota; tale sottogruppo è definito a cariotipo normale.
In questo sottogruppo, è stato però
identificato un ricorrente trascritto
di fusione; esso è il risultato della
fusione anormale di due geni diversi.
I bambini portatori di questa alterazione
hanno un rischio di recidiva maggiore
e una sopravvivenza inferiore. Questo
gene di fusione stimola l’attivazione
anomala della via biochimica di
Hedgehog che è implicata nel controllo
della crescita e del differenziamento,
e se non regolata potrebbe causare
sviluppo di leucemia.
Lo scopo del progetto è quello
di chiarire il ruolo della via di
Hedgehog nelle leucemie mieloidi
a cariotipo normale e dimostrare
sperimentalmente se farmaci inibitori
di questa via possano essere utilizzati
con successo come terapia mirata per
i bambini affetti da questo particolare
sottogruppo aggressivo di leucemia
mieloide.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna
PARTECIPANTI
Valentina Indio
Agnese Po
Marianna Silvano
203
Luca
Muzio
Ruolo dell’acidosi nell’ischemia
cerebrale durante l’invecchiamento.
L’invecchiamento è un processo complesso che avviene in ogni organismo
vivente, e porta a una progressiva
perdita di funzionalità cerebrale, spesso associata a veri e propri disturbi
neurologici. Tra questi, l’ischemia
cerebrale è una delle principali
cause di disabilità al mondo tra la
popolazione anziana. Nella zona del
cervello colpita da ischemia si attiva
una risposta infiammatoria che contribuisce alla neurodegenerazione e
impedisce una guarigione completa
dalla fase acuta. Durante l’ischemia
cerebrale il pH delle cellule scende
drammaticamente; una condizione
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
chiamata acidosi. Questa a sua volta
causa la massiccia apertura di speciali
proteine-canale sulla membrana dei
neuroni, deputate al controllo del flusso
di ioni, peggiorando ulteriormente lo
stress sui neuroni e causandone la
morte.
Il progetto si propone di comprendere meglio questo meccanismo
patologico che lega infiammazione,
acidosi e tossicità neuronale dopo
ischemia, e valutare se esiste una
correlazione con l’invecchiamento
cellulare. Gli studi verranno effettuati
su modelli sperimentali dell’ischemia
giovani e anziani, valutando diversi
parametri tra cui i livelli di acidosi tramite risonanza magnetica e gli effetti
dopo somministrazione di molecole
che bloccano le proteine-canale e
quindi i flussi ionici nei neuroni.
Queste molecole, in caso di risultati
positivi, potranno essere molto importanti per sviluppare terapie in grado
di ridurre i processi neurodegenerativi
in seguito a ischemia.
L’epigenetica dell’infiammazione
nello sviluppo dei tumori
intestinali.
I tumori sono malattie molto complesse, causate sia da fattori genetici
che ambientali: quest’ultimi, tra cui
l’infiammazione cronica, possono
avere un ruolo determinante nella
nascita e nel decorso della malattia.
Il carcinoma del colon-retto è molto
influenzato dello stato infiammatorio della mucosa intestinale. Tutti
i fattori che sono associati con l’infiammazione, come l’autoimmunità,
una dieta scorretta o alterazioni nella
flora intestinale sono anche fattori di
rischio per i tumori all’intestino.
Ciononostante, i meccanismi con cui
lo stimolo infiammatorio favorisce l’insorgenza di tumori sono ancora poco
compresi. L’epitelio intestinale è il tessuto col più alto ricambio di cellule: le
cellule staminali intestinali si dividono
a un ritmo elevato e questo, unito
allo stress infiammatorio, aumenta il
rischio di sviluppare mutazioni, sia
Diego
Pasini
genetiche che epigenetiche, dando
origine a crescita maligna.
Il progetto vuole proprio comprendere
come uno stimolo infiammatorio prolungato alteri l’epigenoma delle cellule
staminali intestinali. L’epigenoma è
l’insieme di modificazioni chimiche sul DNA senza modificarne
la sequenza, ma regolando la sua
espressione e la sua stabilità.
