GRANT 2014 Il nostro sostegno alla ricerca scientifica grant 2014 Lettera di Umberto Veronesi Lettera di Paolo Veronesi Lettera del Comitato Etico Lettera di Chiara Tonelli In cosa crediamo I numeri del 2014 Borse di ricerca 2014 Borse oncologia Tumore al seno Tumori alle ovaie Linfomi e leucemie Tumori al polmone Tumori all’intestino Tumori gastrici Tumore al fegato Tumori al sistema nervoso Tumore di testa e collo Melanomi e tumori della pelle Sarcomi e tumori dei tessuti molli Tumore alla vescica Tumore alle ossa Borse cardiologia e malattie croniche Borse neuroscienze Borse nutrigenomica e prevenzione delle malattie Scuola Europea Medicina Molecolare progetti di ricerca 2014 progetto together for peace I ricercatori sostenuti negli anni Istituti finanziati negli anni 5 6 7 8 10 12 14 17 34 64 68 78 88 98 100 106 112 118 122 126 128 132 144 160 174 188 208 210 214 3 Da undici anni, ogni volta che scrivo la prefazione al quaderno che rende noti i vincitori delle borse di studio della Fondazione Veronesi, sostenute anche con il generoso contributo di donatori spesso anonimi, mi ritrovo a pensare che cosa sarebbe questo Paese senza lo slancio altruista di persone che pure in un momento di ristrettezze sentono l’impegno di aiutare la ricerca. E mi conforta sapere che nonostante la miopia di chi non crede nella ricerca scientifica, vi siano coloro che sanno che la ricerca non è una spesa, ma un investimento. In campo medico, consente di incrementare le risorse a disposizione e di passare dalla semplice tutela sanitaria alla promozione della salute. E consente di migliorare costantemente la qualità delle cure. In cinquant’anni di professione, io non ho mai smesso di fare ricerca, e penso che essa sia il lievito della buona Medicina. Il progresso scientifico non si alimenta senza ricerca. Per questo la Fondazione Veronesi investe energie e fondi e condivide con studiosi autorevoli importanti iniziative che possano aprire le porte al futuro. Lo fa sostenendo i progetti più all’avanguardia e offrendo borse di ricerca a giovani medici e scienziati. Si dice spesso “investiamo nei giovani perché sono il nostro futuro”, ma troppo spesso sono solo parole. Io penso che bisogna investire nei giovani anche perché i giovani di questa generazione sono bravi, anzi eccellenti. Indipendentemente dalla nazionalità e dalla cultura, sono preparati, ricchi di entusiasmo e di valori, e soprattutto motivati al progresso della civiltà nel suo insieme. Ciò che manca loro, e di cui hanno veramente bisogno, è la fiducia: qualcuno che creda nelle loro capacità e li incorag- gi a investirle oggi in un domani che appare incerto. Io e la mia Fondazione ci crediamo e, grazie al sostegno costante di chi la pensa come noi, continueremo a farlo, nella certezza di contribuire così al futuro benessere di tutti. UMBERTO VERONESI Fondatore 5 La medicina ha vissuto negli ultimi anni una trasformazione straordinaria: se prima si trattava il paziente quando la malattia mostrava i suoi sintomi, ora si vanno a cercare nella persona sana i segnali precursori, per impedire che la malattia si manifesti. L’ambizioso obiettivo non è più solo quello di curare il malato di oggi, ma anche e soprattutto di evitare il malato di domani. È un traguardo reso possibile dallo sviluppo delle nuove tecnologie e dalle nuove conoscenze del DNA, che hanno portato la medicina nella dimensione delle molecole, permettendole di risalire all’origine dei processi e dei meccanismi di trasfor- 6 mazione delle cellule da sane a malate. Dalla sua nascita la Fondazione che presiedo si è concentrata nel finanziamento della ricerca in campo di prevenzione e di diagnosi precoce. Proprio in quest’ultimo campo si sono fatti passi da gigante: un tumore della mammella diagnosticato in fase preclinica grazie alla mammografia e/o all’ecografia mammaria ed operato ha una sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi intorno al 98%; un tumore del polmone in un fumatore, diagnosticato precocemente grazie alla TC spirale annuale e tra poco ancora prima grazie ai microRNA, può essere operato con successo nella maggior parte dei casi. Fino a qualche tempo fa, 8 casi su 10 diagnosticati non erano operabili. Sono solo due esempi di come la ricerca e le innovazioni tecnologiche possono modificare le aspettative di vita di tantissime persone, ma ve ne sono molti altri. Tutto ciò è possibile grazie al lavoro silenzioso di tanti ricercatori che, in mezzo a mille difficoltà, sono riusciti a raggiungere risultati inimmaginabili sino a pochi decenni fa. Giovani brillanti che spesso, a causa degli scarsi investimenti, si vedono costretti ad abbandonare il nostro paese per continuare a coltivare la loro passione. Fondazione Veronesi, dopo 11 anni, è ancora qui a volerli sostenere. Il futuro della ricerca passa da loro ed è nostro dovere morale aiutarli con tutti i mezzi disponibili. PAOLO VERONESI Presidente La scienza è un’attività umana inclusiva, presuppone un percorso cooperativo verso una meta comune ed è nella scienza che gli ideali di libertà e pari dignità di tutti gli individui hanno sempre trovato la loro costante realizzazione. La ricerca scientifica è ricerca della verità, perseguimento di una descrizione imparziale dei fatti e luogo di dialogo con l’altro attraverso critiche e confutazioni. Ha dunque una valenza etica intrinseca e un evidente valore sociale, è un bene umano fondamentale e produce costantemente altri beni umani. In particolare, la ricerca biomedica promuove beni umani irrinunciabili quali la salute e la vita stessa, e ha un’ispirazione propriamente umana poiché mira alla tutela dei più deboli - le persone ammalate - contrastando talora la natura con la cultura e con la ragione diretta alla piena realizzazione dell’uomo. L’etica ha un ruolo cruciale nella scienza e deve sempre accompagnare il percorso di ricerca piuttosto che precederlo o seguirlo. È uno strumento che un buon ricercatore usa quotidianamente. La morale è anche l’unico raccordo tra scienziati e persone comuni, è il solo linguaggio condiviso possibile. Ci avvicina: quando si discute di valori, i ricercatori non sono più esperti di noi. Semmai, sono le nostre prime sentinelle per i problemi etici emergenti e, storicamente, è proprio all’interno della comunità scientifica che si forma la consapevolezza delle implicazioni morali delle moderne tecnologie biomediche. Promuovere la scienza, come fa mirabilmente la Fondazione Umberto Veronesi, significa proteggere l’esercizio di un diritto umano fondamentale, la libertà di perseguire la conoscenza e il progresso, ma anche, più profondamente, significa favorire lo sviluppo di condizioni di vita migliori per tutti. Compiti del Comitato Etico saranno quello di dialogare con la Fondazione e con i ricercatori, favorendo la crescita di una coscienza critica, e insieme quello di porsi responsabilmente quali garanti terzi dei cittadini rispetto alle pratiche scientifiche, guidati dai principi fondamentali condivisi a livello internazionale e tenendo nella massima considerazione le differenze culturali. COMITATO ETICO MEMBRI COMITATO ETICO Cinzia Caporale (Coordinatore) Domenico De Masi Giuseppe Ferraro Armando Massarenti Lucio Militerni Telmo Pievani Mario Pirani Carlo Alberto Redi Alfonso M. Rossi Brigante S.E. Monsignor Marcelo Sánchez Sorondo Paola Severino Elena Tremoli 7 “Per il progresso delle scienze”: questo è il motto ispiratore della ricerca per Fondazione Umberto Veronesi. E la Fondazione da oltre 10 anni si impegna in questa direzione: sostenendo la formazione di giovani ricercatori e attraverso la divulgazione dei risultati della ricerca. Il mondo della ricerca e della medicina sta attraversando una vera e propria rivoluzione. Noi intendiamo sostenere una nuova mentalità, quella che vede la ricerca di laboratorio affiancata e proiettata alla prevenzione e alla cura. Per questa ragione Fondazione Veronesi crede e sostiene la crescita e la 8 formazione di una nuova generazione di scienziati capaci di pensare e agire contemporaneamente da clinici e da ricercatori. La grande sfida per gli scienziati di domani è parlare la lingua della medicina del futuro, una medicina molecolare, preventiva e personalizzata. La Fondazione Umberto Veronesi ha recentemente pubblicato i nomi dei vincitori dei bandi per la ricerca: 130 borse di studio a singoli ricercatori, 23 dottorandi alla Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM) e 18 progetti di ricerca all’avanguardia. Il Comitato Scientifico, di cui sono onorata di far parte in qualità di Presidente, da sempre opera perché venga privilegiato il merito. Come? Premiando giovani ricercatori meritevoli, valutati in base al curriculum scientifico e alla qualità delle pubblicazioni, e progetti di alta innovazione che portino a un rapido trasferimento dei risultati dai laboratori di ricerca alla pratica clinica e alla prevenzione delle malattie croniche. Chiara Tonelli Presidente Comitato Scientifico grant 2014 La Fondazione Umberto Veronesi si è dotata di una Carta dei Principi e dei Valori che definisce la missione, i principi e gli scopi della Fondazione. Principi L’universalità della scienza La libertà e la responsabilità 10 In cosa crediamo nella scienza L’integrità nella ricerca scientifica La tutela della dignità umana L’autonomia individuale e il consenso informato L’equità e la giustizia nelle politiche pubbliche per la salute La qualità e la sicurezza nella ricerca e nelle cure La promozione della prevenzione nella gestione della salute La professionalità dei ricercatori, dei medici e degli operatori della sanità Il dovere di informare e il ruolo sociale dei Comitati Etici La tutela dell’habitat e della biosfera Missione e Scopi della Fondazione Favorire il progresso delle scienze Favorire lo sviluppo di con- dizioni di vita migliori per tutti Promuovere la pace e il dialogo tra i popoli Contribuire a creare una nuova generazione di ricercatori Rafforzare la cooperazione scientifica internazionale e promuovere l’innovazione tecnologica Migliorare la comunicazione tra la comunità scientifica e la società e diffondere la consapevolezza dell’importanza della scienza per l’uomo Il documento è pubblicato integralmente su www.fondazioneveronesi.it 11 I NUMERI DEL PASSATO I NUMERI DEL 2014 BORSE 2014 130 23 BORSE DI RICERCA BORSE DI RICERCA SCUOLA EUROPEA MEDICINA MOLECOLARE PROGETTI 2013-2014 18 12 PROGETTI DI RICERCA 2003 4 Borse di Ricerca 2004 4 Borse di Ricerca 2005 13 Borse di Ricerca 2006 15 Borse di Ricerca 2007 44 Borse di Ricerca 2008 42 Borse di Ricerca 2009 43 Borse di Ricerca 5 Progetti di Ricerca 2010 54 Borse di Ricerca 7 Progetti di Ricerca 2011 59 Borse di Ricerca 13 Progetti di Ricerca PROGETTI DI RICERCA INIZIATI NEL 2013 2012 94 Borse di Ricerca 26 Progetti di Ricerca 2013 12 125 Borse di Ricerca 14 Progetti di Ricerca 13 borse di ricerca 2014 14 Le scienze progrediscono ovunque ci sia vero scambio. Scambio di esperienze, di conoscenza, di procedure, di risultati, di modi di arrivare alla soluzione di un problema. Per questo, la Fondazione Umberto Veronesi promuove una cultura delle scienze che non abbia confini, favorendo la formazione professionale degli scienziati più meritevoli provenienti dall’Italia e dai diversi Paesi del mondo. La Fondazione Umberto Veronesi presenta annualmente il bando pubblico BORSE DI RICERCA per sostenere medici e ricercatori offrendo loro diversi mesi di perfezionamento perché possano acquisire nuove competenze durante lo studio e l’attività clinica. Il progetto si propone di preparare nuovi scienziati presso le migliori istituzioni italiane e straniere e di offrire opportunità di crescita a giovani studiosi consentendo loro di specializzarsi in particolari ambiti della medicina. Nello specifico, le borse di ricerca che la Fondazione bandisce si rivolgono a: MEDICI E RICERCATORI ITALIANI I candidati prescelti svolgeranno il periodo di studio e lavoro presso centri di eccellenza in ambito nazionale e internazionale: una concreta opportunità per crescere professionalmente, approfondire, confrontarsi con metodi di lavoro differenti. MEDICI E RICERCATORI STRANIERI I candidati prescelti svolgeranno il periodo di studio e lavoro presso centri di eccellenza in Italia. Anticipare il futuro. Questo è l’ambizioso obiettivo che ci poniamo anche quest’anno selezionando i giovani ricercatori più capaci e finanziando i progetti di ricerca più lungimiranti nell’ambito dell’Oncologia. La Ricerca guarda continuamente avanti e invita gli oncologi e gli scienziati che operano in questo campo a impegnarsi ancora di più per curare i tumori scoprendoli prematuramente e per guarirli con terapie efficaci e mirate, perché realmente personalizzate sul paziente. I nostri studiosi quest’anno lavoreranno ancora nella Medicina Molecolare, per la creazione di farmaci intelligenti, specifici per le cellule tumorali. Questa rivoluzione è già in atto, ma la sfida della Ricerca è che diventi routine non solo sequenziare il genoma del paziente ma anche quello del tumore che l’ha colpito che, purtroppo, si evolve continuamente nel tempo. I nuovi farmaci saranno in grado di agire nella specifica fase della malattia, colpendo solo le cellule malate e impedendo che sia sviluppata resistenza ai farmaci stessi. La Ricerca più recente ci ha aperto gli occhi su un’altra importante scoperta, che cambierà le prospettive di cura, e quindi di vita, di moltissime persone. Grazie alla Ricerca stiamo imparando che la massa tumorale maligna non è uniforme: sono le cellule staminali tumorali le sole responsabili del proliferare del tumore e della formazione di metastasi. Queste devono essere colpite e curate per eradicare il tumore ed evitare ricadute. Diagnosi ancora più precoce, terapie innovative, studi scientifici all’avanguardia: ho ricordato brevemente le linee innovative della Ricerca che la Fondazione ha scelto di sostenere finanziando borse e progetti di ricerca nell’area dell’Oncologia. Non dimentichiamo però che, per sconfiggere il cancro, la prevenzione resta la nostra prima, indispensabile alleata. Possiamo fare molto come ricercatori in ambito oncologico, ma possiamo fare molto tutti insieme, in qualità di persone più consapevoli e responsabili della nostra salute. PAOLO VERONESI 16 Professore Associato in Chirurgia Generale presso l’Università degli Studi di Milano Direttore Unità Chirurgia Senologica Integrata, Ieo BORSE ONCOLOGIA I tumori sono un insieme di malattie molto complesse caratterizzate da proliferazione anomala di alcune cellule. Questa è causata da mutazioni a livello del DNA, che rendono le cellule tumorali insensibili al controllo. Col tempo, le cellule acquisiscono la capacità di sfuggire al sistema immunitario, iniziano a migrare in altri tessuti del corpo, causando metastasi, e diventano resistenti ai farmaci. Comprendere i meccanismi molecolari dei tumori è essenziale per sviluppare nuove terapie più efficaci. Cancro oltre 200 malattie diverse 55 ANNI età media di sviluppo di un tumore 366.000 nuovi casi di tumore diagnosticati in Italia nel 2013 33-58% percentuale di tumori attribuibili a fattori di rischio: tabacco, dieta scorretta e obesità OLTRE IL 56% dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi di tumore FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali 17 Marina Maria Bellet La cronoterapia del cancro: i benefici di una somministrazione circadiana di farmaci antitumorali. Gli orologi circadiani sono un complesso sistema biologico che permette agli esseri viventi di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente modificando il comportamento, la fisiologia e il metabolismo in funzione del momento del giorno. Operano sia a livello centrale nel cervello, regolando i cicli sonno-veglia, sia a livello di ogni singola cellula. Alterare o danneggiare questi cicli ha profonde conseguenze sulla salute umana e può favorire l’insorgere di molte malattie, dalla depressione ai disturbi metabolici e al cancro. La proliferazione delle cellule sane è diversa da quella delle cellule tumorali sotto molti aspetti, anche in termini di ora del giorno in cui la maggioranza delle cellule si divide. Questo fa sì che l’efficacia e la tollerabilità di un farmaco antitumorale possa dipendere anche dall’ora in cui viene somministrato. Il progetto valuterà l’efficacia di diversi farmaci antitumorali somministrati a specifiche ore del giorno, e seguirà le risposte molecolari delle cellule sane e tumorali alla somministrazione di questi farmaci in orari diversi. Lo scopo della ricerca è identificare i meccanismi molecolari responsabili degli effetti benefici della somministrazione circadiana di alcuni farmaci antitumorali, con l’obiettivo di stabilire gli orari ottimali di trattamento per ciascun farmaco e rendere massima l’efficacia della terapia con minimi effetti collaterali. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Perugia NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1976 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Perugia 18 Specializzata in Patologia Clinica all’Università degli Studi di Perugia Maria Antonietta Calvaruso Rimodellamento metabolico in cellule con diversi gradi di disfunzioni energetiche. I mitocondri, piccoli organelli cellulari, sono le centrali energetiche delle cellule, dove si svolgono le reazioni biochimiche che generano, da glucosio e ossigeno, l’energia per tutti i processi vitali dell’organismo. Nei mitocondri vengono prodotte anche molecole, detti intermedi metabolici, utilizzate per la crescita e la “costruzione” di nuove cellule. Un tumore è un tessuto che cresce molto rapidamente e quindi richiede una quantità maggiore di energia e intermedi metabolici per sostenere la sua crescita: lo sviluppo di un tumore è infatti spesso associato a un riadattamento delle funzioni dei mitocondri. Piccole alterazioni dei mitocondri possono favorire la crescita delle cellule maligne; di contro, disfunzioni molto gravi che distruggono del tutto la funzione dei mitocondri bloccano la crescita del tumore, ma ancora non si sa attraverso quale meccanismo. Scopo della ricerca è confrontare diversi tipi di cellule tumorali con diversi gradi di malfunzionamento dei mitocondri per analizzarne l’adattamento metabolico, la crescita cellulare e il potenziale cancerogeno. Comprendere quali sono gli adattamenti metabolici e i meccanismi mitocondriali che bloccano la crescita del tumore è molto interessante dal punto di vista terapeutico, per sviluppare farmaci che sfruttino questo principio, ed evitare di accendere le vie che invece ne favoriscono la crescita. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Bologna NOTE BIOGRAFICHE Nata a Palermo nel 1981 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Bologna PhD in Medical Science all’University Medical Center Radboud di Nijmegen (Olanda) 19 Marco Cirò Metformina come farmaco antitumorale: identificazione di nuove vie biochimiche e geni bersaglio. È ben noto che patologie e scompensi metabolici come obesità e diabete aumentano anche le probabilità di sviluppare tumori. È di grande interesse clinico dunque l’osservazione che la metformina, il farmaco anti-glicemico per il diabete di tipo 2 più utilizzato al mondo, è anche in grado di ridurre il rischio di insorgenza di tumore in pazienti diabetici. La metformina agisce bloccando la via del recettore mTOR, uno dei principali regolatori della risposta ai nutrienti della cellula: la metformina “mima” una condizione di as- Claudia Cosentino senza di nutrimento ed energia, diminuendo quindi lo stimolo delle cellule a crescere e dividersi, come se fossero in condizioni di “carestia”. Tuttavia, la comprensione dei meccanismi molecolari dettagliati attraverso cui agisce la metformina è ancora molto lacunosa: scopo della ricerca è proprio comprenderli meglio e identificare geni e proteine rilevanti per la funzione di metformina come nuovo farmaco antitumorale. In particolare, la ricerca si focalizzerà su alcuni geni candidati identificati in uno studio preliminare condotto su cellule di lievito. Tra i geni identificati a livello preliminare ce ne sono molti coinvolti nel riparo del danno al DNA e il complesso della proteina PP2A, noto soppressore tumorale nell’uomo. I risultati forniranno utili indicazioni sull’utilizzo della metformina come antidiabetico ma anche come possibile antitumorale. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1970 Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Milano 20 PhD in Scienze Genetiche all’Università degli Studi di Milano L’interazione tra SIRT6 e le proteine dell’Anemia di Fanconi nel mantenimento della stabilità del genoma. L’instabilità genomica caratterizza pressoché tutti i tipi di cancro e ne è una delle cause principali. Comporta perdita o alterazione di tratti del DNA, interferendo così con le normali funzioni cellulari. Le cellule hanno sviluppato meccanismi di sorveglianza e riparo del DNA per contrastare l’instabilità genomica e mantenersi sane. Quando questi processi non funzionano correttamente, si ha con molta facilità l’insorgenza di tumori. Il progetto di ricerca vuole studiare meglio la funzione di alcune proteine coinvolte nel metabolismo e nel riparo al DNA, in particolare l’enzima SIRT6, un noto soppressore dei tumori. SIRT6 interagisce con le proteine FANC, o proteine dell’Anemia di Fanconi: esse sono attivate in condizioni di danno e stress sul DNA, e contribuiscono a riparare i danni. È probabile che anche SIRT6 abbia un ruolo nel proteggere il DNA dai danni, e infatti cellule che non possiedono SIRT6 hanno un maggior grado di instabilità genomica e cromosomi aberranti, anticamera della trasformazione maligna. La comprensione di meccanismi così complessi darà un grosso contributo a capire le cause della nascita e del mantenimento dei tumori: conoscere permette di sviluppare terapie sempre più efficienti e mirate, e di minimizzare effetti non specifici alla base degli effetti collaterali di molte chemioterapie. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Massachussetts General Hospital di Boston (USA) NOTE BIOGRAFICHE Nata a Napoli nel 1979 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi Federico II di Napoli PhD in Oncologia Molecolare e Endocrinologia all’Università degli Studi Federico II di Napoli 21 Amit Kumar Emanuela Di Salle Identificazione di peptidi correlati a PTX3 tramite biologia computazionale. I fattori di crescita dei fibroblasti (FGF) sono una famiglia di molecole che hanno un ruolo chiave nella vascolarizzazione, nella crescita e nella formazione di metastasi tumorali. Gli FGF si legano a specifici recettori sulla superficie delle cellule e danno il via a segnali che controllano lo sviluppo embrionale e, nell’adulto, la formazione di nuovi vasi, ad esempio per guarire una ferita. Un’eccessiva attivazione della via di FGF però è associata allo sviluppo di molti tipi di cancro. La proteina PTX3 è naturalmente in grado di legare diversi tipi di FGF, impedendo la loro funzione di segnalazione e bloccando la crescita di tumori in modelli sperimentali. Sono state identificate tramite metodologie computazionali e modelli di struttura molecolare, una serie di piccole molecole che, mimando l’azione di PTX3, potrebbero agire da trappole per sequestrare gli FGF. Scopo del presente progetto è valutare queste molecole per la loro efficacia nell’inibire la crescita e la formazione di nuovi vasi intorno al tumore in diversi modelli sperimentali di melanoma e carcinoma polmonare e prostatico. In seguito, mediante ulteriori analisi e modelli computazionali, le molecole risultate efficaci potranno essere perfezionate come farmaci utili per inibire la vascolarizzazione, la crescita e la disseminazione dei tumori umani dipendenti dall’azione di fattori FGF. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Brescia 22 Meccanismi di attivazione di ATR alla membrana nucleare. L’instabilità cromosomica è una delle caratteristiche principali delle cellule tumorali. ATR è una proteina che controlla l’integrità del genoma; si attiva in caso di danno al DNA e dà il via a una cascata di segnalazione che porta a riparare il danno o, quando questo non sia possibile, alla morte cellulare programmata, per evitare che cellule con DNA mutato si duplichino dando vita a una progenie potenzialmente cancerogena. La struttura stessa dell’involucro del nucleo cellulare e la sua modificazione può causare instabilità cromosomica. L’ipotesi da cui parte la ricerca è che la tensione topologica causata dall’attività dei cromosomi possa indurre stress meccanico a livello della membrana nucleare attraverso quelle regioni di DNA che sono fisicamente connesse con la membrana stessa. L’obiettivo della ricerca è comprendere se e come ATR sia attivata dallo stress meccanico che deriva dalle interazioni tra cromosomi e membrana nucleare. Inoltre si vuole comprendere il ruolo di ATR nel mantenimento e nella differenziazione delle cellule staminali, confrontando cellule sane con cellule in cui si trovano mutazioni di ATR. Le mutazioni di ATR causano instabilità genomica e sono frequenti in diversi tipi di tumori e nella sindrome di Seckel, una grave malattia rara. Comprendere i meccanismi molecolari alla base è il primo passo per elaborare strategie terapeutiche. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Napoli nel 1980 NOTE BIOGRAFICHE Nato nel 1980 a Jhunjhunu (Rajasthan, India) Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi Federico II di Napoli Laureato in Biotecnologie alla Bundel Khand University di Jhansi (Uttar Pradesh, India) PhD in Biochimica, Biologia Cellulare e Molecolare all’Università degli Studi Federico II di Napoli PhD in Molecular Biology all’Universidad Autonoma de Madrid (Spagna) 23 Federica Maione Audrey Laurent Studio di Prep1 nello sviluppo embrionale e nelle cellule staminali embrionali murine. La proteina Prep1 appartiene alla classe degli oncosoppressori, cioè proteine che grazie alla loro funzione rallentano, controllano o bloccano un’eccessiva proliferazione cellulare e quindi proteggono dal rischio di sviluppare tumori. In particolare Prep1 impedisce che si accumulino mutazioni nel DNA; esse sono potenzialmente pericolose sia per un corretto sviluppo embrionale sia per la sopravvivenza a lungo termine degli adulti. Lo scopo della ricerca è comprendere meglio i meccanismi di azione di Prep1 attraverso il modello delle cellule staminali embrionali di topo; sono un ottimo modello poiché sono molto sensibili ai danni al DNA e smettono di dividersi non appena ne riconoscono uno. Questa proprietà ha un gran potenziale terapeutico; una volta compresi i meccanismi nelle cellule staminali embrionali si potrebbe cercare di sfruttarli anche nelle cellule adulte e in particolare in quelle tumorali, per bloccare la divisione delle cellule maligne inducendo farmacologicamente danni al DNA La presente ricerca quindi è volta a caratterizzare i meccanismi molecolari attraverso cui Prep1 regola l’arresto delle cellule in risposta al danno al DNA in una situazione fisiologica come lo sviluppo embrionale, per comprendere quindi cosa va storto in situazioni patologiche come i tumori. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Rennes (Francia) 1982 24 Colpire l’enzima ossidosqualene ciclasi: un nuovo bersaglio per bloccare l’angiogenesi tumorale e le metastasi. La formazione di nuovi vasi sanguigni, o “angiogenesi”, è una fase essenziale per la crescita di un tumore; lo rifornisce di nutrienti e gli permette di entrare nel circolo sanguigno e formare metastasi anche in organi molto distanti. Pertanto, uno dei possibili approcci per contrastare la crescita neoplastica è quello di colpire i vasi tumorali. Questa strategia è detta terapia anti-angiogenica e ha il vantaggio di essere meno tossica e più selettiva rispetto ai convenzionali farmaci chemioterapici. I vasi sanguigni sono formati da cellule specializzate, dette endoteliali: in queste cellule il colesterolo ha un ruolo chiave nel stimolarle a produrre nuovi vasi. Bloccare quindi la sintesi del colesterolo può contribuire a rallentare l’angiogenesi di tumori in crescita. Lo scopo della ricerca è proprio quello di valutare nelle cellule endoteliali l’efficacia anti-angiogenica di un farmaco che blocca l’enzima ossidosqualene ciclasi, essenziale per la sintesi del colesterolo. Il suo potenziale anti-tumorale e anti-metastatico verrà valutato in modelli sperimentali che riproducono le caratteristiche cliniche e patologiche di diversi tumori umani. Inoltre verranno anche eseguite analisi genetiche e molecolari in seguito a trattamenti con l’inibitore dell’ossidosqualene ciclasi, per comprendere meglio i meccanismi patologici che si innescano nell’angiogenesi tumorale. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto per la Cura e la Ricerca sul Cancro di Candiolo (TO) NOTE BIOGRAFICHE Nata ad Alessandria nel 1978 Laureata in Biologia e Agronomia all’Università di Rennes (Francia) Laureata in Biologia all’Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro” PhD in Biochimica e Biologia Molecolare e Cellulare all’Università di Rennes (Francia) PhD in Sistemi Complessi nella Biologia Post-genomica all’Università degli Studi di Torino 25 Giulia Nacci Paul Massa Anticorpi contro il tumore per contrastare le recidive e la farmaco-resistenza: un nuovo approccio terapeutico. Il problema più urgente nel trattamento dei tumori è la loro capacità di diventare resistenti alle terapie. Tutti i tumori possono sviluppare resistenza e metastasi e spesso questo causa la morte del paziente. Molti tumori primari vengono efficacemente combattuti con anticorpi monoclonali che si legano in maniera specifica a proteine peculiari del tumore. Tuttavia questi anticorpi non sono altrettanto efficaci nel trattare eventuali ricadute o su metastasi. L’obiettivo di questo progetto è di generare nuove terapie basate sull’utilizzo di anticorpi selezionati per la loro capacità di legare e uccidere tumori resistenti e metastatici. Verranno analizzati campioni di tumori al seno, al polmone e melanomi; una prima scrematura con molti anticorpi permetterà di selezionare, con moderne tecnologie di sequenziamento, quelli più promettenti e specifici per le diverse neoplasie. Gli anticorpi candidati saranno poi validati con saggi in vitro su colture cellulari derivate da tumori e in vivo su modelli sperimentali di tumori recidivi e metastatici. L’ultimo traguardo di questo progetto è di creare anticorpi ricombinanti che mostrino una specificità o un legame preferenziale per cellule derivate da biopsie di recidive e metastasi del cancro alla mammella e melanoma. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Valley Stream, New York (USA) nel 1976 Laureato in Biological Sciences alla Colorado State University di Fort Collins (USA) 26 PhD in Genetica alla State University di New York (USA) Sclerosi sistemica e malattia da trapianto contro l’ospite: applicazione di nuovi saggi predittivi. La sclerosi sistemica e la reazione contro l’ospite conseguente a trapianto sono patologie croniche accomunate dallo sviluppo di estesa fibrosi cutanea e degli organi interni. Colpisce soprattutto donne giovani o di mezza età: i sintomi sono molto debilitanti e il tasso di mortalità è elevato. Escluse le ricadute, sono infatti la causa principale di morte in pazienti affetti da tumori del sangue che hanno ricevuto trapianti. A livello molecolare, la caratteristica comune è la presenza di autoanticorpi specifici per il recettore del PDGF (PDGFR), che contribuiscono a generare infiammazione cronica nei pazienti. Il progetto si propone di perfezionare e ampliare, reclutando un numero maggiore di pazienti, un nuovo saggio diagnostico sviluppato di recente dal gruppo di ricerca per l’identificazione di autoanticorpi anti-PDGFR nei soggetti a rischio, al fine di stabilire una diagnosi precoce utile a indirizzare la terapia. Nel saggio verranno misurati i livelli nel sangue di autoanticorpi specifici per il PDGFR e analizzata la correlazione tra la prevalenza degli autoanticorpi e l’andamento della malattia. In questo modo gli autoanticorpi possono essere usati come marcatori diagnostici e prognostici. Inoltre la ricerca si prefigge di studiare l’attività biologica degli autoanticorpi per comprenderne la funzione patologica, le molecole chiave coinvolte nella fibrosi e il potenziale impiego come bersagli terapeutici. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Torino NOTE BIOGRAFICHE Nata a Cirié (TO) nel 1982 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Torino PhD in Sistemi Complessi per le Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Torino 27 Rani Pallavi Giovanni Pacchiana Ruolo della fusione cellulacellula nella trasformazione e nella progressione tumorale. La fusione tra cellule è un fenomeno fisiologicamente molto importante ma raro e che avviene solo in particolari occasioni come la fertilizzazione dell’oocita, la formazione della placenta e lo sviluppo delle fibre muscolari e degli osteoclasti nello scheletro. Una teoria proposta agli inizi del ‘900 e ripresa recentemente afferma che la formazione di metastasi, principale causa di mortalità nelle patologie oncologiche, possa originarsi dalla fusione anomala tra una cellula tumorale e un macrofago. I macrofagi sono cellule del sistema immunitario 28 che, per loro natura, sono molto mobili e in grado di migrare tra i tessuti e nel sangue. I macrofagi intervengono anche nella risposta antitumorale, ed entrano in contatto con le cellule maligne. Se una cellula tumorale è in grado di fondersi con un macrofago, si avvantaggerebbe della sua naturale capacità migratoria e sarebbe così in grado di abbandonare il tumore primario e originare metastasi. Lo scopo di questo progetto è di individuare, isolare e caratterizzare a livello molecolare e genetico eventuali ibridi originati da fusione tra cellule tumorali e macrofagi in un modello murino di tumore alla mammella. La miglior comprensione del complesso fenomeno delle metastasi potrà aiutare lo sviluppo di terapie più efficaci e migliorare la qualità della vita dei pazienti con tumori metastatici. Azione anti-tumorale della restrizione calorica attraverso la regolazione delle cellule staminali. La restrizione calorica, cioè l’introduzione di un numero ridotto di calorie con il cibo, è uno strumento efficace nel prevenire diverse malattie associate all’invecchiamento, compreso il cancro. Queste malattie sono dette multifattoriali, e fattori ambientali o legati agli stili di vita possono notevolmente influenzare la comparsa o la progressione di queste patologie. Diversi studi suggeriscono che l’accumulo durante l’invecchiamento di danni molecolari nelle cellule, e in particolare nelle cellule staminali sane, porti alla degenerazione dei tessuti e alla loro trasformazione. Diete eccessivamente ricche possono causare stress al metabolismo che influenzano i processi cellulari, anche in senso maligno; di contro, la restrizione calorica potrebbe esercitare un’attività DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI) DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1981 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Muzaffarpur (India) nel 1979 Laureato in Biotecnologie Farmaco-genomiche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca Laureato in Biotecnologie alla Maharaja Sayajirao University di Baroda (India) PhD in Molecular Medicine all’Università degli Studi di Torino PhD in Biochimica all’Indian Institute of Science di Bangalore (India) protettiva e antitumorale. Il fine del progetto è proprio quello di capire meglio i meccanismi molecolari della restrizione calorica nella prevenzione del cancro analizzando il suo effetto soprattutto sulle funzioni delle cellule staminali. Si studierà come le cellule staminali avvertano la disponibilità di cibo e lo stress ossidativo; come convertano i segnali alimentari in un comportamento metabolico e funzionale e come questi circuiti incidano sulla soppressione tumorale o sulla stabilità del DNA. Scopo ultimo è identificare marcatori del rischio di cancro e studiare l’eventuale applicazione di una dieta a basso contenuto calorico al fine di garantire un invecchiamento libero dal cancro. 29 Laura Raccosta Alessandro Pratesi Nuovi bioconiugati di biotina e octreotide per trattamenti oncologici mirati. Nonostante gli enormi progressi della medicina nella cura e nella prevenzione del cancro, esso rappresenta ancora una delle prime cause di morte nei paesi industrializzati ed è spesso difficilmente curabile. Il limite principale della chemioterapia tradizionale è l’incapacità di distinguere tra cellule tumorali e cellule normali, causando danni anche in tessuti sani e provocando effetti collaterali consistenti. È quindi di primaria importanza individuare molecole sintetiche capaci di svolgere la loro azione antitumorale in modo selettivo solo sulle cellule cancerose. Il progetto si pone lo scopo di individuare e sperimentare potenziali farmaci per la cura mirata dei tumori, in particolare del cancro al seno. La strategia è quella di costruire molecole che hanno come bersaglio proteine espresse dalle cellule tumorali ma non dalle cellule sane, e agiscano come “cavalli di Troia” per trasportare farmaci e chemioterapici. Uno degli approcci della ricerca è sviluppare derivati della biotina per il trasporto di metalli radioattivi direttamente nel tumore; una seconda strada è invece sviluppare analoghi dell’octreotide da impiegare come trasportatori di chemioterapici a base di oro e platino. L’utilizzo di farmaci più selettivi permetterebbe la messa in atto di radioterapie interne e chemioterapie mirate. Ciò comporterebbe un aumento dell’efficacia del trattamento e conseguente diminuzione dei dosaggi del farmaco e riduzione degli effetti collaterali. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Firenze NOTE BIOGRAFICHE Nato a Prato nel 1978 Laureato in Chimica all’Università degli Studi di Firenze 30 PhD in Chimica all’Università degli Studi di Firenze Analisi della chemio resistenza indotta dagli ossisteroli prodotti dal tumore. Una delle strategie che i tumori utilizzano per sopravvivere ed espandersi nell’organismo è impedire una risposta del sistema immunitario contro di essi; lo fanno ad esempio producendo molecole che impediscono alle cellule immunitarie di combattere le cellule maligne. Tra le varie molecole che il tumore produce, alcuni derivati del colesterolo, chiamati ossisteroli, ostacolano le cellule dendritiche, tra le prime a riconoscere una cellula anomala, e richiamano nel microambiente intorno al tumore cellule neutrofile, che invece stimolano la crescita tumorale. Ancora però non è chiaro con quali meccanismi il tumore produca ossisteroli e quale sia il ruolo del microambiente col quale il tumore e le altre cellule interagiscono. La ricerca vuole approfondire questa conoscenza, con un’attenzione particolare a ciò che avviene a seguito di trattamento con chemioterapia, durante cioè lo sviluppo di resistenza e di ricaduta. Verranno analizzati, in modelli sperimentali di tumori trattati con chemioterapia, l’espressione dei geni coinvolti nella produzione degli ossisteroli, quantificare il numero di neutrofili pro-tumorali che si sono infiltrati nella massa e in che modo causano eventuali recidive del tumore. In prospettiva, questa ricerca potrà fornire nuova conoscenza dell’interazione tra tumore, sistema immunitario e microambiente e suggerire approcci terapeutici innovativi. