Il Pungolo Newsletter del 12 Marzo 2015 BANCA D’ITALIA Vuoi condividere la tua esperienza ? Hai un argomento che ritieni interessante? Vuoi farci una domanda? Scrivi a [email protected] Seguici su: CISL Banca d'Italia In questo numero La Banca nana... 2 Il 12 febbraio scorso la Banca d’Italia ha diffuso tra i colleghi un progetto di Riforma della rete territoriale che intende sottoporre, senza alcuna modifica, al Consiglio Superiore del corrente mese di marzo. Si conclude così, con un arrogante gesto unilaterale, il lavoro della “Sede dedicata” alle Filiali (il cosiddetto “tavolo tecnico” banca-sindacati) costituita nell’ottobre 2013 con l’obiettivo di pervenire a “soluzioni condivise”. Nulla di cui meravigliarsi con la Banca di questi tempi, sempre più ripiegata su se stessa, incapace di scommettere in un vero rilancio al servizio del Paese, ma tutta protesa a menar le mani con il sindacato nel tentativo, poco saggio, di ridurlo all’irrilevanza. Il progetto dell’Amministrazione prevede, come noto, un forte e immotivato ritiro dal territorio con una rete articolata in 39 Filiali (20 Sedi regionali, 6 Filiali specializzate nel contante e 13 Filiali ad ampia operatività). Ad esse si aggiungerebbe un certo numero di Unità di Servizio Territoriale (UST) con un numero minimo di 7 addetti. Le nuove UST avrebbero però, e qui sta la singolarità del progetto, una data di morte certa: entro il 2018 verrebbero tutte chiuse. Senza neppure una verifica della loro utilità e dell’eventuale opportunità di tenerle in vita! E dire che proprio nell’ultima riunione del “tavolo tecnico” si era finalmente deciso, per la prima volta, di assegnare a queste Unità territoriali una serie di compiti “veri” e qualificanti, tali da giustificarne pienamente l’esistenza. Come dire, a titolo di esempio, che qualcuno incontra sulla sua strada una persona in agonia, la cura, la rifocilla e una volta guarita … l’ammazza! Una conferma, se mai ve ne fosse bisogno, del “corto circuito” che avviluppa le menti degli insigni “strateghi” di Via Nazionale che da anni, purtroppo, coltivano l’insano progetto di una Banca “nana”. Roberto Nardone FIBA CISL Banca d’Italia Via Panisperna 32 00184 ROMA 0647922270 0647923144 fax 0647824121 SEGRETERIA NAZIONALE Antonella De Sanctis Roberto Nardone Riccardo Innocenti Massimo Ussia Inserimento lavorativo dei disabili: una scelta di civiltà Forum sui Diritti Umani “Note di Diritti e Libertà” 3 L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro? 4 Pensione opzione donna: quanta fatica per i diritti! Politica estera sindacale Lettera al CASC 5 La ludoteca aziendale: un’esperienza di Conciliazione vita-lavoro I martedì legali con la FIBA CISL 6 La valorizzazione delle differenze 8 Gender Gap: comprendere per superare le discriminazioni di genere 9 Il gender gap inizia tra i banchi di scuola 10 Convenzione Parking 2015 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 2 Inserimento lavorativo dei disabili: una scelta di civiltà Antonella De Sanctis Il lavoro per la persona con disabilità non è solo uno strumento di sostegno economico, ma diventa anche elemento fondamentale di realizzazione del proprio essere. Tuttavia, non è detto che l’ingresso del disabile nel mondo del lavoro comporti automaticamente un’occasione di affermazione di sé, di ampliamento di conoscenze e di arricchimento delle relazioni interpersonali significative e stabili. Perché ciò avvenga, occorrono strumenti gestionali di stimolo alla crescita dell’intera collettività. Servono iniziative strutturate che possano sviluppare un ambiente aperto all’accoglienza e, allo stesso tempo, consapevole dell’impegno che richiede integrare ogni forma umana di diversità, rispettandone identità e bisogni. Il percorso avviato in Banca sulla gestione delle differenze è in buone mani. Riguardo al mondo della disabilità, si è per ora focalizzato sull’esame del caso concreto di eccellente inserimento di disabili sensoriali avvenuto presso la Sede di Roma. Si tratta di una positiva esperienza, dovuta in gran parte alla sensibilità e alla buona volontà del gestore di queste risorse, che costituirà un esempio di buona prassi per le altre strutture. Dalla nostra esperienza sul campo, in Banca d’Italia e soprattutto nel grande mondo della Cisl dove il tema è considerato “core”, possiamo affermare che l’obiettivo principale da perseguire è quello di favorire un approccio all’inserimento lavorativo delle categorie svantaggiate in modo personalizzato e attento alle specifiche caratteristiche individuali di ogni singola Persona. Sappiamo bene che un punto su cui mettere la massima attenzione è la giusta assegnazione della struttura all’atto dell’assunzione perché il fattore ambientale e le mansioni adeguate da svolgere sono garanzia di successo dell’inserimento lavorativo. La fase di acquisizione delle informazioni sulle caratteristiche del lavoratore è, quindi, cruciale. Informazioni che, nel rispetto della privacy, dovrebbero tener conto dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della salute) promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nell’ICF l’approccio alla disabilità non si focalizza più sulla malattia o invalidità, ma sullo stato di salute e sul funzionamento del soggetto. Le voci classificate sono centinaia e testimoniano la diversità di ciascun soggetto disabile rispetto ad un altro. Il funzionamento e la disabilità vengono così esaminate come un complesso mix tra le capacità dell'individuo e l'interazione con i fattori ambientali e personali. C’è quindi sempre più necessità di adeguate capacità dei manager (per attitudine personale o per formazione acquisita) in particolare per la diversità di problematiche e di metodiche di gestione. Pertanto, va certamente evitato l’inserimento in posizioni inferiori, rispetto alle effettive capacità, i continui cambi di mansioni, e, soprattutto, la valutazione delle performance in modo standardizzato. Anche in occasione di assenze per malattia, che in alcuni casi possono essere più frequenti, occorre valutare con attenzione le volte in cui sia il caso di far effettuare le visite fiscali domiciliari. Diverse volte abbiamo assistito a mancanza di sensibilità da parte dei capi delle strutture che hanno disposto visite fiscali nei confronti di disabili uditivi (risultati assenti……in quanto soli in casa) oppure di disabili psichici sottoposti a cure farmacologiche (risultati anche questi assenti…. in quanto soli in casa). Noi crediamo che più il disabile sia a maggior rischio di esclusione, più deve arricchire la propria individualità e acquisire un ruolo sociale nell’ambiente di lavoro. Questo è il cambio di cultura aziendale che può rappresentare il momento di passaggio per concepire il disabile come una persona pienamente produttiva per l’azienda e valutare tra i fattori premianti o penalizzanti dei manager la buona riuscita o l’insorgenza di problematiche. E’ non di meno una missione difficile che richiede un impegno forte da parte di tutti coloro che vi si accingono. A rendere ancora più impervia la strada va considerato che si tratta di un argomento “non di moda”; nei dibattiti sui grandi temi del mercato del lavoro e della legislazione, per esempio, è spesso emarginato, eppure è talmente indicativo dello stato di una civiltà… Forum sui Diritti Umani “Note di Diritti e Libertà” Dal Coordinamento Femminile Si è tenuto a Roma, nelle giornate del 9 e 10 febbraio 2015, il forum di informazione, discussione e riflessione sui diritti umani “Note