«Incontri con la Pubblicità»

«Incontri con la Pubblicità» (GG)
BIOGRAFIA DI «CANDIDO»
n. 6 – 8, Milano ottobre dicembre 1960
La storia di Candido è, si può dire, la storia dell’Italia degli ultimi quindici anni. Il primo numero di Candido è uscito il 15 dicembre 1945. Guareschi era appena tornato dai campi di concentramento e l’Italia era quella che egli definì provvisoria. Un’Italia sgangherata con le vesti
sbrindellate e una gran confusione nella testa. Ci voleva del coraggio a sperare che una Nazione ridotta in quello stato — fisico e morale — potesse risollevarsi in qualche modo e prima che
fosse troppo tardi. Nel caos politico il comunismo, facilitato dal generale crollo morale, giocava
la sua carta senza esclusione di colpi.
Quale era il destino dell’Italia? Guareschi ebbe fede nell’Italia e — a suo modo — si dedicò
anima e corpo all’impresa. Isolato — volontariamente isolato — intuì che per far scattare la
molla segreta dell’orgoglio nella coscienza degli italiani bisognava puntare sulla satira, usare
senza riguardi l’arma del ridicolo, criticare con spietata tenacia tutte le brutture che sfiguravano il vero volto della Nazione.
Altri avrebbero usato i sermoni, la tolleranza e le blandizie, Candido avrebbe criticato senza
tentennamenti gli errori, gli abusi, le sopraffazioni che stavano minando alle fondamenta il
senso morale di tutto un popolo.
Candido cominciò subito a sbugiardare i falsari, a denunciare gli abusi, a invocare l’applicazione delle leggi, a richiamare al senso della responsabilità autorità e cittadini, a chiedere di stroncare la spirale della vendetta. Dopo tanto sangue, tanti errori e tanti danni l’Italia doveva ritrovare la strada maestra che l’aveva portata a essere una grande Nazione. Così mentre gli altri
giornali cercavano di sbalordire i loro lettori con memoriali a sensazione, fotografie scandalistiche e inchieste truculente, sollecitando in tal modo la morbosità e I sensi deteriori del pubblico,
Guareschi con la sua penna mordente e la sua matita scanzonata richiamava la Nazione al senso della realtà.
Fu il primo grande successo giornalistico del dopoguerra ed è assai significativo che premiasse un giornale d’opinione e non un rotocalco. La tiratura raggiunse le quattrocentomila copie,
ma Guareschi non si montò la testa. Non se la montò nemmeno quando, dopo le elezioni del
1948, altissime personalità del Governo non esitarono a dichiarare che se l’Italia s’era salvata
buona parte del merito andava a Guareschi e a Candido.
Le elezioni politiche del 1948 segnarono veramente una tappa fondamentale per Candido. Fu
un successo ottenuto col coraggio. E per la verità i pericoli furono molti e non lievi. Guareschi
e l’editore furono minacciati più volte, le lettere intimidatorie non si contavano.
Una volta Guareschi preparò una grande vignetta in cui era raffigurata l’Italia mentre saliva
il Calvario recando sulla schiena un’enorme croce nella quale stava scritto “CGIL”. Informati
dal loro servizio di spionaggio i sindacalisti della Camera del Lavoro inviarono una delegazione
per “discutere” con Guareschi allo scopo di ottenere che la vignetta venisse cestinata. Dopo una
lunga e snervante discussione Guareschi, che aveva ribattuto in tutti i toni che la vignetta non
l’avrebbe cestinata, chiamò il direttore della tipografia per impartirgli le seguenti disposizioni:
«Se durante la mia assenza voi foste obbligati a cedere alle pretese dei delegati della Camera
del Lavoro, lo spazio occupato dalla vignetta dovrà restare bianco e al centro di esso metterete
la seguente nota: «Qui doveva apparire una vignetta di Guareschi che rappresentava l’Italia che sale il
Calvario sotto la pesante croce della CGIL Tale vignetta è stata censurata dai funzionari della Camera del
Lavoro di Milano che hanno imposto ai tipografi di eliminare la vignetta stessa». Ci furono altre discus-
sioni, ma alla fine la vignetta fu pubblicata. (Essa è stata poi riprodotta su molti giornali stranieri fra cui il New York Times.)