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto San Raffaele di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1979 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano PhD in Medicina Molecolare e Traslazionale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 31 Antonio Vendramin Erica Salvati Le strutture a quadrupla elica nel gene del recettore di VEGF-2: implicazioni per la terapia. La struttura del DNA consiste solitamente in due filamenti avvolti uno sull’altro, nella classica struttura doppia elica: tuttavia, recentemente si è scoperto che il DNA può assumere anche strutture a quadrupla elica, dette G-quadruplex. Queste quadruple eliche sono importanti per la regolazione di geni, anche quelli coinvolti nell’oncogenesi e nella progressione tumorale. Nelle cellule endoteliali che costituiscono i vasi sanguigni, uno dei geni la cui espressione è regolata da una sequenza di DNA quadruplex è VEGRF-2; esso codifica 32 per una proteina recettore importante nella formazione di nuovi vasi intorno al tumore. Questo fenomeno, detto angiogenesi, permette al tumore di approvvigionarsi di nutrienti, sostenere la sua crescita e invadere il circolo sanguigno per formare metastasi. Bloccare l’angiogenesi è una delle armi nella guerra contro i tumori. Lo studio si propone di stabilire se la regione a quadrupla elica di DNA, nel gene VEGRF-2, sia importante per regolare la sua espressione. In particolare, la sua presenza bloccherebbe l’espressione del gene VEGRF-2, facendo diminuire anche la corrispondente proteina-recettore, col risultato finale di ostacolare la formazione di nuovi vasi tumorali. Molecole chimiche in grado di stabilizzare le strutture a quadrupla elica nelle cellule potrebbero quindi essere utilizzati per sviluppare farmaci anti-angiogenici in terapie antitumorali. Modulazione immunitaria per separare la malattia da trapianto contro l’ospite dalla reazione al tumore. Il trapianto allogenico da donatore sano di cellule staminali ematopoietiche è una delle principali opzioni di cura per pazienti con tumori ematologici. Le cellule trapiantate scatenano una reazione immunitaria contro le cellule maligne, combattendo la malattia. Tuttavia tale fenomeno è associato spesso a una reazione generale delle cellule trapiantate contro l’organismo ricevente e questo rappresenta un’importante causa di mortalità nei pazienti sottoposti a trapianto. È fondamentale quindi comprendere quali sono le vie coinvolte nei due effetti in modo da colpire e bloccare, con farmaci mirati, solo la reazione da trapianto e non quella contro il tumore. Questa ricerca vuole capire DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1975 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Nizza (Francia) nel 1983 Laureata in Scienze Biologiche all’Università “La Sapienza” di Roma Laureato in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Milano PhD in Biologia Molecolare e Cellulare all’Università “Tor Vergata” di Roma PhD in Ematologia Sperimentale all’Università degli Studi di Milano quali sono le vie di segnalazione coinvolte nei due fenomeni. La via di segnalazione mediata dalle proteine Janus e JAK/STAT è uno dei principali meccanismi coinvolti nella patogenesi della reazione contro l’ospite. Si vuole valutare se l’inibizione specifica di JAK/ STAT possa essere una strategia nel prevenire la reazione contro l’ospite conservando l’effetto antitumorale. I risultati avrebbero un grande risvolto clinico: sono già disponibili farmaci approvati sull’uomo che agiscono bloccando JAK/ STAT e che quindi potrebbero essere facilmente utilizzati nei pazienti trapiantati per prevenire una grave e pericolosa reazione avversa al trapianto senza intaccare il potenziale antitumorale. 33 TUMORE AL SENO Il tumore al seno è il più diffuso nel sesso femminile; nonostante le alte probabilità di sopravvivenza se diagnosticato in tempo, data la sua diffusione è responsabile ancora del 16% di tutte le morti per cause oncologiche. La diagnosi precoce è resa possibile grazie a screening come la mammografia: inoltre, è possibile prevenirlo con una dieta sana ed evitando sovrappeso e fumo. Tuttavia esistono ancora dei sottotipi di tumore al seno particolarmente aggressivi e che sviluppano metastasi e resistenza alle terapie. 98% OLTRE IL 34 dei pazienti sono donne 75% 10% 87% delle pazienti ha più di 50 anni OLTRE donne in Italia vivono con una diagnosi di tumore al seno 500.000 dei tumori al seno è di origine ereditaria pazienti sopravvivono a cinque anni dalla diagnosi FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali Alaa Moustafa Ahmed Hamza Le opzioni chirurgiche del cancro al seno “triplo negativo”. Il cancro al seno “triplo negativo” rappresenta il 15-20% di tutti i tumori al seno ma è quello più aggressivo. È chiamato “triplo negativo” poiché le cellule tumorali non esprimono sulla loro superficie nessuno dei tre recettori normalmente presenti in altri sottotipi di cancro al seno: recettori per gli estrogeni, recettori per il progesterone e recettore HER2, e che rappresentano i bersagli farmacologici per molti dei chemioterapici usati per la cura. La chirurgia è dunque quasi sempre l’unica opzione terapeutica percorribile per questo tipo di cancro. Due sono gli approcci nella chirurgia del cancro al seno: la mastectomia, in cui viene rimossa tut- ta o buona parte della mammella, e la chirurgia conservativa. La seconda ha sicuramente un migliore impatto sul benessere psicologico delle pazienti, già provate da una diagnosi di un cancro particolarmente aggressivo. La presente ricerca vuole analizzare retrospettivamente gli esiti delle due tipologie di intervento chirurgico su un gruppo di pazienti operate per tumore al seno “triplo negativo” in modo da ottenere una valutazione oggettiva delle differenze, se presenti, tra le due modalità di intervento sulla sopravvivenza post-operatoria. L’obiettivo è identificare l’opzione chirurgica migliore da offrire a pazienti con cancro al seno “triplo negativo”. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato ad Alessandira d’Egitto (Egitto) nel 1980 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Alessandria d’Egitto (Egitto) 35 Giorgia Beffagna Veronica Barrero Blanco Ablazione del tumore al seno in fase precoce con ultrasuoni ad alta energia. Il cancro al seno è un tumore molto frequente nelle donne, e spesso la chirurgia è necessaria per rimuovere la massa tumorale. Ove è possibile, viene praticata di preferenza la chirurgia conservativa, per consentire alle pazienti di conservare quanto più possibile il seno integro. Dopo l’intervento, però possono insorgere effetti collaterali come dolore, sanguinamento, infezioni e cicatrici e in alcuni casi le pazienti devono sottoporsi anche a radioterapia. La comunità medica sta quindi sviluppando tecnologie per la rimozione dei tumori sempre meno traumatiche e invasive, come la tecnica HIFU (High-Intensity Focused Ultrasound). È una terapia di ablazione locale non invasiva: un fascio di ultrasuoni ad alta energia viene indirizzato con precisione su tumori solidi causandone la necrosi. La HIFU è risultata molto efficace nel rimuovere i tumori e può essere di grande utilità per le pazienti in cui l’intervento chirurgico presenta dei rischi. Inoltre rispetto alle altre tecniche conservative non lascia cicatrici e provoca i minori cambiamenti nella forma del seno. Il progetto sta valutando attraverso uno studio clinico l’efficacia della HIFU nella rimozione completa di masse tumorali senza effetti collaterali, così da integrare questa tecnica nella comune pratica terapeutica per il cancro al seno. Le cellule staminali indifferenziate nel cancro al seno: ruolo della via di segnalazione di Hippo e Wnt/ß catenina. Il tumore al seno è il più diffuso nella donna: chirurgia, chemioterapia e radioterapia possono controllare le forme localizzate, ma non le forme metastatiche. Esiste una sottopopolazione di cellule tumorali, le cellule staminali del cancro, capace di causare metastasi. La ricerca vuole caratterizzare questa sottopopolazione, utilizzando colture cellulari ottenute da tumori mammari “tripli negativi” della donna e del gatto. Le cellule del tumore al seno felino sono considerate un buon modello spontaneo del tumore della donna. Conoscere più a fondo le caratteristiche delle cellule staminali del cancro potrà aiutare a capire il potenziale metastatico dei tumori mammari e aiutare a sviluppare terapie mirate. In particolare, la ricerca vuole indagare nelle cellule staminali del cancro una via biochimica di segnalazione denominata Hippo. Un suo malfunzionamento determina eccessiva crescita delle cellule. Le staminali del cancro inoltre, hanno alti livelli di attività anche della via di Wnt/β catenina, che stimola la proliferazione. La ricerca vuole capire la relazione tra Hippo e Wnt nelle cellule staminali del tumore al seno umane e feline. Con un bagaglio di conoscenze maggiori sulle cellule staminali del cancro nel gatto e nella donna, gatte portatrici di tumore mammario sviluppati spontaneamente diventerebbero, durante le terapie veterinarie, un modello naturale per lo studio di terapie avanzate per l’uomo, riducendo la necessità e i costi di uno studio su topi in laboratorio. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Santa Cruz de La Sierra (Bolivia) nel 1977 Laureata in Medicina e Chirurgia alla Pontificia Università Cattolica Boliviana di Santa Cruz (Bolivia) 36 Specializzata in Chirurgia Generale all’ Ospital Santa Casa da Misericordia di Rio de Janeiro (Brasile) DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Padova NOTE BIOGRAFICHE Nata a Venezia nel 1976 Laureata in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Padova 37 Cinzia Calzarossa Amelia Buffone Genetica del tumore ereditario al seno e all’ovaio: vecchi e nuovi approcci nell’era del “next generation sequencing”. Il 10% dei tumori ereditari al seno e all’ovaio sono associati a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2; individui che possiedono le varianti mutate hanno un alto rischio di sviluppare questi tumori nel corso della vita. Lo studio di questi tumori ha permesso di individuare strategie di prevenzione per soggetti portatori di mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2. Tuttavia molti altri casi di tumore, apparentemente ereditari, non ottengono risultati informativi dal test genetico poiché non rilevano tutte le alterazioni, o per la presenza di altre mutazioni predisponenti a funzione ancora ignota (mutazioni VUS). Lo scopo del progetto è ricercare nuovi tipi di mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, non rilevabili con le tecniche di screening standard, e di nuovi geni potenzialmente coinvolti nella predisposizione genetica al tumore della mammella e all’ovaio mediante la tecnologia del sequenziamento di nuova generazione. Si tratta di una metodologia all’avanguardia per sequenziare il DNA rapidamente e con un grado di precisione molto alto. Ad esempio, si vogliono indagare eventuali mutazioni nel gene ATM in famiglie predisposte al tumore al seno. L’utilizzo clinico che può derivare da questa ricerca è significativo: si potrà incrementare il numero delle famiglie con ereditarietà per tumori al seno a cui associare l’alterazione genetica che ne è causa, per indirizzarle verso più mirate e accurate misure di prevenzione o terapia. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università “La Sapienza” di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Baruta Caracas (Venezuela) nel 1976 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università “La Sapienza” di Roma 38 PhD in Epidemiologia e Patologia Molecolare all’Università “La Sapienza” di Roma Ruolo oncogenico e modulazione dei recettori P2 delle cellule staminali del cancro al seno. La crescita di un tumore è molto influenzata dalle interazioni delle cellule tumorali con le cellule sane che compongono lo stroma, cioè il tessuto in cui si trova il tumore. La ricerca ha ormai compreso che per trovare efficaci strategie terapeutiche contro i tumori, diminuendo anche la probabilità di ricadute e metastasi, è essenziale comprendere i meccanismi molecolari che regolano le interazioni tra cellule maligne e microambiente. Tra le cellule dello stroma, molto interessanti dal punto di vista terapeutico sono le staminali mesenchimali; esse modificano il loro metabolismo in presenza di un tumore, e interagiscono con esso stimolandone la crescita. Nell’ambiente esterno viene inoltre rilasciata, a causa dell’infiammazione prodotta dal tumore, una grande quantità di ATP, la molecola che trasporta energia per i processi cellulari. Le cellule tumorali possiedono sulla superficie dei recettori specifici per l’ATP, chiamati P2. Il livello di questi recettori sulle cellule tumorali e la loro modulazione da parte delle cellule mesenchimali potrebbe influenzare, in senso positivo o negativo, la continua crescita del tumore. Lo scopo della ricerca è caratterizzare questo meccanismo e i suoi effetti, in particolare sulle cellule staminali di cancro al seno, responsabili di sostenere la proliferazione del tumore e le sue ricadute. I risultati potranno fornire nuovi bersagli molecolari contro cui indirizzare farmaci mirati per bloccare i meccanismi di sostentamento delle cellule maligne. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Saronno (VA) nel 1976 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano PhD in Scienze Neurologiche e del Dolore all’Università degli Studi di Milano 39 Simona Citro Luis Campos Martinez Studio clinico della matrice di collagene SurgiMend® nella ricostruzione del seno dopo mastectomia. La ricostruzione del seno dopo mastectomia (parziale o totale) in seguito a un tumore è ormai pratica consolidata in oncologia, per garantire alle pazienti un benessere anche psicologico, oltre che beneficiare dalla rimozione del tumore. Tuttavia questa pratica non è esente da problemi di equilibrio tra necessità di inserire l’impianto correttamente rispetto al muscolo è risultato esteticamente soddisfacente. Negli ultimi anni sono stati sviluppati prodotti di origine biologica di supporto alla chirurgia. La possibilità di utilizzare innesti biologici consentirebbe la ricostruzione anche nei casi in cui siano danneggiati i tessuti che dovrebbero sostenere la protesi, ad esempio per radioterapia precedente, fornendo un’impalcatura per il ripopolamento cellulare e la rivascolarizzazione. Il presente studio clinico si propone di valutare l’efficacia, l’affidabilità, le eventuali complicanze e il risultato estetico finale della matrice di collagene SurgiMend® nella ricostruzione del seno con protesi. Quaranta pazienti saranno sottoposte a ricostruzione immediata dopo mastectomia del seno con SurgiMend® e saranno poi seguite per un minimo di dodici mesi dopo l’intrevento. Lo studio vuole escludere eventuali complicanze a breve e lungo termine, come ad esempio ematomi, infezioni, malposizionamenti e rotture dell’impianto e valutare nel complesso la soddisfazione per il seno ricostruito. La deacetilasi 1 e la via biochimica PI3K/mTOR nelle cellule di cancro al seno. Le deacetilasi sono enzimi che regolano l’espressione dei geni nelle cellule, tra cui quelli coinvolti nella divisione. Livelli alterati delle deacetilasi o un loro funzionamento anomalo sono coinvolti nello sviluppo e nella progressione di diversi tumori. Infatti, alcuni inibitori delle deacetilasi sono, in combinazione con altri farmaci, in sperimentazione clinica per il trattamento del cancro al seno, mentre sono in corso studi preclinici per valutare la loro azione sul tumore “triplo-negativo”, particolarmente refrattario a diverse chemioterapie. Purtroppo questi farmaci hanno effetti collaterali; conoscere le vie biochimiche in cui sono coinvolte le deacetilasi è fondamentale per acquisire nuova conoscenza e sviluppare farmaci più mirati e meno tossici. La ricerca vuole studiare la relazione tra la deacetilasi 1 e la via biochimica di mTOR. mTOR è un enzima presente nelle cellule e ne promuove la crescita. Quando mTOR è stimolato da fattori di crescita, la deacetilasi 1 è modificata, ma solo in cellule di cancro al seno e non quelle sane. Si vuole capire se e come questa differenza possa favorire la crescita del tumore. Inoltre, mTOR è coinvolto nell’autofagia; un fenomeno in cui una cellula, se danneggiata, “mangia se stessa”; favorire l’autofagia nei tumori è una delle strategie terapeutiche. Comprendere le relazioni tra deacetilasi 1 e la via di mTOR potrebbe aprire nuovi orizzonti terapeutici per il tumore al seno, ad esempio combinando farmaci inibitori delle deacetilasi e di mTOR. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano 40 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1977 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Albacete (Spagna) nel 1978 Laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Milano Laureato in Medicina e Chirurgia all’Universidad Miguel Hernandez di Alicante (Spagna) PhD in Farmacologia, Tossicologia e Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Milano 41 Salvatore Cortellino Laura Conti Onco-antigeni delle cellule staminali del cancro per una terapia immunologica del tumore mammario triplo negativo. I progressi nella diagnosi e nelle terapie hanno migliorato la sopravvivenza delle pazienti con tumore al seno. Tuttavia, per alcuni tumori, detti “tripli negativi”, che non esprimono i recettori per estrogeni e progestinici né la proteina HER2, le possibilità di trattamento sono limitate. Si devono dunque identificare nuove molecole da utilizzare come bersaglio per terapie mirate. Queste molecole devono avere un ruolo nella progressione dei tumori tripli negativi ed essere espresse dal 42 “sottogruppo” delle cellule staminali del cancro, il nocciolo duro del tumore, responsabili della progressione tumorale, della formazione di metastasi e dei fenomeni di resistenza ai farmaci. Il progetto vuole caratterizzare le cellule staminali dei tumori al seno tripli negativi e identificare le molecole coinvolte nel loro auto-rinnovamento e nelle loro proprietà. Una volta identificate molecole e proteine importanti per il mantenimento delle cellule staminali del tumore, sarà possibile generare anticorpi monoclonali specifici contro di esse, in modo da colpire solo le cellule staminali del cancro, per bloccarne l’autorinnovamento e privare il tumore del suo serbatoio di nuove cellule. Le terapie immunologiche con anticorpi monoclonali sono più specifiche, dunque in generale più efficaci e meno tossiche, della classica chemioterapia e possono fornire nuovi strumenti per il trattamento del tumore mammario triplo negativo, molto aggressivo, e fornire ai pazienti prognosi e terapie migliori. RAB5A promuove la disseminazione del tumore al seno attraverso un programma trascrizionale atipico. La principale causa di morte nei pazienti oncologici non è il tumore primario, ma le metastasi, cioè tumori che derivano dalla disseminazione del tumore primario in altri organi e tessuti. Comprendere i meccanismi del processo di migrazione del tumore è fondamentale per sviluppare nuovi farmaci specifici per combattere il fenomeno della metastatizzazione. Rab5 è una proteina che controlla la morfologia e il movimento delle cellule, e lo fa regolando nel tempo e nello spazio l’accensione e lo spegnimento di geni specifici della migrazione. Rab5 regola i geni a livello della loro trascrizione, cioè quando le informazioni vengono copiate dal DNA all’RNA messaggero. In particolare, Rab5 è un “master regulator”, cioè uno dei principali regolatori dei geni della “transizione DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Torino DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Torino nel 1979 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Canosa di Puglia (BAT) nel 1975 Laureata in Biotecnologie Mediche presso l’Università degli Studi di Torino Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro PhD in Immunologia e Biologia Cellulare all’Università degli Studi di Torino PhD in Patologia all’Università degli Studi di Siena epiteliale-mesenchimale”: un processo biologico che le cellule mettono in atto quando hanno bisogno di una maggior mobilità nei tessuti. Non è ancora chiaro però quali siano tutti i geni regolati da Rab5 e in che modo sono alterati nelle cellule tumorali. Lo scopo del progetto è proprio identificare quali geni regolati da Rab5 sono coinvolti nella trasformazione delle cellule tumorali benigne in cellule con alto grado di malignità e alto potenziale di migrazione e disseminazione, utilizzando il modello del cancro al seno. I geni identificati potranno essere in futuro utilizzati come marcatori diagnostici in studi epidemiologici e come bersagli di nuovi farmaci e chemioterapici. 43 Patrizia D’adda Susan Jaqueline Cuevas Novoa Effetti dalla radioterapia in pazienti sottoposte a mastectomia nipple sparing e ricostruzione immediata. La mastectomia nipple sparing è una tecnologia chirurgica che permette di mantenere intatto il capezzolo e l’areola durante un intervento di mastectomia in pazienti affette da cancro al seno. Può essere accompagnata anche da un intervento di ricostruzione immediata, per ricostituire la forma e l’aspetto originale del seno nonostante l’asportazione del tessuto tumorale, con vantaggi notevoli sul benessere psicologico delle pazienti dopo l’intervento. Spesso la mastectomia necessita di una radioterapia adiuvante per minimizzare il rischio di ricadute del tumore. Lo scopo del progetto è di analizzare gli effetti della combinazione della radioterapia prima, durante e dopo gli interventi di mastectomia nipple sparing con ricostruzione immediata. L’obiettivo finale è quello di valutare eventuali differenze tra i tre trattamenti di radioterapia e individuare quello più idoneo e sicuro per quanto riguarda la sicurezza oncologica. In particolare si valuterà se la radioterapia intraoperatoria del complesso areolacapezzolo possa migliorare la prognosi e gli esiti dell’intervento per le pazienti affette da cancro al seno senza comportare complicazioni ed effetti collaterali. Limitazioni funzionali nelle pazienti affette da carcinoma mammario dopo chirurgia ascellare. La rimozione chirurgica dei linfonodi ascellari è una pratica abbastanza comune nelle pazienti affette da carcinoma mammario, al fine di rimuovere eventuali cellule del tumore già penetrate nei vasi linfatici prima che si diffondano e generino metastasi in altri tessuti dell’organismo. Negli ultimi anni si è affermata anche una metodologia complementare, la biopsia del linfonodo sentinella, cioè il linfonodo più vicino alla massa tumorale: è un intervento meno invasivo che permette di valutare se è opportuno o meno procedere con la rimozione di tutti i linfonodi ascellari. La chirurgia ascellare, benché preziosa per l’eradicazione del tumore, non è quasi mai priva di complicanze post chirurgiche; edema ai linfonodi compaiono nel 75% delle pazienti che subiscono la chirurgia ascellare e nel 40-50% di quelle che hanno effettuato la biopsia del linfonodo sentinella. Questo causa perdita di funzionalità dell’arto superiore, dolore e stress anche a livello psicologico. Lo scopo della ricerca è valutare quantitativamente in un gruppo di pazienti affette da carcinoma mammario l’esito post-chirurgico della funzionalità dell’arto in termini di dolore, forza e particolarità, nonché il grado di preoccupazione per le conseguenze prima e dopo l’intervento. Lo scopo è confermare la convenienza di non intervenire sui linfonodi ascellari in casi di carcinoma mammario con l’ascella negativa alle analisi cliniche ed ecografiche, onde evitare complicazioni alla funzionalità dell’arto. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Caracas (Venezuela) nel 1980 Laureata in Medicina e Chirurgia all’ Universidad Central de Venezuela di Caracas (Venezuela) 44 Specializzata in Ginecologia all’Universidad Central de Venezuela di Caracas (Venezuela) DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Codogno (Lodi) nel 1983 Laureata in Fisioterapia all’Università degli Studi di Milano 45 Yenia Ivet Diaz Prado Simona D’Aguanno Ricerca degli interattori di Bcl-2 in cellule di cancro al seno mediante spettrometria di massa. La proteina Bcl-2 si trova ad alti livelli nelle cellule di tumore della mammella. Bcl-2 ha diverse funzioni nelle cellule: è coinvolta nella crescita dei tumori, nella resistenza alla “morte cellulare programmata”, nella formazione delle metastasi e nella risposta ai trattamenti chemioterapici. Nelle cellule di melanoma e nel carcinoma mammario, Bcl-2 coopera con altri fattori cellulari nel favorire la formazione di nuovi vasi sanguigni nelle regioni del tumore povere di ossigeno. In questo modo il tumore si approvvigiona di ossigeno e sostiene la sua crescita. Il meccanismo con cui Bcl-2 promuove questi fenomeni è ancora in parte oscuro: lo scopo del progetto di ricerca è l’identificazione di altre proteine “partner” che interagiscono con Bcl-2 in cellule di tumore alla mammella per comprendere meglio il ruolo di questa proteina nello sviluppo e nel mantenimento del tumore. Per realizzare la ricerca verranno utilizzate tecniche di spettrometria di massa di ultima generazione e software di bioinformatica per lo studio in silico delle proteine identificate. La spettrometria di massa è una tecnica che permette di identificare la composizione chimica di una qualunque sostanza immessa nello strumento, quindi anche gli amminoacidi che compongono le proteine: analizzandone la sequenza degli amminoacidi con dei software appositi, si può risalire a quale proteina interagisce con Bcl-2. Introduzione alla tecnica chirurgica del linfonodo sentinella in pazienti con tumore al seno. Il cancro al seno è uno dei tumori più frequenti nelle donne nei paesi industrializzati, ma la sua incidenza sta aumentando anche nelle nazioni in via di sviluppo, tra cui il Centro e Sud America. Il cancro al seno è curabile nell’85% dei casi, se diagnosticato e rimosso in tempo, soprattutto prima che dia origine a metastasi. Le metastasi sono masse tumorali che si formano in tessuti lontani dall’origine del tumore primario, originato da cellule che migrano attraverso i vasi sanguigni e linfatici. Il linfonodo sentinella è il linfonodo più vicino al sito del tumore primario, e il primo che viene raggiunto da cellule tumorali in movimento. Viene identificato tramite liquido di contrasto, ed effettuata una biopsia per analizzare l’eventuale presenza di cellule tumorali, per decidere la migliore strategia terapeutica da adottare. L’obiettivo della ricerca è permettere alla Dottoressa di acquisire e perfezionare le competenze tecniche e teoriche della chirurgia del linfonodo sentinella presso l’Istituto Europeo di Oncologia. La Dottoressa potrà usufruire di attrezzature e strumentazioni diagnostiche all’avanguardia per la diagnosi e la chirurgia del tumore al seno, analizzare un gran numero di casi clinici e beneficiare dell’expertise di medici e personale sanitario in un centro di eccellenza nel trattamento del cancro al seno. Il know-how acquisito al termine del progetto permetterà alla Dottoressa di trasferirlo nei centri sanitari del proprio paese di origine. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Cassino (FR) nel 1976 46 Laureata in Scienze Biologiche all’Università “La Sapienza” di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Santa Clara (Cuba) nel 1976 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Instituto Superior De Ciencias Médicas de Villa Clara (Cuba ) Specializzata in Oncologia all’Instituto Superior De Ciencias Médicas de Villa Clara (Cuba ) 47 Daniela Di Giacomo Una nuova piattaforma biotecnologica per la diagnosi di predisposizione al cancro al seno. Il 10% circa dei tumori al seno ha un’origine genetica; in particolare, mutazioni nei geni per le proteine BRCA1 e BRCA2 aumentano di oltre l’80% il rischio di sviluppare carcinoma al seno e all’ovaio. Il progetto si propone di utilizzare una piattaforma clinica per l’identificazione e la selezione di famiglie abruzzesi con predisposizione al cancro al seno e all’ovaio. La piattaforma è stata messa a punto negli ultimi 15 anni dall’Università degli Studi dell’Aquila in collaborazione con l’Ospedale San Salvatore e l’Università di Rouen (Francia). Lo scopo è quello di identificare nuove mutazioni, varianti genetiche e riarrangiamenti cromosomici che alterano la produzione delle proteine BRCA1 e BRCA2 e valutare in che misura aumentino il rischio di contrarre carcinoma mammario e ovarico. Nelle pazienti senza predisposizione genetica identificata, infatti, sono presenti mutazioni genetiche di significato funzionale sconosciuto (VUS) ma che, con meccanismi ancora ignoti, sono associate al tumore. Sarà molto importante quindi identificare quali sono, come sono associate allo sviluppo della malattia e come esercitano la loro azione predisponente allo sviluppo del cancro. In particolare, si vuole indagare se e come le mutazioni VUS influenzino l’espressione e l’azione delle proteine BRCA1 e BRCA2, il cui malfunzionamento aumenta notevolmente il rischio di sviluppare cancro al seno e all’ovaio. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi dell’Aquila 48 Ana Paula Gomes Borsa di ricerca sostenuta grazie alla Delegazione di Teramo Monitoraggio della tecnica del linfonodo sentinella all’University Hospital nel sud del Brasile. Il sistema linfatico è un insieme di vasi complementare a quello sanguigno, drena i liquidi in eccesso dai tessuti e trasporta le cellule immunitarie. I linfonodi sono piccoli organi disseminati in diversi punti come collo, inguine e ascelle. Nei linfonodi arrivano i liquidi provenienti dal tessuto circostante, contenenti anche sostanze indesiderate o cellule tumorali. Il sistema linfatico infatti è tra i primi organi che le cellule tumorali raggiungono quando acquistano la capacità di disseminarsi lontano dal sito primario, causando metastasi. Il linfonodo sentinella è il più vicino al sito primario di un tumore, ed è il primo che viene raggiunto dalle cellule tumorali. Quando si asporta una massa tumorale, si può decidere di rimuovere i linfonodi dell’area coinvolta per diminuire il rischio di metastasi. Per valutare come procedere, si individua il linfonodo NOTE BIOGRAFICHE Nata a Teramo nel 1976 DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Centro Mama-Hospital Sao Lucas da PUCRS (Brasile) Laureata in Biologia all’Università degli Studi dell’Aquila NOTE BIOGRAFICHE Nata a Porto Alegre (Brasile) nel 1982 PhD in Oncologia e Patologia Molecolare e Genetica all’Università di Chieti-Pescara e Università di Rouen (Francia) Laureata in Medicina e Chirurgia alla Pontifica Universidade Catolica do Rio Grande do Sul (Brasile) sentinella, iniettando una piccolissima quantità di una sostanza radioattiva vicino al tumore; il linfonodo raggiunto per primo viene asportato ed esaminato in laboratorio per accertare o escludere la presenza di cellule tumorali e decidere la strategia chirurgica. Questo progetto consiste nel monitorare il follow-up post-operatorio di pazienti con carcinoma mammario operati presso l’Ospedale di San Lucas, in Brasile, con la tecnica del linfonodo sentinella. Si vuole analizzare l’applicazione di questa tecnica chirurgica valutando la mortalità delle pazienti, per migliorare le prestazioni della procedura in ospedale. 49 Giulia Massari Olga Ivanova Analisi di strategie chirurgiche per il trattamento del tumore al seno. La chirurgia è la strategia terapeutica di elezione per trattare il tumore al seno. In Italia, i moderni approcci chirurgici sono volti a mantenere quanto più possibile integro il seno, e a intervenire con la modalità meno invasiva possibile, per causare alle pazienti il minor disagio psico-fisico possibile. Ad esempio, l’analisi del linfonodo sentinella, il più vicino alla sede del tumore, permette di valutare in fase pre-operatoria la necessità o meno di procedere con interventi chirurgici più invasivi, come la rimozione di tutti i linfonodi ascellari (linfoadenectomia radicale). Durante la sua permanenza la Dottoressa migliorerà le proprie competenze teoriche e tecniche, eseguendo la biopsia del linfonodo sentinella e chirurgia ricostruttiva nelle pazienti con cancro al seno. Migliorerà le proprie competenze di valutazione di efficacia e fattibilità della biopsia del linfonodo sentinella in pazienti giovani, seguendo l’impatto sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita del paziente. Imparerà anche le tecniche di mastoplastica e chirurgia conservativa del seno accoppiata a radioterapia, chemioterapia e terapia ormonale di supoporto. L’obiettivo è quello di portare un bagaglio di conoscenze medicochirurgiche di alto livello in Russia, dove le metodologie di cura del tumore al seno sono ancora drastiche e prevedono sempre la linfoadenectomia radicale, per offrire anche in quel paese una migliore qualità della vita e di sopravvivenza alle pazienti con cancro al seno. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Kishinev (URSS) nel 1979 50 Laureata in Medicina e Chirurgia alla Moscow Medical Academy di Mosca (Russia) Tumore al seno, dalla neoplasia duttale intraepiteliale al carcinoma infiltrante: considerazioni cliniche. Il Mammotome® è una strumentazione all’avanguardia per la cura del tumore al seno, perché permette di fare diagnosi affidabili anche su calcificazioni microscopiche, senza dover ricorrere all’intervento chirurgico. Lo strumento consente, tramite una sottilissima sonda introdotta nel seno, di rimuovere l’intera lesione per una successiva biopsia senza un vero e proprio intervento chirurgico. In alcuni casi però, una diagnosi, effettuata al Mammotome®, di neoplasia duttale intraepiteliale diventa, una volta effettuata una valutazione anatomopatologica approfondita, una diagnosi di carcinoma infiltrante, cioè una stadio conclamato e più avanzato di tumore. La ricerca quindi vuole identificare fattori di rischio e i parametri clinici e biologici che possano suggerire la presenza di un carcinoma invasivo nelle biopsie preoperatorie da Mammotome®, per valutare la necessità di effettuare contestualmente anche la biopsia del linfonodo sentinella. La ricerca valuterà inoltre l’entità precisa della discordanza tra la diagnosi al Mammotome® e quella anatomopatologica definitiva, che secondo la letteratura internazionale è intorno al 15-25%. I risultati permetteranno di perfezionare l’efficacia della diagnosi per ogni paziente migliorando la performance clinica. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Ortona (CH) nel 1987 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Milano 51 Alessio Molfino Claude Minani Epidemiologia, tecniche di screening e terapia dei tumori al seno e alla cervice in Burundi. I tumori al seno e all’apparato genitale sono tra i più diffusi nelle donne dei paesi industrializzati ma la loro incidenza sta aumentando anche nei paesi in via di sviluppo, dove provocano numerosi morti soprattutto a causa dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie. In Burundi, due sono le cause principali di morte nelle donne: complicazioni durante la gravidanza e il parto e i tumori dell’apparato riproduttivo femminile. Mentre per ridurre la mortalità legata alle gravidanze esiste una politica sanitaria internazionale all’interno dei Millenium Development Goals delle Nazioni Unite, non vi sono strategie strutturate per affrontare l’emergenza legata alla diffusione dei tumori all’apparato riproduttore femminile. Vi è scarsità di conoscenza su come riconoscere le patologie non solo nella popolazione ma anche tra gli operatori sanitari, assenza di programmi di screening efficaci per una diagnosi precoce e limitato accesso alle cure da parte delle donne. Durante la sua permanenza, il Dottor Minami potrà acquisire e perfezionare le conoscenza diagnostiche e interventistiche sul tumore al seno e alla cervice, apprendendo le metodiche strumentali e di laboratorio per la diagnosi. Inoltre, verrà approfondito l’aspetto epidemiologico, in particolare la relazione tra virus del papilloma umano (HPV) e tumore alla cervice. L’obiettivo finale è quello di acquisire un know-how da poter utilizzare nel proprio paese per diminuire la mortalità tra le donne per tumori dell’apparato riproduttore e implementare efficaci programmi di prevenzione. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Murago-Bururi (Burundi) nel 1983 52 Laureato in Medicina e Chirurgia al Teaching Regional Hospital of Ngozi (Burundi) Effetto dell’acido docosaesaenoico (DHA) sull’indice di omega-3 in pazienti con cancro al seno. Il carcinoma mammario è uno dei tumori più frequenti; colpisce ogni anno più di un milione di donne al mondo e oltre 40.000 in Italia. È da tempo nota la relazione tra dieta, sovrappeso e rischio di neoplasia mammaria e sua recidiva. In particolare, diete a elevato contenuto di acidi grassi della serie omega-6 e carenti in acidi grassi della serie omega-3 favoriscono un aumento del rischio di sviluppare carcinoma mammario. Gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, in particolare l’acido docosaesaenoico (DHA), sono in grado di migliorare l’efficacia della chemioe radio-terapia in pazienti con carcinoma mammario, sensibilizzando solo le cellule tumorali, e non i tessuti sani, all’azione delle terapie, riducendo così gli effetti collaterali. Lo scopo della ricerca è valutare la capacità delle cellule di pazienti con carcinoma mammario a incorporare l’acido docosaesaenoico, valutare se ci sono differenze tra pazienti oncologiche e donne sane e se l’incorporazione di acido docosaesaenoico è ridotto in pazienti con famiglie ad alto rischio di carcinoma mammario rispetto, ad esempio, a pazienti che non hanno una storia familiare di tumori al seno. I risultati della ricerca saranno preziosi per stabilire come cambiano i valori di omega-3 nelle pazienti con carcinoma mammario, quali sono i valori ottimali da mantenere e come integrare grassi omega -3 nelle diete delle pazienti con un basso indice per migliorare la diagnosi e il risultato clinico delle terapie. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università “La Sapienza” di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nato a Roma nel 1978 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università “La Sapienza” di Roma PhD in Nutrizione Clinica e Preventiva all’Università “Tor Vergata” di Roma 53 Andrea Prodosmo Sergio Occhipinti Varianti mutate di HER2 come bersaglio di immunoterapia nel cancro al seno. La proteina HER2 è un recettore presente sulla membrana delle cellule, rivolto verso l’esterno Riceve i segnali degli ormoni e dei fattori di crescita e li trasmette all’interno della cellula, che risponde stimolando la sua crescita. Il suo ruolo nello sviluppo del tumore mammario è ben noto; livelli elevati o mutazioni di HER2 la rendono oncogenica, cioè in grado di favorire la formazione del tumore. Le mutazioni delle proteine vengono solitamente studiate dal punto di vista funzionale, valutando l’impatto che hanno sul funzionamento delle proteine e l’effetto sulla vita e 54 sulla velocità di divisione delle cellule. Le proteine di membrana, come HER2, sono però anche esposte al riconoscimento da parte di cellule immunitarie, come i linfociti, che circolano nei tessuti. I linfociti possono riconoscere proteine anomale come quelle tumorali ed eliminare le cellule che le espongono. Lo scopo dello studio è quello di valutare in vitro e poi in un modello in vivo la capacità di una forma mutata di HER2 di stimolare il sistema immunitario di pazienti con tumori mammari positivi per HER2. Una volta individuati linfociti specifici per la proteina tumorale HER2 ancora potenzialmente attivi, questi potrebbero essere ristimolati da un vaccino, veicolato tramite nanoparticelle, e reagire contro il tumore. L’obiettivo finale è quello di sviluppare un efficace vaccino antitumorale e progettare protocolli immunoterapici a basso costo e accessibili a un vasto numero di pazienti. Un nuovo test diagnostico per valutare le mutazioni di ATM nel rischio di cancro al seno. Il 10% circa dei tumori al seno ha una predisposizione familiare ed è causato da mutazioni specifiche in alcuni geni, come BRCA1 e BRCA2. Negli ultimi anni sono stati individuati diversi altri geni le cui mutazioni portano allo sviluppo del tumore al seno, tra cui ATM. ATM codifica per una proteina che segnala i danni nel DNA affinché siano riparati. Quando non funziona, i danni nel DNA si accumulano e questo facilita lo sviluppo del cancro. Individui con mutazioni in entrambe le copie del gene ATM (omozigosi), sviluppano in età pediatrica la sindrome Atassia-Telangectasia, mentre quelli con mutazioni in singola copia (eterozigosi) non manifestano sintomi ma hanno una predisposizione maggiore allo sviluppo dei tumori al seno. L’obiettivo del progetto è analizzare quante e quali mutazioni di ATM DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO CeRMS, Ospedale Città della Salute e della Scienza di Torino DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nato a Savona nel 1981 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Roma nel 1977 Laureato in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Torino Laureato in Scienze Biologiche all’Univesità “La Sapienza” di Roma sono presenti in un gruppo di 150 pazienti con tumore al seno utilizzando un nuovo test diagnostico tramite prelievo di sangue, rapido e non invasivo. I risultati permetteranno di comprendere quali sono i cambiamenti nella sequenza del gene ATM che più probabilmente aumentano il rischio cancro al seno. L’analisi delle pazienti con il tumore al seno utilizzando questo nuovo test consentirà in futuro di avviare programmi di prevenzione per tutte le portatrici sane delle mutazioni di ATM in eterozigosi che ancora non hanno sviluppato la malattia e migliorare i criteri di valutazione del rischio di tumore per suggerire programmi di prevenzione personalizzati. 