Vuoto 3 - Huffington Post

Caro collega,
la Direzione Nazionale Antimafia, nella sua ultima Relazione annuale, ha denunciato apertamente,
a proposito dell’azione di contrasto alla diffusione dei derivati della cannabis, “il totale fallimento
dell’azione repressiva” e “la letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di
più la diffusione dei cannabinoidi”. D’altra parte, aggiunge la Dna, dirottare ulteriori risorse su
questo fronte, ridurrebbe l’efficacia dell’azione repressiva su “emergenze criminali virulente, quali
quelle rappresentate da criminalità di tipo mafioso, estorsioni, traffico di essere umani e di rifiuti,
corruzione, ecc)” e sul “contrasto al traffico delle (letali) droghe ‘pesanti’”.
In questo quadro, è proprio la DNA a proporre politiche di depenalizzazione che potrebbero dare
buoni risultati “in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle
forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di
prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali
agguerrite.”
La proposta della DNA è tutt’altro che teorica, vista l’evoluzione della politica e della legislazione
sulle droghe leggere nel Paese, che è stato per decenni un guardiano e un garante inflessibile
dell’ordine proibizionista. Negli Usa, infatti, cresce rapidamente il numero degli Stati che hanno
legalizzato la produzione e la vendita della marijuana per uso ricreativo. Colorado, Washington,
Oregon e Alaska segnano una tendenza che è destinata a consolidarsi e che la Presidenza
Obama non intende minimamente avversare. L'opzione antiproibizionista sulla marijuana non è più
semplicemente un'idea, ma è diventata una concreta opzione di governo, con una dimostrabile
efficienza sul piano fiscale e effetti positivi sul piano sociale e sanitario e del contrasto alle
organizzazioni criminali.
Penso che anche in Europa e in Italia abbia senso lavorare per seguire l'esempio americano e
adattarne le caratteristiche al nostro contesto sociale e giuridico. E penso che abbia senso che
siano i legislatori a organizzare una vera riflessione pubblica su questo tema, dopo un richiamo
autorevole e drammatico come quello della DNA.
A questo proposito, sarebbe a mio parere utile la costituzione di un intergruppo parlamentare per la
legalizzazione della marijuana, capace di rivolgersi insieme a opinione pubblica e forze politiche e
di lavorare a una proposta comune, credibile e concreta da presentare, entro questa legislatura,
all'attenzione delle camere.
Le mie responsabilità di governo, al momento, non mi consentirebbero di coordinarne i lavori, ma
sono più che disponibile a promuoverne la costituzione e a parteciparvi da "parlamentare
semplice". Qualcuno ci sta?
Benedetto Della Vedova