L’azione di Guareschi per le elezioni del 1948 oltre che in Italia fu largamente seguita dagli
osservatori politici stranieri e dalla stampa delle grandi capitali. La sua lotta contro il comunismo era un fatto nuovo, i suoi metodi nel campo della polemica politica erano davvero rivoluzionari. Guareschi partì dal principio che il comunismo deve essere combattuto dall’interno e
che «il comunista quando incomincia a pensare smette di essere comunista». Egli perciò batteva senza
posa sul tasto che il comunismo non tollera gli esseri pensanti e non sa che farsene di individui
dotati di personalità, perché ha bisogno soltanto di uomini pronti alla cieca sottomissione. Con
un metodo semplice, anzi addirittura elementare, Guareschi portò le teorie marxiste
all’assurdo. Nei suoi articoli e nei suoi disegni il comunismo diventò un fenomeno ridicolo, inconsistente di fronte ai problemi pratici della vita. In tal modo la sua azione conseguì due risultati fondamentali: 1) ridicolizzò il comunismo e i comunisti stimolando il senso dell’umorismo e
della critica innato negli italiani; 2) dimostrò che si poteva non aver paura del comunismo. La
sua serie di disegni (durata dieci anni) sulla teoria della obbedienza cieca pronta assoluta, in cui
certe volte si vedeva Pajetta con un piede al posto della testa, fu più efficace di migliaia di comizi in cui gli oratori anticomunisti polemizzavano con i vecchi metodi. Attribuì ai comunisti
una terza narice e satireggiò trimammellute le donne comuniste. Dimostrò che la massa comunista
era priva di personalità perché aveva versato il cervello all’’ammasso. In quanto al partito comunista sostenne che la sua sigla PCI significava Partito Cavalli Italiani.
Ma oltre che col suo sarcasmo spietato, Guareschi portò la sua azione nella coscienza degli
uomini con le più estrose trovate. Suo è lo slogan lanciato in occasione delle elezioni politiche
del 1948 e ricordato da Scelba durante la conferenza stampa alla televisione: « Nel segreto della
cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no »; sua è la vignetta — riprodotta poi dalla DC in grandi manifesti — in cui si raffigurava lo scheletro di un italiano caduto in Russia che indicando il simbolo comunista grida oltre il reticolato: « Mamma, votagli contro anche per me ». Ce n’era abbastanza per far perdere la calma a Togliatti che in un comizio a Bologna dichiarò che Guareschi
era tre volte cretino.
Al lume di questi precedenti si capisce meglio l’azione anticomunista condotta da Guareschi
senza soluzione di continuità. Un’azione che vide fra i più attenti osservatori gli americani. Cabot Lodge, per esempio, si recò personalmente a casa di Guareschi per esprimergli la sua ammirazione.
La vittoria democratica nelle elezioni del 1948 portò naturalmente a una normalizzazione
della lotta politica. Scomparsa la paura, gli italiani si cullarono nella beata illusione che il comunismo fosse definitivamente battuto. Candido non condivise questa opinione e Guareschi continuò tranquillamente la sua azione, con lo stesso metodo che aveva dato così brillanti risultati.
La grande trovata di Don Camillo, permise poi a Guareschi dì portare la polemica nella narrativa, conseguendo risultati che lasciarono stupiti anche i più ottimisti. 1 suoi racconti sul prete
anticomunista in lotta con il sindaco rosso, nati nelle pagine di Candido, sono diventati un fatto
mondiale. I libri sono stati tradotti in trentadue lingue, compreso il giapponese, il finlandese, il
russo e il groenlandese.