55 Sabrina Kahler Ribeiro Fontana Utilizzo della biopsia ai linfonodi sentinella dopo chemioterapia neoadiuvante nel cancro al seno. Una delle strategie terapeutiche più utilizzate per trattare i tumori umani, ad esempio i tumori al seno, è la rimozione chirurgica. L’intervento viene spesso accompagnato da chemioterapia di supporto, per aumentare le probabilità di guarigione senza ricadute. La chemioterapia neoadiuvante consiste nella somministrazione di farmaci chemioterapici a pazienti prima di sottoporli a un eventuale intervento chirurgico, allo scopo di ridurre la massa del tumore e combattere eventuali micrometastasi in presenza di una malattia apparentemente localizzata. La somministrazione precoce di farmaci ha il vantaggio di diminuire la probabilità di resistenza e di fare regredire il tumore per effettuare una chirurgia meno invasiva. La tecnologia del linfonodo sentinella consiste nel valutare l’eventuale presenza di cellule tumorali che stanno migrando dal sito primario per originare metastasi. Il progetto vuole valutare quantitativamente e qualitativamente l’esito in pazienti affette da tumore al seno e sottoposte a chemioterapia neoadiuvante, analizzando oltre 400 pazienti trattate a partire dal 2000 presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Si vuole inoltre valutare l’efficacia della tecnica del linfonodo sentinella nella valutazione clinica di pazienti dopo trattamento con chemioterapia neoadiuvante e la presenza di eventuali ricadute a livello dei linfonodi ascellari. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano 56 Randriamamonjy Florence Yolande Master in Citopatologia cervico-vaginale e Citologia mammaria. Il Master ha l’obiettivo di formare la figura professionale del citologo, fornendogli le necessarie competenze teoriche e pratiche: conoscenza delle tecniche di citologia dei tessuti del seno e dell’apparato riproduttore femminile, autonomia nell’interpretazione del campione biologico e della compilazione del referto secondo i criteri standard internazionali, conoscenza delle metodiche immunoistochimiche e diagnostiche, gestione e organizzazione di un laboratorio citologico e procedure per il controllo di qualità. Al termine del percorso formativo la Dottoressa avrà acquisito conoscenze teoriche e tecniche per effettuare in modo accurato e in autonomia la lettura dei preparati biologici dei pazienti e la compilazione del referto secondo i modelli internazionali. In questo modo la Dottoressa avrà gli strumenti per poter organizzare un laboratorio di citologia all’Ospedale di Sakalanina in Madagascar, un centro sanitario che fa parte della rete che opera per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori femminili in Madagascar. Questa rete sanitaria è stata creata nel 2011 e da allora partecipa al progetto di lotta contro i tumori femminili 4 A WOMAN, promosso dalla Fondazione Akbaraly. Rendendo autonome le regioni e i paesi più isolati nelle attività di prevenzione dei tumori si mira a ridurre l’incidenza degli stessi nonché il tempo di intercorrenza tra diagnosi e terapia, aumentando le probabilità di successo della cura. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università di Modena e Associazione ONLUS “Alfeo Corassori LA VITA PER TE” di Modena NOTE BIOGRAFICHE Nata a Caxias do Sul (Brasile) nel 1978 NOTE BIOGRAFICHE Nata ad Antanarivo (Madagascar) nel 1962 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Universidade de Caxias do Sul (Brasile) Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università di Antanarivo (Madagascar) 57 Francesco Sabbatino Ramaherison Ndremisa Seheno Master in Citopatologia cervico-vaginale e Citologia mammaria. Il Master si propone di formare la figura professionale del citologo, con un focus particolare sul seno e sull’apparato riproduttore femminile Il corso fornisce le necessarie conoscenze teoriche e pratiche delle tecniche di citologia dei tessuti, come le metodiche immunoistochimiche e diagnostiche, nozioni per la corretta interpretazione del campione biologico e della compilazione del referto secondo i criteri internazionali, modalità operative di gestione e organizzazione di un laboratorio di analisi citologiche e protocolli di controllo qualità. L’obiettivo del master è quello di fornire alla Dottoressa le conoscenze teoriche e tecniche per effettuare correttamente e in autonomia le diagnosi dai campioni biologici delle pazienti e stilare il referto secondo i modelli standard della comunità medica internazionale. In questo modo la Dottoressa sarà in grado di organizzare presso l’Ospedale di Sakalanina in Madagascar un laboratorio di citologia attrezzato e operativo. L’ospedale fa parte infatti di una rete che opera per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei tumori femminili in Madagascar. Dal 2011 infatti fa parte del progetto di lotta contro i tumori femminili 4 A WOMAN, promosso dalla Fondazione Akbaraly. Permettere ai paesi più poveri e disagiati di svolgere in autonomia e con competenza programmi di prevenzione dei tumori contribuisce notevolmente a diminuirne l’incidenza, il tempo che trascorre tra diagnosi e intervento, offrendo a quelle popolazioni maggiori probabilità di successo della cura oncologica. Nuove terapie combinatoriali per il tumore al seno “triplo negativo”. Le neoplasie mammarie denominate “triple negative” sono un sottogruppo di tumori al seno le cui cellule non hanno recettori per gli estrogeni, per il progesterone o per il recettore HER2. Sono tra i tumori al seno più difficili da trattare farmacologicamente, proprio perché non presentano i recettori “bersaglio” di molti farmaci attualmente a disposizione. Il progetto di ricerca consiste nel valutare, in modelli animali che simulano il quadro clinico dei pazienti, una nuova combinazione terapeutica per questo tipo specifico di tumore, utilizzando un farmaco e un anticorpo diretti contro proteine importanti nella biologia delle cellule tumorali triple negative. Tale combinazione mira all’eliminazione selettiva delle cellule mammarie tu- morali, incluse le cosidette cellule “iniziatrici”, o staminali, del cancro (CIC), responsabili dell’origine e della rigenerazione del tumore. Poiché la mancata eliminazione di tutte le cellule staminali del cancro è alla base della disseminazione e delle metastasi, in questo modo si dovrebbe anche diminuire la probabilità di ricaduta che è causa primaria di morte nelle pazienti affette da tumori mammari tripli negativi. I risultati ottenuti in vitro e in vivo sull’efficacia e sulla tossicità del trattamento forniranno una base di partenza per disegnare e attuare un nuovo studio clinico sperimentale per il trattamento dei tumori mammari “tripli negativi” nelle pazienti. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Harvard Medical School di Boston (USA) DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università di Modena e Associazione ONLUS “Alfeo Corassori LA VITA PER TE” di Modena NOTE BIOGRAFICHE Nata a Andriba (Madagascar) nel 1975 58 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università di Antanarivo (Madagascar) NOTE BIOGRAFICHE Nato a Napoli nel 1979 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi Federico II di Napoli PhD in Oncologia Molecolare ed Endocrinologia all’Università degli Studi Federico II di Napoli 59 Maria Virginia Thomazini Ricorrenza e sopravvivenza globale in pazienti con cancro al seno triplo negativo dopo mastectomia nipple sparing senza radioterapia. Tra i diversi tipi di tumore al seno, quello triplo negativo è il più difficile da trattare farmacologicamente, e la chirurgia è la terapia di elezione per questo tumore. La mastectomia “nipple sparing” è una moderna tecnica chirurgica che permette di eliminare completamente il tessuto tumorale mantenendo intatti il capezzolo e l’areola, con notevoli benefici psicologici per le pazienti. A seguito di mastectomia nipple sparing può o meno essere effettuata anche radioterapia adiuvante alla mam- mella per diminuire le probabilità di ricadute del tumore. Lo scopo della ricerca è valutare la sopravvivenza globale e i fattori associati alle ricorrenze locali del carcinoma mammario triplo negativo in pazienti sottoposte a mastectomia nipple sparing senza radioterapia di tutta la mammella o che hanno irradiato solo la zona dell’ areola e del capezzolo. L’identificazione dei fattori associati alla recidiva permetterà di selezionare, tra tutte le pazienti che hanno effettuato una mastectomia nipple sparing, quelle con un maggior rischio di sviluppare ricadute della malattia e che quindi vanno indirizzate a una radioterapia adiuvante post-intervento per aumentare le probabilità di una remissione completa. Veronica Toledo Martinez Sicurezza del lipofilling nei pazienti di cancro al seno. Il lipofilling è una tecnica di chirurgia estetica che consiste nell’utilizzare il tessuto adiposo da altre parti del corpo per correggere squilibri o difetti e, in oncologia, viene utilizzata per ricostruire il seno in seguito a mastectomia in pazienti operate per cancro al seno. Ha il vantaggio di utilizzare materiale naturale e autologo, ciò di provenienza del paziente stesso, facilitando l’attecchimento Tuttavia è fondamentale accertarsi dell’assenza di effetti collaterali e possibili conseguenze. Alcuni studi sperimentali hanno evidenziato infatti che gli adipociti, le cellule che immagazzinano il grasso corporeo, sono capaci di produrre fattori di crescita che possono stimolare le cellule tumorali a crescere e favorire l’angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni intorno al tumore, nutrendolo. Lo scopo della ricerca è dimostrare la sicurezza di utilizzare lipofilling nelle pazienti trattate per cancro al seno, e verificare che non vi sia un aumento di rischio per sviluppare nuovi tumori. La chirurgia estetica al seno è molto importante dal punto di vista del benessere psicologico delle pazienti operate, soprattutto se donne giovani, ma è altrettanto importante valutare che l’intervento estetico non comprometta il risultato clinico e non esponga le pazienti a rischi di sviluppare ricadute. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Pires do Rio-Goiás (Brasile) nel 1985 Laureata in Medicina e Chirurgia all’ Universidade Estadual de Campinas di Campinas (Brasile) 60 PhD in Ginecologia e Senologia all’ Universidade Estadual de Campinas di Campinas (Brasile) DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Cañete (Cile) nel 1979 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Universidad de Chile (Cile) 61 grant 2014 Jose Vila Trattamento chirurgico del carcinoma mammario nelle pazienti giovani: chirurgia conservativa contro mastectomia. Le pazienti giovani, al di sotto dei 40 anni, hanno tumori al seno più aggressivi rispetto alle pazienti sopra i 50 anni. La chirurgia, volta a eliminare la massa tumorale, è una delle strategie terapeutiche principali: può eliminare interamente il seno (mastectomia) o il minimo indispensabile a rimuovere il tumore (chirurgia conservativa). Lo studio valuterà le opzioni chirurgiche nelle pazienti giovani con diagnosi di carcinoma mammario. Il progetto prevede un studio retrospettivo di tutte le pazienti con diagnosi di carcino- ma mammario di età inferiore a 40 anni trattate chirurgicamente all’Istituto Europeo di Oncologia; verranno confrontate la sopravvivenza totale, la sopravvivenze libera da malattia e il tasso di recidiva a 5 e 10 anni tra pazienti sottoposte a chirurgia conservativa e quelle sottoposte a mastectomia. L’obiettivo è verificare che l’esito della malattia, il rischio di contrarre ricadute e la sopravvivenza non sono influenzate dal tipo di intervento chirurgico e che la chirurgia conservativa garantisce le stesse possibilità di guarigione della mastectomia. In questo modo, si potrebbe offrire alle pazienti in giovane età un intervento efficace ma meno invasivo che consenta di preservare quanto più possibile l’integrità del seno, con notevoli benefici psicologici e migliore qualità della vita post-operatoria. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Valencia (Spagna) nel 1982 62 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Universidad Rovira e Virgili di Tarragona (Spagna) il nostro sostegno alla ricerca scientifica 63 Domenica Giuffrida TUMORI ALLE OVAIE Il tumore alle ovaie è meno frequente del tumore al seno, ma è più difficilmente curabile; non dà sintomi evidenti fino a stadi avanzati della malattia, e questo influisce sull’esito delle cure. I sintomi sono addome gonfio, aerofagia e necessità di urinare spesso. La terapia di elezione per il trattamento del tumore alle ovaie è la chirurgia, con chemioterapia adiuvante per eliminare eventuali micrometastasi. Numerosi però sono i casi di ricadute e di sviluppo di resistenza ai farmaci. Rappresenta il 3,7% 30% 4800 64 di tutti i tumori diagnosticati nelle donne al mondo di tutti i tumori ginecologici nuovi casi in Italia nel 2013 quinta causa di morte per tumori nelle donne tra i 59 e i 65 anni 30-50% probabilità di sopravvivenza se diagnosticato in fasi avanzate Attività antitumorale della membrana amniotica e delle cellule staminali mesenchimali della placenta sul cancro alle ovaie. Il tumore ovarico ha il più alto tasso di mortalità tra tutti i tumori ginecologici anche a causa del fatto che viene spesso diagnosticato in stadi avanzati. La placenta umana contiene cellule staminali mesenchimali che possono essere isolate facilmente e senza grossi problemi di natura etica. Alcuni studi sembrano indicare che queste cellule producano dei fattori che stimolano le cellule del tumore ovarico alla “morte programmata”, diminuendo così la crescita della massa maligna. Gli obiettivi del progetto sono proprio quelli di determinare l’effettiva abilità delle cellule staminali mesenchimali derivate della placenta di controllare la crescita del tumore ovarico e di caratterizzare le vie biochimiche coinvolte in questa regolazione. Se i risultati saranno positivi, si apriranno nuove prospettive sull’uso delle cellule staminali nelle terapie antitumorali. L’utilizzo delle molecole prodotte dalle staminali della placenta potrebbe risolvere i problemi etici e di tollerabilità correlati alle attuali terapie cellulari. Inoltre, le informazioni biochimiche sui fattori coinvolti nell’effetto protettivo delle staminali della placenta potrebbero fornire una base razionale per la sintesi di molecole capaci di mimare gli effetti dei fattori originali per sviluppare di farmaci innovativi nella terapia del carcinoma ovarico. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale Sant’Anna di Torino NOTE BIOGRAFICHE Nata a Catania nel 1972 FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Catania PhD in Andrologia e Scienze della Riproduzione Umana all’Università degli Studi di Catania 65 Francesca Ricci Flora Guerra I mitocondri nella progressione del tumore epiteliale dell’ovaio. Il carcinoma ovarico è la più comune causa di morte per i tumori ginecologici, in gran parte dovuta alla tardività nelle diagnosi e all’elevata percentuale di recidive. La possibilità di predire la risposta al trattamento chemioterapico è quindi di vitale importanza per offrire alle pazienti migliori aspettative di vita. I mitocondri sono le centrali energetiche della cellula e possiedono del proprio DNA con alcuni geni, essenziali per la loro corretta funzione. L’ipotesi principale di questo progetto è che il trattamento con alcuni chemioterapici possa causare mutazioni nel DNA mitocondriale, alterando la funzionalità e l’assemblaggio dei mitocondri ed in conseguenza causare disfunzioni energetiche nelle cellule. Queste disfunzioni provocherebbero una riduzione dell’indice di proliferazione e del potenziale cancerogeno. É infatti stato dimostrato che una mutazione nel gene mitocondriale MTND4, identificata solo nelle cellule di cancro all’ovaio residue dopo la chemioterapia, e probabilmente indotta dal farmaco, causa un deficit energetico portando a un arresto del ciclo cellulare. L’obiettivo della ricerca è valutare, attraverso l’analisi genetica e funzionale dei mitocondri prima e dopo il trattamento chemioterapico, come la presenza di mutazioni provochi una minor capacità del tumore di adattarsi all’ambiente, agendo come nuovo fattore prognostico di buona risposta alla chemioterapia. A livello clinico, i risultati potranno definire un nuovo concetto di chemio-resistenza nel quale il deficit energetico, dovuto alle mutazioni mitocondriali, supporta il trattamento chemioterapico. Resistenza alla chemioterapia nel carcinoma ovarico: la transizione epitelialemesenchimale e le cellule staminali. Il carcinoma all’ovaio è il più letale tumore ginecologico, e tra le cause dell’elevata mortalità vi è lo sviluppo di resistenza ai trattamenti di prima linea. Identificare i principali meccanismi di resistenza alla chemioterapia è un prerequisito per sviluppare marcatori predittivi di risposta al trattamento e migliori strategie terapeutiche. Due sono i meccanismi molecolari che favoriscono la resistenza nel tumore ovarico: la presenza di un sottoinsieme di cellule del tumore che si comportano come cellule staminali, e che se non rimosse dalla prima chemioterapia danno origine a un nuovo tumore resistente. Il secondo è la capacità delle cellule DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università del Salento DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Barletta nel 1982 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro 66 PhD in Biochimica, Biologia Molecolare e Bioinformatica all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro tumorali di mettere in atto la cosidetta “transizione epiteliale-mesenchimale” (EMT): le cellule, cambiando l’espressione di certi geni, acquistano delle caratteristiche che favoriscono il movimento nei tessuti e la resistenza ai farmaci. Questo progetto intende studiare entrambi i meccanismi e i geni coinvolti nel processo di EMT e nelle caratteristiche staminali. La possibilità di applicare nella pratica in clinica i risultati della ricerca consentirebbe la stratificazione delle pazienti affette da carcinoma ovarico in responsive o no alla chemioterapia prima del trattamento, evitando quindi di trattare coloro che hanno poche possibilità di risposta e indirizzandole subito verso terapie alternative. NOTE BIOGRAFICHE Nata a Rovereto (TN) nel 1983 Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Bologna PhD in Life and Biomolecular Sciences all’Open University di Londra (UK) 67 Aleco D’Andrea LINFOMI E LEUCEMIE I linfomi e le leucemie sono tumori a carico delle cellule del sangue; le cellule staminali nel midollo osseo si dividono senza controllo, causando alterazioni nel corretto numero di globuli bianchi. Sono tipici dell’età infantile e sono causati da mutazioni e alterazioni nel DNA, sia a livello di singoli geni che di cromosomi. Le cause delle mutazioni possono essere ereditarie o ambientali: ad esempio è nota la correlazione tra aumento di leucemia ed esposizione a grandi dosi di radiazioni. 39% OLTRE 28.000 80% 30% 68 di tutti i tumori infantili sono leucemie e linfomi i nuovi casi in Italia nel 2013 dei linfomi e delle leucemie è guaribile aumento di sopravvivenza nei pazienti affetti da linfoma dal 1970 al 2009 grazie alla ricerca biomedica Il ruolo di Dyrk3 nella genesi dei linfomi dipendenti da Myc. Una delle sfide principali della moderna ricerca biomedica è quella di comprendere il ruolo biologico di tutte le informazioni che provengono dai sequenziamenti massicci dei genomi delle cellule tumorali e decodificare la complessità del cancro. La decodifica di queste informazioni permetterebbe un grosso passo avanti nella comprensione della tumorigenesi, gettando le fondamenta per lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative in campo clinico. Questa ricerca ha come obiettivo l’identificazione di nuovi meccanismi di progressione tumorale nei linfomi di Burkitt, utilizzando un modello di linfoma stimolato dalla presenza dell’oncogene c-myc. Lo studio utilizzerà le più avanzate metodiche di DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Palermo nel 1983 Laureato in Biologia Molecolare e Cellulare all’Università degli Studi di Palermo PhD in Oncologia Molecolare e Cellulare all’Università degli Studi di Palermo FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali biologia molecolare, genomica funzionale e sequenziamento del DNA di nuova generazione. In particolare, la ricerca studierà Dyrk3, una nuova proteina coinvolta nella proliferazione cellulare nei linfomi di Burkitt. Dyrk3 ha un ruolo da soppressore tumorale, cioè frena i meccanismi preposti alla moltiplicazione cellulare. Sembra essere stimolata proprio dall’oncogene myc, quindi potrebbe rappresentare un interessante meccanismo di controllo negativo “a retroazione” che le cellule mettono in atto per contrastare l’eccessiva proliferazione. L’applicazione clinica futura potrebbe essere quella di sviluppare farmaci che stimolino Dyrk3 per bloccare l’espansione dei linfomi. 69 Matteo Lulli Alicja Gruskza Il ruolo di NPMc+ nella via di segnalazione di Wnt e nella sensibilizzazione all’acido retinoico. La leucemia mieloide acuta rappresenta circa il 30% di tutte le forme di leucemia. Si tratta di un insieme di disturbi ematologici tutti caratterizzati dall’accumulo di blasti, cioè cellule del sangue che non riescono a differenziarsi del tutto in cellule adulte e che proliferano eccessivamente. Le più comuni alterazioni, che si trovano in un terzo di tutti i casi di leucemia acuta mieloide, sono mutazioni del gene della nucleofosmina (NPM1). Nonostante esista un interesse diffu- 70 so per il loro ruolo nella patogenesi della malattia, il meccanismo di azione del mutante NPMc+ rimane largamente sconosciuto. La ricerca si propone quindi di studiare il ruolo funzionale delle proteine mutanti NPMc+ utilizzando modelli animali e linee cellulari; risultati preliminari mostrano che NPMc+ è coinvolta nell’attivazione della via di segnalazione Wnt, che a sua volta stimola la proliferazione. Questo ha grandi implicazioni terapeutiche poiché esitano già a disposizione degli inibitori specifici per Wnt che potrebbero essere quindi impiegati come farmaci antileucemici. Il progetto inoltre valuterà anche il ruolo delle mutazioni NPMc+ nella sensibilità delle cellule leucemiche a un’altra molecola che blocca la proliferazione dei blasti: l’acido retinoico. I risultati potrebbero aprire promettenti vie terapeutiche combinatoriali con acido retinoico e inibitori di Wnt nelle leucemie mieloidi acute con mutazioni nel gene NPM1. Alterazioni del controllo di Bcl-2 nella leucemia linfocitica cronica. La leucemia linfocitica cronica a cellule B è la più frequente tra le leucemie, con un decorso clinico assai eterogeneo e possibilità terapeutiche molto limitate per i pazienti in fase avanzata della patologia. In questo tipo di leucemia si trovano spesso alti livelli della proteina Bcl-2. Bcl-2 agisce per impedire la morte cellulare programmata, o apoptosi, e quando non è controllata può causare l’espansione anomala delle cellule, provocando tumori. Su tali basi, il principale obiettivo di questo progetto è caratterizzare i meccanismi di regolazione di Bcl-2 nella leucemia linfocitica cronica. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Firenze NOTE BIOGRAFICHE Nata a Cracovia (Polonia) nel 1971 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Firenze nel 1978 Laureata in Medicina e Chirurgia al Collegium Medicum di Cracovia (Polonia) Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Firenze PhD in Patologia all’University of London di Londra (UK) PhD in Oncologia Clinica e Sperimentale all’Università degli Studi di Firenze Tra i regolatori dell’espressione di Bcl-2 vi è la proteina CryZ; verrà caratterizzato il suo ruolo nella regolazione dell’espressione di Bcl-2, studiando inoltre il suo impatto nello sviluppo della leucemia e l’effetto della sua modulazione sulla resistenza delle cellule leucemiche al trattamento con alcuni chemioterapici. CryZ potrebbe quindi rivelarsi un nuovo potenziale strumento diagnostico e terapeutico; per questo verranno anche valutati gli effetti sinergici di modulare dall’esterno CryZ insieme alla somministrazione di chemioterapici convenzionali, allo scopo di individuare un trattamento terapeutico ad alta efficacia e con ridotti effetti collaterali. 71 Massimiliano Mazza Manuela Mancini Il ruolo di FOXM1 nella proliferazione e nella sopravvivenza delle cellule staminali nella leucemia mieloide cronica. Come in molti altri tipi di tumori, anche nella leucemia mieloide cronica la comparsa di resistenza alla chemioterapia pone grossi problemi nella cura a lungo termine dei pazienti. Diversi sono i meccanismi coinvolti nella farmaco-resistenza, ma attualmente il più studiato è quello che vede nella cellula staminale leucemica la sorgente della malattia e la fonte di origine della resistenza. Il progetto si propone di identificare nuovi bersagli terapeutici, allo scopo di sradicare i fenomeni emergenti di 72 resistenza e offrire ai pazienti una vita libera dalla leucemia. Da qui emerge l’importanza dello studio dei meccanismi biologici di sopravvivenza delle cellule staminali leucemiche. Una via di segnalazione importante a questo scopo è quella della ßcatenina, che coinvolge una serie di proteine tra cui l’enzima Plk1 e il fattore di trascrizione FOXM1; quest’ultimo regola geni importanti per sostenere la divisione e il rinnovamento delle cellule staminali leucemiche. La finalità del progetto è di identificare se Plk1 e FOXM1 possano essere promettenti bersagli terapeutici e se la loro inibizione possa bloccare la proliferazione della cellula staminale leucemica e la sua capacità di automantenimento in modo selettivo, mantenendo intatte queste capacità nelle cellule staminali normali e minimizzando l’insorgenza di resistenza. Essi rappresenterebbero una buona base di partenza per terapie mirate che offrono migliore prospettiva di cura ai pazienti affetti da leucemia mieloide cronica. Nuove terapie basate su anticorpi per la cura della leucemia linfoblastica acuta di tipo T La leucemia linfoblastica acuta da cellule T è una forma di tumore tipica dell’età giovanile che deve essere trattata da subito con una chemioterapia aggressiva. Questo fa si che in caso di ricadute non siano più disponibili ulteriori trattamenti efficaci e i pazienti vadano incontro a morte. Scopo della ricerca è applicare l’approccio della terapia con anticorpi monoclonali altamente specifici per identificarne nuovi strumenti terapeutici efficaci contro la leucemia linfoblastica acuta anche recidiva e resistente alla chemioterapia standard. Verranno analizzati un set di anticorpi DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Ematologia Seràgnoli di Bologna DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Messina nel 1978 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Rimini nel 1977 Laureata in Biotecnologie all’Università degli Studi di Bologna Laureato in Biotecnologie all’Università degli Studi di Bologna PhD in Biotecnologie Cellulari e Molecolari all’Università degli Studi di Bologna PhD in Genetics and Molecular Biology all’European Molecular Biology Laboratory di Heidelberg (Germania) isolati da screening preliminari per caratterizzare l’attività anti-tumorale contro leucemie umane di tipo T; i primi risultati con xenografi, cioè con tumori umani trapiantati in modelli animali, confermano che questi anticorpi determinano una sopravvivenza e una remissione della malattia nel 50% dei casi. La ricerca però vuole anche identificare quali siano i recettori sulla superficie cellulare riconosciuti dagli anticorpi, per comprendere meglio anche il loro meccanismo biologico di azione e infine testare se l’attività anti-tumorale di questi anticorpi possa essere estesa anche ad altri tipi di tumore, per aumentare lo spettro di utilità terapeutica. 73 Clara Ricci Maria Cristina Picchio La via di segnalazione PI3K/ AKT nella sindrome di Sezary. La sindrome di Sezary è una variante aggressiva del linfoma cutaneo a cellule T, con una bassa aspettativa di vita. È caratterizzata dalla presenza di linfociti maligni nella pelle, nei linfonodi e nel sangue. I determinanti genetici che causano questa particolare forma di linfoma cutaneo sono ancora in gran parte sconosciuti, e la ricerca vuole contribuire a caratterizzarli, focalizzandosi in particolare sulla proteina PTEN e la via biochimica PI3K/AKT. Il gene della proteina PTEN, che si trova sul cromosoma 10, è deleto, cioè assente, nel 36% dei casi e in quasi tutti i livelli di RNA e di proteina 74 PTEN sono molto inferiore del normale. Questo suggerisce che l’assenza di PTEN sia importante per permettere al tumore di proliferare e diventare aggressivo. PTEN si trova alla fine di una via biochimica di segnalazione che regola la sopravvivenza e la proliferazione cellulare, chiamata PI3K/AKT. È molto importante nei linfociti maligni localizzati nella pelle, meno in quelli circolanti nel sangue. Il progetto si propone quindi di stabilire se i linfociti della pelle e quelli circolanti esprimono un set di geni diversi che possono giustificare una diversa attivazione della via PI3K/AKT; è promettente dal punto di vista terapeutico poiché esistono già disponibili farmaci che agiscono contro questa via e che potrebbero essere utilizzate anche nelle terapie della sindrome di Sezary. Meccanismi molecolari nell’origine e nella progressione della leucemia mielomonocitica cronica. La leucemia mielomonocitica cronica è una malattia complessa ed eterogenea: è frequente negli anziani e ha un decorso clinico molto variabile. In genere, dopo un periodo di stabilità può evolvere verso una forma più aggressiva, con incremento graduale e difficilmente controllabile dei globuli bianchi. Le possibilità di cura sono limitate, anche a causa della scarsità di comprensione dei meccanismi molecolari che guidano la nascita e il peggioramento della malattia. La ricerca ha quindi lo scopo di identificare eventuali mutazioni presenti nelle cellule leucemiche e distinguere le mutazioni acquisite precocemente, da cui origina la malattia, da quelle secondarie, potenzialmente responsabili della sua progressione. Le analisi verranno effettuate con la tecnologia del sequenziamento “di nuova generazione”, che permette di ottenere con grande precisione la DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Perugia nel 1971 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1976 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Perugia Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Milano PhD in Scienze delle Malattie Infettive e Terapie Immunologiche all’Università “La Sapienza” di Roma PhD in Medicina Molecolare all’Università degli Studi di Milano sequenza del DNA di cellule leucemiche. L’analisi molecolare dei campioni “seriali”, cioè ottenuti dallo stesso paziente in momenti diversi della malattia, consentirà di stabilire l’ordine di insorgenza delle mutazioni. L’identificazione delle mutazioni nella leucemia mielomonocitica cronica è cruciale per la diagnosi, il monitoraggio e la prognosi. In particolare, data la mancanza di trattamenti efficaci nelle fasi più avanzate, è essenziale individuare i pazienti a rischio di progressione, che possono avere bisogno di controlli medici più frequenti e che potrebbero avere gran beneficio da un tempestivo intervento terapeutico. 75 Caterina Vitali Giovanni Roti Il ruolo della ATPasi di tipo P nella leucemia acuta. Le ATPasi di tipo P sono un gruppo di proteine, presenti in tutti gli organismi, che controllano il trasporto di ioni attraverso le membrane cellulari. Mantenere le corrette concentrazioni dei vari tipi di ioni dentro e fuori dalle cellule è cruciale per il l’omeostasi, cioè l’equilibrio fisiologico in cellule e tessuti. Non sorprende, quindi, che in molti tipi di tumori umani siano presenti mutazioni nelle ATPasi che ne alterano il normale funzionamento. La ricerca vuole comprendere più a fondo il ruolo delle ATPasi di tipo P nello sviluppo e nella progressione delle leucemie acute, nonché nell’in- sorgere della resistenza ai farmaci che spesso caratterizza questa forma di leucemia. Verrà studiata in particolare l’ATPasi chiamata SERCA nelle leucemia linfoblastica a cellule T. Essa contribuisce, con la sua azione di canale per gli ioni, a regolare un’importante via biochimica, la via di NOTCH, che a sua volta regola la divisione cellulare. Scompensi nella via di NOTCH si trovano nel 50% delle leucemie linfoblastiche a cellule T e in altri tumori ematologici: agire su questa via o sui suoi regolatori, come la ATPasi SERCA, offre nuove prospettive terapeutiche per il trattamento della leucemia acuta. Esistono infatti molecole in grado di inibire SERCA, come la tapsigargina, che sia in vitro sia in modelli animali ha mostrato un effetto anti-tumorale ed è quindi un farmaco promettente contro la leucemia linfoblastica acuta. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Harvard Medical School di Boston (USA) NOTE BIOGRAFICHE Nato a Reggio Emilia nel 1977 76 Regolazione dell’osteopontina nei linfomi a cellule B indotti da malattie autoimmuni. Le malattie autoimmuni sono uno dei fattori di rischio per lo sviluppo del linfoma non Hodgkin. Soggetti affetti da lupus eritematoso sistemico hanno una maggiore predisposizione a sviluppare linfoma delle cellule B della zona marginale o linfoma diffuso a grandi cellule, ma il meccanismo che lega i due eventi è ignoto. La proteina osteopontina è una citochina, cioè una molecola segnale che regola l’attivazione di molte cellule immunitarie, tra cui i linfociti T e B, e ha probabilmente un ruolo in questo processo. L’assenza di osteopontina in modelli animali di lupus è associata allo sviluppo di un linfoma ad alta aggressività, suggerendo che abbia un ruolo protettivo contro la trasformazione tumorale dei linfociti B. Si trova infatti molto abbondante nei tessuti affetti da lupus: una sorta di meccanismo di protezione che le cellule colpite dalla malattia autoimmune mettono in atto per limitare il rischio di degenerazione verso il linfoma conclamato. Questo progetto vuole capire a quale livello agisca l’osteopontina e come riesca a tenere sotto controllo la proliferazione incontrollata delle cellule B. Dal punto di vista clinico, la caratterizzazione precisa del ruolo dell’osteopontina potrà essere utilizzato come marcatore di prognosi favorevole, o stimolato farmacologicamente per prevenire l’insorgenza di linfomi in pazienti affetti da lupus o da altre malattie autoimmuni. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Treviglio (BG) nel 1982 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Parma Laureata in Biotecnologie Industriali all’Università degli Studi di Milano-Bicocca PhD in Biotecnologie nel Trapianto di Midollo Osseo Umano all’Università degli Studi di Perugia PhD in Medicina Molecolare e Traslazionale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 77 iros Giacomo Barozzi TUMORI AL POLMONE Il tumore al polmone è la prima causa di morte per malattia oncologica. Questo è principalmente dovuto alla tardività nella diagnosi, quando il tumore è già in metastasi. Il principale fattore di rischio è il fumo, per il quale è chiara la relazione dose-effetto. L’incidenza del tumore al polmone è in diminuzione graduale tra gli uomini ma in crescita fra le donne, a causa proprio dell’aumento nel numero di fumatrici. L’identificazione di marcatori precoci è una delle linee di ricerca più promettenti per migliorare la cura del tumore al polmone. primo QUASI 2 milioni 20% 78 16% 85% tumore più frequente al mondo di nuovi casi all’anno nel mondo delle morti oncologiche sono causate dal tumore al polmone di probabilità di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi dei tumori al polmone è causato dal fumo FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali Ruolo di mutazioni in regioni genomiche regolatrici nell’insorgenza e nella progressione del carcinoma polmonare a piccole cellule. I tumori sono causati da mutazioni nel DNA che alterano i normali processi di regolazione delle cellule, le quali proliferano in modo incontrollato e invadano i tessuti sani. Più una cellula tumorale si divide velocemente e più accumula mutazioni: una delle sfide della biologia del cancro è proprio quella di distinguere, tra tutte le mutazioni, quelle che sono la vera causa della malattia, chiamate “mutazioni guida”, da quelle casuali che non hanno nessun effetto, chiamate “mutazioni passeggere”. Le mutazioni guida, a differenza di quelle passeggere, sono quelle che hanno un ruolo chiave nello sviluppo e nel decorso della malattia, e sono quelle che si ritrovano con alta probabilità in tumori indipendenti e in diversi pazienti. Le mutazioni, inoltre, non avvengono solo nei geni, cioè nei frammenti di DNA che codificano per proteine, ma anche in porzioni di DNA che regolano l’accensione e lo spegnimento dei geni stessi, e che sono chiamate “regioni regolatrici”. Il progetto di ricerca utilizzerà approcci di biologia molecolare e analisi bioinformatiche per individuare e riconoscere le mutazioni “guida” da quelle “passeggere” nel carcinoma polmonare a piccole cellule, che rappresenta il 15% di tutti i tumori polmonari diagnosticati. Una volta perfezionata la strategia sperimentale, potrebbe essere in futuro estesa anche all’analisi delle mutazioni di tumori di origine diversa. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Luino (VA) nel 1984 Laureato in Bioinformatica all’Università degli Studi di Bologna PhD in Molecular Medicine alla Scuola Europea di Medicina Molecolare di Milano 79 Laura Brunelli Roberto Bellini La chirurgia robotica mini invasiva nel tumore al polmone: impatto sulla qualità della vita. Il tumore al polmone è uno dei tumori più difficile da trattare farmacologicamente e la chirurgia, ove possibile, rimane la strategia preferenziale per la cura di questa neoplasia. L’obiettivo di questa ricerca è confrontare, in pazienti affetti da tumore polmonare candidati a resezione anatomica, la chirurgia standard e la chirurgia robotica con sistema Da Vinci. Quest’ultima è una tecnica chirurgica mini invasiva, realizzata con strumentazione altamente tecnologica; lasciando pressoché intatti i tessuti sani, presenta molteplici vantaggi rispetto alla classica chirurgia, tra cui minor dolore post operatorio, minor risposta infiammatoria e immunitaria con conseguente diminuzione delle possibili complicanze e più rapida riabilitazione e riacquisto della funzionalità dell’organo. La ricerca vuole analizzare l’efficacia di questo approccio chirurgico rispetto all’approccio standard nel decorso post-operatorio, il periodo più critico per il paziente sottoposto a chirurgia polmonare, in termini di qualità della vita e di risposta immunitaria. L’obiettivo finale è comprendere quale fra la chirurgia standard e la chirurgia robotica mininvasiva, nello stesso tipo di intervento e con lo stesso tipo di gravità del tumore, consente al paziente una maggiore aspettativa e qualità di vita. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Romano di Lombardia (BG) nel 1979 Laureato in Medicina e Chirurgia ll’Università degli Studi di Pavia 80 Specializzato in Chirurgia Toracica all’Università degli Studi di Pavia Le mutazioni di K-RAS nel metabolismo di cellule di tumore al polmone: implicazioni per la risposta a terapie antitumorali. Il tumore del polmone non a piccole cellule rappresenta l’85% dei tumori polmonari e ha una prognosi estremamente negativa: la sopravvivenza a cinque anni è inferiore al 5%. La prognosi infausta è data sia dalla difficoltà di una diagnosi precoce sia dalla scarsità di terapie davvero efficaci nel tumore conclamato. È necessario quindi sviluppare terapie più mirate, che agiscano sui meccanismi chiave di sopravvivenza del tumore. Il gene K-RAS codifica per una proteina che è coinvolta nel passaggio di segnali dall’esterno della cellula verso l’interno, per regolarne i processi vitali, tra cui il metabolismo. Alcune mutazioni di K-RAS danno un vantaggio metabolico, ma non si sa ancore se provochino effetti diversi tra cellule sane e tumorali. Si sa invece che diverse mutazioni di K-RAS influenzano la sensibilità e la resistenza ai chemioterapici in pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule. Lo scopo della ricerca è proprio quello di capire se esistono differenze metaboliche in cellule sane rispetto a cellule con mutazioni in K-RAS tipiche del tumore polmonare a piccole cellule e valutare se queste eventuali differenze nel metabolismo possano influenzare la risposta ai farmaci e i meccanismi di resistenza alle chemioterapie. Eventuali differenze metaboliche potrebbero essere sfruttate per costituire nuove terapie più efficaci. