XV La Banca nana... - Il Pungolo - FIBA

Il Pungolo
Newsletter del 12 Marzo 2015
BANCA D’ITALIA
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La Banca nana...
2
Il 12 febbraio scorso la Banca d’Italia ha diffuso tra i colleghi un progetto di Riforma della rete
territoriale che intende sottoporre, senza alcuna modifica, al Consiglio Superiore del corrente
mese di marzo.
Si conclude così, con un arrogante gesto unilaterale, il lavoro della “Sede dedicata” alle Filiali
(il cosiddetto “tavolo tecnico” banca-sindacati) costituita nell’ottobre 2013 con l’obiettivo di
pervenire a “soluzioni condivise”.
Nulla di cui meravigliarsi con la Banca di questi tempi, sempre più ripiegata su se stessa,
incapace di scommettere in un vero rilancio al servizio del Paese, ma tutta protesa a menar le
mani con il sindacato nel tentativo, poco saggio, di ridurlo all’irrilevanza.
Il progetto dell’Amministrazione prevede, come noto, un forte e immotivato ritiro dal
territorio con una rete articolata in 39 Filiali (20 Sedi regionali, 6 Filiali specializzate nel
contante e 13 Filiali ad ampia operatività). Ad esse si aggiungerebbe un certo numero di Unità
di Servizio Territoriale (UST) con un numero minimo di 7 addetti.
Le nuove UST avrebbero però, e qui sta la singolarità del progetto, una data di morte certa:
entro il 2018 verrebbero tutte chiuse. Senza neppure una verifica della loro utilità e
dell’eventuale opportunità di tenerle in vita!
E dire che proprio nell’ultima riunione del “tavolo tecnico” si era finalmente deciso, per la
prima volta, di assegnare a queste Unità territoriali una serie di compiti “veri” e qualificanti, tali
da giustificarne pienamente l’esistenza.
Come dire, a titolo di esempio, che qualcuno incontra sulla sua strada una persona in agonia,
la cura, la rifocilla e una volta guarita … l’ammazza!
Una conferma, se mai ve ne fosse bisogno, del “corto circuito” che avviluppa le menti degli
insigni “strateghi” di Via Nazionale che da anni, purtroppo, coltivano l’insano progetto di una
Banca “nana”.
Roberto Nardone
FIBA CISL Banca d’Italia
Via Panisperna 32
00184 ROMA
0647922270 0647923144
fax 0647824121
SEGRETERIA NAZIONALE
Antonella De Sanctis
Roberto Nardone
Riccardo Innocenti
Massimo Ussia
Inserimento lavorativo dei
disabili: una scelta di civiltà
Forum sui Diritti Umani
“Note di Diritti e Libertà”
3
L’Italia è una repubblica
fondata sul lavoro?
4
Pensione opzione donna:
quanta fatica per i diritti!
Politica estera sindacale
Lettera al CASC
5
La ludoteca aziendale:
un’esperienza di
Conciliazione vita-lavoro
I martedì legali con la FIBA
CISL
6
La valorizzazione delle
differenze
8
Gender Gap: comprendere
per superare le
discriminazioni di genere
9
Il gender gap inizia tra i
banchi di scuola
10
Convenzione Parking 2015
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
2
Inserimento lavorativo dei disabili: una scelta di civiltà
Antonella De Sanctis
Il lavoro per la persona con disabilità non è solo
uno strumento di sostegno economico, ma
diventa anche elemento fondamentale di
realizzazione del proprio essere.
Tuttavia, non è detto che l’ingresso del disabile
nel mondo del lavoro comporti automaticamente un’occasione di affermazione di sé, di
ampliamento di conoscenze e di arricchimento
delle relazioni interpersonali significative e
stabili. Perché ciò avvenga, occorrono strumenti gestionali di stimolo alla crescita
dell’intera collettività. Servono iniziative strutturate che possano sviluppare un ambiente
aperto all’accoglienza e, allo stesso tempo,
consapevole dell’impegno che richiede integrare ogni forma umana di diversità,
rispettandone identità e bisogni.
Il percorso avviato in Banca sulla gestione delle
differenze è in buone mani.
Riguardo al mondo della disabilità, si è per ora
focalizzato sull’esame del caso concreto di
eccellente inserimento di disabili sensoriali
avvenuto presso la Sede di Roma. Si tratta di
una positiva esperienza, dovuta in gran parte
alla sensibilità e alla buona volontà del gestore
di queste risorse, che costituirà un esempio di
buona prassi per le altre strutture.
Dalla nostra esperienza sul campo, in Banca
d’Italia e soprattutto nel grande mondo della
Cisl dove il tema è considerato “core”, possiamo
affermare che l’obiettivo principale da
perseguire è quello di favorire un approccio
all’inserimento lavorativo delle categorie svantaggiate in modo personalizzato e attento alle
specifiche caratteristiche individuali di ogni
singola Persona.
Sappiamo bene che un punto su cui mettere la
massima attenzione è la giusta assegnazione
della struttura all’atto dell’assunzione perché il
fattore ambientale e le mansioni adeguate da
svolgere sono garanzia di successo
dell’inserimento lavorativo. La fase di acquisizione delle informazioni sulle caratteristiche
del lavoratore è, quindi, cruciale.
Informazioni che, nel rispetto della privacy,
dovrebbero
tener
conto
dell’ICF
(Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della salute) promossa
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nell’ICF l’approccio alla disabilità non si focalizza più sulla malattia o invalidità, ma sullo
stato di salute e sul funzionamento del
soggetto.
Le voci classificate sono centinaia e testimoniano la diversità di ciascun soggetto disabile
rispetto ad un altro. Il funzionamento e la disabilità vengono così esaminate come un complesso mix tra le capacità dell'individuo e
l'interazione con i fattori ambientali e
personali.
C’è quindi sempre più necessità di adeguate
capacità dei manager (per attitudine personale
o per formazione acquisita) in particolare per la
diversità di problematiche e di metodiche di
gestione.
Pertanto, va certamente evitato l’inserimento
in posizioni inferiori, rispetto alle effettive
capacità, i continui cambi di mansioni, e,
soprattutto, la valutazione delle performance
in modo standardizzato.
Anche in occasione di assenze per malattia, che
in alcuni casi possono essere più frequenti,
occorre valutare con attenzione le volte in cui
sia il caso di far effettuare le visite fiscali domiciliari. Diverse volte abbiamo assistito a mancanza di sensibilità da parte dei capi delle strutture che hanno disposto visite fiscali nei
confronti di disabili uditivi (risultati
assenti……in quanto soli in casa) oppure di
disabili psichici sottoposti a cure farmacologiche (risultati anche questi assenti…. in quanto
soli in casa).
Noi crediamo che più il disabile sia a maggior
rischio di esclusione, più deve arricchire la
propria individualità e acquisire un ruolo
sociale nell’ambiente di lavoro.
Questo è il cambio di cultura aziendale che
può rappresentare il momento di passaggio
per concepire il disabile come una persona
pienamente produttiva per l’azienda e valutare tra i fattori premianti o penalizzanti dei
manager la buona riuscita o l’insorgenza di
problematiche.
E’ non di meno una missione difficile che
richiede un impegno forte da parte di tutti
coloro che vi si accingono. A rendere ancora
più impervia la strada va considerato che si
tratta di un argomento “non di moda”; nei
dibattiti sui grandi temi del mercato del lavoro
e della legislazione, per esempio, è spesso
emarginato, eppure è talmente indicativo
dello stato di una civiltà…
Forum sui Diritti Umani “Note di Diritti e Libertà”
Dal Coordinamento Femminile
Si è tenuto a Roma, nelle giornate del 9 e 10
febbraio 2015, il forum di informazione, discussione e riflessione sui diritti umani “Note di
Diritti e Libertà”, organizzato dal Dipartimento
per le Pari Opportunità della Presidenza del
Consiglio dei Ministri (coordinato dalla nostra
valente ex collega Monica Parrella).