Ma intanto la funzione di Candido si allargava. Un giornale di opinione moderno non poteva
più trascurare l’informazione. Così a fianco della trattazione polemica dei problemi politici
contingenti, Candido non trascura le inchieste di ampio respiro. È un’opera di informazione, di
formazione e di documentazione sistematica, articolata in tutti i settori della vita nazionale. E
fra la polemica e l’informazione si sviluppa una precisa azione costruttiva: dalle rievocazioni di
figure esemplari d’italiani alle inchieste che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica su
problemi scottanti. Si sviluppa così la serie dei “Primi della classe” che illustra ed esalta la categoria degli industriali partiti dal nulla per creare organismi invidiati da tutto il mondo. Un’altra
collana di articoli ha avuto grande successo: “I vittoriosi dell’Italia sconfitta”: narra di italiani, oscuri o illustri, che hanno combattuto pensando solo alla grandezza della Patria.
Fra le collane di articoli che hanno avuto maggior successo non va dimenticata “L’Epopea degli
Italiani”, il primo grande tentativo di portare la storia italiana all’attenzione dei lettori di un
settimanale di grande diffusione, attraverso la parola dei più qualificati storici. La direzione di
questa impresa venne affidata al nostro maggiore storico vivente, Gioacchino Volpe. Non
dimenticati gli articoli dedicati all’“Italia perduta” per ricordare ai giovani l’Istria, la Dalmazia, e
l’opera senza paragone svolta in Africa dagli italiani.
Fin dai primi numeri Candido fra i problemi urgenti pose quello della solidarietà fra gli Italiani. Quando gli altri settimanali cercavano di allettare il pubblico con l’illusoria promessa di mirabolanti premi, Candido chiese la collaborazione dei suoi lettori per assistere e aiutare i connazionali colpiti da un destino avverso. Fu
così iniziata la sottoscrizione “I figli dei Caduti non devono diventare i figli della strada” che raccolse oltre otto milioni di lire (di allora). Seguirono le raccolte di fondi “Pro Ospedale di Sondalo”,
per i “Profughi dalmati”, per la “Terra italiana al Duca d’Aosta” e infine l”Autocolonna della Solidarietà”: altre decine di milioni impiegati tutti con un alto senso di civismo per risolvere problemi per i quali i politici e la burocrazia non avevano tempo.
In occasione della disastrosa alluvione in Campania che provocò migliaia di senza tetto, Candido chiese ai suoi lettori “Una casa subito per Salerno”. Si voleva dare un esempio di celerità per
stimolare il governo a un’azione immediata. In due settimane arrivarono tante offerte che fu
possibile costruire subito non una, ma due case in cui furono accolte tre famiglie di senzatetto
scelte fra le più provate dal disastro: furono le prime case che ospitarono dei sinistrati. Quelle
costruite dal Governo arrivarono un anno dopo.
Un’altra iniziativa che dice quale sia lo spirito di Candido fu il
Premio dell’Italiano del mese
posto sotto l’alto patronato di Umberto di Savoia e realizzato per il generoso patriottismo
dell’’Editore Angelo Rizzoli. Alla fine di ogni mese del 1951 venne assegnato il premio di un
milione a un italiano che si fosse altamente distinto in un’opera di grande beneficio per la collettività e per il buon. nome dell’Italia. Furono così premiati il professor Rondoni per gli studi
sul cancro, monsignor Antonietti per la creazione del “Villaggio degli orfani” a Selva di Clusone, il colonnello l3ettoni (alla memoria) per la storica carica di Isbuschenski, il maestro Zampieri per la lotta contro l’analfabetismo nel Meridione, il presidente dell’Associazione volontari
del Sangue, i carabinieri Salvo d’Acquisto, Marandola, Sbarretti e La Rocca (alla memoria) che
con l’eroico sacrificio della loro vita salvarono dalla fucilazione diecine di connazionali.
L’ultimo premio di sei milioni fu versato a favore delle famiglie più duramente colpite dalle disastrose alluvioni dell’autunno del 1951.
Molti sono gli episodi di minore portata pratica ma di grande significato morale che le iniziative di Candido hanno motivato e larghissima la partecipazione degli italiani all’estero che sentono nel giornale di Guareschi la voce della Patria lontana. Attivissima è infatti la corrispondenza che giunge da ogni parte del mondo a Candido. Sono connazionali che chiedono notizie
particolareggiate sulla vita italiana, o esprimono la loro soddisfazione per le affermazioni della
nostra industria e dei nostri operatori economici. Una corrispondenza continua e colorita che
conferma la fiducia nel giornale che tante battaglie ha combattuto a viso aperto sospinto unicamente dal desiderio e dalla volontà di contribuire a una sempre più alta affermazione del
nome d’Italia.