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Copparo (FE) nel 1983 Laureata in Scienze Biomolecolari e Cellulari all’Università degli Studi di Ferrara PhD in Scienze Farmacologiche all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano 81 Ester Del Signore Francesco Carleo Diagnosi precoce del tumore al polmone: uno studio italiano per un modello di rischio personalizzato. Il tumore al polmone è tra i tumori più letali ed è una delle principali cause di morte nei paesi sviluppati, con un’incidenza in aumento nei paesi in via di sviluppo. Il principale fattore di letalità è la diagnosi tardiva, quando il tumore è in fasi molto avanzate. La tomografia computerizzata a basso dosaggio si è rivelato un ottimo strumento per la diagnosi precoce del tumore del polmone. È raccomandata annualmente per soggetti ad alto rischio, fumatori e di età superiore a 55 anni. Per migliorare ulteriormente la strategia di diagnosi precoce, in particolare del tumore al polmone “non a piccole cellule”, particolarmente aggressivo, la presente ricerca, che fa parte del progetto COSMOS II, vuole identificare nel sangue dei pazienti marcatori della presenza del tumore. In particolare, si concentrerà sull’analisi di 34 microRNA, piccole molecole rilasciate nel sangue in presenza di tumore, e che ne rappresentano la “firma molecolare” da utilizzare come strumento diagnostico. L’obiettivo finale è quello di integrare i dati dai marcatori molecolari con le informazioni cliniche e gli esami radiologici per elaborare un modello di rischio personalizzato per ogni paziente e determinare l’intervallo di tempo per sottoporsi a esami di controllo. Inoltre, la ricerca permetterà di perfezionare i protocolli di diagnosi precoce per identificare il tumore al polmone quando ancora non dà sintomi, la strategia vincente per renderlo più curabile e diminuire la mortalità. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale San Camillo Forlanini di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nato a Roma nel 1977 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma 82 Specializzato in Chirurgia Toracica all’Università “La Sapienza” di Roma Individuazione precoce e trattamento delle metastasi ossee in pazienti affetti da carcinoma polmonare. Le metastasi, cioè la disseminazione di un tumore in organi diversi dalla sede di sviluppo, sono la principale causa di morte nei pazienti oncologici. In particolare, le metastasi dell’apparato scheletrico sono tra le più dolorose e debilitanti. Si sviluppano nel 30-40% dei pazienti con carcinoma polmonare, tumore che già di per sé ha una prognosi infausta ed espone il paziente a un rapido decadimento delle condizioni cliniche generali: maggior rischio di frattura alle ossa, ipercalcemia e dolore difficilmente controllabile con analgesici, con un peggioramento ulteriore della qualità di vita. La ricerca è orientata a perfezionare le metodologie diagnostiche e terapeutiche in pazienti affetti da carcinoma polmonare. Nel 20% dei casi, infatti, la metastasi ossea è diagnosticata solo alla comparsa dei sintomi, a metastasi già avanzate. È necessario quindi identificare marcatori precoci specifici e sensibili, ad esempio nel sangue e nelle urine, per diagnosticare la presenza delle metastasi nelle fasi iniziali. Alcuni metaboliti utili sono già disponibili, ma la loro specificità è ancora oggetto di controversia. La ricerca studierà soprattutto i microRNA, che stanno emergendo come una classe di molecole specifiche di ogni tumore. L’obiettivo è migliorare le attuali strategie di diagnosi e cura delle metastasi ossee in pazienti con cancro al polmone, per garantire loro una qualità di vita accettabile nonostante la prognosi negativa. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Giulianova (TE) nel 1982 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università “La Sapienza” di Roma Specializzata in Oncologia Medica all’Università “La Sapienza” di Roma 83 Chiara Renzi Filippo Lococo Diagnosi precoce del tumore al polmone: uno studio italiano per un modello di rischio personalizzato. La principale causa di letalità del tumore al polmone, una delle neoplasie più aggressive e meno curabili e in aumento tra le donne e nei paesi in via di sviluppo, è la diagnosi tardiva in fase avanzata. Una buona diagnosi precoce si può effettuare con la tomografia computerizzata a basso dosaggio, rivolta in particolare a individui ad altro rischio, come i forti fumatori con più di 55 anni di età. Tuttavia è necessario ottenere degli strumenti diagnostici ancora più sensibili dell’esame strumentale, in particolare per i tumori al polmone “non a piccole cellule”, particolarmente aggressivi. La ricerca, inserito nello studio COSMOS II, si propone di individuare marcatori del tumore, soprattutto circolanti nel sangue. In particolare, si concentrerà sul potenziale diagnostico di 34 microRNA, piccole molecole rilasciate dalle cellule tumorali, e che ne rappresentano la “firma molecolare”. Lo scopo finale è quello di costruire un modello di rischio del cancro al polmone personalizzato per ogni paziente, includendo i dati dei marcatori biologici, le informazioni cliniche e l’esito degli esami radiologici. Questo permetterà di determinare con più precisione l’intervallo di tempo in cui ogni paziente dovrebbe sottoporsi a controllo medico e di perfezionare i protocolli di diagnosi precoce per identificare il tumore al polmone nelle fasi precoci e asintomatiche per renderlo più curabile e offrire ai pazienti migliori prospettive di vita. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nato a Teramo nel 1983 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma 84 Specializzato in Chirurgia Toracica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma Effetti della realtà virtuale sul sistema immunitario per stimolarne la risposta nel tumore al polmone. Le risposte del sistema immunitario sono influenzate in maniera importante dai livelli di stress. Le abilità dei pazienti di far fronte a tali eventi (coping), ad esempio una diagnosi di tumore, ne influenzano la predisposizione, il recupero dopo l’intervento chirurgico e il grado di rischio di recidive. In un modello bio-immuno-psicosociale di approccio al paziente, con l’utilizzo di moderne metodologie di realtà virtuale, ci si propone di sviluppare tecniche d’intervento psicocognitive che, attraverso la moderazione di reazioni psicologiche negative e l’educazione del paziente a efficaci strategie di coping, migliorano le funzioni del sistema immunitario e quindi la velocità di recupero postoperatorio diminuendo le recidive nel lungo termine in pazienti con diagnosi di tumore al polmone. Lo scopo della ricerca è valutare l’efficacia delle tecniche di realtà virtuale sulla funzionalità del sistema immunitario attraverso due parametri: la riduzione dell’ansia pre-operatoria nei pazienti con conseguente miglior decorso post-operatorio, e l’apprendimento di strategie psicologico-cognitive personalizzate per la gestione di eventi stressanti, che stimolando il sistema immunitario riducono il rischio di recidive nel lungo termine. Lo sviluppo di interventi personalizzati attraverso sistemi di realtà virtuale permetterà di aumentare le capacità del paziente di far fronte a eventi stressanti collegati alla malattia migliorando notevolmente la sua qualità di vita. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1985 Laureata in Psicologia all’Università degli Studi di Pavia PhD in Psicologia Sperimentale e Psicobiologia all’Università degli Studi di Pavia 85 Elena Tassi Claudia Sticozzi Il fumo passivo impedisce l’assunzione di lipidi antiossidanti: un legame con le patologie polmonari. È ormai noto e assodato che il fumo di sigaretta sia dannoso per la salute e un grande fattore di rischio per numerosissime patologie, prima fra tutte quelle a carico dei polmoni e del tratto respiratorio. Il fumo passivo è riconosciuto come un “noto agente cancerogeno” per l’uomo dalle principali agenzie internazionali della salute e sembra essere ancora più tossico del fumo attivo, perché stimola la produzione di radicali liberi e ossidanti. Inoltre, in molti casi l’assunzione preventiva di antiossidanti non è così ef- 86 ficiente nel prevenire i danni da fumo passivo e le patologie respiratorie, come enfisemi e tumori; una spiegazione può risiedere nel fatto che il fumo passivo interferisca con i meccanismi di assimilazione di antiossidanti e che ci sia variabilità genetica tra diversi individui. La ricerca vuole indagare meglio questi meccanismi, con particolare riferimento al ruolo della proteina SRB1; è un recettore di membrana che sembra coinvolto nell’assimilazione da parte delle cellule del polmone di vitamina E. La vitamina E è un piccolo lipide solubile dal grande potere antiossidante. Si valuterà se i livelli di SRB1 sono più bassi in pazienti con patologie respiratorie e se questo può predisporre a una maggior probabilità di sviluppare tumore al polmone rispetto a soggetti sani. Profilo immunologico del carcinoma polmonare e associazione con la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva. La bronco-pneumopatia ostruttiva è un’infiammazione cronica delle vie respiratorie; può causare la morte ed è associata a un alto rischio di sviluppare carcinoma al polmone che, a sua volta, è uno dei tumori meno curabili ad oggi. La patologia è caratterizzata da progressiva ostruzione delle vie aeree per accumulo di muco, ispessimento delle pareti dei bronchi con tessuto fibroso e infiammazione causata dall’infiltrazione di cellule del sistema immunitario. Lo scopo della ricerca è caratterizzare le cellule immunitarie nel tumore al polmone e le differenze con il tessuto polmonare sano. Inoltre si vuole chiarire se la presenza di bronco-pneumopatia ostruttiva prima dell’insorgenza del tumore possa essere un fattore di predisposizione, modificando l’immunità anti-tumorale o interferendo con DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Ferrara DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Bari nel 1982 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Bergamo nel 1979 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Siena Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Milano PhD in Fisiologia Molecolare e Cellulare, Farmacologia e Tossicologia all’Università degli Studi di Siena PhD in Medicina Molecolare e Traslazionale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca la risposta a trattamenti stimolanti del sistema immunitario. Verrà valutata la presenza di diversi tipi di cellule immunitarie nel tessuto tumorale e nel tessuto sano prelevati da pazienti. Sarà anche determinata la funzionalità delle cellule immunitarie, in particolare dei linfociti T, e la loro capacità di reagire contro il tumore. Lo scopo atteso è quello di definire meglio le caratteristiche delle cellule immunitarie che si infiltrano nel tessuto polmonare maligno; identificare le differenze tra tumore e tessuto sano e tra presenza e assenza di bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e infine determinare quali cellule o molecole siano coinvolte in questi meccanismi. 87 Andrea CasazzA TUMORI ALL’INTESTINO I tumori all’intestino causano oltre 600.000 morti. Sono causati dalla progressiva mutazione di determinati geni che normalmente bloccano l’eccessiva proliferazione. Vi sono poi alcuni fattori di rischio “ambientali”, come una dieta troppo ricca di carni rosse; essa provoca uno stato di infiammazione cronica che col tempo può favorire la trasformazione neoplastica. L’intestino è inoltre sede della più numerosa comunità di microorganismi, che contribuiscono a mantenere lo stato di salute e a prevenire i tumori. Terzo OLTRE 1 milione ALL’ANNO 2 milioni SECONDA 63% 88 tumore più diffuso al mondo di diagnosi all’anno al mondo le diagnosi stimate nel 2030 causa di morte per tumore nei paesi industrializzati la probabilità di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali I monociti circolanti come marcatori di diagnosi e progressione del carcinoma del colon-retto. Il carcinoma del colon-retto è una delle principali cause di mortalità per tumore nei paesi occidentali: ogni anno sono diagnosticati più di un milione di nuovi casi e oltre mezzo milione di morti. Questo a causa del suo alto tasso di incidenza e delle difficoltà nella diagnosi precoce. Definire quindi dei marcatori affidabili e facilmente ottenibili per il cancro al colon è una priorità nella cura di questo tumore. Il sangue è il tessuto di elezione in cui cercare marcatori per una patologia, per via della semplicità e non invasività del suo prelievo. Nel sangue si trovano molti tipi cellulari diversi, tra cui i monociti circolanti. I monociti sono cellule del sistema immunitario: vengono richiamate al sito di un tumore, attratte dalle molecole prodotte dal tumore stesso, e vengono “sfruttate” per favorire la crescita, la formazione di vasi sanguigni e la migrazione delle cellule cancerogene. I monociti, dopo essere entrati in contatto con cellule di un tumore al colon-retto, modificano il loro “set” di geni spenti e accesi rispetto a monociti che non hanno mai visto un tumore. Hanno quindi una “firma genetica” particolare e possono essere utilizzati come “spie” che rivelano la presenza di un tumore al colon-retto nel paziente. I risultati di questa ricerca hanno una duplice applicazione: da una parte, utilizzare i monociti del sangue come marcatori del tumore, anche nelle sue fasi iniziali, per una diagnosi precoce. Dall’altra identificare bersagli farmacologici per manipolare i monociti contro le cellule del tumore a scopo terapeutico. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO University of Leuven (Belgio) NOTE BIOGRAFICHE Nato a Torino nel 1975 Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Torino PhD in Scienze e Tecnologie Cellulari all’Università degli Studi di Torino 89 Giuseppe Di caro Fulvio Chiacchiera Ruolo della metiltransferasi EZH2 nella tumorigenesi intestinale. Il carcinoma del colon-retto è uno dei tumori più diffusi e la seconda causa di morte per tumore nei paesi occidentali. Le terapie attualmente esistenti non sempre sono in grado di curare la malattia; c’è dunque la necessità di identificare nuove vie biochimiche nel tumore intestinale da sfruttare come bersagli farmacologici. Come molti tessuti adulti, anche nell’intestino esistono le cellule staminali intestinali, coinvolte nella rigenerazione del tessuto. Mutazioni genetiche in queste cellule staminali che ne scombinano la biologia le trasformano in cellule staminali tumorali. Sono le cellule staminali tumorali, infatti, che promuovono la nascita del tumore, ne sostengono la crescita e sono responsabili delle ricadute dopo le terapie. In particolare, la ricerca si focalizzerà sul ruolo della proteina EZH2, un enzima che modifica chimicamente il DNA aggiungendo il gruppo chimico metile per regolare l’accensione e lo spegnimento dei geni in una cellula. EZH2 si trova in alti livelli in molti tumori, inclusi quelli del colon-retto. La sua azione regola geni coinvolti nella divisione e nella proliferazione cellulare; la ricerca vuole indagare se e come, all’interno delle cellule staminali intestinali, EZH2 influenzi la nascita e lo sviluppo dei tumori del colon-retto e come, agendo su di essa con dei farmaci specifici, sia possibile bloccare o rallentare l’espansione del tumore. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Roma nel 1979 Laureato in Scienze Biologiche all’Università della Tuscia 90 PhD in Medicina Molecolare all’Università degli Studi di Trieste I macrofagi mediano la risposta del cancro del colon-retto alla chemioterapia. Il sistema immunitario ha un ruolo ambivalente nella genesi dei tumori. Alcune cellule immunitarie che stimolano la risposta infiammatoria favoriscono la nascita del tumore, mentre le cellule dell’immunità adattativa aiutano a combatterne la crescita e la disseminazione. È quindi molto importante comprendere la relazione tra tumore e sistema immunitario nell’ottica di sviluppare terapie più efficaci. I macrofagi sono cellule immunitarie che rimuovono, fagocitandoli, organismi estranei ma anche detriti cellulari e si infiltrano anche nelle masse tumorali. Sembra che i macrofagi infiltranti agiscano in sinergia con alcuni trat- tamenti chemioterapici per favorire la regressione del tumore in pazienti col cancro del colon-retto. La ricerca si prefigge di verificare queste osservazioni preliminari su due casistiche indipendenti di pazienti e in un modello sperimentale di tumore colorettale. La dimostrazione che i macrofagi sono un “biomarcatore” cellulare capace di predire la risposta clinica alla chemioterapia permetterà una terapia personalizzata e quindi evitare trattamenti potenzialmente tossici. La comprensione dei meccanismi molecolari alla base di questo effetto potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per pazienti con cancro colorettale che non rispondono bene alle chemioterapie standard. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI) NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1981 Laureato in Biotecnologie del Farmaco all’Università degli Studi di Milano PhD in Patologia e Neuropatologia Sperimentale all’Università degli Studi di Milano 91 Paola Simona Ravenda Paolo Luraghi Cellule iniziatrici del cancro colorettale come modello per identificare i segnali di resistenza alle terapie. Il cancro al colon-retto è un tumore ormai ben caratterizzato in tutte le fasi del suo sviluppo come tumore primario; di contro, poco ancora si sa dei meccanismi che regolano la formazione e lo sviluppo di metastasi derivate dalla sede primaria, in particolare in caso di ricadute. Attualmente per curare le metastasi di cancro colo-rettale viene utilizzata una terapia molecolare che colpisce una proteina sulla membrana delle cellule, il recettore del fattore di crescita EGF (EGFR), bloccando in questo modo la proliferazione del tu- more. Tuttavia spesso compaiono metastasi secondarie resistenti alla terapia anti EGFR, che si verificano probabilmente in una piccola frazione del tumore, le cellule iniziatrici o staminali, ma che sostengono la crescita e la ricaduta della malattia. Il progetto si propone di studiare, nei tumori colo-rettali metastatici, i diversi meccanismi di resistenza indotti dal microambiente tumorale. Lo studio avverrà attraverso un modello traslazionale di cellule staminali del cancro derivate da metastasi epatiche di tumori colo-rettali, impiantate poi in modelli animali (xenopazienti). L’obiettivo è quello di individuare le molecole e le altre proteine delle via di segnalazione coinvolte nella resistenza, così da elaborare terapie combinate con inibitori di EGRFR e farmaci che bloccano sul nascere i meccanismi di resistenza. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto per la Cura e la Ricerca sul Cancro di Candiolo (TO) NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1981 Laureato in Biotecnologie Industriali all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 92 PhD in Medicina Molecolare all’Università degli Studi di Torino La biopsia liquida per identificare mutazioni prognostiche e diagnostiche del cancro al colon-retto. Una delle armi più efficaci nella lotta contro le malattie oncologiche è la possibilità di effettuare una diagnosi precoce del tumore, quando è ancora nelle fasi iniziali, è localizzato e vi sono meno probabilità che sviluppi metastasi e resistenza alle terapie. Per effettuare una diagnosi precoce è necessario però avere a disposizione dei marcatori biologici specifici e sensibili, possibilmente ottenibili in modo rapido, economico e non invasivo, ad esempio attraverso un prelievo di sangue. I tumori sono cellule anormali che contengono DNA alterato e mutato: riuscire a indentificare questo DNA permetterebbe di avere in tempo reale l’identikit biomolecolare dello specifico tumore e seguire le sue variazioni al progredire della malattia e durante i trattamenti chemioterapici. Il DNA tumorale rappresenta un potenziale marcatore tumorale molto prezioso per la diagnosi e l’impostazione della terapia personalizzata più adeguata, fatta “su misura” per le specifiche costituzioni genetiche di ogni tumore. Inoltre permetterebbe di anticipare l’evoluzione del tumore prevenendo o riducendo la comparsa di farmacoresistenza, ottimizzando l’approccio terapeutico. La ricerca si propone quindi di isolare e caratterizzare, da un prelievo di sangue, il DNA circolante dell’ adenocarcinoma del colon-retto, e svilupparlo come potenziale marcatore prognostico e diagnostico per questa malattia. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Reggio Calabria nel 1980 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Pavia PhD in Oncologia Medica all’Università degli Studi di Pavia 93 Pietro Vella Fabiana Saccheri Il ruolo del microbiota nel carcinoma del colon-retto. Il microbiota è l’insieme dei microorganismi presenti naturalmente nell’organismo e delle loro interazioni con esso. Contribuiscono a mantenere in salute l’organismo; la modulazione delle popolazioni microbiche può avere dunque un grande impatto sul decorso di molte patologie, ed essere “sfruttate” come arma per combatterle. Un esempio è la microflora batterica intestinale e il suo possibile ruolo nel combattere il cancro del colon-retto. Il carcinoma del colon-retto è uno dei tumori più comuni e una delle cause di morte più frequenti. È una patologia multifattoriale, dovuta a cause sia genetiche che ambientali. Poiché il carcinoma del colon-retto si genera da alterazioni delle cellule della mucosa intestinale, anche il muco potrebbe ricoprire un ruolo essenziale nella genesi tumorale: e proprio nel muco risiedono molti dei microrganismi della flora intestinale. Questo progetto si propone di identificare nelle feci e nel muco dei pazienti possibili marcatori microbici che possano correlare con la presenza o la progressione del tumore e analizzare se nei pazienti affetti da carcinoma colo-rettale vi siano delle differenze nella composizione della flora batterica rispetto a individui sani. La ricerca ha delle grandi potenzialità: si sta iniziando a comprendere solo ora le complesse relazioni tra microbiota, salute e malattie progressive, come i tumori, e le scoperte in questo campo potrebbero aprire la strada a terapie innovative in futuro. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1980 94 Modificazioni del DNA nella predisposizione al cancro del colon-retto. L’infiammazione cronica dell’intestino è un fattore di rischio per il cancro del colon-retto, ma quali siano i segnali molecolari che predispongono le cellule dell’epitelio intestinale alla trasformazione tumorale ancora non è chiaro. Una possibilità è che uno stato infiammatorio persistente alteri le modificazioni a carico del DNA nelle cellule staminali dell’epitelio intestinale (dette ISC), cambiando la regolazione dei geni e predisponendole a diventare maligne. Esistono infatti delle modificazioni del DNA reversibili che non alterano la sequenza delle basi ma che servono ad accendere e spegnere i geni quando è necessario; l’insieme di questi meccanismi è chiamata epigenetica. Il suo ruolo nell’infiammazione delle cellule staminali intestinali è ciò che la ricerca si propone di studiare. Verranno confrontate le modificazioni epigenetiche di cellule isolate da intestino normale, da intestino cronicamente infiammato e da intestino con cancro del colon-retto. Gli obiettivi sono da un lato comprendere come diversi livelli di infiammazione alterino le modificazioni epigenetiche del DNA, e dall’altro stabilire come si modifichi l’identità delle staminali intestinali al punto di farle diventare staminali tumorali. Comprendere il legame tra infiammazione e cancro colo-rettale è di grande importanza per attuare strategie di prevenzione e di terapia efficaci. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1983 Laureata in Biologia Molecolare all’Università degli Studi di Milano Laureato in Biologia molecolare della cellula all’Università degli Studi di Milano PhD in Molecular Medicine alla Scuola Europea di Medicina Molecolare di Milano PhD in Molecular Medicine alla Scuola Europea di Medicina Molecolare di Milano 95 Laura Lorenzon TUMORI GASTRICI I tumori allo stomaco sono in genere accompagnati da una prognosi negativa, principalmente a causa del ritardo nella diagnosi. I sintomi infatti vengono spesso scambiati per gastrite o ulcera e la diagnosi di tumore, che si effettua tramite una gastroscopia, avviene di solito in fase avanzata. Un fattore di rischio è la presenza dell’Helicobacter pylori, un batterio che vive a livello dello stomaco e che può modificare gli equilibri fisiologici dell’organo, favorendo la trasformazione tumorale. QUARTO tumore più comune al mondo 119.000 nuovi casi ogni anno in Europa DAI 45 ANNI 35% Profilo prognostico del tumore dello stomaco. Il tumore allo stomaco è il quarto tumore più diffuso al mondo ed è ad alto rischio di recidive. Data quindi la sua rilevanza clinica, molti sforzi vengono impiegati per identificare marcatori prognostici dell’aspettativa di vita e della sopravvivenza nei pazienti. Lo studio si propone di valutare, in 250 pazienti sottoposti a gastrectomia totale o parziale per tumore dello stomaco, la capacità prognostica di alcuni marcatori clinici, patologici e molecolari. In particolare la ricerca analizzerà in dettaglio l’espressione di proteine HER2/Neu, di specifici microRNA e il numero di linfonodi positivi alle cellule tumorali. Saranno inoltre valutate la sopravvivenza globale e la sopravvivenza libera da tumore gastrico, mettendo in relazione queste informazioni cliniche con i dati molecolari e istologici. Lo studio permetterà di valutare l’utilità di questi marcatori nella comune pratica clinica al fine di selezionare quelli con migliore performance e attendibilità. Permetterà inoltre di selezionare pazienti a maggior rischio di recidiva da sottoporre quindi a un follow-up postoperatorio intensivo e frequente nel tempo e a terapie molecolari mirate. in su età media di insorgenza del tumore allo stomaco probabilità di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università “La Sapienza” di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1978 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università “La Sapienza” di Roma 96 FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali EUCAN- IARC (International Agency for Research on Cancer) http://eco.iarc.fr/eucan/Default.aspx PhD Metodologie di Ricerca Sperimentale e Clinica in Oncologia all’Università “La Sapienza” di Roma 97 grant 2014 Gloria Ravegnini Tumori mesenchimali gastrointestinali: analisi dei micro-RNA e di un nuovo potenziale farmaco. I tumori gastrointestinali sono tumori di origine mesenchimale piuttosto comuni. Sono caratterizzati da mutazioni in alcuni recettori presenti sulla superficie delle cellule: recettori delle proteine tirosina chinasi, KIT e PDGRFA, che controllano vie biochimiche di proliferazione cellulare. Le mutazioni provocano un mancato controllo e scarso mantenimento della stabilità cellulare. Identificare tutte le molecole coinvolte nella mancata regolazione di queste vie di segnalazione, possibilmente specifiche e caratteristiche dei tumori gastrointestinali, è di grande importanza per effettuare diagnosi e prognosi più precise, somministrare il farmaco corretto e anticipare l’insorgere di resistenza. Questo è lo scopo del progetto, con particolare riferimento ai microRNA coinvolti nei tumori gastrointestinali. I microRNA sono una famiglia di piccole molecole che controllano l’espressione genica e sono spesso sregolate in molte tipologie di cancro. Nella ricerca verrà valutato il comportamento dei microRNA in linee cellulari e modelli animali di tumore gastrointestinale trattati con una nuova molecola, BYL-719, da solo o in combinazione con un altro farmaco, l’imatinib. L’ambizione di questo progetto è quella di identificare i cambiamenti nei microRNA indotti dal trattamento col farmaco. Questi potrebbero rappresentare nuovi marcatori biologici per la malattia e svelare i meccanismi di resistenza ai farmaci. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Bologna NOTE BIOGRAFICHE Nata a Rimini nel 1984 Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Bologna 98 PhD in Farmacologia e Tossicologia all’Università degli Studi di Bologna il nostro sostegno alla ricerca scientifica 99 Laura Gragnani TUMORE AL FEGATO Il tumore al fegato primario è relativamente poco comune, mentre estremamente diffusi sono i tumori al fegato secondari, cioè metastasi che provengono da tumori in altri organi. Esistono fattori di rischio che predispongono a tumori al fegato primari, prima fra tutti l’infezione da parte del virus dell’epatite C, ma anche stati di infiammazione cronica come la cirrosi. La funzionalità del fegato non è compromessa anche in presenza di grosse masse tumorali, il che rende la sua diagnosi spesso tardiva. sesto 85% oltre 75% più di 60 anni tumore più comune al mondo dei tumori primari al fegato è diagnosticato nei paesi in via di sviluppo dei tumori al fegato primari sono causati dal virus dell’Epatite C età media di insorgenza Analisi dei mircro-RNA nei carcinomi epatici e nei linfomi causati dal virus dell’epatite C. Diversi virus umani sono associati a un rischio maggiore di sviluppare alcuni tipi di tumore. Tuttavia, il virus dell’epatite C (HCV) è l’unico conosciuto capace di indurre nell’uomo due tipi di tumori molto diversi: il carcinoma epatico e il linfoma. Considerata la diffusione delle infezioni croniche da virus dell’epatite C, si tratta di un problema di salute pubblica non indifferente. È essenziale quindi capire i meccanismi con i quali il virus HCV provoca il carcinoma al fegato o il linfoma nel sangue. L’attenzione della ricerca è rivolta verso i microRNA: si tratta di piccole molecole coinvolte nella regolazione fine dell’espressione genica. Essi controllano quali geni sono accesi o spenti, in modo reversibile, in una cellula. Questi contribuiscono a far svolgere a tipi cellulari diversi funzioni diverse, e potrebbero essere coinvolte nella carcinogenesi o nella linfomagenesi in cellule infettate dal virus HCV. In questo studio si eseguirà infatti per la prima volta, un’analisi comparativa dei microRNA nei due tipi di tumore legati all’infezione da HCV. Le informazioni che si otterranno potrebbero consentire di attribuire ad alcuni microRNA il ruolo di marcatori tumorali da impiegare per facilitare la diagnosi e definire meglio la prognosi aiutando nel monitoraggio e nella previsione di risposta a una certa terapia. Infine, potranno essere usati come potenziali bersagli per lo sviluppo di nuove terapie specifiche e non invasive. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Firenze NOTE BIOGRAFICHE Nata a Prato nel 1975 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Firenze 100 FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali PhD in Medicina Clinica e Sperimentale all’Università degli Studi di Firenze 101 Laura Santangelo Kelly Hudspeth Il ruolo delle cellule natural killer nella risposta immunologica contro il carcinoma epato-colonrettale. Comprendere come il sistema immunitario combatte i tumori è una delle frontiere nello sviluppo di terapie anti-tumorali, in particolare in stadi avanzati, come nel caso di metastasi del fegato causate da un tumore del colon-retto. Le cellule “natural killer” (NK) sono un tipo di linfociti particolari: hanno la peculiare capacità di riconoscere e uccidere cellule tumorali anche senza averle mai viste prima, a differenza dei linfociti e di altre cellule immunitarie che devono essere prima “istruite” a riconoscere un tumore. L’ipotesi da cui prende avvio il progetto è che vi sia una correlazione positiva tra il numero delle cellule NK presenti nelle metastasi epatiche da cancro del colon-retto e l’aspettativa di vita del paziente. In particolare, attraverso tecnologie di immunoistochimica, si vuole valutare se il numero delle cellule NK presenti nelle metastasi epatiche da cancro del colon sia influenzato dalla somministrazione della chemioterapia. Successivamente si valuterà come questo influenzi la risposta più o meno favorevole del paziente alla chemioterapia, e se possa essere un indicatore predittivo del decorso della malattia. Ci aspettiamo che i risultati ottenuti contribuiscano a una migliore comprensione della patogenesi delle metastasi epatiche da cancro del colon-retto e che permettano lo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI) NOTE BIOGRAFICHE Nata a Lexington, South Carolina (USA) nel 1978 Laureata in Biological Science all’Auburn University di Auburn (USA) 102 PhD in Patologia Sperimentale e Neuropatologia all’Università degli Studi di Milano Le interazioni tumore-stroma nel fegato: bersaglio di micro-RNA terapeutici veicolati con esosomi. Un tumore non è un tessuto isolato, ma interagisce continuamente con l’ambiente esterno, lo stroma: esso è costituito da altre cellule di supporto, dette fibroblasti, e dalle cellule del sistema immunitario e della rete vascolare. Lo stroma a sua volta non è inerte, ma “comunica col tumore” e può anche favorirne la nascita e la proliferazione, rilasciando molecole infiammatorie e rimodellando la matrice extracellulare. In questo progetto viene proposta una strategia terapeutica finalizzata a sopprimere alcune funzioni alterate in cellule stromali del fegato, coinvolte nei processi di fibrosi e sviluppo di tumori epatici, sfruttando piccole molecole di RNA, i microRNA. Essi sono dei fini regolatori dell’espressione genica, e vengono usati per “ristabilire” l’ordine nelle cellule tumorali fuori controllo. Il limite nel loro utilizzo come molecole terapeutiche è che sono molto fragili, ed entrano a fatica nelle cellule attraverso le membrane cellulari. La ricerca vuole valutare specificità ed efficacia di introdurre i microRNA in speciali “trasportatori”, gli esosomi, prodotti da epatociti in coltura. Tale strategia protegge le molecole di RNA terapeutico dalla degradazione, e permette un più facile passaggio attraverso le membrane dei fibroblasti dello stroma, dove gli RNA agiscono per alterare il microambiente epatico e sfavorire la crescita del tumore. I risultati non solo valuteranno il potere anti-tumorale nello stroma di microRNA ma perfezioneranno una strategia per trasportare efficacemente nelle cellule queste piccole molecole terapeutiche. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Policlinico Umberto I di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1969 Laureata in Biologia all’Università “La Sapienza” di Roma PhD in Genetica e Biologia all’Università “La Sapienza” di Roma 103 grant 2014 Mauro Scotti Estensione dei criteri convenzionali per il trapianto di fegato nel carcinoma epato-cellulare. Il carcinoma epato-cellulare è tra i tumori più comuni al mondo. Il trattamento più adeguato è il trapianto di fegato, poiché consente di rimuovere sia il tumore sia la cirrosi, cioè il tessuto sofferente circostante. I parametri per valutare l’idoneità al trapianto, tra cui il numero e la dimensione dei tumori e il livello di vasi sanguigni infiltranti, sono elencati nei Criteri Convenzionali di Milano. Questo progetto si prefigge di estendere l’idoneità al trapianto anche per pazienti affetti da carcinoma epato-cellulare esclusi dalla lista di attesa del trapianto perché non rientrano nei criteri convenzionali, e che attualmente possono accedere solo a terapie palliative ma non curative. Nello studio verrà analizzato il più alto numero di carcinomi epato-cellulari al mondo; saranno arruolati pazienti con diagnosi di epatocarcinoma al di fuori degli attuali criteri di trapiantabilità, ma con una prognosi di sopravvivenza in caso di trapianto superiore al 50%. Questi pazienti saranno sottoposti a trattamenti chemioterapici e/o chirurgici per retrostadiare il tumore, cioè riportarlo in una fase meno avanzata rendendo i pazienti idonei per un successivo trapianto di fegato. I vantaggi attesi consistono nel poter offrire l’opzione del trapianto a pazienti che non ne potrebbero usufruire sulla base dello stadio clinico iniziale della malattia, valutando anche i reali benefici del trapianto in termini di sopravvivenza a lungo termine. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Monza nel 1981 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 104 Specializzato in Chirurgia Generale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca il nostro sostegno alla ricerca scientifica 105 Sara Cattelani TUMORI DEL SISTEMA NERVOSO Esistono numerose tipologie di tumori del sistema nervoso, a carico delle diverse cellule specializzate che lo compongono. I più comuni sono i gliomi, come i glioblastomi e gli astrocitomi, mentre il neuroblastoma è molto comune nei bambini. I tumori primari del sistema nervoso sono abbastanza rari, mentre più frequenti sono le metastasi da parte di altri tumori, come seno e polmone. Tuttavia sono molto aggressivi e causano sintomi debilitanti, tra cui aumento della pressione intracranica con forti mal di testa e disturbi fisici e cognitivi. 21 persone seconda 15% 90% 106 FONTI: Orphanet (www.orpha.net), www.cbtrus.org Epicentro (www.epicentro.iss.it) ogni 100.000: incidenza di tumori cerebrali nei paesi industrializzati causa di morte per malattie oncologiche negli uomini tra 0 e 49 anni Il polimorfismo di p53 nella nascita e nella risposta alla chemioterapia nel neuroblastoma. p53 è una proteina estremamente importante e presente in tutte le cellule dell’organismo: è chiamata il “guardiano del genoma” perché protegge il DNA da danni e mutazioni. Mutazioni che aboliscono la funzione di p53 infatti si ritrovano in moltissimi tumori umani di diversa origine. Curiosamente, p53 non è mai mutato nel neuroblastoma, un tumore solido cerebrale diffuso in età pediatrica. Tuttavia, variazioni genetiche in p53 normalmente presenti nella popolazione (polimorfismi) che non causano malfunzionamenti di p53, possono regolarne la sua attività e influenzare lo sviluppo del neuroblastoma. Ad esempio, alcuni pazienti hanno alcune mutazioni in punti specifici del gene p53, che fanno sì che la proteina corrispondente abbia un aminoacido prolina al posto di un amminoacido arginina; questi pazienti hanno una sopravvivenza al neuroblastoma minore a cinque anni. Come mai? Scopo della ricerca è capire come piccole variazioni in p53, apparentemente senza grandi effetti, possano influenzare l’insorgenza e l’aggressività del neuroblastoma e la risposta ai chemioterapici. Queste conoscenze potrebbero gettare le basi per una terapia del neuroblastoma personalizzata basata sulle caratteristiche genetiche del gene p53 di ogni singolo paziente. percentuale di glioblastomi, i tumori cerebrali più aggressivi percentuale di neuroblastomi diagnosticati al di sotto dei 5 anni di età DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia NOTE BIOGRAFICHE Nata a Modena nel 1980 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia PhD in Medicina Clinica e Sperimentale all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia 107 Annalisa Morgano Silvia Cristofanon Il ruolo della via biochimica di Hippo nelle recidive del glioblastoma: verso un nuovo bersaglio terapeutico. Il glioblastoma è il tumore cerebrale più diffuso nell’adulto e molto difficilmente curabile, anche a causa delle sue frequenti ricadute. Lo scopo della ricerca è quello di caratterizzare una via biochimica che sembra essere particolarmente importante nelle recidive del glioblastoma, e che quindi rappresenta un importante potenziale bersaglio da colpire con farmaci mirati per ridurre la frequenza di ricadute. Tramite sequenziamento dell’RNA da campioni di tessuto di glioblastomi prelevati da pazienti, è stata identifi- 108 cata la proteina TEAD2 appartenente alla via biochimica di Hippo, come possibile responsabile dei cambiamenti di espressione dei geni nelle recidive di glioblastoma. TEAD2 si trova infatti a livelli più alti nei glioblastomi recidivi e influenza circa il 20% dei geni responsabili dell’aumento di migrazione e aggressività della recidiva. Il progetto vuole dunque approfondire questa linea di ricerca: di particolare interesse, infine, sarà valutare l’effetto del Verteporfin, un inibitore della via di Hippo sulla crescita di cellule di glioblastoma ottenuti da campioni di pazienti. In caso di risultati positivi, il Verteporfin potrebbe in futuro essere utilizzato come nuovo farmaco per prevenire o curare le ricadute in pazienti affetti da glioblastoma. La via di segnalazione di NOTCH nei paragangliomi del collo e della testa: crescita e differenziamento delle cellule. I paragangliomi della testa e del collo sono rari tumori del sistema nervoso che spesso danno origine a metastasi e per i quali la chirurgia è l’unica cura. Quando l’intervento non è realizzabile, le opzioni terapeutiche sono limitate e ad oggi non esistono terapie mirate per questo tipo di tumore, con conseguente prognosi infausta per i pazienti. Lo scopo del progetto è comprendere i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza dei paragangliomi; la conoscenza più approfondita dei meccanismi è un pre-requisito per sviluppare terapie mirate più efficaci e marcatori biologici per il follow-up dei pazienti, i quali, anche se operati con successo, devono essere seguiti tutta la vita perché non è possibile DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Chieti-Pescara NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1978 NOTE BIOGRAFICHE Nata ad Atessa (CH) nel 1977 Laureata in Biologia all’Università “Tor Vergata” di Roma Laureata in Scienze Ambientali all’Università degli Studi del Molise PhD in Biologia Molecolare e Cellulare all’Università “Tor Vergata” di Roma PhD in Oncologia e Patologia Molecolare all’Università degli Studi di Chieti-Pescara monitorare potenziali recidive attraverso marcatori. La ricerca si focalizza sul ruolo della proteina NOTCH in linee cellulari di paragangliomi isolate da pazienti operati. La proteina NOTCH è coinvolta in una via di segnalazione che regola l’equilibrio tra proliferazione e differenziamento delle cellule. Nei paragangliomi, essa è sregolata a causa di un alterato numero di copie del gene NOTCH e dalla perdita di meccanismi di controllo. La caratterizzazione di come l’alterazione di NOTCH può influenzare la tumorigenesi nel paraganglioma sarà anche molto utile per identificare nuovi bersagli farmacologici. 