Durante la recente Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea il Dipartimento per
le pari opportunità, attraverso l’organizzazione
del “Villaggio antidiscriminazioni”, ha voluto
sperimentare una formula partecipata di
informazione, divulgazione, discussione e
riflessione sul tema delle discriminazioni e,
quindi, dei diritti umani al fine di informare e
sensibilizzare la più ampia platea. Fine ultimo
sarà condividere criticità e strategie d’azione
nei vari ambiti dei diritti fondamentali, per
affinare e ampliare l’azione governativa e
renderla rispondente alle esigenze espresse dal
territorio e dagli attori rilevanti.
Il Forum è stato strutturato attraverso sessioni
operative di lavoro su temi specifici legati ai
diritti umani fondamentali.
Il Coordinamento FIBA CISL ha partecipato al
dibattito su “Discriminazioni di genere e
empowerment delle donne”.
Il confronto tra parti istituzionali (Alessandra
Servidori, consigliera nazionale PO), associazioni private (Fabio Galluccio, consigliere
Valore D; Rosanna D’Antona, Presidentessa
Havas PR Milano), imprese private (Michele
Pontecorvo Ricciardi, Responsabile comunicazione e CSR di Ferrarelle), mondo accademico
(Annalisa Rosselli, Professoressa ordinaria in
storia dell’economia politica presso l’Università
Tor Vergata) e media (Elisa Anzaldo, Caposervizio TG1 Rai, nel ruolo di moderatrice) ha
evidenziato, dati alla mano, che le discriminazioni nei confronti delle donne sono tuttora
una realtà nel nostro Paese e si realizzano in
diversi ambiti. Non sussistono pari opportunità
di trattamento nell’accesso al mondo del
lavoro, nella retribuzione, nelle progressioni di
carriera (in particolare nel conseguimento di
posizioni di vertice). Fanno da sfondo carenze
strutturali ed un’organizzazione del lavoro
ancora orientata alla presenza fisica negli uffici
che spesso non permette una adeguata conciliazione fra vita lavorativa e vita familiare.
Per realizzare una effettiva parità di genere
occorre intraprendere una incisiva lotta agli
stereotipi di genere e al gender bias nelle
procedure di selezione ed avanzamento,
migliorare le condizioni di svolgimento
dell’attività lavorativa favorendo il ricorso a
forme organizzative flessibili che consentano la
conciliazione tra vita privata ed attività pubblica, promuovere e sostenere l’empowerment
femminile, valorizzando le esperienze e le competenze delle donne.
Premessa necessaria è la realizzazione di
infrastrutture e servizi di supporto alle famiglie,
intese nel senso più ampio, per alleggerire - i
carichi di cura, ancora troppo sperequati a
danno della componente femminile; agire ove
il pregiudizio radica e trae fondamento, decostruendo archetipi desueti e ricostruirne nuovi,
sensibili del cambiamento. Pubblico e privato
devono colloquiare e collaborare di concerto,
le leggi vanno scritte ed ottemperate per offrire
ai cittadini la possibilità di piena e sostanziale
realizzazione nella consapevolezza delle scelte.
Esempi virtuosi vanno diffusi ed incentivati, in
tempi di tagli e contrazione del welfare state,
gli interventi sulle politiche di genere risultano
parcellizzati, è quanto mai necessario, invece,
porli come linea comune e propedeutica a
qualsiasi azione di governo.
Momenti di riflessione e di confronto, come il
forum, possono aiutare in tal senso
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
3
L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro?
Dalla Segreteria
Mala tempora currunt, diceva
Cicerone, e per i lavoratori e le
lavoratrici onesti è sempre più
difficile riuscire a mantenere uno
standard democratico di tutela
del proprio posto di lavoro. Al di là
del facile populismo delle sempre
più frequenti esternazioni del
Governo, in tema di stravolgimento dei presidi normativi nel
mercato del lavoro, tentando di
arginare la voragine della disoccupazione (nel III trimestre 2014 ha
raggiunto il 13,2% pari a 3.410.000
persone! Fonti ISTAT) al grido:
“saniamo le disparità contrattuali
con meno tutele per tutti!”, noi
crediamo ancora che l’Italia sia
una repubblica democratica
fondata sul lavoro e che riconosca
a tutti i cittadini questo diritto,
nonché promuova le condizioni
che lo rendano effettivo (artt.1 e 4,
Cost.It.).
Ebbene, pare invece, che il lavoratore sia messo all’angolo nel difenche
dere l’attività o la funzione
concorra al progresso materiale o
spirituale della società tutta, e che
ha il dovere di svolgere. L’art. 4
della Costituzione riconosce,
infatti, in capo al cittadino il
diritto/dovere di lavorare, ma
attribuisce
all’organizzazione
statale la funzione di vigilanza sul
corretto esercizio dell’attività
lavorativa (richiedendo eventuali
requisiti per talune professioni
con l’istituzione di abilitazioni,
iscrizioni ad albi, licenze, etc o
tutelando talune categorie conassunzioni agevolate, disciplinando le assunzioni per pubblici
incarichi, etc) e designa lo Stato a
promuovere tutti i provvedimenti
di politica economica e fiscale,
necessari ad ampliare e facilitare
l’accesso delle forze lavoro nel
mercato.
Queste enunciazioni della carta
fondamentale italiana, traggono
origine da coevi provvedimenti
discussi ed approvati a ridosso del
secondo conflitto mondiale,
quando il mondo occidentale si
trovava a render conto dell’orrore
dei regimi totalitari che avevano
radicato in Europa.
L’articolo 23 della Dichiarazione
Universale dei diritti umani,
approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948,
enuncia il diritto al lavoro, la tutela
della salubrità degli ambienti e
delle condizioni di lavoro, l’equità
retributiva, il diritto ad una “remunerazione equa e soddisfacente
che assicuri a lui stesso e alla sua
famiglia una esistenza conforme
alla dignità umana ed integrata, se
necessario, da altri mezzi di
protezione sociale”, il diritto sindacale “Ogni individuo ha diritto di
fondare dei sindacati e di aderirvi
per la difesa
dei propri interessi”. Tutti principi,
questi, di cui non solo non
abbiamo ancora contezza, ma che
già vogliono sovvertire ritenendoli superati….
Più recentemente, nel 1996, la
Carta Sociale Europea, promulgata dal Consiglio d’Europa, nel
ssare dei principi democratici
minimi comuni agli Stati membri,
riprendeva gli enunciati appena
ricordati, affermando che la
dignità umana è commisurata da
standard necessari come il diritto
al lavoro, all’equa retribuzione, alla
formazione, alla tutela dei minori,
degli anziani e dei diversamente
abili, alla tutela della maternità,
alla salute, alla sicurezza sociale,
all’abitazione, e, vorrei soffermarmi, su questi dettami: Ogni
persona ha diritto alla protezione
dalla povertà e dall’emarginazione
sociale, Ogni persona sprovvista
di risorse sufficienti ha diritto
all’assistenza sociale e medica,
Ogni persona ha diritto di beneficiare di servizi sociali qualificati. In
questa Europa unita dalla moneta,
distante dall’esercizio dei diritti,
quando vedremo raggiunti questi
obiettivi?
Ed in un momento storico in cui
politici e politicanti si destreggiano nell’addossare colpe ad altri
delle proprie inettitudini e
dell’incapacità di attrarre i cittadini all’impegno sociale, leggere a
chiare lettere la necessità
dell’associazionismo in tema dei
diritti sociali, fa riflettere: Tutti i
lavoratori e datori di lavoro hanno
diritto di associarsi liberamente in
seno ad organizzazioni nazionali o
internazionali per la tutela dei loro
interessi economici e sociali; Tutti i
lavoratori e datori di lavoro hanno
diritto di negoziare collettivamente; Tutti i lavoratori hanno
diritto ad una tutela in caso di
licenziamento; I rappresentanti
dei lavoratori nell’impresa hanno
diritto ad una tutela contro gli atti
suscettibili di recar loro pregiudizio e devono poter avvalersi di
adeguate strutture per esercitare
le loro funzioni; perchè Tutti i
lavoratori hanno diritto alla
dignità sul lavoro.