Non sono poche infatti le battaglie vinte da Candido. Ne citiamo alcune. Una volta un italiano
scrisse dalla California lamentando l’incomprensione del console italiano verso l’opera di un
emigrato che, raggiunta un’eccezionale fortuna, si era dedicato all’’organizzazione di una serie
di manifestazioni di alto livello per far conoscere agli americani l’arte italiana. Si trattava del
console di una delle più grandi città americane. Il suo puntiglioso formalismo burocratico rischiava di compromettere un’opera meritoria. Candido spiegò serenamente come stavano le cose senza demagogia e senza esagerazioni, ma anche senza riguardi. Il ministero degli Esteri,
dopo una rapida inchiesta che confermava quanto denunciato da Candido, sostituì immediatamente il console e la benefica opera poté continuare (e continua tuttora) con grande vantaggio
per il nome dell’Italia.
Nel 1959 Candido fece un’inchiesta sul figlio ottuagenario di Antonio Meucci, l’inventore del
telefono, scoperto nella più assoluta indigenza a Tindari, un paesetto vicino a Messina.
Nel 1952, dopo il clamoroso successo mondiale di “Don Camillo”, Life dedicò a Guareschi un
articolo di nove pagine, cosa senza precedenti per un giornalista nostrano. Autore ne fu Win-
throp Sargeant, uno dei più famosi inviati speciali della rivista di mister Luce. Sargeant spiegò
agli americani che la grande efficacia della campagna anticomunista di Guareschi era dovuta
al fatto che l’autore di “Don Camillo” era riuscito a stimolare il senso critico degli italiani ridicolizzando il sistema marxista che impedisce all’uomo di pensare liberamente. Fra le varie fotografie pubblicate ci fu questa in cui si vede a fianco a Guareschi, Alessandro Minardi, allora
redattore capo di Candido e il padre del “Signor Veneranda”, Carletto Manzoni, i soli diceva
la didascalia cui era permesso di tenere i baffi.
L’Ordine dei figli d’Italia di San Francisco, in seguito alla segnalazione di Candido decise di
assegnare una pensione mensile per assistere il figlio del grande inventore. Ma qualcuno, negli
Stati Uniti, affacciò l’ipotesi che invece del figlio di Meucci potesse trattarsi di un simulatore.
Non si credeva che potesse essere ancora in vita il figlio dell’inventore del telefono. L’Ordine
dei figli d’Italia inviò a Milano un suo delegato che, assistito dalla direzione di Candido, poté
controllare la scrupolosa esattezza delle notizie contenute nell’articolo.
Casi del genere sono diecine: basterà citare l’ultimo in ordine di tempo. Polemizzando con
Fanfani in merito alla critica situazione dell’agricoltura, Guareschi disegnò una vignetta in cui
si dimostrava che mentre Fanfani prometteva di riunire una speciale conferenza per studiare i
provvedimenti da prendersi a favore dell’agricoltura, questa sarebbe sprofondata nella crisi.
L’argomentazione era molto efficace e non poteva non colpire il maggiore interessato chiamato
direttamente in causa. Due giorni dopo la pubblicazione si riunì il Consiglio dei ministri che
improvvisamente approvò un decreto per l’immediato sgravio dei contributi unificati.
L’opera di Candido si svolge su un piano morale rigoroso e ciò è possibile solo per l’assoluta
indipendenza del giornale. Forte di questo privilegio, garantito da un editore che deve tutto alla sua indipendenza, il giornale di Guareschi ironizza sulle sfasature della vita italiana e non esita a denunciare, documentando, le cose che non vanno. Niente polemica per il gusto della
polemica, ma obiettiva esposizione dei fatti. Politicamente Candido si dichiara patriottico ma
non nel senso strettamente nazionalistico oggi superato. Ma un sano patriottismo, senza colpevoli rinnegamenti e senza retoriche esaltazioni, come impone l’attuale situazione italiana. Autorevoli osservatori politici hanno definito il suo atteggiamento in modo chiaro: critica obiettiva e
documentata contro le sopraffazione dello statalismo e l’insufficienza e gli abusi della cattiva
amministrazione pubblica. Non si può negare che Candido da quindici anni svolge una preziosa
azione di fiancheggiamento — assolutamente indipendente — dell’iniziativa privata che accetta
le esigenze dello Stato moderno.