di Diritti e Libertà”, organizzato dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (coordinato dalla nostra valente ex collega Monica Parrella). Durante la recente Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea il Dipartimento per le pari opportunità, attraverso l’organizzazione del “Villaggio antidiscriminazioni”, ha voluto sperimentare una formula partecipata di informazione, divulgazione, discussione e riflessione sul tema delle discriminazioni e, quindi, dei diritti umani al fine di informare e sensibilizzare la più ampia platea. Fine ultimo sarà condividere criticità e strategie d’azione nei vari ambiti dei diritti fondamentali, per affinare e ampliare l’azione governativa e renderla rispondente alle esigenze espresse dal territorio e dagli attori rilevanti. Il Forum è stato strutturato attraverso sessioni operative di lavoro su temi specifici legati ai diritti umani fondamentali. Il Coordinamento FIBA CISL ha partecipato al dibattito su “Discriminazioni di genere e empowerment delle donne”. Il confronto tra parti istituzionali (Alessandra Servidori, consigliera nazionale PO), associazioni private (Fabio Galluccio, consigliere Valore D; Rosanna D’Antona, Presidentessa Havas PR Milano), imprese private (Michele Pontecorvo Ricciardi, Responsabile comunicazione e CSR di Ferrarelle), mondo accademico (Annalisa Rosselli, Professoressa ordinaria in storia dell’economia politica presso l’Università Tor Vergata) e media (Elisa Anzaldo, Caposervizio TG1 Rai, nel ruolo di moderatrice) ha evidenziato, dati alla mano, che le discriminazioni nei confronti delle donne sono tuttora una realtà nel nostro Paese e si realizzano in diversi ambiti. Non sussistono pari opportunità di trattamento nell’accesso al mondo del lavoro, nella retribuzione, nelle progressioni di carriera (in particolare nel conseguimento di posizioni di vertice). Fanno da sfondo carenze strutturali ed un’organizzazione del lavoro ancora orientata alla presenza fisica negli uffici che spesso non permette una adeguata conciliazione fra vita lavorativa e vita familiare. Per realizzare una effettiva parità di genere occorre intraprendere una incisiva lotta agli stereotipi di genere e al gender bias nelle procedure di selezione ed avanzamento, migliorare le condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa favorendo il ricorso a forme organizzative flessibili che consentano la conciliazione tra vita privata ed attività pubblica, promuovere e sostenere l’empowerment femminile, valorizzando le esperienze e le competenze delle donne. Premessa necessaria è la realizzazione di infrastrutture e servizi di supporto alle famiglie, intese nel senso più ampio, per alleggerire - i carichi di cura, ancora troppo sperequati a danno della componente femminile; agire ove il pregiudizio radica e trae fondamento, decostruendo archetipi desueti e ricostruirne nuovi, sensibili del cambiamento. Pubblico e privato devono colloquiare e collaborare di concerto, le leggi vanno scritte ed ottemperate per offrire ai cittadini la possibilità di piena e sostanziale realizzazione nella consapevolezza delle scelte. Esempi virtuosi vanno diffusi ed incentivati, in tempi di tagli e contrazione del welfare state, gli interventi sulle politiche di genere risultano parcellizzati, è quanto mai necessario, invece, porli come linea comune e propedeutica a qualsiasi azione di governo. Momenti di riflessione e di confronto, come il forum, possono aiutare in tal senso 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 3 L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro? Dalla Segreteria Mala tempora currunt, diceva Cicerone, e per i lavoratori e le lavoratrici onesti è sempre più difficile riuscire a mantenere uno standard democratico di tutela del proprio posto di lavoro. Al di là del facile populismo delle sempre più frequenti esternazioni del Governo, in tema di stravolgimento dei presidi normativi nel mercato del lavoro, tentando di arginare la voragine della disoccupazione (nel III trimestre 2014 ha raggiunto il 13,2% pari a 3.410.000 persone! Fonti ISTAT) al grido: “saniamo le disparità contrattuali con meno tutele per tutti!”, noi crediamo ancora che l’Italia sia una repubblica democratica fondata sul lavoro e che riconosca a tutti i cittadini questo diritto, nonché promuova le condizioni che lo rendano effettivo (artt.1 e 4, Cost.It.). Ebbene, pare invece, che il lavoratore sia messo all’angolo nel difenche dere l’attività o la funzione concorra al progresso materiale o spirituale della società tutta, e che ha il dovere di svolgere. L’art. 4 della Costituzione riconosce, infatti, in capo al cittadino il diritto/dovere di lavorare, ma attribuisce all’organizzazione statale la funzione di vigilanza sul corretto esercizio dell’attività lavorativa (richiedendo eventuali requisiti per talune professioni con l’istituzione di abilitazioni, iscrizioni ad albi, licenze, etc o tutelando talune categorie conassunzioni agevolate, disciplinando le assunzioni per pubblici incarichi, etc) e designa lo Stato a promuovere tutti i provvedimenti di politica economica e fiscale, necessari ad ampliare e facilitare l’accesso delle forze lavoro nel mercato. Queste enunciazioni della carta fondamentale italiana, traggono origine da coevi provvedimenti discussi ed approvati a ridosso del secondo conflitto mondiale, quando il mondo occidentale si trovava a render conto dell’orrore dei regimi totalitari che avevano radicato in Europa. L’articolo 23 della Dichiarazione Universale dei diritti umani, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948, enuncia il diritto al lavoro, la tutela della salubrità degli ambienti e delle condizioni di lavoro, l’equità retributiva, il diritto ad una “remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale”, il diritto sindacale “Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi”. Tutti principi, questi, di cui non solo non abbiamo ancora contezza, ma che già vogliono sovvertire ritenendoli superati…. Più recentemente, nel 1996, la Carta Sociale Europea, promulgata dal Consiglio d’Europa, nel ssare dei principi democratici minimi comuni agli Stati membri, riprendeva gli enunciati appena ricordati, affermando che la dignità umana è commisurata da standard necessari come il diritto al lavoro, all’equa retribuzione, alla formazione, alla tutela dei minori, degli anziani e dei diversamente abili, alla tutela della maternità, alla salute, alla sicurezza sociale, all’abitazione, e, vorrei soffermarmi, su questi dettami: Ogni persona ha diritto alla protezione dalla povertà e dall’emarginazione sociale, Ogni persona sprovvista di risorse sufficienti ha diritto all’assistenza sociale e medica, Ogni persona ha diritto di beneficiare di servizi sociali qualificati. In questa Europa unita dalla moneta, distante dall’esercizio dei diritti, quando vedremo raggiunti questi obiettivi? Ed in un momento storico in cui politici e politicanti si destreggiano nell’addossare colpe ad altri delle proprie inettitudini e dell’incapacità di attrarre i cittadini all’impegno sociale, leggere a chiare lettere la necessità dell’associazionismo in tema dei diritti sociali, fa riflettere: Tutti i lavoratori e datori di lavoro hanno diritto di associarsi liberamente in seno ad organizzazioni nazionali o internazionali per la tutela dei loro interessi economici e sociali; Tutti i lavoratori e datori di lavoro hanno diritto di negoziare collettivamente; Tutti i lavoratori hanno diritto ad una tutela in caso di