I principi enunciati dalle fonti
normative interne ed internazionali sono omogenei ed univoci: il
settore del lavoro non può essere
lasciato al libero arbitrio del mercato, ma deve costituire oggetto
di politiche pubbliche nel quadro
di una più ampia programmazione di stato sociale. L’esercizio
dell’attività lavorativa è completamento della dignità personale e
sociale, basata su una meritocrazia effettiva, vegliando sui criteri
di formazione del merito trasparenti, certi e dichiarati, avulsi da
discriminazioni o suscettibili di
interessi lobbistici.
La meritocrazia parametrata alla
dignità umana, all’esperienza, alle
capacità individuali, in un
contesto di valorizzazione dei
talenti e, come tali, prioritari
rispetto a qualsiasi altra tipologia.
Pari opportunità nel rispetto delle
differenze.
Il rischio, invece, nel gestire le
emergenze della contingenza, è
una pericolosa deregolamentazione e ricorso allo strumento della
flessibilità, anche ove non necessario, per uniformare verso il
basso i parametri retributivi e
contributivi. Questo rischio è
avvertito anche a livello internazionale, ove le Nazioni Unite sono
intervenute per chiarire che
“specifiche misure destinate a
incrementare la flexicurity dei
mercati del lavoro non devono
rendere il lavoro meno stabile o
ridurre la protezione sociale dei
lavoratori”.
Il concetto di flessicurezza è il
nuovo mantra degli economisti,
come la deregolamentazione fu
negli anni ’90.
L’elasticità richiesta al mercato del
lavoro non può, né deve prescindere dal rispetto dei principi fondamentali dei diritti umani: il diritto
al lavoro, che sottende il pieno
sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori
all'organizzazione
politica, economica e sociale del
Paese (art.3, Cost.It.).
Il diritto al lavoro, come tale, non
ha pertanto nulla a che vedere
con una falsa ipotesi di neoliberismo.
Strettamente connesso al diritto
del lavoro ed alle sue tutele è il
diritto sindacale, ovunque sancito.
Un’abile manovra di mistificazione
vuole confondere il sindacato con
cattivi sindacalisti, così come
vuole identicare il pubblico impiego con una lobby inutile e
fannullona.
Anche nel nostro piccolo
sappiamo di comportamenti scorretti da parte di sindacalisti spregiudicati che fanno uso del
proprio ruolo per perseguire ni
personali e non tutelano la collettività che rappresentano, così
come sappiamo di colleghi più o
meno solerti, capi o sottoposti più
o meno capaci, ma questo non
deve indurre nella generalizzazione. Di disaffezione si perisce più
facilmente che di delusione.
Per noi è facile parlare. Siamo un
sindacato relativamente piccolo in
Banca. Si può dire che quasi ci si
conosca tutti personalmente.
Siamo però abituati a pensare in
grande, perché è ad una grande
organizzazione nazionale che
apparteniamo. Una organizzazione confederale che ha scritto la
storia della tutela sindacale e che
ha ancora molto da offrire ai
milioni di lavoratori e lavoratrici
che nei diversi settori economici
unisce.
Ai più scettici una domanda: se
non ci fosse stato il sindacato in
questo Paese, sarebbe stato
possibile avviare la ricostruzione
su base sociale? Tanti istituti che
oggi si danno per scontati, che,
anzi, si considerano obsoleti,
ostacolo
all’affermazione
dell’imprenditoria, sono il risultato
di battaglie civili per cui milioni di
lavoratori hanno dato la vita.
Diritti non ancora riconosciuti nei
due terzi del mondo ove oggi,
astuti finanzieri, concentrano gli
investimenti adducendo gli effetti
della globalizzazione. La civiltà del
lavoro, cui è anche intitolato un
bel viale nel quartiere EUR della
Capitale, avrebbe senso di essere
ove il lavoro fosse senza tutele?
L’inutilità (e lo scioglimento) delsindacato è sempre stato
pericolosamente propagandato
da ogni regime totalitario…
Pensiamoci prima di abiurare.
-
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
4
Pensione opzione donna: quanta fatica per i diritti!
Dalla Segreteria
Si chiama Opzione Donna la possibilità per le donne
di andare in pensione con 57 anni di età e 35 anni di
anzianità entro il 31.12.2015, a condizione che le
stesse optino per il sistema contributivo e cioè per un
assegno di pensione inferiore.
Questa possibilità è stata introdotta nel 2004 con
legge 243 che, all' articolo 1 comma 9 , sancisce: "In
via sperimentale,fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso
al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza
di un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni
e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici
dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome,
nei confronti delle lavoratrici che optano per una
liquidazione del trattamento medesimo secondo le
regole di calcolo del sistema contributivo (...)"
La riforma Fornero (legge 22 dicembre 2011 n. 214),
ha messo mano pesantemente al sistema previdenziale, modificando moltissimi aspetti e allontanando di
fatto, di diversi anni, la pensione. L'Opzione Donna
però è stata salvata (anche in ragione del vantaggio
per lo Stato a fronte della scelta del sistema contributivo) infatti l’ art. 24, comma 14 della legge 214/2011
ha stabilito che "le disposizioni in materia di requisiti
di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima
della data di entrata in vigore del presente decreto
continuano ad applicarsi (...) ai soggetti di cui all'art.1
, comma 9 della legge 243/ 2004 (...)".
Pertanto l’Opzione Donna, secondo la legge, resta in
vigore con le precedenti regole.
Purtroppo però non è così.
L'INPS, nel marzo 2012, interviene con proprie circolari, la 35 per il lavoro privato e la 37 per il pubblico
impiego, cambiando sostanzialmente le regole che la
riforma Fornero non aveva toccato. Di fatto, secondo
queste Circolari, la scadenza del 2015 deve essere
considerata come momento dal quale decorre il
trattamento pensionistico e, poiché ha arbitrariamente applicato la “finestra” di un anno e i tre mesi
di aspettativa di vita, i requisiti dovrebbero essere
maturati di fatto entro il 2014, anziché entro il
31.12.2015 come indicato dalla legge 243.
Proprio in ragione di questo, ravvisando elementi di
dubbia legittimità, la Commissione Lavoro della
Camera ha prodotto diversi progetti di legge per
risolvere anche questo problema ed il Parlamento si è
espresso, nel novembre 2013, con propria risoluzione
affinché il Governo si facesse parte attiva nei
confronti dell'INPS per modificare la circolare.
In questo ultimo periodo sono apparsi diversi articoli
sull’argomento e da ultimo una nuova Circolare
dell’INPS che dichiara di aver interpellato il Ministero
del Lavoro sull’argomento.
Tutta questa ondata di interesse è stata senz’altro
aiutata dall’opera del Comitato Opzione Donna,
attivo dal luglio 2014 su Facebook, che ad oggi ha
superato le 1.800 iscrizioni. Detto Comitato ha, tra
l’altro, deciso di proporre una Class Action contro
l’INPS che è stata depositata a fine ottobre e della
quale si è in attesa di risposta (entro 5 febbraio p.v.).
Inoltre, a seguito delle pressioni esercitate, l’INPS ha a
fine anno chiesto un parere al Ministero del Lavoro
sulla corretta interpretazione della legge che ha
istituito Opzione donna e nel frattempo non respinge
le domande che saranno presentate ma le terrà in
“stand-by”.
La Fiba assicura la massima attenzione
sull’argomento, anche attraverso il coinvolgimento
dei sindacalisti Cisl presso l’INPS.