Scompensi epigenetici possono
quindi causare gravi danni al DNA e
al controllo della divisione nelle cellule
staminali intestinali.
risultati del progetto permetteranno
di delineare i principali meccanismi
molecolari dell’infiammazione che favoriscono la trasformazione maligna
nelle cellule dell’intestino.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto San Raffaele di Milano
PARTECIPANTI
204
Marco Bacigaluppi
Linda Chaabane
Andrea Bergamaschi
Andrea Falini
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Istituto Europeo di Oncologia di Milano
PARTECIPANTI
Jammula Sri Ganesh
205
Katia
Petroni
Dalle antocianine della dieta
un’arma per rigenerare il cuore
durante l’invecchiamento.
Una delle sfide più urgenti per la medicina nei prossimi cinquant’anni sarà
ridurre l’impatto delle malattie croniche,
tra cui le patologie cardiovascolari.
Il rischio di malattie croniche cardiovascolari è fortemente influenzato da
tre fattori socio-comportamentali:
fumo, sedentarietà e alimentazione
non salutare.
Di contro, altri comportamenti possono
agire come prevenzione, primi fra
tutti una sana alimentazione; ad
esempio il consumo di cibi ricchi di
antocianine, come mirtillo e ribes,
riducono il rischio di infarto del
miocardio.
Benedetta
Raspini
Progetto assegnato
tramite bando
Young Investigator
Research Programme
Sebbene l’effetto protettivo delle antocianine sia ormai un fatto assodato,
non sono ancora chiari i meccanismi
molecolari che lo determinano.
Di recente, sono stati identificati piccole
sequenze di RNA, chiamati microRNA,
associati con l’invecchiamento del
cuore e altri in grado di stimolare la
rigenerazione cardiaca e promuoverne
il recupero dopo un infarto. Lo scopo
del progetto è stabilire i meccanismi
molecolari alla base delle proprietà
cardioprotettive delle antocianine, attraverso lo studio degli effetti di una
dieta ricca di antocianine del mais
rosso sull’espressione dei microRNA
coinvolti nella rigenerazione cardiaca
o nell’invecchiamento del cuore. Questi
microRNA potranno essere utilizzati in
futuro come biomarcatori dell’efficacia
di regimi dietetici sulla salute del cuore e sulla prevenzione delle malattie
cardiovascolari.
Vegeteria L’Angelica®: un nuovo integratore per un corretto
apporto nutrizionale.
Secondo le principali organizzazioni
internazionali di nutrizione, un consumo adeguato di frutta e verdura
cambierebbe la mappa mondiale
delle principali malattie cronico-degenerative come infarti, ictus, tumori,
osteoporosi, diabete. Si stima che
con 600 grammi di frutta e verdura
al giorno si eviterebbero oltre 135
mila decessi all’anno, un terzo delle
malattie coronariche e l’11% degli ictus. Un’ampia gamma di fattori
influenza, però, il consumo di frutta
e verdura: l’ambiente fisico, sociale
e culturale, gusti personali, livello di
indipendenza e consapevolezza della
salute. In Italia, solo uno su dieci
consuma la quantità raccomandata
di cinque porzioni al giorno. Vegeteria
L’Angelica® è un integratore nutrizionale
di frutta e verdura per coloro che non
riescono ad assumerne la corretta
quantità consigliata giornalmente. Il
progetto intende verificare se l’integratore Vegeteria sia effettivamente
un valido sostituto di frutta e verdura.
A questo scopo si valuterà la sua
azione nell’aumentare le concentrazioni circolanti di vitamine e acido
folico su un campione di 30 soggetti
adulti sani di ambo i sessi. I dati clinici
verranno messi in relazione con le
informazioni sullo stile di vita, abitudini
alimentari e su parametri clinici come
l’indice di massa corporea.
I risultati confermeranno se l’utilizzo di
integratori come Vegeteria possano
fornire gli stessi effetti benefici sulla
salute di frutta e verdura.
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Ospedale San Paolo di Milano
DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO
Università degli Studi di Milano
PARTECIPANTI
206
Alessandra Marinelli
PARTECIPANTI
Laura Soldati
Francesca Pivari
Laura Scaroni
Amina Remli
207
PROGETTO
TOGETHER FOR PEACE
La scienza al servizio della pace nelle aree di crisi
Nell’ambito del progetto di Science for Peace di Fondazione Umberto Veronesi, nel 2009 nasce la
task force medica itinerante Together for Peace, con l’obiettivo di realizzare progetti di prevenzione in
ambito oncologico in regioni colpite da conflitti o in stato di grave necessità.
