Dormi con me stanotte? DORMI CON ME STANOTTE? Sessantuno giorni sull'orlo del pregiudizio di Stefano Zizzi EDITING A CURA DELLA PROF.SSA LUCIA SCHIAVONE COPERTINA DI FLORENZA MONGELLI FOTO DI PAOLO SIERRA PRELUDIO Le parole. Già, le parole. Maledizione alle parole quando sono sottintese, quando sono usate male o per loschi affari. E che siano le benvenute nelle mie orecchie quando sono dolci, speranzose e sincere. Benvenute siano le parole di una canzone che ti fa cantare, benvenute siano le parole di un libro, benvenute siano le parole di chi scrive, perché scrivere è un atto d'amore, benvenute siano le parole di chi ti vuol bene ed ha bisogno di far male perché tu capisca il bene che altrimenti sarebbe impossibile spiegare. Benvenute siano le parole che bisogna imparare a memoria per portarle in scena. Maledizione alle parole di chi a dieci anni si scrive sul cuore che vuol far l'attore: a trentaquattro anni mi commuovo ancora. Solitamente scrivo i miei pensieri quando sto male; questa volta ho scritto un romanzo. Scrivere l'introduzione di un libro senza svelarne essenza e contenuti è un compito molto delicato che riesce solo ai grandi scrittori, dunque non lo farò. Buona lettura. Prima Parte IL MAPPAMONDO "Per tutti gli otto anni che durerà il lutto di vostro padre, non entrerà in casa il vento della via, fate conto di aver murato porte e finestre." Da LA CASA DI BERNARDA ALBA di F. Garcia Lorca DORMI CON ME STANOTTE? UNO – PENSIERI NASCOSTI I figli unici si dividono in due categorie: quelli che, in quanto tali, hanno costantemente necessità di avere contatti con altra gente e quelli che, proprio perché figli unici, sono abituati a ritagliarsi alcuni momenti da condividere solo con se stessi. Carlos, che apparteneva alla seconda categoria, proprio in quei giorni stava vivendo un periodo di massima solitudine e riservatezza. Per il sesto giorno consecutivo, alle otto e mezza di sera, aveva aperto la porta di casa, e aveva acceso la luce del corridoio. Un periodo piuttosto lungo, per un uomo “sentimentalmente impegnato”. Come i peggiori opportunisti, Patricio, il suo gatto maltese nero lucido, spuntò da dietro la vetrata del salotto strusciandosi sulle gambe del padrone e miagolando con uno straziante incalzare, che si spense solo dopo che ebbe avuto la sua brava scatoletta e la coppa d'acqua colma fino all'orlo. - Mondo ladro! Oggi è giovedì! Come tutti i lunedì ed i giovedì, c'era da cambiare la sabbia della lettiera; malgrado fosse un suo compito già da un po', ancora Carlos faceva non poca fatica a ricordarsene. La posizione favorevole dell'appartamento, faceva in modo che il sole illuminasse l'ambiente già dalle prime luci dell'alba. Oltre che luminosa, casa Pejo avrebbe dato a chiunque l'idea di un'abitazione appartenente ad una famiglia agiata, perché seppur arredata con l'indispensabile, rappresentato da pratici e funzionali complementi d'arredo, i minuziosi dettagli erano molto 9 STEFANO ZIZZI gustosi, degni di un ottimo arredatore o di un padrone di casa facoltoso e con gusti di particolare raffinatezza. Tangibile era pure il senso di spaziosità che le stanze ordinate e geometricamente assestate davano all'insieme dei centoventi metri quadrati di attico. Un divano in pelle beige, una libreria colma di romanzi e saggi di letteratura quasi esclusivamente iberica, un'altra libreria straripante di compact disc e film ed un videoproiettore sapientemente collegato ad un impianto di dolby surround all'ultimo grido: questi erano gli elementi d'arredamento più importanti del suo studio, nella cui stanza spesso e volentieri il padrone di casa si addormentava, sopratutto da quando dormiva da solo. Non sa neppure lui come, quella notte si svegliò di soprassalto in preda ad uno stupido quanto insensato incubo ed ebbe la forza di dirigersi verso la camera da letto, spogliarsi e infilarsi sotto le coperte di un letto enorme per lui soltanto. A chi ha un animale in casa non serve una sveglia. Da anni, ormai, il padrone di casa veniva sorpreso nel sonno da una delicata ma comunque insopportabile zampina di gatto che premeva sulla guancia o in qualsiasi posizione della faccia. Sempre alle sette in punto. Carlos si alzò controvoglia, aprì l'enorme armadio dall'unica anta che ospitava il suo guardaroba casual ma ricercato, infilò un braccio nel bel mezzo di una ordinata e progressiva sequenza di colori e tessuti e tirò fuori un pantalone blu prima e poi un polo bianca di quelle con il collo ed i polsini a quadri. Appoggiò gli indumenti sul letto e prima che Patricio potesse scandire l'inizio della giornata con l'ennesimo miagolio, si diresse verso la 10 DORMI CON ME STANOTTE? cucina cosi da potergli tappare la bocca con dei bocconcini di pollo. Da quando era da solo, nonostante l'assenza continuata di una donna in casa, Carlos riusciva a tenere pulita ed in ordine la cucina; il trucco era semplice: tradiva il suo angolo cottura ed il suo adorato bancone da bar seppure lui fosse astemio - con l'After bar, uno dei migliori locali di tutta Barcellona, situato nei pressi della Ronda del Litoral, e che l'uomo frequenta praticamente da sempre. E' lì che da un po' faceva colazione, pranzava e cenava. E' lì che dava la prima occhiata ai quotidiani, è lì che si rifugiava quando non aveva voglia di tornare a casa. E' li che aveva tutti gli amici, che più che reali confidenti, erano avventori storici del bar esattamente quanto lui, con i quali aveva stretto un buon legame, limitato alla sol frequentazione all'interno del locale. - La verità è che si cresce. E si resta soli. Insomma, ci sono i famigliari, gli amici, ma tutti sono impegnati a vivere la loro vita, giustamente, così quando ti fermi perché hai voglia di sfogarti con qualcuno, questo qualcuno non c'è mai. - Ed io? Che ci sto a fare, io? - Tu pensa a farmi un caffè, Teo, te l'ho chiesto già da dieci minuti. Avere un bar di fiducia, spesso può rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché se da un punto di vista è comodo avere un locale di riferimento dove, in qualunque ora della giornata, hai la possibilità di incontrare persone che conosci e farci quattro chiacchiere, dall’altro vanno via un sacco di soldi e nel momento in cui paghi il conto, ti si 11 STEFANO ZIZZI ripropone sempre lo stesso dubbio: ma il gestore è un confidente vero o smetterà di esserti amico non appena smetterai di consumare? Da quando c'è il divieto assoluto di fumare nei locali pubblici, nei luoghi chiusi c'è sempre un buon odore e le pareti restano bianche molto più a lungo ma bisogna andare a fumare fuori e quando la giornata è afosa, tra la temperatura esterna ed il bar con l'aria condizionata, c'è un'escursione termica da infarto. Ma non c'è nulla che riesca a contenere, fermare, reprimere il fumo di una sigaretta. - Ciao, campione! - Buongiorno, Leonardo. - Stiamo organizzando un torneo a nove palle, ci stai? Fino a che ora ci intratteniamo? - Non ci impiegheremo più di un paio d'ore. - Allora va bene, ma a mezzogiorno devo fare un salto in ufficio. - Ce la facciamo, ce la facciamo. - SÌ, ma non come al solito, vero? Che ci riduciamo all'ultimo momento? Se dobbiamo giocare, facciamo con calma, sennò perdo. Il gioco del biliardo, in ogni variante, non è altro che una straordinaria miscela di distensione, concentrazione e geometria e Carlos riusciva a mettere a giacere la sua mente solo con questa pregevole disciplina. Per uno come lui, ci voleva proprio una bella partita rilassante, prima di affrontare la giornata lavorativa. Non c'è nulla di meglio, in questa società, di un uomo serio, onesto, rispettato e considerato nell'ambito lavorativo, non c'è nulla di meglio che un ruolo 12 DORMI CON ME STANOTTE? dirigenziale tale da poter soddisfare qualsiasi desiderio a qualunque cifra, tale da poter permettere di recarsi in ufficio anche a mezzogiorno, o anche solo nel pomeriggio o neppure quello... E' anche vero che un buon imprenditore, che desideri essere considerato tale, dev'essere il primo a dare il buon esempio e così, dopo aver battuto Leonardo all'ultima palla infilando la numero sei in buca d'angolo con due sponde da valido duellante del tavolo verde, poco prima che il suo telefono cellulare indicasse con un pungente segnale acustico la precisa metà del giorno, Carlos era già seduto davanti alla sua scrivania d'epoca, lasciata in eredità prima dal nonno e poi dal padre, insieme agli oneri e gli onori di un'azienda rampante. Chissà perché, ma quando la gente è fuori dalla porta di un ufficio importante, quasi sempre è indotta a pensare che chi è dall'altra parte, sia indaffarato con chissà quale telefonata o pratica di rilievo economico vitale; a volte è davvero così, ma spesso, non diciamolo a nessuno, il chiudersi dietro la porta del proprio ufficio serve a darsi il tono di austerità che necessariamente, il titolare deve ostentare nei confronti dei suoi dipendenti. Magari sta facendo girare il grosso mappamondo in radica, magari sta fissando la sabbia che passa da un bulbo all'altro di una clessidra retrò, magari la sta cronometrando perché sia certo che ci impieghi un minuto esatto. Intanto, ecco spiegato il fisico tonico e longilineo di Carlos... A mezzogiorno un doppio tramezzino, alle diciotto una barretta di cioccolato con cereali il cui importo aggiungeva una riga sul foglio che teneva traccia del suo conto mensile all'After Bar. 13 STEFANO ZIZZI Tra un pasto e l'altro, effettuava reali telefonate di lavoro, concrete revisioni di conteggi o pratiche d'ufficio ed avide quanto poco opportune consultazione dei quotidiani, vista l'ormai tarda ora del pomeriggio. Alle diciannove, dopo essersi sincerato dell'avvenuto avvicendamento del guardiano del secondo turno con quello della notte, finalmente il dirigente abbandona il posto di lavoro, non senza mettere in ordine la propria stanza, dal vassoio che domani ospiterà la fresca corrispondenza alla collocazione del telecomando del condizionatore nell'apposita vaschetta d'alloggio affissa al muro dietro la sua scrivania, accanto al calendario dell'azienda. Poco prima della fine del film in prima serata, Carlos pigiò l'interruttore che srotolava elettronicamente il telone ed accese il proiettore giusto quel poco che gli bastava per capire che non aveva nessun senso guardare le ultimissime scene, considerando che doveva ancora preparare la cena per Patricio. Quella sera cucinò in padella due merluzzi surgelati: uno per lui ed uno per il gatto. Guardandoli mangiare, il primo sul tavolo e l'altro per terra poco distante, era complicato decidere se l'animale era stato fin troppo fortunato o se Carlos era fin troppo penoso. Appurato mestamente che con lo spegnersi della serata, progressivamente si stava esaurendo anche la programmazione televisiva, fu subito confortato dalla tempestiva idea che aveva appena avuto e si recò di fronte all'imponente libreria, per consultare l'estesa varietà di film in DVD i quali, proprio perché oltre la metà erano ancora imballati, davano l'idea di essere stati 14 DORMI CON ME STANOTTE? acquistati e messi lì unicamente perché andava fatto, come i libri per un politico o i quadri d'autore per una contessa decaduta. Decise di riguardarsi “Mary Poppins”, commedia musicale che non era affatto imballata ma che, al contrario, conosceva oramai a memoria: i dialoghi, le canzoni, i colpi di scena ai quali non si abituava mai. Se è per questo, non si abituava mai neppure al suo divano, ed al fatto che per lui era diventato pericolosamente soporifero. Non c'era verso: il gatto era capace di capire quando stava per addormentarsi e nel preciso istante in cui captava le prime avvisaglie di sonno, si avviava verso la cesta col cuscino e vi si adagiava fino all'indomani; lui no. Magari in cuor suo sapeva pure che era il caso di spegnere il proiettore ed il lettore di DVD per alzarsi, andare in camera da letto, spogliarsi, mettere il pigiama e andare a dormire, ma dentro di sé c'era una sensazione di troppo sonno misto ad altrettanta pigrizia per cui assolvere a quella “interminabile” sequenza di azioni, pareva una montagna troppo alta da scalare, una fossa troppo larga per saltarci oltre e quindi finiva per addormentarsi sul divano con la televisione accesa ed il film che andava avanti comunque senza spettatori, come un cinema di provincia durante lo spettacolo pomeridiano. Ancora una volta non aveva fatto in tempo ad infilarsi sotto le coperte di un letto enorme per lui soltanto. 15 STEFANO ZIZZI DUE – NOTTE AD “HARLEM” Ancora una volta, si svegliò di soprassalto. La radiosveglia, sintonizzata su un network con un target aperto alle nuove tendenze musicali, sparò senza pietà una serie di campionamenti che sembravano colpi di mitra dritti verso il cuscino. Il trucco per poter rendere davvero servibile la sveglia è quello di tenerla lontana dal letto, così da doversi necessariamente alzare, per spegnere quel frastuono orrendo ed onomatopeico. Una volta in piedi... Buongiorno! Aline aveva il dono di essere già assolutamente lucida appena dopo aver appoggiato i piedi per terra e con gli anni aveva abituato i suoi occhi alla brillante luce che il monitor del suo portatile emanava già fin da appena sveglia e che avrebbe accecato chiunque ma non lei, che aveva l'urgenza di controllare le ultime dispense di lavoro, prima di uscire. Con la bocca che sapeva ancora di caffè, e con la camicia bagnata sul collo dai capelli non ancora asciutti del tutto, impugnò la bicicletta di sua nonna Delma e filò dritta verso la scuola. - Buongiorno, Pedro! - Buona giornata a Lei, professoressa! La professoressa di Matematica Applicata alle Scienze Sociali Aline Mareno era tra le più benvolute e considerate dal personale ausiliario dell'Istituto di Educazione secondaria obbligatoria “Pedro Salinas” I problemi in una scuola come il Salinas certo non mancano, tra armi in classe esibite come trofei di guerra, personale che chiede il trasferimento perchè oltremodo esausto dello stato di disordine in cui versa l'istituto e 16 DORMI CON ME STANOTTE? chiusure e riaperture del plesso per cercare di organizzarsi e fronteggiare nel miglior modo possibile la situazione. La scuola di frontiera dove presta servizio Aline è situata nel quartiere del Raval e i ragazzi per il 90% sono figli di immigrati. Il Raval, del resto, è un quartiere particolare, densamente abitato, oltretutto da gente che si potrebbe definire “folkloristica”. Una sorta di Harlem catalano. Spesso chi ne le spese di questa situazione, in bilico tra la voglia di emergere di un plesso teso all'insegnamento dell'educazione e la naturale propensione degli adolescenti a percorrere strade che non portano alla legalità, sono gli operatori ausiliari, continuamente sbeffeggiati dai numerosi “bulli” ed equiparati ai servi del tempo dell'imperialismo dagli stessi insegnanti, che riversano nei confronti degli inservienti le frustrazioni che sono obbligati a sopportare dagli alunni. Aline, però, era incantevole: aveva un sorriso per tutti, una buona parola per i colleghi che sempre più spesso si appartavano in sala professori per piangere e spesso piangersi addosso, era un braccio in più per gli ausiliari che ogni giorno avevano da aggiustare qualcosa rotta dalla monotona follia dei ragazzi, e godeva della stima di buona parte degli alunni del Salinas, i quali ogni anno, spendevano il primo mese di scuola provando a deriderla o far intendere che non si aveva voglia di studiare, mostrando con naturalezza coltelli o quant'altro. Ma Aline era disarmante... La professoressa Mareno era la referente dei mediatori, ragazzi eletti dai loro compagni, ed incaricati di mediare nelle liti, sedare le discussioni, supportare e ascoltare, 17 STEFANO ZIZZI dopo aver frequentato un corso, la cui docente, neanche a dirlo, era Aline stessa. Al Salinas ogni nuovo arrivato viene anche affiancato da un ragazzino o ragazzina un po' più grande della stessa nazionalità, qualcuno che traduca, così si impara la lingua dagli altri compagni che fungono da interpreti, rendendo l'apprendimento molto più facile e veloce. In una cornice non semplicissima, l'insegnante di matematica era una sorta di Maestro Perboni al femminile in un contesto da libro cuore in chiave moderna, un cuore con qualche bypass, forse, ma che ancora batteva forte. In una stanza adiacente alla sala professori e con essa comunicante per mezzo di una porta a soffietto, vi erano ammassati resti di computer in disuso ed alcune vecchie macchine da scrivere di importazione italiana che molti anni fa costituivano la strumentazione della sala di dattilografia. Di fronte all'ingombrante scaffalatura che ospitava questi oggetti estromessi dall'inventario d'Istituto, c'era un frigorifero basso ed un tavolino con una macchinetta elettrica per il caffè insieme con un fornetto ventilato. Qualunque fosse il suo orario delle lezioni, Aline arrivava a scuola alle otto in punto, quaranta minuti prima della campana della prima ora, per tirare fuori dal congelatore i croissant surgelati e fare il caffè per tutti, nell'attesa che i cornetti diventassero fragranti al punto giusto, perché fosse una buona giornata per tutti. - Questo sì, che è un cornetto! - Esclamò don Gonzalo, l'insegnante di religione. - Ma se sono sempre gli stessi. È la stessa marca da 18 DORMI CON ME STANOTTE? sempre! - Vuoi dirmi che da quando insegni qui non hai mai cambiato cornetti? - Otto anni, quasi nove. Sempre la stessa azienda di surgelati. - Questa sì, che è coerenza! Comunque stamattina hanno un sapore particolare. Addentò il dolce sorridendo. Don Gonzalo era un bel tipo. Cento venti chili di calvizie, sparsi in centosessanta centimetri di altezza. Una gran fede, una fede d'altri tempi ed un cervello mai messo in pratica sul campo. Fare l'insegnante di religione in una scuola di periferia voleva dire battersi continuamente contro un muro di indifferenza e di ignoranza di fondo e Don Gonzalo, come naturale che fosse, si rifugiava dietro la preghiera, per ovviare a quel senso di frustrazione che avvertiva ogni mattina, sapendo di andare nel luogo sbagliato, in un momento sbagliato, per dire le cose sbagliate. Il martedì, però, oltre che essere il primo giorno di lavoro dopo un fine settimana lungo che comprendeva anche il lunedì di giornata libera, era il giorno della terza sezione del corso di servizi sociali, classe in cui lui era un po' più considerato, in cui c'era qualcuno che ascoltava con interesse ciò che diceva; era questo il motivo del buon umore di Don Gonzalo, che addirittura dava ai cornetti surgelati un altro sapore! Aline gettò le carte ed i tovaglioli lasciati dai colleghi sull'enorme tavolo della sala, prese la macchinetta della moka e si recò in bagno per sciacquarla. Tornò in sala professori e si affacciò sul balcone per fumarsi una sigaretta. 19 STEFANO ZIZZI - Sono andati già tutti ai posti di combattimento? - Sì, Direttore. Vuole che le riscaldi un cornetto? - No, grazie, Aline. prima di venire ho fatto colazione al bar. - Lei sa bene che noi la mattina facciamo colazione tutti insieme. Quando avremo l'onore di averla con noi? - Ti ringrazio, ma non vorrei che a qualche tuo collega andasse di traverso il caffè. La figura di Direttore incute una certa paura, forse più che nei ragazzi. - In fondo sappiamo tutti che lei è una brava persona, sarebbe bello se prendesse il caffè con noi, anziché andare al bar. - Diciamo che, siccome dopo il latte macchiato e la tortina di frutta ho il desiderio di fumarmi un po' la pipa, lungo la strada tra il bar e la scuola trovo il tempo per consumare questo rituale. - Come desidera. Sappia solo che, con gli anni, siamo diventati più organizzati anche del suo bar di fiducia. - Non riesci proprio a darmi del “tu”, vero Aline? - Vogliamo chiamarla deformazione professionale? - Qui dentro puoi chiamarla come vuoi, ma quando ci vediamo fuori dall'istituto non accetto più questo genere di formalità, siamo d'accordo? - Le assicuro che ci provo ma non è affatto semplice. - Devi riuscirci. Non sai quant'è imbarazzante discutere con te che mi dai del “lei” davanti ad una pizza! - E' per questo che non esco molto, così ci vediamo poco e siamo entrambi pochissimo in imbarazzo. - Questo vuol dire che non possiamo vederci ogni volta che lo desideriamo, solo perché non riesci ad essere informale! 20 DORMI CON ME STANOTTE? - E anche perché non vuole fare colazione con tutti gli altri. - Te l'ho detto, non ho nessuna voglia di disturbare questo consolidato rito con la mia opprimente presenza di Direttore. - Ed io, allora non uscirò mai più in vita mia con lei, né per una pizza, né per un caffè, né per nient'altro. - Trovato: a fine anno ti licenzio così non sarò più il tuo Direttore, riuscirai a non essere così fredda con me e vissero tutti felici e contenti. - Ha dimenticato i ragazzi e la sua macchina. - Che attinenza hanno con questo discorso la mia macchina e gli allievi? - Se mi licenziasse, i miei ragazzi non esiterebbero ad esprimere il loro malcontento ed il suo fuoristrada diventerebbe... “fuori uso”. - Tu lo sai che sei l'unica insegnante che non vede l'ora di affrontare gli studenti e l'unica a cui i ragazzi vogliono bene? - Per me, insegnare non è firmare un registro e fare medie algebriche, per me essere professoressa è anche venire qui la mattina, fare colazione tutti insieme e trasmettere il mio buon umore a quei giovani che ne hanno davvero bisogno. - Resta un mistero come fai ad essere di buon umore con ciò che ti sta accadendo personalmente e con ciò che devi affrontare qui... - Vede, non c'è cosa più bella che alzarsi la mattina col desiderio di andare a lavorare. Io faccio il lavoro che ho sempre sognato e mi tuffo con passione nel mio lavoro. Ecco perché la mattina presto sono qui, perché quando 21 STEFANO ZIZZI lavoro non esiste altro al di fuori di queste quattro mura. - Dici così perché non hai figli. - Probabilmente anche perché quella dell'insegnante, come quella del medico, sono vere e proprie missioni, forse anche più importanti della missione che compie un sacerdote. Il discorso tra Aline ed il Professor Fernandez, direttore dell'Istituto praticamente da sempre, fu interrotto dal frastuono causato della campana che suona a cavallo tra la prima e la seconda ora. I due si salutarono, Aline afferrò la valigia e si diresse verso la classe in cui doveva tenere la lezione. Fernandez si riaccese la pipa e andò nel suo ufficio lasciando lungo il corridoio un forte odore di tabacco aromatizzato. 22 DORMI CON ME STANOTTE? TRE – FACOLTÀ DI FILOSOFIA L'insegnante diede un'occhiata fugace al grande orologio posto al centro della parete alla spalle della cattedra e terminò il suo discorso in maniera veloce ed un po' approssimativa, facendo notare agli uditori che l'ora stava per terminare e che avrebbe continuato la spiegazione durante la lezione successiva. L'argomento di quel giorno fu “Concetti fondamentali della filosofia del linguaggio”, un tema assai caro a tutte le ragazze che partecipavano al Master di “Metodologia della ricerca pedagogica”. Julia sembrava rapita dai discorsi del Professor Minambres, ma poi rivolse anche lei uno sguardo al grande orologio e realizzò che non c'era tempo da perdere. Arraffò al volo tutto ciò che aveva appoggiato sul banco che condivideva con Lucya, la salutò velocemente ed abbandonò l'aula, sperdendosi tra la folla di studenti che andavano via. Julia frequentava con profitto altalenante la Facoltà di filosofia di Madrid, che è la meta preferita di chi vuole avvicinarsi al mondo della conoscenza dell'uomo seguendo le canoniche vie dell'istruzione qualificata. Alle 15.00 di ogni giorno, gli allievi terminano le lezioni e sono liberi di rincasare al Campus residenziale o presso gli ostelli dove alloggiano, anche se l'abitudine da parte dei ragazzi di prendere delle stanze in affitto presso case private stava diventando sempre più frequente. Per strada, Julia si abbottonò la giacca a vento ed allacciò il cordone che teneva chiusa la grossa sacca di raffia fucsia che utilizzava per conservare i libri di scuola. Sebbene il tratto di strada che portava da Calle de 23 STEFANO ZIZZI Fuente del Saz a Calle de Padrillo fosse servito da una linea di autobus dalla frequenza soddisfacente, Julia preferiva risparmiare i soldi del biglietto e percorrere quei seicento metri a piedi, magari addentando un panino con un po' di frittata. Il negozio di animali presso il quale lavorava, riapriva alle 17.00, ma lei preferiva non perdere tempo per poter fare un salto al Teatro Padrillo, situato alle spalle del negozio e dove ogni pomeriggio le compagnie di Madrid e provincia facevano le prove per lo spettacolo della sera. Era quello il momento più bello della giornata! Quando Julia entrava in quel Teatro le si illuminavano gli occhi. Si sedeva su una delle poltrone in fondo e restava immobile ad assistere a ciò che i suoi beniamini rappresentavano in scena, seppur con la leggerezza priva di rigore e precisione, tipiche di tutte le prove generali. Ai suoi occhi, ogni compagnia che provava su quel palco, era un gruppo di persone baciato da Dio, non foss'altro che per l'impagabile fortuna che avevano di poter fare ciò che lei aveva da sempre sognato: recitare a Teatro. Ogni compagnia, anche la meno professionale, anche la più distante dai suoi gusti personali, era, per quell'ora in cui Julia restava a guardare, un gruppo di eroi, di beniamini. Chiunque essi fossero. Ogni bel gioco dura poco, ed anche le prove di “La casa di Bernarda Alba” sebbene continuassero per gli attori, per lei erano terminate con il solito senso di rammarico per non poter sapere come andasse a finire e, forse, per non poter vedere lo spettacolo ufficiale, quello della sera, quello del biglietto a venti euro... 24 DORMI CON ME STANOTTE? “La casa di Bernarda Alba” è un'opera di tre atti datata 1936 e scritta da Federico García Lorca alcuni mesi prima della sua morte. Il testo fa parte di una trilogia sulla sottomissione delle donne nella Spagna anni trenta. Julia stava seguendo appassionatamente la storia, ma allo scoccare delle 17.00 si alzò controvoglia ed uscì dalla sala, senza conoscere ancora una volta il finale dell'opera. - Cosa danno stasera a Teatro? - Buona sera, signorina Adubal, scusi per il ritardo. - Non fa niente, vorrà dire che andrai via sedici minuti dopo le otto. - Potrei recuperare domani? Se vado via in ritardo perdo l'autobus! - Avresti dovuto pensarci prima. So bene che domani non recupererai. Non recupererai mai. Ma cosa ci trovi nel Teatro, vorrei sapere... Julia non replicò. Andò nel retro, si tolse la giacca a vento e infilò il camice, poi prese lo spazzolone e si diresse verso il lavandino per riempire il secchio d'acqua. - Com'è possibile che frequenti una scuola di filosofia e poi vai in Teatro, dove tutto è inventato... - Vede, signorina – rispose – ciò che mi insegnano al Master, è molto importante ai fini del del lavoro, della professione, della stabilità economica. Ma il Teatro è un'altra cosa. - Io non ci vedo niente di buono in un manipolo di pagliacci che si esibisce davanti alla gente. - Non c'è solo il teatro comico. Stasera, per esempio, danno una tragedia bellissima... - Come può essere bellissima una tragedia? 