A____________A Newsletter 25 Novembre 2014 I Talenti e la Forza delle DONNE In Banca d’Italia, al 31.12.2013, su una compagine di 7.027 unità il 35,7% sono donne, ma occupano solo il 24,1% della dirigenza. Solo 2 Dipartimenti sono affidati a donne (Informatica e Circolazione monetaria). Su 37 Servizi abbiamo solo 2 Capo Servizio e 9 Vice Capo Servizio. Nella rete territoriale di 58 Filiali solo 14 sono affidate a Direttrici e 8 sono le Vice Direttrici. (fonte: Relazione sulla gestione 2014) La strada per la parità è ancora lunga Non è vero che la crisi economica che ha coinvolto i Paesi occidentali è trasversale e colpisce tutti indistintamente: c’è qualcuno che paga di più. Donne, giovani, anziani, malati e disabili. Sono le fasce socialmente ed economicamente più deboli, le meno rappresentate, quelle che fungono da ammortizzatori sociali in sosti- tuzione di uno Stato che si ritira e che non sa tutelare i presidi di democrazia a fronte di una finanza sempre più arrogante e spregiudicata. La crisi economica ha acuito la sperequazione sociale, di genere e generazionale. Ha rallentato il fenomeno di emancipazione della donna verso la rappresentanza democratica paritetica e partecipata. Tagli indistinti e deregolamentazioni hanno cooptato le donne in una pericolosa surrogazione, aggravando gli effetti della maldistribuzione dei carichi familiari. Giovani donne istruite, capaci, determinate, continuano a subire le umiliazioni di forme contrattuali meno tutelate e meno retribuite, licenziamenti in bianco, percorsi di carriera blindati e, spesso, discriminazioni che arrivano all’harassment. Donne di mezza età, lavoratrici, madri, spesso nonne, ancora figlie, devono sobbarcarsi l’onere di cura materiale e spesso economica, per 3 generazioni. Una sorta di donne sandwich compresse in mille ruoli da scontare e giustificare. La riforma pensionistica degli ultimi anni pagata dalle donne, senza offrir loro un ampliamento dei servizi sociali di supporto. L’analisi del fenomeno e l’individuazione di migliori prassi da importare nel welfare aziendale. Volevamo parlarne insieme, discuterne in modo trasversale con chiunque fosse interessato ad approfondire questi temi, con chiunque desiderasse una società migliore, inclusiva, più equa e rappresentativa. Ciò non è stato possibile. Per motivi logistici, per motivi di opportunità politica, per motivi di difesa di campanile, o semplicemente per non disturbare qualche campanaro. Peccato! Il Pungolo 25 Novembre 2014 2 I Talenti e la Forza delle Donne La Segreteria Una Società Una Società inclusiva, una Società possibile Il Coordinamento Femminile inclusiva, una Società possibile Giovani Donne Il Coordinamento Femminile Tutt* contro Tutt* La Redazione Crisi: Parola di Genere Femminile? La Segreteria Prostituzione Il Coordinamento Femminile Organismi di Parità G.Ravitti e S.Cicin Luciana d’Ambrosio Marri Intervista Il Mentoring Sindacale La Segreteria Questioni di Clima… Diversità in BdI Non c’è fango che tenga Servizio Counceling FIBA Il Coordinamento Femminile La diseguaglianza tra generi esiste. È un dato di fatto con cui quotidianamente ci confrontiamo. Ciò non significa che sia una verità ineluttabile e la nostra azione è mirata nel predicare e praticare una cultura di genere permeante tutti gli aspetti della nostra vita. Non solo rivendicazioni di diritti, ma equa ripartizione dei doveri. Non solo riconoscimento in ambito pubblico istituzionale, chiedendo l’applicazione dei principi costituzionalmente sanciti, bensì opera di tutela e salvaguardia nel campo del lavoro, per il tramite della difesa delle libertà sindacali e dei diritti del lavoratore, ma, soprattutto, correzione dei meccanismi ove il pregiudizio si annida e si alimenta in ambito familiare. Sono noti casi di donne impegnate, femministe evolute, coscienze illuminate che poi scivolano nell’educazione della prole, nel rapporto col partner o nella cura familiare. È certamente più difficile stanare e correggere i meccanismi sedimentati da generazioni di donne angeli del focolare, dove la forza dei sentimenti sembra far prevalere la visione vittimistica della donna immolata al sacrificio. Parliamo di Famiglia La Segreteria Maria Luisa di Borbone N.Verdile Parola di Frankie La cultura