Poesia È ancora qui l’inverno o già declina? Con folate di gelo il vento morde a tratti i primi ciclamini, e incerto rende il responso dell’anemocoro di flabelli strappati all’oleandro. Negli occhi vacui fervono stupori e smarrimenti ai segni controversi di un tempo che lusinga e che tradisce. Uscite allo sbaraglio ha il cuore se volteggia in spazi aperti, in vuoti eterei. Quanto di rado rivolgiamo al cielo il nostro sguardo, presi come siamo da una vita frenetica, portati dalla giostra che segna dare e avere e non conosce il ritmo imponderabile delle stagioni, ignora voli e suoni e ci rende guerrieri di cristallo in groppa a inaffidabili destrieri, o per astrali mancamenti siamo sul dorso della tigre, e se scendiamo ci divora la belva dell’angoscia. Ma oggi c’è un fermento per le strade perché un’acerba luce le percorre con speranze ed umori di rinascita. La venditrice di bonsai propone piantine che millantano ascendenze di foreste remote, ignote ai piú, alberi senza fiori ma che sognano pollini e gemme e nidi da proteggere. Come anche noi, delusi, regrediamo a epoche ancestrali, primigenie, quand’eravamo corpi in divenire, abbozzi di materia sostenibile per futuri progetti trascendenti. Qui la luce creata nei deserti con turbini di sabbia, che ha volato alta sul mare, scende a risvegliare quello che nel vivente dorme o indugia, fiamma canora, brivido solare. Quanto di rado l’ascoltiamo, chiusi nella gabbia di perdite e profitti, voce che affronta questo giorno in bilico tra sole e brume, musica e silenzio, tra la cupa temperie e la ridente epoca di rigogli e canti ai nidi, luce sonora, ardente melodia. Quanto poco ascoltiamo quella voce, quanto di rado misuriamo il cielo coi nostri sguardi d’angeli caduti. La venditrice di bonsai sorride: ha visto una farfalla iridescente posarsi sopra un ramo in miniatura. Vera o parvenza? Cosa importa, vede nella sua mente un palpitare d’ali. Fulvio Di Lieto L’Archetipo – Febbraio 2015 9
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