25 STEFANO ZIZZI “E allora come può essere gratificante lavorare in mezzo alla merda di cani e gatti e agli sputi di uccelli e pappagalli, in mezzo a schifosi rettili, schifosi non più di te, brutta zitella acida?” Questo avrebbe voluto rispondere Julia, se solo non fosse stato per quei pochi quanto necessari spiccioli che la Signorina Adubal le dava a fine settimana. Così preferì star zitta. La signorina incalzò: - E fin dove hai visto, stavolta? A che punto della storia l'urgenza del lavoro ha disturbato il tuo spettacolo? Evitando di ribattere a tono, Julia smorzò la polemica: - E' la storia di Bernarda Alba che quando restò vedova per la seconda volta impose un lutto rigoroso alle sue cinque figlie, meno che alla figlia maggiore Angustia, ereditiera di gran parte del patrimonio paterno e che doveva andare in sposa con "Pepe il romano", il cui solo obiettivo era mettere le mani sull'eredità. Poi ho visto l'ora e sono schizzata via. - Hai visto quasi tutto, insomma. Quando la figlia minore Adela si innamora, ricambiata, del promesso sposo della sorella, la storia si intreccia fino a sfociare nel suicidio della minore, che non voleva piegarsi alla volontà della madre. Bernarda Alba conclude il dramma proclamando che sua figlia è morta vergine e ordinando il silenzio sull'intera vicenda. La signorina Adubal chinò di nuovo la testa sulla scrivania e riprese a fare i suoi conti. Julia restò per un attimo di sasso, guardando fisso il corpo curvo della sua titolare, poi abbozzò un sorriso e cominciò a lavare per terra. Probabilmente, dietro quella faccia ruvida e quei capelli 26 DORMI CON ME STANOTTE? grigi raccolti da un fermaglio in osso, si nascondeva una persona vera, umana, ma che ostinatamente aveva deciso di mostrare il suo lato burbero. Le tre ore di quel pomeriggio volarono in fretta, tra pensionati decisi a spendere una follia per il loro animale domestico, adolescenti attratti dalla nuova mania di avere rettili in casa e bimbi che s'incantavano davanti alle gabbie dei passerotti in vetrina, appoggiando le mani ed il naso sui vetri che Julia era obbligata a pulire anche dieci volte al giorno. Per la prima volta, la ragazza aiutò la signorina a chiudere e tirar giù la saracinesca, restando al suo posto di lavoro ben oltre il tempo che aveva da recuperare. - A cosa devo quest'onore? - chiese la signorina Adubal, accendendosi una sigaro. - Dovevo recuperare i sedici minuti, siccome il prossimo autobus passa tra mezz'ora, ho preferito darle una mano. - E quanto mi costerà questa cosa? - borbottò la donna sputando fumo torbido dalle narici. - Nulla, ho tempo da perdere e l'ho impiegato aiutandola, ho sbagliato? - Certo che no. La signorina Adubal si mise il sigaro tra i denti e tirò fuori una bustina di plastica trasparente dalla tasca del camice. Vi infilò la mano dentro e tirò fuori dal sacchetto trenta euro, poi tese la mano con i soldi verso Julia. - Cosa ci devo fare? - chiese ingenuamente la ragazza. - Vai a Teatro, mangia qualcosa e poi prendi la metro. Me li ridarai con calma. La ragazza restò a bocca aperta. - No, signorina, non posso accettare, grazie lo stesso. 27 STEFANO ZIZZI - Prendili, prima che cambi idea. - Ma come faccio? Non posso permettermelo, con trenta euro ci pago la rata del portatile, davvero, non posso. - Per sei settimane ti darò cinque euro in meno, ma adesso datti una sistemata ai capelli e corri! Julia aveva gli occhi lucidi. Si aggrappò al collo della donna e le diede un bacio sulla guancia, la ringraziò mille volte e girò l'angolo in direzione del Teatro. La signorina Adubal fece fatica a tirarsi su dopo il colpo alla schiena involontariamente inflitto dalla gioia di Julia, terminò il sigaro, gettò il mozzicone in una falda del tombino antistante al negozio e si diresse verso la sua scassatissima Rover 213, sparendo nel buio. La ragazza, ignara del ritardo con cui le compagnie teatrali sono solite iniziare, arrivò con largo anticipo. Si tolse la giacca a vento che puzzava di mangime per pesci, la piegò e l'appoggiò sulle ginocchia. Rimase saldata sulla poltrona anche durante l'intervallo. Con un applauso fragoroso ed insistito, si congedò dal Teatro e da i suoi eroi, che finalmente, per una volta aveva potuto vedere all'opera, nel vero senso della parola. Tornò all'ostello a piedi e cenò con un bicchiere di latte caldo e caffè, decisa a riconsegnare alla signorina Adubal dieci euro già l'indomani. Fu una delle più belle serate in tutti i suoi ventiquattro anni. Si addormentò con la commedia ancora davanti agli occhi e la curiosità di sapere il motivo per cui Federico García Lorca, scrivendo questo meraviglioso dramma, aveva deciso che "Pepe il romano", pur essendo il perno attorno cui girava la vicenda, non doveva essere un personaggio ma solo una citazione senza mai entrare in scena. 28 DORMI CON ME STANOTTE? QUATTRO – TI SCRIVO E' il quarto giorno consecutivo che piove. Ed è il quarto giorno consecutivo che non vado a lavoro. O meglio: faccio un salto verso le cinque del pomeriggio, firmo i documenti, faccio delle telefonate e pongo riparo alle asfissianti crisi maniaco-depressive in cui sprofonda la mia segretaria quando non mi faccio sentire per oltre mezz'ora. Di solito i dipendenti sono più tranquilli quando il capo non c'è, ma nella mia azienda questo non succede. Tutti mi vogliono, tutti mi cercano, chi mi chiede consigli, chi mi sottopone cartacce da autografare... Nessuno mi chiede se io ho bisogno di qualcuno, tutti sanno bene cosa vogliono da me, ma nessuno si permette il lusso di chiedermi cosa voglio io. Teo, il gestore dell'After bar, dice che scambierebbe volentieri la sua vita con la mia, ma io gli ripeto sempre che, fossi in lui non lo farei, e quando mi chiede il perché non ho mai voglia di rispondergli, anche se è l'unico che mi chiede cosa desidero, salvo poi presentarmi il conto. In tutte le cose c'è un conto da pagare. Sempre. In quanto titolare di un'azienda di import-export, me ne sono dovuto fare immediatamente una ragione. A dire la verità, sono disincantato per carattere, così quando succede qualcosa, succede e basta. Gioisco un po' oppure mi dispero qualche ora, a seconda di cosa sia accaduto. Teo, Leonardo e quelli del bar, ad esempio, mi vedono come uno pieno di soldi, che va a lavorare quando vuole, che pranza e cena al ristorante... Che diavolo ne sanno loro? Loro sono un gruppo di persone che vedo quando 29 STEFANO ZIZZI ho voglia di un caffè, mentre loro mi giudicano un leader, ma in fondo sono un leader del nulla, a te posso dirlo. Leonardo è un tipo strano. Avresti dovuto conoscerli, quelli del bar. Lui è uno scrittore del sud dell'Italia, pugliese, se non ricordo male. Dice sempre che laggiù per diventare uno scrittore famoso devi prima morire o almeno superare gli ottant'anni, così se n'è venuto qui e adesso scrive pubblicità per un'emittente radiofonica. All'inizio provò davvero a scrivere racconti, ma si fece rapire dalla movida e così si svegliava a mezzogiorno, giocava a biliardo fino alla chiusura dell'After bar, poi tornava a casa e tra una doccia ed una “ricerca d'ispirazione” con qualche amichetta, cominciava a scrivere a notte inoltrata, inanellando una serie di fessaggini figlie della stanchezza. Ha cambiato lavoro, piuttosto che cambiare stile di vita. Sai che ti dico? Che alla fine dei conti ha fatto bene. Se passiamo il tempo a chiederci cosa sarebbe meglio fare, la vita ci passa davanti senza darci neppure il tempo di accorgercene. Gli anni volano in fretta, sono le giornate che son lunghe da passare. Ti ho portato dei fiori. Sì, lo so, ho sempre detto che odio i fiori finti, che non c'è cosa più ignobile dei fiori di plastica, che sono l'anti-natura per eccellenza, ma almeno avrai accanto a te un tocco di colore che possa resistere al tempo. Quant'è che non ci vediamo? Saranno più o meno due anni... Sono sempre indaffarato, non riesco mai a trovare un momento libero da poterti dedicare come vorrei. Che ne pensi se la prossima volta ti portassi Patricio? 30 DORMI CON ME STANOTTE? Dovresti vederlo, è diventato enorme e davvero resterà un mistero come sia capace di essere così agile, di combinare sempre casini nonostante le sue dimensioni ed il suo peso! Ci sono dei giorni in cui sono solo in casa e nel silenzio riesco a sentire le sue zampe che sbattono contro il pavimento dopo un salto da chissà quale mobile... Ecco: vorrei essere un gatto. E' possibile reincarnarsi in un animale? Non so se la reincarnazione, supponendo che esista, preveda la possibilità di reincarnarsi in un animale, ma se davvero un giorno potessi scegliere come passare la mia prossima vita vorrei essere un gatto, per vivere alla giornata, per non avere nessun problema... Per cadere sempre in piedi. C'è chi non avrebbe mai ospitato un gatto randagio in casa propria, perché dicono che i gatti sono opportunisti, sono falsi. Probabilmente è vero, ma io adoro Patricio per questo, per la sua inclinazione naturale a non affezionarsi a nessuno, a non avere dei rapporti fissi e continuati, lo ammiro perché non piangerà se un giorno qualcosa o qualcuno dovesse staccarci. Sto cominciando a far vecchio. A cinquantadue anni penso delle cose che non facevano parte di me prima che te ne andassi. E poi ci sono dei momenti in cui mi si appanna la vista e mi viene un sonno tale che sono costretto a fermarmi ovunque mi trovi. Sto invecchiando. Sto invecchiando e lo sto facendo da solo, senza di te, senza nostra figlia. Non ho più sue notizie da oltre quattro anni e porto questa ferita nel costato come fosse un peso enorme, come se il pugnale col quale mi trafisse il giorno che 31 STEFANO ZIZZI andò via salutandomi appena, sia ancora piantato nel cuore, come se fossi ancora vivo per miracolo, il miracolo di poterla un giorno riabbracciare. Quando ti sposai e cominciammo a crescere la nostra bambina come fosse una principessa, feci il più grande errore della mia vita: pensai che una volta per tutte, avevo riempito la mia vita di persone che non mi facessero sentire il solo superstite di una famiglia che non esiste più. E' per questo che non vedevo l'ora che tu mi regalassi un erede, perché so bene cosa vuol dire essere figlio unico in una casa di due coniugi anziani, in un contesto familiare di gente anziana che pian piano si riduceva nel numero, fino a lasciarmi completamente solo. Poi arrivasti tu e mi regalasti una splendida bimba, l'unica cosa veramente mia, l'unico sogno davvero realizzato. Un figlio non si può comprare per quanto ricco possa essere un uomo. Ogni volta che vengo qui ti ripeto sempre le stesse cose, pur essendo cosciente di averle già dette, ma voglio che siano ben chiare a te, a me ed alla mia coscienza. Non mi risposerò, se è questo che volete sapere; non lo farò anche se tu me ne hai dato il permesso. Ma quando sei andata via mi è crollato un mondo, il nostro batuffolo di capelli neri era già diventata una bimba a cui io ho dovuto spiegare cosa fosse successo alla mamma; cosa fosse successo a lei, quando il giorno prima era una bimba e la mattina dopo si svegliò in una pozza di sangue ed in preda a dolori di pancia lancinanti, che era già diventata una donna, la mia piccola donna. Ho imparato a cucinare, a fare il bucato, a stirarle i 32 DORMI CON ME STANOTTE? gonnellini, a prendermi cura di lei, a seguirla nei suoi studi, ma da solo non ce la facevo ed ogni donna che entrava in casa era un pugno che le sferravo; io non capii finché non se ne andò. Non so dov'è, cosa faccia, come va avanti, se vive bene, se vive... Ogni tanto provo a digitare il suo nome su internet ma non mi appare nulla e avverto lo stesso stato d'animo di quando lei provò a paragonare le donne che entrano in casa mia con te: sono sconfortato. Ho il suo numero di cellulare sulla bacheca di sughero che appendesti in cucina sulla quale mi segnavi le cose da comprare; ora il frigo lo controllo personalmente e sul beige del sughero spicca un solo foglio bianco su cui c'è un numero che non riesco mai a comporre. Spesso mi viene il desiderio, ieri sera, per esempio, di raggiungerti. E' per questo che stamattina sono qui, perché stavo davvero pensando di mandare tutto a quel paese finché non ho sentito suonare il campanello. Sono andato ad aprire sperando, come ogni volta, che dietro la porta ci fosse la mia piccola donna, invece era la signora del piano di sotto che mi chiedeva una foglia di salvia. Credo sia ignobile che venga da me a lamentarsi di un mal di testa come se fosse il più grosso guaio della storia del mondo, ma per lei credo che conti più la sua emicrania che la mia solitudine... Spesso penso di incrociarla in giro, nostra figlia dico, magari dall'altro lato della strada come domenica scorsa, quando una ragazza con lo stesso cespuglietto nero stava passeggiando ed io pensai che fosse lei, finché non attraversai e mi avvicinai per scoprire che mi sbagliavo, per l'ennesima volta. Sono ritornato 33 STEFANO ZIZZI bruscamente sulla terra e non ho pensato più a nulla. Mi si è abbassata la vista, mi sono addormentato e all'alba ero già in piedi. Stamattina, appena prima di svegliarmi, ho sognato di incontrarmi per strada; cioè non di incontrare qualcuno, ma me stesso ed è stata una strana sensazione, perché nel sogno ero cosciente che l'uomo che avevo di fronte ero io! Mentre venivo qui, ho pensato a quale significato potesse avere questo sogno strano e semplice allo stesso tempo, ma non sono riuscito a darmi una spiegazione. Oggi mangio a casa. La domenica l'After bar è chiuso. Ho un barattolo di sugo pronto e butto giù un po' di riso che si scuocerà e che puntualmente butterò attribuendo la colpa ai prodotti da discount. Tu non puoi tornare. Ma fai almeno in modo che torni lei? Ti amo con tutta l'anima. Ciao. La vetrata, finalmente, regalò una timida luce dovuta al ritorno del sole. Seppure l'enorme finestrone fosse ben chiuso perché il davanzale sul quale Carlos era appoggiato per scrivere non si bagnasse, tutt'attorno c'era un gradevole odore di pioggia e di piante umide. Carlos piegò il foglio, scrisse la data sul fronte della busta, la aprì e vi infilò la lettera. Leccò il lembo auto-incollante ed appoggiò il tutto accanto alle altre lettere. Passò la sua mano sulla foto di Helèna, per togliere la polvere ed anche un po' per salutarla, poi se ne andò via voltandosi di colpo. 34 DORMI CON ME STANOTTE? Guadagnò rapidamente l'uscita del cimitero di Sant Gervasi, lasciandosi alle spalle la tomba di sua moglie insieme ai cipressi e gli oleandri che sudavano pioggia dalle loro foglie lunghe, mentre dal suo viso scendeva fino al mento una lacrima sola. 35 STEFANO ZIZZI CINQUE – L'OROLOGIO DEGLI DEI Ogni giorno, all'alba, c'è un solo, preciso istante in cui la percezione dei colori è alterata per effetto naturale dell'aurora: il bianco è beige, il blu diventa violaceo ed il verde è quasi giallo. Si tratta di un solo secondo nel quale ognuno di noi dovrebbe essere già sveglio per potersi gustare questa specie di arcobaleno senza pioggia, in cui tutto assume il fascino di una sbiadita polaroid degli anni settanta. Nell'attimo successivo sorge il sole e le tonalità riassumono le caratteristiche a cui siamo abituati da sempre. C'è chi dorme in posizione fetale, o quantomeno assumendo una postura composta, ed altri che prendono possesso del letto in maniera totale e quasi ossessiva e possessiva, senza curarsi degli altri con cui dividono il posto. Diego aprì gli occhi che era ancora buio e fece non poca fatica a lasciare il letto senza svegliare Julia; si ritrovò con il dorso della mano bene aperta appoggiato al materasso e con il palmo soffocato dal florido seno della ragazza. Cercò di tirare fuori la mano portandola verso l'esterno senza riuscire ad evitare il contatto con il giovane capezzolo turgido della donna che sembrava un mozzicone di sigaretta tenuto tra il medio e l'anulare della mano sinistra. Prima di alzarsi, con due dita e l'abilità di un consumato giocatore di shanghai, prese il lembo del perizoma nero della donna e glielo rialzò fino ad un dito sotto ai reni, rimettendo ordine nel minimo dell'abbigliamento intimo che Julia, con i movimenti inconsapevoli del sonno, 36 DORMI CON ME STANOTTE? aveva scompigliato fino a far scendere un lato della striminzita mutandina ben oltre la coscia, lasciando in bella, anzi ottima mostra gran parte del sedere che all'occhio di un uomo, effettivamente, non necessitava nella maniera più assoluta di una qualsivoglia copertura, striminzita o spudoratamente avvolgente che fosse. Riuscito nella titanica impresa di scendere dal letto, Diego rimboccò la coperta a Julia, si recò in bagno, si sciacquò immediatamente la faccia e poi, ritrovata la serenità, si lavò i denti e si mise qualcosa addosso. Proprio nell'istante magico in cui l'aurora stava scattando la polaroid di quel giorno, un assordante boato svegliò di soprassalto Julia, la quale immediatamente lanciò un urlo se possibile più rintronante. Diego risalì di corsa sul soppalco che ospitava il letto dei due. - Non è nulla, non è nulla! - Cosa vuol dire nulla..? Cos'è stato questo scoppio? - Buon compleanno, cara! - Buon compleanno un corno, c'è mancato poco che fosse anche l'ultimo! - Lo so, lo so... Volevo portarti la colazione a letto. - E che cavolo prevedeva il menu, petardi? - Stavo preparando il caffè ed inspiegabilmente è esplosa la caffettiera. - Porca putt... Hai messo l'acqua? - L'acqua? Credo di si. - Forse no. In un attimo, Julia aveva superato tutte le fasi del risveglio. Il “regalo di compleanno” di Diego aveva annullato qualsiasi sbadiglio, stropicciamento di occhi e stiracchiamenti vari. Quando si affacciò dalla ringhiera di 37 STEFANO ZIZZI legno che delimitava il soppalco, per dare un'occhiata all'angolo cottura, l'impatto visivo con ciò che rimaneva della cucina le evitò persino la necessità di lavarsi la faccia. Scese le scale e si guardò intorno attonita: due delle quattro mura del monolocale presentavano una serie inqualificabile di macchie di varie forme e dimensioni, esattamente color caffè. Mentre Julia restò pietrificata con gli occhi sgranati e senza fiato, al contrario Diego si affrettò a togliere quadri e soprammobili per pulirli, ma anche per evitare alla festeggiata ulteriori dolori visivi. - In tanti anni di convivenza, ci sarà un motivo per cui non hai mai fatto il caffè... - Onestamente non ci ho mai pensato... - Come non hai pensato a metter l'acqua nella moka. - Vabbè, ma non darmi addosso, ormai è fatta. Piuttosto diamoci da fare. - Diamoci? “Datti” da fare. - C'è da pulire dappertutto e forse anche da imbiancare le pareti, non c'è la farò mai da solo. - Bel regalo di compleanno. E dove la troviamo la vernice? - Serve della tempera bianca. Quella che avete usato per rimettere a nuovo il negozio di animali, per esempio... - No. Di domenica, il giorno del mio compleanno, non ho nessuna intenzione di chiedere favori alla signorina Adubal, me lo rinfaccerebbe a vita. - E dai. Pensa che bello: passerai il tuo ventiquattresimo compleanno impregnata di quel buon odore di pittura fresca! 38 DORMI CON ME STANOTTE? - Tante grazie. Il retro del negozio di animali della signorina Adubal era composto da un locale abbastanza ampio che fungeva da retrobottega dal quale, per mezzo di una porta blindata, si accedeva ad un mini appartamento, residenza dell'anziana donna. Julia aprì la porta del negozio e vi trovò la titolare, intenta a fare conti come fosse un giorno feriale. - Buona domenica, signorina. - Che ci fai qui? - Avrei bisogno di una cortesia, se non le dispiace. - Mi dispiace eccome. Sei ancora in debito con me di ben venti euro. - No, non mi servono soldi, vorrei imbiancare casa e necessiterei di quella tempera che le è rimasta da Natale, se non è un problema. - E cosa credi che io la vernice l'abbia avuta gratis? - Certo che no, ma domani gliela ricompreremmo. - Lo sapevo che dietro questa impellente necessità ci fosse anche quella specie di maggiordomo. - Posso prenderla? - Sai dov'è. Ce una latta ancora chiusa, prendi quella e sparisci. Domani me la ricompri, intesi? - Non dubiti. Julia salutò, chiuse la porta dietro di sé con una mano e con l'altra passò la latta ed i pennelli a Diego. - Ho sentito come mi ha chiamato, quella. - Ringraziala, piuttosto. E impara a fare il caffè. - E allora tu impara a coprirti, la notte. - Che cavolo c'entra? - Lo so io, andiamo... 39 STEFANO ZIZZI - Vai avanti, io passo un attimo dal Teatro Padrillo e poi ti raggiungo. - Cerca di tornare subito. Ovviamente, Julia tornò quando Diego aveva già finito una delle due pareti e stava addentando un panino con las magras. Tutti i mobili appoggiati ai muri, erano stati spostati al centro dell'esiguo monolocale e avvolti dal cellophane con cui coprivano il bucato nelle giornate di pioggia. Non appena sentì il rumore della chiave che entrava nella serratura, girò lo sguardo verso l'ingresso. - Ma che cavolo di fine hai fatto! - Ho incontrato Lucya all'uscita del Teatro e siamo andati a prenderci un aperitivo. - Il cellulare lo hanno inventato perché si possa essere reperibili ovunque, sempre che il proprietario non lo lasci a casa... - Hai ragione, ma siamo usciti insieme e non ho pensato a portarlo con me. Julia scoppiò a piangere di colpo. Si gettò sul divano e abbracciò Diego, il quale, colto di sorpresa, si lasciò sfuggire il panino, che cadde e si aprì per terra macchiando di sugo il lembo del copri divano che aderiva al pavimento. - Che... che hai? Che t'è preso? - Niente, niente. - Come niente? Stai singhiozzando... Che è successo? - Ho incontrato Lucya ed ho insistito perché le offrissi un aperitivo per festeggiare il compleanno. Siamo entrati nel bar alle spalle di Parque Berlin, abbiamo preso da bere e poi sono andato a pagare alla cassa. 40 DORMI CON ME STANOTTE? - E allora? - E allora sai chi c'era alla cassa? Quella troia che era convinta di essere mia madre! - E che ci fa a Madrid? - Lei è di Madrid. - Ma è quella per cui hai litigato con tuo padre? - Sì. - Credi che t'abbia riconosciuta? - Non lo so. Sono andata via di corsa. - Se aveva un minimo dubbio, gliel'hai tolto. - Non m'interessa nulla. - Di lei. Ma tuo padre? Julia continuò a strofinarsi gli occhi umidi con le dita in un silenzio a dir poco assordante. Diego incalzò - Ti manca, vero? - Ogni tanto sì. Oggi ancora di più. Non e' affatto semplice condurre una vita da sola, mi manca il suo appoggio, la sua dolcezza nei momenti in cui sono fragile. - Non hai mai pensato, sul serio, di farti viva una volta per tutte? - Quando mia madre morì avevo due anni e quando cominciai a capire, gli chiesi perché io non avessi una mamma. Lui mi rispose che mia madre era salita in cielo perché Dio vuole con sé le persone migliori affinché diventino angeli; io da quella sera cominciai a scrivere delle lettere e le lasciavo sul comodino. Lui la notte le leggeva, mi scriveva le risposte e me le faceva trovare sulla mia scrivania. Ogni giorno mi svegliavo all'alba per sorprenderla come si fa con Babbo Natale, ma finivo con leggere la lettera che 41 STEFANO ZIZZI trovavo e piangere come una stupida, esattamente come ora. Io piangevo sul mio letto e mio padre sul suo. - Non mi hai risposto, però. Con uno scatto di reni e di nervi Julia si alzò, si infilò il cappellino di giornale che Diego le aveva costruito e cominciò a dipingere la parete che era ancora macchiata. L'unico flebile, impercettibile rumore che si sentiva era quello delle lacrime che cadevano nel barattolo della tempera. 