Le colleghe che fossero interessate alla possibilità di
scegliere di andare in pensione con Opzione Donna
possono contattarci oppure seguire il Comitato su FB.
Politica
estera
sindacale
Tonino Nocera
Qualche mese fa i segretari nazionali
di CGIL-CISL-UIL hanno inviato una
lettera al Presidente del Consiglio,
Matteo Renzi e al Ministro degli
Esteri, Paolo Gentiloni chiedendo il
riconoscimento dello stato di Palestina.
Pensavo, erroneamente, che le
organizzazioni sindacali non si
occupassero di politica estera. Ma le
relazioni internazionali non sono un
supermercato dove comprare quel
che si vuole.
Lettera al CASC
Dalla Segreteria
AI Presidente del CASC
Ai Membri del Consiglio Direttivo
Dalla lettura delle circolari CASC che vanno in diffusione in quest'ultimo periodo, abbiamo notato che nella
programmazione dei viaggi non sono previste particolari attenzioni nelle tariffe dedicate alle esigenze delle
famiglie, cosa che viene riscontrata invece nei soggiorni.
Lo sconto peri bambini che viaggiano coni genitori o un piano famiglia sono necessari a favorire la partecipazione di pili Soci alle iniziative culturali in Italia e all'estero.
Le finalita culturali, ricreative e associative devono innanzi tutto tener conto del nucleo sociale che e alla
base della vita del sodalizio: la famiglia. La partecipazione ai viaggi da parte dei nuclei familiari, in cui spesso
i genitori utilizzano camere condivise con figli minori, deve essere incentivata con adeguate forme di
riduzione per i bambini e tariffe family friendly.
Un'altra importante iniziativa per differenziare l'offerta e favorire i soci pm giovam e costituire una linea di
viaggi easy con costi meno elevati e quindi abbordabili per tutte le tipologia di socio.
In merito a cio il sindacato scrivente chiede che venga inserito in tutti contratti stipulati con tour operator
per organizzare viaggi con il CASC una particolare attenzione per la scontistica, prevedendo tariffe con
"piano famiglia" in caso di partecipazione di bambini alle iniziative e al contempo realizzare una linea di via
In attesa di riscontro, si inviano distinti saluti.
Roma, 12 gennaio 2015
E’ necessario avere un quadro
d’insieme. Pertanto, mi piacerebbe
sapere: i segretari nazionali di CGILCISL-UIL sono a favore del riconosciimento della Repubblica di Cipro del
Nord e dell’Abkhazia? La NATO ha
ancora un ruolo? La Crimea deve
tornare all’Ucraina o restare alla
Russia? I curdi hanno diritto a uno
stato? E, in tal caso, che fare dell’Iraq?
Assad deve lasciare il potere? Cosa
pensano delle dispute territoriali su
alcuni arcipelaghi nel Mar Cinese
Meridionale?
Infine, - per ultimo ma non ultimo come avrebbero reagito se in occasione di una consultazione tra i
lavoratori per l’approvazione di un
accordo sindacale l’ambasciatore di
un paese straniero accreditato in
Italia avesse dato indicazioni di voto?
La ludoteca aziendale:
un’esperienza di conciliazione vita-lavoro
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
5
Federica Marcantoni
Si chiama Mini Midi Mef il servizio
gratuito, ricreativo e di custodia,
dedicato ai figli del personale del
Ministero dell’Economia e delle
Finanze.
La ludoteca aziendale è attivata
nei periodi di chiusura delle
scuole, in uno spazio appositamente realizzato sulla base delle
esigenze
d’incontro,
di
studio/lettura e di gioco per bambini e ragazzi dai 4 ai 12 anni.
Gli obiettivi che hanno spinto alla
realizzazione di questo progetto
sono
stati
principalmente
l’inclusività, intesa come la rimozione degli ostacoli tra impegni di
lavoro e familiari e il conseguente
accrescimento del senso di
appartenenza e della motivazione
sul lavoro. L'interesse dell'azienda
a farsi carico di parte delle
esigenze di integrazione dei tempi
di vita e di lavoro, al fine di aumentare sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, il grado di
partecipazione / inclusione del
dipendente ai processi lavorativi e
all'organizzazione del lavoro nel
suo complesso, ha contribuito al
miglioramento del clima organizzativo complessivo.
Ovviamente non si tratta
dell’unico servizio offerto che mira
ad una conciliazione vita-lavoro:
insieme all’MMM sono attivi gli
asili nido aziendali, l’assistenza
domiciliare per servizi di babysit-
ter e badanti, sussidi scolastici e di
trasporto,
convenzioni
non
onerose e anche una Carta della
Conciliazione, un insieme di
regole di buona condotta per il
rispetto dei tempi di vita, delle
esigenze familiari e genitoriali (ad
esempio si invita a non organizzare riunioni di sera tardi…).
Il progetto del Mini Midi Mef nasce
nel 2010 per aprire effettivamente
nel 2011
e nel 2013 viene selezionato dal
Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio
dei Ministri per la concessione di
un contributo finalizzato alla
promozione delle politiche a
favore delle pari opportunità di
genere e riceve dal Dipartimento
della funzione pubblica il Premio
nazionale per l’innovazione, con-
ferito dal Presidente del Centro
Nazionale delle Ricerche alla
presenza del Presidente della
Repubblica e del Ministro
dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca.
In ambito internazionale, invece,
ottiene conferma della sua validità
ricevendo dalle Nazioni Unite il
più importante riconoscimento
conseguibile in tema di servizio
pubblico: gli United Nations Public
Service Awards 2013, categoria
relativa all’erogazione di servizi
pubblici gender-responsive.
Il servizio prevede turni di 5 ore al
mattino e al pomeriggio per un
massimo di 40 bambini compresenti a turno, per un educatore
ogni 7 bambini. Ci si può prenotare tramite un collegamento on
line e sono previsti, in caso di
domande eccedenti, criteri di
priorità basati sul reddito annuo,
presenza di figli disabili, più figli
minori, un solo genitore, ecc.
E’ previsto da contratto anche un
servizio navetta (dai 5 anni) con
educatori
che
curano
l’accoglienza dei bambini.
A fronte di costi non ingenti di
investimento iniziale e di gestione,
questo servizio ha prodotto una
diminuzione delle assenze di circa
l’11% tra i dirigenti e di circa l’8%
tra gli impiegati e un miglioramento del clima organizzativo
(nell’indagine di customer satis-
faction l’85% dei dipendenti ha
dato un giudizio positivo).
Il format è completamente
asportabile ed è interessante
anche per una realtà come la
nostra. Ad esempio si potrebbe
prevedere un servizio navetta dal
polo Centrale di via Nazionale al
Centro sportivo di Via Tuscolana
per molti colleghi che ora rinunciano a tale servizio offerto nei mesi
estivi per le distanze dal luogo di
abitazione –lavoro. Oppure si
potrebbe prevedere un servizio
alternativo.
Bisogna stimolare un cambiamento culturale: la valorizzazione
della persona costituisce un beneficio a vantaggio del singolo ma
anche dell'organizzazione. Adottare la prospettiva del diversity
management significa innanzitutto riconoscere le differenze:
non ignorarle o rifiutarle, ma
gestirle attivamente. Attraverso
questo
cambiamento
l'organizzazione cerca di creare le
condizioni in cui la persona possa
sentirsi riconosciuta e valorizzata,
quindi incoraggiata a esprimere
appieno le proprie potenzialità e
la propria creatività. Questa è la
sfida rispetto ai sistemi tradizionali
che promuovono la somiglianza e
l'omologazione.
I martedì legali con la FIBA CISL
-
Dalla Segreteria
Prende il via dal 10 Marzo 2015 il ciclo di seminari legali in collaborazione col Centro Psicologico Roma e lo studio Santi Licheri, presso la
sede di V.Panisperna, 32 a Roma.
Ci troveremo a dibattere del diritto familiare e
del diritto del lavoro alla luce delle recenti
riforme normative.
