andamento globale del settore

Il fatturato dei principali 28 gruppi mondiali di telecomunicazioni individuati da Mediobanca è
pari a 937 miliardi di euro nel 2013, circa i 3/4 dei ricavi globali del settore, stimati in un
triliardo e mezzo di euro, incluso il segmento del broadcasting. Dopo la frenata nel 2009, i
ricavi dei leader globali hanno ripreso una crescita, seppur lontana dai tassi degli anni
centrali del decennio, cha ha incontrato un lieve rallentamento nel 2013. Con un fatturato
pari a 23.4 miliardi di euro nel 2013, Telecom Italia si classifica al quindicesimo posto tra i
top player globali, alle spalle non solo dei principali operatori avanzati, ma anche delle prime
3 società di telecomunicazioni cinesi.
L’andamento del settore delle telecomunicazioni* in serie storica – principali voci di conto
economico (in % dei ricavi) e ricavi in termini assoluti
A fronte del progressivo declino della telefonia fissa e della crescente competizione che
interessa il mercato del mobile, nonché dei maggiori costi del venduto legati all’offerta di
servizi sempre più integrati, l’impossibilità di estrarre rendite aggiuntive dal traffico dati ha
esercitato una forte pressione al ribasso sui margini delle telco. La ripresa della marginalità
nel 2013 dopo
due anni di forte
compressione è
legata
a
un
deciso sforzo di
contenimento
della
spesa
operativa.
La
sostenibilità nel
tempo
delle
attività aziendali
è quindi legata
alla capacità di
conseguire guadagni di efficienza, riducendo i costi di produzione, e di proporre nuove
soluzioni di processo e di prodotto, allo scopo di ampliare la gamma di servizi offerti. La
buona performance dell’utile di esercizio è invece riconducibile al risultato della gestione
straordinaria (che ha visto nel 2013 il buyout della quota in Vodafone di Verizon, esclusa dal
campione analizzato), nonché a una gestione ordinaria più oculata, con una riduzione del
peso degli avviamenti e delle spese per partite straordinarie. In termini patrimoniali, dopo un
periodo di ascesa dell’investimento in intangibili, il 2007 ha visto una ripresa degli
investimenti in asset fissi e un aumento di quelli correnti.
Per contrastare la saturazione dei mercati domestici, i principali gruppi europei hanno cercato
la diversificazione geografica verso i mercati emergenti in catching up, aumentando il peso
dell’investimento in concessioni e licenze, una scelta che ha in parte sostenuto i ricavi del
settore in un periodo di forte compressione dei mercati domestici.
La necessità di un potenziamento infrastrutturale per i nuovi servizi affamati di banda e di
diversificazione di prodotto per mantenere la clientela domestica in un regime di forte
competizione, unitamente alla minore attrattività dei mercati emergenti con una crescente
maturità dell’offerta1 e incertezza regolatoria ha però di recente portato gli operatori a
rifocalizzarsi sui mercati core.
Un’inversione di tendenza che ha portato il peso degli intangibili a essere solo lievemente
superiore rispetto a inizio decennio, con un’incidenza percentuale pari al 32% sul totale. Non
è il caso di Telecom Italia, che presenta il livello di avviamenti più elevato tra i principali
gruppi esaminati nell’analisi di dettaglio.
Il cluster dei leader globali
delle telecomunicazioni mostra
un’importante incidenza della
proprietà statale rispetto ai
principali gruppi industriali,
particolarmente rilevante sul
numero di dipendenti e gli
asset
investiti.
A
quasi
vent’anni
dall’ondata
di
liberalizzazione che ha investito
il comparto, l’analisi a livello
paese dimostra come nelle
economie Ocse permanga una
rilevante
partecipazione
1
Si segnala come alcuni operatori asiatici, tra cui l’indiana Bharti Airtel, abbiano iniziato a loro volta ad
aggredire nuovi mercati, nel caso specifico quello sudafricano.
statale, segnalando il carattere strategico dell’investimento nel settore
telecomunicazioni (si veda l’allegato 1 per il dettaglio a livello di singolo paese).
delle
La dinamica complessiva delle vendite dei gruppi nasconde profili differenziati tra aree
geografiche in relazione alle condizioni economiche e ai driver di mercato che governano il
settore. Le economie emergenti, in particolare asiatiche, continuano a guidare l’espansione
mondiale del comparto, in relazione all’intensità del fattore demografico, alle soglie di
sviluppo della domanda a valle e alla crescente dotazione infrastrutturale, mentre la
situazione è tesa nelle economie occidentali a maggiore maturità e saturazione del mercato.
Il mercato delle telecomunicazioni ha visto una crescita in Giappone dal 2008, arrivando a
coprire nel 2013 oltre il 16% della domanda mondiale, con un’ampiezza prossima ad aree di
espansione geografica e popolazione molto diverse. La peculiarità del mercato giapponese è
da ricondursi al ruolo di leadership mondiale dell’industria delle telecomunicazioni mobile,
unitamente a una politica industriale per il settore che ha portato a un’infrastruttura a banda
larga prima al mondo per estensione dello spettro. In Europa si registrano rilevanti perdite
(con una contrazione delle vendite che ha superato gli 8 punti percentuali), mentre gli Stati
Uniti mostrano un profilo di maggiore stabilità.
La diversa dinamica dei ricavi si riflette in un
profilo differenziato delle spesa in capitale dei
gruppi in relazione ai principali mercati di
riferimento. Particolarmente problematica è la
situazione degli operatori europei, dove la
maggiore pressione dei costi a fronte di un
fatturato in compressione ha ridotto la
capacità di investimento, incrementando
l’indebitamento
di
lungo
periodo
e
indebolendo la struttura finanziaria dei gruppi,
già caratterizzata da forti squilibri.