42 DORMI CON ME STANOTTE? SEI – PAROLE Uno dei numerosi lati positivi di una metropoli come Barcellona, è la presenza del mare e di conseguenza del porto, su cui fa perno la città per invogliare i turisti. Luoghi di attrazione per chi vuol vivere la città e posti d'attracco per chi vuol governare il mare cavalcando le proprie imbarcazioni, si mescolano in uno dei più pittoreschi ed incantevoli angoli di Spagna. Particolare luogo d'attrazione è Portal De La Pau, la piazza circolare che ospita il Monument a Colom, realizzato nel 1888: è composto da una colonna in ferro alta 60 metri e decorata da rilievi che raccontano la vita ed i luoghi visitati da Cristoforo Colombo, la cui statua, che indica il mare, si trova sulla cima della colonna. All'ombra della statua, c'è uno degli hotels più importanti di tutta la Spagna ed è nella sala congressi di questo albergo che annualmente si tiene il corso di aggiornamento per docenti, a cui partecipano anche gli insegnati del Salinas. - Se il ministero sapesse come funziona realmente la nostra scuola, non spenderebbe così tanto per invitare anche noi. - Credi che non lo sappia? Hai visto? Eravamo l'unica scuola che aveva solo due partecipanti, giusto per rappresentanza. - E' vero, per gli altri plessi c'era anche l'insegnante di educazione fisica... - Che hai da dire contro gli insegnanti di educazione fisica? - Nulla. Anzi, hai visto che “educazione al fisico” aveva 43 STEFANO ZIZZI quello del liceo classico? - Vorrei ricordarti che, oltre ad essere la mia migliore amica, sei anche la moglie del Direttore della nostra scuola... Nelle mie orecchie questi apprezzamenti non dovrebbero entrare! - A dire la verità, m'importa che non escano dalla tua bocca! Tra ostriche e frittatine di gamberi, la cena post-congresso stava cominciando all'insegna dell'ilarità, ultimo appiglio a cui le due colleghe si stavano aggrappando per non farsi vincere dal sonno provocato dalla tediosa riunione alla quale erano state obbligate a partecipare. Aline e Lorenza Seges, insegnante di storia e cultura spagnola, approfittarono di quell'evento per ritagliarsi una giornata da vivere insieme, da sole e senza orari, campanelle e circolari a cui dover prestare attenzione. Lorenza e Miguel Fernandez si erano conosciuti sei anni prima, all'arrivo dell'insegnate nell'Istituto già da allora sotto la guida di colui che sarebbe poi diventato suo marito. Seppure il legame con la moglie fosse ben più che saldo, Aline aveva non poche difficoltà a dare del “tu” al suo diretto superiore, ancora abituata al rapporto che avevano prima, malgrado quest'ultimo fosse cambiato e nonostante i continui inviti di Fernandez a considerarlo come amico e non come Direttore. Aline, stranamente, pur essendo una costante nella vita e nell'intimità della casa dei coniugi Fernandez, anche nelle quasi quotidiane cene a casa dei due, riusciva con imbarazzante disinvoltura a districarsi tra i discorsi serrati 44 DORMI CON ME STANOTTE? e gli sguardi di complicità tra due grandi amiche e atteggiamenti di distaccato rispetto dei ruoli nei confronti di Miguel. Il cameriere, con un gesto minimo, lasciò elegantemente che il carrello dei primi proseguisse solo per circa mezzo metro, allorquando le calamite poste sui bordi del ripiano entrarono in contatto con le lamelle di acciaio che fungevano da angoliere del tavolo. Il carrello si adagiò a ridosso del tavolo e si bloccò. Il cameriere, con una posa regale, sicuro di sé, scoperchiò i piatti fumanti e consegnò le due zuppe di pesce e frutti di mare ordinate dalle signore. Staccò il carrello e si congedò con un solenne “buon appetito”. - Lo voglio a casa un carrello così... - I carrelli li utilizzano i camerieri, mia cara. Noi a casa nostra siamo cuoche, cameriere, lavapiatti e, se occorre, anche imbianchine. - Per questo c'è Miguel. - Il mio “Miguel” è momentaneamente assente... - Come va, se mi posso permettere? - Alti e bassi. Ci sono dei giorni in cui non potremmo vederci l'uno lontano dall'altro, e ci sono periodi in cui non ci potrebbe essere distanza maggiore. - Scusa se insisto, ma non ho potuto fare a meno di notare che ha parlato di “giorni” positivi e di “periodi” per così dire agitati. Mi par di capire che che sono più i bassi degli alti... Ma è possibile che non riuscite a stare una settimana di fila in santa pace? - Non guardare me. Questa volta non so cosa gli sia preso. Dice che è indaffarato, che il lavoro lo opprime, eppure ogni volta che facciamo un discorso, dopo 45 STEFANO ZIZZI qualche battuta lo sorprendo intento a pensare a quel cliente, a quella fornitura. Poi io mi incazzo e lui dice che non ho pazienza. - Beh.... - Beh, che? - Se ti innervosisci così, non posso che dargli ragione. - In realtà, sai cosa mi irrita? - Cosa ti irrita maggiormente, vorrai dire... - Ogni volta che discutiamo, ho sempre l'impressione che non voglia toccare determinati argomenti, che viri di proposito davanti ai discorsi. - Non è poi così ingiustificabile... - Lo so, è questo che mi infastidisce, il fatto che non ho nessun titolo per fargli vuotare il sacco. Lorenza prese le mani di Aline tra le sue e le rispose: Insomma, tu vorresti che un giorno il tuo uomo ti prenda la mano e ti dica: “Da oggi parliamo di tutto, anche di ciò che ho sempre tenuto dentro, è arrivata l'ora di sfogarmi e di renderti partecipe completamente della mia vita.” - Dici che chiedo troppo? - Domanda retorica. Proprio in quel momento un ragazzino di quindici anni anni al massimo, si avvicinò al tavolo delle signore, che al lume di una candela rossa più della sua stessa flebile fiamma, sembravano dirsi parole dolci mano nella mano e con una fisarmonica d'epoca, per usare un eufemismo, accennò il classicissimo “Libertango” di Astor Piazzolla, credendo così di enfatizzare un momento romantico. Le due donne lo guardarono e poi si guardarono le mani, le staccarono imbarazzate e scoppiarono in una risata che risolse l'equivoco. 46 DORMI CON ME STANOTTE? La cena continuò con il ragazzo con qualche centesimo in più concentrato a suonare per altri tavoli e le chiacchiere di due amiche che accompagnavano lo stufato di aragoste in bella mostra nel vassoio. - C'è una cosa che non mi piace... - Io scelgo sempre il tartufo bianco, preferisco evitare le sorprese di pasticcieri folli. - Non parlavo del dolce, mi riferivo a me e... insomma hai capito. - Ma non avevamo detto che questa cena doveva essere solo nostra? - Sei stata tu a cominciare, e poi questa cena “è” nostra, infatti sto parlando con te. - Sì, ma non stiamo parlando di te o di noi. Tanto, alla fine, sai benissimo come andrà: tutta la disperazione di questa sera, terminerà con un meraviglioso ed assolato pomeriggio di puro, semplice e libero sesso che getterà acqua sul fuoco. - Appunto. - Appunto, cosa? - Ogni volta, qualsiasi litigio, finisce nel nulla, anzi, no: finisce a letto. - Ti pare poco? Magari avessi da litigare con Miguel tutti i giorni. Resasi conto della gaffe, Lorenza si scusò. - Perdonami, non volevo. Certe volte l'ironia prende il sopravvento sul buon senso. - Figurati. Anzi, forse hai ragione tu. Ne sto facendo una questione di Stato. - Però? - Come sai che c'è un però? 47 STEFANO ZIZZI - A dire la verità non ne ero sicura, ma ora mi hai tolto qualsiasi dubbio. Dunque: pero? - Però sono sicura che non è uno stronzo, so per certo che mi ama, ho quarantasei anni, credo di aver conosciuto abbastanza gli uomini per non rendermi conto di cosa c'è sotto. E' per questo che tutta questa faccenda mi fa irritare. - Partendo dal presupposto che anch'io credo che non sia uno stronzo, quello che ho imparato dalla vita è che nessuna donna conoscerà mai a fondo un uomo, fosse anche suo fratello. - E quindi? - E quindi dovresti muoverti tu. - In che senso? - Nel senso che è arrivato il momento di cominciare a fare vita sociale. Ti rendi conto che per ogni situazione familiare i ragazzi non esitano a chiamarti e tu non ti risparmi ad ergerti a paladina del Ravel? Che rifiuti i week-end fuori con lui perché devi ospitare a casa tua i ragazzi che puntualmente si sbronzano e non hanno il coraggio di andare a casa nelle condizioni in cui si riducono? Io ti adoro, ma tu non puoi fossilizzarti a casa o a casa mia, cinque sere su sette hai una scusa buona per cenare con noi. Voglio dire: non sai quanto mi faccia piacere, ma ogni tanto dovresti anche prendere un po' d'aria... Ti lamenti che spesso è freddo e distaccato. Conosci la sua situazione, dovresti capirlo... Raggiungi inarrivabili picchi di nervosismo quando passano dei giorni senza sentirlo, ma non hai mai preso il telefono per chiamarlo tu, ed ogni tanto dovresti, considerato il fatto che due volte su tre sei tu a mandarlo a quel paese. E 48 DORMI CON ME STANOTTE? qual è il motivo? Te lo dico io; è lo stesso motivo per cui non riesci a dare del tu al marito della tua migliore amica: assolutamente nessuno, o meglio le motivazioni ci sono, ma sarebbero delle prese di posizione anacronistiche anche per novantenni! Ecco cosa sei tu: una donna che ha vissuto a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale e chissà perché è stata sbalzata nel 2002 e adesso guarda il mondo atterrita come un indù che vede passare un tram! Dicono che le ostriche siano afrodisiache; di sicuro disinibiscono! Lorenza era stata quello che si dice un fiume in piena. Si svuotò di tutte le parole che non era mai riuscita a dire alla sua collega, ma evidentemente aveva bisogno dell'occasione giusta per fare davvero l'amica e non offrire soltanto una spalla su cui Aline aveva già pianto fin troppo. Infatti, anziché lamentarsi o controbattere, si chiuse in un mutismo che aveva il sapore dell'assenso e che la accompagnò fino a casa dove ebbe molto tempo per riflettere per lo meno su quanto fosse fortunata ad avere una amica come Lorenza che non le manda a dire, che non ti dice quello che vorresti sentirti dire ma quello che pensa. Aline non faceva altro che pensare a come e quanto le opinioni di Lorenza coincidevano con la realtà in maniera imbarazzante. 49 STEFANO ZIZZI SETTE – IL BACIO All'uscita del cinema Verdi, Julia, Diego e Lucya erano intenti a commentare “ Habla con ella”, il nuovo film di Almodovar che avevano appena finito di ammirare. L'argomento principe era la scelta del regista di “spezzare” la storia del film con la tecnica della suddivisione in capitoli attraverso dei flash-back. Julia aveva apprezzato molto l'idea, perché induceva lo spettatore ad entrare ed uscire dalla vita di ciascuno dei protagonisti, salvo poi ricompattare il tutto con un epilogo che lasciava al pubblico la possibilità di scrivere il proprio finale. Lucya, che già non amava molto Almodovar, continuava a ribadire il cattivo gusto del regista, attento ad infarcire quasi tutti i suoi film di personaggi omosessuali o comunque palesemente ambigui. Diego restò zitto quasi tutta la sera, fino a che non salutò le due donne, deciso a non seguirle a bere qualcosa in un pub. Da quando i due conviventi cominciarono ad essere più affiatati, a dire la verità da quasi subito, Julia e Diego si promisero di non far uscire dal loro monolocale nessuna confidenza che l'uno offriva all'altro, come se la loro esigua abitazione fosse uno scrigno contenente i loro segreti, piccoli o grandi. Nessun altro conosceva la loro storia più di loro stessi. Tutti e due via da casa quasi subito, tutti e due con una vita da reinventarsi, tutti e due con un futuro sempre più in salita. Ma sempre più convinti delle loro scelte. Diego restò solo in casa giusto il tempo di una doccia, un 50 DORMI CON ME STANOTTE? bicchiere di latte ed una sigaretta. Dopodiché arrivò Julia. - Ciao. - Ciao. - Che hai? - Nulla. - Certo, si capisce dal tono con cui l'hai detto... - Niente, non ho niente. La ragazza, conoscendo a memoria il suo coinquilino, non abbandonò il discorso, ma ebbe la delicata furbizia di girarci intorno. - Siamo andati in un bar nei pressi della rotonda che c'è alle spalle del cinema, perché non sei venuto? - Non mi andava. - Lucya dice che sei molto simpatico. - Ah, davvero? - E che sei anche abbastanza carino. - Allora dille subito che sono gay così ci togliamo tutti il pensiero. - Ti ha dato fastidio, vero? - Cosa? Che gli stia antipatico Almodovar perché porta avanti la causa degli omosessuali? Ma come ti viene in mente... - Non lo sapeva... Lo pensa e l'ha detto. Non poteva immaginare che tu fossi gay. - Anch'io penso che una donna con la sesta di seno perché pesa un quintale dovrebbe metterle in mostra il meno possibile, ma non glielo dico, però. - Vabbè, non pensarci. - Certo che non ci penso, non penserei a lei neppure se fossi etero! Anzi, vado a letto perché domani mi aspetta una giornata pesantissima. Buonanotte. 51 STEFANO ZIZZI - Buonanotte. Diego è il responsabile della pubblicità della Galería del Prado a Plaza de la Cortes, uno dei centri commerciali più grandi, importanti e di tendenza della capitale spagnola. Ha un ruolo di responsabilità, ma molto creativo e pertanto assolutamente pertinente con le sue peculiarità caratteriali. Ci sono persone che in determinati momenti, si lasciano trascinare dalle emozioni; i loro occhi si chiudono in modo da poter vedere solo con le lenti di ingrandimento più speciali: le sensazioni. Il lavoro, e la vita privata di Diego Malerba ruotavano attorno al perno dei sentimenti, pur essendo questo suo modus vivendi un'arma a doppio taglio: se il più delle volte il suo istinto lo portava a superare con facilità alcuni problemi, in qualche circostanza si venivano a creare delle situazioni in cui rimaneva profondamente deluso. Se l'istinto lo portava ad affrontare una situazione con un preciso atteggiamento e la piena sicurezza di averci visto bene, quella era la volta in cui Diego sistematicamente si pentiva del passo compiuto. Alle sette in punto, il telefono cellulare di Julia intonò “L'aria Della Regina Della Notte” tratta dall'opera di Mozart “Il Flauto Magico”, che la ragazza aveva come sveglia. Gli acuti della Lukianez che interpretò La Regina Della Notte nella versione diretta dal Maestro Nuti alla Scala di Milano nel 1995, erano quello che serviva per far scattare sull'attenti la vera regina della notte, anzi del sonno. Julia tolse la mano da sotto il suo cuscino e la diresse verso il comodino per far tacere il telefono. 52 DORMI CON ME STANOTTE? - Ahia! Porca puttana! Anzichè agguantare il cellulare, la ragazza premette inavvertitamente due dita su una spina della rosa che Diego le aveva lasciato sul comodino, insieme ad un biglietto. “Ciao bimba, una rosa per farmi perdonare, scusa per ieri, ti voglio bene. Buona giornata, Diego”. - Buona giornata un cazzo! Cominciamo proprio bene... Fanculo alle rose, fanculo alle spine... Odio i fiori! Non servono a nulla. E fanno anche male... Julia uscì dal bagno in accappatoio e mentre apriva l'armadio per scegliere cosa indossare, pensava nervosamente a quanto fosse pericoloso Diego quando gli veniva in mente di fare le sorprese. Aveva già avvolto le sue gambe sode e lisce con un paio di gambaletti fucsia e gialli, e stava calzando le scarpe da tennis, non prima di aver indossato un jeans a bassa vita che lasciava intravedere un malizioso perizoma color prugna. Si alzò dal letto dopo aver allacciato le scarpe e si girò in direzione del corridoio, quando incrociò una sagoma che la fece sobbalzare. - Diego! - Che c'è?! - Mi hai fatto prendere uno spavento! - Scusa, non volevo... - Ti giri per favore? Mi fai infilare il reggiseno? - Uno: non sei “assolutamente” il mio tipo; due: se avessi un euro per ogni volta che ti ho vista nuda, andrei a vivere da solo nel miglior albergo della città. - Ma non eri fuori? - Fuori al balcone, certo. Dove credi che abbia preso la 53 STEFANO ZIZZI rosa per la quale, tra l'altro, non mi hai ancora ringraziato? - Lasciamo perdere. Piuttosto, come ti viene in mente di fare il giardiniere a quest'ora? - Le piante si annaffiano quando non c'è troppo sole, quindi o la mattina presto o al tramonto. - Non c'è la possibilità che ti possa dimenticare di annaffiarle, diciamo per un paio di mesi di fila? - Scherzi? Così morirebbero... - Appunto, io odio le piante. E tu hai riempito il balcone. Sono costretta a chiedere premesso alle foglie della selcia per stendere il bucato - Felce, non selcia... Che donna sei se non ami le piante? - Una donna che è costretta a scopare e lavare il pavimento due volte al giorno, perché le dannate foglie della Felce e del Geranio cadono e, col vento, entrano in casa. - Impossibile. Il Pelargonium, che tu volgarmente chiami Geranio, perde le foglie solo se si seccano. - Impossibile un corno, guarda per terra: sembra di essere al Parco del Retiro! - Due fogliucce, stupidaggini... - Devo trovare un sistema per farti seccare tutte le piante... Pisciarci dentro, o succhiare l'acqua con una cannuccia... - Sei una bestia! - E tu sei innamorato. - Cosa ti viene in mente? - Quando cominci un nuovo passatempo è perché sei innamorato. - Si vede così tanto? 54 DORMI CON ME STANOTTE? - Diciamo che ti conosco bene, ormai... Cos'è? Fioraio? - No, è un botanico. - Cavolo... Puntiamo in alto... - Non m'interessa la professione, è bellissimo e già può bastare. - Ti posso chiedere una cosa? - Dimmi.. - Ma “voi” come fate a capire se l'uomo che avete di fronte è anche lui... - ...Gay? - Appunto. - Quando guardi un uomo ti chiedi se è etero o lo punti e basta? - Vuoi dirmi che non c'è differenza? - Nessuna. Ma ora basta con i discorsi, devo andare. Ho appuntamento con Rupert tra venti minuti. - Uno con questo nome lo punterei anch'io. Mi sa di... - Esatto! - Vengo anch'io... - Scordatelo. Bacio. - Ciao. Salutami Rupert. A Julia, chissà per quale fortuna, finalmente venne in mente di guardare l'orologio. - Le nove! Cazzo le nove! Anche oggi, la prima lezione era andata a farsi benedire. Afferrò scopa e paletta e ripulì la stanza prima di affrontare con molta calma la lezione delle undici. 55 STEFANO ZIZZI OTTO – SOGNO DI BACH Il mestiere dell'insegnante, per il fatto che si tratta di una una vera e propria missione, quindi già per questo oltremodo faticoso, ha un rilevante ed imprescindibile lato positivo: il tempo libero. In realtà non è così tanto lungo come un non addetto ai lavori possa credere. Per esempio, non tutti i pomeriggi sono liberi e da poter dedicare ad altro e neppure l'estate è così lunga come quella di uno studente. A seconda dei distretti, per contratto, un professore si presuppone “reperibile” dal giorno successivo al termine degli esami, fino a fine luglio e dal primo lunedì di settembre fino all'apertura ufficiale dell'anno scolastico. Il suo, però, è uno dei pochi rami dell'istituzione Nazionale Spagnola che concede ai propri dipendenti una mattina libera a settimana, utile per far la spesa, passare in banca e chissà quante altre cose. Il giorno libero di Aline è sempre stato il giovedì, fin da quando la badante della povera nonna chiese ventiquattr'ore di pausa a metà settimana. Qualche anno fa sua nonna morì, non ebbe più bisogno di una badante e poté usufruire del giovedì mattina a suo piacimento, finalmente. Il suo piacimento constava nell'andare a trovare il suo compagno in ufficio, sbirciare i depositi con le novità, fare due chiacchiere con Fran, la responsabile della contabilità e passare lì gran parte della mattinata. La grossa industria di surgelati “Pecados de Hielo” si trova a Sabadell, un quartiere residenziale della periferia di Barcellona. Ha il privilegio di essere ubicato in una posizione tranquilla e allo stesso tempo centrale per 56 DORMI CON ME STANOTTE? mezzo di facili collegamenti con l’aeroporto ed il centro città. Il guardiano di turno, riconobbe da lontano la Seat Cordoba gialla di Aline e sollevò velocemente la barra all'ingresso dell'ampio parcheggio che contornava il maestoso capannone. La donna fece un cenno con la mano per salutare e ringraziare e infilò la macchina in uno dei pochi posteggi liberi, tra due furgoncini inspiegabilmente privi entrambi delle quattro ruote e perciò adagiati su otto grossi massi di tufo. L'ingresso dell'azienda aveva tutta l'aria di essere stato disegnato da un architetto specializzato in... hotels! Un grande tunnel realizzato con delle piante rampicanti ai lati e con una tenda da sole come tetto, convogliava coloro i quali volessero entrare, verso una porta girevole. Quest'ultima aveva anche un indiretto compito e cioè quello di ribaltare completamente la percezione della temperatura che passava dai trentatrè gradi segnalati dal computer di bordo della Cordoba ai ventisei gradi che facevano bella mostra sul grande display che ospitava la temperatura, la data, l'ora locale, quella di Casablanca, Sidney ed Hong Kong. Un salotto in pelle bordeaux ed un bancone da reception guarnivano lo spazioso ingresso della fabbrica. Conoscendo molto più che bene la strada, Aline salì lungo la grande scala a vista e si diresse al primo piano, riservato agli uffici. Appena imbucato il corridoio, subito incontrò Guillermo, il fac-totum dell'azienda, occupato a fare alcune fotocopie per conto di chi non aveva neppure il tempo di alzarsi dalla scrivania, bersagliato da fax, mail 57 STEFANO ZIZZI e telefonate che molto spesso si sovrapponevano. - Buongiorno, signor Guillermo! - Buongiorno a Lei, signora Pejo. In verità, tutti, compreso Gullermo, sapevano che Aline e Carlos non erano sposati, ma avevano l'accortezza di chiamare l'ospite “signora Pejo”, compresa Fran. - Come va, Fran? - Buongiorno, Signora Pejo. - Quando comincerai a chiamarmi col mio nome? - Ha ragione, signora, ma è più forte di me... Una specie di... - Deformazione professionale? Capisco. - Comunque tutto bene, al solito. - C'è Carlos? - Non è ancora tornato, credo. L'ho chiamato per delle questioni urgenti e mi ha detto che sarebbe rientrato stasera sul tardi. - Tornato? Da dove? - E' da cinque giorni a Melilla, non lo sapeva? - Ah, già, certo. Melilla, che stupida. Buona giornata. - Buona giornata a lei. Melilla è una città autonoma spagnola situata sulla costa orientale del Marocco. Da quando, nel 1995, la città ha ottenuto lo statuto di autonomia, la maggior parte della produzione a marchio “Pecados de Hielo” avviene a dieci ore e mille chilometri dalla sede amministrativa e legale. Sia che si passi dallo stretto di Gibilterra o che ci si imbarchi da Almeria, la distanza tra le due industrie sorelle potrebbe sembrare proibitiva e controproducente se non fosse per il fatto che Melilla è un porto franco e cioè gode di benefici tributari, 58 DORMI CON ME STANOTTE? non ci sono dazi da pagare, né imposte per esportazioni ed importazioni. Peraltro, sebbene sia geograficamente situata nel nord dell'Africa, gode dei fondi e delle sovvenzioni per le medie imprese, sia dal governo spagnolo che dalla comunità europea. L'azienda della famiglia Pejo cominciò col produrre solo nel settore del pesce surgelato, essendo la pesca l'attività economica principale di Melilla. Qualche anno fa, l'intuizione di Carlos Pejo diede una svolta definitiva all'azienda, spostando la quasi totalità della produzione oltremare. L'idea geniale dell'allora direttore commerciale fu quella di dar posto a circa milleseicento marocchini immigrati illegalmente, a fronte di una convenzione col governo spagnolo che si impegnava a concedere l'esclusiva alla famiglia Pejo su tutte le forniture di competenza governativa sull'intero territorio spagnolo per venticinque anni. In questo modo lo stato poté tamponare il problema dei clandestini che invadevano la cittadina spagnola per poter avere libero accesso nella comunità europea, e “Pecados de Hielo” aumentò la produzione del centosessanta per cento e con una mano d'opera che costa tuttora un decimo di quella europea. E così, da allora, sono tutti felici e contenti. A dir la verità una persona che non è contenta affatto c'è, ed è Aline. L'ultimo dialogo con Carlos risaliva a due settimane prima di questa inutile visita all'ufficio del compagno, dal quale uscì rossa di rabbia in viso per non essere riuscita ad evitare un'ennesima disdicevole figura. Sopratutto, la data dell'ultimo incontro con Carlos coincideva con quella dell'ultimo litigio. Dopodiché il buio. 59 STEFANO ZIZZI Ultimo domicilio conosciuto dell'imputato: Melilla. Lungo la strada del ritorno a casa, che sembrava più lunga del normale e del dovuto, Aline continuava a ripetersi che avrebbe dovuto alzare il telefono, anche se lui avrebbe comunque dovuto avvisarla di un viaggio della durata di quasi una settimana, ma che però trattandosi non di una trasferta di piacere ma di lavoro, Carlos non aveva nulla da rimproverarsi, pur se lei era stata sempre avvisata per viaggi anche solo di un giorno; ed essendo questa la prima volta che passava la notte fuori casa immediatamente dopo un litigio, che oggettivamente era scaturito dall'inspiegabile nervosismo dell'uomo, probabilmente l'inspiegabilità era tutta sua e magari lui aveva le sue buone ragioni, che comunque ella non condivideva. Insomma, per tutto il giorno fu un confusionario ping-pong di torti e ragioni, uno scaricare o assumersi colpe che non portò a nulla se non un'altra notte insonne. Il poeta libanese Kalhil Gibran diceva che “Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte”, così Aline, dopo un ennesimo pasto notturno, pensò di trarre beneficio da questo consiglio e cercò di trovare finalmente un sonno ristoratore, ascoltando le arie di Bach ed immergendosi nella svogliata lettura di una vecchissima copia di “Torpedo”, un fumetto noir spagnolo ambientato durante la grande depressione, dove il protagonista è un gangster ispirato ai lineamenti di Clint Eastwood, peraltro uno dei suoi attori preferiti, assieme ad Audrey Hepburn. Chi come lei è nata a metà degli anni cinquanta, perciò in piena dittatura franchista, al giorno d'oggi vive la sua condizione di donna in modo assai particolare, in quanto 60 DORMI CON ME STANOTTE? il famoso periodo di “transizione spagnola” compreso tra la fine del regime dittatoriale sancita con la proclamazione di Juan Carlos I di Borbone come Re di Spagna e la prima costituzione, coincise con il periodo di transizione degli allora ventenni, da ragazzi ribelli a giovani adulti. In particolare, le donne si trovarono di colpo nella possibilità di lavorare, mettere la minigonna, divorziare, pensare con la propria testa e far valere le proprie idee. Libere di urlare, insomma, dopo oltre quarant'anni di silenzi strozzati dall'ignoranza che contraddistingueva la quasi totalità degli europei del primo dopoguerra e dal recinto di indifferenza imposto da Francisco Franco. In virtù di questa nuova condizione, le donne covarono in loro stesse un misto di sensazioni dettate dallo sconcerto, la paura, il disagio, ma anche da esaltazione, ingenuità ed orgoglio. Tuttora, coloro che hanno avuto il destino di nascere, crescere ed arrivare sino ad oggi con un carattere come quello di Aline, si dimostrano scontrose, impettite e scalmanate, sebbene in realtà siano comunque donne, cioè con l'innata tenerezza, il bisogno di amare e, nello specifico, di essere amate ed accompagnate lungo un cammino che le porti a superare le difficoltà che si nascondono dietro il saper gestire questo “nuovo” modus vivendi, ancora adesso dopo vent'anni. Oltre a questo, si aggiungono le primissime avvisaglie di menopausa a far di Aline una donna che definirla instabile significherebbe sminuire e, di fatto, non voler neppure affrontare il problema. La sua relazione “ad intermittenza” con Carlos era allo 61 STEFANO ZIZZI stesso tempo vittima e causa dei primi sintomi di natura psicologica dovuti anche al prossimo importante evento fisiologico che la muterà radicalmente; e le sempre più basse probabilità di assecondare il suo istinto materno con una agognata gravidanza, sono con tutta probabilità il vero motivo per il quale Aline si batteva per la causa dei suoi studenti, per cui affrontava insieme a loro le piccole lotte quotidiane che si presentavano. Inspiegabili erano però i motivi per il quale questa voglia di combattere non la tirava fuori quando c'era da affrontare i suoi personali drammi quotidiani. Ed inspiegabili rimasero anche l'indomani mattina quando Aline si svegliò e tornò dai suoi ragazzi. 