Un’occasione utile per ampliare le nostre
conoscenze in tema di diritti soggettivi e per
farli valere nella vita di tutti i giorni.
Eredità, separazione, filiazione, adozione, ma
anche contratti atipici e licenziamenti, misure
di accompagno, pensione e reversibilità argomenti quanto mai attuali e dibattuti.
Proveremo a far luce con l’ausilio dell’avvocata
Annaluce Licheri, specialista in diritto privato e
commerciale, delle implicazioni legali nel
nostro vivere quotidiano.
La frequenza ai seminari degli iscritti FIBA CISL
e familiari è gratuita
Per info ed iscrizioni: [email protected] tel.06 4792 2270
Programma:
Diritto di Famiglia
• 10 marzo - Evoluzione del diritto di famiglia
fino alle nozze omosessuali
Matrimonio, diritti e doveri reciproci dei
coniugi, promessa di matrimonio con seduzione, filiazione.
• 17 marzo - Le coppie di fatto - Effetti e differenze col matrimonio, convivenza more uxorio,
compresa filiazione
• 24 marzo - Il regime patrimoniale della
famiglia e le convenzioni patrimoniali L' impresa familiare, il fondo patrimoniale, la
gestione economica delle risorse familiari, Il
risarcimento danni nelle relazioni familiari
violente. La sindrome da alienazione familiare,
residenza e domicilio civile e fiscale (novità
sulla riforma del diritto familiare)
• 31 marzo - La crisi dentro e fuori del matrimonio
La separazione giudiziale e consensuale, la
negoziazione assistita, il divorzio, effetti civili,
patrimoniali e fiscali della cessazione
dell’unione, l'assegno di mantenimento,
l'assegnazione della casa coniugale, assistenza
previdenziale, i diritti successori, l'affidamento
della prole, diritti e doveri dei genitori separati,
danno morale del genitore assente.
• 07 aprile - La violenza in famiglia e ruolo dei
servizi sociali - Forme e tutele. Convivente e
figli, tutele e azioni (crisi della famiglia e ordini
di protezione d’urgenza) provvedimenti nei
confronti dei figli
• 14 aprile - Eredità e successione - Diritti e
doveri degli eredi, comunioni forzose, effetti
accettazione eredità, obblighi e effetti patrimoniali degli eredi, pensione di reversibilità, etc.
Diritto del Lavoro
• 21 aprile - discriminazioni sul posto di lavoro
• 28 aprile - nuovi contratti di lavoro (job act e
nuove forme di lavoro) effetti e confronti previdenziali ed assistenziali
• 5 maggio - contenzioso con il datore di
lavoro. Ruolo del sindacato
• 12 maggio – azioni di conciliazione e best
practice: orario di lavoro, telelavoro e remoto,
nido aziendale etc.
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
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La valorizzazione delle differenze
Gabriella Poli
Le mie ricerche sono esplorative avendo utilizzato indicatori e metodologie qualitativi (interviste, storie, partecipazioni a corsi su tematiche psicosociali);
non ci sono quindi risultati quantitativi. Tuttavia le indagini effettuate possono offrire ipotesi per progetti di ricerca. Per ciò che riguarda la metodologia
applicata seguo un approccio storico-sociologico che non ha pretesa di essere esaustivo in quanto offre uno dei possibili punti di osservazione e riflessione
sui cambiamenti globali nella società attuale.
In ogni caso i risultati di carattere sociologico sono da considerarsi tendenzialmente probabilistici proprio perché esplorano la complessità della
dimensione umana di cui l'osservatore e l'oggetto osservato fanno parte. Ciò ha permesso alla sociologia di superare il determinismo scientifico (che
caratterizzava nel secolo scorso le scienze esatte) e di seguire più da vicino le scoperte della scienze della complessità (fisica quantistica, biologia ...) per le
quali la realtà è: "liquida"(come sostiene Z. Bauman) " dove la velocità e la leggerezza sono gli strumenti per rispondere a situazioni che si modificano
prima che i modi di agire si consolidano in procedure consolidate" ) e apparentemente disorientata (come la definisce D. De Masi) in quanto i modelli
precedenti non risultano essere più soddisfacenti per trovare soluzioni a nuove sfide.
La valorizzazione della diversità nella società attuale
Prima di entrare brevemente nella tematica trattata, è importante
esaminare alcuni aspetti della società attuale che dalla seconda metà
degli anni cinquanta è stata definita “società postindustriale”, la "terza
ondata "come la chiamava Toffler, centrata sulla produzione di beni
immateriali, come i servizi, le informazioni, i simboli, i valori.
Ecco alcuni suoi aspetti:
risorse: le risorse più apprezzate in questa realtà, sono “l’intelligenza, la
comunicazione, la creatività individuale e di gruppo, la conoscenza,
l'informazione, l'energia, i networks, che sono particolarmente importanti nei settori dove è coltivata il benessere della persona come nel
tempo libero, nella formazione, nei servizi per la salute. Tuttavia anche
nei settori dominanti come quelli economici e scientifici (svolti dalle
banche, dai laboratori di ricerca, dalle borse) ed in quelli che lavorano
nei media, la produzione di idee, la ricerca dell’eccellenza e della qualità, l’etica, i networks virtuali, l’estetica, la comunicazione sono strumenti necessari per trovare soluzioni a sfide globali e complesse.
attori sociali: gli attori sociali emergenti sono le donne, (i valori femminili indipendente dal genere); gli scienziati, gli artisti, gli intellettuali,
gli operatori del tempo libero, i tecnici, i movimenti. Le loro azioni si
svolgono in I luoghi "non luoghi" come ad esempio nel telelavoro, nei
media, nel mondo dell'informatica, nei networks.
paradigma dominante: il paradigma che prevale è "far fare alla macchina" e la strumentazione che supporta il pensiero-guida è costituita
dall'elettronica , dalla bioenergetica, dalla nanotecnologia,
dall'informazione. Le sfide con cui confrontarsi sono: la salute della
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terra, il benessere individuale e collettivo, la progettazione del futuro su
scala globale, la qualità della vita sia nel lavoro, sia nel tempo libero che
nella famiglia; la riduzione dello stress, la soddisfazione dei bisogni
postmaterialistici (introspezione, estetica, convivialità, collaborazione,
condivisione, conoscenza, etica, valori femminili E maschili, creatività
collettiva..). I conflitti scaturiscono dalla DISAFFEZIONE, dal MOBBING,
dai movimenti sociali, dall'ATROFIA SENSORIALE E MENTALE, dal terrorismo globale.
tempo e spazio: nel rapporto con il tempo prevale il FEEDBACK
continuo, mentre nel rapporto con lo spazio prevale l'integrazione tra il
mondo del lavoro ed il luogo del non lavoro, la visibilità anche a
distanza (skype).
vantaggi e svantaggi: i vantaggi sono dati dalla possibilità di INVENTARE (nuovi materiali ed oggetti, nuovi piaceri, nuovi bisogni, nuovi
modelli), la longevità e il maggiore tempo libero. Gli svantaggi sono
dati dal pericolo di manipolazioni, dalla scarsa privacy, dallo stress,
dall'astrazione, dall'inquinamento (acustico, atmosferico..), dall'assenza
della pausa, dall'inadeguatezza (non essere mai al passo degli aggiornamenti continui e veloci ). Tutto questo avviene in un mondo globalizzato dove le persone vivono e si comunicano le stesse paure in spazi e
tempi diversi.
I cambiamenti globali influenzano simultaneamente e sinergicamente
la cultura, cioè la rappresentazione simbolica che ogni umano vive sia a
livello collettivo che personale.