licenziamento; I rappresentanti dei lavoratori nell’impresa hanno diritto ad una tutela contro gli atti suscettibili di recar loro pregiudizio e devono poter avvalersi di adeguate strutture per esercitare le loro funzioni; perchè Tutti i lavoratori hanno diritto alla dignità sul lavoro. I principi enunciati dalle fonti normative interne ed internazionali sono omogenei ed univoci: il settore del lavoro non può essere lasciato al libero arbitrio del mercato, ma deve costituire oggetto di politiche pubbliche nel quadro di una più ampia programmazione di stato sociale. L’esercizio dell’attività lavorativa è completamento della dignità personale e sociale, basata su una meritocrazia effettiva, vegliando sui criteri di formazione del merito trasparenti, certi e dichiarati, avulsi da discriminazioni o suscettibili di interessi lobbistici. La meritocrazia parametrata alla dignità umana, all’esperienza, alle capacità individuali, in un contesto di valorizzazione dei talenti e, come tali, prioritari rispetto a qualsiasi altra tipologia. Pari opportunità nel rispetto delle differenze. Il rischio, invece, nel gestire le emergenze della contingenza, è una pericolosa deregolamentazione e ricorso allo strumento della flessibilità, anche ove non necessario, per uniformare verso il basso i parametri retributivi e contributivi. Questo rischio è avvertito anche a livello internazionale, ove le Nazioni Unite sono intervenute per chiarire che “specifiche misure destinate a incrementare la flexicurity dei mercati del lavoro non devono rendere il lavoro meno stabile o ridurre la protezione sociale dei lavoratori”. Il concetto di flessicurezza è il nuovo mantra degli economisti, come la deregolamentazione fu negli anni ’90. L’elasticità richiesta al mercato del lavoro non può, né deve prescindere dal rispetto dei principi fondamentali dei diritti umani: il diritto al lavoro, che sottende il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art.3, Cost.It.). Il diritto al lavoro, come tale, non ha pertanto nulla a che vedere con una falsa ipotesi di neoliberismo. Strettamente connesso al diritto del lavoro ed alle sue tutele è il diritto sindacale, ovunque sancito. Un’abile manovra di mistificazione vuole confondere il sindacato con cattivi sindacalisti, così come vuole identicare il pubblico impiego con una lobby inutile e fannullona. Anche nel nostro piccolo sappiamo di comportamenti scorretti da parte di sindacalisti spregiudicati che fanno uso del proprio ruolo per perseguire ni personali e non tutelano la collettività che rappresentano, così come sappiamo di colleghi più o meno solerti, capi o sottoposti più o meno capaci, ma questo non deve indurre nella generalizzazione. Di disaffezione si perisce più facilmente che di delusione. Per noi è facile parlare. Siamo un sindacato relativamente piccolo in Banca. Si può dire che quasi ci si conosca tutti personalmente. Siamo però abituati a pensare in grande, perché è ad una grande organizzazione nazionale che apparteniamo. Una organizzazione confederale che ha scritto la storia della tutela sindacale e che ha ancora molto da offrire ai milioni di lavoratori e lavoratrici che nei diversi settori economici unisce. Ai più scettici una domanda: se non ci fosse stato il sindacato in questo Paese, sarebbe stato possibile avviare la ricostruzione su base sociale? Tanti istituti che oggi si danno per scontati, che, anzi, si considerano obsoleti, ostacolo all’affermazione dell’imprenditoria, sono il risultato di battaglie civili per cui milioni di lavoratori hanno dato la vita. Diritti non ancora riconosciuti nei due terzi del mondo ove oggi, astuti finanzieri, concentrano gli investimenti adducendo gli effetti della globalizzazione. La civiltà del lavoro, cui è anche intitolato un bel viale nel quartiere EUR della Capitale, avrebbe senso di essere ove il lavoro fosse senza tutele? L’inutilità (e lo scioglimento) delsindacato è sempre stato pericolosamente propagandato da ogni regime totalitario… Pensiamoci prima di abiurare. - 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 4 Pensione opzione donna: quanta fatica per i diritti! Dalla Segreteria Si chiama Opzione Donna la possibilità per le donne di andare in pensione con 57 anni di età e 35 anni di anzianità entro il 31.12.2015, a condizione che le stesse optino per il sistema contributivo e cioè per un assegno di pensione inferiore. Questa possibilità è stata introdotta nel 2004 con legge 243 che, all' articolo 1 comma 9 , sancisce: "In via sperimentale,fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome, nei confronti delle lavoratrici che optano per una liquidazione del trattamento medesimo secondo le regole di calcolo del sistema contributivo (...)" La riforma Fornero (legge 22 dicembre 2011 n. 214), ha messo mano pesantemente al sistema previdenziale, modificando moltissimi aspetti e allontanando di fatto, di diversi anni, la pensione. L'Opzione Donna però è stata salvata (anche in ragione del vantaggio per lo Stato a fronte della scelta del sistema contributivo) infatti l’ art. 24, comma 14 della legge 214/2011 ha stabilito che "le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi (...) ai soggetti di cui all'art.1 , comma 9 della legge 243/ 2004 (...)". Pertanto l’Opzione Donna, secondo la legge, resta in vigore con le precedenti regole. Purtroppo però non è così. L'INPS, nel marzo 2012, interviene con proprie circolari, la 35 per il lavoro privato e la 37 per il pubblico impiego, cambiando sostanzialmente le regole che la riforma Fornero non aveva toccato. Di fatto, secondo queste Circolari, la scadenza del 2015 deve essere considerata come momento dal quale decorre il trattamento pensionistico e, poiché ha arbitrariamente applicato la “finestra” di un anno e i tre mesi di aspettativa di vita, i requisiti dovrebbero essere maturati di fatto entro il 2014, anziché entro il 31.12.2015 come indicato dalla legge 243. Proprio in ragione di questo, ravvisando elementi di dubbia legittimità, la Commissione Lavoro della Camera ha prodotto diversi progetti di legge per risolvere anche questo problema ed il Parlamento si è espresso, nel novembre 2013, con propria risoluzione affinché il Governo si facesse parte attiva nei confronti dell'INPS per modificare la circolare. In questo ultimo periodo sono apparsi diversi articoli sull’argomento e da ultimo una nuova Circolare dell’INPS che dichiara di aver interpellato il Ministero del Lavoro sull’argomento. Tutta questa ondata di interesse è stata senz’altro aiutata dall’opera del Comitato Opzione Donna, attivo dal luglio 2014 su Facebook, che ad oggi ha superato le 1.800 iscrizioni. Detto Comitato ha, tra l’altro, deciso di proporre una Class Action contro l’INPS che è stata depositata a fine ottobre e della quale si è in attesa di risposta (entro 5 febbraio p.v.). Inoltre, a seguito delle pressioni esercitate, l’INPS ha a fine anno chiesto un parere al Ministero del Lavoro sulla corretta interpretazione della legge che ha istituito Opzione donna e nel frattempo non respinge le domande che saranno presentate ma le terrà in “stand-by”. La Fiba assicura la massima attenzione sull’argomento, anche attraverso il coinvolgimento dei sindacalisti Cisl presso l’INPS. Le colleghe che fossero interessate alla possibilità di scegliere di andare in pensione con Opzione Donna possono contattarci oppure seguire il Comitato su FB. Politica estera sindacale Tonino Nocera Qualche mese fa i segretari nazionali di CGIL-CISL-UIL hanno inviato una