62 DORMI CON ME STANOTTE? NOVE – IL VENTO Alcune specie di farfalle vivono un giorno solo. Però, essere una farfalla o comunque un insetto, così da poter volare ovunque e non essere visti, per assistere a vicende in cui i protagonisti si muovono con la libertà di chi crede di essere solo, può essere inebriante, anche solo per un giorno. - Non basta. - Cosa non basta? - Non basta venirmi a prendere da scuola con un mazzo di rose. - Beh, con due sarebbe stato stupido. - Finiscila, Carlos! Sei stato via cinque giorni senza farti vivo. - Infatti, guarda: una rosa per ogni giorno. - Ti prego, smettila. - Ma smettiamola davvero. Se proprio devo dir la verità, sono passate tre settimane da quando mi ha mandato a quel paese e se c'è qualcuno che deve chiedere scusa... - Sono io, vero? Lo sapevo che andava a finire così; la colpa è sempre la mia. - Lo vuoi capire che non mi interessa chi ha torto e chi ha ragione? Cerchiamo di fare gli adulti, una buona volta. - Ah, sì? E come? - Parliamo. Era prevedibile che alla fine lei avrebbe mollato il colpo. La discussione, ovviamente, continua nella macchina del brizzolato. 63 STEFANO ZIZZI - Ma poi con la mia macchina come facciamo? - Ma come, stiamo insieme e pensi alla macchina? Stasera ti riaccompagno io. - Ah... - Che significa questo “ah”? - Nulla. - Senti, siamo fin troppo adulti per litigare come due innamorati alla prima cotta, cerchiamo di raffreddare questa tensione, perché a me non va assolutamente bene. - Invece a me esalta... - Appunto. Odio stare in macchina con i finestrini chiusi. Aria condizionata un corno, li dentro si gelava; per fortuna casa di Carlos non è molto distante dalla scuola dove insegna Aline. L'unico problema potrebbe essere la presenza di questo gatto, ma per il momento è intento a mangiare. - Come hai fatto con Patricio in questi giorni? - Ho dato un extra alla signora delle pulizie perché passasse tutti i giorni. - Cavolo, ti ha fatto anche la spesa... Finalmente il frigo è pieno, è la prima volta! - Lo sai che pranzo o ceno sempre fuori, e poi quando torno a casa non voglio avere a che fare con frigoriferi e congelatori... - Ti ci vorrebbe una donna in casa. - La signora delle pulizie è brava... 64 DORMI CON ME STANOTTE? Lei è rimasta in silenzio, credo che il padrone di casa abbia fatto una gaffe. - Voglio dire che se una donna deve entrare in casa mia non deve farlo per pulire, accudirmi e far da mangiare. - Lodevole da parte tua, anche se ancora non ho capito quale dovrebbe essere il compito della “tua” donna. - Che domande del cavolo. - Sei tu che hai iniziato. - Senti, non è facile spiegarti ed anche se lo facessi, non mi capiresti. - Grazie tante. - Voglio dire: cosa conosci del mio lavoro, a parte che quando finiscono i cornetti a scuola, basta dirmelo per avene degli altri? - Cosa fai, rinfacci? - Rispondi, piuttosto. Cosa sai di mia figlia, di mia moglie... - Quello che mi hai detto tu. - Beh, allora è davvero poco. Ma anche se ti spiegassi non capiresti... - Ancora?!? - Non l'hai vissuto con me, capisci? La morte di Helèna è un tarlo che mi buca il cuore, oltre che il cervello. - Io lo so che parlare da fuori è semplice, ma così rischi di annientarti, hai bisogno invece di riprenderti, di raccogliere i mille pezzi in cui il tuo “io” si è frantumato, devi ricominciare a guardare alla tua vita con positività. Ti rabbui giorno per giorno, ti stai chiudendo, diventi più pigro ogni giorno che passa! - Ma che pigro, anzi. Il lavoro mi sta tenendo impegnato 65 STEFANO ZIZZI sempre di più. - Lascia stare il lavoro, io parlo di te. E bada: parlo di te e non di me e te. - Ma io voglio stare con te! Oh, mamma mia, che teneri. Nemmeno il gatto si sta perdendo la scena. E' accovacciato sul tappeto davanti al divano su cui sono seduti e li guarda dal basso senza perdersi neppure una sillaba. - Non sai quanto mi fa piacere quando mi dici queste cose. - Non sai quanto mi fai incazzare quando non mi capisci. - Se parli ti capisco, ma se te ne vai cinque giorni a Melilla... - Oh! Che palle! Ti ripeto per l'ultima volta che quella che mi ha mandato a quel paese sei stata tu venti giorni fa. - Vuol dire che te lo meritavi... - Che significa, che neppure ti ricordi il perché? - Certo... che mi ricordo... ti ho mandato a quel paese perché... - Perché? - Perché non baci bene. - Ah, io non bacerei bene? Vieni qui. Ma che fanno, si rincorrono? Ma in due fanno un secolo di età... Caspita che bacio... Caspita che abbraccio... caspita che... Oh caspiterina! - Pranziamo? Prima mangiamo e prima ti riaccompagno alla macchina, è meglio farlo ora altrimenti non ci 66 DORMI CON ME STANOTTE? stacchiamo più. Sono quasi le sei... - Mamma, che ansia! Ma che problema hai? Non c'è fretta: domani è sabato! - Infatti lo dicevo per te. - Non preoccuparti, durante le prime due ore i ragazzi sono impegnati con la donazione del sangue trimestrale, mi basta arrivare a scuola per la terza ora. - E la colazione di rito in sala professori? - Domani salta. - Dunque stasera puoi tornare a casa più tardi... - O non tornare affatto... - Beh, sarebbe stupido alzarci domattina presto, passare a casa tua, per prendere le cose che ti servono e poi accompagnarti a scuola, non trovi? - Già, dimenticavo che qui non c'è niente di me. - Che bisogno c'è di avere due guardaroba, due necessaire, due portatili per il lavoro, senza contare che dovresti raddoppiare la tua già vastissima collezione di testi scolastici... - Ho capito, metto tavola. - E io faccio una bella doccia. Non ci capisco molto, ma a me pare che lei si sia stizzita. Sta facendo un tale baccano con le pentole ed i piatti. Sembra che voglia urtare di proposito le stoviglie tra loro per non sentire il rumore dell'acqua che cade dalla doccia del bagno. Se non fosse che li ho visti baciarsi, giurerei che quelli sono occhi gonfi di pianto. - Se il mio olfatto non mi inganna, questo è odore di stufato d'agnello. Niente primo? 67 STEFANO ZIZZI - Nel forno c'è il riso. Il signore desidera altro? - Riso al forno? Tu mi vizi, tesoro. - Non abituartici e sopratutto mangia in fretta, voglio tornare a casa. - Che hai? - Mi sono ricordata che ho necessità di consultare uno dei testi scolastici che fanno parte della mia “già vastissima collezione”. - Ma... ho detto qualcosa che non va? - No, assolutamente. - Hai un tono strano... - E' semplicemente il tono di chi ha capito che è necessario tornare a casa ora. Subito. Adesso. - Va bene, finiamo di mangiare e ti accompagno. Non parlano più. Mangiano nervosamente, bevono molto e molto avidamente e non parlano più. Sembrano voler tenere occupata la bocca per essere sicuri che non escano parole. Lo spettacolo si è fatto noioso. Questo reality show non mi piace più. Litigano, non si spiegano, restano in silenzio, poi litigano ancora ed ancora restano zitti. O si spiegano e mi fanno capire, o la finiscano di litigare per stupidaggini. Quasi quasi volo via, non ci sto capendo nulla. E poi... E' quasi l'ora di morire! 68 DORMI CON ME STANOTTE? DIECI – PORTAMI VIA Quella sera sembrava fosse iniziata normalmente. Diego aveva finito il suo lavoro in galleria e si stava recando in pub in compagnia esclusivamente di una delle sue ultime sigarette della giornata, col lungo cappotto nero e col cappello di lana che gli copriva la testa fino agli occhi. Quella lucetta rossa e fumante ora all'altezza della bocca, ora tra le dita della mano, era l'unico segno visibile della presenza di Diego in quella strada nera come il cielo delle otto di sera a febbraio. Camminava con un'andatura lenta e statuaria. Ogni segno distintivo della strada, un lampione, un cassonetto o l'insegna di un cinema a luci rosse, rappresentavano ciascuno una sorta di tappa ed ognuno di questi riferimenti a loro volta segnalavano a Diego l'avvicinarsi gradatamente del locale dov'era solito fermarsi dopo il lavoro per incontrare gli amici e non solo. Probabilmente Julia avrebbe voluto essere svegliata dal suo orologio biologico o, al massimo, dal suo cellulare che intona “L'aria della Regina della Notte” ma certamente non immaginava di dover essere sorpresa nel sonno da uno scalmanato che irrompe all'alba. - Julia! Julia, svegliati! Come da copione, l'avesse chiamata anche la reincarnazione di Jack lo squartatore, Julia in un primo momento non accennò ad uno che fosse un solo movimento tipico di chi sta per valutare se svegliarsi o no... - Juliaaa! - Che cazzo.. Diego! Che vuoi! Che ore sono? 69 STEFANO ZIZZI - E' passata un'ora dalla mia nuova vita! - Se non mi fai dormire, perderai TUTTE le tue vite a disposizione! - E dai, svegliati. Julia aprì gli occhi e trovò davanti a sé dapprima la sagoma di un uomo offuscata dal sonno, e poi una figura a metà tra l'uomo che aveva salutato dopo cena e Dustin Hoffmann quando interpretò Tootsie, nell'omonimo film del 1982. - Che t'è successo? - Mi sono innamorato. - Mi auguro che duri fino a domattina, così ne parliamo meglio. Buonanotte. - No, Julia, aspetta. L'ho fatto. - Che cosa... porca zozza! Hai fatto... cioè... quello che penso? - Ho fatto l'amore con Rupert. Julia in un baleno si eresse sulle sue gambe incrociate sul letto. - Ce l'hai fatta, maledetto gay! - Ti prego, odio quando mi chiami “maledetto”... Entrambi risero compiaciuti, l'una per l'imbarazzante novità riportata dall'amico, quest'ultimo per il momento felice che ha vissuto. - E com'è stato? - Bello. - Che cazzo di risposta è? Piombi qui alle quattro e mezza del mattino, mi svegli con questa notizia straordinaria e mi dici soltanto che è stato... bello? - Rupert è stato grazioso. - Grazioso? 70 DORMI CON ME STANOTTE? - Sì. E' un uomo di classe e grazia da vendere. Siamo stati a casa sua, abbiamo mangiato del pesce, abbiamo visto “Two Much “ con Banderas. Siamo partiti dal commentare il bell'Antonio e da cosa è nata cosa. - Com'è la casa? E' bravo in cucina? E' ordinato? - Mi ha accolto in jeans e polo, è un uomo molto semplice; l'appartamento, modesto ma molto curato, era pieno di piante. Tutte le luci erano spente, ma si vedeva benissimo, per via delle pareti del salone dipinte di bordeaux intonate con il parquet ed una cinquantina di candele aromatizzate che emanavano nell'insieme un profumo che mi ha dato l'idea di essere abbracciato. E' stata da subito una sensazione fantastica. - E poi? - E poi è successo qualcosa che mi ha convinto del tutto. - La smetti di farmi stare sulle spine? Racconta. - Dopo cena, durante il film, c'era già molta intesa e quando ci siamo liberati di ogni pudore, lui si è fermato. In un primo momento mi si è gelato il sangue perché pensavo che non volesse, invece... - Invece? - Invece non aveva preservativi! - Ma come?!? - Mi ha detto che non pensava che volessi già andare a letto con lui e non aveva pensato a rifornirsene. Capisci che dolce? - Li avevi tu, spero! - No. Ma è stato meglio, perché anche se siamo dovuti scendere obbligatoriamente, non abbiamo affatto 71 STEFANO ZIZZI rotto l'incantesimo, anzi siamo riusciti a trasformare il contrattempo in una romantica passeggiata nel Chueca. Bisogna sempre trasformare i problemi in opportunità! - Quindi lui vive proprio nel quartiere gay... - Sì, cara, finalmente un uomo con cui poter passeggiare mano nella mano senza nessun problema; poi siamo andati alla Chocolatería San Gines e ci siamo riempiti di churros. - E i preservativi? - Quando ci siamo riempiti ben bene di macchie di frittura, ancora ebbri di zucchero e cioccolata abbiamo preso i preservativi e abbiamo passato due ore meravigliose... Diego proseguì nel racconto dei dettagli, con Julia che si immerse nella storia come fosse un bimbo davanti ad un film di animazione. Lui sembrava quasi commosso nel raccontare la sua splendida serata in cui tutto era stato perfetto, magico, idilliaco. Per quanto Madrid sia una città già pronta alle nuove tendenze, per usare un eufemismo, in realtà la sensibilità eterea di un omosessuale che si scopre tale non è poi così diretta ed immediata, ma ha bisogno di un lavoro interiore ed una ricerca di equilibrio solido e duraturo che possa far affrontare a gente come Diego, tutti gli ostacoli che ad uno ad uno si presentano sulla strada già tortuosa di un uomo che deve scoprire chi è e poi avere il coraggio di spiegarlo agli altri. Relativamente a quella sera, la vittoria di Diego non fu perdere la propria verginità con un uomo, ma lo scoprirsi innamorato di un uomo, pensarlo come l'uomo con cui 72 DORMI CON ME STANOTTE? condividere il proprio tempo, scendere per strada, mano nella mano, per andare a comprare i churros. Diego, in effetti, non è una di quelle mancate drag-queen che ostentano la propria sessualità intesa come aggressiva e sfacciata smania di sesso, non è neppure una di quelle viscide checche che accentuano i loro atteggiamenti pseudo effeminati che riescono ad essere amici di tutte le donne, perché di loro si fidano, che allungano le mani sulle ragazze che, a loro volta, li lasciano fare perché “tanto sono gay”. Diego è uomo. E' un uomo che ama un uomo. E' un uomo ben inserito in società, con un lavoro che lo affascina, che ama un altro uomo. Nel suo splendido mondo chiuso come una palla di vetro con la neve che la mano del destino di tanto in tanto si diverte a smuovere sballottando Diego in un terremoto di incertezze, qualche anno fa fece capolino la faccia acqua e sapone di Julia. A Madrid, città così uguale e diversa dalla sua Barcellona, il cespuglio nero e disincantato della neo maggiorenne frequentava la Galería del Prado a Plaza de la Cortes e per la precisione lavava le vetrine in cambio di qualche spicciolo. Diego, durante il suo lavoro di pubblicitario, ebbe modo di scorgere più volte e in punti diversi della galleria quella figura minuta e con un fare risoluto ed introverso allo stesso tempo. Non gli fu difficile avvicinarla, frequentarla, e diventare suo amico fino ad offrirle una stanza del suo appartamento. Da allora, quattro anni fa, Diego e Julia sono inseparabili. Se cerchi Julia ti basta trovare Diego e Julia sa che Diego è sempre lì, come quando tuo padre guida e tu ti 73 STEFANO ZIZZI giri per guardare fuori dal lunotto posteriore il sole che ti segue fino a casa. La “Regina della Notte”, precisa in quanto sveglia, cominciò lentamente a cantare la sua aria e prontamente Julia spense il cellulare, giacché erano svegli da ore. La ragazza cominciò la giornata con un sentimento strano, di contentezza per il suo migliore amico, misto a quello di insicurezza che continua a distinguerla da Diego. Sopratutto, aveva un pizzico d'invidia per essersi trovata ad applaudire il sogno raggiunto da una persona a cui vuol bene ma non da lei. Non solo non sa bene qual è il suo obbiettivo, ma sopratutto ha paura di raggiungerlo, qualunque sia. Sarebbe come vincere la lotteria: tutti giocano, non sanno bene cosa farsene della vincita e, più sale il montepremi, più si ha paura di essere schiacciati dal sogno stesso. 74 DORMI CON ME STANOTTE? UNDICI – LA NOTTE PRIMA L'amore scivola stasera. Scivola qui sotto casa, mia non di certo. Non più. L'ho capito piano piano, cerco di farmene una ragione, di trovare delle motivazioni, perché sicuramente ci saranno e la colpa è mia che non le conosco o non le ho capite. Da qui l'attico è un puntino giallo di luce calda e accogliente su uno sfondo verde di piante che hanno la fortuna di guardare ancora quel panorama incantevole da lassù. Se fossimo in estate, si scorgerebbero i focolai delle candele accese sul balcone e forse anche le ombre di chi in quell'attico ci abita ancora. Non ho verificato, però. Io ho sempre guardato il resto del mondo solo da dentro la casa. Mi bastava solo quello ed ora mi manca. Mi mancano i suoni, i colori, le parole, le risate, le discussioni, i racconti, i segreti. Mi mancano le pizzette davanti alla tv, il divano che aveva preso la mia forma, ormai; mi mancano le volte in cui ho urtato la chitarra col gomito frantumando l'atmosfera, le volte in cui ho fatto cascare il posacenere per terra, le volte che andavo a comprare le sigarette o a fare la spesa. Non faccio più favori, non aiuto a spostare i mobili, non vado più da nessuna parte in nome e per conto altrui. E di colpo la giornata mi si è svuotata. Il lavoro non manca, anzi aumenta, grazie a Dio che ha capito quanto amo quello che faccio e che mi apre sempre nuove finestre da cui lanciarmi nel vuoto, quando mi si chiudono le porte in faccia. D'altronde fu un vero e proprio salto nel buio che diede il via alla frequentazione di chi mi avrebbe poi 75 STEFANO ZIZZI aperto un mondo, oltre che casa propria. Credo di aver saltato quel fossato in maniera composta e dignitosa, tanto che ne seguì un percorso molto simile a quello delle feste rionali, in cui ad ogni passo è una sorpresa, una luce irradiante, una musica suadente, un quadro disarmante o un grosso disegno da colorare. Mi manca un posto che per quanto abbia quattro pareti, per me ha sempre raffigurato una piazza colma di gente che non sempre conosci; una piazza in cui poter piangere da soli quando se ne ha voglia o sulla spalla di chi ti conosce quando hai bisogno di una carezza. Spesso non ho paura di rivivere momenti brutti nella mia vita, quanto mi terrorizza il non poter sfogarmi in "quella piazza". E sì che non mancavano le discussioni, le voci grosse e i vaffanculo, e sì che certe volte si era superbi a turno, arroganti a giorni alterni, presuntuosi uno dopo l'altro. Si che così si viveva, però! Pur calpestando quel pavimento in punta di piedi, l'inferiorità non l'ho mai sfiorata, ho sempre discusso a voce chiara, decisa, e fremente d'esser capita immediatamente. Sento di aver onorato in maniera inequivocabile ciascuna serata passata attorno a quella tavola, di aver reso omaggio con infinita riconoscenza al ben di Dio che mi è sempre stato offerto, sento di non aver mai calcolato le parole e le intenzioni affinché mi portassero in nessun modo alcun beneficio. Mi sentivo di famiglia. Ed in questo senso ne ho condiviso i dolori, i periodi di tensione, le situazioni torbide in cui mi ritrovavo senza saper bene come mai, spesso ero in mezzo ai fuochi ed 76 DORMI CON ME STANOTTE? io mi sentivo d'essere acqua e a volte cenere. E poi le risate e le canzoni, i balli e le emozioni, di nuovo. Come i passeri dopo i temporali. Mi mancano due mani ed una chitarra che scuotevano regolarmente il cuscino in cui tenevo i sogni per vederli volare ed ogni volta la mia era la sorpresa di un bimbo quando la mattina di Natale scopre che sotto l'albero c'è un dono. Mi mancano le commozioni che avevamo nel raccontarci dei nostri genitori, mi manca vedere le mani avvolte nella tuta rosa che si asciugano le lacrime, mi mancano i giorni in cui il sorriso era così splendente che te ne accorgevi già da qui, sotto casa. L'amore scivola come olio su una lastra di vetro, come pioggia sui finestrini della mia macchina che ogni tanto mi porta qui, dove mi fumo una sigaretta a cui tolgo il filtro. Il tempo e le circostanze allontano le persone e Dio solo sa quanto questo mi dispiaccia, quanto vorrei convincere che, almeno in coscienza, ho dato tutto e di non avere mai promesso nulla di più, né negato qualcosa, neppure offeso nessuno. Io sono dell'idea che il lavoro e gli affetti privati siano due colori che mescolati assieme ti rendono una tonalità molto simile al grigio, una macchia che non ha nemmeno il coraggio di esser bianca o nera. Non riesco a non amare pur sapendo di aver bisogno di soldi, non ci riesco. Non riesco a non pensare che oltre al lavoro c'è un'umanità che invece si è tranciata in due e di colpo, sotto la fredda ghigliottina del rancore. Io la ghigliottina non la so usare e soltanto l'idea già mi spaventa. In questi anni non ho capito nulla, se è vero che soltanto io ho sempre pensato a quei giorni, a questa casa quassù, 77 STEFANO ZIZZI a l'amore che c'era. A me quell'amore sembrava vero, o almeno il mio lo era di sicuro. Le parole se le porta il vento, però, che non è capace di fare una cernita tra quelle di chi ha sempre parlato apertamente e di persona e quelle di chi vuol portare acqua al proprio mulino, di chi vuol mantenere mansueta una bestia da cui mungere latte fresco tutti i giorni. Io bevo acqua: è più fresca, più dissetante, più limpida. E neppure ho mulini da alimentare. Io, dentro quelle luci lassù, sono stato sempre un ospite invitato e mai un intruso invadente. Mai. Le sigarette senza filtro sono migliori perché è del tabacco che un fumatore ha bisogno, non di qualcosa che egoisticamente lo trattiene a sé. Le sigarette senza filtro sono più corte e la mia si sta esaurendo senza che ancora una volta abbia capito perché si preferisce avallare le dicerie altrui, piuttosto che le dirette verità, di cui, ameno, si potrebbe discutere. Ma tutte le parole sono parole e tutti i venti sono aria. A volte le mie parole hanno provato ad essere messaggi, telefonate, pensieri, poesie o auguri di Natale e fosse per me continuerei all'infinito ma so che undici piani sono lunghi da salire ed allora credo proprio che questa volta sia l'ultima. L'ultimo ululato alla luna e poi il lupo andrà a dormire. L'amore scivola come olio su una lastra di vetro, tu la vedi ma non riesci a stargli dietro. Aline infilò la lettera sotto il tergicristallo della macchina di Carlos, gettò il mozzicone, mise in moto la macchina e si allontanò. 78 DORMI CON ME STANOTTE? Per una sorta di deformazione professionale, quella di scrivere è una passione che Aline cova da quand'era ragazza: ogni volta che non aveva la voglia o il coraggio di affrontare qualcuno o qualcosa lei estraeva dalla fondina del cuore, o dello stomaco, a volte, la sua arma preferita: le parole. E scriveva. E chi leggeva imparava molte più cose di lei che non frequentandola o convivendoci. Per questo decise di segnarsi come in una sorta di lista della spesa ciò che pensava in quel momento del suo rapporto tra lei e Carlos... Vagò un po' senza meta, come succede sempre a chi per riflettere non bada alla strada che percorre, tirò dritto per un bel po', poi si ritrovò stupidamente a fare il giro dello stesso isolato più volte, prima di considerare l'opportunità di fermarsi davanti al “cafè Lulù”, un locale che si affaccia nella ronda de Sant Pere e che è noto per l'ambientazione anni cinquanta che offre ai suoi avventori. Aperto cinque notti su sette, entrandoci ti sembra che da un momento all'altro arrivi lo sceriffo del Texas in trasferta nello stato accanto... Il proprietario è la copia sputata di Bufalo Bill e pure le ballerine danno l'idea di essere un po' prostitute come quelle del west. La musica è quasi sempre jazz o dixieland, ma quella notte Aline fu accolta da un juke-box che suonava i brani delle Boswell Sisters. Si sedette ad un tavolino quadrato posto sotto una finestra dalla quale poteva controllare la sua Cordoba gialla e ordinò una sangria, servita in un bricco di terracotta che un po' ne alterò il gusto. Ma Aline non si fermò in un posto pseudo-americano per 79 STEFANO ZIZZI bere al meglio una bevanda tipicamente spagnola, ma semplicemente per non tornare a casa, per non stare troppo tempo da sola, per non dormire, da sola. Come quasi sempre accade, più si è innamorati, meno si è attendibili quando si parla di troncare una relazione. Appena mezz'ora prima aveva scritto al suo compagno che il lupo avrebbe ululato per l'ultima volta e già pensava a come recuperare il rapporto con Carlos, al fatto che forse non tutto ciò che rimproverava al suo uomo era vero, che probabilmente aveva ragione Lorenza nel dire che non aveva il coraggio di chiamarlo. Avrebbe voluto parlare con la sua amica in quel momento in cui la sangria faceva schifo, ma non voleva sembrare ancora più invadente agli occhi della sua collega e del suo “Preside”. Lasciò i soldi sul bancone e si avviò verso casa. L'aria era gelida ed il sistema di riscaldamento della sua macchina cominciò ad emanare aria calda a poche centinaia di metri da casa, praticamente in fase di parcheggio. Aline si sciacquò il viso, si infilò una tuta rosa e andò a letto con un pensiero fisso: il giorno dopo avrebbe chiamato Carlos. 