occidentale, la religione e l’etica comune non sono di supporto. Siamo cresciute all’ombra della misoginia clericale, filosofica e politica. I principi democratici, considerati universali e partecipativi, che fondano la nostra società sono minati in nuce da un patriarcato della tradizione che determina un vulnus applicativo. La lunga strada per una parità effettiva nasce come una ribellione alla giustificazione della inferiorità biologica delle donne di matrice greca, per poi passare, con la rivoluzione francese, alle istanze di riconoscimento dello status di cittadina e, con la rivoluzione industriale, a rivendicazioni salariali, civili e sindacali, nonché, con l’affermarsi del liberalismo, a partecipazione alla vita politica. Anche le teorie socialiste, nei suoi estremi del fascismo e comunismo, dapprima sostengono le istanze paritarie delle donne, raffigurando la donna nuova, portatrice di forze ed energie costruttive, ma, poi, entrambe la tradiscono, nel revanscismo fascista per l’affermarsi della donna fattrice di braccia per la Patria, nelle lotte comuniste per il timore maturato negli ambienti politici di sleale concorrenza nel mondo del lavoro. Le rivendicazioni del riconoscimento dei diritti per una parità egalitaria, nel dopoguerra, si trasformano in un ripensamento generale della società in chiave dialettica dapprima tra sessi, poi in termine di genere. Letture critiche e linguaggi politicamente corretti degli ultimi anni possono, però, solo scalfire la superficie concettuale senza intaccare l’impianto archetipo sociale, perché il costrutto androcentrico risulta talmente sedimentato da non esserne minimamente intaccato. La decostruzione femminista tende a svelare la dicotomia tra sfera politica e sfera domestica. Queste affermazioni concettuali segnalano che la filosofia politica risulta costruita su fondamenti logici da cui le donne sono strutturalmente assenti e escluse. Quando la filosofia ripensa la politica questo fondamento concettuale rimane sintomaticamente identico. L’androreferenzialità ha prodotto una società pensata al maschile. Ritmi di lavoro, rappresentanze politiche e istituzionali, educazione all’immagine e gestione dei media, distribuzione dei carichi domestici e attività di cura, percorsi di carriera, tipologie di mestieri, piani di investimento pubblici, modelli educativi, linguaggio, strumenti e programmi didattici, architetture degli spazi, strutture e servizi offerti alla cittadinanza, finanche la sperimentazione in campo medico, la segnaletica stradale Il Pungolo 25 Novembre 2014 e le intitolazioni toponomastiche: tutto intorno a noi è declinato al maschile e le donne ne sono talmente permeate da non riconoscerne le differenze. Il modello androcentrico è sessista e razzista perché si pretende universale, in quanto discrimina ogni differenza culturale, etnica e sociale. Il passaggio concettuale tra uomo ed umanità richiede una riappropriazione di identità sopita. I tempi crediamo siano maturi 3 valori equi e naturali, visto il collasso del modello finora adottato? La questione è ancora irrisolta. La rivoluzione possibile che nessuno vuole abbracciare. Ed allora non stupiamoci se ogni 3 giorni una donna viene sopraffatta da tutti noi, testimoni silenti ed ignavi. Giovani donne Il Coordinamento Femminile Il discorso che Emma Watson (sì, proprio lei, la giovene attrice britannica che ha portato sugli schermi Hermione nella saga di Harry Potter) ha tenuto lo scorso 20 settembre davanti all’Assemblea Generale dell’ONU, è forse il più bell’estratto del pensiero femminista degli ultimi anni. Femminismo come cambio di visione sociale, inclusione in sostituzione ad antagonismo. E questo fa ben sperare per le generazioni future rispetto a giovani donne che pubblicano selfie anti femministi, senza rendersi conto di essere piccoli ingranaggi di grandi manovre, o dell’autorevole Times che ai suoi lettori, nel sondaggio tra le parole più insopportabili, più abusate, che si vorrebbero bandire dall’uso comune, inserisce FEMMINISMO, giustificando l’uso improprio ed abuso ad opera di personaggi dello spettacolo banalizzandolo a fenomeno pop (Rihanna, M.Cyrus, Charli XCX, Beyoncé, Madonna, Taylor Swift, etc). Vi invito a leggere quanto afferma la neo eletta ambasciatrice