Nelle inchieste più scottanti si sono impegnati in questi ultimi ‘anni Giorgio Torelli e Lino
Rizzi.
Oltre che sui suoi redattori ordinari Candido ha potuto sempre contare su una schiera di collaboratori di indiscusso valore. Non soltanto giornalisti, ma anche uomini politici, scrittori, docenti universitari, alti ufficiali, scienziati. Perché una delle caratteristiche di Candido è sempre
stata quella di presentare i problemi più scottanti attraverso gli scritti di specialisti. Così la politica estera è affidata a un uomo di straordinario equilibrio e di grande acutezza, l’onorevole
Cantalupo, che a una lunga esperienza di ambasciatore e di sottosegretario unisce una virtù
oggi rara: l’assoluta indipendenza.
Il giudice Durando, si occupa delle questioni giuridiche che esamina oltre che al lume del
Codice con il metro di una morale ortodossa. Le questioni di carattere militare sono di competenza del Generale Emilio Faldella (esercito), dell’Ammiraglio Aldo Cocchia (marina) e del comandante Franco Pagliano (aeronautica). Le dolorose vicende della nostra agricoltura sono seguite con rara competenza e intransigente ironia dal professor Mario Ferraguti, che vanta fra
le sue esperienze quella di essere stato il Capo di stato maggiore della battaglia del grano.
L’azione in difesa dell’arte italiana contro le aberrazioni del modernismo è affidata a Giorgio
de Chirico, uno dei più grandi Maestri viventi.
Con la rubrica “L’ammasso delle grane” Candido ha dato un esempio di tecnica polemica. Abbandonando le vecchie forme scandalistiche e demagogiche ha dimostrato che si può impostare la polemica su un piano razionale in cui la critica può e deve assumere un preciso aspetto
costruttivo. Perché non basta gridare allo scandalo, ma è necessario, dopo la denuncia delle cose
che non vanno, sapere indicare una soluzione giusta e possibile. Una prova di questo metodo si è
avuta quando Candido, per primo fra i settimanali italiani, iniziò una vasta efficacissima campagna contro gli alimenti sofisticati.
Altra caratteristica è la parte umoristica che si distingue per avere abbandonato tutte le vecchie forme di humour generico per sviluppare in forma satirica motivi, oltre che politici, di costume e di attualità. I disegnatori scoperti e lanciati da Candido sono indubbiamente i migliori
d’Italia ed anche all’estero sono considerati i più autorevoli rappresentanti degli umoristi italiani. Le loro vignette non rappresentano il solito incantatore di serpenti o i casi assurdi del solito fachiro indiano, ma prendono i loro spunti dalla vita vera, dai casi di ogni giorno.
Ma fra i collaboratori di Candido c’è anche un gruppo “clandestino”. Sono giornalisti di grande nome e altri meno noti che non possono firmare a causa dei contratti che li impegnano con
altri editori. Tutta gente di prim’ordine che scrive firmando con curiosi pseudonimi per un
giornale considerato “troppo ardito”. E in genere si tratta di articoli non conformisti che non
potrebbero mai trovare spazio nei giornali di cui sono redattori. Per dare un’idea del calibro di
questi clandestini, basterà citare i nomi di alcuni di loro, purtroppo scomparsi, sui quali non
può più abbattersi la reazione dei loro editori: Leo Longanesi, Orio Vergani, Silvio Negro. Altri clandestini sono politici, gente delusa o insoddisfatta dai loro partiti — dai comunisti ai democristiani, dai liberali ai socialisti — che spiffera a Candido segreti e retroscena piccanti.