80 DORMI CON ME STANOTTE? DODICI – ROOM 108 Sempre più spesso accadeva che gli si appannava la vista e che sprofondava in un sonno immediato ed irrefrenabile. Ogni volta che ciò accadeva, Carlos meditava di chiamare Hernesto, il suo medico curante nonché amico dai tempi delle scuole, ma poi si svegliava e ricominciava il suo lavoro, la sua vita frenetica con l'opportunismo di Patricio, lo stress di Aline ed i suoi fantasmi personali, che probabilmente lui sapeva bene essere la chiave di volta di tutto. Come ogni mattina, il suo maltese lo svegliò reclamando il merluzzo fresco che puntualmente arrivò. Dopo che i due finirono la colazione, il padrone di casa si sedette sul divano per guardare le notizie di borsa sullo specifico canale satellitare, mentre Patricio, a stomaco pieno, si sbizzarriva con la sua pallina di gomma facendola rimbalzare qua e là. Con un salto felino, è il caso di dirlo, il gatto spinse la sua pallina oltre le inferriate del balcone, facendo cadere la pallina giù dagli undici piani, nel giardinetto che adornava il piano terra della palazzina. Sebbene Carlos si accorse di tutto, l'animale non ci pensò due volte ed andò a miagolare sul ventre del suo padrone, il quale non poté fare altro che scendere, riprendere la pallina di gomma e risalire gli undici pian per mezzo di uno dei due ascensori. Nello stesso momento, Aline aveva aperto l'armadio per dare un'occhiata al suo guardaroba e decidere cosa indossare. Si era svegliata con lo stesso desiderio che aveva partorito nel “Cafè Lulù” e voleva approfittare del 81 STEFANO ZIZZI suo giorno libero, per andare a parlare con Carlos, per discutere, per sotterrare l'ascia di guerra e fare gli adulti, come disse lui l'ultima volta che si videro e che fecero l'amore. Optò per una gonna blu scuro ed un maglione di lana bianca lavorato a mano, si aggiustò con le mani i capelli davanti allo specchio dell'ingresso ed uscì di casa. Pareva stranamente contenta, per una volta sembrava convinta di quel che faceva e con il sorriso in faccia entrò nella Pasticceria di Plaza del Angel per acquistare qualche Yemas , giacchè entrambi erano ghiotti di pinoli e marzapane. Riaccese la sua autovettura e si recò in azienda in fretta e furia, nell'intento di anticipare Carlos e fargli una sorpresa. - Buongiorno, Fran! - Salve, signora - rispose educatamente la segretaria - Smettila di chiamarmi “Signora” o “Signora Pejo”. - Mi scusi, ha.... hai ragione.... - Oh! lo vedi com'è bello darsi del tu? - Cosa festeggiate? - Nulla, è un vassoio di yemas, per fare colazione insieme. - Ma il signor Pejo non è arrivato, ancora. - Meglio, l'aspetterò e gli farò una sorpresa. - Spero sia gradita.... - Che vuoi dire? - Nel senso che mi auguro che gradisca un vassoio di dolci, considerando che noi fabbrichiamo dolci.... - Dici che può sembrare offensivo? - Ma no, il signor Carlos capirà... 82 DORMI CON ME STANOTTE? - Adesso che mi ci fai pensare.... è come regalare le scarpe ad un calzolaio...! - In effetti... L'attico di Carlos Pejo era l'unico appartamento dell'ultimo piano. In origine erano dei locali condominiali che Carlos prese in affitto per adibirli ad uffici di contabilità della sua azienda, ma quando tutta la fabbrica si trasferì nel nuovo complesso tra la zona industriale ed il porto, egli decise di acquistare l'appartamento e farne la sua abitazione. Abel, il portiere, in quei giorni era andato in Tunisia, al capezzale di suo padre che era arrivato agli ultimi suoi giorni, dopo aver combattuto per anni con una lunga e torturante malattia. L'intero palazzone, così come gli ascensori, cominciavano a risentire dell'assenza dell'addetto alle pulizie, mentre invece l'attico era ancora in buono stato, considerando che Carlos tornava a casa solo per dormire o per dar da mangiare a Patricio. Le due donne, continuarono a chiacchierare e Aline decise di scartare il pacco dei dolci per offrirne ai dipendenti, prima che il suo compagno potesse arrivare e scoprirne la gaffe. Passò ancora un'ora, in cui le telefonate di Fran scorrevano a vuoto. Carlos non si riusciva a rintracciare; entrambi i cellulari ed il telefono di casa squillavano senza che nessuno dall'altra parte rispondesse. Aline decise di percorrere il tragitto che conduceva dalla fabbrica a casa Pejo, con la speranza di incontrarlo per strada ma così non fu. Arrivò nel residence dove abitava Carlos, parcheggiò l'auto nel cortile antistante la recinzione e citofonò al 83 STEFANO ZIZZI portiere senza avere risposta. Come la scorsa notte, aspettò qualche minuto e poi approfittò dell'uscita di una macchina dal cancello per infilarsi e raggiungere il portone d'ingresso del palazzo. Provò a citofonare a Carlos ma anche questo tentativo andò a vuoto, poi girò alle spalle del palazzo per vedere se c'era la macchina e non solo l'autovettura era ancora lì, con la brina notturna ancora aggrappata ai vetri, ma faceva bella mostra di sé anche la lettera ferma sotto il tergicristallo ed avvolta in una busta di plastica, anch'essa praticamente gelata. Carlos non si era mosso da casa. Decise di tornare al portone e di citofonare a qualcuno dei piani inferiori ed appena ebbe risposta, spiegò all'interlocutore che probabilmente il suo compagno era sotto la doccia e che non sentiva campanello. Le aprirono e lei attese che l'ascensore scendesse a prenderla per condurla all'attico. Quando si aprirono le porte dell'elevatore, fu accolta da Patricio che miagolava in maniera straziante percorrendo velocemente e più di una volta il tratto tra le gambe di Aline ed il corpo del suo padrone steso per terra, apparentemente esanime, sotto l'arco della porta di casa aperta e con le chiavi ancora nella serratura. Aline non urlò neppure. Ebbe un brivido e le si gelò il sangue. Seguirono attimi in cui non fu in grado di pensare a nulla, finché non fu destata dal miagolio del gatto. Toccò il collo di Carlos e si sincerò che fosse ancora vivo, poi infilò le mani nella sua borsa, prese il cellulare e chiamò i soccorsi. Entrò in casa e si diresse verso la cucina; aprì il rubinetto del lavandino e si bagnò i polsi e poi le mani e poi si sciacquò la faccia. Cominciò a 84 DORMI CON ME STANOTTE? realizzare e a piangere spaventata. Aprì il frigorifero e si versò un bicchiere d'acqua. Poi il suo sguardo fu attratto dalla bacheca accanto al frigorifero, così afferrò il bigliettino che vi era appeso e dirigendosi verso Carlos compose il numero. Il pianto e la paura erano inimmaginabili, si sedette per terra con la schiena appoggiata al battente della porta blindata e dall'altra parte del telefono rispose una voce di donna: - Pronto!? - Ciao. Senti, tu non mi conosci, sono un'amica di tuo padre. Dovresti venire, ha avuto un malore. Serio. Julia chiuse il telefono e scoppiò in un pianto sconfortante. 85 Dormi con me stanotte? Intervallo INTERVALLO Ayer, un golpe de viento, templado pero picante, volvió a abrir una ventana ya cerrada durante algún tiempo. El sol, la luz, el aire, cegaron mis ojos más tiempo de lo que normalmente necesitan mis claras pupilas para que vuelvan a mirar más allá de lo que hay para ver. Ayer, una de las telarañas ahora consuetas, por las cuales no me daba mas penas como si estuvieron allí desde siempre, se marcharon con la tramontana, que no ahorró traerse polvo y migas también, dando a todo una apariencia de limpieza. Ayer me puse en frente a esa ventana, y no pasaba durante meses, apenas recordaba que panorama ocultase, de vez en cuando me sucedió preguntarmelo también, sin conseguir encontrar una respuesta, sin querer girar nunca y mirar fuera. Había un niño vivaz, que jugaba con el descuido de una flora que marque por una fuga del asfalto; ese niño era yo. Había un chaval sincero y lleno de si mismo, poeta y gascón, que guiaba a los días con la cara de quien pensaba tener el futuro en mano; aquel chico era yo. Había un hombre en camisa que hablaba por teléfono y al lado de sus discursos de trabajo pasaban otras vidas con otros protagonistas parados como hijas en un río; ese hombre era yo. Otros días me pondré en frente a la ventana y otra vez nos miraremos, tendremos de que hablar, y si que seremos cómplices, de acuerdo o menos. No te conozco, pero espero no decirlo mas, eres ventana y panorama y de tus labios corre la vida, y tus ojos son el viento, solo El Dios sabe si miento cuando digo que me has sorprendido y que querría que, cerrando un portón, este siempre una ventana por la cual evadir. Stefano zizzi - Ventitré settembre duemilaotto Ieri, un colpo di vento, tiepido ma deciso, ha riaperto una finestra che tenevo chiusa da tempo. Il sole, la luce, l'aria, mi hanno accecato gli occhi per più tempo di quanto di solito serve alle mie chiare pupille perché ritornino a guardare, oltre che vedere. Ieri, delle ragnatele ormai famigliari, alle quali non davo più peso come se fossero li da sempre, sono andate via assieme alla tramontana, che non ha lesinato di portar con se anche polvere e briciole, dando al tutto una timida parvenza di pulito. Ieri mi sono affacciato da quella finestra e non lo facevo da mesi. Quasi non ricordavo più che panorama nascondesse, a volte m'è capitato anche che me lo chiedessi, senza riuscire a darmi una risposta, senza mai voler davvero girare la maniglia e guardare fuori. C'era un bambino vivace che giocava con la spensieratezza di un fiore che spunta da una crepa dell'asfalto; quel bambino ero io. C'era un ragazzo sincero e sbruffone, poeta e guascone, che ammiccava alle giornate col fare di chi credeva di avere il futuro in pugno; quel ragazzo ero io. C'era un uomo in maniche di camicia che parlava al telefono ed accanto ai suoi discorsi di lavoro scorrevano altre vite con altri protagonisti immobili come foglie in un fiume; quell'uomo ero io. Altri giorni mi affaccerò ed ancora ci guarderemo, avremo di che discutere e si che saremo complici, volenti o nolenti. Non ti conosco ma spero di non dirlo più, sei finestra e panorama e dalle tue labbra scorre la vita ed i tuoi occhi sono il vento, Dio solo sa se mento quando dico che m'hai sorpreso e che vorrei che chiuso un portone ci sia sempre una finestra da cui evadere. Traduzione a cura Fabio Casciabanca Seconda Parte LA CLESSIDRA "Io non ti vedo. So bene che sei qui, dietro una parete fragile di mattoni e di calce, alla portata della mia voce, se io ti chiamassi. Ma io non chiamerò." PEDRO SALINAS – PRESAGIOS DORMI CON ME STANOTTE? UNO - SOSPESO NEL TEMPO 18 marzo 2002 Spesso le idee sono giuste, ma i tempi no. Da qualche giorno Aline aveva smesso di fumare e in verità aveva già superato la prima fase, quella più dura, in cui l'abitudine aveva il sopravvento. Già il suo organismo aveva cominciato a non reclamare più la nicotina, rispetto ai giorni precedenti in cui l'astinenza urlava nel sangue e le faceva vibrare tutto il corpo. L'unico trucco per riuscire a smettere davvero di fumare è volerlo veramente. Se si decide di smettere per motivazioni terze o, addirittura, per costrizioni altrui o circostanze pure importanti quali la salute o il dispendio economico, quasi certamente si ricomincia, con la sola differenza che con tutta probabilità si appena lasciati alle spalle in un periodo di astinenza che, in quanto tale, ha esclusivamente marcato quei giorni come tra i peggiori in assoluto di tutta l'intera esistenza. Adesso la sfida era contro sè stessa: Aline doveva riuscire a dimostrare al suo corpo fatto di ossa e debolezze che poteva farcela, che voleva riuscirci, perché tutto è frutto della propria volontà. Però in quel momento una bella sigaretta ci voleva proprio. Da sola in una sala d'aspetto enorme, con almeno trenta sedie vuote ma scomode per sdraiarcisi, senza un altro visitatore con cui spartirsi le preoccupazioni, senza un medico di passaggio che si assumesse l'ingrata responsabilità di spiegarle come stanno le cose; con Carlos dall'altra parte del vetro incosciente, morto o recuperato per un pelo e vigile nonché voglioso di vederla. Ma la porta dalla quale si 93 STEFANO ZIZZI accede alla sala di terapia intensiva è chiusa, mimetizzata col muro, ingoiata dal muro. Serrata. Nel silenzio gelido dell'anticamera, il sibilo del motorino della porta scorrevole pareva un suono ammaliante e carico di aspettative. Finalmente, l'arco dell'ingresso fu attraversato da due volti conosciuti e cioè Lorenza, collega ma sopratutto amica, insieme con Miguel. Aline si alzò, corse incontro alla sua amica e la abbracciò forte, rompendo una volta per tutte l'argine che fino a quel momento aveva sorretto e contenuto tante, moltissime lacrime. Ci sono dei momenti nella vita di una persona, in cui si raggiunge un livello di sopportazione del quotidiano così flebile che ci si vorrebbe chiudere in un posto e piangere per giorni. Lo sfogo intenso della donna, dapprima tra le braccia della collega e subito dopo in quelle di suo marito, pareva essere dettato dalla situazione di Carlos, ma quasi sicuramente proveniva dalla situazione “con” Carlos; un tempo lunghissimo fatto giornate fantastiche prese a pugni da discussioni inutili, di comunioni di intenti e di pensiero come due anime gemelle intervallati da silenzi distruttivi e dimostrazioni di poca comprensione. Miguel cercò di tirare su la sua amica facendola parlare: Cosa dicono i medici? - Nulla – rispose Aline soffiandosi il naso – a me nulla, io non sono nessuno. - Non dire così, lo sai... - Io per la legge non sono nessuno. Lo sfogo di Aline fu contenuto. Quando succedono cose di questo genere, un essere umano viene investito da una forza che non avrebbe mai sospettato di avere: la forza della disperazione. Ma anche le lacrime che Aline 94 DORMI CON ME STANOTTE? aveva versato non erano quelle “giuste”. Avrebbe avuto bisogno che tutto finisse, in un modo o nell'altro; che Carlos diventasse suo marito o che andasse via dalla sua vita in maniera definitiva. In quel caso e solo in quello, Aline avrebbe potuto trovare conforto in un luogo, che sia il lungomare o la panchina di una piazza, per poter piangere davvero di un pianto bambino in grado di svuotarla del tutto. Non era ancora arrivato il tempo, però. La vita le stava dando una prova d'amore grandissima e lei, che aveva sempre risolto i problemi a tutti, ancora una volta si sentiva in dovere di farsi trovare pronta, proprio perché oggettivamente si trattava di un suo ostacolo e non di uno dei ragazzi del Salinas. Fino all'arrivo dei suoi amici, la donna ripensò ai quattro anni vissuti con Carlos, con la maniacale pazienza con cui si guardano gli album di fotografie. Aline nacque proprio negli anni in cui il franchismo condusse la Spagna verso il boom economico. La nazione entrò nel mondo industrializzato e, nonostante la crescita produsse notevoli miglioramenti nella qualità della vita degli spagnoli con lo sviluppo di una classe media, i genitori di Aline, nati a loro volta al termine della guerra civile, erano politicamente attivi e, nello specifico, contrari alla dittatura di Franco. Entrambi furono fucilati a pochi mesi dalla nascita della loro figlia, perché sorpresi nei locali sotterranei di un calzoleria durante un'assemblea clandestina. Da quel momento Aline crebbe con la sua nonna paterna, Delma, che le fece da mamma, prima che da nonna. Carlos entrò nella vita della professoressa Mareno dopo 95 STEFANO ZIZZI la scomparsa della nonna, e quell'uomo così bello e così solare, fin da quando le tese la mano per presentarsi, le aprì il cuore, glielo rimise in moto. Aline avrebbe fatto di tutto per il suo Carlos, era pronta a sposarlo, a rendere quelle telefonate notturne dei dialoghi sullo stesso divano, fare in modo che le sorprese che si facevano continuamente potessero diventare la spinta per continuare a vivere insieme. Aline l'amava. Ma anche lui amava lei. Solo che non riusciva a mettersi alle spalle la lunga relazione che lo lasciò vedovo; solo che aveva una figlia che non vedeva da quattro anni e che non aveva neppure il coraggio di chiamare; solo che in seguito a determinate condizioni aveva perso ogni sicurezza; solo che si sentiva a suo agio esclusivamente nel suo ufficio perché era molto più facile distrarsi con il lavoro; solo che gli veniva comodo chiudersi e tirarsi indietro; solo che aveva paura. E dopo tutti i muri di sofferenza che nel tempo alzò Carlos, lasciando Aline impotente dall'altra parte a sbatterci contro, quella parete grigia era il valico più alto e più crudele, con una porta che avrebbe potuto lasciare intendere che ci fosse un via di uscita, ma che era chiusa a chiave. Una beffa doppia. Lorenza e Miguel restarono con lei tutto il pomeriggio, l'uomo lasciò le amiche da sole giusto il tempo per scendere al pian terreno e andare al bar. Prese tre caffè ed un tramezzino per Aline, che era rimasta a digiuno. - Sua figlia l'ha saputo? - Sì, l'ho chiamata. - Che ha detto? - Nulla, solo che verrà. Credo non abbia compreso la 96 DORMI CON ME STANOTTE? gravità della situazione. - Ma non si sa nemmeno dove sia? - No. Di lei ho visto solo una fotografia e sapevo che quel biglietto sulla bacheca in cucina era il suo numero. Miguel rientrò nella sala d'aspetto, ma si vide rifiutare il tramezzino da Aline, la quale asserì di non aver appetito. Allora l'uomo, così come si fa con i bambini, glielo scartò davanti a gli occhi e glielo porse tra le mani: - Devi mangiare! - Grazie, Miguel, grazie. Aline terminò l'esigua merenda in tre bocconi, dimostrando che in realtà le volontà del suo stomaco erano in netta contrapposizione con l'ostinazione della donna a non mangiare. Lei stessa si accorse di aver terminato il tramezzino ancor prima che i suoi amici avessero avuto il tempo di zuccherare il caffè, guardò loro negli occhi ed abbozzò un flebile sorriso. − Così ti voglio – esclamò Miguel – Dovresti vederti come sei bella quando sorridi. I tuoi occhi grandi si illuminano! − E' la fame – rispose Lorenza – innescando una risata generale che strideva con l'ambiente e con la situazione, ma che proprio in queste circostanze diventa una costante curiosa e fondamentale per la mente. Arrivò il termine dell'orario delle visite. Aline si alzò al primo messaggio dell'interfono. Solitamente gli accompagnatori dei pazienti più critici sono quelli che più si fanno pregare per uscire dagli ospedali, ma lei, oltre che perennemente ligia ai doveri, non aveva voglia di farsi chiedere ancora una volta che relazione ci fosse tra lei ed il paziente, così come non aveva voglia di 97 STEFANO ZIZZI rispondere che in realtà non c'era nessuna relazione ufficiale. Si alzò dalla seggiola, aggiustandosi il vestito, controllando di non aver dimenticato nulla e che tutto fosse in borsa. Afferrò i bicchieri di plastica e la carta del tramezzino e si diresse verso il cestino dei rifiuti. Sembrava volesse aspettare ancora un istante, magari che arrivasse Julia, o che quella porta chiusa vibrasse ai colpi della serratura aperta da qualche medico o forse da Carlos stesso, ma non ci fu verso. Uscirono dal reparto proprio mentre le luci bianche lasciarono il posto ai neon blu dell'orario notturno. In un attimo realizzò in maniera ancora più drastica che si trovava in un ospedale e quei neon, anziché rilassare ed indurre alla tranquillità, le incussero uno stato di paura, acutizzato dall'estrema preoccupazione sullo stato di salute di Carlos. I tre restarono ancora un po' nel parcheggio antistante all'ospedale; in verità fu proprio Aline a cercare ogni scusa buona per restare lì sotto, e tener d'occhio la finestra corrispondente alla sala d'aspetto in cui si trovava fino a qualche momento prima. Con un tacito assenso, Lorenza e Miguel la assecondarono facendole compagnia. Prima di tornare a casa, Aline si premurò di chiedere al suo Preside di poter restare qualche giorno in ferie. - Naturalmente non ci sono problemi, cara. Ma non perché hai ferie arretrate o perché lo impone la gravità della situazione, ma soltanto perché, finalmente, oggi, sei riuscita a darmi del “tu”. 98 DORMI CON ME STANOTTE? DUE – INCONTRO 19 marzo 2002 La mattina seguente, Aline arrivò e dietro la porta scorrevole le si aprì una novità. – Julia! – E tu chi sei? – Sono Aline. - E saresti? – Sarei... sono la compagna di tuo padre. – Un'altra... – La stessa da quattro anni, credo. Ho trovato il tuo numero su un biglietto attaccato alla lavagnetta accanto al frigo. – Puoi evitare i dettagli, non conosco la casa di mio padre così a fondo come te. – Sì, lo so... – E così, dopo quattro anni.... mi hai chiamato tu. – Già. - Che cos'ha? – Non so... siamo qui da ieri, non mi hanno detto niente. – Che è successo? – Dovevamo vederci, lo chiamavo e non mi rispondeva, sono salita su e l'ho trovato per terra. Ho chiamato i soccorsi... – E poi me. – Ho pensato che avresti dovuto saperlo... – E' la prima volta che succede? – Da quando stiamo insieme sì. – Non usare quei termini. Mio padre è stato insieme solo con mia madre... – Comincio a pensarlo anch'io. 99 STEFANO ZIZZI – Che vuol dire? – Che ultimamente è stato assente, distratto... – Mio padre ha pensato sempre e solo a lui. – Sei un po' diversa dalle foto. – Sono cresciuta. Da sola. – C'è una foto sul tavolino del salotto dove hai i capelli lisci, sei un amore. – Senti! Credi che sia venuta qui per sapere se sono meglio ora o in foto? Non mi conosci, le foto non sono recenti ed io qui sono venuta per mio padre. Va bene? – Scusami. Era un modo per rompere il ghiaccio. Almeno con me. – Sarebbe? – Sarebbe che con tuo padre hai avuto tempo per parlare e non l'hai fatto. Ora sei qui ma non puoi parlargli.. – E dovrei farlo con te? – Non è necessario, ma non puoi neppure avercela con me. Non mi aspetto né che tu mi parli, né che tu mi ringrazi per averti avvisata. – Grazie. – Non era il caso, te l'ho detto. Ma già va meglio. Ok, ricominciamo daccapo.... siamo tese, capisco... – Cos'è? Dovremmo ripresentarci e piangere abbracciate al capezzale dell'uomo più egoista del mondo? – Non parlare così di tuo padre! – Ah, è così che dovremmo ricominciare? Con te, sconosciuta, che mi dai ordini ed io che obbedisco come se fossi mia madre? – E' tuo padre, comunque. Sta soffrendo e non mi pare giusto parlare di lui con questo tono. E poi io non mi sognerei mai di considerarmi tua madre. – Anche perché se lo fossi, sapresti cos'ha avuto. 100 DORMI CON ME STANOTTE? – Già. – Vado a chiedere io... A me diranno qualcosa. – E già, sei la figlia... Se solo sapessero. – Sono la figlia! – Vai, vai. Se l'aspettava diversa, Julia. Aline pensava di trovarsi di fronte ad una ragazzina neo-punk con i capelli rasati da un lato o da dietro e lunghi su un lato, con i polsi coperti da mille bracciali ed il corpo pieno di tatuaggi. Invece i tatuaggi “visibili” erano tre: un folletto sulla caviglia, un sole sul polso ed un turbine in stile irlandese sulla clavicola destra. Il viso era contornato da una montagna di riccioli neri tagliati a quattro dita da sopra le spalle, che lasciano quasi intendere che non fosse mai stata liscia né bionda; due occhi grandi e neri, che sembrano quelli di un'eroina dei fumetti da collezione; un seno florido e materno e gli abiti che rispecchiano la sua semplicità. Un sedere burroso che sa far innamorare gli uomini. A dispetto della rabbia con cui si è presentata, apparve ad Aline immediatamente come una ragazza molto dolce, amorevole e bisognosa di amore. Julia uscì dal reparto con gli occhi gonfi ma ancora carichi di pianto. - Allora? Che dice? - Dice che sta male. - Che vuol dire? Spiegati. - Ictus. Sai cos'è un ictus? Aline si pietrificò. Restarono in silenzio per alcuni minuti ed ancora una volta, appena assimilata la gravità del problema, fu la donna a prendere la parola. 101 STEFANO ZIZZI - Come sarebbe: Ictus? - Sarebbe un colpo apoplettico, apoplessia, ischemia, trombosi, interruzione cerebrovascolare; scegli tu come chiamarlo. - Con chi hai parlato? - Con Hernesto. - E chi sarebbe? - Vivi con mio padre da quattro anni e non sai chi è Hernesto? - Non vivo con tuo padre. E non so chi sia Hernesto. - Il medico di fiducia di mio padre, nonché mio pediatra, nonché primario del reparto di chirurgia vascolare... - Cosa ha detto Hernesto? - I-c-t-u-s. - Smettila! - E' in terapia intensiva. Stanno facendo tutti gli accertamenti del caso. La condizione è seria, ma non sembra in pericolo di vita. Non è certo una questione di ore. - Per morire? - Per tornare a casa. Aline si alzò in piedi e cominciò a passeggiare avanti ed indietro davanti ai tre finestroni del lato lungo della sala d'aspetto. I tacchi colpivano il pavimento gommato della stanza lasciando che il rumore assomigliasse sempre di più ad un battito del cuore. Era davvero una situazione strana: due donne che non si conoscono tra di loro ma che hanno un interesse comune, ovvero un uomo che non può, per ora, riabbracciare né l'una né l'altra. Inverosimilmente, da una parte c'era l'insegnante di una 102 DORMI CON ME STANOTTE? scuola di frontiera, pertanto abituata alle situazioni drammatiche, che non riusciva a trattenere gli spasmi del suo sistema nervoso posto duramente alla prova, mentre dall'altra parte, comodamente seduta, una ragazzina che aveva tutta la sua famiglia racchiusa in un uomo con seri problemi di salute, un Déjà vu della situazione vissuta con sua madre e la schiena dritta e l'imperturbabilità di chi quasi non se ne preoccupa; o non ha ancora realizzato. Julia non solo aveva confermato il sospetto di Aline secondo cui la ragazza non aveva capito la gravità del problema ma sopratutto aveva tutta l'aria di voler concludere presto questa faccenda e tornare alla sua vita. A testimoniarlo c'era la tracolla della ragazza, una borsa di tessuto nero, di quelle che si usano tutti i giorni e che appariva anche piuttosto smunta, dunque vuota. Era l'unico bagaglio di Julia. Viaggiatrice minimalista o testimone disinteressata di questo imprevisto? In ogni caso, era necessaria una permanenza a Barcellona più lunga, con tutta l'opportuna organizzazione che ciò comporta. Costatata la propria impotenza, considerando inutile il suo stare seduta lì a non far nulla, chiese le chiavi di casa ad Aline, la quale non poté far altro che dargliele, ovviamente, però decise di seguirla. Julia annui con tutta l'aria di chi avrebbe annuito anche se Aline fosse rimasta in ospedale. La presenza della donna le fu da subito indifferente. Quest'ultima capì immediatamente e con un tono di rabbia, annunciò di aver cambiato idea e cioè di voler tornare a casa sua. Ancora una volta, Julia annuì. Scendendo dalle scale, le due donne incontrarono alcuni ragazzi che facevano clown terapia. Una ragazza mostrava un cartellone con su scritto: “19 de marzo: día del Padre”. “19 marzo: festa del papà”. 