di UnWomen e riflettere quanto sarebbe semplice abbattere le barriere erette nel corso della storia, di come sia logico dare pari opportunità di esistenza a tutti, nel rispetto delle proprie peculiarità. Se persino in Banca d'Italia abbiamo inserito la diversità come valore da perseguire insieme. Perché invece la rivalità uomo/donna condiziona il nostro agire ed il nostro pensare? Quale ira ancestrale muove la mano di un uomo che si sente minacciato dall’affermazione paritaria della propria compagna di vita? Perché abbarbicarsi alle poltrone e non condividerle per crescere insieme e magari disegnare una nuova società fondata su “Sono stata eletta ambasciatrice per UnWomen 6 mesi fa, e più parlo di femminismo e più mi rendo conto che troppo spesso l'impegno per i diritti delle donne viene inteso come sinonimo di "odiare gli uomini". E, se c'è una cosa che so con certezza, è che questo deve finire. Per la cronaca, per definizione il femminismo è il concetto che uomini e donne debbano avere pari diritti e pari opportunità. E' la teoria dell'uguaglianza politica, economica e sociale dei sessi. Ho cominciato a diffidare delle supposizioni basate sul genere molto tempo fa. …. Ma le mie esperienze più recenti dimostrano che femminismo è diventata una parola impopolare. Le donne si rifiutano di identificarsi come femministe. A quanto pare, io sono nel novero di quelle donne le cui parole sono percepite come troppo forti, troppo aggressive, isolanti e anti-uomini, persino non attraenti. Ma perché femminismo è diventata una parola tanto scomoda? Provengo dalla Gran Bretagna e penso che sia giusto che io sia pagata tanto quanto i miei colleghi maschi; penso giusto poter prendere decisioni riguardo al mio corpo; penso giusto che delle donne mi rappresentino politicamente per quelle decisioni che influenzeranno la mia vita; penso giusto che mi sia garantito lo stesso rispetto sociale che è garantito agli uomini. Ma, sfortunatamente, posso dire che non c'è neanche una nazione al mondo in cui le donne possono aspettarsi di vedersi riconosciuti questi diritti. Nessuna nazione al mondo può dire di aver raggiunto la parità dei sessi. E considero questi diritti come diritti umani. Ma io sono una di quelle fortunate. La mia vita è un vero e proprio privilegio perché i miei genitori non mi hanno voluto meno bene perché sono nata femmina; la mia scuola non mi ha limitata perché ero una ragazza; i miei mentori non hanno supposto che dovessi limitarmi perché un giorno avrei potuto avere un figlio. …..Come si può influire sul cambiamento nel mondo se solo la metà di esso partecipa alla discussione? Uomini. Colgo quest'occasione per rivolgervi un invito formale. La parità di genere è anche un problema vostro. Perché finora vedo il ruolo paterno poco importante nel rapporto con i bambini, nonostante da piccola avessi bisogno della presenza di mio padre come di quella di mia madre. Ho visto ragazzi soffrire disagi mentali, incapaci di chiedere aiuto per paura di apparire meno virili, o meno uomini. Nel Regno Unito la prima causa di morte degli uomini tra i 20 e i 49 anni è il suicidio, che supera incidenti stradali, cancro e malattie cardiache. Ho visto uomini resi fragili ed insicuri dalla percezione distorta di cosa sia il successo maschile. Neanche gli uomini beneficiano dei diritti della parità di genere. Non parliamo spesso di come anche gli uomini siano imprigionati dagli stereotipi di genere, ma vedo bene che lo sono. E, quando ne saranno liberati, come conseguenza naturale le cose cambieranno anche per le donne. Se per essere accettati gli uomini non dovranno mostrarsi aggressivi, le donne non si sentiranno in dovere di essere sottomesse. Se agli uomini non sarà richiesto di controllare, le donne non dovranno essere controllate. Sia gli uomini che le donne devono sentirsi liberi di essere sensibili. Sia gli uomini che le donne devono sentirsi liberi di essere forti. E' ora di concepire il genere su uno spettro, e non come due serie di valori opposti. Se smettiamo di definirci l'un l'altro in base a cosa non siamo, e cominciamo a definire noi stessi in base a chi siamo, possiamo essere tutti più liberi. Ed è di questo che si occupa #HeForShe. Di libertà. Chiedo che gli uomini si assumano questo impegno, perché le loro sorelle, madri e figlie possano essere libere dai pregiudizi, Il Pungolo 25 Novembre 2014 ma anche perché ai loro figli sia concesso di essere vulnerabili e umani. Rivendicando per loro quei lati che hanno trascurato, permettiamo loro di esprimere una versione più vera e più completa di sé stessi.