Il progetto si focalizza in particolare sulla prevenzione e sulla diagnosi del tumore al seno, che colpisce
numerose donne, spesso prigioniere di condizioni sociali e ostacolate da culture locali che negano loro
ogni diritto, tra cui quello di curarsi.
Il progetto prevede l’apertura di ambulatori per la diagnosi del tumore al seno dotati di adeguate
attrezzature mediche, programmi di formazione del personale medico in loco e in Italia e l’erogazione
di borse di studio per sostenere i medici nelle loro attività.
 2004 Egitto-Cairo
Campagne di diagnosi precoce del tumore al seno
 2006 Israele-Nazareth
Campagne di diagnosi precoce del tumore al seno
 2009 Gerusalemme Est
Donazione di un mammografo al centro medico Al Ram
 2010 Territori Palestinesi
Formazione professionale di oncologi, radioterapisti e medici palestinesi
 2011 Afghanistan
Formazione professionale di 10 medici oncologi afgani
Maurice
Sandouno
Training di perfezionamento per
l’utilizzo di strumenti diagnostici
del tumore al seno.
Il tumore al seno è molto comune tra
le donne in tutto il mondo e una delle
prime cause di morte; la situazione è
ancora più grave nei paesi più disagiati, come molti stati africani, dove è
diffusa anche un’altra piaga sanitaria;
l’AIDS. Le donne sieropositive, infatti,
hanno una maggiore probabilità di
sviluppare tumori al seno e all’utero e l’assenza di adeguata assistenza
medica contribuisce ad aumentare la
mortalità per una patologia che, se
diagnosticata in tempo, è curabile.
Fondazione Veronesi sta realizzando
un ambulatorio per la diagnosi del
tumore al seno, presso il centro
medico DREAM della Comunità
di Sant’Egidio a Conakry, capitale
della Repubblica di Guinea, fornendo attrezzature mediche e formando
del personale medico al suo utilizzo.
Il dottor Sandouno ha già trascorso,
tra novembre e dicembre del 2013,
40 giorni presso la divisione di
radiologia senologica dell’Istituto
Europeo di Oncologia. Ha svolto
un training intensivo per imparare a
utilizzare l’ecografo mammario che
Fondazione Veronesi ha donato al
centro DREAM. Nel 2014 tornerà per
due mesi in Istituto per completare
e perfezionare le sue competenze,
in particolare l’utilizzo di un secondo
essenziale strumento per la diagnosi
del tumore al seno: un mammografo,
che verrà donato al centro DREAM
nel corso del 2014. Il know-how di
competenze acquisite in Italia permetteranno al Dottor Sandouno di rendere
operativo l’ambulatorio oncologico di
Cornaky, a disposizione gratuita di tutte
le donne della regione.