103 STEFANO ZIZZI TRE – LE SOLE NOTIZIE CHE HO 20 marzo. Ore 00.40 La carpa è il pesce più furbo. Riesce a distinguere la differenza di peso da un boccone all'altro da come si muove nell'acqua e spesso riesce a scansare le esche attaccate ad un amo. Per pescare una carpa bisogna tenere l'amo ad almeno un paio di centimetri dall'esca ed utilizzare un filo sottilissimo. La carpa infatti si alimenta aspirando il cibo e non mordendolo come tipicamente fanno altre specie di pesci. Importante è abituare il pesce alla nuova esca gettando nel luogo prescelto grosse quantità dell'esca che si impiegherà qualche giorno prima dell'effettivo inizio della pesca. Con questo sistema si può far abboccare la carpa a qualsiasi esca. Il pesce deve sentirsi al sicuro, così quando si accorge dell'inganno... è già troppo tardi. L'ospedale dov'era ricoverato Carlos, non era troppo distante dal rio Besòs, il fiume che lambisce Barcellona. Mentre, con tutta probabilità Aline era già rientrata a casa, Julia non aveva il coraggio di fare la medesima cosa, perché tornare a casa Pejo voleva dire aprire un baule che traboccava di ricordi, meravigliosi ma anche orrendi. Con la macchina che aveva preso a noleggio atterrata in aeroporto, percorse le nuove strade che costeggiano il fiume. Rimase a bocca aperta per la trasformazione di tutti i posti in cui lei andava da piccola insieme a suo padre. Lo ricordava come un luogo brutto, sporco, contaminato dalle industrie, invece i cartelli spiegavano che erano state già effettuate le operazioni di depurazione delle acque e che erano in corso i lavori per 104 DORMI CON ME STANOTTE? la costruzione del nuovo polo turistico “Parc Fluvial del Besòs”. Suo padre le diceva sempre che quando lui era bambino ed ancora il fiume era incontaminato, andava con suo papà, nonno Julio, a pescare le carpe e si augurava che un giorno il “suo” fiume potesse liberarsi dalle brutture industriali per ritornare a splendere di quel blu intenso che lo contraddistinse durante la sua infanzia. Le trasformazioni non erano mai piaciute a Julia. Nemmeno quelle positive: lei preferiva evitare i problemi scappando via. Piuttosto che cercare di riprendere il rapporto con il padre, chiedergli che cosa cercasse nelle donne che entravano a casa Pejo, ella preferì aspettare di diventare maggiorenne e poi abbandonare casa, padre, abitudini, per fuggire in un'altra città. Però la vita è come un fiume: sai qual è la strada ma non sai che corrente ti spinge e come una carpa, appena credi di essere al sicuro, abbocchi ad un amo. Passò ancora qualche minuto e poi decise, finalmente, di rientrare a casa. Aprì la porta di casa e Patricio, con un miagolio che sembrava quasi che piangesse, corse verso Julia facendole le fusa e leccandole la caviglia infilando la testa nell'orlo dei pantaloni, come faceva sempre, come se quei quattro anni non fossero mai passati. La ragazza strinse a sé il gatto e si sedette sul divano con Patricio in braccio. Poi si addormentò. Tale padre tale figlia. Prima di tornare in ospedale, Aline passò dall'azienda di Carlos, per spiegare ai dipendenti e sopratutto a Fran cosa fosse accaduto. 105 STEFANO ZIZZI − O Signore benedetto! E come sta ora? − È sotto osservazione, sono le sole notizie che ho. Non possiamo vederlo. − La figlia? Lo ha saputo? − L'ho chiamata immediatamente ed è arrivata ieri. − Come sta? − È un tipo freddo, sembra quasi che non sia più interessata al padre. − Intendo lei, lei come sta? − Come vuoi che stia, Fran. Rosa dai sensi di colpa per aver litigato, perché l'ultima volta non gli ho rivolto la parola ed ora potrei non parlargli mai più. − Non lo dica neppure per scherzo, signora Pejo. Sarà stato qualcosa di leggero, magari dovuto allo stress. − Appunto. Avrei dovuto avere pazienza, non avrei dovuto caricarlo di ansie con le mie stupide domande da donna sognatrice. − Macché, sarà stato il lavoro. Nella sua posizione avrebbe potuto benissimo infischiarsene, fare solo la presenza per firmare alcuni documenti, invece curava quest'azienda come un bambino cura i suoi semini di girasole, dalla piantagione allo sbocciar del fiore. Con estrema sensibilità, la segretaria si preoccupò più della reazione di Aline che non della salute del suo datore di lavoro. Non è semplice spiegarlo, ma in realtà quando qualcuno necessita di cure ospedaliere, il ricovero è sì la soluzione migliore per il paziente ma 106 DORMI CON ME STANOTTE? anche la più comoda per i familiari. Un malato non può stare in mani migliori di chi cura gli ammalati; più problematico, senza dubbio, è avere un malato in casa, quando le necessità vanno oltre le capacità dei familiari, la cui rapidità d'urgenza non è mai paragonabile a quella che possono avere gli operatori medici. Quando accadono cose del genere, è più necessario rassicurare le persone vicine al paziente. Ma la dolcezza di Fran nulla poteva contro l'apprensiva Aline. La donna arrivò all'ospedale che Julia era lì già da un pezzo. Sembrava che, una volta sveglia, la ragazza avesse avuto solo il tempo di andare in bagno e sciacquarsi la faccia. Ancora una volta i ricordi le misero fretta. Aline entrò in sala d'aspetto e vide Julia parlare con Hernesto. - Hernesto, lei è Aline. - Molto lieto, signora. Carlos non faceva altro che parlare di lei. Julia cambiò discorso: - Hernesto mi diceva che la situazione è stazionaria, ma ancora sotto stretto controllo. - Ma si sa qual è stata la causa, dottore? - Spiegavo a Julia che dalle prima analisi Carlos sembra affetto da diabete mellito, il quale, probabilmente, ha scatenato l'ictus. - Ma Carlos non mi aveva mai detto nulla. - Probabilmente non lo sapeva neppure lui. Personalmente ho insistito più volte perché venisse a fare i controlli di routine, ma lui si negava sempre, rimandando. 107 STEFANO ZIZZI - Se avesse avuto qualche sintomo, probabilmente sarebbe venuto. - In realtà, trasferendo le cartelle dei pazienti nel database del computer, mi sono reso conto che l'ultima volta che Carlos si sottopose agli esami fu quasi cinque anni fa. - E allora? - chiese candidamente Aline. - Prima che partissi io. - Esatto, Julia. Dopo la tua partenza si è sempre rifiutato. Quando collegai le cose, decisi di non insistere più, arrivando alla conclusione che sarebbe venuto da solo, qualora ne avesse avuto bisogno. Lei, signora, ha mai notato sintomi strani? - Di che genere? - Sonnolenza, perdita delle forze quasi istantanea, problema di vista o di equilibrio? - No, non mi sono mai accorta di nulla, tanto meno ne ha mai parlato con me. - Va bene, indagheremo. - Mi scusi ma è lei che ha sotto cura Carlos? E' a lei che dobbiamo chiedere? - Sì sono io. Ma l'unica autorizzata a chiedermi informazioni è Julia. A meno che lei.... - Certo – intervenne la ragazza – puoi dirle tutto. - Bene, allora facciamo in questo modo: io le lascio il mio biglietto da visita; la vostra presenza qui può far bene a voi, ma per Carlos è indifferente, al momento. Sperando che la situazione possa cambiare, intanto capisco che la vostra vita deve andare avanti dunque sappiate che potete chiamare e chiedermi di lui in ogni istante. - Grazie, Hernesto - Grazie, dottore. 108 DORMI CON ME STANOTTE? - Non dovete ringraziarmi. É il mio mestiere e Carlos è un mio amico d'infanzia; mi sembra il minimo. Un'ultima domanda, signora. Ha mai notato movimenti strani, spasmi inconsueto di Carlos durante il sonno, la notte? - Noi.... non... non abbiamo mai dormito insieme. Il medico si congedò per tornare al suo lavoro. Le donne si risedettero e rimasero un po' in silenzio, finché Julia esclamò: - Davvero non hai mai dormito con mio padre? - Vero. - Come mai? - Perché lui non voleva. E perché era giusto così. Non era pronto e non si deve cercare mai di forzare una persona a fare quel che non vuole o non è pronto a fare. L'ho capito. Tardi, ma l'ho capito. 109 STEFANO ZIZZI QUATTRO – OSSESSIONE 29 marzo. Venerdì Santo. Da qualche giorno Aline e Julia avevano cominciato a darsi appuntamento al bar di fronte l'ospedale. Ogni mattina facevano colazione insieme e poi entravano nel complesso ospedaliero. Nessuno dei locali pubblici del nosocomio erano degni di essere chiamati “bar”. Quelli che dovrebbero essere dei punti di ristoro per gente che è ricoverata e che non sopporta le acque colorate che in corsia spacciano per caffè, latte o tè, in realtà sono delle trappole in cui caschi una volta sola. La gestione di questi locali commerciali è pressoché sommaria, poiché i titolari delle licenze offrono le attività in gestione a gente che solitamente ha poco a che fare con la conduzione di un bar. Ciò che interessa a loro è la fila che la gente fa alla cassa, senza preoccuparsi della qualità o del servizio, perché si ritiene che un bar di un ospedale sia riservato a fruitori di passaggio; un po' la stessa mentalità dei self-service sulle autostrade. Nessuno considera che per un ammalato sarebbe meglio bere un buon caffè, di mattina presto, anziché ricevere un pugno in bocca ed uno allo stomaco. Ma la verità è che che il bar di fronte aveva i cornetti di “Pecados de Hielo”. Al di là degli interessi personali di Aline ed ovviamente anche di Julia, per quanto i cornetti surgelati siano oggettivamente non freschi, realizzati con concezione industriale e con materie prime probabilmente meno genuine, appena sfornati sono molto buoni, per Aline addirittura i migliori. Mentre stavano attraversando la strada, il telefono di 110 DORMI CON ME STANOTTE? Julia squillò; sul display comparve il nome di Lucya. - Tesoro! - Amica, come stai? - Così. - Ho incontrato Diego e mi ha raccontato. Come sta tuo padre? - In coma, stabile. Sto per salire in ospedale. - Ti salutano tutti e ti abbracciano tanto. - Ringrazia tutti da parte mia. Spero di tornare presto. - Prenditi tutto il tempo che vuoi, tesoro. - Grazie Lucya. E, per favore, prendi tu gli appunti per me. - Già pensato, lo sto facendo e continuerò a farlo, ma tu torna presto. - Dipendesse da me, tornerei oggi stesso. - Ti lascio amica, un bacio grande. - Ciao, Lucya, grazie per aver chiamato. - Figurati. Aspetta un secondo: quando ho incontrato Diego stava passeggiando mano nella mano con un uomo. E' vero che è gay? Dopo quest'ultima domanda davvero poco opportuna, Julia chiuse la telefonata senza rispondere. Infilò il telefono nella borsa e raggiunse Aline davanti all'ascensore. Fu la prima volta che si sentì pronunciare la parola “coma”. - Hai di tutto in quella sacca... - Da quando uso questa borsa, spendo di più in chiamate dal cellulare. - Perché? 111 STEFANO ZIZZI - Perché quando mi chiamano faccio fatica a trovarlo finché il mio interlocutore non si convince che io non posso rispondere e desiste. Successivamente, dunque, sono costretta a richiamare e spendere soldi che avrei potuto risparmiare rispondendo in tempo. - Ottima analisi. - Nella mia borsa c'è di tutto, a partire dal mio taccuino Moleskine con una Fila Tratto 3 di colore blu. Una delle classiche domande è “cosa ti porteresti su un isola deserta”? Io rispondo sempre: “carta e penna”, ma la verità è che senza la mia tracolla nera mi sentirei nuda. Tutto ciò che essa contiene fa parte del mio quotidiano e dunque della mia personalità. - Capisco. Quando ho con me la mia borsa, praticamente sempre, sono sicura di me perché non mi serve altro e ho con me tutto ciò di cui ho bisogno; solo lei è capace di assecondare il mio animo nomade; dovunque io voglia andare, in qualunque momento io voglia partire, posso farlo perché non mi serve altro. Mi sento una sorta di gigantesca lumaca che porta con sé la sua casa in ogni luogo. Con lei mi sento sempre a casa mia, come se fosse un cane di compagnia, mi segue ovunque ed è con me testimone di tutto ciò che io vedo. - Mai dato così valore ad una borsa. Giuro. - E' parte integrante dei miei ricordi ed essa li contiene tutti, a volte mi dà quasi l'illusione di avere un'anima, ma è solo un'impressione dettata dall'affezione che ho nei suoi riguardi. Essa stessa è figlia e madre allo stesso tempo di uno dei più bei ricordi che ho della mia vita, e mi piace pensare che il fatto che sia parte integrante di un piacevole ricordo, possa dare al ricordo stesso il permesso di vivere con me il resto dei miei giorni. 112 DORMI CON ME STANOTTE? La telefonata della sua amica, per quanto invadente, consegnò a Julia un inaspettato buon umore, che si tramutò in un'improvvisa loquacità. Aline, ovviamente, considerò subito che dietro il racconto così enfatico e poetico di una tracolla nera c'era un episodio che stava molto a cuore alla ragazza, forse la borsa era il regalo di una persona cara e per questo le uscì una considerazione così appassionata nei confronti di una sacca. Nonostante si rese conto che quel discorso avrebbe potuto farlo a tutti e non era certo una confidenza fatta direttamente a lei, in cuor suo si compiacque del fatto che, finalmente, aveva messo in fila più di dieci parole e senza la minima ombra di rabbia. Proprio mentre stavano percorrendo il corridoio che sfociava nella sala d'aspetto della terapia intensiva, furono raggiunti e superati da alcuni medici, compreso Hernesto, che correvano dritti verso la stanza dov'era ricoverato Carlos. La luce lampeggiante della richiesta di soccorso installata sulla porta era accesa, appena i medici giunsero davanti ai posti letto si spense. Aline e Julia aumentarono il passo arrivando fino alla porta, e restandoci davanti per alcuni minuti che sembravano ore. Mute. Entrambe. Dal vetro affumicato si vedevano sagome con le cuffie da paramedico correre da un lato all'altro, ogni tanto qualcuno usciva dalla sala per rientrare con un arnese sempre nuovo. Nessuna delle due donne era in grado di intromettersi, di chiedere, di disturbare. Ogni mossa d'intralcio poteva valere la vita di Carlos. E comunque non avevano nemmeno un briciolo di fiato. Qualche minuto dopo la situazione si acquietò. 113 STEFANO ZIZZI L'andirivieni del personale si esaurì ed anche le sagome dietro ai vetri sparirono. Era tornata la sala d'attesa che ben conoscevano da undici giorni. Poco dopo, la porta si aprì e due infermieri uscirono un letto con sopra un corpo coperto da un lenzuolo. Era coperto anche il viso. In coda, uscirono anche i coniugi Navarro. La figlia Sabina, ricoverata in seguito ad un incidente con la motocicletta, dopo tre giorni di coma, aveva concluso la sua vita. I parenti di chi è ricoverato in questo genere di reparto diventano tutti un'unica famiglia, poiché assoggettati allo stesso destino ed alle stesse speranze. Aline abbracciò la mamma di Sabina mentre Julia, che aveva la stessa età della ragazza appena morta, abbracciò il padre, quasi come se fosse il suo. Dopo quell'esperienza così paurosa, forte e drammatica restarono in silenzio sedute per tutta la giornata, eccezion fatta per il tempo che ci volle per scendere e pranzare con un po' di tortilla nel bar in cui la mattina facevano colazione. Fino alla sera restarono lì. Ore ed ore di silenzio e di sconforto, in segno di lutto per quella povera ragazza ma il cuore un po' più leggero per il pericolo scampato. In questi casi, purtroppo, si diventa persino un po' egoisti. Solo quando gli inservienti accesero le luci blu, le due donne scesero dall'ospedale. Julia avvisò: - Ho fame. - Anche io. - Sarà per il fatto che abbiamo sullo stomaco solo un po' di tortilla. - Sicuramente, ma stamattina mi si era stretta la pancia. - A chi lo dici. 114 DORMI CON ME STANOTTE? - Andiamo in un ristorante? - Buona idea. Si accordarono sul locale dove cenare ma ognuna di loro prese la propria macchina. Quando parevano aver fatto un passo avanti, sembrava quasi se ne pentissero e fossero pronte per farne due indietro. Anche durante la cena, la conversazione fu molto fredda e rigida. Usciti fuori dal locale, però, prima di prendere le macchine ed andare ognuno a casa propria, si appoggiarono sul cofano della “Fiesta” presa a noleggio da Julia e si misero insieme a contemplare la magnificenza della luna. 115 STEFANO ZIZZI CINQUE – ANELLI 30 marzo. Sabato Santo − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − − Non viaggiavo in treno dal '78. Contenta di questa esperienza? Macchè, io avrei preso l'aereo. Ma come? Vuol mettere il fascino del treno? Mah. Soffre di mal di treno, signorina? No. O almeno non mi ricordo. Mal d'auto? Ho sessantasette anni e guido da quaranta. Sessantasette? Davvero? Ne dimostro meno? Di più. Come sarebbe? No dico, se ha sessantasette anni guida da più di quarant'anni. Ha mai avuto problemi di emicrania? Senti, lo vogliamo fare questo viaggio, o no? Sì, scusi. D'ora in poi eviterò di fare domande stupide. Ne dubito. Ecco. Povera ragazza, chissà come sta. L'ho sentita frequentemente. Lei sta bene... Il padre? Sempre in coma, sempre stabile. Povera ragazza. E tu finalmente hai deciso di muovere le chiappe. Dopo dodici giorni. 116 DORMI CON ME STANOTTE? − Eh, lo so. Non potevo lasciare prima il lavoro. − Ma certo. La tua ragazza corre al capezzale del padre e tu resti al lavoro. − Signorina Setubal, gliel'ho detto mille volte: Julia non è la mia ragazza. − Non insistere. Sarà tua moglie quando vi sposerete. − Sarà difficile. − E cosa lavori a fare, allora. Che ne fai dei soldi che guadagni? − Io e Julia viviamo insieme.... − Voi giovani fate sempre le cose a metà. Dico io: vivete insieme, la casa è vostra, perchè non vi sposate? − La casa è mia. − Non fare l'egoista. In amore non si è egoisti. Cerca piuttosto di prenderti le tue responsabilità. Fai l'uomo! − Signorina Setubal, lei è fuori strada. − Anche se... − “Anche se” cosa? − Niente. − No, su, avanti, dica. − Lasciamo stare. − Con tutto il rispetto, non sopporto chi lascia i discorsi a metà. − Tu, giovanotto, sembri un po'... − Un po'? − Effeminato. Ecco: l'ho detto. 117 STEFANO ZIZZI − − − − − − − − − − − − − − − − − Senta signorina.... Si, ma senza offesa, ci mancherebbe. No, non mi offendo. Lo so che ti dà fastidio quando ti chiamo “maggiordomo”, però i giovani d'oggi non li comprendo. Lasci perdere, è meglio. Io capisco che sia casa tua, ma hai una donna accanto, non mi sembra il caso di farle fare la studentessa mantenuta. In che senso? Certo, a me fa comodo, ma Julia pulisce il mio negozio e a casa ci pensi tu. Così lei è esente dai servizi di casa ed in più guadagna uno stipendio. Figuriamoci. Che vuoi dire? Che se dovesse dipendere dal suo stipendio, Julia si sposerebbe tra vent'anni. Non è questo il punto. Il punto è che non mi sembra normale che tu sia quello che in casa lava, cucina, stira... A me piace fare i servizi di casa. Ma che ragionamento è? Se lasci che Julia faccia la studentessa a vita, non le infilerai mai quel benedetto anello. Io non voglio sposarmi! Perchè? Perchè. Perchè? Perchè voglio affermarmi nel mondo del lavoro. Ecco perchè. 118 DORMI CON ME STANOTTE? − Ma siete già grandi. Non ci pensate ad un figlio? Un figlio non si può comprare per quanto ricco possa essere un uomo. − Oddio mio! A Diego il viaggio sembrò molto più lungo del normale. Barcellona sembrava non arrivasse mai. Più volte fu tentato di svelare i propri gusti sessuali, ma aveva paura che la signorina Setubal potesse scandalizzarsi, tirare il freno e scendere in mezzo alle campagne di Calatayud. Finalmente arrivarono in stazione, Diego aiutò la signorina a scendere dalla carrozza e poi si preoccupò di recuperare la valigia contenente alcuni effetti personali che Julia gli aveva chiesto di prendere, dopodiché salirono sulla linea 6 della metropolitana. Nonostante i due viaggiatori avevano occupato il mezzo pubblico per sole quattro fermate, la signorina Setubal ebbe il tempo di inveire contro un ragazzo reo di non essersi alzato per farla accomodare, descrivendolo, urlando, come un “lattante irrispettoso”. Arrivarono davanti all'ospedale e salirono al piano. Appena Julia vide Diego, gli corse incontro e lo abbracciò sciogliendosi in un pianto inconsolabile. Subito dopo accarezzò la spalla curva della signorina Setubal, ringraziandola per la sorpresa con un bacio sulla guancia rugosa. Julia presentò Aline prima alla sua datrice di lavoro e poi a Diego; successivamente i due ragazzi scesero al bar per prendere dei caffè. In sala d'aspetto, invece, la signorina Setubal e Aline si esprimevano in discorsi di circostanza, finché l'insegnante ammise: - Sa, signorina, lei somiglia molto a 119 STEFANO ZIZZI mia nonna Delma. - Quanti anni ha? - Aveva settantatre anni. Da quattro anni non c'è più. Ad Aline si arrossarono gli occhi e le guance, dalle quali colavano alcune timide lacrime. - Non pianga, signora. Non pianga mai. - Mi scusi, ma non è facile. - Sa cosa dice sempre mio fratello? Che quando una donna piange, i motivi sono due: o perché la sua vita è sconvolta o perché sta per sconvolgere la tua. 120 DORMI CON ME STANOTTE? SEI – CARTA E PENNA 31 marzo. Pasqua. La sera precedente, all'uscita dall'ospedale una macchina attendeva la signorina Setubal. Era del fratello, che viveva a Matarò un paese della provincia a trenta chilometri da Barcellona. Considerando che sarebbe andata a trascorrere la Pasqua dal suo unico familiare, la signorina, in un impeto di buonismo, aveva deciso di partire con Diego per andare a trovare Julia. La ragazza gradì molto la sorpresa e quando andò via, ancora una volta la salutò con un bacio sulla guancia che sapeva di sigaro. Julia passò la notte con Diego, in casa del padre. Dopo oltre un mese si ritrovò a dormire col suo miglior amico, anche se le condizioni furono leggermente diverse. Prima di prender sonno, durante la notte, il ragazzo si mostrò stupito di come e quanto la sua amica avesse “ammorbidito” la propria opinione circa le frequentazioni di suo padre. - Allora? Come stai? - Puzzo di ospedale. - E questa maglietta? Dove hai trovato una maglietta dell'Irlanda, a Barcellona? - Qualche giorno fa ho fatto un giro per mercatini. Dovevo pur vestirmi. - Non hai niente qui? - Non ho visto, non ho cercato. Dormo qui, nell'ingresso, sul divano dove dormirai tu. Uso solo il bagno e la cucina per dar da mangiare al gatto. 121 STEFANO ZIZZI - Che tipo è lei? - Non parliamo molto. Però non sembra cattiva. - Dici che vuol bene a tuo padre? - Non so, ma credo di sì. Sai che in quattro anni non hanno mai dormito insieme? - E cosa vuol dire, secondo te? - Che se non fosse innamorata l'avrebbe mandato a quel paese dopo qualche settimana. Cedette il divano al suo ospite, mentre lei andò a dormire in camera sua. Le fece un effetto strano rivedere la sua stanza, spoglia di ogni traccia dei suoi ultimi quattro anni, ma conservata intatta come si conserva una reliquia. La libreria con tutti i testi scolastici, l'armadio pieno di abiti che ora non le vanno più, le foto dei saggi di danza alle pareti e il piumone copri letto che non era molto coerente con le temperature del periodo ma che era li da quel febbraio del 1998, quando lasciò casa del padre. Senza un briciolo di polvere. "Se vuoi una cosa, se la vuoi davvero, vai e prenditela";" in amore vince chi fugge"; "Se ti ama davvero ti aspetterà"; "Fai in modo che torni solo quando avrà le idee chiare". Nel frattempo i miei cari amici consiglieri del buonismo hanno confuso le mie, di idee. Sapere che per raggiungere l'anima gemella, l'amore della vita e per la vita intera bisogna percorrere una strada ben più che tortuosa, equivale a porgere la testa a bocche di leone affamate. Ancor peggio, riprendere la strada dopo una o più interruzioni consapevoli o brusche che siano pone l'umanità nella scomoda posizione di vantare ragionevoli dubbi. Ma se alla fine il cuore batte ancora, è ancora 122 DORMI CON ME STANOTTE? insito in noi il desiderio che torni tra le nostre braccia, perché a guardare il cielo ed il mare ed il sole o la luna con le stelle mosse dal vento sia uno sguardo solo, ma di entrambi. Che il tempo passi in fretta, meglio che sia già adesso o che sia già passato da un istante; che la rabbia non torni, che torni l'amore. Con un sorriso che cancella le nuvole.” Aline infilò il tappo alla penna e chiuse il suo diario; poi prese un altro caffè e si vestì per incontrarsi, come tutte le mattine, con Julia. Tre cappuccini e tre tranci di Mona de Pascua, un dolce tipo della tradizione pasquale catalana. Dopo parecchio tempo, Aline “tradì” i cornetti surgelati di Carlos, per adempiere ai doveri della tradizione quaresimale, spinta anche da Diego, fervido credente. Prima di salire in sala d'aspetto, l'uomo trascinò le due donne nella Cappella dell'ospedale, situata a pian terreno, tra i bagni ed il bar. I luoghi deputati alla preghiera, costruiti negli ospedali, si differiscono sempre molto dalle Chiese. I tre entrarono in uno stanzone con un grande Crocifisso alla parete, ed una cinquantina di sedie disposte davanti a un Altare. Lungo i muri c'erano dei quadri senza cornice raffiguranti alcuni Santi; niente di più. Aline e Diego si sedettero immediatamente mentre Julia rimase defilata, appoggiata in piedi allo stipite di una delle due porte d'ingresso in legno bianco. Dopo qualche minuto Diego girò la testa verso la sua amica e questa decise di sedersi qualche fila più indietro. “Chi ha inventato le preghiere? Chi le ha scritte? Quanto ci si può “fidare” di un testo tramandato in maniera orale 123 STEFANO ZIZZI per diverse generazioni per poi essere trascritto solo molto tempo dopo? A cosa serve pregare? C'è davvero qualcuno “sopra” di noi a seguirci? C'è davvero vita dopo la morte?”