lettera al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi e al Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni chiedendo il riconoscimento dello stato di Palestina. Pensavo, erroneamente, che le organizzazioni sindacali non si occupassero di politica estera. Ma le relazioni internazionali non sono un supermercato dove comprare quel che si vuole. Lettera al CASC Dalla Segreteria AI Presidente del CASC Ai Membri del Consiglio Direttivo Dalla lettura delle circolari CASC che vanno in diffusione in quest'ultimo periodo, abbiamo notato che nella programmazione dei viaggi non sono previste particolari attenzioni nelle tariffe dedicate alle esigenze delle famiglie, cosa che viene riscontrata invece nei soggiorni. Lo sconto peri bambini che viaggiano coni genitori o un piano famiglia sono necessari a favorire la partecipazione di pili Soci alle iniziative culturali in Italia e all'estero. Le finalita culturali, ricreative e associative devono innanzi tutto tener conto del nucleo sociale che e alla base della vita del sodalizio: la famiglia. La partecipazione ai viaggi da parte dei nuclei familiari, in cui spesso i genitori utilizzano camere condivise con figli minori, deve essere incentivata con adeguate forme di riduzione per i bambini e tariffe family friendly. Un'altra importante iniziativa per differenziare l'offerta e favorire i soci pm giovam e costituire una linea di viaggi easy con costi meno elevati e quindi abbordabili per tutte le tipologia di socio. In merito a cio il sindacato scrivente chiede che venga inserito in tutti contratti stipulati con tour operator per organizzare viaggi con il CASC una particolare attenzione per la scontistica, prevedendo tariffe con "piano famiglia" in caso di partecipazione di bambini alle iniziative e al contempo realizzare una linea di via In attesa di riscontro, si inviano distinti saluti. Roma, 12 gennaio 2015 E’ necessario avere un quadro d’insieme. Pertanto, mi piacerebbe sapere: i segretari nazionali di CGILCISL-UIL sono a favore del riconosciimento della Repubblica di Cipro del Nord e dell’Abkhazia? La NATO ha ancora un ruolo? La Crimea deve tornare all’Ucraina o restare alla Russia? I curdi hanno diritto a uno stato? E, in tal caso, che fare dell’Iraq? Assad deve lasciare il potere? Cosa pensano delle dispute territoriali su alcuni arcipelaghi nel Mar Cinese Meridionale? Infine, - per ultimo ma non ultimo come avrebbero reagito se in occasione di una consultazione tra i lavoratori per l’approvazione di un accordo sindacale l’ambasciatore di un paese straniero accreditato in Italia avesse dato indicazioni di voto? La ludoteca aziendale: un’esperienza di conciliazione vita-lavoro 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 5 Federica Marcantoni Si chiama Mini Midi Mef il servizio gratuito, ricreativo e di custodia, dedicato ai figli del personale del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La ludoteca aziendale è attivata nei periodi di chiusura delle scuole, in uno spazio appositamente realizzato sulla base delle esigenze d’incontro, di studio/lettura e di gioco per bambini e ragazzi dai 4 ai 12 anni. Gli obiettivi che hanno spinto alla realizzazione di questo progetto sono stati principalmente l’inclusività, intesa come la rimozione degli ostacoli tra impegni di lavoro e familiari e il conseguente accrescimento del senso di appartenenza e della motivazione sul lavoro. L'interesse dell'azienda a farsi carico di parte delle esigenze di integrazione dei tempi di vita e di lavoro, al fine di aumentare sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, il grado di partecipazione / inclusione del dipendente ai processi lavorativi e all'organizzazione del lavoro nel suo complesso, ha contribuito al miglioramento del clima organizzativo complessivo. Ovviamente non si tratta dell’unico servizio offerto che mira ad una conciliazione vita-lavoro: insieme all’MMM sono attivi gli asili nido aziendali, l’assistenza domiciliare per servizi di babysit- ter e badanti, sussidi scolastici e di trasporto, convenzioni non onerose e anche una Carta della Conciliazione, un insieme di regole di buona condotta per il rispetto dei tempi di vita, delle esigenze familiari e genitoriali (ad esempio si invita a non organizzare riunioni di sera tardi…). Il progetto del Mini Midi Mef nasce nel 2010 per aprire effettivamente nel 2011 e nel 2013 viene selezionato dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la concessione di un contributo finalizzato alla promozione delle politiche a favore delle pari opportunità di genere e riceve dal Dipartimento della funzione pubblica il Premio nazionale per l’innovazione, con- ferito dal Presidente del Centro Nazionale delle Ricerche alla presenza del Presidente della Repubblica e del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. In ambito internazionale, invece, ottiene conferma della sua validità ricevendo dalle Nazioni Unite il più importante riconoscimento conseguibile in tema di servizio pubblico: gli United Nations Public Service Awards 2013, categoria relativa all’erogazione di servizi pubblici gender-responsive. Il servizio prevede turni di 5 ore al mattino e al pomeriggio per un massimo di 40 bambini compresenti a turno, per un educatore ogni 7 bambini. Ci si può prenotare tramite un collegamento on line e sono previsti, in caso di domande eccedenti, criteri di priorità basati sul reddito annuo, presenza di figli disabili, più figli minori, un solo genitore, ecc. E’ previsto da contratto anche un servizio navetta (dai 5 anni) con educatori che curano l’accoglienza dei bambini. A fronte di costi non ingenti di investimento iniziale e di gestione, questo servizio ha prodotto una diminuzione delle assenze di circa l’11% tra i dirigenti e di circa l’8% tra gli impiegati e un miglioramento del clima organizzativo (nell’indagine di customer satis- faction l’85% dei dipendenti ha dato un giudizio positivo). Il format è completamente asportabile ed è interessante anche per una realtà come la nostra. Ad esempio si potrebbe prevedere un servizio navetta dal polo Centrale di via Nazionale al Centro sportivo di Via Tuscolana per molti colleghi che ora rinunciano a tale servizio offerto nei mesi estivi per le distanze dal luogo di abitazione –lavoro. Oppure si potrebbe prevedere un servizio alternativo. Bisogna stimolare un cambiamento culturale: la valorizzazione della persona costituisce un beneficio a vantaggio del singolo ma anche dell'organizzazione. Adottare la prospettiva del diversity management significa innanzitutto riconoscere le differenze: non ignorarle o rifiutarle, ma gestirle attivamente. Attraverso questo cambiamento l'organizzazione cerca di creare le condizioni in cui la persona possa sentirsi riconosciuta e valorizzata, quindi incoraggiata a esprimere appieno le proprie potenzialità e la propria creatività. Questa è la sfida rispetto ai sistemi tradizionali che promuovono la somiglianza e l'omologazione. I martedì legali con la FIBA CISL - Dalla Segreteria Prende il via dal 10 Marzo 2015 il ciclo di seminari legali in collaborazione col Centro Psicologico Roma e lo studio Santi Licheri, presso la sede di V.Panisperna, 32 a Roma. Ci troveremo a dibattere del diritto familiare e del diritto del lavoro alla luce delle recenti riforme normative. Un’occasione utile per ampliare le nostre conoscenze in tema di diritti soggettivi e per farli valere nella vita di tutti i giorni. Eredità, separazione, filiazione, adozione, ma anche contratti