 2011-2012 Afghanistan-Herat
Allestimento del primo ambulatorio per la diagnosi precoce del tumore al seno
 2013-2014 Repubblica di Guinea-Conakry
Allestimento del primo ambulatorio per la diagnosi precoce del tumore al seno
e formazione professionale di un medico oncologo
DOVE SVILUPPERÀ IL TIROCINIO
Centro Medico DREAM di Conakry
(Repubblica di Guinea)
NOTE BIOGRAFICHE
 Nato a Matoto (Guinea) nel 1972
208
 Laureato in Medicina e Chirurgia
209
i ricercatori
sostenuti negli annI
BORSE DI RICERCA
2013
210
 Alaa Hamza
 Alconchel Ara Pilar
 Anania Maria Chiara
 Arruga Francesca
 Bachetti Tiziana
 Bacigaluppi Susanna
 Bagislar Sevgi
 Barault Ludovic
 Barrero Blanco Veronica
 Batti Laura
 Biasiotta Antonella
 Borba De Souza
Alessandra
 Borgatti Monica
 Bossi Daniela
 Bottillo Irene
 Bravi Francesca
 Calvenzani Valentina
 Campos Martinez Luis
 Cantelmo Rita
 Carleo Francesco
 Carrega Paolo
 Carturan Sonia
 Cereda Matteo
 Chiroli Elena
 Cianfrocca Roberta
 Ciarlo Monica
 Cicalese Angelo
 Cimmino Flora
 Cristofanon Silvia
 Crupi Rosalia
 Cuevas Novoa Susan
 Cutrone Antonella
 D’alessandra Yuri
 D’andrea Aleco
 De Marco Rossella
 De Massimi Alessia
Raffaella
 Del Signore Ester
 Della Rosa Francesco
 Di Paolo Daniela
 Di Stefano Paola
 Diaz Federico
 Dogliotti Elena
 Erreni Marco
 Ferrari Amorotti Giovanna
 Ferretti Elisa
 Ferrini Krizia
 Fontana Francesca
 Fontana Ribeiro Sabrina
 Frullanti Elisa
 Funel Niccola
 Gabellini Chiara
 Galeone Carlotta
 Garciarodas Lisbeidi
 Giuffrida Domenica
 Griseri Paola
 Hübner Arana Gabriel
 Iommarini Luisa
 Jinoro Jeromine
 Kapanadze Nina
 Laurent Audrey
 Leoncini Emanuele
 Levati Giorgia Virginia
 Lo Buono Nicola
 Lorenzoni Alice
 Luraghi Paolo
 Mancini Manuela
 Marighetti Paola
 Marinelli Alessandra
 Masetti Riccardo
 Masiero Marianna
 Massa Paul
 Mihailovic Maija
 Molfino Alessio
 Mora Reyes Fabian
 Morini Raffaella
 Nevola Teixeira Luiz
Felipe
 Ortensi Barbara
 Paterniti Irene
 Pedace Lucia
 Pellicori Pierpaolo
 Pelosi Andrea
 Peradze Sopio
 Pereira Gomes Raposo
Andre
 Radesi Serghi Sinziana
Razafimahaleo
 Mahasoa Petera
 Rizzo Angela
 Rizzo Francesca
 Romano Alessandra
 Roti Giovanni
 Santarpia Mariacarmela
 Sassi Francesco
 Sestito Rosanna
 Skirycs Aleksandra
 Sommariva Elena
 Storini Claudio
 Strigaro Gionata
 Tarsitano Achille
 Tassi Elena
 Varano Gabriele
 Vendramin Antonio
 Vila Josè
 Zecchin Davide
 Zoccarato Anna
progetti DI RICERCA
2013
 Bertolini Francesco
 Ceppi Marcello
 Ciarrocchi Alessia
 Corona Giuseppe
 Di Carlo Emma
 Giorgio Marco
 Marra Fabio
 Matullo Giuseppe
 Negri Eva
 Nencioni Alessio
 Verderio Claudia
 Bianchi Paolo Pietro
 Bonanni Bernardo
 Pompilio Giulio
BORSE DI RICERCA
2012
 Aladowicz Ewa