. Tutte queste ed altre simili domande, rimbombavano nella mente di Julia, mente gli altri due, a capo chino e con gli occhi chiusi, si lasciavano dondolare dalla cantilena pronunciata a bassa voce da alcune donne che stavano dicendo il rosario. Spesso, in momenti di disperazione come quelli che loro stavano vivendo, la gente si affida alla preghiera, qualunque sia il proprio pensiero personale sulla religione. Tanti si rivolgono a qualcuno o qualcosa che non sanno neppure bene cosa sia, ma cercano in tutti i modi di risolvere il dramma che li ha colpiti. Anche Julia, allora, chinò il capo e si fece il segno della croce. “Non ho avuto mai un rapporto intenso con la religione e con la spiritualità. Si dice che quando ti succede una disgrazia, come per noi è questa, o ti avvicini alla religione, oppure te ne allontani definitivamente. A me non è successo nulla di tutto ciò. Non ero molto vicina e non lo sono ancora; non ero scettica e non lo sono adesso. Io non credo che non esista Dio. Ognuno ha il suo. Chi crede nel destino, ritiene quest'ultimo un Dio, ovvero un'attività sovrumana capace di cambiare la nostra vita secondo per secondo. La fortuna è un Dio che ci fa vincere oppure perdere. Credo che la nostra vita sia un marciapiede. Possiamo percorrerlo sul bordo della strada e possiamo passare dall'altra parte, rasentando il muro, ma il percorso resta quello, dritto e sconosciuto, con alcuni momenti in cui il 124 DORMI CON ME STANOTTE? marciapiede finisce e dobbiamo stare attenti ad attraversare gli incroci pericolosi, quelle che noi chiamiamo coincidenze. Voglio dire che tra Dio, la fortuna e il destino non so cosa esista e cosa no e forse siamo un po' troppo presuntuosi nel provare a rispondere, perché siamo troppo piccoli, se confrontati a ciò che ci permette di cambiare la nostra vita. Se morissi, avresti almeno due donne che non si darebbero pace, a cui mancheresti ogni momento, tu e le tue ansie schizofreniche, tu e le tue pazzie buffe. Se morissi, il numero degli stronzi sulla faccia della terra, automaticamente s'incrementerebbe di una unità, e confermeresti il luogo comune secondo cui se ne vanno sempre i migliori. Se morissi, non saprei più con chi incazzarmi, non avrei più chi mette a dura prova i miei nervi, chi testa la mia pazienza così scarsa. Se morissi, però, non mi brucerebbe più lo stomaco. E dovrei continuare a farmi le coccole da sola e non sarebbe la stessa cosa. Se morissi sarebbe un mortorio. Se morissi, perderei gran parte di me, se morissi morirei un po' anche io. Se morissi non smetterei di amarti perché di amarti non l'ho deciso io ma il cuore mio che di me e del mio cervello se n'è sempre fregato e ha fatto bene. Se morissi non avrei più risposte a tutti i punti interrogativi che sbocciano nel mio cervello quando assumi comportamenti pensati ed irrazionali, quando ti contraddici più volte nello stesso momento, quando lo so che mi ami però non lo dimostri affatto. Se morissi, non potremmo più litigare. Se morissi, continuerei a vivere alla giornata. Però, papà, una cosa ti posso dire: se tu non farai più il padre con me, io da grande non potrò più fare la figlia con te.” 125 STEFANO ZIZZI Si alzarono tutti e tre e con una sorta di tacito accordo, insieme lasciarono la Cappella. Restarono un po' nel corridoio. Aline andò in bagno a sciacquarsi il viso per poter mimetizzare le lacrime con l'acqua, Julia prese un caffè; Diego le guardò intenerito e preoccupato. Chiamarono l'ascensore e salirono al piano. Appena entrati nella sala d'aspetto, Aline riconobbe immediatamente l'abito nero di Don Gonzalo, il quale si alzò e le andò incontro a braccia aperte. Aline lo abbracciò forte e cominciò a singhiozzare. Nessun rubinetto di nessun bagno sarebbe servito a nasconderlo. 126 DORMI CON ME STANOTTE? SETTE - L'APE E IL FIORE 1 Aprile. Lunedì Di Pasqua Patricio, il maltese nero della famiglia Pejo, fece il suo ingresso in casa il 21 maggio del 1992. Fu trovato da Carlos sul pianerottolo alle quattro del mattino. Il padrone di casa stava tornando dai festeggiamenti della Coppa dei Campioni vinta dal Barcellona ai danni della squadra italiana della Sampdoria. Nessuno mai capì come quel cucciolo di maltese arrivò sullo zerbino antistante alla porta d'ingresso. Fu chiamato Patricio come il bambino che Carlos incontrò nei pressi de La Monumental, dove avevano allestito uno dei maxi-schermo per seguire la finale, che quell'anno si teneva a Londra. Carlos, Lorenzo ed i suoi amici dell'After Bar, si ritrovarono questo bambino di colore di una decina di anni, che soffrì, esultò e festeggiò con loro la storica vittoria. Ancora un po' brillo dopo i festeggiamenti, arrivò davanti alla porta e sentì miagolare. Chinò il capo verso i suoi piedi e scoprì questa bella sorpresa. Dopo aver vinto la coppa, intese il ritrovamento del gatto come un segno bene augurante, pertanto lo chiamò Patricio, come il bimbo porta fortuna. Molto affettuoso e di compagnia, Patricio conservava un altro segreto. Ogni volta che in casa arrivava un ospite, l'animale spariva per andare a nascondersi chissà dove. Sopratutto Helèna, molto spesso voleva far vedere il gatto alle amiche, ma non riusciva mai a scovarlo. Il giorno precedente, Don Gonzalo rimase in ospedale fino a tutto il pomeriggio. Il sacerdote, con le sue parole di conforto, restituì alla Santa Pasqua il giusto valore religioso. Da uomo Cristiano, quell'anno, anziché offrire il 127 STEFANO ZIZZI suo consueto contributo alla mensa dei poveri, decise di andare in aiuto della sua collega, provando a stemperare la sua disperazione e aiutandola a recuperare la propria spiritualità con le tre virtù teologali: fede, speranza e carità. Fu una giornata molto intensa, di domande provocatorie e risposte serene, di momenti di collera e carezze significative. Il giorno di Pasqua si chiuse con un regalo: un “Tau”, che Don Gonzalo aveva portato in dono ad Aline ma che alla fine della serata infilò al collo di Julia. Ancora una volta, la presenza di un estraneo, cioè Diego, indusse Patricio a nascondersi, negandosi all'ospite. - Insomma, mi par di capire che io questo gatto non lo vedrò mai. - Non decido mica io... - Certo, decide lui! Ma che razza di animale di compagnia è un gatto che si nasconde? - Un animale può essere di compagnia ma anche molto riservato. - Capisco che sono a Barcellona e non posso vedere la Sagrada Família, ma non vedere un gatto in un appartamento è davvero il colmo! - Hai ragione Diego, ti abbiamo sepolto con noi in ospedale. - Ma figurati, dicevo per dire, sono qui per te, non per fare una gita. - Facciamo così: visto che oggi è Lunes de Pascua, pranziamo qui e poi andiamo in ospedale. Non gireremo come turisti ma almeno faremo qualcosa un po' diversa. - Ma no, andiamo da tuo padre. - Ci andremo dopo pranzo. Adesso mando un messaggio 128 DORMI CON ME STANOTTE? ad Aline, capirà. - Non pranza con noi? - No. Le dico che devi preparare i bagagli e che la raggiungiamo più tardi. - Secondo me sbagli. - Ma no, cosa vuoi che sia mezza giornata. Stiamo in ospedale dalla mattina alla sera. É giusto che ti offra almeno un pranzo. - Non mi sono spiegato. Non è giusto che Aline non pranzi con noi. - Diego, per favore non cominciare. Non mi va. - Va bene, allora. Dammi dieci minuti e scendiamo. - Per andare dove? - In ospedale. Io senza Aline non mangio. O meglio: TU senza Aline non mangi! - Per favore, non insistere. - Non insisto. Sono pronto. Scendiamo. - Eddai! - Chiamala. - Ti odio. Per Aline, quella chiamata fu una sorpresa ed ancora di più la sorprese l'invito. Completamente spiazzata, non sapendo che dire, accettò subito e dopo mezz'ora era a casa Pejo, in cui si ritrovò a rientrarci dopo venti giorni, non senza difficoltà. Citofonò e le rispose Diego; quando salì, trovò Julia accovacciata accanto alla lettiera del gatto. - Che fai? - Cambio la sabbia alla lettiera di Patricio, oggi è lunedì. - E' vero! Tutti i lunedì e tutti i giovedì. E tu come lo sai? 129 STEFANO ZIZZI - E' sempre stato cosi. Mio padre è una persona che non cambia mai abitudini di questo tipo. La donna si presentò con un mazzo di girasoli appena sbocciati nel suo terrazzo. Lei stessa prese un vaso, lo colmò d'acqua e lo riempì con i fiori. Lo appoggiò sul tavolino basso del balcone e cominciò ad apparecchiare. Diego era ai fornelli. Pranzarono con un timballo al forno ricavato da quello che il ragazzo trovò nel frigo; per secondo scongelarono alcune fettine di cavallo e terminarono con dei bocconcini di pasta sfoglia al cioccolato, anch'essi trovati nel congelatore. Marca? “Pecados de Hielo”, ovviamente. Durante il pranzo, partendo da una telefonata improvvisa del suo fidanzato, Diego raccontò ad Aline della sua storia d'amore con Rupert, costretto a subire le ironie bonarie di Julia. I pettegolezzi poi cambiarono bersaglio, cadendo sulla signora che Carlos chiamava due volte alla settimana per fare le pulizie. Maliziosamente, la ragazza raccontò che quando telefonò alla signora per raccontarle l'accaduto, ella si mostrò più preoccupata del mancato guadagno settimanale che non della salute del suo datore di lavoro. Nel corso della conversazione Aline non faceva altro che guardarsi intorno. Nonostante conoscesse a memoria l'appartamento, girava costantemente la faccia, scrutando attentamente ogni angolo della casa; pareva che la ragazza avesse donato agli ambienti una luce nuova. Nel balcone, le api cominciarono ad accorgersi dei girasoli, mentre Patricio, a sua volta, si accorse degli insetti. Con un gesto imprudente, il gatto urtò la sua zampa sul vaso di vetro, facendolo cadere per terra. Il cristallo, deflagrandosi, produsse un rumore acuto che 130 DORMI CON ME STANOTTE? spaventò tutti. Diego corse a vedere cosa fosse accaduto e d''un tratto urlò: - L'ho visto! L'ho visto! Ho visto il gatto! Il pranzo improvvisato si concluse con una grande risata distensiva che rese il caffè di fine pasto ancora più dolce. Quando si alzarono da tavola, Aline, da buona ospite sparecchiò e lavò i piatti insieme a Julia, mentre Diego cominciò ad ordinare le sue cose nello zaino. Scesero da casa Pejo e salirono tutti e tre nella macchina di Aline; prima tappa: stazione centrale, dove trovarono la signorina Setubal, preventivamente avvertita da Diego. Tutti e cinque, compreso il fratello della signorina, attesero che arrivasse il treno, dopodiché cominciarono a salutarsi. Diego strinse calorosamente la mano ad Aline, subito dopo strinse in un abbraccio lungo e avvolgente la sua amica alla quale si arrossarono di nuovo gli occhi. Il treno arrivò e ripartì in perfetto orario. Le donne rimasero sulle pedane di stazionamento finché l'ultimo convoglio non sparì dall'orizzonte. Optarono per un altro caffè e poi salirono in macchina in direzione dell'ospedale. In macchina ebbero il tempo di scambiarsi poche ma significative parole. - Che ne dici se domani riconsegni la macchina all'autonoleggio? Basta la mia. - In effetti è una comodità superflua che mi sta costando un patrimonio. Seguirono minuti di silenzio, finché Aline non aprì il cassettino porta documenti posto ai piedi di Julia, per afferrare un pacchetto di sigarette semi vuoto, dal quale ne estrasse una. Se l'accese. - Hai ricominciato a fumare? - Stanno ricominciando tante cose. 131 STEFANO ZIZZI OTTO – FILO DI PERLE 18 aprile E' passato un mese. Trenta giorni di consulti medici sempre uguali e sempre inutili, settecento ore di palpitazioni di tutti i parenti di coloro i quali giacciono inermi su quei letti orrendi. Qualche giorno fa un operaio di ventotto anni è dovuto ricorrere alle cure estreme dell'èquipe di terapia intensiva a causa delle conseguenze di un rave party. Giunto in ospedale in stato di incoscienza, sono state fatali, per lui, l'assunzione di droghe chimiche e di chissà quanti litri di alcool. Questa mania di “sballarsi” è davvero crudele quanto stupida. L'infima moda di ubriacarsi e mettersi al volante è un segnale forte di incoscienza e di leggerezza irrispettosa nei riguardi della propria vita nonché di quella degli altri. Sentirsi “macho” soltanto con l'alcool nel corpo, è una convinzione che appartiene agli stupidi ed agli ignoranti, che non si rendono conto delle pene che recano a loro ed i loro famigliari. Durante questo lungo periodo, l'istituto “Pedro Salinas” ha fatto non poca fatica a sopperire all'assenza di Aline, figura oggettivamente insostituibile poiché l'unica ad essere entrata nelle grazie degli studenti. Fortunatamente, il professor Fernandez, molto vicino alla professoressa, ha comunque fatto in modo che la sua amica potesse disporre di tutto il tempo necessario a sbrogliare le matasse della sua vita. Lucya avrà raccolto almeno una mezza dozzina di quaderni colmi di appunti per la compagna di banco Julia; sarà difficile recuperare le lezioni e dare gli esami in tempo, ma la vita è una questione di priorità. 132 DORMI CON ME STANOTTE? Al timone dell'azienda “Pecados de Hielo” è salito, con un incarico pro-tempore, il dott. Ortiz, già responsabile del distaccamento di Melilla. Una promozione sul campo che avrebbe gradito che fosse arrivata in condizioni decisamente diverse. La vita, dunque, andava avanti. Julia già da qualche giorno aveva riconsegnato la macchina all'autonoleggio e, per spostarsi, approfittava della complicità di Aline. Per riparcheggiare la “Fiesta” nel salone dell'autonoleggio, servirono circa seicento euro, a copertura dei diciannove giorni di utilizzo della vettura. Come se non bastasse, il portiere dello stabile di Carlos consegnò alla ragazza un pacco corposo di lettere e plichi postali. In mezzo, alcune bollette in scadenza. Anche Aline aveva l'esigenza di recarsi presso l'ufficio postale, dunque la sera prima si fece consegnare le bollette dalla ragazza, così da poterle pagare l'indomani. Julia l'avrebbe aspettata a casa, poi sarebbero andate insieme in ospedale. Alle sette in punto, la zampina di Patricio cominciò a premere sulle guance della sua padroncina, la quale inevitabilmente si svegliò. Si preparò un caffè, poi entrò nella doccia. Giusto il tempo di asciugarsi i capelli, che già si diresse verso la sedia sulla quale aveva appoggiato i suoi vestiti. Da quell'armadio di fortuna, selezionò una gonna di jeans ed una camicetta. Era già pressoché pronta, ma era ancora maledettamente presto. Durante la notte andò via la luce. Al suo ritorno il lettore DVD, entrando in una sorta di protezione, espellendo il supporto che aveva custodito al suo interno fino a quel momento. Julia s'incuriosì e vide che il disco era quello del musical “Mary Poppins”. La ragazza si intenerì, non appena realizzò che il disco 133 STEFANO ZIZZI molto probabilmente fu inserito dal padre, il quale non ebbe più possibilità di estrarlo. Infilò nuovamente il DVD nella fessura e prese a vedere la commedia musicale. Al termine della proiezione, durante il volo con l'ombrello, Julia pigiò sul telecomando e spense il lettore prima ancora che la commozione potesse raggiungerla. Le due donne avevano pattuito che ad uno squillo sul telefonino di Julia quest'ultima sarebbe dovuta scendere. Lo squillo ancora non era arrivato e, per la prima volta, la ragazza non sapeva come impiegare il tempo restante. In memoria dei tempi in cui vedeva le commedie musicali con i suoi genitori, Julia si recò nella camera dei suoi genitori e si sedette sul letto matrimoniale. In preda alla nostalgia ed ai ricordi, aprì un paio di cassetti, finché non si trovò davanti ai gioielli della madre. Riconobbe immediatamente l'anello con tre pietre di corallo, presente sulle sue dita in ogni fotografia, il filo di perle di Tahiti che Carlos le comprò in un viaggio d'affari e la finissima collanina d'oro con la medaglietta riportante la data di nascita: 06-09-1953. Alla vista del cofanetto contenente la sua fede, la ragazza scoppiò in un pianto liberatorio e straripante, urlando a squarcia gola, senza pietà e senza vergogna, quasi come se fosse tornata bambina. Era seduta sul letto e aveva le mani davanti alla faccia. Patriciò accorse, salì prima sul letto e poi sulle gambe, infine le leccò le dita, facendole sentire la sua presenza. Facendola sentire meno sola. In quel momento il cellulare squillò. Julia ebbe giusto il tempo di sciacquarsi la faccia e di scendere. - Hai pianto? 134 DORMI CON ME STANOTTE? - Hai pagato le bollette? - Sì le ho pagate. - Sì ho pianto. - Come mai? - Colpa di Mary Poppins. - Non me lo ricordavo così brutto. - Lo vedevo sempre con papà. L'ho rivisto e mi ha fatto un effetto strano. Julia decise di non rivelare ad Aline la scoperta dei gioielli della madre. - A proposito di Mary Poppins, c'è una cosa che mi ha colpita molto. - Cosa? - La storia della tracolla nera. - In che senso? - Di' la verità, te l'ha regalata qualcuno? - Si. - Qualcuno di speciale? - Molto. - Beh, allora adesso mi autorizzi a chiederti se sei fidanzata... - Sono impegnata. - Come sarebbe? - Sarebbe che il mio cuore è impegnato, ma io no. - E che differenza c'è? - Non sono unita sentimentalmente alla persona che amo. - Ah. Come mai, se posso saperlo? - Differenze caratteriali. - Capisco. 135 STEFANO ZIZZI - Io sono una persona per la quale non esistono vie di mezzo, o bianco o nero, o zero o cento. - Quindi la colpa è tua? - Non solo. In una coppia gli errori e le ragioni sono di entrambi. Ci amiamo molto, siamo perfetti insieme, ma lui ha una maturità sentimentale diversa dalla mia. - E questa cosa ti indispone? - Mi innervosisce. Tanto. E allora certe volte non lo tollero, lo presso, gli rispondo male, lo offendo. - Se può esserti d'aiuto, già il fatto che tu stia ammettendo un difetto vuol dire che in cuor tuo stai lavorando per eliminarlo... - Il fatto è che siamo adulti e non possiamo permetterci di fare i bambini. Lui è stato spessissimo molto infantile ed egoista e questa cosa mi ha dato sempre sui nervi. - Non vedi nessuno spiraglio? - Non so. Quello che posso dirti è che sono orgogliosa del fatto che lui abbia cominciato un percorso che lo porterà a ritrovare sé stesso. - E a te basta? - No, ovviamente. Vorrei che ritrovasse sé stesso e che poi ritornasse da me. - Succederà? - Non ne ho idea. Ciò che è certo è che lui ha rimesso in moto il mio cuore quando sembrava del tutto spento. - Quando si è spento? Quando hai lasciato tuo padre? - Sì. E vorrei avere a disposizione tutta la vita per ringraziarlo, ogni giorno, col mio amore. - Che tenera che sei. Somigli molto a tuo padre, sai? - Sì. 136 DORMI CON ME STANOTTE? NOVE – COME SEI VERAMENTE 28 aprile. 40 giorni Quel giorno in sala d'aspetto passò come tutti gli altri. Tra tutti i parenti dei pazienti di terapia intensiva si era creato un clima familiare e quella stanza color glicine era diventato un luogo di terapia anche per gli ospiti. Tutti conoscevano tutti. Tutti parlavano con tutti e la preoccupazione era la stessa per ognuno di loro, sia che ci fossero novità per il proprio caro, sia che che gli aggiornamenti fossero relativi agli altri ammalati. Subito dopo pranzo, Hernesto convocò le due donne nel suo ufficio, comunicando loro, con molto tatto, che la situazione di Carlos era arrivata ad un punto di non ritorno, pertanto era necessario un intervento che potesse sopperire all'inefficacia del trattamento farmacologico. Per le donne fu una doccia fredda. Avrebbero dovuto decidere, in un lasso di tempo relativamente breve, se acconsentire ad un intervento in ogni caso molto più che rischioso oppure sperare in un miglioramento “naturale” sul quale i medici erano assolutamente scettici. Julia, colei che burocraticamente aveva la facoltà di scegliere, decise di prendersi qualche ora di tempo per riflettere. Salutarono tutti ed andarono via in silenzio. Una volta arrivati al pian terreno, automaticamente si condussero verso la Cappella e guardarono fisso il Crocifisso. Andarono a casa di Carlos e si fecero un caffè. Fu davvero molto strano come nessuna di loro ebbe la capacità di proferire parola: Julia era seduta sul divano con Patricio in braccio, Aline era in piedi davanti alla finestra da dove si vedeva mezza Barcellona, ospedale 137 STEFANO ZIZZI compreso. Lo squillo del telefono di casa Pejo, destò le donne dal torpore pensieroso da cui erano state avvolte. Seguirono numerosi squilli, prima di riuscire ad avere il coraggio di rispondere. Erano quasi certe che la telefonata arrivasse dall'ospedale. - Pronto? - Signora Pejo, finalmente! - Ciao, Fran, scusami, ero dall'altra parte della casa; dimmi pure. - Come sta il signor Carlos? - La situazione è stabile. Speriamo migliori. Avevi bisogno di qualcosa? - Avrei bisogno di alcuni files custoditi nel computer del signor Pejo, sarebbe possibile mandarmeli via mail? - Non ho mai mandato una mail, ma mi farò aiutare da Julia. - Bene. Da qualche parte nella memoria, c'è una cartella denominata “ets 2002”; ne avrei bisogno con una certa urgenza. - Che io sappia, il computer di Carlos ha una password... - Sì lo so, ed io sono l'unica a conoscerla, per motivi di sicurezza. Viste le circostanze gliela comunico: “Turbine19”. - Perfetto, ti manderò il tutto immediatamente. - Grazie signora, buona giornata. La abbraccio. - Buon lavoro, Fran Avviarono il computer e spedirono la cartella all'ufficio di Fran. Aline restò a curiosare tra i documenti di Carlos, finchè un suo urlo non attirò le attenzioni di Julia, che nel 138 DORMI CON ME STANOTTE? frattempo aveva ripreso a pulire i bagni. Quando la ragazza raggiunse Aline davanti allo schermo del computer si trovò di fronte ad uno scenario impensabile. In una cartella nascosta e titolata con una sequenza di numeri, c'erano un mucchio di foto di donne nude e di scene sessuali esplicite. Materiale pornografico imbarazzante, che fece sprofondare Aline in un pianto straziante e la ragazza in uno stato di semi choc: effetti della crisi di mezza età del maschio! Sorprendentemente, quel ritrovamento fu, per le donne, oggetto di accurata analisi introspettiva. - Vuoi bene a mio padre, vero? - Io AMO tuo padre. Da prima ancora che si presentasse a me, per anni l'ho guardato da lontano. Lo amo più di quanto abbia amato nella mia vita. - E che ne pensi di queste immagini? - Non so che rispondere, davvero. - Posso farti una domanda indiscreta? - Stiamo parlando di tuo padre, Julia; puoi chiedermi quel che vuoi. - Tu e mio padre facevate sesso? - Io e tuo padre abbiamo fatto l'amore. Sempre amore. Compresa quella volta in cui venne a casa mia. - Solo una volta? - Sì. Salì a casa mia una sola volta. Se è per questo non abbiamo mai fatto il bagno a mare insieme, non abbiamo mai passeggiato mano nella mano in pubblico, non abbiamo mai ammesso pubblicamente di stare insieme se non davanti a pochi amici; non siamo stati mai più di tre mesi senza litigare, non abbiamo mai dormito insieme... Però l'amavo tanto e lo amo ancora e con 139 STEFANO ZIZZI alternata pazienza attendevo che questa situazione si sbloccasse insieme a lui ed alle sue paure. Spesso avevo fretta ed inveivo contro di lui ma, in verità, puntavo a passare il resto della mia vita insieme a tuo padre e sapevo che prima o poi la nostra storia sarebbe sbocciata. - E' bello. E' bello che tu dica “amore” e non “sesso”. - Perché per me è sempre stato amore. Ed anche per lui. Con una complicità pazzesca, un'unione di corpi che non era per nulla spiegabile, un'affinità che mi faceva commuovere. Non mi sono mai concessa ad un uomo in quel modo, mai nessun uomo è riuscito a sconcertarmi come tuo padre. - Davvero? - Impazzivo per i suoi baci sul collo. Tuo padre mi vedeva meravigliosa. Ogni volta che facevamo l'amore mi guardava con un'aria che sembrava pensare “sei così bella che se ti tocco ho paura di sciuparti”. - Ma perché, allora, avete tutti questi problemi? - Perché tuo padre si trascina un fardello di pensieri che, per quanto giusti, non lo mettono in condizione di vivere serenamente. - Ti riferisci a me? - A te, a tua madre. Io ho sempre rispettato la condizione di tuo padre, così come non ho mai pensato di voler scavalcare la figura della donna che ti ha generata; però cercavo di spiegargli in ogni maniera, che la vita continuava nonostante l'assenza di sua moglie, che avrebbe dovuto riprendersi la sua vita per avere il coraggio di staccare quel numero dalla bacheca e chiamarti. - Secondo te, lui cosa avrebbe deciso di fare? Si sarebbe 140 DORMI CON ME STANOTTE? operato? - Secondo me sì. Le avrebbe provate tutte. Mai e poi mai avrebbe voluto staccarsi da te. - E da te. - Non so, non so dirlo. Quel che è certo che ogni giorno aspettava che tu tornassi. - E perchè non mi ha mai chiamata? - Perchè tu gli hai messo un muro davanti. Lo hai reso impotente. Non c'è cosa peggiore che chiudere la porta in faccia ad una persona che ti ama, sopratutto senza motivarlo. - Sono stata una stupida. - Non pensarci; ora sei qui. Tuo padre si sveglierà e troverà la tua mano da stringere e da cui attingere la forza per tornare la persona meravigliosa che è sempre stata. - Domattina firmerò i documenti per l'intervento. Tu sei d'accordo? - Quel che scegli tu va bene. Io voglio che tu e tuo padre stiate bene. 141 STEFANO ZIZZI DIECI – LE TUE MANI 1 maggio. L'intervento. L'operazione era prevista per le ore 16. Hernesto si era raccomandato con Julia, perché la ragazza trovasse le cartelle cliniche precedenti a questo ricovero, qualsiasi ricetta medica o documento sanitario che fosse sfuggito al suo archivio di medico personale. Un intervento così delicato andava preparato al meglio anche dal punto di vista burocratico. In più c'era bisogno di avere tutti i documenti personali, passaporto compreso. Le normative fiscali circa questo genere di situazioni erano così rigide che urtavano contro l'estrema debolezza di chi doveva prendersene cura. In una giornata così importante, le due donne passarono mezza mattinata a perquisire ogni angolo dell'appartamento alla ricerca di documenti, con la speranza che almeno potessero servire successivamente all'operazione. Nel secondo cassetto dell'armadio in ferro dello studio di suo padre, Julia trovò una busta gialla contenente una lettera. Sulla busta c'era scritto: “Abbiamo fatto le cose col cuore”. “Mia dolce Aline, ho paura. Ho paura di lavorare senza essere considerato “distante”; ho paura di non essere a disposizione quando non hai nulla da fare; ho paura di dover litigare per forza quando vuoi litigare; ho paura di non accudirti mai come meriti e come vorresti; ho paura di non poter essere più innamorato di nessun altro; ho paura di non essere più amato; ho paura di non poter più fare l’amore; ho paura di dover accontentarmi del sesso; ho paura di non trovare nessun’altra come te; ho paura 142 DORMI CON ME STANOTTE? che non esiste nessun’altra come te; ho paura che i miei posti preferiti diventino incubi; ho paura di non vederti più; ho paura che le nostre telefonate diventino sempre più rare; ho paura di diventare il primo che muore per amore; ho paura di perderti; ho paura di perdermi; ho paura di lasciarMi solo; ho paura delle crisi di astinenza dai tuoi occhi neri e grandi; ho paura di non poter realizzare il mio sogno, che è quello di camminare mano nella mano con te; ho paura di farti soffrire; ho paura di non essere quello giusto; ho paura di non essere l'ultimo; ho paura che stare senza di te sia peggio che restare da soli; ho paura del niente, quando non ci sei; ho paura di non poterti avere più; ho paura di non poterti avere mai; ho paura di non averti mai avuto; ho paura che le mie paure ti allontanino. Forse non avrei dovuto scoprirmi fino a questo punto, ma io NON HO PAURA di mostrarmi per quello che sono, perché malgrado io sia pieno di paure, tu vieni sopra ogni cosa. Sposami. Carlos.” Finalmente, dopo tante lacrime, Julia fu colorata da un sorriso meraviglioso. Richiuse il foglio e lo infilò di nuovo nella sua busta. Prese la lettera e la appoggiò sul tavolino in cristallo posto ai piedi del divano nello studio del padre. Poi raggiunse Aline in cucina. - Cavolo! - Che è successo? - Ho visto dappertutto ma non sul tavolino del divano. Ti dispiace andare a controllare tu mentre io riordino queste scartoffie? - Certo. 