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Centro Diocesano di Pastorale Familiare
Domenica VI del Tempo Ordinario
Commento alle letture a cura di
Un gruppo di famiglie
La Parola di oggi ci presenta un episodio che necessita di essere contestualizzato all’interno della
mentalità dell’ebreo dell’Antico Testamento, presente nella prima lettura tratta dal Levitico.
Il lebbroso è un impuro, colpito da Dio, a causa della
sua impurità. Egli è un intoccabile e deve vivere al
bando della società.
Su questo sfondo il racconto evangelico acquista un
significato preciso: Gesù tocca un intoccabile e questo
miracolo illustra il potere di Gesù di salvare persino
coloro che in forza della Legge sono esclusi da Israele.
Il Regno di Dio non tiene conto delle barriere del puro
e dell'impuro.
Gesù non ha avuto paura di contaminarsi, è andato
incontro al lebbroso, ha condiviso la sua umanità ferita
e l'ha riempita del suo amore.
Allora anche nel nostro cuore nasce spontanea la
domanda del lebbroso: "Signore, se vuoi, puoi
purificarmi. Sono qui, guarisci le mie ferite che hanno il
nome di indifferenza, fragilità, peccato,
superbia, invidia… prendimi per mano perché solo il
tuo amore incondizionato può guarire le nostre lebbre
e far rifiorire il deserto nei nostri cuori, nelle nostre
case, nei luoghi dove abitiamo il nostro tempo”.
Sembra strano, eppure Gesù non è un “miracolista”, un guaritore; cioè non usa del suo potere
per strabiliare, per forzare la fede di chi gli sta dinnanzi. Il miracolo è inserito in un contesto di
annuncio, manifesta la veridicità della Parola di Gesù. E’ un discorso delicato e ambiguo, ma
Gesù sa che la guarigione non è tutto. Spesse volte Gesù prima di un miracolo chiede: "Cosa vuoi
che ti faccia?". “Che fegato!”, tutti noi diremmo, “Ma non vedi che è cieco? Che è lebbroso?”.
No, Gesù sa che la guarigione è importante, ma che l’essenziale è altro.
…Ma come si fa a tenere per sé una gioia così grande dopo una simile guarigione!
La compassione di Gesù non è di Gesù ma di Dio, ed è forse per questo che Gesù ammonisce
severamente il purificato di non attribuire a Gesù stesso la guarigione ma solo a Dio, l’Unico che
nel Suo Nome può ridare Salvezza (togliere l’inimicizia e la cattiveria) fisica e spirituale. La
condizione richiesta, per ricevere questa Grazia, è il desiderio di glorificare Dio qui in terra
testimoniando agli uomini che “nulla è impossibile a Dio”.
La compassione è un sentimento di pietà verso chi è infelice, verso i suoi dolori, le sue disgrazie, i
suoi difetti. E’ anche partecipazione alle sofferenze altrui.
L’applicazione è duplice: Gesù prova compassione per le sofferenze materiali che spaziano dalla
fame provata nel corpo, fino alle malattie fisiche e alla morte delle persone care. Ma anche per
quelle spirituali. Il riferimento è alle pecore senza pastore. Gesù invita anche noi a fare lo stesso;
nelle due direzioni: farci carico delle necessità corporali e spirituali del nostro prossimo.
I doni Spirituali dell’Intelligenza e della Scienza (medica) umana non sono in contrapposizione
con la potenza ricreatrice di Dio (miracoli), bensì sono concessi all’uomo che, attraverso la compassione insegnata a più riprese da Gesù, concorrono all’edificazione del sogno (Regno) di Dio
che vuole tutti gli uomini solidali e fratelli nel rendere grazie (Eucarestia) all’Unico Dio Buono e
Compassionevole (Misericordioso).
Questo modello di relazione trova una singolare applicazione nel vissuto della coppia e della
famiglia cristiana nella misura in cui la coscienza di sentirsi figli di Dio arriva a proclamare nella
fede domestica che “nulla è impossibile a Lui”. Sì, non è impossibile un amore che unisce e che
genera, che sia a prova di crisi e sappia recuperare la comunione quando venga minacciata dal
male. Un amore umano che sa riconoscersi in una tenerezza più grande e dove vi trova il suo
respiro.
Un uomo cadde in un pozzo da cui non riusciva a uscire.
Una persona di buon cuore che passava di là disse: “Mi dispiace davvero tanto per te. Partecipo al
tuo dolore”.
Un politico impegnato nel sociale che passava di là disse: “Era logico che, prima o poi, qualcuno ci
sarebbe finito dentro”.
Un pio disse: “Solo i cattivi cadono nei pozzi”.
Uno scienziato calcolò come aveva fatto l’uomo a cadere nel pozzo.
Un politico dell’opposizione si impegnò a fare un esposto contro il governo.
Un giornalista promise un articolo polemico sul giornale della Domenica dopo.
Un uomo pratico gli chiese se erano alte le tasse per il pozzo.
Una persona triste disse: “Il mio pozzo è peggio!”.
Un umorista sghignazzò: “Prendi un caffè che ti tira su!”.
Un ottimista disse: “Potresti star peggio”.
Un pessimista disse: “Scivolerai ancora più giù”.
Gesù, vedendo l’uomo, lo prese per mano e lo tirò fuori dal pozzo.
BRUNO FERRERO, L’uomo nel pozzo in A volte basta un raggio di sole, LAS, Torino 2007