 Alba Posse Sebastian
 Alfonso Coto Juan Carlos
 Amendola Pier Giorgio
 Amendola Donatella
 Artuso Simona
 Barrero Blanco Veronica
 Battista Andrea
 Berrone Elena
 Bezerra Phelipe
 Calvenzani Valentina
 Cancado Rezende
Guilherme
 Casali Lorenzo
 Casolla Barbara
 Cesanafrancesca
 Chahuan Badir
 Cionfoli Nicola
 Cocco Claudia
 Codecà Claudia
 Cosentino Claudia
 Dekic Natasa
 Del Re Marzia
 Di Paolo Daniela
 Dogliotti Elena
 Dorivam Celso
 Esposito Emanuela
 Falato Claudette
 Ferrario Anna
 Ferro Leda
 Fornasa Giulia
 Fortunato Orazio
 Fransen Gerhard
 Galeone Carlotta
 Galuppo Valentina
 Gandini Chiara
 Gatti Elena
 Greco Andrea
 Guccini Ilaria
 Guerriero Francesco
 Hamza Mostafa Amed
 Lohsiriwat Visnu
 Macedo Camila
 Magi Fiorenza
 Mancini Manuela
 Mariani Francesco
 Masetti Riccardo
 Mazzoni Elisa
 Messa Francesca
 Molfino Alessio
 Monsellato Igor
 Mora Reyes Fabian
 Myasoedova Veronika
 Nicolis Di Robilant
Benedetta
 Pardolesi Alessandro
 Passaretti Rosa Anna
 Passoni Lorena
 Peralta Lorca Juan Ignacio
 Peruzzi Daniela
 Pezzoli Laura
 Pinto Ivan
 Quiroa Luis
 Ramundo Valeria
 Reussmann Veronica
 Romero Ivana
 Rossi Marta
 Rubino Mara
 Rusconi Francesca
 Rusmini Marta
 Santarpia Mariacarmela
 Sarno Maria Anna
 Serpi Francesco
 Sommario Maria
 Sposato Italia
 Stagnaro Nicola
 Sticozzi Claudia
 Sukowati Caecilia
 Vadilonga Valeria
 Vecchio Donatella
 Vidal Urbinati Aylin
Mariela
PROGETTI DI RICERCA
2012
 Bianchi Paolo
 Bregni Marco
 Brignole Chiara
 Ciceri Fabio
 Cirulli Francesca
 Curigliano Giuseppe
 De Censi Andrea
 Di Fiore Pier Paolo
 Gasparre Giuseppe
 Gentilini Oreste
 Gentilucci Luca
 Golino Paolo
 Invernizzi Pietro
 Martinelli Eugenio
 Mazzarella Luca
 Nastrucci Candida
 Nicassio Francesco
 Pastorino Fabio
 Pelicci Giuliana
 Petroni Katia
 Polesel Jerry
 Rescigno Maria
 Spaggiari Lorenzo
 Testori Alessandro
 Varesio Luigi
 Zucchetto Antonella
BORSE DI RICERCA
2011
 Berrone Elena
 Brollo Janaina
 Calvenzani Valentina
 Candeloro Bianca
 Casali Lorenzo
 Casolla Barbara
 Cassilha Maximiliano
 Colombo Beatrice
 Del Castillo Andres
 De Francesco Gian Paolo
 Di Dia Giuseppina Amalia
 Fando Couso Edeny
 Fara-Tanyona Harizay
 Fernander Filho Rivaldo
 Khajeh Reza
 Lohsuriwat Visnu
 Mariani Francesco
 Mazzoleni Federica
 Montero Maybell
 Parodi Matias
 Pardolesi Alessandro
 Passoni Lorena
 Pellegrini Osmar
 Pereira Lima Samuel
 Quattrone Giuseppe
 Salazar Lucila
 Santulli Gaetano
 Sommario Maria
 Storino Francesco
 Tiberio Paolo
 Titta Lucilla
 Vadilonga Valeria
PROGETTI DI RICERCA
2011
 Bonanni Bernardo
 Colombo Gualtiero
 De Pas Tommaso Martino
 Faulkner Laurence
211
 Galbiati Massimo
 Giorgio Marco
 Mazza Manuelita
 Novelli Giuseppe
 Orecchia Roberto