109 Cristina Richichi Barbara Ortensi Identificazione di micro-RNA coinvolti nell’invasione del glioblastoma. Il glioblastoma multiforme è il tumore cerebrale più aggressivo e incurabile. Una delle cause è l’elevata capacità di invasione delle cellule staminali tumorali, che disseminandosi lontano dalla sede di sviluppo primario fanno sì che sia molto difficile rimuovere chirurgicamente l’intera massa tumorale. I pazienti quindi hanno generalmente una prognosi infausta. Lo scopo del progetto è identificare le molecole responsabili del processo di disseminazione del glioblastoma; ideare una strategia per bloccare la loro azione e di conseguenza impedire l’infiltrazione delle cellule tumorali nel tessuto cerebrale sano, permettendo così una rimozione efficace del tumore tramite chirurgia. L’attenzione sarà rivolta soprattutto a una classe di piccole molecole: i microRNA. Essi hanno funzione di regolare in maniera fine l’espressione dei geni in una cellula. Quando gli stessi microRNA sono deregolati, la cellula può andare incontro a trasformazione maligna, come accade nelle cellule staminali tumorali. Alcuni microRNA potrebbero essere coinvolti nella regolazione della proteina RAI, la quale a sua volta stimola la migrazione di cellule del glioblastoma attraverso l’ambiente extra-cellulare. Lo scopo è quello di analizzare un set di microRNA deregolati nel glioblastoma prelevati da un ampio numero di pazienti, in modo da identificare, nonostante la variabilità genetica tra individui, una firma molecolare comune da usare per sviluppare nuove terapie. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1975 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano 110 PhD in Molecular Medicine all’Open University di Londra (UK) Il canale del cloro intracellulare come nuovo biomarcatore del glioblastoma umano. Il glioblastoma è il tumore cerebrale più aggressivo e letale. Le difficoltà di trattamento clinico di questo tumore sono dovute alla complessità dei meccanismi che ne guidano l’insorgenza e la progressione. La conoscenza di questi meccanismi è fondamentale per identificare molecole che siano da un lato biomarcatori utili per una diagnosi precoce e per la scelta della terapia più adeguata, e dall’altra possibili bersagli farmacologici. CLIC1 è una proteina che regola i flussi dello ione cloro nelle cellule: i livelli di CLIC1 sono più alti in cellule di glioblastoma rispetto a cellule sane, e sono tanto più alti tanto peggiore è la prognosi per il paziente. Inoltre, se i livelli di CLIC1 vengono “spenti” in alcune cellule particolari, dette staminali del cancro, queste hanno una diminuita capacità di rigenerarsi e di stimolare la propagazione del tumore. CLIC1 sembra quindi una proteina importante nella genesi e nell’evoluzione del glioblastoma, e scopo del progetto è quello di comprenderne in meccanismi di azione. La ricerca si prefigge inoltre di valutare se le cellule di glioblastoma rilasciano CLIC1 nel sangue e se questi livelli possono essere utilizzati come indicatori diagnostici e prognostici della presenza e dello stadio della malattia. Infine, si intende chiarire se CLIC1 possa essere utilizzato come marcatore dell’aggressività del tumore e della prognosi del paziente ed essere sfruttato come bersaglio molecolare per terapie farmacologiche. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1974 Laureata in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Milano PhD in Neurofarmacologia all’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano 111 TUMORE DI TESTA E COLLO I tumori della testa e del collo comprendono tutti i tumori del cavo orale, di laringe, faringe, cavità nasali, collo, orecchio e ghiandole salivari. La probabilità di sopravvivenza è più alta rispetto ad altri tipologie di tumore, a patto di diagnosticarli tempestivamente. I fattori di rischio sono eccessivo consumo di alcol e fumo ma anche infezioni dai virus dell’Epstein Barr (EBV) e del Papilloma umano (HPV) e una cattiva igiene orale. 112 quinto tumore più diffuso al mondo 13.000 i nuovi casi in Italia ogni anno 75% dei tumori testa e collo oltre i 50 anni è causato da fumo e alcool 10-20% casi di cancro della cavità orale e della laringe positivi all’HPV 50-60% probabilità di guarigione a cinque anni dalla diagnosi FONTI: Linee Guida AIOM 2013 (www.aiom.it) Borsa di ricerca sostenuta grazie alla Delegazione di Roma Instabilità genomica nel carcinoma di testa e collo: il ruolo delle mutazioni positive di p53. Il corretto funzionamento delle cellule è garantito da un DNA integro. Mutazioni e cambiamenti rispetto alla sequenza originale sono coinvolte nello sviluppo di malattie, prima fra tutte il cancro. Il 50% dei tumori umani presenta mutazioni nell’oncosoppressore p53, detto “guardiano del genoma”, che ha un ruolo di primo piano nel mantenimento della stabilità genetica. Il carcinoma squamoso della testa e del collo è caratterizzato da un’alta instabilità genomica, e ha frequentemente mutazioni in p53. La maggior parte delle mutazioni di solito distrugge il funzionamento di una proteina: in certi casi, invece, le mutazioni sono positive e fanno acquisire alle proteine una nuova funzione che però sfugge al controllo cellulare, come accade a p53 nel carcinoma squamoso della testa e del collo. Silvia Di Agostino In questo progetto verrà studiato il ruolo delle mutazioni positive di p53 nel mantenimento delle caratteristiche tumorali e nell’instabilità genomica di cellule di carcinoma della testa e del collo. Particolare attenzione sarà rivolta a mutazioni di p53 che controllano microRNA e RNA messaggeri di geni della risposta al danno al DNA. Questi dati saranno poi incrociati con i dati clinici dei pazienti come lo stadio, la grandezza del tumore e lo stato dei linfonodi. Questa analisi ci permetterà di ottenere uno strumento predittivo-prognostico della probabilità di guarigione, di recidiva e di risposta a terapie farmacologiche per il carcinoma squamoso di testa e collo. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1974 Laureata in Scienze Biologiche all’Università di Roma Tre PhD in Embriologia Medica all’Università “Tor Vergata” di Roma 113 Archana Varadaraj Martino Monteverde Citotossicità dipendente da anticorpi in pazienti con carcinoma a cellule squamose di testa e collo. Negli ultimi anni le terapie basate su anticorpi monoclonali hanno avuto sempre più diffusione in oncologia: sono specifici per proteine espresse dalle cellule tumorali e possono stimolare il sistema immunitario del paziente contro il tumore. La citotossicità mediata da cellule dipendenti da anticorpi è un meccanismo immunitario nel quale alcune cellule immunitarie, come monociti, macrofagi e cellule natural killer, riconoscono, grazie a dei recettori chiamati FcR, porzioni di anticorpi legati a una cellula tumorale, e vi rilasciano all’interno molecole tossiche, uccidendole. Alcuni anticorpi sintetici usati in terapie oncologiche, tra cui il rituximab o il cetuximab, usato nel trattamento del cancro al seno positivo a HER2, potrebbero almeno in parte agire tramite questo meccanismo. Questa ricerca si propone di studiare il meccanismo della citotossicità mediata da anticorpi in pazienti trattati con cetuximab per tumori avanzati di testa e collo o tumori metastatici del colon-retto. Verranno studiate le cellule immunitarie natural killer estratte dal sangue di pazienti trattati con cetuximab e valutate le eventuali differenze nei recettori FcR. Lo scopo ultimo è mettere in relazione differenze nella risposta e nella varietà dei recettori con l’esito della terapia e la sopravvivenza del paziente in assenza di recidive del tumore. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo NOTE BIOGRAFICHE Nato a Novi Ligure (AL) nel 1973 Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Genova 114 PhD in Biologia Evoluzionistica e Conservazione della Biodiversità all’Università degli Studi di Torino La regolazione di Ubc9 nel carcinoma a cellule squamose di testa e collo. Ubc9 è una proteina espressa in tutte le cellule dell’organismo: è un enzima che si trova al centro di una via biochimica chiamata SUMOrilazione che regola la funzione di molti processi cellulari, come la crescita e la divisione. Proprio in virtù del suo ruolo chiave nella vita delle cellule, un’alterata SUMOrilazione può causare squilibri tra proteine che facilitano la progressione tumorale (oncoproteine) e di proteine che la sopprimono (oncosoppressori) a favore delle prime. Alti livelli di Ubc9 sono stati già correlati allo sviluppo di tumori della pelle, del polmone, della prostata e del seno e sono associati a sviluppo di resistenza alle chemioterapie. Il papilloma virus umano (HPV) è tra le cause scatenanti di diversi tumori, primo fra tutti quello alla cervice ma anche il carcinoma a cellule squamose di testa e collo. I livelli della proteina Ubc9 cambiano in cellule tumorali infettate dal ceppo 16 di HPV: l’obiettivo della ricerca è quello di esplorare la regolazione biochimica di Ubc9, la sua stabilità e le modificazioni a cui Ubc9 va incontro in cellule di carcinoma della testa e del collo infettate o meno da HPV. I risultati potranno svelare da una parte la relazione tra regolazione di Ubc9 e progressione tumorale e dall’altra comprendere l’effetto del virus del papilloma sui livelli di Ubc9 e sull’evoluzione del carcinoma a cellule squamose di testa e collo. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Chennai (India) nel 1979 Laureata in Biochimica all’University of Madras (India) PhD in Pathology all’University of Cambridge (IK) 115 grant 2014 Daniela Vivenza Presenza del virus del papilloma e correlazione con p16 e con la sopravvivenza nei tumori della testa e del collo. I tumori della testa e del collo rappresentano la sesta causa di morte per cancro al mondo. Sono un insieme di tumori che originano nelle vie aero-digestive come il cavo orale, la faringe, la laringe, i seni paranasali e le ghiandole salivari. Fino ad alcuni anni fa il fumo e l’abuso di alcool erano considerati i maggiori fattori di rischio, ma di recente è emerso che l’infezione da parte del virus del papilloma umano (HPV), causa anche della maggior parte dei tumori della cervice uterina, sia un’importante condizione predisponen- te ai tumori di testa e collo. L’obiettivo del progetto è di identificare un marcatore sensibile e specifico della presenza di infezione da HPV nel tessuto tumorale dei pazienti con cancro oro-faringeo. La presenza di HPV ha come conseguenza la diminuzione nelle cellule infettate della proteina p16, che serve a “mettere a freno” la divisione cellulare. Bassi livelli di p16 sono una delle cause del potere pro-tumorale del virus HPV. La ricerca vuole mettere a punto un sistema per identificare il genoma del virus HPV nei tessuti dei pazienti e correlare i livelli del virus con i livelli di p16 e con lo stadio del tumore. Infine, si vuole verificare se cambiamenti dei marcatori di HPV nel sangue correlino con il tumore e con la risposta clinica, in modo da utilizzarlo come marcatore nella gestione dei pazienti; fornirebbe al medico un indicatore oggettivo di risposta alla terapia per prescrivere al paziente un trattamento personalizzato. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale S.Croce e Carle di Cuneo NOTE BIOGRAFICHE Nata a Torino nel 1968 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Torino 116 PhD in Medicina Molecolare all’Università del Piemonte Orientale il nostro sostegno alla ricerca scientifica 117 Angelo Cicalese MELANOMI E TUMORI DELLA PELLE La pelle è il tessuto dell’organismo esposto verso l’ambiente esterno e quindi sottoposto a maggiore stress ambientale. Uno dei maggiori fattori di rischio per i tumori alla pelle è l’esposizione ai raggi ultravioletti del sole. La loro energia penetra nei melanociti e possono causare danni e mutazioni nel DNA, anticamera della trasformazione tumorale. Il melanoma è curabile, tramite asportazione chirurgica, senza conseguenze se diagnosticato in tempo mentre la sua forma metastatica è molto aggressiva. terzo 1% 85% 40-50% tumore più frequente in Italia al di sotto dei 50 anni di età di tutte le morti per tumore la probabilità di sopravvivenza a 5 anni se diagnosticato in tempo dei melanomi cutanei ha una mutazione nel gene BRAF Identificazione di geni “bersaglio” di farmaci nel melanoma attraverso uno screening ad alta risoluzione. Il melanoma metastatico è un tumore della pelle aggressivo e devastante con poche terapie da proporre ai pazienti. In realtà, esistono molti tipi di melanoma, in cui sono mutati diversi geni e diverse vie biochimiche, e per i quali terapie su misura sarebbero la scelta ideale. Il progetto di ricerca persegue due scopi: il primo è quello di analizzare a livello molecolare diversi casi clinici in modo da dividere il melanoma in specifici sottotipi, per creare una mappa genetica e molecolare che possa avere un valore prognostico. In parallelo, con uno screening mediante la tecnica dell’interferenza da piccoli RNA, si identificheranno i geni essenziali per la crescita tumorale, in modo da poter studiare nuovi farmaci gene-specifici in ogni sottotipo di melanoma. L’interferenza da piccoli RNA consiste nell’introdurre nelle cellule piccole molecole di RNA, specifiche per spegnere di volta in volta un particolare gene. Dall’analisi di come cambia la proliferazione e la vita delle cellule in assenza di un dato gene, si può risalire alla sua funzione biologica e patologica. I primi risultati hanno rivelato che i melanomi metastatici hanno un diverso contenuto di cellule staminali iniziatrici del tumore, nei quali si è trovato un gruppo di geni specifici che potrebbero essere coinvolti nelle caratteristiche tumorali. Grazie a questo doppio approccio si spera di arrivare a caratterizzare la malattia nei singoli pazienti così da proporre terapie personalizzate. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1975 Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Milano 118 FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali PhD in Life Sciences alla Open University di Londra (UK) 119 Katiuscia Dallaglio Cellule staminali del melanoma umano: ruolo del microambiente. Il melanoma è la forma più letale di cancro della pelle, caratterizzata da elevata resistenza alle terapie. Molti studi indicano che le cellule staminali del tumore siano responsabili di questa resistenza: causano recidiva da malattia e, in alcuni casi, la formazione di metastasi. Queste cellule comunicano in modo specifico con il microambiente tumorale, costituito dalle cellule sane e dai fattori che circondano il tumore. Il microambiente influenza molto lo sviluppo e le caratteristiche di un tumore, e comprendere questa complessa relazione è essenziale per trovare 120 Borsa di ricerca sostenuta grazie alla Delegazione di Roma potenziali nuovi bersagli terapeutici. L’obiettivo principale della ricerca è identificare quali sono di preciso i fattori che mediano la comunicazione tra cellule staminali di melanoma e microambiente tumorale, e quali effetti si osservano quando questi fattori vengono inibiti. Di particolare interesse è l’identificazione dei fattori prodotti dalle cellule staminali di melanoma, ma non dalle cellule tumorali non-staminali, quando si trovano a contatto col microambiente esterno. Terapie che rimuovono anche il 99% della massa tumorale ma non il sottogruppo di staminali del cancro sono di solito inefficienti per curare definitivamente il paziente. Comprendere le sottili differenze tra cellule tumorali e cellule tumorali staminali è la chiave per elaborare terapie farmacologiche mirate verso quest’ultime e offrire migliori prospettive di cura a lungo termine ai pazienti affetti da melanoma. Dalle cellule alla proteomica: analisi di linee cellulari di melanoma resistenti a BRAF e ai farmaci. Il melanoma metastatico è una devastante forma di cancro caratterizzato da una prognosi infausta e la sua incidenza nella popolazione è in aumento. Negli ultimi anni una speranza di cura era arrivata dall’utilizzo di farmaci come il dabrafenib o il vemurafenib, che agiscono bloccando la proteina BRAF; essa si trova al centro di una via biochimica che promuove la crescita delle cellule, ed è mutata nel 4060% dei melanomi; rappresenta quindi un ottimo bersaglio farmacologico da colpire per bloccare la crescita del melanoma. Sfortunatamente, molti melanomi in fase avanzata e metastatica sviluppano resistenza agli inibitori di BRAF, con conseguente recidiva del tumore. Il progetto è focalizzato sullo studio dei meccanismi alla base dell’acqui- DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Superiore di Sanità di Roma NOTE BIOGRAFICHE Nata a Montecchio Emilia (RE) nel 1981 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Tivoli (RM) nel 1982 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università di Modena e Reggio Emilia Laureato in Biologia ed Evoluzione Umana all’Università “Tor Vergata” di Roma PhD in Medicina Molecolare e Rigernerativa all’Università di Modena e Reggio Emilia PhD in Immunologia e Biotecnologie applicate all’Università “Tor Vergata” di Roma Claudio Tabolacci sizione di questa resistenza, per identificare i processi metabolici che la causano. Una volta identificati i bersagli più promettenti sarà possibile individuare nuove terapie con farmaci adiuvanti, per ridurre la resistenza e debellare il melanoma, offrendo ai pazienti un aumento della speranza di vita. A questo scopo, verranno utilizzate delle linee cellulari di melanoma resistenti al dabrafenib e vemurafenib, sulle quali effettuare uno screening con diverse molecole e analizzare gli effetti sulla crescita e sulla vitalità delle cellule al fine di individuare quelle che sono in grado di ridurla o bloccarla, da utilizzare poi per svilupparle in nuovi farmaci contro il melanoma. 121 Amalia Conti SARCOMI E TUMORI DEI TESSUTI MOLLI I sarcomi e i tumori dei tessuti molli comprendono tutti i tumori a carico del muscolo, del tessuto adiposo e connettivo, dei legamenti e dei vasi sanguigni e linfatici. Sono tumori piuttosto rari ma che se non diagnosticati in tempo offrono ben poche possibilità di cura ai pazienti. Spesso i tumori dei tessuti molli causano sintomi molto vaghi e non immediatamente riconoscibili: per questo è importante individuare marcatori specifici e precoci per questa tipologia di tumori. 3 persone più di 50 ogni 100.000: incidenza globale di questi tumori all’anno i tipi di sarcoma, diversi dal punto di vista istopatologico e clinico 90% sopravvivenza a 5 anni se diagnosticato in tempo 15% sopravvivenza a 5 anni se sono già presenti metastasi Studio di marcatori ematici del sarcoma delle parti molli attraverso le nanoparticelle. I sarcomi delle parti molli sono un gruppo di tumori maligni dell’apparato muscolo-scheletrico con diagnosi e prognosi complesse, soprattutto in casi di ricadute. Come per tutti i tumori, una diagnosi precoce migliora l’esito del trattamento, la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. La scoperta nel sangue di biomarcatori tumorali, come certe proteine, indicativi di un certo rischio di tumore o dello stadio della malattia, permette sia di diagnosticarla precocemente, sia di monitorare la progressione e il trattamento in modo semplice e non invasivo per il paziente. Gli attuali metodi di rilevamento dei marcatori però non sono particolarmente sensibili, e spesso non riescono ad evidenziare molecole presenti in piccole quantità, ad esempio negli stadi precoci della malattia, quando invece la diagnosi precoce sarebbe molto utile. Scopo della ricerca è quello di identificare nuovi marcatori circolanti per il sarcoma nei fluidi biologici dei pazienti utilizzando una tecnologia innovativa: le nano-particelle. Esse sono in grado di “imprigionare” efficacemente proteine presenti anche in piccole quantità prima che vengano distrutte dagli enzimi del plasma. L’analisi dei tipi e delle quantità di questi marcatori permetterà di stratificare i vari tipi e stadi di sarcomi anche in fasi iniziali, offrendo nuove prospettive di cura. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna NOTE BIOGRAFICHE Nata a Campobasso nel 1979 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Bologna 122 FONTI: Linee Guida AIOM 2013 (www.aiom.it) Specializzazione in Patologia Clinica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma 123 grant 2014 Valeria Leuci Immunoterapia con cellule killer indotte da citochine contro le cellule staminali del cancro nei tumori mesenchimali. L’immunoterapia, cioè lo sfruttamento delle proprietà del sistema immunitario, è una delle più promettenti armi contro i tumori, ma occorre ancora comprendere meglio i meccanismi della relazione tra tumore e cellule immunitarie. Questo progetto mira a studiare la possibilità di utilizzare cellule del sistema immunitario per colpire tumori mesenchimali come i sarcomi. In particolare, la strategia è quella di colpire un sottotipo di cellule tumorali, definite staminali del cancro, che sostengono la crescita del tumore, sono responsabili delle recidive e della resistenza alle chemioterapie e sono le più difficili da individuare e colpire con i farmaci. L’immunoterapia si basa sull’uso di un tipo di globuli bianchi, i linfociti T, raccolti con prelievi di sangue ed espansi in laboratorio, rendendoli capaci di riconoscere e uccidere i tumori: queste cellule vengono chiamate cellule Killer indotte da citochine, molecole naturalmente prodotte dalle cellule immunitarie. Lo scopo ultimo è quello di esplorare e definire le basi biologiche di un nuovo trattamento immunoterapico capace di sradicare le cellule che alimentano lo sviluppo tumorale. Verranno utilizzati campioni di tumori e linfociti prelevati dagli stessi pazienti in modo da elaborare un trattamento personalizzato e fornire dati quanto più affidabili per future applicazioni cliniche nel trattamento di tumori di origine mesenchimale come sarcomi dell’osso e dei tessuti molli. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Ricerca e Cura sul Cancro di Candiolo (TO) NOTE BIOGRAFICHE Nata a Terlizzi (BA) nel 1980 Laureato in Biotecnologie Mediche all’Università di Modena e Reggio Emilia 124 PhD in Oncologia Umana all’Università degli Studi di Torino il nostro sostegno alla ricerca scientifica 125 Barbara Pardini TUMORE ALLA VESCICA Il tumore alla vescica si manifesta principalmente tra i 60 e i 70 anni. I sintomi principali sono presenza di sangue nelle urine e dolore e difficoltà a urinare. La sopravvivenza è piuttosto alta anche se non è sempre prevedibile l’evoluzione e la risposta alla terapia, che è generalmente chirurgica con chemioterapia adiuvante. Vi sono diversi fattori predisponenti tra cui il fumo, una dieta ricca di grassi e l’esposizione prolungata a sostanze come le nitrosamine e le ammine aromatiche, comuni in certi processi industriali. 3% secondo 3 70% di tutti i tumori fra i tumori urologici maschili dopo il tumore alla prostata volte più frequente negli uomini che nelle donne probabilità di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi in Italia Il sequenziamento di nuova generazione per identificare micro-RNA plasmatici nel cancro alla vescica. I microRNA sono piccole molecole di RNA presenti naturalmente nelle cellule con un ruolo fondamentale nella regolazione dell’espressione genica. Negli ultimi anni è stato delineato il loro coinvolgimento nello sviluppo di molte malattie tra cui i tumori, incluso quello alla vescica. Il tumore alla vescica è una delle neoplasie più spesso diagnosticate in Europa; identificare quindi nuove molecole da poter utilizzare come marcatori diagnostici e prognostici è di grande interesse clinico. Di grande rilevanza sono soprattutto i marcatori che sono rilasciati nel sangue, poiché sono analizzabili a basso costo e senza metodiche invasive per il paziente. Scopo del progetto è proprio l’identificazione di variazioni nei livelli e nelle tipologie di microRNA, collegati con la formazione e lo sviluppo del tumore ala vescica, nel sangue di pazienti rispetto a individui sani. Per identificarli con precisione verranno utilizzate le tecnologie di sequenziamento di nuova generazione, che permettono di identificare anche RNA presenti in numero ridotto, ma significativi della presenza della malattia. Lo scopo finale è quello di individuare i microRNA coinvolti nel processo di formazione e sviluppo del tumore alla vescica per utilizzarli come biomarcatori. La specificità dei microRNA dovrebbe inoltre permettere la caratterizzazione puntuale dei vari stadi del tumore alla vescica e quindi di sviluppare nuove strategie di cura personalizzata. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Human Genetics Foundation di Torino NOTE BIOGRAFICHE Nata a Lucca nel 1978 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Pisa 126 FONTI: Rapporto AIRTUM-AIOM 2013 per i dati italiani World Cancer Research Fund (www.wcrf.org) per i dati internazionali PhD in Microbiologia e Genetica all’Università degli Studi di Pisa 127 Serena Rubina Baglio TUMORE ALLE OSSA I tumori primari alle ossa sono relativamente rari, a differenza dei tumori metastatici che invece sono molto frequenti. I più frequenti sono l’osteosarcoma, a carico del tessuto osseo, il condrosarcoma, a carico della cartilagine, e il sarcoma di Ewing, una forma particolarmente aggressiva. I tumori ossei primari sono frequenti in bambini e adolescenti, con una età media di diagnosi introno ai 20 anni. La terapia è di solito una combinazione di chemio e radioterapia, talvolta accompagnata da chirurgia. 350 20-25% nuovi casi all’anno di tumore primario alle ossa in Italia percentuali di osteosarcomi tra tutti i tumori dell’apparato scheletrico 60% probabilità di sopravvivenza 40% aumento della probabilità di sopravvivenza negli ultimi 20 anni grazie ai progressi della medicina Gli esosomi nella comunicazione tra stroma e tumore nella progressione dell’osteosarcoma. L’osteosarcoma è un tumore delle ossa estremamente aggressivo che colpisce soprattutto bambini e adolescenti durante la crescita. Spesso i pazienti non rispondono alle terapie, di conseguenza la percentuale di sopravvivenza in presenza di metastasi non supera tutt’oggi il 30%. È quanto mai urgente aumentare la comprensione dei meccanismi alla base della formazione delle metastasi per lo sviluppo di terapie innovative che offrano ai pazienti affetti da osteosarcoma una migliore possibilità di cura. Il progetto di ricerca in particolare si focalizza sul ruolo nella progressione dell’osteosarcoma di alcune piccole vescicole rilasciate dalle cellule tumorali. Queste vescicole, chiamate esosomi, contengono proteine e altre molecole che le cellule rilasciano per comunicare con altre cellule e con l’ambiente esterno del tessuto, il mi- croambiente. Tra le cellule presenti nel microambiente ve ne sono alcune, dette stromali: sono cellule che forniscono sostegno al resto del tessuto, sia sano sia tumorale. Le cellule tumorali dell’osteosarcoma “alterano la comunicazione” manipolando gli esosomi affinché le cellule stromali favoriscano la crescita del tumore e la formazione di metastasi. La ricerca vuole comprendere meglio questo complesso meccanismo di comunicazione tra cellule tumorali e cellule ‘normali’ presenti nel microambiente del tumore e studiare il contenuto degli esosomi per identificare nuovi marcatori diagnostici e terapeutici. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO VU University Medical Center di Amsterdam (Olanda) NOTE BIOGRAFICHE Nata a Caltanissetta nel 1982 Laureata in Biotecnologie farmaceutiche all’Università degli Studi di Bologna 128 FONTI: Epicentro (www.epicentro.iss.it) National Cancer Institute (www.cancer.gov) PhD in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Bologna 129 CONOSCERE LA SCIENZA PER UNA PREVENZIONE CONSAPEVOLE La salute è un diritto inalienabile dell’essere umano, sancito anche dalla Costituzione Italiana. La scienza e la medicina hanno scoperto molte della cause genetiche e soprattutto ambientali e comportamentali che aumentano le probabilità di ammalarsi, ad esempio di tumore. La conoscenza dei risultati della scienza porta consapevolezza e la consapevolezza conferisce la libertà di scelta e di azione, mettendo nelle condizioni i cittadini di metterne in pratica le raccomandazioni per preservare la propria salute e migliorare la qualità della vita. Costruire il dialogo tra scienza e società per una cittadinanza consapevole. Nei paesi industrializzati l’aspettativa di vita nell’ultimo secolo si è allungata enormemente, grazie ai progressi compiuti dalla medicina. La scienza ha fornito molta conoscenza su come curarci e soprattutto su come prevenire le malattie e migliorare la nostra salute. Per essere davvero al servizio della collettività la scienza deve però anche essere in grado di dialogare con essa, trovare un linguaggio condiviso per comunicare i propri risultati. Il progetto si propone di implementare, all’interno di una Fondazione fortemente attiva nel sostegno alla scienza e alla ricerca, nuove strategie di diffusione della cultura scientifica tramite diversi canali. Sul web, con un blog, verrà presentato il mondo della ricerca italiana e la scienza prodotta nei laboratori del paese, in particolare quella Chiara Segré volta a migliorare la prevenzione e la cura delle malattie croniche, e fra tutti i tumori. Verranno inoltre organizzate conferenze, incontri, dibattiti e corsi di aggiornamento sui temi più attuali della scienza e della salute; medicina personalizzata, prevenzione, alimentazione. Lo scopo è da una parte divulgare nuove conoscenze scientifiche utili per mantenersi in salute ma soprattutto fornire strumenti di riflessione sul metodo che guida un buon progresso scientifico. L’obiettivo finale è costruire un linguaggio condiviso tra scienza e società, per una scienza al servizio della collettività e per una cittadinanza consapevole e partecipativa. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Fondazione Umberto Veronesi, sede di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1982 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca PhD in Molecular Medicine alla Scuola Europea di Medicina Molecolare di Milano 130 Master in Giornalismo e Comunicazione Istituzionale della Scienza all’Università degli Studi di Ferrara 131 Le malattie cardio-cerebrovascolari, come infarto del miocardio e ictus, rappresentano nel loro insieme il primo” killer” e la prima causa di malattia nel mondo occidentale; esse condividono meccanismi di base e fattori di rischio comuni con tumori a vasta prevalenza, quali quelli ormono-dipendenti nell’uomo e nella donna. Almeno uno su quattro casi di malattie cardio-cerebrovascolari si potrebbe prevenire grazie a sane abitudini di vita, alimentazione di tipo mediterraneo, esercizio fisico, astensione dal fumo. Queste malattie rientrano pertanto pienamente negli interessi della Fondazione Umberto Veronesi in quanto largo spazio viene oggi assegnato alle strategie di prevenzione nella lotta per ridurre la loro prevalenza (“non solo curare il malato di oggi, ma evitare il malato di domani”). La ricerca in questo settore si concentra oggi da una parte sulla definizione di nuovi marcatori molecolari o biochimici di disfunzioni cardiache allo scopo di ottenere nuovi strumenti diagnostici e di identificare bersagli finora sconosciuti per lo sviluppo di farmaci innovativi; dall’altra,si studiano fattori di rischio convenzionali (ipertensione, diabete, ipercolesterolemia etc) e non (es. aspetti psicologici o socio-economici) per migliorare la predizione clinica di tali malattie e si attua una prevenzione dietetica prima che farmacologica. In questo contesto si situano i progetti proposti con le domande di Borse di Ricerca e Progetti di Ricerca che sono risultati vincitori per il 2014: marcatori molecolari della funzione di cellule cardiache e vascolari, ruolo di processi infiammatori di base nello scompenso cardiaco e nelle sindromi di ischemia cerebrale, cardioprotezione con antiossidanti naturali, basi genetiche e biochimiche di disfunzioni cardiache familiari, nuovi parametri di diagnosi precoce di disturbi cardiaci valvolari. Alla salvaguardia della salute del nostro cuore potranno così lavorare quest’anno, nell’ ambito delle iniziative della Fondazione, otto giovani post-doc e tre ricercatori indipendenti, accuratamente selezionati per la loro qualità scientifica, la loro esperienza internazionale e l’ originalità del loro progetto di ricerca. Maria Benedetta Donati 132 Head, Laboratory of Translational Medicine - Department of Epidemiology and Prevention - IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed BORSE CARDIOLOGIA E MALATTIE CRONICHE Le patologie cardiovascolari sono malattie a carico del cuore e dei vasi sanguigni. Tra le cause principali, vi è l’aterosclerosi, cioè il restringimento dei vasi sanguigni per un’occlusione causata da accumulo di colesterolo, infiammazione e ispessimento delle pareti. Le conseguenze possono essere infarto, ictus e sindromi vascolari. Rientrano nelle malattie cardiovascolari anche difetti congeniti del cuore, patologie reumatiche e croniche, scompenso e insufficienza cardiaca. Sono molto diffuse nei paesi occidentali, soprattutto a causa di errati stili di vita e mancata prevenzione. prima OLTRE 4 milioni 4 VOLTE 223 80% causa di morte al mondo nei paesi industrializzati di decessi all’anno in Europa aumento di frequenza di infarto negli uomini rispetto alle donne fino ai 60 anni costo pro capite in euro delle spese sanitarie a causa delle malattie cardiovascolari riduzione delle morti per malattie cardiovascolari migliorando gli stili di vita e la prevenzione FONTI: Organizzazione mondiale della sanità (WHO) http://www.who.int Epicentro www.epicentro.iss.it 133 Stefania Croci Ersilia Cipolletta La proteina CaMKII nell’ipertrofia cardiaca: un nuovo bersaglio terapeutico. La proteina Calcio/Calmodulina dipendente di tipo II (CaMKII) è una chinasi, cioè un enzima che modifica altre proteine aggiungendo un gruppo chimico, detto fosfato. La sua azione, regolata dai livelli di calcio, ha un importante ruolo nella segnalazione cellulare in molte vie fisiologiche e in molti tessuti. È molto importante nel rimodellare il tessuto del cuore, ed è coinvolta nell’ipertrofia cardiaca. L’ipertrofia è un aumento di dimensioni del cuore, in particolare dei ventricoli. È normale che avvenga in risposta a un esercizio fisico sos- tenuto o in gravidanza, ma se è eccessiva può diventare patologica e causare malattie cardiovascolari. Conoscere le vie biochimiche che controllano l’ipertrofia è importante per sviluppare nuovi farmaci efficaci. Questo progetto vuole studiare l’efficacia di AntCantide, un inibitore di CaMKII; si tratta di un peptide, cioè una corta sequenza di amminoacidici, che in vitro si lega alla proteina CaMKII e la blocca: occorre ora valutare in un modello in vivo la capacità di AntCantide di ridurre l’ipertrofia ventricolare sinistra. CaMKII interagisce nelle cellule con ERK, una proteina che accende o spegni alcuni gruppi di geni: la ricerca vuole indagare anche se CaMKII provoca ipertrofia cardiaca attraverso l’azione di ERK. I risultati della ricerca diranno se CaMKII può essere efficacemente usata come bersaglio di farmaci per contrastare l’ipertrofia ventricolare sinistra. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Salerno NOTE BIOGRAFICHE Nata a Napoli nel 1976 Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi Federico II di Napoli 134 PhD in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale all’Università degli Studi Federico II di Napoli L’infiammazione nelle patologie croniche vascolari al crocevia tra reumatologia e cardiologia. Le vasculiti dei grandi vasi sono malattie autoimmuni croniche che coinvolgono l’aorta e le sue diramazioni principali. Sono caratterizzate da infiltrazioni di cellule immunitarie, come granulociti, che causano infiammazioni e ispessimento anomalo del tessuto intorno. Le conseguenze possono essere molto gravi: perdita della visione, aneurismi all’aorta, ischemie e infarti. Le terapie attuali si basano sulla somministrazione di glucocorticoidi, ma la durata della terapia non può essere prevista a priori e in più dell’80% dei pazienti insorgono gravi effetti collaterali. Occorrono quindi nuove terapie per affiancare o sostituire quelle esistenti per migliorare la cura e prevenire più efficacemente le recidive e gli eventi cardiovascolari. Questo progetto ha l’obiettivo di comprendere nuovi meccanismi molecolari e immunologici coinvolti nello sviluppo delle vasculiti dei grandi vasi per identificare nuovi potenziali bersagli farmacologici e biomarcatori correlati alla severità della malattia. In particolare, la ricerca deve verificare il coinvolgimento di tre componenti che da studi preliminari sembrano essere importanti nelle infiammazioni da vasculiti: alcuni microRNA, l’interleuchina-22 e la via di segnalazione di mTOR. Queste tre vie molecolari sembrano essere correlate alla percentuale di alcune cellule immunitarie infiltrate e alla severità della malattia. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia NOTE BIOGRAFICHE Nata a Reggio Emilia nel 1976 Laureata in Biotecnologie all’Università degli Studi di Bologna PhD in Oncologia all’Università degli Studi di Bologna 135 Silvia Dragoni Carmine Del Giudice Valutazione del composto SM13 nella proliferazione del muscolo liscio vascolare. L’aterosclerosi è la formazione di placche ispessite sulle pareti dei vasi sanguigni: sono la causa principale di ostruzione dei vasi e di molti scompensi cardiovascolari. Le cellule che si trovano dentro e intorno alle placche, come quelle della muscolatura liscia dei vasi, sono sottoposte a stress e a danno al DNA: esse attivano la proteina p53, un soppressore tumorale che in presenza di danni estesi al DNA scatena la morte programmata nelle cellule. In questo modo, si contrasta l’espansione della placca aterosclerotica. Stimolare i livelli e le azioni di p53 farmacologicamente potrebbe quindi aiutare i medici a trattare con più efficacia questa patologia, e a prevenire le complicazioni circolatorie. Come fare ad alzare i livelli di p53 nella muscolatura liscia dei vasi? Ad esempio, bloccando i meccanismi che distruggono p53 nelle cellule. La proteina MDM2 si lega a p53 e ne promuove la sua degradazione, come meccanismo di controllo a livello fisiologico. La ricerca si propone testare gli effetti di SM13; è una molecola che impedisce a MDM2 di degradare p53, e che dovrebbe quindi causare un aumento di p53 con conseguente morte delle cellule muscolari lisce dei vasi e diminuzione delle placche aterosclerotiche. SM13 potrebbe quindi essere utilizzato per costruire farmaci per il trattamento di patologie vascolari molto comuni, come l’aterosclerosi. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi Federico II di Napoli NOTE BIOGRAFICHE Nata ad Aversa (CE) nel 1983 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi Federico II di Napoli 136 PhD in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale all’Università degli Studi Federico II di Napoli Un’arma contro le malattie cardiovascolari e il cancro: il differenziamento delle cellule che formano colonie endoteliali. Le cellule endoteliali costituiscono le pareti dei vasi sanguigni. Derivano da progenitori che si trovano nel midollo osseo, da cui vengono mobilitate in caso di ischemia o verso i tumori, per sostenerne la crescita. Tra i progenitori, solo un tipo particolare, dette cellule formanti colonie endoteliali (ECFC) sono in grado di generare nuovi vasi sanguigni. Come avviene la maturazione delle cellule ECFC in cellule endoteliali mature? Un importante ruolo in questo processo è giocato da un fattore di crescita, detto endoteliale vascolare (VEGF), che promuove la proliferazione e la migrazione delle ECFC e il loro differenziamento, interagendo con componenti del microambiente del tessuto. La ricerca vuole studiare meglio ques- ta complessa relazione tra cellule endoteliali immature (ECFC), fattore di crescita VEGF e microambiente per comprendere come le cellule ECFC maturano e danno origine a nuovi vasi sanguigni. Verranno usati come modelli cellule isolate da pazienti sani o affetti da cancro alla mammella, per evidenziare differenze tra stato normale e stato patologico. Le applicazioni terapeutiche del progetto sono duplici: da un lato, capire come controllare il differenziamento delle ECFC è utile per stimolare la riparazione dei tessuti e dei vasi nelle malattie cardiovascolari, dall’altro identificare molecole che stimolano nuovi vasi nei tumori getta le basi per nuove terapie antitumorali. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO University of Massachusetts di Lowell (USA) NOTE BIOGRAFICHE Nata a Codogno (LO) nel 1986 Laureata in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Pavia PhD in Fisiologia e Neuroscienze all’Università degli Studi di Pavia 137 Francesco Rotella Paolo Poggio Stenosi della valvola aortica: identificazione precoce e possibili trattamenti. La stenosi della valvola aortica è la più comune patologia alle valvole cardiache nei paesi industrializzati, con un’incidenza del 2-3% nella popolazione con più di 65 anni: questa percentuale è destinata ad aumentare in futuro, col progressivo incremento della longevità. Diversi studi clinici sono stati sviluppati con lo scopo di fermare la progressione della patologia ma purtroppo i risultati non sono stati risolutivi. La comunità scientifica ha ipotizzato che i trattamenti siano iniziati troppo tardi, quando la patologia è già in uno stadio irreversibile. Lo scopo principale di questo progetto è l’analisi della progressione della stenosi a partire dalle fasi iniziali, in concomitanza con l’inizio delle terapia a base di statine. Lo stadio iniziale della stenosi aortica è la sclerosi aortica: in questa fase la funzionalità della valvola è ancora nei parametri di normalità ma è a questo punto che sarebbe utile identificare dei biomarcatori che indichino un inizio della degenerazione della valvola. Il progetto si pone questo obiettivo, accanto alla valutazione dell’effetto delle statine sulla progressione della stenosi. I dati ottenuti da questi due approcci paralleli permetteranno di implementare un nuovo screening veloce e affidabile per la stenosi della valvola aortica, con prospettive concrete di avanzamento nel suo trattamento clinico. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Centro Cardiologico Monzino di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Biella nel 1985 Laureato in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche all’Università del Piemonte Orientale 138 PhD in Scienze Farmacologiche all’Università degli Studi di Milano Predittori psicologici e psichiatrici nelle terapie cardiovascolari. La sindrome coronarica acuta è una delle più comuni patologie cardiovascolari; la terapia volta a riconsentire la rivascolarizzazione dell’area colpita, è sia farmacologica che interventistica. I pazienti vengono seguiti dopo l’intervento; tuttavia esistono pochi studi che valutano l’impatto della sindrome cardiaca e della vita post-intervento sullo stato psicologico, cognitivo e psichiatrico dei pazienti. La ricerca vuole proprio analizzare i predittori psicologici e psichiatrici in soggetti con sindrome coronarica acuta che hanno subito un intervento di rivascolarizzazione. I pazienti verranno seguiti tramite un follow-up di 36 mesi. Per ognuno verrà raccolta una storia clinica completa di parametri clinici, emato-chimici, strumentali e funzionali, con particolare attenzione a eventuali precedenti psichiatrici. Sarà inoltre eseguita una valutazione dello stato cognitivo e della qualità della vita, somministrando alcuni test psicologici. I dati ottenuti serviranno ad arricchire la valutazione dei pazienti con sindrome coronarica acuta e a renderla più completa e utile da un punto di vista clinico. In particolare, si vuole confermare la teoria, già supportata da alcuni studi, che sintomi depressivi abbiano un impatto negativo sull’esito cardiologico. Verrà anche valutato l’impatto sul decorso della patologia di altre variabili come la qualità della vita e lo stato cognitivo. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Firenze NOTE BIOGRAFICHE Nato a Firenze nel 1979 Laureato in Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Firenze PhD in Translational Medicine all’Università degli Studi dell’Aquila 139 Elena Sommariva Maria Elena Sana Dai geni alle basi molecolari della sindrome del cuore sinistro ipoplasico. La sindrome del cuore sinistro ipoplasico è una cardiopatia congenita che rappresenta la più comune causa di morte per anomalie cardiache nel primo mese di vita. È caratterizzata da una grave ipoplasia, cioè uno sviluppo ridotto, del lato sinistro del cuore e causa grossi scompensi nel suo funzionamento. Pur essendo una patologia complessa e multifattoriale, ha anche una forte componente di predisposizione genetica. Lo scopo della ricerca è quello di individuare varianti e mutazioni in geni coinvolti nel meccanismo molecolare 140 che scatena la patologia. Attraverso le tecnologie del sequenziamento del DNA di nuova generazione e l’utilizzo di modelli cellulari verranno analizzati 200 pazienti e le rispettive famiglie: si tratta del più grande gruppo di pazienti mai analizzato, data la rarità della patologia. Le informazioni genetiche verranno poi incrociate con i dati clinici e la storia familiare; l’obiettivo finale è quello di caratterizzare non solo le varianti genetiche ma anche i meccanismi molecolari alla base dell’insorgenza della sindrome del cuore sinistro ipoplasico. Un’approfondita conoscenza della malattia rappresenta la base per ottimizzare la consulenza prenatale delle famiglie, sviluppare migliori strategie terapeutiche per i bambini affetti e guidare i clinici verso più efficace stratificazione del rischio. Le proteine LDL, adipociti e cellule dello stroma cardiaco nella displasia aritmogenica del ventricolo destro. La displasia aritmogenica del ventricolo destro (ARDV) è una patologia del cuore caratterizzata da una sostituzione di cellule muscolari cardiache con cellule adipose, che porta ad aritmie e morte improvvisa, soprattutto in giovani atleti. È una malattia genetica ma spesso pazienti portatori della stessa mutazione mostrano gravità diverse. È importante indagare i meccanismi molecolari per comprendere quali altri fattori, oltre alla genetica, intervengano nel determinare diversi gradi di gravità della patologia. I pazienti affetti da ARVD presentano valori moderatamente elevati di LDL, lipoproteine coinvolte nel trasporto del colesterolo. Una forma ossidata di LDL è responsabile di stimolare le cellule cardiache ad accumulare grasso nei pazienti ARDV ed è quindi probabile che alterati livelli di lipidi plasmatici LDL DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Centro Cardiologico Monzino di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Bergamo nel 1982 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1976 Laureata in Bioinformatica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano PhD in Oncologia molecolare e Farmacologia all’Università degli Studi di Ferrara PhD in Molecular Biology al St.Georges Hospital Medical School di Londra (UK) possano agire come cofattore per favorire l’accumulo di grasso nel cuore. Il progetto vuole proprio comprendere meglio questo meccanismo valutando il rapporto tra livelli di LDL normali e LDL ossidati nel plasma, eventuali correlazioni con varianti genetiche e il meccanismo molecolare attraverso cui le LDL ossidate stimolano l’incorporazione di tessuto adiposo nel cuore. L’obiettivo finale è chiarire parte dei meccanismi clinici e molecolari della variabilità di gravità della displasia aritmogenica del ventricolo destro, contribuendo così a migliorare le conoscenze sulla patologia e a identificare un nuovo potenziale approccio terapeutico. 141 Valentina Vacca Dalle cellule T e dall’estradiolo: differenze sessuali e nuove prospettive terapeutiche per il trattamento del dolore cronico. Il dolore neuropatico è un dolore cronico provocato dalle fibre nervose che trasmettono segnali errati ai centri del dolore nel cervello, anche in assenza di un danno reale. É causato da lesioni e disfunzioni del sistema nervoso ed è associato a diverse patologie, e colpisce soprattutto il genere femminile. Negli ultimi anni è stato sempre più evidenziato il ruolo del sistema immunitario, in particolare dei linfociti T, nello sviluppo e nell’andamento di tale sindrome. Nelle donne, inoltre, l’attività del linfociti è maggiore e le ferite guariscono più rapidamente rispetto agli uomini. La ricerca vuole quindi indagare se questa maggiore “aggressività” immunitaria nel sesso femminile possa interferire con l’origine del dolore neuropatico e attraverso quali meccanismi. In particolare, i linfociti T sono regolati da un altro gruppo di linfociti, detti linfociti T regolatori (Treg) e dall’ estradiolo, un ormone sessuale femminile che potrebbe spiegare la diverse suscettibilità al dolore neuropatico fra i sessi. L’obiettivo della ricerca è quello di capire come modulare i linfociti Treg e l’estradiolo in modo da ridurre l’eccessiva infiltrazione dei linfociti T nell’area di lesione garantendo una corretta risposta immunitaria in grado di prevenire lo sviluppo del dolore. L’individuazione dei meccanismi coinvolti potrebbe suggerire nuove strategie d’intervento terapeutico per il trattamento del dolore cronico utilizzabile anche in clinica medica. Regolazione epigenetica di RUNX3 nella spondilite anchilosante. La spondilite anchilosante è una malattia infiammatoria che colpisce la colonna vertebrale e le articolazioni del bacino. Considerata un’artrite reumatica cronica e autoimmune, nella sua forma più grave porta a rigidità, deformità della colonna vertebrale, dolore e disabilità. Le cause della patologia sono ancora ignote, anche se sono stati identificati alcuni geni probabilmente responsabili della malattia, tra i quali il gene RUNX3. Lo scopo del progetto è identificare la funzione e il ruolo di RUNX-3 e delle sue varianti nella spondilite anchilosante per identificare nuovi bersagli terapeutici. RUNX3 regola la maturazione di un tipo di cellula immunitaria, i linfociti CD8, coinvolti nella risposta autoimmune tipica dalla spondilite anchilosante. Molte delle mutazioni identificate di RUNX si trovano nelle regioni regola- DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del CNR di Roma DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO University of Oxford (UK) NOTE BIOGRAFICHE Nata a Cassino (FR) nel 1984 Laureata in NEUROBIOLOGIA presso “La Sapienza” di Roma 142 Matteo Luca Vecellio Borsa di ricerca sostenuta grazie alla Delegazione di Roma PhD in Farmacologia all’Università “La Sapienza” di Roma trici del gene, che influenzano i livelli e le tempistiche con cui è espresso nei linfociti. La ricerca si focalizza anche sui meccanismi che modificano i geni per regolarne l’espressione; questi fenomeni vanno sotto il nome di epigenetica. Una volta identificata la regolazione epigenetica di RUNX3 verranno studiati gli effetti sulla maturazione dei linfociti CD8 nel promuovere o rafforzare la risposta autoimmune. Ad oggi non esiste una cura efficace per la spondilite anchilosante; comprendere nuovi meccanismi patologici può offrire concrete possibilità di sviluppare terapie farmacologiche efficaci. NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1981 Laureato in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca PhD in Medicina Molecolare e Traslazionale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 143 Il cervello è l’organo più complesso del nostro organismo. L’attività delle cellule del cervello è alla base di tutte le nostre funzioni, dalle più semplici, come camminare o respirare, alle più complesse, tra cui l’apprendimento e la memoria. Nonostante gli enormi progressi degli ultimi anni, le Neuroscienze rappresentano ancora un campo in gran parte sconosciuto che richiede, per essere esplorato, metodi sempre più multidisciplinari e integrati, nonché l’impiego e lo sviluppo di tecnologie avanzate. Se da una parte l’approccio molecolare consente una sempre maggiore comprensione dei meccanismi alla base del funzionamento del cervello, l’imaging cerebrale ha permesso di ottenere una mappa anatomica della mente. Nel loro insieme questi approcci sperimentali hanno dimostrato in maniera sempre più diretta la stretta correlazione fra le molecole e i processi mentali. Nel nostro cervello i neuroni sono connessi tra loro da contatti specializzati chiamati sinapsi. Quando i neuroni e le sinapsi vanno incontro a disfunzioni, abbiamo malattie psichiatriche o patologie neurodegenerative. Con l’invecchiamento della popolazione, solo in Italia si contano oltre un milione di persone che soffrono di malattie neurodegenerative. Purtroppo, le terapie che abbiamo in uso consentono nella maggior parte dei casi soltanto di trattare i sintomi della malattia, senza rimuoverne le cause o rallentarne significativamente l’evoluzione. Abbiamo bisogno di metodi di diagnosi precoce, marcatori diagnostici affidabili, studi molecolari che permettano lo sviluppo di farmaci sempre più specifici e abbiamo bisogno di identificare e attuare efficaci strategie di prevenzione. L’European Brain Council si è impegnato a rendere il 2014 l’Anno del Cervello. Capire come funziona il cervello è infatti la sfida più grande rimasta alla scienza e le malattie del cervello sono la sfida più grande per la società del XXI secolo. La Fondazione ha raccolto questa sfida e ha premiato, attraverso il conferimento di finanziamenti per Borse e Progetti di Ricerca, giovani ricercatori che svolgono progetti di alta innovazione scientifica, mirati all’identificazione dei processi molecolari alterati nel corso di patologie neurodegenerative e al trasferimento dei risultati dai laboratori alla clinica. Michela Matteoli 144 CNR and Università degli Studi di Milano Director of Neuroscience Program Humanitas Research Hospital BORSE NEUROSCIENZE Le malattie neurologiche comprendono le malattie del sistema nervoso centrale (sclerosi multipla, malattie cerebrovascolari, Alzheimer, Parkinson, epilessia, malattie autoimmuni e degenerative) e il sistema nervoso periferico (polineuropatie). Sono collegate con l’invecchiamento dei neuroni e in aumento a causa dell’allungamento della vita media. Sono patologie altamente invalidanti dal punto di vista fisico e cognitivo. 10-12% 80.000 220.000 15-50 ANNI 40-70 CASI di tutti i decessi in Europa sono causati da ictus cerebrali nuovi casi all’anno in Italia di diagnosi di morbo di Alzheimer italiani affetti dalla malattia di Parkinson età di insorgenza della sclerosi multipla ogni 100.000 persone colpite da epilessia nei paesi industrializzati FONTI: Epicentro www.epicentro.iss.it 145 Enrica BodA Susanna Bacigaluppi i progenitori delle cellule endoteliali nel sangue dei pazienti con emorragia subaracnoidea acuta. L’emorragia subaracnoidea è una fuoriuscita di sangue nel cervello e può insorgere spontaneamente, ad esempio per rottura di un aneurisma. Le principali complicazioni che possono insorgere e causare gravi disabilità o addirittura la morte, sono contrazione dei vasi sanguigni circostanti (vasospasmo) e ischemia cerebrale ritardata. L’emorragia infatti causa un grosso danno ai capillari della zona interessata con infiammazione dell’area circostante. Le cellule endoteliali sono cellule specializzate nel formare le pareti dei vasi sanguigni; nel sangue circolano anche dei progenitori endoteliali, un tipo particolare di cellula staminale adulta che genera nuove cellule endoteliali, ad esempio per rimarginare le ferite. I progenitori endoteliali interagiscono con le cellule del sistema immunitario diminuendo la fase acuta dell’infiammazione ed è già stato dimostrato che hanno un effetto protettivo negli infarti e nelle ischemie cardiovascolari. Possono avere un ruolo analogo anche nel caso di ischemie cerebrali da emorragia? Scopo della ricerca è rispondere a questa domanda. Se la risposta sarà affermativa, si potranno progettare sperimentazioni cliniche con farmaci, come le statine, che stimolano la mobilitazione dei progenitori endoteliali dal midollo osseo al sangue, per raggiungere il sito di danno e migliorare il decorso del paziente. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Azienda Ospedaliero-Universitaria San Martino di Genova 146 Ringiovanire il cervello: le cellule staminali progenitrici per migliorare le funzioni cognitive e le capacità di rigenerazione. Non solo il corpo, ma anche il cervello invecchia! Col passare del tempo i progenitori delle cellule nervose, chiamate staminali neurali, presenti anche nel cervello adulto, perdono progressivamente la capacità di dividersi e generare nuove cellule del sistema nervoso centrale, come neuroni e oligodendrociti. Questo contribuisce all’instaurarsi di difetti cognitivi, tra cui perdita di memoria, e compromette le capacità riparative e rigenerative del cervello. Con l’allungarsi dell’aspettativa di vita, le patologie legate all’invecchiamento cerebrale diventeranno sempre più urgenti, con un impatto non trascurabile sulla gestione della salute pubblica. La ricerca vuole indagare quali sono i meccanismi molecolari che causano, NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1976 DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Neuroscienze Cavalieri Ottolenghi di Torino Laureata in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Torino nel 1981 Specializzata in Neurochirurgia all’Università degli Studi di Milano Laureata in Neurobiologia all’Università degli Studi di Torino PhD in Neuroscienze all’Università degli Studi di Milano-Bicocca PhD in Neuroscienze all’Università degli Studi di Torino nelle cellule staminali neurali, la perdita nel tempo della capacità di dividersi, per identificare molecole-bersaglio su cui agire con farmaci e terapie allo scopo di ripristinare le funzioni cognitive e le potenzialità di riparazione del cervello anziano. Gli oligodendrociti, inoltre, sono anche responsabili di depositare la “mielina” sui neuroni. La mielina facilita le trasmissioni nervose e quando è insufficiente o non riparata causa gravi patologie, come la sclerosi multipla. I risultati della ricerca potranno quindi anche fornire preziose informazioni sulla biologia dei processi di riparo della mielina e della regolazione di questo importante processo nel cervello adulto. 147 Luigi Carlessi Erica Butti I precursori neurali endogeni nei processi di demielinizzazione e rimielinizzazione nella sclerosi multipla. La sclerosi multipla è una patologia del sistema nervoso centrale causata da perdita di mielina intorno ai neuroni del cervello e del midollo spinale. La mielina facilita la trasmissione nervosa ed è depositata intorno ai neuroni da un altro tipo di cellule, gli oligodendrociti. Nella sclerosi multipla, gli oligodendrociti diminuiscono molto di numero, e questo causa demielinizzazione patologica. Gli oligodendrociti derivano da un tipo particolare di cellule staminali neurali, detti precursori, presenti in una zona del cervello adulto. Studi in altre malattie neurodegenerative hanno dimostrato che questi precursori possono favorire il processo di rimielinizzazione, migliorando i sintomi della malattia. Questo progetto di ricerca ha lo scopo di capire se lo stesso effetto protettivo può avvenire anche in pazienti affetti da sclerosi multipla; utilizzando un modello animale della malattia in cui si possono eliminare i precursori degli oligondendrociti, è possibile valutare il loro effetto sulla rimielinizzazione dei neuroni. I precursori possono funzionare in maniera diretta generando nuovi oligodendrociti non danneggiati, o in maniera indiretta rilasciando “nutrienti” che rendono l’ambiente del tessuto cerebrale più adatto a un possibile recupero degli oligodendrociti già presenti. Le informazioni ottenute dalla ricerca serviranno a progettare nuovi protocolli terapeutici per stimolare la riparazione della mielina attraverso l’azione delle cellule staminali neurali nei pazienti affetti da sclerosi multipla. ATM e il danno al DNA in neuroni derivati da cellule staminali indotte: capire i meccanismi della neurodegenerazione. Il danno al DNA, ad esempio rotture nella doppia elica, è molto pericoloso per la cellula perché, se non identificato e riparato, può causare mutazioni e rimescolamenti genetici, che a loro volta scombinano la vita delle cellule e sono alla base di molte patologie, come i tumori o le malattie neurodegenerative. ATM è una proteina molto importante che riconosce e avvia il riparo di danni al DNA; la sua assenza provoca una grave sindrome, l’Atassia–Telangiectasia. Questa malattia è caratterizzata, tra gli altri sintomi, da una prematura neurodegenerazione, le cui cause sono ancora sconosciute. Lo scopo della ricerca è comprendere il ruolo della proteina ATM nei neuroni maturi, e come la sua assenza ne provochi la morte, come nei pazienti affetti da Atassia telangectasia. Verranno utilizzate le cellule staminali pluripotenti indotte; sono cellule che derivano da cellule adulte, ottenute dalla pelle dei pazienti e che possono essere riprogrammate in laboratorio a uno stadio di cellula staminale, e successivamente spinta a diventare un neurone. Rappresenta un ottimo modello sperimentale per studiare in vitro il comportamento di neuroni normali e neuroni derivati da pazienti con la proteina ATM mutata o assente. Una volta identificati gli stimoli biochimici che causano la morte prematura in neuroni di pazienti telangiectasici si potrà meglio comprendere la neurodegenerazione nell’atassia e sviluppare approcci terapeutici adeguati. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto San Raffaele di Milano 148 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Erba (CO) nel 1976 DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Laureata in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Treviglio (BG) nel 1979 PhD in Scienze Genetiche e Biomolecolari all’Università degli Studi di Milano Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Milano 149 Gaia Colasante Maria Teresa Cencioni Cellule T di tipo CD8+CD57+ nella risposta al virus Epstein-Barr nella sclerosi multipla. La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria autoimmune del sistema nervoso centrale, caratterizzata dalla perdita di mielina intorno ai neuroni e da cellule del sistema immunitario che si infiltrano nel cervello. È una patologia multifattoriale molto complessa, le cui cause sono ancora in buona parte sconosciute; è noto però che le infezioni dal virus di Epstein-Barr possono favorire la nascita e lo sviluppo della malattia. La presenza del virus, infatti, stimola ancora di più la reazione del sistema immunitario, e così facendo peggiora 150 gli effetti autoimmuni e il decorso della malattia. Ci sono però alcune cellule immunitarie, dette cellule T di tipo CD8+CD57+, che hanno un ruolo protettivo nei confronti della sclerosi multipla. La ricerca vuole caratterizzare queste cellule T e specialmente la loro capacità di tenere sotto controllo le infezioni virali; è probabile che queste cellule T abbiano un effetto di regolazione del sistema immunitario e siano in grado di riconoscere e uccidere le cellule infettate dal virus dell’Epstein-Barr, abbattendo quindi uno dei fattori di rischio della sclerosi multipla. Verranno anche studiati i meccanismi molecolari e cellulari che regolano la risposta delle cellule T CD8+CD57+, nella speranza che le conoscenze acquisite aiutino a elaborare nuove terapie per una malattia grave e invalidante come la sclerosi multipla. Riprogrammazione genetica dei fibroblasti della pelle in interneuroni GABAergici per una innovativa terapia dell’epilessia. L’epilessia è un grave disordine neurologico caratterizzato da crisi ricorrenti; sono causate da uno squilibrio tra eccitazione e inibizione di circuiti nervosi in determinate regioni del cervello, tra cui l’ippocampo e la corteccia cerebrale. Gli inter-neuroni GABAergici, così chiamati poiché producono un neurotrasmettitore specifico, l’acido gamma-ammino butirrico (GABA), sono tra i principali neuroni inibitori che tengono sotto controllo l’impulso nervoso, spegnendolo. In modelli animali, il trapianto di interneuroni GABAergici embrionali in animali epilettici adulti ha permesso il recupero della corretta funzionalità del cervello, migliorando le crisi. Per trasferire questo approccio all’uomo, occorre trovare una fonte alternativa di inter-neuroni funzionali che non sia l’embrione. La presente ricerca ha lo scopo di DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Fondazione Santa Lucia di Roma DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto San Raffaele di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Frascati (RM) nel 1972 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Foggia nel 1981 Laureata in Scienze Biologiche all’Università “Tor Vergata” di Roma Laureato in Biotecnologie all’Università di Milano-Bicocca PhD in Neuroscienze all’Università “Tor Vergata” di Roma PhD in Molecular Medicine all’Università Vita-Salute del San Raffaele, Milano mettere a punto la riprogrammazione genetica di cellule adulte della pelle, i fibroblasti, in inter-neuroni che producono GABA, chiamati neuroni GABA indotti (iGABA). Successivamente andrà verificato se questi neuroni iGABA sono in grado di integrarsi nei circuiti neurali preesistenti ed esercitare correttamente l’azione inibitoria sui neuroni circostanti, diminuendo le crisi epilettiche e le manifestazioni della malattia negli animali modello. Lo scopo ultimo è perfezionare una terapia cellulare efficace che in futuro possa essere applicata all’uomo, per ricostituire una rete funzionante di inter-neuroni GABAergici nei pazienti affetti da epilessia. 151 Alessio Masi Davide Lecca Ripristinare l’integrità della mielina nelle malattie neurodegenerative: un nuovo approccio tramite la proteina GPR17. La mielina prodotta dagli oligodendrociti, cellule specializzate del sistema nervoso, riveste i neuroni come una guaina ed è essenziale per la corretta trasmissione dell’impulso nervoso. In molte malattie neurodegenerative come l’ischemia acuta, l’Alzheimer e la sclerosi multipla, la mielina è parzialmente distrutta, causando disfunzioni neurologiche. Ad oggi non esistono cure in grado di riparare efficacemente la mielina e i pazienti vanno incontro a gravi disabilità e infine alla morte. 152 Recentemente, è stato identificato un interruttore molecolare (GPR17) che svolge un ruolo cruciale nella maturazione degli oligodendrociti produttori di mielina. Il progetto si propone quindi di individuare farmaci che stimolino la ri-mielinizzazione e la riparazione spontanea dei circuiti nervosi danneggiati, ripristinando la conduzione nervosa attraverso un’azione specifica su GPR17. In particolare, GPR17 deve accendersi nei precursori degli oligodendrociti per iniziare la sviluppo ma poi deve spegnersi per permettere la maturazione a oligodendrocita maturo. GPR17 è alterato nelle malattie demielinizzanti: la ricerca valuterà se la sua modulazione farmacologica può guidare la riparazione spontanea della mielina in modelli animali di malattie neurodegenerative. Le implicazioni terapeutiche sono potenzialmente molto importanti: si aprono infatti nuove prospettive di cura per malattie che allo stato attuale sono altamente debilitanti e invalidanti. Iperpolarizzazione e vulnerabilità selettiva nei neuroni dopaminergici del Parkinson. Il morbo di Parkinson è una grave e progressiva malattia del cervello caratterizzata da devastanti disturbi motori. È causata dalla degenerazione della via nigro-striatale, una rete di neuroni che producono il neurotrasmettitore dopamina, chiamati appunto neuroni dopaminergici. Esistono altri neuroni dopaminergici, come quelli della via meso-limbica, i quali, pur essendo molto simili a quelli nirgro-striatali, sono inspiegabilmente meno vulnerabili, sia nel Parkinson spontaneo sia nei modelli sperimentali. Le basi di questa diversa vulnerabilità sono ancora poco chiare ed è evidente che la loro comprensione porterebbe a un significativo avanzamento nella conoscenza della malattia. L’obiettivo della ricerca è testare il ruolo DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Neurofarba, Università degli Studi di Firenze NOTE BIOGRAFICHE Nato a Milano nel 1977 NOTE BIOGRAFICHE Nato a Prato nel 1975 Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Milano Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Firenze PhD in Farmacologia all’Università degli Studi di Milano PhD in Oncologia Clinica e Sperimentale all’Università degli Studi di Firenze dell’impulso iperpolarizzante nella sensibilità dei neuroni nigro-striatali: si tratta di una corrente elettrica molto abbondante nei neuroni, il cui ruolo biologico è ancora oscuro. È probabile però che quando è mal funzionante, contribuisca a compromettere la vitalità di questi neuroni, con conseguente diminuzione di produzione di dopamina e comparsa dei sintomi tipici del Parkinson. Dai risultati di questa ricerca potranno scaturire informazioni sui meccanismi patologici del morbo di Parkinson e nuovi bersagli cellulari verso i quali sviluppare farmaci di nuova generazione; l’obiettivo ultimo non è solo alleviare i sintomi della malattia, ma rallentarne o arrestarne la progressione. 153 Alessia Melani Sonia Mazzitelli L’infiammazione come fattore di rischio nel morbo di Alzheimer: una nuova prospettiva meccanicistica. Il morbo di Alzheimer è la più comune forma di demenza associata all’invecchiamento, ed è causata dalla perdita selettiva di neuroni nel cervello. Si stima che nel 2050 la malattia colpirà 107 milioni di persone. Il morbo di Alzheimer è causato dall’accumulo nei neuroni di una forma anormale della proteina beta-amiloide, che si deposita in placche e aggregati. Questo accumulo anomalo causa anche attivazione delle cellule immunitarie cerebrali della microglia con conseguente infiammazione e pro- 154 duzione di citochine, cioè molecole che stimolano una risposta infiammatoria; esse contribuiscono probabilmente alla disfunzione e alla morte dei neuroni nel cervello dei pazienti. La ricerca ha lo scopo di approfondire i meccanismi patologici che derivano dall’attivazione della microglia nella progressione del morbo di Alzheimer. In particolare la microglia rilascia all’esterno il fattore TNFα, che può stimolare l’attività dei neuroni vicini favorendo la produzione della forma tossica di proteina beta-amiloide. I risultati degli esperimenti potranno fornire la prova definitiva del coinvolgimento dei processi di infiammazione nella genesi e nello sviluppo della malattia e dei correlati problemi cognitivi. Interrompere il processo di attivazione della microglia con farmaci antiinfiammatori o antiepilettici potrebbe aiutare a ridurre la produzione della beta amiloide tossica e migliorare il decorso del morbo di Alzheimer. I recettori purinergici come potenziali bersagli farmacologici nell’ischemia cerebrale. L’ischemia cerebrale è una delle principali cause di morte nel mondo. L’unica terapia disponibile è la somministrazione di trombolitici, e a oggi non esiste un trattamento farmacologico protettivo soddisfacente. L’ideale sarebbe bloccare il diffondersi dell’infiammazione dalla zona colpita ai tessuti circostanti, anche se l’applicazione in clinica è ancora lontana, a causa della complessità dei meccanismi in gioco in gran parte sconosciuti. L’obiettivo del progetto è gettare luce su alcuni dei meccanismi coinvolti, in particolare sul ruolo dei recettori purinergici A2A di adenosina. Questi recettori sono localizzati sia a livello centrale che periferico sulle cellule bianche del sangue, come i linfociti, ed esercitano effetti antiinfiammatori in grado di proteggere dal danno ischemico cerebrale. Modificazione dell’espressione dei recettori A2A su tali cellule potrebbe DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI) DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Firenze NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1981 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Prato nel 1970 Laureata in Biologia all’Università Tor Vergata di Roma Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Firenze PhD in Neuroscience all’University of Manchester (UK) PhD in Neuroscienze all’Università degli Studi di Firenze essere indicativa dello stato di progressione della patologia. Lo scopo è studiare gli effetti protettivi di agonisti, cioè di molecole che stimolano i recettori A2A di adenosina, in un modello di ischemia cerebrale nel ratto. L’espressione dei recettori A2A sui linfociti del sangue periferico sarà messa in relazione con i livelli dei fattori infiammatori presenti nel plasma, con il grado di danno dei tessuti e col deficit neurologico che si sviluppa nei giorni successivi all’ischemia. Il fine ultimo è identificare degli agonisti selettivi che possano essere usati in terapia per stimolare una risposta protettiva naturale e migliorare il decorso dell’ischemia. 155 Raffaella Morini Paolo Mele Le cure materne migliorano la plasticità del cervello: il ruolo del gene Npy1r nelle reti perineurali. La plasticità è la caratteristica principale che permette al cervello di adattarsi agli stimoli dell’ambiente esterno, modulando i suoi circuiti neurali. Le cure materne, come l’ambiente che ci circonda, sono un importante strumento capace di influenzare lo sviluppo e la plasticità del cervello e possono avere degli effetti a lungo termine sulla memoria, sull’apprendimento e sulla capacità di gestire l’ansia e lo stress anche nella vita adulta. Una funzione importante in questi processi è svolta dalle reti peri-neurali, strutture che circondano e sta- bilizzano alcuni neuroni in regioni collegate al comportamento emotivo. Il progetto vuole studiare il recettore Npy1r, una proteina la cui produzione nel cervello va di pari passo con la qualità e quantità di cure materne ricevute nei primi giorni di vita; essa ha un ruolo nella formazione delle strutture neurali alla base dell’apprendimento, dell’ansia e della paura. Cure materne intense nelle prime due settimane di vita fanno aumentare i livelli di Npy1r nei neuroni del sistema limbico, importante nel regolare le risposte emotive, e contribuiscono alla sua plasticità. Questa proprietà dei circuiti cerebrali ha un enorme potenziale terapeutico per diversi disturbi comportamentali del sistema nervoso centrale dell’adulto come la suscettibilità ad ansia e stress e i disturbi di memoria. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Neuroscienze Cavalieri Ottolenghi di Torino NOTE BIOGRAFICHE Nato a Torino nel 1973 Laureato in Biologia all’Università degli Studi di Torino 156 PhD in Farmacologia e Terapia Clinica e Sperimentale all’Università degli Studi di Torino Proteina prionica mutante: meccanismi di neurotossicità e possibili strategie terapeutiche. La proteina prionica è una molecola presente a livello cerebrale in tutti i mammiferi. In determinate circostanze, si genera una forma mutata mal funzionante che si accumula nel cervello e la cui presenza è alla base della malattia neurodegenerativa da prioni. Le cause possono essere svariate, di natura genetica o scatenate da infezioni. I sintomi neurologici sono dovuti all’interferenza della proteina mutata sulle sinapsi tra neuroni: questo causa una disfunzione a livello della trasmissione nervosa che a sua volta, in ultima istanza, causa la morte neuronale. Lo scopo del progetto è chiarire i passaggi molecolari che sottendono a tale processo patologico: in particolare si vuole verificare l’ipotesi che la proteina prionica mutata alteri le funzioni cognitive interagendo e danneggiando alcune molecole che governano la neurotrasmissione: i recettori del glutammato. La proteine prionica impedirebbe la loro normale funzione fisiologica interferendo col corretto posizionamento dei recettori sulla membrana dei neuroni e cambiandone le proprietà biofisiche. Questo a sua volta danneggia la neurotrasmissione e la maturazione del neurone causandone la morte. Chiarire il meccanismo attraverso il quale la proteina prionica mutata sia in grado di generare danni a livello cerebrale può aprire la strada a possibili strategie terapeutiche. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Prato nel 1977 Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Firenze PhD in Neuroscienze all’Università degli Studi di Firenze 157 Cristina Scapin Ida Luisa Rotundo Ruolo del ferro e dei mitocondri nei disturbi neurodegenerativi. Un gran numero di malattie neurodegenerative sono causate da accumulo di ferro, stress ossidativo e disfunzioni dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula, in alcune aree del cervello. Queste malattie provocano gravi sintomi motori e cognitivi e spesso non sono disponibili terapie efficaci. Le complesse relazioni tra i vari fattori nel contesto della malattia sono ancora in gran parte ignote. La ricerca vuole gettare luce su alcuni di questi meccanismi: per fare ciò, verrà utilizzata la tecnologia delle cellule staminali pluripotenti indotte. 158 Fibroblasti della pelle di individui sani e di pazienti con malattie neurodegenerative da accumulo di ferro verranno riprogrammati in vitro in due tipi di neuroni: dopaminergici e striatali. Questo permetterà di ottenere un buon modello di ciò che effettivamente accade nel cervello umano e di studiare i meccanismi molecolari che portano all’accumulo di ferro. Verrà approfondito inoltre il ruolo dei mitocondri analizzando eventuali alterazioni morfologiche, difetti funzionali nella gestione del ferro e delle proteine che controllano il ferro, come la ferritina, e alterata produzione di radicali liberi. La delucidazione dei meccanismi del controllo del metabolismo del ferro nei neuroni potrà contribuire a conoscere la progressione di queste forme di neurodegenerazione e in futuro sviluppare farmaci più efficaci per contrastare i sintomi delle malattie. Le relazioni tra neuregulina e UPR nella formazione e nel mantenimento della mielina. La mielina è una membrana a multistrato che riveste e isola i neuroni, permettendo un rapido passaggio dell’impulso nervoso. Nel sistema nervoso periferico la mielina è depositata da un tipo particolare di cellule, dette di Schawnn. L’interazione tra neurone e cellule di Schawnn è regolata da una proteina, la neuregulina. Essa lega un recettore sulle cellule di Schawnn, e stimola la produzione e lo spessore della mielina intorno ai nervi periferici. Il progetto si propone di spiegare un nuovo meccanismo molecolare per la regolazione del processo di mielinizzazione nel sistema nervoso periferico e come eventualmente sfruttarlo con molecole terapeutiche Aumentare i livelli di neuregulina migliora i sintomi in malattie demielinizzanti in modelli animali. In questi modelli, la produzione di proteine è difettosa, una condizione nota DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto San Raffaele di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto San Raffaele di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Catanzaro nel 1983 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Padova nel 1979 Laureata in Biologia all’Università Federico II di Napoli Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Padova PhD in Genetica Medica alla Seconda Università Federico II di Napoli PhD in Neurobiologia all’Università degli Studi di Padova come Risposta da Proteine non Assemblate (UPR in inglese). L’ipotesi sperimentale è che l’aumento nell’espressione di neuregulina possa regolare a sua volta il fattore eIF2α, importante per rispondere alla UPR. Una miglior produzione di proteine funzionanti dovrebbe migliorare anche la deposizione della mielina sui neuroni e migliorare i sintomi. Le implicazioni cliniche sono potenzialmente molto importanti, perché fornirebbero un razionale per sviluppare nuove molecole terapeutiche nelle patologie demielinizzanti che causano deterioramento nervoso con l’aumentare dell’età o in gravi malattie come la sclerosi multipla. 