Nella società postindustriale la diversità è un valore incluso nel suo
paradigma ed è espresso nella formula E /E , cioè valori, culture,
conoscenze, informazioni diverse convivono in una realtà complessa
dove la soluzione alle sfide non è affidata solo al pensiero logico lineare
ma anche al pensiero creativo; nel pensiero creativo la diversità
(espressa dalla cooperazione dei nostri due emisferi, l'emisfero destro la sfera emozionale - il femminile e l'emisfero sinistro - sfera razionalemaschile ) è fondamentale.
Come è valorizzata la diversità nel mondo del lavoro?
La valorizzazione delle diversità è da intendersi non come un’anomalia
del sistema, un “disturbo” , una causa di conflitto ma come
un’opportunità per arricchire la crescita individuale e collettiva, sia in
ambito domestico che extradomestico, sia nei micro e macro eventi,
crescita che avviene sia su larga scala, sia nei minimi dettagli e che comporta non solo il raggiungimento di obiettivi, l'aumento della produttività ma anche lo svolgimento di un processo che consente un miglio- ramento continuo personale e collettivo. Tale modello attuato anche da
grandi industrie come la Toyota che insieme alla massimizzazione dei
risultati promuove la ricerca della qualità nei servizi (nel rapporto
cliente - consumatore - fornitore), è il "kaizen", il migliorare sempre.
MIGLIORARE SEMPRE significa che si migliora anche quando non si
"vedono subito i risultati quantitativi" (la one best way fordista) perché
altrettanto importanti sono gli obiettivi qualitativi più complessi e più
lenti. La valorizzazione della diversità permette quindi una CRESCITA
INDIVIDUALE E COLLETTIVA che affianca l'efficienza e la produttività.
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
7
La valorizzazione delle differenze (segue)
La diversità è un fatto NATURALE perché fa
parte della persona stessa soprattutto nel
terzo millennio dove la destrutturazione di
spazio e tempo consente di vivere la propria
quotidianità con tanti se’ diversi, spesso
contrapposti, imposti dal modello culturale
prevalente sia nella società che all'interno di
ambienti più ristretti come l'organizzazione
lavorativa o familiare. La persona spesso
finisce frammentata in tanti sé diversi a
secondo che viva nel mondo del lavoro, nel
tempo libero, che sia fruitrice o fornitrice di
servizi.
Costretta dalla morsa dell'urgenza di raggiungere un risultato o dalla necessità di essere
aggiornata continuamente, l'identità individuale rischia di frammentarsi non riconoscendo appunto i suoi tanti sé che potrebbero invece convivere e manifestarsi a
secondo il ruolo prefissato. Il "non riconoscimento" non avviene solo dentro di sé ma
anche all'esterno: infatti, le attitudini
personali molto spesso non sono sostenute,
incoraggiate sia dai gruppi di riferimento
primari (come la famiglia, la scuola), sia
secondari (come i gruppi di ricerca, di studio e
di lavoro) laddove spesso non è prevista neppure la figura di un leader capace e attento a
cogliere "le PASSIONI, i talenti presenti in ogni
collaboratore". Nella realtà lavorativa non è
quindi previsto il chiedere al "lavoratore persona" in che cosa sia competente e in che
cosa si senta più capace ad esprimere, come
se la MOTIVAZIONE individuale fosse un fatto
superfluo da lasciare fuori dall'ufficio.
L'organizzazione si nutre così di impiegati che
sopravvivono al CAOS cristallizzato dalle PROCEDURE, diversificati nei ruoli attribuiti, nelle
timbrature, nelle stanze da "abitare" ma non
"sfruttati" nelle loro attitudini.
Si corre così il rischio che nel tempo è la
persona stessa a NON RICONOSCERE più le
proprie inclinazioni al punto da “maltrattarle”,
nasconderle, “dimenticarle;” a RINUNCIARE
alla
propria
potenzialità
in
nome
dell’omologazione, del servilismo, della speranza che qualcuno o un qualsiasi altro sistema
impersonale distribuisca cibo, ordine, istruzione, sicurezza ma che soprattutto si accorga
di un suo qualche interesse da veicolare nel
"richiamo della carriera e nel riconoscimento
remunerativo". E' ovvio che la crescita professionale è fondamentale ma lo è altrettanto la
soddisfazione, la motivazione, la felicità, quei
riconoscimenti qualitativi che permettono di
alimentare il nostro pensiero capace non solo
di organizzare in base a modelli già pronti e
consolidati ma anche di INVENTARE altre
soluzioni. La percezione di essere sottovalutati, la frustrazione nel sentirsi inadeguati
celano un latente malessere che sfocia poi in
REAZIONI a problematiche quotidiane piuttosto che in RISPOSTE che porterebbero invece
al confronto (non al conflitto-scontro) con la
problematica sollevata, alla soluzione creata,
alla crescita individuale e organizzativa.
Il BENESSERE nel lavoro è qualcosa di cui si
“deve ancora parlare” , non è un “fatto naturale” che naturalmente avviene nei processi
vitali: nel nostro pianeta la vita FLUISCE
perché esiste la diversità, il cambiamento
continuo, la trasmissione di informazioni
migliorative per la specie. Ora se ne discute
perché la complessità sociale che stiamo
vivendo ha fatto trapelare l’INSUFFICIENZA di
un solo pensiero lineare più utile in un
contesto sociale come quello industriale.
Dagli anni ’90 in altri paesi, soprattutto negli
USA, esiste una definizione per la modalità di
gestione aziendale che si chiama “Diversity
Management” che parte dal presupposto di
valorizzare la persona e le sue specificità per
creare BENEFICI sia per la persona stessa che
per l’organizzazione che massimizza l’apporto
ricevuto trasformandolo anche in risultato
economico, in benessere organizzativo dove
BELLEZZA, QUALITA’, CONSAPEVOLEZZA
sociale-globale” sono valori da perseguire
non solo per “moda” ma anche per “NECESSITA’” per rispondere ad una maggiore
esigenza di attività ad alto contenuto intellettuale, con percorsi soggettivi.
Diversity Management si pone così come
INTERMEDIARIO tra il talento personale del
lavoratore e gli obiettivi dell’organizzazione;
tra il principio di uguaglianza e di appartenenza all’azienda e la divulgazione delle
politiche sociali che sostengono la diversità;
come OSSERVATORE delle reazioni delle
persone-lavoratrici davanti al “cambiamento”,
al “diverso”; delle criticità derivate da un
eccessivo attaccamento a comportamenti
adattivi. Il rischio infatti, del principio di
omologazione che soddisfa il bisogno di
sicurezza è la stagnazione, il malcontento
sommerso, il depauperamento personale e
collettivo. D.M. si propone infine, di motivare
e coinvolgere tutto il personale compresi i
leaders, di sostenere le politiche “life balance”
(asili nido, incentivi per aiutare dipendenti
con disabili, genitori anziani).
In conclusione: vale la pena di confrontarsi
con la diversità nonostante che il confronto
sia complesso e per certi aspetti “FATICOSO”?
La mia risposta è “SI” perché produce
BELLEZZA e apre le porte ad una società dove
la “CURA” e la “SCELTA” sono valori sociali del
nostro tempo e dove il PIL è un obiettivo
altrettanto importante quanto il FIL, la ricerca
della felicità interna lorda.
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12 marzo 2015
IL PUNGOLO
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Gender Gap: comprendere per superare le discriminazioni di genere
Coordinamento Femminile
Oltre un milione e mezzo di donne è in cerca di
lavoro, la metà di esse da oltre un anno; 8,9
milioni le donne inattive. (di cui il 76,8% tra i 15
ed i 24 anni fonte: dati sull’occupazione III
trim.2014 ISTAT). Un patrimonio umano
inutilizzato.
Sulla disoccupazione femminile di lungo
periodo incidono carenze delle strutture di
supporto alla maternità e sperequata
distribuzione dei carichi familiari (l’abbandono
del posto di lavoro è pari al 30% alla nascita del
primo figlio, sale al 60% dopo il secondo, con
un differenziale netto a sfavore delle madri –
non risultano attive il 27,8% delle madri contro
il 3,6% dei padri).