 Paganelli Giovanni
 Priori Silvia
 Roti Giovanni
 Schoeftner Stefan
BORSE DI RICERCA
2010
 Camarotti Daniela
 Del Castillo Andres Pedro
 Bonello Luke
 Ribeiro Martini Rafael
 Rodriguez Peres Suanly
 Santhiago De Carvahlo
Emannuela
 Seco Vasques Maria
Javiera
 Semenkiw Maria Eugenia
 Calvenzani Valentina
 Yodeiri Meydi
 Chulam Thiago Celestino
 Di Dia Giuseppina Amalia
 Durli Iara
 Ghezzi Leal Thiago
 Kuenzer Ruy Fernando
 Liotta Marco
 Nevola Texeira Luiz Felipe
 Passaretti Rosa Anna
PROGETTI DI RICERCA
2010
 Bertolini Francesco
 Blandino Giovanni
 Bonizzi Giuseppina
 Contino Gianmarco
 Gandini Sara
 Tarone Guido
 Vismara Elena
BORSE DI RICERCA
2009
212
 Arnaboldi Paola
 Canseco Fernandez
Rosario
 Chanquetti Milene
 Coelho Duarte Luciano
 Colombo Beatrice
 Comi Stefania
 Conceicao Fraga Guedes
Maria
 Di Dia Amalia
 Ghezzi Leal Tiago
 Golin De Vasconcellos
Paula
 Grigol Martinez Gabriela
Cristina
 Liotta Marco
 Lorenzon Silveira Paula
Angelica
 Massaro Mariangela
 Meirelles Barbalho Daniel
 Monteiro Nogueira
Alfredo Savio
 Nevola Teixeira Luiz
Felipe
 Perin Fabiola Adelia
 Ponzi Paola Andrea
progetti DI RICERCA
2009
 Ferrucci Pier Francesco
 Basilico Claudio
 Sullivan Richard
 Sandri Maria Teresa
 Genival Gioacchino Natoli
BORSE DI RICERCA
2008
 Barbosa De Carvalho
Genival
 Braga Carvalho Felipe
 Chanquetti Quiterio
Milene
 Comi Stefania
 De Oliveira Filho Helio
 Di Dia Giuseppina Amalia
 Garcia-Etienne
 Carlos Alberto
 Grigol Martinez
 Gabriela Cristina
 Ponzi Paola Andrea
 Ventura De Freitas
Alejandra
 Vidallè Dalila
 Vilela Fusco Eduardo
BORSE DI RICERCA
2007
BORSE DI RICERCA
2004
 Spuri Paola
 Cintra Baccaro
 Luiz Francisco
 Alves Dos Santos Nelson
 Iwata Andrè
 Garcia Fleury Isabel
 Brenelli Palermo Fabricio
 Uez Maria Luisa
 Jimenez Libia
 Cabral Calvano
 Carlos Marino
 Mattar Fanianos Denise
 Gugiatti Marina
 Galluccio Lara
 Schuh Fernando
 De Almeida Couto Andrè
 Letzkus Berrios Jaine
Mauricio
 Arce Quesada Josè
Mauricio
 Lazzarini Silvia
BORSE DI RICERCA
2006
 Bassani Luis Guillermo
 Torres Fabio Franco
 Vidal Urbinati Aylin
Mariela
 Ramirez Cuellar
 Adonis Tupac
 Javan Soheil
 Chambo Danielle
 Arnaboldi Paola
 Comi Stefania
BORSE DI RICERCA
2005
 Novita Garcia Guilherme
 Berrettini Anastasio
 Sahium Rafaela
 Barbosa Fabiane Silva
 Scirea Tesseroli Marco
Antonio
 Civril Filiz
 Pesce Karina
 Benitez Gil Lisandro Luis
 Alaite Zambelli Fernanda
 Barbosa Fabiane Silva
 Rotundo Silvana
 Rodriguez Albanese
Gustavo
 Di Nuzzo Daniela
 Benitez Gil Lisandro Luis
 De Almeida Couto Viana
Andrè
 Novita Garcia Guilherme
 Sahium Rafaela Cecilio
 Pesce Karina Alejandra-
BORSE DI RICERCA
2003
grant 2014
PERCHè
LA RICERCA
SCIENTIFICA
FA BENE
A TUTTI.
