8 marzo 2015 Giornata internazionale della donna delle gelsominaie Molti oggi non sanno nulla della loro esistenza: erano migliaia di donne del milazzese, oltre 2000, che raccoglievano i fiori di gelsomino, da cui si estraeva la sostanza per la fabbricazione di profumi. Al di là della poesia dei delicati bianchi fiori, il lavoro era pesantissimo, malsano e quasi non pagato: si svolgeva al finire della notte, per raccogliere il profumo dei fiori più intenso, si lavorava con i piedi negli acquitrini, donne sposate con piccoli al seguito, ragazze e bambine dalle mani sottili che riempivano la grande tasca del grembiule e la riversavano via via in ceste di vimini. Lavoro di pazienza e delicatezza, di attenzione e resistenza: alla fatica, ma anche allo stordimento di un odore penetrante, si riceveva una paga irrisoria: 25 lire al kg; e per fare un kg di fori si dovevano lavorare sei-sette ore. Era il 1946, e un Kg di pane, a prezzo politico, costava più di 200 lire. In quell’anno, sotto la spinta della locale Camera del Lavoro, le donne cominciarono ad organizzarsi, imparando le parole: diritti, sindacato, scioperi. Attraverso lotte successive – memorabili scioperi sia nel 1946 sia nel 1952 – il compenso della raccolta di un kg di gelsomini passò negli anni dalle iniziali 25 Lire, a 50, 80, 90 lire, fino a 1.050 lire nel 1975. Si erano ottenuti negli anni anche tutta una serie di ausilii per il lavoro, forniti dalle aziende, soprattutto stivali e non sembri poco. Ma col tempo la coltivazione del gelsomino si restrinse, le imprese produttrici diminuirono, fino a scomparire. Erano comparsi sul mercato di profumi i prodotti fissatori sintetici che ridussero, fino ad eliminare, l’uso del vero fiore. Resta però il ricordo del processo di consapevolezza, capacità di organizzazione e volontà di emanciparsi di migliaia di donne
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