Fra i suoi collaboratori di maggior rilievo Candido vanta personalità di primissimo piano e
giornalisti di grande fama. Ecco qualche nome preso dall’indice generale: Gioacchino Volpe,
Luigi Federzoni, Piero Operti, Niccolò Rodolico, Giovanni Giuriati, Giovanni Messe, Massimo
Pallottino, Carlo Alberto Blanc, Ettore Paratore, Vittorio Rolandi Ricci, Silvio Gai, Mario Viana, Tommaso Besozzi, Felice Bellotti, Enzo Biagi, Pietro Bianchi, Lorenzo Bocchi, Piero Buscaroli, Vittorio Buttafava, Diego Calcagno, Bonaventura Caloro, Achille Campanile, Arnaldo
Cappellini, Sam Carcano, Mario Castellacci, Teodoro Celli, Corrado Corradi, Lucio De Caro,
Oreste del Buono, Alessandro De Stefani, Dino Falconi, Oriana Fallaci, Gian Carlo Fusco, Michele Galdieri, Eugenio Gara, Alberto Giovannini, Michele Intaglietta, Alfredo Jeri, Pino Josca,
Benny Lai, Gilberto Loverso, Arturo Lusini, Ugo Maraldi, Marcella Marchesi, Enrico Mattei,
Vittorio Metz, Gian Gaspare Napolitano, Gastone Nencioni, Nino Nutrizio, Arturo Orvieto,
Giorgio Nelson Page, Piero Panni, Lino Pellegrini, Domenico PellegriniGiampietro, Anita Pensotti, Enrico Piceni, Giorgio Pisanò, Domenico Porzio, Carmelo Puglionisi, Massimo Rendina,
Mario Rivoire, Massimo Rocca, Gianni Roghi, Bruno Romani, Michele Serra, Cesco Tomaselli.
Come si vede la rete dei collaboratori di Candido copre tutti i settori della vita nazionale. E, ripetiamo, per ovvie ragioni, non è possibile fare i nomi dei “clandestini” che non sono soltanto
giornalisti, ma anche personalità politiche, alti funzionari dei ministeri e della RAI e illustri docenti universitari.
Una volta Guareschi volle spiegare ai lettori cos’era Candido. E disse:
Candido è un settimanale del sabato che va alle stampe il venerdì e viene messo in vendita il
martedì portando la data della domenica susseguente. Da questo si intuisce che si tratta di un
settimanale indipendente. Candido è apartitico, non riceve direttive da alcuno, non è legato a
nessun gruppo politico, a nessun ente, a nessun trust. È un foglio imparziale, candido, come
dice giustamente il suo nome, con una leggera sfumatura monarchica. Ma una cosa da niente,
quasi impercettibile. Qualcuno si ostina a voler trovare clic Candido ha vaghe tendenze destrorse, il che non è vero per niente in quanto Candido è di destra nel modo più deciso e inequivocabile. Può, quindi, essere letto tranquillamente anche da chi è orientato a sinistra, perché, essendo privo di ogni mimetizzazione e presentandosi con la sua vera faccia Candido non
gioca sull’equivoco, non usa armi ambigue o opportunistiche e non tende tranelli al lettore.
Candido è un foglio borghese: quindi è sfacciatamente filoitaliano, tanto da giustificare pienamente chi lo accusa d’essere patriottico. Spiace doverlo ammettere, ma Candido è anche reazionario ed è contrario alle innovazioni rivoluzionarie quali la riforma agraria, le aberrazioni
dello statalismo, l’istituzione delle Regioni, la riforma dell’onestà, l’eliminazione del pudore, la
soppressione della dignità personale e nazionale e la parificazione dei diritti fra galantuomini e
manigoldi. Pertanto, non potendo comprendere i vantaggi dell’opportunismo, Candido è spesso inopportuno e importuno e sempre anticonformista. È, in definitiva, un vero fogliaccio.
Sembrava uno scherzo. Ma era (ed è) la pura verità.
*** (GG)
Bibliografia essenziale di Giovannino Guareschi - Archivio Guareschi - «Club dei Ventitré»
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