……. Perché la realtà è che, se non facciamo niente, ci vorranno 75 anni, o che io compia quasi 100 anni, prima che le donne si possano aspettare di essere pagate quanto gli uomini per fare lo stesso lavoro. Nei prossimi anni milioni di ragazze si sposeranno ancora bambine. E, con questi ritmi, tutte le ragazze della campagna africana non potranno ricevere un'istruzione secondaria prima del 2086. Se credete nella parità, potreste essere uno di quei femministi involontari di cui ho parlato prima e, se è così, mi complimento con voi. E' difficile trovare una parola che ci unisca, ma la buona notizia è che abbiamo un movimento che ci unisce. Vi invito a farvi avanti, a farvi vedere e a chiedervi: se non io, chi? se non ora, quando? Vi ringrazio tantissimo” Emma Watson, discorso all'Assemblea Generale Onu, 20 settembre 2014 4 Ebbene, fatevi dire da una vecchia Befana, anche idealista e sognatrice (terribili connotati!), che il mondo cesserà di esistere quando l’indifferenza e l’individualismo governerà i nostri cuori. Finché non cesseremo il dualismo tra ego e altro, finché non smetteremo queste sterili guerre tra colleghi, tra pre e post 92, tra dipartimenti, tra AC e Filiali, tra 8 sigle su 7000 dipendenti, che poi si traducono nei macro conflitti tra sessi, generazioni, popoli, culture, razze, religioni, resteremo fango: rispettando gli altri, rispettiamo noi stessi. Per questo credo nella necessità di un cambio di marcia, nell’affermazione di una cultura di genere inclusiva, egalitaria e rispettosa delle differenze, premiante dei valori peculiari di ognuno, valorizzante i talenti e meritocratica, maggiormente democratica perché fondata sulla dialettica e sul confronto, non sull’adesione passiva alla maggioranza. Crisi parola di genere femminile? La Segreteria Tutt*controTutt* La Redazione Siamo in tempi di recessione, economica, ma, soprattutto, culturale. Siamo in tempi di rapido trasformismo, dove non si pensa alla funzione, solo alla rottamazione. Questo vorticoso apparire, fa spesso dire proprio alle donne che il femminismo è morto, inutile, ricordo vintage di qualche vecchia befana, magari zitella. Stessa logica sulla rappresentanza sindacale, istituzione superflua, organismo desueto, reminiscenza preistorica di contrattazioni oramai superate dalla logica del precariato, indebolito proprio dall’assenza di condivisione della visione comune. Non è vero che la crisi economica che ha coinvolto i Paesi occidentali è trasversale e colpisce tutti indistintamente: c’è qualcuno che paga di più. Sono le fasce socialmente ed economicamente più deboli, le meno rappresentate, quelle che fungono da ammortizzatori sociali in sostituzione di uno Stato che si ritira e che non sa tutelare i presidi di democrazia a fronte di una finanza sempre più arrogante e spregiudicata. Donne, giovani, anziani, malati e disabili. Abbiamo visto il Premier, al pari di tante persone dello spettacolo e della politica, questa estate farsi la doccia gelata per la sottoscrizione di fondi per la ricerca scientifica contro la SLA (IceBucketChallenge). Ma la doccia gelata il Governo l’ha fatta alla Nazione riducendo di oltre un terzo il fondo per la non autosufficienza e l’assistenza domiciliare, già tra i più bassi d’Europa. L’efficienza allocativa delle risorse in alcuni casi determina iniquità non solo anticostituzionali (l’art. 32 Cost. recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”) e sociali, perché, spesso, il fondo è l'unico sostegno per migliaia di malati affetti da gravi disabilità e per i loro familiari (spesso costretti a rinunciare al lavoro per assistere i loro cari o a ricorrere a un aiuto esterno economicamente gravoso, talvolta insostenibile), ma, soprattutto, per l’effetto moltiplicatore della spesa che produce: ridurre drasticamente tali sostegni, già insufficienti, vuol dire condannare i malati a vivere negli istituti o nei reparti di rianimazione degli ospedali con