atipici e licenziamenti, misure di accompagno, pensione e reversibilità argomenti quanto mai attuali e dibattuti. Proveremo a far luce con l’ausilio dell’avvocata Annaluce Licheri, specialista in diritto privato e commerciale, delle implicazioni legali nel nostro vivere quotidiano. La frequenza ai seminari degli iscritti FIBA CISL e familiari è gratuita Per info ed iscrizioni: [email protected] tel.06 4792 2270 Programma: Diritto di Famiglia • 10 marzo - Evoluzione del diritto di famiglia fino alle nozze omosessuali Matrimonio, diritti e doveri reciproci dei coniugi, promessa di matrimonio con seduzione, filiazione. • 17 marzo - Le coppie di fatto - Effetti e differenze col matrimonio, convivenza more uxorio, compresa filiazione • 24 marzo - Il regime patrimoniale della famiglia e le convenzioni patrimoniali L' impresa familiare, il fondo patrimoniale, la gestione economica delle risorse familiari, Il risarcimento danni nelle relazioni familiari violente. La sindrome da alienazione familiare, residenza e domicilio civile e fiscale (novità sulla riforma del diritto familiare) • 31 marzo - La crisi dentro e fuori del matrimonio La separazione giudiziale e consensuale, la negoziazione assistita, il divorzio, effetti civili, patrimoniali e fiscali della cessazione dell’unione, l'assegno di mantenimento, l'assegnazione della casa coniugale, assistenza previdenziale, i diritti successori, l'affidamento della prole, diritti e doveri dei genitori separati, danno morale del genitore assente. • 07 aprile - La violenza in famiglia e ruolo dei servizi sociali - Forme e tutele. Convivente e figli, tutele e azioni (crisi della famiglia e ordini di protezione d’urgenza) provvedimenti nei confronti dei figli • 14 aprile - Eredità e successione - Diritti e doveri degli eredi, comunioni forzose, effetti accettazione eredità, obblighi e effetti patrimoniali degli eredi, pensione di reversibilità, etc. Diritto del Lavoro • 21 aprile - discriminazioni sul posto di lavoro • 28 aprile - nuovi contratti di lavoro (job act e nuove forme di lavoro) effetti e confronti previdenziali ed assistenziali • 5 maggio - contenzioso con il datore di lavoro. Ruolo del sindacato • 12 maggio – azioni di conciliazione e best practice: orario di lavoro, telelavoro e remoto, nido aziendale etc. 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 6 La valorizzazione delle differenze Gabriella Poli Le mie ricerche sono esplorative avendo utilizzato indicatori e metodologie qualitativi (interviste, storie, partecipazioni a corsi su tematiche psicosociali); non ci sono quindi risultati quantitativi. Tuttavia le indagini effettuate possono offrire ipotesi per progetti di ricerca. Per ciò che riguarda la metodologia applicata seguo un approccio storico-sociologico che non ha pretesa di essere esaustivo in quanto offre uno dei possibili punti di osservazione e riflessione sui cambiamenti globali nella società attuale. In ogni caso i risultati di carattere sociologico sono da considerarsi tendenzialmente probabilistici proprio perché esplorano la complessità della dimensione umana di cui l'osservatore e l'oggetto osservato fanno parte. Ciò ha permesso alla sociologia di superare il determinismo scientifico (che caratterizzava nel secolo scorso le scienze esatte) e di seguire più da vicino le scoperte della scienze della complessità (fisica quantistica, biologia ...) per le quali la realtà è: "liquida"(come sostiene Z. Bauman) " dove la velocità e la leggerezza sono gli strumenti per rispondere a situazioni che si modificano prima che i modi di agire si consolidano in procedure consolidate" ) e apparentemente disorientata (come la definisce D. De Masi) in quanto i modelli precedenti non risultano essere più soddisfacenti per trovare soluzioni a nuove sfide. La valorizzazione della diversità nella società attuale Prima di entrare brevemente nella tematica trattata, è importante esaminare alcuni aspetti della società attuale che dalla seconda metà degli anni cinquanta è stata definita “società postindustriale”, la "terza ondata "come la chiamava Toffler, centrata sulla produzione di beni immateriali, come i servizi, le informazioni, i simboli, i valori. Ecco alcuni suoi aspetti: risorse: le risorse più apprezzate in questa realtà, sono “l’intelligenza, la comunicazione, la creatività individuale e di gruppo, la conoscenza, l'informazione, l'energia, i networks, che sono particolarmente importanti nei settori dove è coltivata il benessere della persona come nel tempo libero, nella formazione, nei servizi per la salute. Tuttavia anche nei settori dominanti come quelli economici e scientifici (svolti dalle banche, dai laboratori di ricerca, dalle borse) ed in quelli che lavorano nei media, la produzione di idee, la ricerca dell’eccellenza e della qualità, l’etica, i networks virtuali, l’estetica, la comunicazione sono strumenti necessari per trovare soluzioni a sfide globali e complesse. attori sociali: gli attori sociali emergenti sono le donne, (i valori femminili indipendente dal genere); gli scienziati, gli artisti, gli intellettuali, gli operatori del tempo libero, i tecnici, i movimenti. Le loro azioni si svolgono in I luoghi "non luoghi" come ad esempio nel telelavoro, nei media, nel mondo dell'informatica, nei networks. paradigma dominante: il paradigma che prevale è "far fare alla macchina" e la strumentazione che supporta il pensiero-guida è costituita dall'elettronica , dalla bioenergetica, dalla nanotecnologia, dall'informazione. Le sfide con cui confrontarsi sono: la salute della - terra, il benessere individuale e collettivo, la progettazione del futuro su scala globale, la qualità della vita sia nel lavoro, sia nel tempo libero che nella famiglia; la riduzione dello stress, la soddisfazione dei bisogni postmaterialistici (introspezione, estetica, convivialità, collaborazione, condivisione, conoscenza, etica, valori femminili E maschili, creatività collettiva..). I conflitti scaturiscono dalla DISAFFEZIONE, dal MOBBING, dai movimenti sociali, dall'ATROFIA SENSORIALE E MENTALE, dal terrorismo globale. tempo e spazio: nel rapporto con il tempo prevale il FEEDBACK continuo, mentre nel rapporto con lo spazio prevale l'integrazione tra il mondo del lavoro ed il luogo del non lavoro, la visibilità anche a distanza (skype). vantaggi e svantaggi: i vantaggi sono dati dalla possibilità di INVENTARE (nuovi materiali ed oggetti, nuovi piaceri, nuovi bisogni, nuovi modelli), la longevità e il maggiore tempo libero. Gli svantaggi sono dati dal pericolo di manipolazioni, dalla scarsa privacy, dallo stress, dall'astrazione, dall'inquinamento (acustico, atmosferico..), dall'assenza della pausa, dall'inadeguatezza (non essere mai al passo degli aggiornamenti continui e veloci ). Tutto questo avviene in un mondo globalizzato dove le persone vivono e si comunicano le stesse paure in spazi e tempi diversi. I cambiamenti globali influenzano simultaneamente e sinergicamente la cultura, cioè la rappresentazione simbolica che ogni umano vive sia a livello collettivo che personale. Nella società postindustriale la diversità è un valore incluso nel suo paradigma ed è espresso nella formula E /E , cioè valori, culture, conoscenze, informazioni diverse convivono in una realtà complessa dove la soluzione alle sfide non è affidata solo al pensiero logico lineare ma anche al pensiero creativo; nel pensiero creativo la diversità (espressa dalla cooperazione dei nostri due emisferi, l'emisfero destro la sfera emozionale - il