Il family gap, o differenziale retributivo orario
tra lavoratrici madri e non, risente delle scelte
contrattuali differenti, dell’orario ridotto o degli
ostacoli di carriera.
Superate le barriere all’ingresso del mercato del
lavoro, le donne si trovano a dover affrontare
criticità non meno rilevanti: sul piano
retributivo, della tipologia di contratto,
mansionistico e dell’ascesa professionale.
Le gabbie contrattuali soppesano la
prestazione
lavorativa
in
termini
principalmente quantitativi (presenzialismo),
sicuramente discriminanti per le donne sia in
termini di retribuzione che di progressione
carriera, sia per effetto dell’autoesclusione che
per la carenza di azioni positive di sostegno.
La logica del controllo del cartellino premia a
discapito della valutazione qualitativa della
prestazione, ed anche ove si premi il “merito” si
dovrebbe analizzare su che basi valoriali questo
viene attribuito.
In Italia la retribuzione media giornaliera delle
donne con lavoro dipendente è inferiore
rispetto a quella degli uomini (69,5 contro 96,9
euro), con differenziali superiori a 30 euro l’ora
in 4 regioni del Nord Italia.
Solo il 75,8% delle dipendenti ha contratti a
tempo indeterminato, contro l’81,5% tra gli
uomini. Le donne che ricoprono ruoli
dirigenziali costituiscono solo 0,4% delle
dipendenti donne, e questo dato andrebbe
epurato dalle cariche ottenute in aziende
familiari.
In Europa, nel 2014 le donne hanno continuato
a lavorare 59 giorni a salario zero, questo è il
differenziale figurativo delle retribuzioni tra
uomini e donne, cioè quel 16% di differenza
-
presenza e non al risultato.
Il fenomeno dell’autoesclusione è poi
tipicamente femminile. Per motivi pratico
logistici di conciliazione con la famiglia o per
minore spregiudicatezza nell’affrontare la
competizione di carriera la difficoltà di
mettersi in rete, le professionalità femminili
sono spesso sottovalutate.
Le competenze e la capacità delle donne
fondano su valori spesso non considerati
dall’organizzazione
lavorativa
androreferenziale o vengono considerate
connaturate all’appartenenza del sesso
biologico, quindi spontanee. Preconcetti di
questo tipo alimentano discriminazioni
salariali e condizionano la valutazione del
lavoro femminile.
La presenza femminile nel mercato del lavoro è
poi concentrata in settori del terziario a
maggiore propensione per la cura (badanti,
colf, babysitter, domestiche, ma anche
infermiere, addette alla cooperazione sociale e
volontariato), ma meno riconosciuti nella scala
retributiva. La sperequazione dei carichi
familiari condiziona spesso la scelta
dell’impiego in categorie orarie o tipizzazioni
contrattuali o professionali compatibili con la
vita familiare, ma sicuramente incidenti sulla
busta paga.
La distribuzione del potere in strutture
verticistico piramidali, la filiera del comando
gerarchico funzionale, la prestazione di lavoro
commisurata alla timbratura del cartellino,
reiterano schemi da campus dell’esercito
media tra la retribuzione oraria di uomini e
donne nell’intera economia (fonti Eurostat
Giornata Europea per la Parità retributiva 2014)
Il divario retributivo incide sul reddito
femminile lungo tutto l’arco di vita:
guadagnando meno degli uomini, anche
durante la pensione, le donne sono più esposte
al rischio di povertà in vecchiaia.
Nell’Unione Europea sono per lo più le donne a
svolgere lavori part-time (il 34,9 % contro
appena il 8,6 % degli uomini, fonti Erostat,
2013) pagandone poi le conseguenze in
termini di carriera, opportunità di formazione,
diritti pensionistici e sussidi di disoccupazione,
tutti fattori che accentuano le asimmetrie
retributive uomo-donna.
Il differenziale retributivo tra generi è
sicuramente un fenomeno complesso,
imputabile a una serie di concause che
radicano nell’economia, ma anche nella cultura
e nei pregiudizi dei ruoli.
La presenza femminile in taluni ambiti è ancora
considerata l’eccezione, il linguaggio non aiuta
e non si adegua a questi ingressi. Troppo spesso
ed in troppi ambiti sentiamo coniugazioni al
maschile di cariche e ruoli ove esiste il
corrispettivo genere femminile (ministra,
avvocata, direttrice, segretaria generale,
deputata, ingegnera, assessora, medica,
sindaca, etc.) con discontinuità e oscillazioni
che
dipendono
spesso
da
ragioni
extra-linguistiche, confondendo la cacofonia
del termine con il disvalore che sottende, con la
marcatura della presenza. Un valore politico,
non grammaticale.
A questa segregazione professionale segue
una
discriminazione
salariale
dovuta
all’organizzazione del lavoro. A mansioni
analoghe le donne vengono spesso retribuite
meno. Le pratiche invalse negli ambienti di
lavoro, soprattutto per l’avanzamento di
carriera e le opportunità di formazione,
finiscono anch’esse per incidere sulla
retribuzione delle donne. Le donne sono
spesso
discriminate
dai
sistemi
di
incentivazione del personale (bonus, premi di
produzione e presenza, incarichi e missioni o
altri incentivi monetari) o dalla composizione
della busta paga che lega la retribuzione alla
romano, non permettono a talenti diversi di
esprimersi.
Nella gestione del potere non basta formare
un governo equamente ripartito tra ministre e
ministri per assicurare il superamento delle
discriminazioni di genere. Si deve analizzare,
numeri alla mano, come si articola la
trasmissione del comando nelle cariche per
sottosegretarie, capo del gabinetto, direttrici
generali, etc.
C’è pari discriminazione nel pubblico come nel
privato.
scuola d’infanzia e primaria, si dirada via via
fino quasi a scomparire nelle cattedre
universitarie (5 rettrici su 78), nonché nelle
posizioni gestionali (meno del 40% dei
dirigenti scolastici sono donne).
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
9
Gender Gap: comprendere per superare le discriminazioni di genere (segue)
Nella scuola la presenza femminile nel corpo
docente è inversamente proporzionale al
crescere di grado di istruzione: in maggioranza
assoluta nella scuola d’infanzia e primaria, si
dirada via via fino quasi a scomparire nelle
cattedre universitarie (5 rettrici su 78), nonché
nelle posizioni gestionali (meno del 40% dei
dirigenti scolastici sono donne).
Nella giustizia le donne sono state ammesse
per legge alla professione forense solo nel
1919, alla magistratura con la L.66/1963 (che
consentì alle donne l’accesso a tutte le cariche
e agli impieghi pubblici, compresa la magistratura, ma non in quella militare, per la quale il
divieto fu rimosso nel 1989, e la carriera diplomatica per cui si attese il 1967). Furono battaglie estenuanti contro la summa dei pregiudizi
che ancoravano la superiorità maschile a motivi
biologici e morali (cfr. intervento E. Ranelletti
“la donna giudice ovverosia la grazia contro la
giustizia”, 1957). Adesso la rara presenza negli
organismi di massima rappresentanza auspichiamo sia da imputarsi all’esiguo numero di
eleggibili, nonostante le magistrate siano oggi
oltre quattromila (46%) e, a vincere i concorsi,
siano ormai in prevalenza le donne
(sull’argomento lettura consigliata: “La giudice”
P.di Nicola).
La femminilizzazione del pubblico impiego si è
realizzata lentamente e con modalità differenti,
sia in relazione ai comparti, sia alle qualifiche
ricoperte. La possibilità di conciliare gli
impegni di lavoro con quelli familiari, resa
attuabile da un sistema consolidato di
permessi e congedi e da orari di lavoro più
brevi, ha agevolato tale accesso. La riforma
della scuola dell’obbligo, la riforma sanitaria, il
decentramento amministrativo su base regionale negli anni ’70, l’accesso alle Forze armate
negli anni ’90 apre alle donne nuovi accessi al
mercato del lavoro, fino a raggiungere oltre il
60% della compagine lavorativa. (fonte statistiche Aran anno 2013).
