PRINCIPALI RICERCHE SCIENTIFICHE SULLA BABY SIGN LANGUAGE A cura di Silvia Bitelli - 1987: il Prof. Joseph Garcia (Alaska Pacific University) inizia la conduzione di diversi studi volti a determinare se ed a partire da quale età sia possibile insegnare la lingua dei segni ai bambini udenti; i risultati indicano che la comunicazione bambino-adulto udenti attraverso i gesti non solo è possibile, ma è utilizzabile già molto precocemente Il Prof. Garcia è considerato da molti il padre fondatore della Baby Sign Language. Lavorando come interprete per la comunità sorda, ha iniziato ad interessarsi all’utilizzo della lingua dei segni come strumento di comunicazione per i bambini udenti negli anni ‘70 quando, osservando le interazioni tra persone sorde in American Sign Language (ASL) per la sua tesi di dottorato, ha potuto notare come i figli udenti di genitori sordi iniziassero a comunicare con loro attraverso la lingua dei segni ad un’età molto precoce (mediamente intorno agli 8-9 mesi). Le sue ricerche universitarie successive sono dunque state finalizzate a determinare l’età nella quale anche i bambini udenti provenienti da famiglie udenti possano utilizzare la comunicazione gestuale, a promuovere l’utilizzo della ASL in famiglie volontarie ed a studiarne gli effetti. I risultati ottenuti dagli studi hanno indicato che i bambini esposti ai segni regolarmente e consistentemente almeno dai 6-7 mesi di età iniziano generalmente ad usare la comunicazione gestuale a partire dagli 8-9 mesi; per questo motivo il Prof. Garcia ha creato il primo programma pratico per insegnare la Baby Sign Language alle famiglie udenti. - 1994: i risultati della ricerca “ASL as a factor in acquiring English”, condotta dalla Prof.ssa Marilyn Daniels (Pennsylvania State University), la portano a concludere che lo sviluppo del vocabolario infantile possa essere favorito dalla lingua dei segni, perché essa presenta al bambino simultaneamente le parole in modo visivo, cinestesico e verbale Nel 1993 la Prof.ssa Daniels ha notato come i bambini udenti di età prescolare che avevano ricevuto un’educazione sia in lingua inglese sia in ASL ottenessero risultati significativamente più alti al Peabody Picture Vocabulary Test (Test di Vocabolario Ricettivo) di quelli dei bambini non segnanti. I suoi studi successivi hanno dimostrato che l’aggiunta di elementi cinestesici e visivi alla comunicazione verbale aiuta a migliorare non soltanto il vocabolario ma anche le abilità di compitazione e di lettura del bambino prescolare, perché con la lingua dei segni gli viene offerta la massima esposizione possibile al linguaggio e all’apprendimento: il bambino infatti sente, perché gli adulti pronunciano le parole; vede, perché gli adulti compiono i gesti; esegue, perché lui stesso imita le azioni. - 1997: in uno studio longitudinale promosso dal National Institutes of Child Health and Human Development, le Prof.sse Linda Acredolo e Susan Goodwyn (University of California, Davis) hanno trovato che i bambini esposti ai segni avevano prestazioni più alte di quelli non segnanti in vari compiti a loro sottoposti I risultati dello studio delle Prof.sse Acredolo e Goodwyn, che ha coinvolto oltre 140 famiglie di bambini di 11 mesi, hanno concluso che i bambini esposti ai segni hanno prestazioni migliori di quelli non segnanti in diversi compiti: la ricerca ha dimostrato che i bambini segnanti comprendono un numero maggiore di parole, hanno un vocabolario più ampio, ottengono risultati più alti nei test di intelligenza e si applicano spontaneamente in attività più sofisticate rispetto a quelli non segnanti. I genitori dei bambini esposti ai segni coinvolti nello studio hanno riportato un decremento di frustrazione, un aumento di comunicazione e la sensazione di un legame più profondo con i loro bambini; hanno inoltre segnalato un incremento dell’autostima nei loro bambini e un maggiore interesse nei libri e nella lettura condivisa. Inoltre, quando le Prof.sse Acredolo e Goodwyn hanno visitato di nuovo dopo 8 e 12 anni le famiglie dello studio, hanno trovato che i bambini che segnavano da piccoli avevano un QI significativamente più alto (QI 114) di quelli non segnanti (QI 102). - 1999: lo studio pilota della Dott.ssa Kimberlee Whaley (Ohio State University) riporta che la lingua dei segni aiuta a facilitare la comunicazione tra i bambini e coloro che se ne prendono cura Il programma, condotto nella A. Sophie Rogers Infant-Toddler Laboratory School annessa all’Ohio State University, ha previsto l’utilizzo di alcuni segni della ASL da parte di educatori con bambini a partire dai 9 mesi di età; l’obiettivo non era insegnare la lingua dei segni, ma piuttosto sfruttarla per comunicare più efficacemente. I risultati dell’indagine riferiscono come i bambini non soltanto abbiano appreso i gesti, ma abbiano iniziato presto ad utilizzarli anche a casa. Gli studi successivi della Dott.ssa Whaley hanno dimostrato che i bambini che hanno appreso la lingua dei segni parlano prima rispetto a quelli che non la utilizzano, poiché imparano velocemente a verbalizzare ciò che segnano e posseggono un vocabolario più ampio e più solido. Alcuni bambini poi mantengono e nel tempo approfondiscono la conoscenza dei segni, sviluppando la American Sign Language come seconda lingua. Le ricerche hanno rilevato inoltre che le bambine tendono a segnare maggiormente rispetto ai pari di sesso maschile. La Dott.ssa Whaley scrive nelle sue annotazioni: “E’ molto più semplice per i nostri insegnanti lavorare con bambini di 12 mesi che possono segnare quando vogliono il loro biberon, piuttosto che piangere e lasciarcelo immaginare; la lingua dei segni appare come una utile possibilità per i bambini, che possono esprimere i loro bisogni prima che siano in grado di verbalizzarli”. Le ricerche successive, condotte in America e nel Nord dell’Europa, continuano a fornire ulteriori conferme relativamente alla correlazione tra la precoce esposizione alla lingua dei segni e l’incremento del vocabolario e delle abilità di lettura; molti studi dimostrano infatti che esiste una comune fondazione biologica tra le aree del cervello umano responsabili dello sviluppo del linguaggio e quelle responsabili della coordinazione motoria. Alcuni studiosi ipotizzano inoltre che una precoce acquisizione della ASL possa essere un approccio innovativo nel trattamento dei bisogni speciali, inclusi disturbi di attenzione, dell’iperattività, dell’autismo e della sindrome di Down.
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