femminile e l'emisfero sinistro - sfera razionalemaschile ) è fondamentale. Come è valorizzata la diversità nel mondo del lavoro? La valorizzazione delle diversità è da intendersi non come un’anomalia del sistema, un “disturbo” , una causa di conflitto ma come un’opportunità per arricchire la crescita individuale e collettiva, sia in ambito domestico che extradomestico, sia nei micro e macro eventi, crescita che avviene sia su larga scala, sia nei minimi dettagli e che comporta non solo il raggiungimento di obiettivi, l'aumento della produttività ma anche lo svolgimento di un processo che consente un miglio- ramento continuo personale e collettivo. Tale modello attuato anche da grandi industrie come la Toyota che insieme alla massimizzazione dei risultati promuove la ricerca della qualità nei servizi (nel rapporto cliente - consumatore - fornitore), è il "kaizen", il migliorare sempre. MIGLIORARE SEMPRE significa che si migliora anche quando non si "vedono subito i risultati quantitativi" (la one best way fordista) perché altrettanto importanti sono gli obiettivi qualitativi più complessi e più lenti. La valorizzazione della diversità permette quindi una CRESCITA INDIVIDUALE E COLLETTIVA che affianca l'efficienza e la produttività. 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 7 La valorizzazione delle differenze (segue) La diversità è un fatto NATURALE perché fa parte della persona stessa soprattutto nel terzo millennio dove la destrutturazione di spazio e tempo consente di vivere la propria quotidianità con tanti se’ diversi, spesso contrapposti, imposti dal modello culturale prevalente sia nella società che all'interno di ambienti più ristretti come l'organizzazione lavorativa o familiare. La persona spesso finisce frammentata in tanti sé diversi a secondo che viva nel mondo del lavoro, nel tempo libero, che sia fruitrice o fornitrice di servizi. Costretta dalla morsa dell'urgenza di raggiungere un risultato o dalla necessità di essere aggiornata continuamente, l'identità individuale rischia di frammentarsi non riconoscendo appunto i suoi tanti sé che potrebbero invece convivere e manifestarsi a secondo il ruolo prefissato. Il "non riconoscimento" non avviene solo dentro di sé ma anche all'esterno: infatti, le attitudini personali molto spesso non sono sostenute, incoraggiate sia dai gruppi di riferimento primari (come la famiglia, la scuola), sia secondari (come i gruppi di ricerca, di studio e di lavoro) laddove spesso non è prevista neppure la figura di un leader capace e attento a cogliere "le PASSIONI, i talenti presenti in ogni collaboratore". Nella realtà lavorativa non è quindi previsto il chiedere al "lavoratore persona" in che cosa sia competente e in che cosa si senta più capace ad esprimere, come se la MOTIVAZIONE individuale fosse un fatto superfluo da lasciare fuori dall'ufficio. L'organizzazione si nutre così di impiegati che sopravvivono al CAOS cristallizzato dalle PROCEDURE, diversificati nei ruoli attribuiti, nelle timbrature, nelle stanze da "abitare" ma non "sfruttati" nelle loro attitudini. Si corre così il rischio che nel tempo è la persona stessa a NON RICONOSCERE più le proprie inclinazioni al punto da “maltrattarle”, nasconderle, “dimenticarle;” a RINUNCIARE alla propria potenzialità in nome dell’omologazione, del servilismo, della speranza che qualcuno o un qualsiasi altro sistema impersonale distribuisca cibo, ordine, istruzione, sicurezza ma che soprattutto si accorga di un suo qualche interesse da veicolare nel "richiamo della carriera e nel riconoscimento remunerativo". E' ovvio che la crescita professionale è fondamentale ma lo è altrettanto la soddisfazione, la motivazione, la felicità, quei riconoscimenti qualitativi che permettono di alimentare il nostro pensiero capace non solo di organizzare in base a modelli già pronti e consolidati ma anche di INVENTARE altre soluzioni. La percezione di essere sottovalutati, la frustrazione nel sentirsi inadeguati celano un latente malessere che sfocia poi in REAZIONI a problematiche quotidiane piuttosto che in RISPOSTE che porterebbero invece al confronto (non al conflitto-scontro) con la problematica sollevata, alla soluzione creata, alla crescita individuale e organizzativa. Il BENESSERE nel lavoro è qualcosa di cui si “deve ancora parlare” , non è un “fatto naturale” che naturalmente avviene nei processi vitali: nel nostro pianeta la vita FLUISCE perché esiste la diversità, il cambiamento continuo, la trasmissione di informazioni migliorative per la specie. Ora se ne discute perché la complessità sociale che stiamo vivendo ha fatto trapelare l’INSUFFICIENZA di un solo pensiero lineare più utile in un contesto sociale come quello industriale. Dagli anni ’90 in altri paesi, soprattutto negli USA, esiste una definizione per la modalità di gestione aziendale che si chiama “Diversity Management” che parte dal presupposto di valorizzare la persona e le sue specificità per creare BENEFICI sia per la persona stessa che per l’organizzazione che massimizza l’apporto ricevuto trasformandolo anche in risultato economico, in benessere organizzativo dove BELLEZZA, QUALITA’, CONSAPEVOLEZZA sociale-globale” sono valori da perseguire non solo per “moda” ma anche per “NECESSITA’” per rispondere ad una maggiore esigenza di attività ad alto contenuto intellettuale, con percorsi soggettivi. Diversity Management si pone così come INTERMEDIARIO tra il talento personale del lavoratore e gli obiettivi dell’organizzazione; tra il principio di uguaglianza e di appartenenza all’azienda e la divulgazione delle politiche sociali che sostengono la diversità; come OSSERVATORE delle reazioni delle persone-lavoratrici davanti al “cambiamento”, al “diverso”; delle criticità derivate da un eccessivo attaccamento a comportamenti adattivi. Il rischio infatti, del principio di omologazione che soddisfa il bisogno di sicurezza è la stagnazione, il malcontento sommerso, il depauperamento personale e collettivo. D.M. si propone infine, di motivare e coinvolgere tutto il personale compresi i leaders, di sostenere le politiche “life balance” (asili nido, incentivi per aiutare dipendenti con disabili, genitori anziani). In conclusione: vale la pena di confrontarsi con la diversità nonostante che il confronto sia complesso e per certi aspetti “FATICOSO”? La mia risposta è “SI” perché produce BELLEZZA e apre le porte ad una società dove la “CURA” e la “SCELTA” sono valori sociali del nostro tempo e dove il PIL è un obiettivo altrettanto importante quanto il FIL, la ricerca della felicità interna lorda. - - 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 8 Gender Gap: comprendere per superare le discriminazioni di genere Coordinamento Femminile Oltre un milione e mezzo di donne è in cerca di lavoro, la metà di esse da oltre un anno; 8,9 milioni le donne inattive. (di cui il 76,8% tra i 15 ed i 24 anni fonte: dati sull’occupazione III trim.2014 ISTAT). Un patrimonio umano inutilizzato. Sulla disoccupazione femminile di lungo periodo incidono carenze delle strutture di supporto alla maternità e sperequata distribuzione dei carichi familiari (l’abbandono del posto di lavoro è pari al 30% alla nascita del primo figlio, sale al 60% dopo il secondo, con un differenziale netto a sfavore delle madri – non risultano attive il 27,8% delle madri contro il 3,6% dei padri). Il family gap, o differenziale retributivo orario tra lavoratrici madri e non, risente delle scelte contrattuali differenti, dell’orario ridotto o degli