159 Ridurre l’impatto delle malattie croniche, quali malattie cardiovascolari, cancro, diabete, obesità e malattie neurodegenerative, rappresenta una sfida primaria del nostro prossimo futuro. L’insorgenza delle malattie croniche è fortemente associata a tre fattori di rischio socio-comportamentali: il fumo, la scarsa attività fisica e un’alimentazione scorretta. Nonostante siano stati fatti molti sforzi nelle campagne informative sui rischi del fumo con importanti iniziative promosse anche dalla Fondazione Umberto Veronesi, il fumo resta la causa principale del cancro al polmone, nonché di patologie polmonari ostruttive. Ancora molta è la strada da fare per passare dalla conoscenza del rischio all’assunzione di stili di vita più salutari. La prossima generazione sarà probabilmente la prima generazione ad avere un’aspettativa di vita minore dei propri genitori e la causa principale risiede nella scorretta alimentazione. Obesità e sovrappeso stanno diventando un problema epidemico in tutti i paesi europei e del mondo occidentale in genere. Quando si parla di alimentazione scorretta ci si riferisce alla cosiddetta “dieta occidentale” (ormai adottata anche da molti europei), caratterizzata dal largo consumo di alimenti ricchi di grassi animali, di zuccheri e da un consumo molto limitato di frutta e verdura, alimenti ricchi di fibra e di fitonutrienti importanti per la nostra salute. La nutrigenomica ha come duplice scopo quello di comprendere i meccanismi molecolari attraverso cui i nutrienti influenzano l’espressione genica ed il metabolismo, ma anche di identificare nuovi biomarcatori, che consentano la diagnosi precoce delle malattie croniche legate all’alimentazione, al fine di formulare e raccomandare un regime di alimentazione che sia in grado di revertirne la progressione. In questo ambito, la Fondazione Umberto Veronesi si è impegnata a sostenere la ricerca di 11 giovani ricercatori che si occuperanno di comprendere quali siano le dinamiche psico-comportamentali che possano favorire l’abbandono del fumo, quali siano i processi infiammatori e autoimmuni causati dalla “dieta occidentale”, di valutare la relazione tra consumo di alcool e cancro, per finire con lo studio del ruolo di una dieta preventiva ricca di fitonutrienti e l’importanza dell’acqua nella salute renale. Chiara Tonelli 160 BORSE NUTRIGENOMICA E PREVENZIONE DELLE MALATTIE La nutrigenomica è la scienza che studia le relazioni tra patrimonio genetico e cibo; come le molecole che introduciamo con la dieta influenzano i nostri geni e quindi la nostra salute, sia positivamente che negativamente. La nutrigenomica va di pari passo con la prevenzione, soprattutto delle malattie croniche cardiovascolari, cerebrovascolari e i tumori, responsabili della stragrande maggioranza delle morti al mondo. Un corretto stile di vita è la prima arma a disposizione per combattere la maggior parte delle malattie. oltre 1 miliardo 36 milioni 1 ogni 9 secondi 80% le persone obese nel mondo persone che entro il 2015 si potrebbero salvare da morte per malattie croniche con una corretta prevenzione decessi nel mondo attribuibili al fumo casi di ictus, cardiopatie e diabete evitabili con un corretto stile di vita Prorettore alla Ricerca Professore Ordinario di Genetica presso l’Università degli Studi di Milano 161 FONTI: Organizzazione mondiale della sanità (WHO) http://www.who.int Elena Dogliotti Valentina Calvenzani Ruolo delle antocianine nella prevenzione della tossicità cardiaca. Uno dei principali problemi dei farmaci chemioterapici risiede negli effetti collaterali, causati da una mancanza di specificità: i farmaci infatti non danneggiano solo le cellule tumorali ma anche quelle sane. La doxorubicina è un antibiotico della classe delle antracicline; è molto usato in oncologia poiché agisce su diversi tipi di tumori ma presenta anche un elevato rischio di tossicità per il cuore. Le antocianine sono una famiglia di molecole abbondanti in frutta e verdura, che conferiscono il colore rosso o blu/violaceo ai vegetali. È stato osservato che le antocianine 162 introdotte con la dieta possono avere sul cuore un effetto protettivo dai danni della doxorubicina. Questa ricerca vuole indagare meglio il fenomeno di cardioprotezione indotto dalle antocianine: verificare quali sono le concentrazioni ottimali di antocianine da introdurre affinché loro stesse non siano tossiche, trovare il meccanismo molecolare attraverso cui si attua tale protezione e verificare che non diminuiscano l’effetto terapeutico antitumorale della doxorubicina, ma solo l’effetto collaterale sulle cellule del cuore. I risultati offriranno un grosso contributo agli oncologi, che potranno prescrivere ai pazienti in cura con doxorubicina una dieta ricca in cibi contenenti antocianine per diminuire e contenere gli effetti collaterali pur mantenendo l’efficacia della terapia antitumorale. Ruolo delle antocianine bioattive e dei polifenoli nel favorire una buona salute. Le antocianine sono una classe di polifenoli contenuti in frutta e ortaggi, come i frutti di bosco o il cavolo rosso. È ormai noto che queste molecole hanno una funzione antiossidante importante per prevenire malattie cardiovascolari, obesità e tumori. Queste patologie però, sono determinate da molti fattori, tra cui il patrimonio genetico individuale, che influenza ad esempio i livelli del colesterolo “buono” HDL. Qual è dunque il ruolo protettivo delle antocianine in relazione al patrimonio genetico individuale? Questa ricerca vuole chiarire proprio questo. 500 volontari verranno analizzati in termini di parametri medici, abitudini alimentari e stili di vita. Il consumo di macro nutrienti, micronutrienti e antocianine verrà calcolato singolarmente utilizzando software ad hoc. Verranno poi analizzati i patrimo- DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale San Paolo di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1976 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Vercelli nel 1976 Laureata in Scienze Biologiche all’Università degli Studi di Milano Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano PhD in Scienze Genetiche e Biomolecolari all’Università degli Studi di Milano PhD in Scienze Alimentari all’Università degli Studi di Milano ni genetici dei singoli e i dati ottenuti saranno incrociati con le informazioni epidemiologiche. L’obiettivo è sviluppare un software per aiutare medici e nutrizionisti ad analizzare le abitudini alimentari dei pazienti e i loro marcatori biologici valutando il rischio di sviluppare patologie comuni ma multifattoriali, come quelle cardio- e cerebro- vascolari e il diabete di tipo 2. Da questo studio ci si aspetta di confermare non solo l’importanza di una sana alimentazione per uno stato di salute ottimale ma che un particolare stile alimentare possa contrastare lo sviluppo di certe malattie, anche in presenza di un patrimonio genetico che predispone al rischio. 163 Maria Victoria Intra Carlotta Galeone Consumo di alcool e rischio di malattie associate all’invecchiamento: studi italiani e internazionali. Mai come in questo secolo l’aspettativa di vita, almeno nei paesi industrializzati, è stata così elevata; una delle conseguenze è che stanno aumentando le malattie legate all’invecchiamento, in particolare i tumori. La prevenzione di queste malattie e l’identificazione dei fattori di rischio rivestiranno un’importanza clinica sempre più importante. Questo progetto vuole studiare l’impatto del consumo di bevande alcoliche nello sviluppo di malattie legate all’invecchiamento, tra cui varie tipologie di tumori, cataratta e infarto acuto. Saranno utilizzati i dati provenienti da una rete di studi epidemiologici italiani su 6000 pazienti con varie patologie e 9000 individui sani, principalmente oltre i 60 anni, che hanno consumato bevande alcoliche per alcuni decenni. In un secondo tempo verranno utilizzati anche i dati provenienti da un consorzio internazionale che include 7000 pazienti con tumore alla testa e al collo e 9500 pazienti sani. Verranno valutati il rapporto dose-rischio, con particolare attenzione alle basse dosi di consumo e ai cambiamenti nel consumo di alcool nel corso della vita. I risultati permetteranno di quantificare gli effetti sulla salute in età anziana del consumo di bevande alcoliche lungo tutta la vita, e delle caratteristiche d’uso, ad esempio il tipo di bevanda alcolica, le quantità e i tempi, per facilitare la pianificazione di politiche per la prevenzione. Aspetti emotivi e cognitivi della percezione del rischio: uno studio sul tabagismo e lo stile di vita nella prevenzione primaria e secondaria. La consapevolezza che un comportamento provoca danni alla salute non è condizione sufficiente a ridurlo o eliminarlo. Ciò è spesso conseguenza di bisogni viscerali o di vere e proprie distorsioni cognitive. In entrambi i casi, la capacità di valutare i rischi diminuisce. Il tema è particolarmente importante negli ambiti di prevenzione, la cui efficacia è spesso minata non dall’ignoranza delle possibili conseguenze negative ma proprio da fattori di natura psicologica, spesso poco noti o sottovalutati. Il progetto si inquadra in un’ampia attività di ricerca in relazione al tabagismo e a tutti quei comportamenti rischiosi, tra cui perseguire stili di vita poco salutari DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1975 Laureata in Scienze Statistiche all’Università degli Studi Milano-Bicocca 164 PhD in Statistica all’Università degli Studi Milano-Bicocca anche a fronte di ben note evidenze, come nel caso del fumo. Il progetto mira ad approfondire la conoscenza scientifica relativamente al rapporto fra percezione del rischio, benessere psicologico e stile di vita, con particolare riferimento al tabagismo e alla motivazione a smettere di fumare, per individuare i profili psicologici e i modelli cognitivi che sostengono i comportamenti rischiosi. Attraverso una metodologia quantitativa e qualitativa, verranno raccolti dati su un campione eterogeneo, sia per età che per condizioni psico-fisiche, per identificare le configurazioni psicologiche pro-rischio e sviluppare percorsi di supporto personalizzati e potenzialmente più efficaci NOTE BIOGRAFICHE Nata a Corrientes (Argentina) nel 1985 Laureata in Psicologia all’Università del Salvador di Buenos Aires (Argentina) Master in Analisi Funzionale nel Contesto Clinico e della Salute all’Universidad de Almeria (Spagna) 165 Alessandra Marinelli Roberta Maggio Una dieta normocalorica a basso contenuto di colesterolo regola l’equilibrio Th17/Treg in pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite C. L’infezione da virus dell’epatite C (HCV) è associata spesso allo sviluppo di malattie autoimmuni. Sia l’epatite C cronica che diverse patologie autoimmuni sono caratterizzate da un’elevata frequenza di un tipo particolare di cellule immunitarie, i linfociti T helper 17 (Th17). La progressione delle patologie autoimmuni è correlata a uno squilibrio tra i linfociti Th17 e altre cellule immunitarie, le cellule T regolatorie (Treg). 166 Ristabilire quindi un corretto equilibrio tra cellule T helper 17 e T regolatorie può contribuire a offrire una cura migliore per il trattamento delle complicazioni di natura autoimmune in diverse patologie. È noto che i recettori cellulari per il colesterolo sono in grado di regolare la maturazione dei linfociti T helper 17 e l’autoimmunità; è probabile che regolando il metabolismo del colesterolo si possano regolare anche gli squilibri delle cellule T alla base dei processi autoimmuni favoriti da infezione da virus dell’epatite C. A questo scopo, a pazienti pediatrici e adulti affetti da infiammazione cronica da virus HCV verrà somministrata una dieta normocalorica ma a basso contenuto di colesterolo per almeno 30 giorni e verrà studiata la modulazione dei processi molecolari del metabolismo del colesterolo, nonché il loro impatto sulle cellule Th17 e Treg nel migliorare le manifestazioni autoimmuni. Ruolo di una dieta ricca di antocianine nella cardioprotezione. Le antocianine appartengono alla classe di molecole dei flavonoidi, e hanno diversi effetti benefici sulla salute. Ad esempio, il regolare consumo di cibi ricchi di antocianine aiuta a ridurre la zona infartuata a seguito di ischemia cardiaca e successiva riperfusione. Questo è dovuto, almeno in parte, ad un miglioramento delle difese antiossidanti del cuore. Con questo progetto si vogliono comprendere meglio i meccanismi molecolari alla base dell’effetto cardioprotettivo delle antocianine. Lo studio sarà svolto attraverso l’impiego di modelli animali alimentati con diverse diete: standard, ad alto contenuto di grassi, in restrizione calorica, e arricchite in antocianine. Verranno valutati diversi paratmetri nutrizionali come la quantità di antocianine e di altre molecole utili come gli omega-3 nei diversi modelli speri- DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Patologia e Biologia Molecolare del CNR di Roma DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Roma nel 1977 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Milano nel 1975 Laureato in Biologia all’Università di Roma Tre Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Milano PhD in Scienze Ematologiche alla Università “La Sapienza” di Roma PhD in Biologia Cellulare e Molecolare all’Università degli Studi di Milano mentali, verranno anche effettuate analisi genetiche ed epigenetiche in diversi organi e tessuti, per identificare le vie biochimiche attivate dalle antocianine. Verrà infine analizzato l’impatto della dieta ricca in antocianine sul miocardio e il suo ruolo nella prevenzione della cardiotossicità indotta da farmaci, in particolare della doxorubicina, un chemioterapico molto usato ma che causa seri effetti collaterali al cuore. I risultati saranno molto utili per stilare diete efficaci da suggerire ai pazienti in cura con chemioterapici cardiotossici e in generale in programmi di prevenzione delle malattie a carico del cuore. 167 Matteo Rota Marianna Agnese Masiero Smoking free cigarette: le sigarette elettroniche come strumento di disassuefazione. Negli ultimi decenni il fumo è diventato un serio problema di salute pubblica: il numero di morti per patologie correlate al fumo, come cancro al polmone e malattie cardiovascolari, è aumentato enormemente. Nonostante la consapevolezza dei danni che il fumo provoca sulla salute umana, il numero di fumatori è ancora consistente poiché nel processo di assuefazione e dipendenza dalla sigaretta entrano in gioco complessi meccanismi psicologici, cognitivi, comportamentali e fisiologici. La ricerca vuole analizzare queste relazioni per individuare i fattori che possono influenzare l’efficacia delle strategie di trattamento antifumo. In particolare, verrà valutata l’utilità della sigaretta elettronica come strumento di supporto nella pratica clinica per l’interruzione del vizio. Inoltre, verrà testata l’importanza di un programma antifumo personalizzato, basato non solo sull’utilizzo dei dispositivi antifumo come le sigarette elettroniche, ma anche su un percorso di supporto psico-comportamentale costruito sulle caratteristiche individuali del paziente. Lo sviluppo di trattamenti personalizzati permetterà di aumentare la probabilità di abbandono definitivo del fumo di sigaretta. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nata ad Arona (NO) nel 1981 168 Consumo di alcool e rischio di cancro: una meta-analisi globale. Nel mondo, oltre 400.000 casi di cancro (oltre il 3,5% del totale) sono attribuibili al consumo di alcool. L’ alcool è un fattore di rischio stabilito per i tumori del cavo orale e della faringe, dell’esofago, della laringe, del fegato, del colon-retto e della mammella. L’impatto dell’alcool sul rischio di sviluppare cancro è molto importante in prospettiva di politiche di sanità pubblica, e necessita di una opportuna quantificazione nella popolazione. La quantificazione della relazione doserischio è però ancora oggetto di discussione, così come l’effetto nelle diverse popolazioni. Il progetto di ricerca ha l’obiettivo di quantificare la relazione dose-rischio relativa al consumo di alcol per 25 diversi tipi di cancro; verranno utilizzate tecniche meta-analitiche sulla base di 600 studi epidemiologici pubblicati tra il 1966 e il 2013. Inoltre, particolare attenzione verrà data al ruolo della dieta e del consumo di alcool sul rischio di sviluppare il tumore dello stomaco, analizzando dati originali provenienti da 20 studi internazionali. Gli obiettivi della ricerca sono triplici: quantificare con l’utilizzo di tecniche statistiche avanzate la relazione doserischio tra il consumo di alcool e il rischio di cancro, divulgare i risultati al grande pubblico per promuovere un corretto stile di vita e istituire un consorzio di studi internazionali sul tumore dello stomaco. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Ponte San Pietro (BG) nel 1985 Laureata in Scienze Sociali all’Università degli Studi di Milano Laureato in Biostatistica e Statistica Sperimentale all’Università degli Studi di Milano-Bicocca PhD in Interazioni Umane all’ Università IULM di Milano PhD in Epidemiologia e Biostatistica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 169 Michele Vacca Annalisa Terranegra Qualità e quantità dell’apporto di acqua nella terapia della calcolosi renale. La calcolosi renale è una patologia molto comune; coinvolge i reni, nei quali si formano delle calcificazioni (calcoli) che ostruiscono i dotti, causando dolore, e ne compromettono la funzionalità. Una delle terapie più efficaci e consolidate è aumentare l’apporto di acqua nell’organismo; si raccomandano più di due litri e mezzo al giorno. Tuttavia, spesso i pazienti non si attengono alle quantità prescritte. Inoltre, l’effetto di acque minerali a diverso contenuto di sali sul metabolismo del calcio e del sodio è ancora in gran parte sconosciuto. Infine, il rischio di recidiva, cioè di formazione di nuove calcificazioni, è molto alto in questa patologia, e influenzato da fattori genetici e ambientali, come la dieta, la quantità e la qualità dell’acqua bevuta. Lo scopo del progetto è duplice; da una parte, valutare meglio il ruolo terapeutico e di prevenzione di un corretto apporto idrico e dall’altro l’effetto di acque a diverso contenuto di sali, non solo sulla formazione di calcoli ma anche sul cambiamento delle abitudini alimentari dei pazienti. Pazienti con alto rischio di recidive dovranno bere per 6 mesi un’acqua poco mineralizzata e per altri 6 mesi una mediamente mineralizzata. L’effetto del trattamento sarà valutato mediante l’analisi del sangue e delle urine. Infine, si vuole valutare se un’acqua minimamente mineralizzata possa essere più appetibile per i pazienti e facilitare quindi il raggiungimento della quantità minima di due litri e mezzo di acqua da assumere ogni giorno. Come e quando una dieta di tipo occidentale induce infiammazione del tessuto adiposo nell’uomo? L’obesità è un problema sociale di dimensioni epidemiche, e aumenta il rischio per molte patologie croniche, come diabete, infarto del miocardio e tumori. I fattori che ne determinano l’insorgenza sono l’inattività fisica e l’adozione di regimi alimentari errati. Questo progetto intende studiare le risposte dell’organismo a un’alimentazione errata, con particolare attenzione alle alterazioni infiammatorie e metaboliche non ancora patologiche ma che possono favorire malattie più gravi, tra cui complicanze cardio-metaboliche. L’obesità è associata a un basso ma persistente livello di infiammazione cronica del tessuto adiposo. Man mano che il tessuto adiposo si ingrossa aumenta il numero di cellule pro-infiammatorie. Nei paesi occidentali è frequente il consumo di pasti “supercalorici”: scopo del progetto è valutare se queste abitudini alimentari promuovano disfunzioni metaboliche stimolando un’infiammazione del tessuto adiposo. Alcuni recettori presenti sulle cellule immunitarie, sensibili al livello dei lipidi, hanno livelli alterati nei pazienti con disordini metabolici. Analizzando pazienti obesi con e senza diabete verrà studiato se la presenza di scompensi metabolici contribuisce a rafforzare lo stato infiammatorio. Lo scopo è quello di esaminare tutti gli aspetti molecolari del fenomeno onde avere a disposizione il quadro più completo possibile per elaborare un modello dell’infiammazione del tessuto adiposo. L’obiettivo finale è individuare marcatori biologici precoci di rischio metabolico e strategie nutrizionali orientate alla prevenzione dell’obesità e delle sue complicanze. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO University of Cambridge (UK) 170 DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale San Paolo di Milano NOTE BIOGRAFICHE Nato a Terlizzi (BA) nel 1979 NOTE BIOGRAFICHE Nata a Melfi (PZ) nel 1975 Laureato in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Bari Aldo Moro Laureata in Biologia all’Università degli Studi di Siena PhD in Oncologia e Patologia Clinica e Molecolare all’Università di Chieti-Pescara 171 Oriella Venezia Cibo e salute: un progetto di educazione alimentare nelle scuolE secondarie di primo grado in Sicilia. Alimentazione e stile di vita sono universalmente riconosciuti come cardini della prevenzione di malattie croniche tra cui obesità, diabete, malattie cardiovascolari e cancro, che rappresentano la maggior parte delle morti nei paesi occidentali e sono in crescita nelle nazioni in via di sviluppo. La divulgazione della ricerca in ambito nutrizionale è dunque fondamentale per attuare politiche di prevenzione efficaci a livello globale. Il progetto si propone di realizzare un programma di educazione alimentare in scuole secondarie di primo grado Borsa di ricerca sostenuta grazie alla Delegazione di Palermo della regione Sicilia. Dall’indagine ministeriale “OKkio alla salute” è emerso infatti che in Sicilia 23% dei ragazzi di 13 anni e il 26% dei ragazzi di 11 anni sono in sovrappeso. La scuola è il luogo ideale per interventi di educazione alla salute soprattutto in una fase critica della crescita come la pre-adolescenza. Promuovere la conoscenza e la consapevolezza sui benefici di una corretta alimentazione significa, di conseguenza, migliorare le proprie abitudini alimentari. Il progetto si articolerà in diverse fasi: distribuzione di opuscoli e materiale informativo, lezioni frontali sulla corretta alimentazione e sulle patologie da stili di vita sbagliati e somministrazione di questionari per valutare le competenze acquisite. Verranno anche valutati parametri medici come il peso corporeo prima e dopo, per verificare l’efficacia di una corretta divulgazione nel cambiare le abitudini alimentari dei ragazzi. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Scuole del territorio siciliano NOTE BIOGRAFICHE Nata a Palermo nel 1983 Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 172 grant 2014 Master in Nutrizione Umana all’Università degli Studi di Pavia PERCHè LA RICERCA SCIENTIFICA FA BENE A TUTTI. ANCHE A TE. 173 SCUOLA EUROPEA MEDICINA MOLECOLARE 174 La Fondazione Veronesi da sempre sostiene l’attività di numerosi giovani ricercatori che desiderano proseguire il corso di studi e specializzarsi presso la Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM), un’istituzione che promuove la formazione e la ricerca nei settori emergenti della biomedicina come genomica, medicina molecolare e nanotecnologie, e della bioetica. La SEMM opera all’interno di centri di eccellenza e favorisce l’integrazione della ricerca di base con la pratica clinica; gestisce dottorati di ricerca internazionali e organizza numerosi eventi e seminari scientifici; offre ai ricercatori post-doc un programma strutturato e professionalizzante per intraprendere la carriera del direttore di ricerca; è infatti l’unica scuola di alta specializzazione in Italia ad occuparsi di tutte le possibili applicazioni in ambito medico e scientifico conseguenti al sequenziamento del genoma umano. I corsi di studio attivi presso la scuola sono 6: 1. Ph.D in Molecular Oncology 2. Ph.D in Medical Nanotechnology 3. Ph.D in Human Genetics 4. Ph.D in Computational Biology 5. Ph.D in Foundations Of The Life Sciences And Their Ethical Consequences (FOLSATEC) 6. Structured International Post Doc Program (SIPOD) 175 Marco Annoni Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureato in Filosofia all’Università di Milano PROGETTO Etica della Medicina basata su evidenze Fallibilismo, apertura e quindi umiltà. “Fare ricerca” significa prima di tutto ammettere che ci sono molte cose che ancora non sappiamo, ma che vale però la pena di indagare. D’altra parte, “fare ricerca” significa anche essere pronti a rimettere in discussione le proprie certezze, rimanendo aperti alla possibilità che ciò che ora consideriamo vero e certo può alla fine dimostrarsi errato o incompleto. Fare ricerca, quindi, è per me essenzialmente un sinonimo di umiltà. Matteo Biancospino Perché hai scelto di diventare un ricercatore? Perché sono convinto che il lavoro e la dedizione di molti possano contribuire a migliorare la vita, ed io volevo essere uno di questi. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureato in Biologia Molecolare all’Università degli Studi di Padova PROGETTO Ruolo della Miosina VI tra endocitosi e vie di segnalazione ubiquitina-dipendenti Sina Atashpaz Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? Migliorare la vita del genere umano. 176 Sara Bisi Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? Perchè conoscere e capire sono passi imprescindibili per lo sviluppo futuro. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: iraniana Laureato in Farmacia all’Università di Tabriz (Iran) NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biotecnologie industriali all’Università degli Studi di Pavia PROGETTO Definizione di un modello per la sindrome di Williams-Beuren PROGETTO Citoscheletro e migrazione cellulare 177 giulia ferretti paolo bonaiuti perchè, secondo te, È importante investire nella ricerca? NOTE BIOGRAFICHE Nazionlità: italiana Laureato in Matematica per le applicazioni, Università degli Studi di Milano Perchè le innovazioni, se ci saranno, arriveranno da lì. Per questo stesso motivo sarebbe bene investire anche nell’educazione dei ricercatori, che anche a loro siano chiare le responsabilità che hanno e le conseguenze che le loro ricerche potrebbero avere nel mondo reale. se ti dico ricerca, cosa ti viene in mente? Innovazione, approfondimento, futuro, possibilità di sviluppare teorie e prassi capaci di intervenire in modo decisivo sulla vita delle persone. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Scienze filosofiche, Università Vita e Salute S. Raffaele, Milano progetto Questioni etiche nella ricerca oncologica pre clinica. progetto Analisi delle dinamiche di attivazione e inattivazione del checkpoint giuseppe d’agostino Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? Il potere di cambiare in meglio il mondo che ci circonda. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureato in Biotecnologie Molecolari e Industriali all’Università degli Studi di Bologna 178 PROGETTO Le alterazioni della traduzione nelle malattie dello sviluppo neurale causate da difetti di dosaggio genico Alma Linkeviciute Perché hai scelto di diventare una ricercatrice? Ho scelto di intraprendere il percorso delle Scienze Umane Biomediche perché ritengo che sia importante non solo fare nuove scoperte ma anche, pensare, riflettere, analizzare il loro significato oggi e come potrebbero influenzare il nostro futuro. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: lituana Laureata in Neurobiologia alla Vilnius University di Vilnius (Lituania) PROGETTO Etica e riabilitazione oncologica 179 Pietro Lo Riso Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? Per garantire un maggior benessere alle generazioni a venire. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureato in Biotecnologie mediche, cellulari e molecolari all’Università Vita e Salute S. Raffaele di Milano PROGETTO Caratterizzazione della patogenesi del carcinoma ovarico attraverso la riprogrammazione epigenetica Chiara Malinverno Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? Investire nella ricerca non è solo importante ma fondamentale, perché ci permette di fare ogni giorno piccoli passi verso una migliore qualità della vita La ricerca è una opportunità che ci viene data per poter assicurare a noi e alle generazioni future una vita più lunga e più sana. Conoscere significa capire e poter individuare strategie vincenti per prevenire e combattere le malattie che ci affliggono. Eleonora Lusito Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? Ricerca per me significa conoscenza, osservazione e deduzione. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Bioinformatica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca 180 PROGETTO Analisi computazionale di dati di espressione genica in tumori della mammella NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biotecnologie Mediche all’Università degli Studi di Parma PROGETTO L’endocitosi nella migrazione delle cellule tumorali Luca Marelli Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? Ricerca è il costante rifiuto del pensiero comune, del dato di fatto, dell’opinione generalizzata. Ricerca è il tentativo di interrogare i fondamenti del nostro credere e sottoporli al vaglio critico. Ricerca è aprirsi a nuovi punti di vista. Ricerca “è propriamente nostalgia, un impulso ad essere a casa propria ovunque” (Novalis). NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Milano PROGETTO Prospettive etiche nella medicina basata su evidenze 181 lucia massari perchè hai scelti di diventare ricercatrice? NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biologia Molecolare della Cellula Università degli Studi di Milano Ho scelto di diventare ricercatrice perchè sono una persona curiosa, trovo stimolante affrontare le sfide e le domande che la ricerca pone. E perchè mi affascina il mio ambito di ricerca, la biologia molecolare, e voglio dedicare le mie capacità al suo studio. Valentina Melocchi Perché hai scelto di diventare un ricercatore? Perché mi sono appassionata a questo mondo fin dai tempi dell’università. La curiosità di scoprire cose nuove e la possibilità di capire come funzioni il nostro organismo mi hanno spinto a seguire questa strada. progetto Regolazione del passaggio da metafase a anafase valeria mastrodonato perchè, secondo te, È importante investire nella ricerca? NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biologia Applicata alla Ricerca Biomedica, Università degli Studi di Milano 182 progetto Ruolo delle proteine di membrana durante la divisione cellulare È importante investire nella ricerca perché penso che l’enorme progresso in ambito medico-scientifico sia essenzialmente dovuto ad essa. Se oggi sono disponibili cure sempre più efficaci è stato grazie alla ricerca, che ha permesso di comprendere sempre più nel dettaglio i meccanismi molecolari alla base di patologie complesse come i tumori e di sviluppare farmaci specifici e terapie sempre più personalizzate NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Bioinformatica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca PROGETTO Il sequenziamento di nuova generazione per l’identificazione di mutazioni coinvolte nella progressione del carcinoma mammario Simona Monterisi Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? Mi vengono in mente le parole del mio capo: “Ricerca vuol dire cercare, cercare ancora e ri-cercare… Se conoscessimo già le risposte non si chiamerebbe ricerca!” NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biotecnologie Industriali all’Universitaà di Milano-Bicocca progetto Ruolo di HOXB7 in tumori metastatici al polmone 183 Silvia Restelli Szusza Pavelka Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? In generale è un obiettivo che vale la pensa di perseguire e che ci permette di comprendere e di gestire il mondo esterno. Perché anche se molti passi in avanti sono stati fatti, la ricerca ha sempre bisogno di progredire e trovare nuove soluzioni. La ricerca è il futuro di tutti noi. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: tedesca Laureata in Biologia alla Georg August University di Goettingen (Germania) NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Genomica funzionale all’Università degli Studi di Trieste PROGETTO Il significato evoluzionistico dell’uso di modelli animali non umani PROGETTO Il ruolo di RACGAP1 nelle cellule staminali del cancro Francesca Reggiani Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biotecnologie Animali all’Università degli Studi di Bologna 184 Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? PROGETTO Cellule progenitrici nel tessuto adiposo e tumorigenesi Per me ricerca significa andare oltre ai limiti che conosciamo, porsi domande e interrogarsi sul perché ogni cosa accade. In realtà è un lavoro senza una fine perché per ogni risposta ottenuta si generano almeno altre mille domande con conseguente apertura di altrettante nuove strade e possibilità che sono lì, pronte per essere esplorate. Ma lo scopo di ogni passo del nostro lavoro è ben chiaro: cercare di capire come funzionano i processi biologici e le patologie e come sfruttare queste conoscenze per sviluppare nuove tecnologie e terapie che possano migliorare la qualità di vita delle persone. Virginia Sanchini Perché hai scelto di diventare una ricercatrice? Credo che quella del ricercatore non sia una professione tra le altre ma una vera e propria vocazione, che ti spinge a non essere mai soddisfatto di quello che sai ma a cercare sempre di più risposte alle tue domande. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Filosofia all’Università Vita e Salute S. Raffaele di Milano PROGETTO Al crocevia tra etica teorica e teoria politica: verso il ristabilimento di un expertise in campo etico e bioetico 185 Angela Santoro Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata in Biotecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi di Bologna Perchè è la molla da cui parte innovazione e prestigio per il nostro paese, perchè significa investire in un bacino di giovani volenterosi, affamati e folli al punto giusto. Perchè non si può pensare di guardare al futuro senza valorizzare le nostre risorse intellettuali, costrette troppo spesso ad emigrare per vedere riconosciuto il loro valore. francesca tettamanzi Se ti dico Ricerca, cosa ti viene in mente? L’idea di ricerca come attività dinamica e creativa, volta a generare conoscenza e, con essa, opportunità. La ricerca è inoltre per me un impegno che richiede dedizione e passione. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureata Biotecnologie industriali Università degli Studi di Milano Bicocca progetto Studio dei meccanismi molecolari alla base dello sviluppo del tumore della mammella PROGETTO Ruolo della quiescenza nella crescita tumorale Giuseppe Schiavone Perché, secondo te, è importante investire nella ricerca? Perché i soldi spesi in ricerca sono un investimento sulla società del futuro. NOTE BIOGRAFICHE Nazionalità: italiana Laureato in Scienze Cognitive all’Università degli Studi di Milano 186 PROGETTO Rendere democratica la bioetica: un approccio partecipativo alla bioetica deliberativa 187 progetti di ricerca 2014 188 La ricerca promossa dalla Fondazione ha come obiettivo il miglioramento della qualità della vita. A ogni risultato raggiunto corrisponde non solo la soluzione più utile e innovativa a un interrogativo scientifico, ma anche una nuova speranza per chi soffre, nuove prospettive di una vita migliore che incidono sulla famiglia, sul mondo del lavoro, sulla società intera. Il progresso scientifico non si alimenta senza ricerca. Per questo la Fondazione Umberto Veronesi investe energie e fondi, e condivide con studiosi autorevoli importanti iniziative che possano aprire le porte al futuro. Per raggiungere questi obiettivi, la Fondazione bandisce annualmente un pubblico concorso per l’assegnazione di finanziamenti per progetti di ricerca di elevato profilo scientifico e ampia ricaduta sulla salute pubblica, nel campo dell’oncologia clinica, della cardiologia e delle neuroscienze. 189 Marco Arese Le fibre nervose come autostrade per la diffusione del tumore alla prostata. Le cellule tumorali mettono in atto molteplici strategie per progredire nella crescita. In particolare, “manipolano” l’ambiente che le circonda, costituito da tessuto normale, per migrare in altri organi. Il cancro della prostata utilizza le fibre nervose circostanti come “autostrade” per la sua crescita e diffusione. Questo fenomeno, chiamato invasione perineurale, è comune anche in altri tipi di cancro ed è associato a una prognosi peggiore. Inoltre molti tumori producono delle molecole che favoriscono la propria innervazione, a suggerire che la ma- Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme nipolazione del sistema nervoso favorisca la crescita delle cellule maligne. Nel laboratorio sono state identificate recentemente due proteine che regolano sia l’attività delle cellule tumorali che dei nervi: la neurexina e la neuroligina. Sono proteine della membrana, che nel sistema nervoso regolano le sinapsi e la comunicazione tra neuroni. Neurexina e neuroligina, se prodotte dalle cellule del cancro alla prostata, potrebbero essere alla base delle interazioni tra neuroni e cellule cancerogene, facilitando la migrazione di quest’ultime lungo le fibre nervose. Scopo del progetto di ricerca è caratterizzare la relazione tra aggressività del tumore alla prostata, abilità di sfruttare l’invasione perineurale e il ruolo in questi fenomeni di neurexina e neuroligina. I risultati forniranno una solida base per un nuovo approccio terapeutico del cancro alla prostata, il tumore più comunemente diagnosticato negli uomini sopra i 65 anni. Stili di vita e micro-RNA nel rischio e nel decorso dei tumori della testa e del collo. I tumori del collo e della testa, il quinto tipo più frequente al mondo, comprendono tutti i tumori del cavo orale e del tratto oro-faringeo: lingua, palato, laringe, faringe. Sono causati da fattori come fumo di sigaretta, consumo di alcool, infezioni da virus del papilloma umano (HPV) e aumento dell’età, anche se sta aumentando l’incidenza fra i giovani, dovuto all’aumentare delle infezioni da HPV. Sono tumori molto difficili da curare se diagnosticati in fase avanzata, a causa delle frequenti ricadute e metastasi. È necessario quindi identificare dei marcatori biologici affidabili sia per uso diagnostico che prognostico, ed è ciò che si propone il progetto di ricerca. Per stratificare meglio il rischio di contrarre un tumore di testa e collo e le sue modalità di evoluzione, oc- DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo (TO) PARTECIPANTI 190 Laura Bizzozero Elena Riccitelli Margherita Pergolizzi Grazia Vitagliano Stefania Boccia corre mettere in relazione i marcatori biologici con gli altri fattori di rischio. La ricerca dei marcatori si concentrerà soprattutto sui microRNA circolanti nel sangue, cioè piccole molecole di RNA specifiche per i tumori della testa e del collo. I dati sugli stili di vita e l’incidenza dei vari tumori per gli studi di correlazione sarrano estrapolati dall’International Head And Neck Cancer Epidemiology (INHANCE), un grosso studio epidemiologico internazionale sui tumori di testa e collo. I dati epidemiologici e molecolari, una volta integrati in un modello, permetteranno di costruire algoritmi diagnostici e predittivi da applicare nella pratica clinica, e di identificare nuovi bersagli terapeutici. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma PARTECIPANTI Sara Vincenti Dario Arzani Rosarita Amore Paolo Boffetta Mia Hashibe 191 Giovanni Boniolo L’etica nella cura del cancro: counselling per la responsabilizzazione dei pazienti. I recenti progressi della scienza hanno aperto una nuova era nella medicina e nell’oncologia; questo implica una rivoluzione nel rapporto medicopaziente, con la nascita di nuove figure professionali che potrebbero affiancarsi ai clinici, ad esempio gli esperti in counselling etico. La cura dei pazienti oncologici infatti implica al giorno d’oggi ben più di una corretta diagnosi e trattamento: significa anche guidare i pazienti e i loro familiari nell’affrontare lo shock di una diagnosi di tumore, le difficoltà del percorso di terapia e Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme le eventuali conseguenze e fornire supporto etico-legale. In questo modo, i pazienti possono essere maggiormente responsabilizzati e di conseguenza coinvolti nel dialogo con i clinici, il che a sua volta consente loro di essere parte attiva nel processo decisionale in accordo con i propri valori morali, credi religiosi e desideri. Si tratta di una prospettiva innovativa dell’approccio clinico alla cura del cancro, con l’obiettivo di equilibrare il dialogo medico-paziente e considerare quest’ultimo come un individuo indipendente e autonomo. L’obiettivo del progetto è quello di formare professionisti esperti in grado di fornire un counselling etico ai pazienti oncologici nell’era della medicina molecolare. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Scuola Europea di Medicina Molecolare di Milano PARTECIPANTI 192 Dottorandi del programma FOLSATEC (Foundations of the Life Sciences and Their Ethical Consequences) Michelangelo Campanella I meccanismi molecolari che fanno invecchiare i neuroni. Col passare degli anni anche le cellule invecchiano, e questo fenomeno è particolarmente critico per i neuroni del cervello, dove la divisione e la produzione di nuove cellule nel corso della vita è estremamente limitata. Una della caratteristiche principali di una cellula che invecchia è l’accumulo di mitocondri mal funzionanti. I mitocondri sono organelli essenziali per molte funzioni vitali, tra cui la capacità di produrre energia sfruttando l’ossigeno. Mitocondri mal funzionanti perdono la capacità di generare energia e provocano un aumento dei radicali liberi e di molecole ossidanti, causando gravi danni alle cellule, soprattutto i neuroni. Per evitare l’accumulo di mitocondri difettosi, la cellula normalmente li elimina “mangiandoseli”, attraverso un processo chiamato mitofagia. Due sono le proteine che regolano la mitofagia: Atpif1, che la favorisce, e Tspo, che la blocca. L’equilibrio nelle loro attività, espresso dal rapporto Atpif1/Tspo, determina l’efficienza della mitofagia, ma i meccanismi dettagliati di funzionamento e di come sono alterati durante l’invecchiamento sono ancora sconosciuti. Il presente progetto vuole esplorare proprio la relazione tra alterata mitofagia e invecchiamento cerebrale. Il rapporto Atpif1/Tspo potrebbe essere usato come indicatore dell’invecchiamento cellulare, utile per mettere in atto strategie di prevenzione e terapie contro l’invecchiamento neuronale che segna la debilitazione cognitiva nelle fasi avanzate della vita. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO European Centre for Brain Research di Roma PARTECIPANTI Ramona Lupi Stefania Cocco Valerio DeBiase Lara Rossi Federico La Regina 193 Enrico Cassano La risonanza magnetica mammaria nella diagnosi di lesioni borderline. Le lesioni borderline, o a incerto potenziale di malignità, sono un insieme eterogeneo di alterazioni mammarie non maligne. La frequenza di queste lesioni nelle biopsie percutanee delle pazienti è tra il 3% e il 9%; esse rappresentano un problema dal punto di vista clinico, poiché vi è il rischio di sottostimare la loro reale malignità. Infatti, dal 20 al 30% delle lesioni borderline, quando sottoposte a una più approfondita biopsia chirurgica, contengono anche lesioni maligne. Gli approcci medici sono spesso Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme o troppo “aggressivi”, sottoponendo tutte le pazienti a esami invasivi come la biopsia chirurgica, o troppo “conservativi”, limitandosi a controllare le pazienti ma rischiando di sottostimare la pericolosità della lesione. Il progetto di ricerca vuole quindi valutare l’utilizzo della risonanza magnetica mammaria con mezzo di contrasto come strumento per la diagnosi affidabile delle pazienti con lesioni mammarie borderline, in particolare all’affidabilità di identificare o escludere la presenza di focolai tumorali. In questo modo, da un lato si eviterebbero a molte pazienti invasivi interventi di chirurgia non necessari, indirizzandole invece con tranquillità verso strategie di follow-up; dall’altro lato si identificherebbero tempestivamente le pazienti con alterazioni maligne, guadagnando tempo prezioso per un corretto intervento terapeutico. Matteo Giovanni Della Porta Le sindromi mielodisplastiche: quando le cellule staminali ematopoietiche invecchiano. Le sindromi mielodisplastiche sono tumori dell’età avanzata caratterizzate da proliferazione alterata e differenziamento inefficiente delle cellule staminali ematopoietiche, con un alto rischio di evoluzione verso una leucemia conclamata. Il processo di trasformazione delle cellule staminali ematopoietiche è causato da mutazioni in uno o più geni che si accumulano col passare del tempo durante l’invecchiamento. Lo scopo del progetto è identificare quali geni o gruppi di geni sono responsabili nel tempo del processo di trasformazione prima in cellula mielodisplastica e poi eventualmente leucemica. Le mutazioni possono essere spontanee, dovute a errori casuali durante la replicazione del DNA, o anche indotte da fattori ambientali, come radiazioni o molecole chimiche; il progetto si focalizzerà anche nel distinguere questi due tipi di eventi mutageni. Una volta identificate le mutazioni “guida”, cioè le mutazioni che avvengono nelle prime fasi e sembrano responsabili di “predestinare” la cellula mutata verso l’evoluzione patologica, verranno anche caratterizzati i meccanismi molecolari di trasformazione tumorale. Il progetto fornirà informazioni sulle modificazioni del genoma nelle cellule staminali ematopoietiche correlate all’età, utili per la pianificazione di strategie preventive. Permetterà inoltre di migliorare la diagnosi e la stratificazione del rischio di malattia e di ottimizzare tempi e modalità di interventi terapeutici. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia PARTECIPANTI DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto di Radiologia dell’Università degli Studi di Udine PARTECIPANTI 194 Valeria Bertani Clauser Paola De Nicolo’ Arianna Gallì Anna Catricalà Silvia Zibellini Silvia Ambaglio Ilaria Elena Chiara Pietra Daniela Travaglino Erica Pascutto Cristiana Ferretti Virginia Rizzo Ettore 195 Lawrence Faulkner Diagnosticare e curare il neuroblastoma nei paesi in via di sviluppo. Nei paesi in via di sviluppo i tumori stanno emergendo, accanto alle malattie infettive, come fattore importante di mortalità infantile, anche a causa della scarsità di risorse sanitarie per affrontare queste malattie. Nei paesi industrializzati, il neuroblastoma è il tumore solido extracranico più comune nei bambini. La sua incidenza nelle nazioni in via di sviluppo non è invece chiara. Tuttavia, i tumori pediatrici possono essere efficacemente diagnosticati e curati anche in contesti di risorse limitate. Questo progetto vuole mettere a punto strategie efficaci per la diagnosi e la Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme cura del neuroblastoma in paesi in via di sviluppo. Il progetto si articola su tre centri sanitari: al Cairo (Egitto), a Rabat (Marocco) e a Yangon (Myanmar). Il primo centro dispone di un completo equipaggiamento diagnostico e della possibilità di somministrare chemioterapia; il centro marocchino si sta attrezzando con strumentazione avanzata mentre il centro in Myanmar possiedo solo risorse di base. Il progetto nasce da un consorzio internazionale, il Global Neuroblastoma Network, che raccoglie un database mondiale sulla malattia e riunisce i massimi esperti mondiali. Verranno forniti ai centri supporto nella gestione dei dati, discussone su casi clinici, visite ai centri per percorsi di formazione e condivisione dell’expertise nel trattamento del neuroblastoma, aiutando i centri sanitari in nazioni in via di sviluppo a curare più efficacemente e con le risorse disponibili questo grave tumore infantile. Microbiota, vitamina e cancro del colon-retto: verso nuove strategie di prevenzione. L’intestino umano è un ambiente diffusamente popolato di microorganismi simbionti che svolgono importanti funzioni digestive e protettive; l’insieme di queste relazioni è chiamato microbiota. Tuttavia si sa ancora molto poco del ruolo del microbiota nello sviluppo e nell’evoluzione di patologie intestinali, soprattutto il cancro del colon-retto, molto diffuso nella popolazione anziana. Anche la vitamina D ha un ruolo importante nell’equilibrio gastrointestinale e agisce come agente protettivo dal cancro. La carenza di vitamina D è una condizione estremamente diffusa negli anziani ed è associata a molte malattie legate all’invecchiamento, tra cui anche il cancro del colon-retto. Il progetto vuole indagare la relazione tra vitamina D e microbiota e il ruolo congiunto nello sviluppo e nella prognosi del Sara Gandini cancro del colon-retto, attraverso un dettagliato studio caso-controllo per valutare le differenze di composizione batterica e di vitamina D tra pazienti con cancro al colon-retto e soggetti sani. In particolare verranno studiate la composizione batterica della microflora intestinale e i loro genomi, e la variabilità dei recettori che legano la vitamina D. Le informazioni raccolte aiuteranno a caratterizzare le differenze tra soggetti sani e malati, individuando come la vitamina D interagisca con la microflora intestinale. Dal punto di vista clinico, i risultati daranno preziose indicazioni su nuove strategie di prevenzione e cura del cancro al colon-retto, con importanti risvolti per la salute pubblica DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Fondazione Cure2Children ONLUS di Firenze PARTECIPANTI 196 Katherine Matthay Scott Howard Nehal Parikh Catherine Lam PARTECIPANTI Maria Rescigno Davide Serrano Bernardo Bonanni Giulia Maria Zampino Angelica Sonzogni Cristina Trovato Roberto Biffi Harriet Johansson 197 Francesco Gianfagna Alla scoperta dei meccanismi di controllo dell’obesità e delle patologie metaboliche dell’ipotalamo. Obesità, diabete, ipertensione e osteoporosi stanno diventando sempre più diffuse, soprattutto nei paesi industrializzati dove la popolazione è sempre più sedentaria e vecchia. Comprendere le vie metaboliche alterate che le causano sta diventando una priorità per la ricerca biomedica. La neuromedina U è una proteina che regola il metabolismo corporeo, presente soprattutto nell’ipotalamo. Gli individui con alterazioni nel gene della neuromedina hanno una maggiore predisposizione a sviluppare patologie metaboliche, tra cui obesità e ossa Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme fragili. L’obiettivo del progetto è verificare il coinvolgimento della neuromedina e di altre proteine, potenzialmente implicate negli stessi meccanismi molecolari, nella patogenesi di obesità, diabete, ipertensione e osteoporosi. Verranno effettuate analisi su campioni di DNA dei partecipanti al progetto Moli-sani, uno studio epidemiologico effettuato su oltre 24.000 individui in Molise. Verranno poi confrontate le alterazioni genetiche tra malati e sani per identificare i geni, con particolare interesse per la neuromedina, coinvolti nel meccanismo patogenetico ma anche eventuali differenze epigenetiche. L’epigenetica è l’insieme di modificazioni chimiche transitorie del DNA che regolano l’espressione dei geni; un campo innovativo che sta dando risultati interessanti. L’obiettivo finale è identificare nuovi marcatori per migliorare la diagnosi del rischio e nuovi bersagli terapeutici per la cura di obesità e altre malattie metaboliche. Nuove possibilità di cura con i linfociti T nello scompenso cardiaco dell’anziano. Lo scompenso cardiaco è la più comune causa di ospedalizzazione tra gli anziani e, nonostante i notevoli miglioramenti della terapia, è associato a una prognosi infausta a cinque anni in un’alta percentuale di casi, soprattutto in pazienti di età superiore ai 70 anni. Nel cuore dell’anziano la formazione di un tessuto fibroso determina una riduzione della funzione cardiaca. Inoltre, la fibrosi è accompagnata da infiammazione, con aggravamento dei sintomi. I linfociti T, cellule del sistema immunitario, sono coinvolti nell’infiammazione cronica della fibrosi cardiaca. L’infiammazione è già stata bersaglio di terapie per lo scompenso cardiaco ma senza successo, probabilmente per una scarsa comprensione del ruolo dei vari componenti del sistema immunitario. Il progetto si prefigge quindi di compren- DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo NEUROM di Pozzilli (IS) PARTECIPANTI 198 Licia Iacoviello Marinos Kallikourdis dere, a livello molecolare, la relazione tra infiammazione, invecchiamento e fibrosi, per sviluppare nuove strategie terapeutiche che, attraverso la manipolazione del sistema immunitario, interferiscano con la progressione della fibrosi cardiaca. L’obiettivo è mettere a punto una terapia cellulare: prelevare linfociti T dal sangue del paziente, modificarli in coltura per potenziare il ruolo anti-infiammatorio e ri-somministrarli affinché agiscano contro l’infiammazione nel cuore scompensato. Si tratta di un approccio terapeutico innovativo che potrebbe aprire nuove strade efficaci nella prevenzione e nella cura di una delle patologie cardiache più comuni nella popolazione anziana. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI) PARTECIPANTI Daniele Catalucci Roberto Papait 199 Claudio Lucchiari I benefici delle sigarette elettroniche nei forti fumatori per combattere il vizio del fumo. Il fumo è ormai un’epidemia globale che pone diversi problemi di gestione della salute pubblica. Negli ultimi tre anni, i dispositivi elettronici senza tabacco, comunemente chiamate sigarette elettroniche, hanno avuto una grande diffusione in molti paesi del mondo. Sono state sviluppate con l’obiettivo di aiutare i forti fumatori a ridurre il consumo di sigarette; tuttavia, gli studi disponibili per verificarne l’efficacia, soprattutto a lungo termine, come ausili per la disassuefazione non possono essere ancora ritenuti conclusivi. Il progetto è dunque un Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme tentativo di analizzare l’efficacia e la sicurezza per la salute delle sigarette elettroniche e gli effetti psico-fisici sugli utilizzatori. Lo studio valuterà gli effetti comportamentali (numero giornaliero di sigarette), clinici (parametri fisiologici) e psicologici (qualità della vita, benessere emotivo, stile di vita) a breve e lungo termine di un programma di disassuefazione di tre mesi basato sull’uso di sigarette elettroniche. Lo studio permetterà di raccogliere dati oggettivi e soggettivi rispetto all’uso delle sigarette elettroniche. Interessante in particolare sarà identificare i fattori psicologici che ostacolano o facilitano la disassuefazione. I risultati ottenuti saranno molto importanti per comprendere se le sigarette elettroniche potranno diventare uno strumento davvero efficace per la promozione della salute e ridurre il vizio del fumo. Strategie innovative per la cura del morbo di Alzheimer. Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale tipica dell’età avanzata; è la causa più comune di demenza ed è attualmente ancora incurabile. Una delle cause molecolari è l’eccessiva produzione di una forma alterata della proteina beta-amiloide, che forma grossi aggregati e placche nei neuroni, causando i sintomi della malattia. ADAM10 è un enzima, presente nei neuroni, che previene la formazione della beta-amiloide; è quindi plausibile che la stimolazione della sua attività rappresenti un valido approccio terapeutico e protegga i neuroni dall’accumulo patologico di beta-amiloide neurotossica. Questo progetto ha proprio lo scopo DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano PARTECIPANTI 200 Gabriella Pravettoni Giulia Veronesi Patrick Maisonneuve Stefania Pinna Elena Marcello di mettere a punto una terapia volta alla modulazione di ADAM10. Sono stati identificati dei peptidi, cioè piccole proteine in grado di penetrare nei neuroni, che interferiscono con i meccanismi cellulari di blocco di ADAM10, stimolandone quindi l’attività. La terapia deve essere ora testata in modelli animali della malattia per verificarne l’efficacia nel contesto di un organismo e l’assenza di effetti tossici. Se i risultati saranno positivi, rappresenteranno un grosso passo avanti nella comprensione della patogenesi del morbo di Alzheimer e offriranno nuove possibilità di intervento sul decorso di questa grave e invalidante malattia del cervello. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano PARTECIPANTI Stefano Musardo Silvia Pelucchi Annalisa Longhi Paolo Calabresi Alessandro Tozzi Daniele Di Marino 201 EUGENIO MARTINELLI Dal moscerino della frutta, lo sviluppo di un “naso” per identificare le molecole volatili emesse dalle cellule tumorali Le cellule tumorali hanno un metabolismo alterato rispetto alle cellule sane: di conseguenza, anche la quantità e la qualità delle molecole prodotte è differente, in particolare i composti organici volatili. Ciò implica che riuscire a identificare i profili delle molecole volatili emesse differentemente dalle cellule tumorali rappresenterebbe un valido strumento, non invasivo ed economico, per identificare la presenza di un tumore. Il gruppo di ricerca ha recentemente sviluppato un sistema biologico per discriminare linee cellulari di tumore al seno da linee cellulari Riccardo Masetti normali utilizzando i neuroni olfattivi del moscerino della frutta opportunamente ingegnerizzati. Questi neuroni contengono oltre 50 tipi di recettori per gli odori a cui sono in grado di rispondere, e l’elaborazione dei profili di risposta tramite analisi informatiche e strumentali “fotografano” la varietà di molecole emesse dai diversi campioni, sani e tumorali, discriminandoli. Gli obiettivi principali della ricerca sono quelli di ampliare la sensibilità del sistema biologico, sviluppare un software di analisi più raffinato e l’interfaccia elettronica del dispositivo. Lo sviluppo di “nasi biologici elettronici” rappresentano una nuova e promettente strategia per la diagnosi precoce; ad esempio potrebbero essere di grande aiuto al medico di famiglia in uno screening di base economico e non invasivo che, in caso di risposta positiva, possa indirizzare tempestivamente il paziente verso gli esami di accertamento tradizionali. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi “Tor Vergata” di Roma PARTECIPANTI 202 Luca Rava Alessandra Ulivieri Identificare nuovi bersagli terapeutici per le leucemie mieloidi acute in età pediatrica. La leucemia mieloide acuta rappresenta il 10-20% delle leucemie in età pediatrica, con un’incidenza di circa 65-70 nuovi casi all’anno nell’età compresa tra 0 e 15 anni. Si tratta in realtà di un gruppo di disordini molto eterogenei per caratteristiche cliniche e genetiche e, nonostante i notevoli progressi ottenuti in ambito terapeutico negli ultimi anni, hanno ancora oggi una prognosi sfavorevole. La sopravvivenza libera da malattia a cinque anni dalla diagnosi è intorno al 50%. Circa un 20% delle leucemie mieloidi acute, inoltre, non mostra nessuna evidente alterazione genetica o molecolare nota; tale sottogruppo è definito a cariotipo normale. In questo sottogruppo, è stato però identificato un ricorrente trascritto di fusione; esso è il risultato della fusione anormale di due geni diversi. I bambini portatori di questa alterazione hanno un rischio di recidiva maggiore e una sopravvivenza inferiore. Questo gene di fusione stimola l’attivazione anomala della via biochimica di Hedgehog che è implicata nel controllo della crescita e del differenziamento, e se non regolata potrebbe causare sviluppo di leucemia. Lo scopo del progetto è quello di chiarire il ruolo della via di Hedgehog nelle leucemie mieloidi a cariotipo normale e dimostrare sperimentalmente se farmaci inibitori di questa via possano essere utilizzati con successo come terapia mirata per i bambini affetti da questo particolare sottogruppo aggressivo di leucemia mieloide. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna PARTECIPANTI Valentina Indio Agnese Po Marianna Silvano 203 Luca Muzio Ruolo dell’acidosi nell’ischemia cerebrale durante l’invecchiamento. L’invecchiamento è un processo complesso che avviene in ogni organismo vivente, e porta a una progressiva perdita di funzionalità cerebrale, spesso associata a veri e propri disturbi neurologici. Tra questi, l’ischemia cerebrale è una delle principali cause di disabilità al mondo tra la popolazione anziana. Nella zona del cervello colpita da ischemia si attiva una risposta infiammatoria che contribuisce alla neurodegenerazione e impedisce una guarigione completa dalla fase acuta. Durante l’ischemia cerebrale il pH delle cellule scende drammaticamente; una condizione Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme chiamata acidosi. Questa a sua volta causa la massiccia apertura di speciali proteine-canale sulla membrana dei neuroni, deputate al controllo del flusso di ioni, peggiorando ulteriormente lo stress sui neuroni e causandone la morte. Il progetto si propone di comprendere meglio questo meccanismo patologico che lega infiammazione, acidosi e tossicità neuronale dopo ischemia, e valutare se esiste una correlazione con l’invecchiamento cellulare. Gli studi verranno effettuati su modelli sperimentali dell’ischemia giovani e anziani, valutando diversi parametri tra cui i livelli di acidosi tramite risonanza magnetica e gli effetti dopo somministrazione di molecole che bloccano le proteine-canale e quindi i flussi ionici nei neuroni. Queste molecole, in caso di risultati positivi, potranno essere molto importanti per sviluppare terapie in grado di ridurre i processi neurodegenerativi in seguito a ischemia. L’epigenetica dell’infiammazione nello sviluppo dei tumori intestinali. I tumori sono malattie molto complesse, causate sia da fattori genetici che ambientali: quest’ultimi, tra cui l’infiammazione cronica, possono avere un ruolo determinante nella nascita e nel decorso della malattia. Il carcinoma del colon-retto è molto influenzato dello stato infiammatorio della mucosa intestinale. Tutti i fattori che sono associati con l’infiammazione, come l’autoimmunità, una dieta scorretta o alterazioni nella flora intestinale sono anche fattori di rischio per i tumori all’intestino. Ciononostante, i meccanismi con cui lo stimolo infiammatorio favorisce l’insorgenza di tumori sono ancora poco compresi. L’epitelio intestinale è il tessuto col più alto ricambio di cellule: le cellule staminali intestinali si dividono a un ritmo elevato e questo, unito allo stress infiammatorio, aumenta il rischio di sviluppare mutazioni, sia Diego Pasini genetiche che epigenetiche, dando origine a crescita maligna. Il progetto vuole proprio comprendere come uno stimolo infiammatorio prolungato alteri l’epigenoma delle cellule staminali intestinali. L’epigenoma è l’insieme di modificazioni chimiche sul DNA senza modificarne la sequenza, ma regolando la sua espressione e la sua stabilità. Scompensi epigenetici possono quindi causare gravi danni al DNA e al controllo della divisione nelle cellule staminali intestinali. risultati del progetto permetteranno di delineare i principali meccanismi molecolari dell’infiammazione che favoriscono la trasformazione maligna nelle cellule dell’intestino. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto San Raffaele di Milano PARTECIPANTI 204 Marco Bacigaluppi Linda Chaabane Andrea Bergamaschi Andrea Falini DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Istituto Europeo di Oncologia di Milano PARTECIPANTI Jammula Sri Ganesh 205 Katia Petroni Dalle antocianine della dieta un’arma per rigenerare il cuore durante l’invecchiamento. Una delle sfide più urgenti per la medicina nei prossimi cinquant’anni sarà ridurre l’impatto delle malattie croniche, tra cui le patologie cardiovascolari. Il rischio di malattie croniche cardiovascolari è fortemente influenzato da tre fattori socio-comportamentali: fumo, sedentarietà e alimentazione non salutare. Di contro, altri comportamenti possono agire come prevenzione, primi fra tutti una sana alimentazione; ad esempio il consumo di cibi ricchi di antocianine, come mirtillo e ribes, riducono il rischio di infarto del miocardio. Benedetta Raspini Progetto assegnato tramite bando Young Investigator Research Programme Sebbene l’effetto protettivo delle antocianine sia ormai un fatto assodato, non sono ancora chiari i meccanismi molecolari che lo determinano. Di recente, sono stati identificati piccole sequenze di RNA, chiamati microRNA, associati con l’invecchiamento del cuore e altri in grado di stimolare la rigenerazione cardiaca e promuoverne il recupero dopo un infarto. Lo scopo del progetto è stabilire i meccanismi molecolari alla base delle proprietà cardioprotettive delle antocianine, attraverso lo studio degli effetti di una dieta ricca di antocianine del mais rosso sull’espressione dei microRNA coinvolti nella rigenerazione cardiaca o nell’invecchiamento del cuore. Questi microRNA potranno essere utilizzati in futuro come biomarcatori dell’efficacia di regimi dietetici sulla salute del cuore e sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari. Vegeteria L’Angelica®: un nuovo integratore per un corretto apporto nutrizionale. Secondo le principali organizzazioni internazionali di nutrizione, un consumo adeguato di frutta e verdura cambierebbe la mappa mondiale delle principali malattie cronico-degenerative come infarti, ictus, tumori, osteoporosi, diabete. Si stima che con 600 grammi di frutta e verdura al giorno si eviterebbero oltre 135 mila decessi all’anno, un terzo delle malattie coronariche e l’11% degli ictus. Un’ampia gamma di fattori influenza, però, il consumo di frutta e verdura: l’ambiente fisico, sociale e culturale, gusti personali, livello di indipendenza e consapevolezza della salute. In Italia, solo uno su dieci consuma la quantità raccomandata di cinque porzioni al giorno. Vegeteria L’Angelica® è un integratore nutrizionale di frutta e verdura per coloro che non riescono ad assumerne la corretta quantità consigliata giornalmente. Il progetto intende verificare se l’integratore Vegeteria sia effettivamente un valido sostituto di frutta e verdura. A questo scopo si valuterà la sua azione nell’aumentare le concentrazioni circolanti di vitamine e acido folico su un campione di 30 soggetti adulti sani di ambo i sessi. I dati clinici verranno messi in relazione con le informazioni sullo stile di vita, abitudini alimentari e su parametri clinici come l’indice di massa corporea. I risultati confermeranno se l’utilizzo di integratori come Vegeteria possano fornire gli stessi effetti benefici sulla salute di frutta e verdura. DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Ospedale San Paolo di Milano DOVE SVILUPPERÀ IL PROGETTO Università degli Studi di Milano PARTECIPANTI 206 Alessandra Marinelli PARTECIPANTI Laura Soldati Francesca Pivari Laura Scaroni Amina Remli 207 PROGETTO TOGETHER FOR PEACE La scienza al servizio della pace nelle aree di crisi Nell’ambito del progetto di Science for Peace di Fondazione Umberto Veronesi, nel 2009 nasce la task force medica itinerante Together for Peace, con l’obiettivo di realizzare progetti di prevenzione in ambito oncologico in regioni colpite da conflitti o in stato di grave necessità. Il progetto si focalizza in particolare sulla prevenzione e sulla diagnosi del tumore al seno, che colpisce numerose donne, spesso prigioniere di condizioni sociali e ostacolate da culture locali che negano loro ogni diritto, tra cui quello di curarsi. Il progetto prevede l’apertura di ambulatori per la diagnosi del tumore al seno dotati di adeguate attrezzature mediche, programmi di formazione del personale medico in loco e in Italia e l’erogazione di borse di studio per sostenere i medici nelle loro attività. 2004 Egitto-Cairo Campagne di diagnosi precoce del tumore al seno 2006 Israele-Nazareth Campagne di diagnosi precoce del tumore al seno 2009 Gerusalemme Est Donazione di un mammografo al centro medico Al Ram 2010 Territori Palestinesi Formazione professionale di oncologi, radioterapisti e medici palestinesi 2011 Afghanistan Formazione professionale di 10 medici oncologi afgani Maurice Sandouno Training di perfezionamento per l’utilizzo di strumenti diagnostici del tumore al seno. Il tumore al seno è molto comune tra le donne in tutto il mondo e una delle prime cause di morte; la situazione è ancora più grave nei paesi più disagiati, come molti stati africani, dove è diffusa anche un’altra piaga sanitaria; l’AIDS. Le donne sieropositive, infatti, hanno una maggiore probabilità di sviluppare tumori al seno e all’utero e l’assenza di adeguata assistenza medica contribuisce ad aumentare la mortalità per una patologia che, se diagnosticata in tempo, è curabile. Fondazione Veronesi sta realizzando un ambulatorio per la diagnosi del tumore al seno, presso il centro medico DREAM della Comunità di Sant’Egidio a Conakry, capitale della Repubblica di Guinea, fornendo attrezzature mediche e formando del personale medico al suo utilizzo. Il dottor Sandouno ha già trascorso, tra novembre e dicembre del 2013, 40 giorni presso la divisione di radiologia senologica dell’Istituto Europeo di Oncologia. Ha svolto un training intensivo per imparare a utilizzare l’ecografo mammario che Fondazione Veronesi ha donato al centro DREAM. Nel 2014 tornerà per due mesi in Istituto per completare e perfezionare le sue competenze, in particolare l’utilizzo di un secondo essenziale strumento per la diagnosi del tumore al seno: un mammografo, che verrà donato al centro DREAM nel corso del 2014. Il know-how di competenze acquisite in Italia permetteranno al Dottor Sandouno di rendere operativo l’ambulatorio oncologico di Cornaky, a disposizione gratuita di tutte le donne della regione. 2011-2012 Afghanistan-Herat Allestimento del primo ambulatorio per la diagnosi precoce del tumore al seno 2013-2014 Repubblica di Guinea-Conakry Allestimento del primo ambulatorio per la diagnosi precoce del tumore al seno e formazione professionale di un medico oncologo DOVE SVILUPPERÀ IL TIROCINIO Centro Medico DREAM di Conakry (Repubblica di Guinea) NOTE BIOGRAFICHE Nato a Matoto (Guinea) nel 1972 208 Laureato in Medicina e Chirurgia 209 i ricercatori sostenuti negli annI BORSE DI RICERCA 2013 210 Alaa Hamza Alconchel Ara Pilar Anania Maria Chiara Arruga Francesca Bachetti Tiziana Bacigaluppi Susanna Bagislar Sevgi Barault Ludovic Barrero Blanco Veronica Batti Laura Biasiotta Antonella Borba De Souza Alessandra Borgatti Monica Bossi Daniela Bottillo Irene Bravi Francesca Calvenzani Valentina Campos Martinez Luis Cantelmo Rita Carleo Francesco Carrega Paolo Carturan Sonia Cereda Matteo Chiroli Elena Cianfrocca Roberta Ciarlo Monica Cicalese Angelo Cimmino Flora Cristofanon Silvia Crupi Rosalia Cuevas Novoa Susan Cutrone Antonella D’alessandra Yuri D’andrea Aleco De Marco Rossella De Massimi Alessia Raffaella Del Signore Ester Della Rosa Francesco Di Paolo Daniela Di Stefano Paola Diaz Federico Dogliotti Elena Erreni Marco Ferrari Amorotti Giovanna Ferretti Elisa Ferrini Krizia Fontana Francesca Fontana Ribeiro Sabrina Frullanti Elisa Funel Niccola Gabellini Chiara Galeone Carlotta Garciarodas Lisbeidi Giuffrida Domenica Griseri Paola Hübner Arana Gabriel Iommarini Luisa Jinoro Jeromine Kapanadze Nina Laurent Audrey Leoncini Emanuele Levati Giorgia Virginia Lo Buono Nicola Lorenzoni Alice Luraghi Paolo Mancini Manuela Marighetti Paola Marinelli Alessandra Masetti Riccardo Masiero Marianna Massa Paul Mihailovic Maija Molfino Alessio Mora Reyes Fabian Morini Raffaella Nevola Teixeira Luiz Felipe Ortensi Barbara Paterniti Irene Pedace Lucia Pellicori Pierpaolo Pelosi Andrea Peradze Sopio Pereira Gomes Raposo Andre Radesi Serghi Sinziana Razafimahaleo Mahasoa Petera Rizzo Angela Rizzo Francesca Romano Alessandra Roti Giovanni Santarpia Mariacarmela Sassi Francesco Sestito Rosanna Skirycs Aleksandra Sommariva Elena Storini Claudio Strigaro Gionata Tarsitano Achille Tassi Elena Varano Gabriele Vendramin Antonio Vila Josè Zecchin Davide Zoccarato Anna progetti DI RICERCA 2013 Bertolini Francesco Ceppi Marcello Ciarrocchi Alessia Corona Giuseppe Di Carlo Emma Giorgio Marco Marra Fabio Matullo Giuseppe Negri Eva Nencioni Alessio Verderio Claudia Bianchi Paolo Pietro Bonanni Bernardo Pompilio Giulio BORSE DI RICERCA 2012 Aladowicz Ewa Alba Posse Sebastian Alfonso Coto Juan Carlos Amendola Pier Giorgio Amendola Donatella Artuso Simona Barrero Blanco Veronica Battista Andrea Berrone Elena Bezerra Phelipe Calvenzani Valentina Cancado Rezende Guilherme Casali Lorenzo Casolla Barbara Cesanafrancesca Chahuan Badir Cionfoli Nicola Cocco Claudia Codecà Claudia Cosentino Claudia Dekic Natasa Del Re Marzia Di Paolo Daniela Dogliotti Elena Dorivam Celso Esposito Emanuela Falato Claudette Ferrario Anna Ferro Leda Fornasa Giulia Fortunato Orazio Fransen Gerhard Galeone Carlotta Galuppo Valentina Gandini Chiara Gatti Elena Greco Andrea Guccini Ilaria Guerriero Francesco Hamza Mostafa Amed Lohsiriwat Visnu Macedo Camila Magi Fiorenza Mancini Manuela Mariani Francesco Masetti Riccardo Mazzoni Elisa Messa Francesca Molfino Alessio Monsellato Igor Mora Reyes Fabian Myasoedova Veronika Nicolis Di Robilant Benedetta Pardolesi Alessandro Passaretti Rosa Anna Passoni Lorena Peralta Lorca Juan Ignacio Peruzzi Daniela Pezzoli Laura Pinto Ivan Quiroa Luis Ramundo Valeria Reussmann Veronica Romero Ivana Rossi Marta Rubino Mara Rusconi Francesca Rusmini Marta Santarpia Mariacarmela Sarno Maria Anna Serpi Francesco Sommario Maria Sposato Italia Stagnaro Nicola Sticozzi Claudia Sukowati Caecilia Vadilonga Valeria Vecchio Donatella Vidal Urbinati Aylin Mariela PROGETTI DI RICERCA 2012 Bianchi Paolo Bregni Marco Brignole Chiara Ciceri Fabio Cirulli Francesca Curigliano Giuseppe De Censi Andrea Di Fiore Pier Paolo Gasparre Giuseppe Gentilini Oreste Gentilucci Luca Golino Paolo Invernizzi Pietro Martinelli Eugenio Mazzarella Luca Nastrucci Candida Nicassio Francesco Pastorino Fabio Pelicci Giuliana Petroni Katia Polesel Jerry Rescigno Maria Spaggiari Lorenzo Testori Alessandro Varesio Luigi Zucchetto Antonella BORSE DI RICERCA 2011 Berrone Elena Brollo Janaina Calvenzani Valentina Candeloro Bianca Casali Lorenzo Casolla Barbara Cassilha Maximiliano Colombo Beatrice Del Castillo Andres De Francesco Gian Paolo Di Dia Giuseppina Amalia Fando Couso Edeny Fara-Tanyona Harizay Fernander Filho Rivaldo Khajeh Reza Lohsuriwat Visnu Mariani Francesco Mazzoleni Federica Montero Maybell Parodi Matias Pardolesi Alessandro Passoni Lorena Pellegrini Osmar Pereira Lima Samuel Quattrone Giuseppe Salazar Lucila Santulli Gaetano Sommario Maria Storino Francesco Tiberio Paolo Titta Lucilla Vadilonga Valeria PROGETTI DI RICERCA 2011 Bonanni Bernardo Colombo Gualtiero De Pas Tommaso Martino Faulkner Laurence 211 Galbiati Massimo Giorgio Marco Mazza Manuelita Novelli Giuseppe Orecchia Roberto Paganelli Giovanni Priori Silvia Roti Giovanni Schoeftner Stefan BORSE DI RICERCA 2010 Camarotti Daniela Del Castillo Andres Pedro Bonello Luke Ribeiro Martini Rafael Rodriguez Peres Suanly Santhiago De Carvahlo Emannuela Seco Vasques Maria Javiera Semenkiw Maria Eugenia Calvenzani Valentina Yodeiri Meydi Chulam Thiago Celestino Di Dia Giuseppina Amalia Durli Iara Ghezzi Leal Thiago Kuenzer Ruy Fernando Liotta Marco Nevola Texeira Luiz Felipe Passaretti Rosa Anna PROGETTI DI RICERCA 2010 Bertolini Francesco Blandino Giovanni Bonizzi Giuseppina Contino Gianmarco Gandini Sara Tarone Guido Vismara Elena BORSE DI RICERCA 2009 212 Arnaboldi Paola Canseco Fernandez Rosario Chanquetti Milene Coelho Duarte Luciano Colombo Beatrice Comi Stefania Conceicao Fraga Guedes Maria Di Dia Amalia Ghezzi Leal Tiago Golin De Vasconcellos Paula Grigol Martinez Gabriela Cristina Liotta Marco Lorenzon Silveira Paula Angelica Massaro Mariangela Meirelles Barbalho Daniel Monteiro Nogueira Alfredo Savio Nevola Teixeira Luiz Felipe Perin Fabiola Adelia Ponzi Paola Andrea progetti DI RICERCA 2009 Ferrucci Pier Francesco Basilico Claudio Sullivan Richard Sandri Maria Teresa Genival Gioacchino Natoli BORSE DI RICERCA 2008 Barbosa De Carvalho Genival Braga Carvalho Felipe Chanquetti Quiterio Milene Comi Stefania De Oliveira Filho Helio Di Dia Giuseppina Amalia Garcia-Etienne Carlos Alberto Grigol Martinez Gabriela Cristina Ponzi Paola Andrea Ventura De Freitas Alejandra Vidallè Dalila Vilela Fusco Eduardo BORSE DI RICERCA 2007 BORSE DI RICERCA 2004 Spuri Paola Cintra Baccaro Luiz Francisco Alves Dos Santos Nelson Iwata Andrè Garcia Fleury Isabel Brenelli Palermo Fabricio Uez Maria Luisa Jimenez Libia Cabral Calvano Carlos Marino Mattar Fanianos Denise Gugiatti Marina Galluccio Lara Schuh Fernando De Almeida Couto Andrè Letzkus Berrios Jaine Mauricio Arce Quesada Josè Mauricio Lazzarini Silvia BORSE DI RICERCA 2006 Bassani Luis Guillermo Torres Fabio Franco Vidal Urbinati Aylin Mariela Ramirez Cuellar Adonis Tupac Javan Soheil Chambo Danielle Arnaboldi Paola Comi Stefania BORSE DI RICERCA 2005 Novita Garcia Guilherme Berrettini Anastasio Sahium Rafaela Barbosa Fabiane Silva Scirea Tesseroli Marco Antonio Civril Filiz Pesce Karina Benitez Gil Lisandro Luis Alaite Zambelli Fernanda Barbosa Fabiane Silva Rotundo Silvana Rodriguez Albanese Gustavo Di Nuzzo Daniela Benitez Gil Lisandro Luis De Almeida Couto Viana Andrè Novita Garcia Guilherme Sahium Rafaela Cecilio Pesce Karina Alejandra- BORSE DI RICERCA 2003 grant 2014 PERCHè LA RICERCA SCIENTIFICA FA BENE A TUTTI. ANCHE A TE. 213 istituti finanziati negli anni Arcispedale S. Maria Nuova, Reggio Emilia Aso S. Croce E Carle, Cuneo Azienda Ospedaliera “Maggiore Della Carità”, Novara Azienda Ospedaliera Città Della Salute e Della Scienza, Torino Azienda Ospedaliera Ospedale di Circolo di Busto Arsizio, Busto Arsizio Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma Ceinge, Napoli Centro Cardiologico Monzino, Milano Centro di Riferimento Oncologico, Aviano Dana-Farbar Cancer Institute/Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Medicina Interna e Specialità Mediche, Università Di Genova, Genova Dipartimento Di Medicina Interna, Università Degli Studi Di Firenze, Firenze Embl - European Molecular Biology Laboratory, Hinxton Ente Ospedaliero Ospedali Galliera, Genova Fondazione Cure2children Onlus, Firenze Fondazione del Piemonte per l’Oncologia, Candiolo Fondazione di ricerca e cura Giovanni Paolo II, Campobasso 214 Fondazione Ebri - European Brain Research Institute Rita Levi-Montalcini, Roma Fondazione Filarete per le Bioscienze e l’Innovazione, Milano Fondazione Italiana Fegato, Trieste Fondazione Salvatore Maugeri, Pavia Fondazione Santa Lucia, Roma Gruppo Multimedica, Milano Hugef - Human Genetics Foundation, Torino Ifom - Firc Institute Of Molecular Oncology, Milano Imi, Intergruppo Melanoma Italiano, Milano Ior - Institute Of Oncology Research, Bellinzona Irb - Istituto di Ricerca Biomedica, Barcellona Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed, Pozzilli Isernia Irccs Multimedica, Sesto San Giovanni rccs San Martino, Genova Irccs San Raffaele Del Monte Tabor, Milano Irccs San Raffaele Pisana, Roma Istituto Auxologico Italiano, Milano Istituto Clinico Humanitas, Rozzano Istituto Dermopatico Dell’immacolata Idi-Irccs, Roma Istituto di Ematologia e Scienze Oncologiche “L. E A. Seràgnoli”, Bologna Istituto Di Ematologia ed Immunologia Clinica, Università Degli Studi di Perugia Istituto di Neuroscienze Cnr, Pisa Istituto di Neuroscienze Cnr, Milano Istituto Europeo di Oncologia, MIlano Istituto Giannina Gaslini, Genova Istituto Mario Negri, Milano Istituto Nazionale dei Tumori, MIlano Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori, Milano Istituto Regina Elena, Roma Istituto Superiore di Sanità, Roma Italian National Cancer Institute (IFO), Regina Elena, Roma Karolinska Institute, Svezia London Research Institute, London Massachusetts General Hospital, Massachussetts, USA Nico Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi, Orbassano (TO) Ospedale Galliera e San Martino, Genova Ospedale S. Gerardo, Monza Policlinico S.orsola-Malpighi, Bologna Policlinico San Matteo, Pavia Polo Ocologico di Cuneo Seconda Università degli Studi di Napoli Seton Hall Univiversity, New Jersey The Sidney Kimmel Comprehensive Cancer Center, Baltimore Università Cattolica Roma Università degli Studi dell’Aquila Università degli Studi di Bologna Università degli Studi di Milano Università degli Studi di Milano Università degli Studi di Milano Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” Università degli Studi di Siena Università degli Studi Gabriele D’annunzio, Chieti Università del Salento, Lecce Università di Chieti-Pescara Università di Ferrara Università di Modena e Reggio Emilia Università di Novara Università di Padova Università di Pavia Università di Salerno Università degli Studi di Torino Università La Sapienza, Roma University Of Bristol, Uk University Of Cambridge, Uk University Of Copenhagen, Danimarca University Of Hull, Uk University Of Leuven, Belgio University Of Oxford, Uk University Of Southern California, Los Angeles USA Vu University Medical Center Of Amsterdam, Olanda Washington University in St. Louis, USA 215 MILANO Piazza Velasca, 5 20122 Milano Tel. +39 02 76 01 81 87 Fax +39 02 76 40 69 66 [email protected] 216 ROMA Palazzo Lancellotti Via Lancellotti, 18 - 00186 Roma Tel. +39 06 68 80 12 42 Fax + 39 06 68 80 95 36 [email protected] 217
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