ANCHE A TE. 213
istituti finanziati
negli anni
 Arcispedale S. Maria Nuova,
Reggio Emilia
 Aso S. Croce E Carle, Cuneo
 Azienda Ospedaliera
“Maggiore Della Carità”, Novara
 Azienda Ospedaliera Città Della Salute e
Della Scienza, Torino
 Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo
di Busto Arsizio, Busto Arsizio
 Azienda Ospedaliera San Camillo
Forlanini, Roma
 Ceinge, Napoli
 Centro Cardiologico Monzino, Milano
 Centro di Riferimento Oncologico, Aviano
 Dana-Farbar Cancer Institute/Università
degli Studi di Perugia
 Dipartimento di Medicina Interna
e Specialità Medicina Interna e Specialità
Mediche, Università Di Genova, Genova
 Dipartimento Di Medicina Interna,
Università Degli Studi Di Firenze, Firenze
 Embl - European Molecular Biology
Laboratory, Hinxton
 Ente Ospedaliero Ospedali Galliera,
Genova
 Fondazione Cure2children Onlus, Firenze
 Fondazione del Piemonte per l’Oncologia,
Candiolo
 Fondazione di ricerca e cura Giovanni
Paolo II, Campobasso
214
 Fondazione Ebri - European Brain Research Institute Rita Levi-Montalcini, Roma
 Fondazione Filarete per le Bioscienze e
l’Innovazione, Milano
 Fondazione Italiana Fegato, Trieste
 Fondazione Salvatore Maugeri, Pavia
 Fondazione Santa Lucia, Roma
 Gruppo Multimedica, Milano
 Hugef - Human Genetics Foundation,
Torino
 Ifom - Firc
Institute Of Molecular Oncology, Milano
 Imi, Intergruppo Melanoma Italiano,
Milano
 Ior - Institute Of Oncology Research,
Bellinzona
 Irb - Istituto di Ricerca Biomedica,
Barcellona
 Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo
 Neuromed, Pozzilli Isernia
 Irccs Multimedica,
Sesto San Giovanni
 rccs San Martino, Genova
 Irccs San Raffaele Del Monte Tabor,
Milano
 Irccs San Raffaele Pisana, Roma
 Istituto Auxologico Italiano, Milano
 Istituto Clinico Humanitas, Rozzano
 Istituto Dermopatico Dell’immacolata
Idi-Irccs, Roma
 Istituto di Ematologia e Scienze
Oncologiche “L. E A. Seràgnoli”, Bologna
 Istituto Di Ematologia ed Immunologia
 Clinica, Università Degli Studi di Perugia
 Istituto di Neuroscienze Cnr, Pisa
 Istituto di Neuroscienze Cnr, Milano
 Istituto Europeo di Oncologia, MIlano
 Istituto Giannina Gaslini, Genova
 Istituto Mario Negri, Milano
 Istituto Nazionale dei Tumori, MIlano
 Istituto Nazionale per lo Studio
e la Cura dei Tumori, Milano
 Istituto Regina Elena, Roma
 Istituto Superiore di Sanità, Roma
 Italian National Cancer Institute (IFO),
Regina Elena, Roma
 Karolinska Institute, Svezia
 London Research Institute, London
 Massachusetts General Hospital,
Massachussetts, USA
 Nico Neuroscience Institute Cavalieri
Ottolenghi, Orbassano (TO)
 Ospedale Galliera e San Martino, Genova
 Ospedale S. Gerardo, Monza
 Policlinico S.orsola-Malpighi, Bologna
 Policlinico San Matteo, Pavia
 Polo Ocologico di Cuneo
 Seconda Università degli Studi di Napoli
 Seton Hall Univiversity, New Jersey
 The Sidney Kimmel Comprehensive Cancer
Center, Baltimore
 Università Cattolica Roma
 Università degli Studi dell’Aquila
 Università degli Studi di Bologna
 Università degli Studi di Milano
 Università degli Studi di Milano
 Università degli Studi di Milano
 Università degli Studi di Roma
“Tor Vergata”
 Università degli Studi di Siena
 Università degli Studi Gabriele D’annunzio, Chieti
 Università del Salento, Lecce
 Università di Chieti-Pescara
 Università di Ferrara
 Università di Modena e Reggio Emilia
 Università di Novara
 Università di Padova
 Università di Pavia
 Università di Salerno
 Università degli Studi di Torino
 Università La Sapienza, Roma
 University Of Bristol, Uk
 University Of Cambridge, Uk
 University Of Copenhagen, Danimarca
 University Of Hull, Uk
 University Of Leuven, Belgio
 University Of Oxford, Uk
 University Of Southern California,
Los Angeles USA
 Vu University Medical Center
Of Amsterdam, Olanda
 Washington University in St. Louis, USA
215
MILANO
Piazza Velasca, 5
20122 Milano
Tel. +39 02 76 01 81 87
Fax +39 02 76 40 69 66
[email protected]
216
ROMA
Palazzo Lancellotti
Via Lancellotti, 18 - 00186 Roma
Tel. +39 06 68 80 12 42
Fax + 39 06 68 80 95 36
[email protected]
217