ostacoli di carriera. Superate le barriere all’ingresso del mercato del lavoro, le donne si trovano a dover affrontare criticità non meno rilevanti: sul piano retributivo, della tipologia di contratto, mansionistico e dell’ascesa professionale. Le gabbie contrattuali soppesano la prestazione lavorativa in termini principalmente quantitativi (presenzialismo), sicuramente discriminanti per le donne sia in termini di retribuzione che di progressione carriera, sia per effetto dell’autoesclusione che per la carenza di azioni positive di sostegno. La logica del controllo del cartellino premia a discapito della valutazione qualitativa della prestazione, ed anche ove si premi il “merito” si dovrebbe analizzare su che basi valoriali questo viene attribuito. In Italia la retribuzione media giornaliera delle donne con lavoro dipendente è inferiore rispetto a quella degli uomini (69,5 contro 96,9 euro), con differenziali superiori a 30 euro l’ora in 4 regioni del Nord Italia. Solo il 75,8% delle dipendenti ha contratti a tempo indeterminato, contro l’81,5% tra gli uomini. Le donne che ricoprono ruoli dirigenziali costituiscono solo 0,4% delle dipendenti donne, e questo dato andrebbe epurato dalle cariche ottenute in aziende familiari. In Europa, nel 2014 le donne hanno continuato a lavorare 59 giorni a salario zero, questo è il differenziale figurativo delle retribuzioni tra uomini e donne, cioè quel 16% di differenza - presenza e non al risultato. Il fenomeno dell’autoesclusione è poi tipicamente femminile. Per motivi pratico logistici di conciliazione con la famiglia o per minore spregiudicatezza nell’affrontare la competizione di carriera la difficoltà di mettersi in rete, le professionalità femminili sono spesso sottovalutate. Le competenze e la capacità delle donne fondano su valori spesso non considerati dall’organizzazione lavorativa androreferenziale o vengono considerate connaturate all’appartenenza del sesso biologico, quindi spontanee. Preconcetti di questo tipo alimentano discriminazioni salariali e condizionano la valutazione del lavoro femminile. La presenza femminile nel mercato del lavoro è poi concentrata in settori del terziario a maggiore propensione per la cura (badanti, colf, babysitter, domestiche, ma anche infermiere, addette alla cooperazione sociale e volontariato), ma meno riconosciuti nella scala retributiva. La sperequazione dei carichi familiari condiziona spesso la scelta dell’impiego in categorie orarie o tipizzazioni contrattuali o professionali compatibili con la vita familiare, ma sicuramente incidenti sulla busta paga. La distribuzione del potere in strutture verticistico piramidali, la filiera del comando gerarchico funzionale, la prestazione di lavoro commisurata alla timbratura del cartellino, reiterano schemi da campus dell’esercito media tra la retribuzione oraria di uomini e donne nell’intera economia (fonti Eurostat Giornata Europea per la Parità retributiva 2014) Il divario retributivo incide sul reddito femminile lungo tutto l’arco di vita: guadagnando meno degli uomini, anche durante la pensione, le donne sono più esposte al rischio di povertà in vecchiaia. Nell’Unione Europea sono per lo più le donne a svolgere lavori part-time (il 34,9 % contro appena il 8,6 % degli uomini, fonti Erostat, 2013) pagandone poi le conseguenze in termini di carriera, opportunità di formazione, diritti pensionistici e sussidi di disoccupazione, tutti fattori che accentuano le asimmetrie retributive uomo-donna. Il differenziale retributivo tra generi è sicuramente un fenomeno complesso, imputabile a una serie di concause che radicano nell’economia, ma anche nella cultura e nei pregiudizi dei ruoli. La presenza femminile in taluni ambiti è ancora considerata l’eccezione, il linguaggio non aiuta e non si adegua a questi ingressi. Troppo spesso ed in troppi ambiti sentiamo coniugazioni al maschile di cariche e ruoli ove esiste il corrispettivo genere femminile (ministra, avvocata, direttrice, segretaria generale, deputata, ingegnera, assessora, medica, sindaca, etc.) con discontinuità e oscillazioni che dipendono spesso da ragioni extra-linguistiche, confondendo la cacofonia del termine con il disvalore che sottende, con la marcatura della presenza. Un valore politico, non grammaticale. A questa segregazione professionale segue una discriminazione salariale dovuta all’organizzazione del lavoro. A mansioni analoghe le donne vengono spesso retribuite meno. Le pratiche invalse negli ambienti di lavoro, soprattutto per l’avanzamento di carriera e le opportunità di formazione, finiscono anch’esse per incidere sulla retribuzione delle donne. Le donne sono spesso discriminate dai sistemi di incentivazione del personale (bonus, premi di produzione e presenza, incarichi e missioni o altri incentivi monetari) o dalla composizione della busta paga che lega la retribuzione alla romano, non permettono a talenti diversi di esprimersi. Nella gestione del potere non basta formare un governo equamente ripartito tra ministre e ministri per assicurare il superamento delle discriminazioni di genere. Si deve analizzare, numeri alla mano, come si articola la trasmissione del comando nelle cariche per sottosegretarie, capo del gabinetto, direttrici generali, etc. C’è pari discriminazione nel pubblico come nel privato. scuola d’infanzia e primaria, si dirada via via fino quasi a scomparire nelle cattedre universitarie (5 rettrici su 78), nonché nelle posizioni gestionali (meno del 40% dei dirigenti scolastici sono donne). 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 9 Gender Gap: comprendere per superare le discriminazioni di genere (segue) Nella scuola la presenza femminile nel corpo docente è inversamente proporzionale al crescere di grado di istruzione: in maggioranza assoluta nella scuola d’infanzia e primaria, si dirada via via fino quasi a scomparire nelle cattedre universitarie (5 rettrici su 78), nonché nelle posizioni gestionali (meno del 40% dei dirigenti scolastici sono donne). Nella giustizia le donne sono state ammesse per legge alla professione forense solo nel 1919, alla magistratura con la L.66/1963 (che consentì alle donne l’accesso a tutte le cariche e agli impieghi pubblici, compresa la magistratura, ma non in quella militare, per la quale il divieto fu rimosso nel 1989, e la carriera diplomatica per cui si attese il 1967). Furono battaglie estenuanti contro la summa dei pregiudizi che ancoravano la superiorità maschile a motivi biologici e morali (cfr. intervento E. Ranelletti “la donna giudice ovverosia la grazia contro la giustizia”, 1957). Adesso la rara presenza negli organismi di massima rappresentanza auspichiamo sia da imputarsi all’esiguo numero di eleggibili, nonostante le magistrate siano oggi oltre quattromila (46%) e, a vincere i concorsi, siano ormai in prevalenza le donne (sull’argomento lettura consigliata: “La giudice” P.di Nicola). La femminilizzazione del pubblico impiego si è realizzata lentamente e con modalità differenti, sia in relazione ai comparti, sia alle qualifiche ricoperte. La possibilità di conciliare gli impegni di lavoro con quelli familiari, resa attuabile da un sistema consolidato di permessi e congedi e da orari di lavoro più brevi, ha agevolato tale accesso. La riforma della scuola dell’obbligo, la riforma sanitaria, il decentramento amministrativo su base regionale negli anni ’70, l’accesso alle Forze armate negli anni ’90 apre alle donne nuovi accessi al mercato del lavoro, fino a raggiungere oltre il 