La Pubblica amministrazione però, oltre a costituire un bacino occupazionale per le donne,
non offre pari opportunità di carriera: una composizione del personale a maggioranza femminile registra una presenza ancora minoritaria
delle donne nei livelli dirigenziali. I progressi
conseguiti dalle donne sembrano legati più a
fattori socio-demografici che a cambiamenti
culturali e organizzativi: esse raggiungono le
fasce dirigenziali per anzianità di servizio piuttosto che per il riconoscimento immediato
delle proprie capacità, secondo una consuetudine comune e radicata nei meccanismi di
avanzamento per tutti i dipendenti del settore
pubblico. E spesso sul piatto della bilancia
devono offrire la costrizione degli spazi privati
ed una dedizione zelante e costante
all’azienda.
Nel privato abbiamo dovuto promulgare una
legge a sostegno della presenza femminile nei
CdA (L.120/2011 c.d. Golfo/Mosca). Dal 2011,
anno in cui è stata approvata la normativa
(secondo cui gli organi sociali delle società
quotate in scadenza devono essere rinnovati
riservando una quota pari ad almeno un quinto
dei propri membri alle donne) ad oggi la
presenza femminile nei CdA è raddoppiata,
segno evidente che le cose da sole non cambiano, perché non c’è desiderio che cambino…
Anche in politica poche le segretarie di partito
(1 su 15 partiti maggiori), poche le segretarie
nazionali delle organizzazioni sindacali,
sebbene politica e sindacato abbiano fatto loro
le lotte alla discriminazione.
Avere donne nei posti di comando non è una
mera rivendicazione di genere, né una questione numerica, è esercizio di democrazia reale,
paritaria e rappresentativa della società in tutte
le sue anime, è confronto costruttivo tra metodi
ed approcci differenti per raggiungere obiettivi
comuni.
Finché la metà della popolazione ne sarà
esclusa, non si potrà definire democrazia.
Il gender gap inizia tra i banchi di scuola.
-
Sabrina Cicin
Le donne sono mediamente più scolarizzate
degli uomini con una minore propensione
all’abbandono scolastico (13,7% contro il
20,2% fonte: BES 2014 ISTAT) ed una maggiore
partecipazione all’attività di formazione
permanente (il 6,5% delle donne partecipa a
formazione extra scolastica, formale o informale, rispetto al 5,8% degli uomini).
Il sorpasso è avvenuto oramai anche per i livelli
apicali dell’istruzione (27,2% contro il 17,7%
maschile), sebbene le donne laureate e specializzate, rispetto la media europea, siano ancora
esigue rispetto la popolazione adulta, con
punte del 15% nel Lazio e solo il 9% in Puglia.
Merita riflessione se il dato risenta dell’offerta
formativa localmente più ampia, con fenomeni
di migrazione residenziale interna, o sia un
effetto culturale di ruolo.
La questione rilevante è che a standard qualitativamente migliori, non corrisponde un impiego ottimale delle risorse, sia in termini di
accesso, che di permanenza nel mercato.
Il gap tra generi si manifesta anche perché si è
di fronte di un capitale umano sofisticato,
spesso non spendibile.
Le donne studiano di più e meglio, sono mediamente più diligenti dei compagni dell’altro
sesso, ma sbagliano l’obiettivo, scelgono
materie poco appetite dal mercato. E fanno,
quindi, meno carriera…
Alcuni dati, nei corsi insegnamento scelti da
donne rappresentano l’85% delle iscritte in
lingue e psicologia, 69% in lettere e filosofia,
mentre solo il 23% in ingegneria e 33% nelle
facoltà scientifiche.
È chiaro che essere laureate in Filologia
Romanza è molto interessante e conferisce
sapienza, ma non garantisce un posto di lavoro
in azienda, almeno non in linea col profilo del
titolo di studio e, di conseguenza, una retribuzione consona agli anni dedicati alla formazione,
sono questi titoli spesso neppure riconosciuti
in taluni ambiti professionali.
E qui si coglie un pregiudizio sessista: le donne
non sono portate per le materie scientifiche.
Questo non è affatto vero e non ha base di
verifica.
Sono, semmai, le metodologie di insegnamento ed il materiale scolastico che seguono lo
schema cognitivo maschile e non permettono
alle donne di conseguire prestazioni eccellenti.
Questo è un refrain comune a tutti i tentativi di
conservazione di un privilegio. Nella misura in
cui l’accesso a una funzione è vietato o reso
difficile a un gruppo di persone, queste sono
indotte a non investire nelle proprie capacità di
svolgerla, così alimentando la tesi di una loro
incapacità genetica e un circolo vizioso che
può essere vinto soltanto con azioni positive
volte a spezzarlo.
Il tema della segregazione orizzontale è biunivoca: la diversità è un elemento da tesaurizzare.
Gruppi di lavoro monosessuati sono meno
efficienti perché non colgono la visione
dell’altro, non ricompongono l’insieme. È un
problema di risonanza.
La lotta gli stereotipi è continua e diffusa. La
filosofia sottesa al diversity management è la
valorizzazione delle peculiarità, l’uguaglianza
nelle differenza. Criteri come genere, età,
religione, fede politica, status sociale servono -a
definire, non escludere profili differenti.
12 marzo 2015
IL PUNGOLO
10
CONVENZIONE PARKING 2015
Informiamo che
FIBA/Aletheia hanno
stipulato una convenzione
con il ROYAL PARKING per
la sosta degli autoveicoli
dei dirigenti e nostri iscritti.
Il garage si trova in Via
Marsala 30/32 00185
Roma, accanto all'Hotel
Royal Santina (Stazione
Termini).
La convenzione prevede
che tutti i prezzi in
allegato vanno ridotti del
20% (è richiesta esibizione
tessera sindacale)
ORA DI SOSTA
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
EURO
5,00
7,00
8,50
10,00
11,50
13,00
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22,50
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26,50
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GIORNI DI SOSTA
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
EURO
28,00
40,00
52,00
64,00
76,00
88,00
100,00
112,00
124,00
136,00
diversa comunicazione
CONVENZIONE UNIVERSITA’ GUGLIELMO MARCONI
La FIBA CISL ha stipulato una convenzione destinata agli
iscritti e ai loro familiari con l’Università Guglielmo Marconi di Roma, con sedi in tutto il territorio nazionale, per
agevolare i lavoratori studenti nel completamento degli
studi.
L'Università permette di scegliere il percorso di studi più
adatto alle esigenze grazie a 30 diversi corsi di laurea, 70
master, Dottorati, corsi di specializzazione e alta formazione e programmi di studio internazionali.
Un modello didattico flessibile, che integra soluzioni tecnologiche avanzate di corsi universitari on line, attività
d'aula, laboratori e aule virtuali, percorsi multidisciplinari
ed esperienze pratico-applicative.
Per gli studenti lavoratori della Banca d’Italia, l’Università
potrà riconoscere come crediti formativi universitari, sec-
ondo
la
normativa
vigente
al
momento
dell’immatricolazione, le conoscenze e le abilità professionali opportunamente certificate, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello
post secondario alla cui progettazione e realizzazione
l’Università abbia concorso. A tal fine, il nostro ufficio
fornirà adeguata assistenza.
Inoltre, sulle rette di iscrizione verrà praticato uno sconto
del 10%, purché all’atto dell’immatricolazione venga
esibita, a corredo della documentazione richiesta, la tessera magnetica di iscrizione alla Fiba Cisl in corso di validità.
Per
ulteriori
informazioni
consultate
il
sito
http://www.unimarconi.it/ e leggete la convenzione
stipulata tra Fiba e Università, allegata alla presente.
I servizi della CISL riservati agli iscritti