143 STEFANO ZIZZI Aline si diresse verso lo studio. Dopo alcuni minuti di attesa, Julia realizzò che la donna aveva trovato la busta e che era intenta a leggerla, così la raggiunse senza farsi vedere. Quando Aline ebbe finito di leggere, richiuse il foglio e si girò, trovandosi di fronte alla ragazza. Entrambe fecero due passi avanti e si unirono in un abbraccio forte intenso ma anche pieno di significato perché quasi sicuramente i passi compiuti erano ben più di due. Quella lettera, che con tutta probabilità Carlos avrebbe consegnato ad Aline qualche giorno più tardi, se solo ne avesse avuto la possibilità, aumentò nella donna la speranza di poter riabbracciare il suo amato. Alla stessa maniera si compiacque della maturazione di Julia, che soltanto un mese prima si presentò con un atteggiamento diffidente e scostante. La ragazza, a sua volta, sprofondò in una malinconia dovuta al rammarico di aver gestito nel peggiore dei modi quattro anni della sua vita, ma anche alla paura di non avere la possibilità di rimettere ogni cosa a suo posto. Con una fretta che sembrava più preoccupazione, le due donne saltarono il pranzo per stare in ospedale già due ore prima dell'operazione. Arrivate nella solita sala d'attesa, Julia fece uno squillo al telefono personale di Hernesto, il quale dopo qualche istante sbucò da dietro la vetrata affumicata. Consegnarono tutti i documenti al medico. - Questo è tutto quel che abbiamo trovato. - Perfetto. Ora dovete stare solo tranquille. - Chi farà l'intervento? 144 DORMI CON ME STANOTTE? - Il Professor Arranz. - Ah, non operi tu? - No, Julia. Se ne occuperà il professore, ma stai tranquilla. E' un luminare. - E perchè non venuto a parlarci lui in persona? - Perchè tu hai chiamato me. Stai tranquilla, piccola. State tranquille. Tutto andrà per il meglio. Aline, più razionalmente, chiese: - Ma che genere di intervento è? - Speravamo che le cure riuscissero a far rientrare l'edema creato dalla lesione al cervello. Questo non è accaduto, per cui dobbiamo incidere e svuotare la parte del cervello colpita, dai liquidi accumulati. Una volta riassorbito l'edema, cercheremo di far riprendere le cellule cerebrali che ancora possono essere in grado di assolvere a funzioni vitali. - Detto così sembra una stupidaggine. - Ma non lo è, signora. Non lo è. E' un intervento molto delicato, molto lungo ma che potrebbe riconsegnarci un Carlos ancora più vivo e combattivo di prima. Hernesto pregò un'infermiera di accompagnare le due donne in un'altra camerone, ad un altro piano, quello sotterraneo in cui erano attrezzate le sale operatorie. Stessi muri color glicine, stesse sedie in plastica. Non era cambiato nulla, se non che dall'altra parte della porta, questa volta c'era solo Carlos. E da questa parte solo loro. Nessuno a cui chiedere come andasse, nessuno con cui esultare per i risultati raggiunti dal loro parente; nemmeno nessuno, però, da consolare dopo la notizia più brutta che una moglie, un fratello o un figlio possano 145 STEFANO ZIZZI avere. Julia ed Aline avvertivano in maniera ancora più forte la loro impotenza davanti a ciò che stava per accadere. La partita era in mano ad una èquipe di medici professionisti ed alla caparbietà di Carlos. C'è chi aggiungerebbe che l'arbitro di questo tipo di incontri è Dio. Si perde ogni dignità su quei letti. Si resta nudi, coperti con un leggero telo di carta. Persone mai viste prima ti depilano, persone estranee ti guardano nel cuore o nel cervello come nemmeno tu hai fatto fino a quel momento. Per la prima volta ti trovi di fronte a gente con cui non puoi barare, perché mentire come si fa con una moglie o un genitore, è un atto di imprudenza nei confronti di se stessi. E comunque si verrebbe scoperti immediatamente. Ognuno di noi ha una persona a cui non mentirà mai. E non mi riferisco alle bugie “bianche” che servono per mandare avanti la propria vita senza incepparla con polemiche sterili e neppure a omissioni che magari possono essere determinanti ma che ogni tanto si utilizzano perché non sono catalogabili come bugie; mi riferisco allo scoprirsi interamente, allo specchiarsi di fronte ad un'altra persona, quella che sarà custode dei più grandi segreti, quella a cui si ammetteranno con candore le proprie maggiori debolezze. Quasi mai questa persona corrisponde alla moglie o al marito. Certamente non è mai il proprio padre o la propria madre. Di solito è una persona che, semplicemente, è entrata nella nostra vita in un momento particolare, sia esso breve o lungo, per un anno o per tutta la vita. Per Carlos era questione di ore. Nel vero senso della 146 DORMI CON ME STANOTTE? parola. Per lui, quei medici avrebbero potuto rappresentare gli ultimi esseri umani con cui stare a stretto contatto, oppure semplicemente un gruppo di sconosciuti ai quali aveva consegnato il suo destino. In ogni caso, sarebbero stati indimenticabili. Da qualche minuto era cominciata la sfida con il destino. Una lotta impari, una partita sulla quale nessuno di noi si sentirebbe pronto a scommettere. Ma queste sono sfide che devi cogliere al tempo giusto, anche se il tempo non lo scegli tu; sono treni che, se passano, passano una sola volta e molto di corsa, e devi avere anche la fortuna di non trovarti una piccola cittadina nella cui stazione il treno magari passa pure ma non effettua fermata. Allontanarsi dai binari... 147 STEFANO ZIZZI UNDICI – AFFINITÀ ELETTIVE 18 maggio. Sessanta giorni. I fabbisogni primari dell'uomo sono sempre stati nutrirsi, coprirsi, ripararsi. Poi, l'evoluzione dellla società ha fatto sì che si modificassero per diventare un lavoro, una casa, una macchina ed una famiglia tranquilla. Io, in quanto numero di questa società, sono costretto a credere a questi dogmi, ma ritengo che ai piedi di queste rocce salde ci siano anche dei sassolini che non vadano per niente trascurati: piccoli piaceri della vita, le sfumature della mia personalità, che hanno fatto di me l'uomo in cui credo così tanto da non aver nessun problema a riconoscere anche gli errori, i passi indietro. Dal mio personale punto di vista, ciò che ci è accaduto è più grande di quanto tu possa pensare; si trascina dietro un circo di colori, suoni, immagini e sapori che tu non avverti, ma io sì e non credo di essermi sbagliato o, almeno, non mi sono allontanato moltissimo dalla verità. La mia, ovviamente. Sai bene che io mi mostro agli altri per quello che non sono, per poi rivelarmi sinceramente solo a chi ottiene la mia fiducia e questa "maschera" ha anche il suo lato bianco, vuoto ma che mi sento attaccato alla pelle: il più mio. Il "rovescio della maschera" sta nel essere additato come uno che crede alle favole, che vuol nutrirsi con l'aria, che con i sentimenti e gli idealì non sarà mai in grado di fare la spesa. E' verissmo, mica no. Io però mi accontento di poco, nelle cose materiali sono molto spartano, ma ho delle convinzioni e dei principi, che rispetto per il sol fatto che sono miei. E' chiaro che spesso mi viene il dubbio che in realtà io non sia mai 148 DORMI CON ME STANOTTE? cresciuto, poi mi guardo alle spalle e tutto ciò che di brutto ho dovuto passare mi fa rinsavire. Sono adulto, io. Eccome. Poi dipende anche dalle persone con cui accadono gli avvenimenti. Eccolo qui, il leader. Guardatemi pure e ridete di me. Non che la cosa non mi faccia incazzare, chiariamoci, ma la verità è che non posso farci niente, non posso reagire e dunque finché potete, spassatevela. Non avete idea di che razza di umiliazione sia, essere sdraiati su questa lettiga che puzza di pronto soccorso, con la pancia in giù ed il culo scoperto, alla mercé di tutti i medici, i paramedici, pazienti e visitatori che transitano da questo corridoio. Un caldo bestiale e nonostante ciò vorrei tanto coprirmi il sedere. Vago per uno stato d'animo a metà tra la rassegnazione e la paura di non poter essere vigile come vorrei. Attendo da oltre venti minuti che arrivi l'infermiera, sperando che non sia l'ennesima tirocinante che deve fare esperienza con il mio didietro. Ma non esistono dei culi in silicone? Possibile che la scienza e la tecnologia medica non abbiano trovato il modo di evitare che si faccia esperienza con il sedere degli altri? E' facile fare il tirocinante col culo degli altri! A somministrarmi la prima iniezione fu un uomo e successivamente pregai che fosse stabilmente sostituto da una donna, così che si potesse dimezzare il sensibile imbarazzo che si prova in questi casi. Le mie preghiere furono esaudite, ma l'imbarazzo aumentò. Intanto, una donna è una donna. Il culo che conta è il suo, non il mio. Quello di un uomo lo si mostra solo quando si va a letto e nell'impeto della passione qualsiasi 149 STEFANO ZIZZI sedere maschile va bene ed è accettabile. Boh, io la penso così. Forse per via delle pubblicità, delle modelle, delle riviste patinate e della televisione, il cui squallido mercato ha imposto questa mentalità. Forse anche perché non sono una donna, dunque ignoro che anche l'universo femminile è attratto dal nostro sedere; chissà poi perché. Comunque parlavamo di punture. La prima infermiera che si è prestata a questo dovere ippocratico era alta più o meno un metro e sessanta, con un corpicino gracile ma con tutte le forme giuste ed al loro posto, anche troppo considerando che si notavano da sotto al camice bianco da infermiera provetta. Carnagione scura, capelli neri, lisci e corti, labbra carnose ed occhi profondi: un bel tipo davvero. Peccato che prese la rincorsa dal corridoio per entrare in fretta e piantarmi la siringa in un posto a caso nella chiappa, con la violenza di un macellaio quando separa le cosce di tacchino dal petto e dalle anche, mentre guarda eccitato il calendario di Natalia Estrada del 2000. Un dolore inquietante che mi è rimasto vivo fino al giorno dopo, quando notai con piacere che a iniettarmi l'intramuscolare non era più la piccola stronzetta. Onestamente, all'apparenza, al cambio pensavo di rimetterci... le chiappe, perché al mio capezzale (è proprio il caso di dirlo) si presentò un donnone alto più o meno due metri, con le braccia equipaggiate con muscoli degni di un idraulico cubano ed un velatissimo pizzetto che non le stava nemmeno male, a dir la verità. Arrivò scandendo i passi con la delicatezza di chi calza un quarantasei pianta larga. Potrebbe sembrare un fattore controproducente ma non lo è, considerando che in questo modo è possibile intercettare l'incedere 150 DORMI CON ME STANOTTE? pesante alcuni minuti prima dell'effettivo ingresso del paramedico in sala. Questa sfumatura, per chi deve farsi fare un'iniezione, è utile per avere il tempo di prepararsi a dovere. Quando l'infermiera entrò in stanza, oscurando pesantemente l'ambiente, pensai anche io che a volte pregare potrebbe risultare vantaggioso. Smentendo ogni previsione la figura mitologica con corpo di armadio e testa di infermiere mi applicò il farmaco intramuscolare con un garbo ed una delicatezza sulla quale non avevo nessun tipo di fiducia. Ecco: non è che ci tenga particolarmente, ma se in futuro dovessi avere ancora bisogno di iniezioni, vorrei poter spaventarmi con la visione dell'infermiera, piuttosto che con le modalità con cui applica l'iniezione. Quando verrà il tempo, sarà meglio non raccontare quest'episodio ad Aline. Le donne ascoltano solo quello che vogliono e poi incollano i pezzi del discorso a loro piacimento. E non mi farò mai vedere nemmeno una volta mentre piango. Le donne non amano quelli che piangono, piuttosto adorano quelli che non si commuovono nemmeno quando piangono loro. Sarò forte e sarò delicato. Chissà quando potrò parlarle. Prima parlavamo di tutto per ore ed ore; adesso non possiamo farlo più. Chissà se la gente sogna, quando è in coma. Chissà se ci ascolta, se ragiona, se è in grado mentalmente di poter rispondere alle domande che stupidamente noi sottoponiamo, presi dallo sconforto di avere davanti un corpo inerme. Chissà se è vero che si svegliano con la musica. La scienza non è mai chiara su questi argomenti. Forse perché non può. Forse perché davvero ci sono 151 STEFANO ZIZZI reazioni e relazioni che partono da un uomo ma si rivolgono “altrove”. Ci sono state e ci sono tuttora, a volte, controversie e cause legali sulla decisione se tenere in vita persone da lungo tempo in coma con l'ausilio di macchine per il supporto vitale, praticando l'accanimento terapeutico o se staccarle da tali ausili e praticare ad esse, nei fatti, una forma di eutanasia, stante la difficoltà di previsione di un risveglio anche solo parziale. L'amore non ha l'interruttore. E' un po' come quando qualcuno è oggetto di una rapina. I commenti, successivamente, sono molti e diversi. Quasi sempre, salta fuori un tizio che dice: “Se ci fossi stato io avrei dato un calcio alla pistola e poi gli avrei rotto la testa con il primo oggetto pesante che mi capitava per le mani”. Certo! Come no!? La verità è che ci sono situazioni che non puoi giudicare se non le hai vissute in prima persona. Come potrebbe, ciascuno di noi, prendersi la responsabilità di giudicare una donna che pratica l'aborto? Non siamo noi a portare in grembo un feto; non siamo stati noi ad essere stuprati, non siamo noi a dover crescere un bambino, quando non siamo in grado di educare noi stessi. Non era cambiato nulla. Ancora in ospedale, ancora in coma. Anzi, per Julia ed Aline, dopo l'intervento si era aggiunta una difficoltà: quella di poter vedere il proprio caro. Ogni giorno, a turno, una tra loro due poteva vedere Carlos da dietro un vetro per cinque minuti al massimo. Restavano più tempo nell'anticamera per indossare la cuffia la tua e le ciabatte monouso, che non nel corridoio previsto di 152 DORMI CON ME STANOTTE? vetrata. Una gratificazione in più ma pagata a caro prezzo. Un passo avanti e due indietro. Le stesse medesime ansie. Un giorno, guardando il padre, a Julia venne in mente quell'unica sera in cui andò a vedere un'opera teatrale. Era la “Casa di Bernarda Alba” in cui il personaggio principale, "Pepe il romano", pur essendo il perno attorno cui girava la vicenda non doveva essere un personaggio ma solo una citazione che non entrava mai in scena... 153 STEFANO ZIZZI DODICI - PRENDIMI 19 maggio. Sessantunesimo giorno. Cominciò un altro giorno uguale agli altri. Quella mattina toccò ad Aline avere la forza di stare cinque minuti davanti ad un corpo che ormai non assomigliava più a quello dell'uomo che amava. La situazione si stava avvolgendo su sé stessa e stava diventando sempre più straziante. Tornarono a casa per pranzare ed il pomeriggio, approfittando del fatto che fosse domenica, Julia decise di andare al cimitero di Sant Gervasi a trovare sua madre. Aline si offrì immediatamente di prestarle la macchina, per due ragioni: per sostenere il desiderio di Julia prima che per un motivo qualsiasi potesse cambiare idea, e per non sentirsi in dovere di accompagnarla, giacchè non lo riteneva opportuno. Quando la ragazza arrivò davanti alla lapide della madre, fu attratta da una busta di plastica appoggiata tra la lampada votiva ed il marmo. Questa busta conteneva le lettere che Carlos scriveva alla defunta moglie ogni volta che andava a trovarla. Contò circa una trentina di lettere, ma sopratutto notò che su ogni busta c'era scritto “con amore”. Rimise tutto a posto. Guardò negli occhi la foto di sua madre e andò via immediatamente, con lo stato d'animo rabbioso di chi aveva paura che a quelle lettere potessero non seguirne più. - Sei già tornata? - Sì. - Tutto bene? - Posso farti una domanda? - Di' pure... 154 DORMI CON ME STANOTTE? - Secondo te, cos'è l'amore? Aline, che non si aspettava una domanda del genere, aspettò qualche istante e poi le raccontò un aneddoto. - Quando avevo 28 anni, ero fidanzata con un ragazzo, il quale stava studiando per conseguire la laurea. La storia, per vari motivi, si esaurì, così ci lasciammo. Lui stette così male che decise di sospendere gli studi per cominciare a lavorare. Inoltre, dopo un paio di anni, mise incinta una ragazza e dovette sposarla. Il matrimonio, comunque, fu molto felice, tanto che anni dopo ebbero altri due figli. Lui, che non aveva mai smesso di desiderare la laurea, a quarant'anni finalmente coronò il sogno della sua vita laureandosi col massimo dei voti. Organizzarono un pranzo con tutti gli amici, i parenti ed i colleghi sia del lavoro che dell'università. Stava vivendo uno dei giorni più belli della sua vita. Ma a metà dei festeggiamenti, scomparve. Prese la macchina e venne a citofonarmi. Io non lo sentivo da anni, ma quella voce la riconobbi subito. Salì e mi raccontò tutto, dal matrimonio fino alla mattinata appena trascorsa davanti alla commissione. Mi disse che aveva promesso a sé stesso che sarebbe venuto immediatamente a riferirmi la notizia, perché non mi aveva mai dimenticato, perché un pezzetto della laurea era anche mio e perché voleva dimostrarmi, finalmente, di essere diventato uomo. Quello fu un gesto d'amore. Julia abbozzò un sorriso, dimostrando di aver compreso la metafora. - Purtroppo, nella mia vita – proseguì Aline – mi è capitato di dover partecipare ad alcuni funerali. In un paio di queste funzioni, un parente prossimo al defunto salì sull'Altare per leggere una lettera dedicata al proprio 155 STEFANO ZIZZI caro. Io non sono mai stata d'accordo su questo genere di iniziative, perché ritengo sia un modo di comportarsi egocentrico e fuori luogo. Se è vero che chi abbandona la vita terrena non ci lascia da soli, bensì ci segue da “lassù”, vuol dire che non serve porsi davanti ad una platea per parlare al proprio defunto. Piuttosto, preferirei appartarmi in un angolo e “parlare” con lui in privato. Perchè l'amore, quello vero, è un sentimento privato. - Tu credi che papà ce la farà? - Non lo so, Julia, non lo so. - E se mi lascia sola? - Non resterai da sola. - E se dovesse lasciarti da sola? - Non succederà. Io non scorderò mai tuo padre. Il viso di Aline cominciò ad arrossarsi. Prima di cominciare a piangere, smantellando ogni briciola di tranquillità che aveva cercato di infondere alla ragazza, infilò la giacca e prese le chiavi della macchina che erano appoggiate sulla consolle dell'ingresso. - Non andare via. - Come? - Resta qui. - Di che hai bisogno? - Di un ultimo favore. - Dimmi. - Dormi con me stanotte? Ci sono storie che finiscono dopo dieci anni, matrimoni che si interrompono dopo vent'anni e tre figli, amicizie che si esauriscono per un inganno innocente. 156 DORMI CON ME STANOTTE? Spesso si ricomincia, ma le storie non ricominciano mai interamente daccapo. Bisogna esser bravi a distinguerle cose urgenti da quelle importanti. Ognuna delle persone che hanno fatto parte della nostra vita, già solo per questo motivo meritano riconoscenza. Essere capaci di riconoscere i valori con cui l'altro ha arricchito la nostra vita e la nostra persona è la più grande delle qualità che un uomo possa avere. A me piacerebbe far conoscere ai miei figli tutte le persone che mi hanno reso migliore. Servirà del tempo, forse, servirà maggiore maturazione, più coscienza dei propri limiti; a volte si potrebbe non averne più, di tempo, ma in tutte le cose c'è un conto da pagare. Quando scriviamo una frase, una lettera, una storia dedicandola alla persona che amiamo, scriviamo sempre “con amore”. In realtà noi scriviamo alla persona che amiamo in virtù dell'amore che proviamo per lei, dunque è più corretto scrivere “per amore”. Spesso si scrive dopo che l'amore finisce, per cercare di riparare al grave errore di aver dato per scontata la quotidianità del rapporto, oppure perché si smette di sorprendere il partner e si sa che la consuetudine sminuisce l'ammirazione. Così ci si imbarca in gesti estremi, dettati dalla paura e dalla confusione, come quelli di scappare via o ergere un muro inutile oppure in atti amorevoli come perdonare qualsiasi cattiveria oppure scrivere un libro, che è il più grosso gesto “per amore” che uno scrittore possa compiere, nonché l'ultimo. 157 STEFANO ZIZZI 158 SIPARIO Una piazza enorme, grande più del mar Caspio, che poi è un lago. Ecco: considera il mar Caspio completamente pavimentato in marmo bianco; qua e là un bel mosaico in grigio perla chiarissimo, quasi tono su tono. Migliaia di tavolini in pietra e milioni di panchine in ferro battuto bianco. Attenzione: non di ferro battuto verniciato di bianco, ma di ferro battuto che esce di color biancastro da una speciale fonderia. A cingere questo gigantesco piazzale, enormi edifici dipinti a calce, con maestosi archi che conducono all'interno dei palazzoni. Passeggiano per questa piazza, uomini con completo di lino, borsalino di feltro bianco e bastone in madreperla. Scarpe col tacco nere ma coperte con bianche uose, le ghette basse che coprono dalla caviglia in giù. Le donne indossano un elegantissimo tailleur in seta di taffetà, anch'esso bianco o in alcuni casi rosa chiaro, pallido, quasi bianco. Capelli raccolti in una retina del colore dei capelli. Quando ti troverai a calcare i lastroni di questo splendido posto, resterai a bocca aperta di fronte a Cristoforo Colombo e Napoleone Bonaparte che giocano a scacchi, Leonardo e Michelangelo che commentano negativamente tutto il candore discutendo animatamente sul colore della vernice con cui ridipingerebbero tutto, Gutemberg e Marconi che consultano la posta elettronica, Shakespeare e Pirandello che si raccontano barzellette, Neruda e Manzoni che declamano, passeggiando, i loro best sellers, Chopin al piano e Pavarotti che intona la Tosca, Einstein e Galilei indaffarati con la calcolatrice, madre Teresa e Hitler che discutono amabilmente, Fellini che fa la corte a Audrey Hepburn, o magari Freddie Mercury ed Elvis Presley che cantano “Tutti frutti”; Dorian Gray e Robin Hood che non solo sono esistiti davvero, ma che ora si amano alla follia come fossero degli adolescenti. Carlos che se lo aspettava diverso, il Paradiso, mentre Helèna, finalmente, lo riabbraccia. Ogni fine è un inizio. Bisogna solo aspettare. (Stefano Zizzi) INDICE PRELUDIO PRIMA PARTE: IL MAPPAMONDO • UNO – PENSIERI NASCOSTI • DUE – NOTTE AD HARLEM • TRE – FACOLTÀ DI FILOSOFIA • QUATTRO – TI SCRIVO • CINQUE – L'OROLOGIO DEGLI DEI • SEI – PAROLE • SETTE – IL BACIO • OTTO – SOGNO DI BACH • NOVE – IL VENTO • DIECI – PORTAMI VIA • UNDICI – LA NOTTE PRIMA • DODICI – ROOM 108 9 16 23 29 36 43 50 56 63 69 75 81 INTERVALLO SECONDA PARTE: LA CLESSIDRA • UNO - SOSPESO NEL TEMPO • DUE – INCONTRO • TRE – LE SOLE NOTIZIE CHE HO • QUATTRO – OSSESSIONE • CINQUE – ANELLI • SEI – CARTA E PENNA • SETTE - L'APE E IL FIORE • OTTO – FILO DI PERLE • NOVE – COME SEI VERAMENTE • DIECI – LE TUE MANI • UNDICI – AFFINITÀ ELETTIVE • DODICI – PRENDIMI SIPARIO 93 99 104 110 116 121 127 132 137 142 148 154 L'AUTORE Non ho conseguito la maturità; ciò nonostante, vivo ogni giorno da oltre dodicimila giorni. Se fossi umile, leggerei, ma sono presuntuoso, dunque scrivo. Ligio ad un dovere che non so più neppure quale sia, il metodo narrativo che adotto per le mie “opere” è molto semplice: vado sul lungomare di Taranto e scrivo finché regge la batteria del portatile. Dopodiché lo ricarico ed il giorno dopo ricomincio. Poi, ad un certo punto, da solo, arriva il momento di smettere per un po', per poi riprendere. Insomma: forse non sarò un buon partito ma a me basta. A te? I titoli dei capitoli, sono anche titoli di alcune composizioni del pianista Giovanni Allevi. Avreste dovuto leggere il romanzo ascoltandolo in sottofondo. Ma ormai... OGNI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALMENTE ACCADUTI È PURAMENTE VOLUTO PRIMA EDIZIONE - LUGLIO 2012 EDIZIONE PER IL WEB – DICEMBRE 2012
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