60% della compagine lavorativa. (fonte statistiche Aran anno 2013). La Pubblica amministrazione però, oltre a costituire un bacino occupazionale per le donne, non offre pari opportunità di carriera: una composizione del personale a maggioranza femminile registra una presenza ancora minoritaria delle donne nei livelli dirigenziali. I progressi conseguiti dalle donne sembrano legati più a fattori socio-demografici che a cambiamenti culturali e organizzativi: esse raggiungono le fasce dirigenziali per anzianità di servizio piuttosto che per il riconoscimento immediato delle proprie capacità, secondo una consuetudine comune e radicata nei meccanismi di avanzamento per tutti i dipendenti del settore pubblico. E spesso sul piatto della bilancia devono offrire la costrizione degli spazi privati ed una dedizione zelante e costante all’azienda. Nel privato abbiamo dovuto promulgare una legge a sostegno della presenza femminile nei CdA (L.120/2011 c.d. Golfo/Mosca). Dal 2011, anno in cui è stata approvata la normativa (secondo cui gli organi sociali delle società quotate in scadenza devono essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri alle donne) ad oggi la presenza femminile nei CdA è raddoppiata, segno evidente che le cose da sole non cambiano, perché non c’è desiderio che cambino… Anche in politica poche le segretarie di partito (1 su 15 partiti maggiori), poche le segretarie nazionali delle organizzazioni sindacali, sebbene politica e sindacato abbiano fatto loro le lotte alla discriminazione. Avere donne nei posti di comando non è una mera rivendicazione di genere, né una questione numerica, è esercizio di democrazia reale, paritaria e rappresentativa della società in tutte le sue anime, è confronto costruttivo tra metodi ed approcci differenti per raggiungere obiettivi comuni. Finché la metà della popolazione ne sarà esclusa, non si potrà definire democrazia. Il gender gap inizia tra i banchi di scuola. - Sabrina Cicin Le donne sono mediamente più scolarizzate degli uomini con una minore propensione all’abbandono scolastico (13,7% contro il 20,2% fonte: BES 2014 ISTAT) ed una maggiore partecipazione all’attività di formazione permanente (il 6,5% delle donne partecipa a formazione extra scolastica, formale o informale, rispetto al 5,8% degli uomini). Il sorpasso è avvenuto oramai anche per i livelli apicali dell’istruzione (27,2% contro il 17,7% maschile), sebbene le donne laureate e specializzate, rispetto la media europea, siano ancora esigue rispetto la popolazione adulta, con punte del 15% nel Lazio e solo il 9% in Puglia. Merita riflessione se il dato risenta dell’offerta formativa localmente più ampia, con fenomeni di migrazione residenziale interna, o sia un effetto culturale di ruolo. La questione rilevante è che a standard qualitativamente migliori, non corrisponde un impiego ottimale delle risorse, sia in termini di accesso, che di permanenza nel mercato. Il gap tra generi si manifesta anche perché si è di fronte di un capitale umano sofisticato, spesso non spendibile. Le donne studiano di più e meglio, sono mediamente più diligenti dei compagni dell’altro sesso, ma sbagliano l’obiettivo, scelgono materie poco appetite dal mercato. E fanno, quindi, meno carriera… Alcuni dati, nei corsi insegnamento scelti da donne rappresentano l’85% delle iscritte in lingue e psicologia, 69% in lettere e filosofia, mentre solo il 23% in ingegneria e 33% nelle facoltà scientifiche. È chiaro che essere laureate in Filologia Romanza è molto interessante e conferisce sapienza, ma non garantisce un posto di lavoro in azienda, almeno non in linea col profilo del titolo di studio e, di conseguenza, una retribuzione consona agli anni dedicati alla formazione, sono questi titoli spesso neppure riconosciuti in taluni ambiti professionali. E qui si coglie un pregiudizio sessista: le donne non sono portate per le materie scientifiche. Questo non è affatto vero e non ha base di verifica. Sono, semmai, le metodologie di insegnamento ed il materiale scolastico che seguono lo schema cognitivo maschile e non permettono alle donne di conseguire prestazioni eccellenti. Questo è un refrain comune a tutti i tentativi di conservazione di un privilegio. Nella misura in cui l’accesso a una funzione è vietato o reso difficile a un gruppo di persone, queste sono indotte a non investire nelle proprie capacità di svolgerla, così alimentando la tesi di una loro incapacità genetica e un circolo vizioso che può essere vinto soltanto con azioni positive volte a spezzarlo. Il tema della segregazione orizzontale è biunivoca: la diversità è un elemento da tesaurizzare. Gruppi di lavoro monosessuati sono meno efficienti perché non colgono la visione dell’altro, non ricompongono l’insieme. È un problema di risonanza. La lotta gli stereotipi è continua e diffusa. La filosofia sottesa al diversity management è la valorizzazione delle peculiarità, l’uguaglianza nelle differenza. Criteri come genere, età, religione, fede politica, status sociale servono -a definire, non escludere profili differenti. 12 marzo 2015 IL PUNGOLO 10 CONVENZIONE PARKING 2015 Informiamo che FIBA/Aletheia hanno stipulato una convenzione con il ROYAL PARKING per la sosta degli autoveicoli dei dirigenti e nostri iscritti. Il garage si trova in Via Marsala 30/32 00185 Roma, accanto all'Hotel Royal Santina (Stazione Termini). La convenzione prevede che tutti i prezzi in allegato vanno ridotti del 20% (è richiesta esibizione tessera sindacale) ORA DI SOSTA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 EURO 5,00 7,00 8,50 10,00 11,50 13,00 14,50 16,00 17,50 19,00 20,50 22,00 22,50 23,00 23,50 24,00 24,50 25,00 25,50 26,00 26,50 27,00 27,50 GIORNI DI SOSTA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 EURO 28,00 40,00 52,00 64,00 76,00 88,00 100,00 112,00 124,00 136,00 diversa comunicazione CONVENZIONE UNIVERSITA’ GUGLIELMO MARCONI La FIBA CISL ha stipulato una convenzione destinata agli iscritti e ai loro familiari con l’Università Guglielmo Marconi di Roma, con sedi in tutto il territorio nazionale, per agevolare i lavoratori studenti nel completamento degli studi. L'Università permette di scegliere il percorso di studi più adatto alle esigenze grazie a 30 diversi corsi di laurea, 70 master, Dottorati, corsi di specializzazione e alta formazione e programmi di studio internazionali. Un modello didattico flessibile, che integra soluzioni tecnologiche avanzate di corsi universitari on line, attività d'aula, laboratori e aule virtuali, percorsi multidisciplinari ed esperienze pratico-applicative. Per gli studenti lavoratori della Banca d’Italia, l’Università potrà riconoscere come crediti formativi universitari, sec- ondo la normativa vigente al momento dell’immatricolazione, le conoscenze e le abilità professionali opportunamente certificate, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post secondario alla cui progettazione e realizzazione l’Università abbia concorso. A tal fine, il nostro ufficio fornirà adeguata assistenza. Inoltre, sulle rette di iscrizione verrà praticato uno sconto del 10%, purché all’atto dell’immatricolazione venga esibita, a corredo della documentazione richiesta, la tessera magnetica di iscrizione alla Fiba Cisl in corso di validità. Per ulteriori informazioni consultate il sito http://www.unimarconi.it/ e leggete la convenzione stipulata tra Fiba e Università, allegata alla presente. I servizi della CISL riservati agli iscritti
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