un notevole aggravio dei costi per lo Stato e della spesa pubblica che si voleva contrarre. Il mercato del lavoro reso una jungla da improvvisazioni, deregolamentazioni, decreti lampo e tagli selvaggi, assenza di investimenti, globalizzazione al ribasso, sta scontando, da anni, la pochezza e la miopia dell’azione politica dei vari Governi che si sono succeduti. Il risultato è un salto oramai di due generazioni in ingresso all’attività lavorativa, l’impossibile ricollocazione delle risorse umane espulse dalla produzione per effetto di tagli infondati o provvedimenti improvvidi, indeterminatezza del futuro del Paese, insoddisfazione e demoralizzazione, fuga di cervelli e di talenti fuori la madrepatria: un esercito di forza lavoro ancora utile, inutilizzata e non operosa per la crescita del Paese. Questa incertezza e precarietà dei giovani nel lavoro diviene lacciolo anche nella sfera privata: l’indeterminatezza dell’autonomia economica non permette di uscire dalla casa natale e formare un nuovo nucleo, generare figli, vivere le giuste ambizioni e progettualità. Natalità e fecondità in Italia tengono solo aggregando i dati in ingresso delle migranti (oltre un quinto delle nascite). Instabilità economica, insicurezza per il futuro e strutture insufficienti, costringono molte coppie a rinviare la decisione di avere un figlio. Meccanismi opposti convergono sull’innalzamento dell’età riproduttiva: le donne che hanno un lavoro aspettano per non bruciare la carriera avviata, quelle che non lo hanno aspettano tempi migliori. Ed intanto questo è un Paese che invecchia male: bassi livelli di fecondità rendono l'Italia uno dei paesi più vecchi al mondo (secondo le pre- Il Pungolo 25 Novembre 2014 visioni, nel 2050 ci saranno 263 anziani ogni 100 giovani), livelli alti di disoccupazione ed inoccupazione giovanile non rendono possibile un criterio di sostituzione nell’attività produttiva. Gli anziani subiscono tagli, blocchi e tassazioni senza poter mettere in atto alcuna misura di compensazione. Risparmi oramai erosi da anni di stagnazione hanno permesso una sopravvivenza di facciata, crescita esponenziale dei prezzi di beni e servizi, tagli su servizi, particolarmente sulla salute pubblica, hanno esposto la terza età ad un costante depauperamento del suo reddito. Sono anche gli anziani ad ingrossare le fila dei nuovi poveri con tagli sulla spesa alimentare, sui farmaci esclusi dalle fasce di sopravvivenza, sulle visite mediche specialistiche. Una parte della popolazione invisibile agli occhi della politica, ma utile per il prelievo fiscale, additata come fortunata perché, dopo una vita di lavoro, ha avuto diritto alla restituzione delle somme accantonate per la pensione, cui noi, probabilmente, non accederemo, sicuramente non con le stesse forme e tutele. Ci sono poi le donne. In questa bolgia infernale, ancora impegnate nella lotta al riconoscimento del diritto all’equiparazione ed all’autodeterminazione. All’art. 3, tra i principi fondamentali della carta costituzionale leggiamo: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. 5 Ebbene, a distanza di 66 anni dalla promulgazione, di questa pari dignità sociale e giuridica è difficile trovare traccia se ci guardiamo intorno e notiamo nel mondo del lavoro il differenziale salariale (gender wage gap), la resilienza nella progressione delle carriere (abbiamo dovuto imporre per legge la rappresentanza femminile nei CdA, L. 120/2011, c.d. Golfo Mosca), la scarsa rappresentanza femminile nelle cariche istituzionali (solo il governo Renzi ha proposto egual numero di ministri e ministre, ma assenza di donne in tutte le cariche annesse e connesse e, di fatto, la soppressione del Ministero per le PO), fino alla piaga delle dimissioni in bianco o celate forme di contratti di lavoro a tempo indeterminato con contratti meno tutelati, che incidono maggiormente sulle lavoratrici. Senza voler poi allargare lo sguardo al riconoscimento, nell’ambito del diritto familiare, della trasmissione del proprio cognome alla prole, della sperequata distribuzione dei carichi familiari, fino a giungere all’acme della violenza che, nel femminicidio, rappresenta l’estremizzazione del pregiudizio e della spersonalizzazione della donna quale pertinenza maschile. Assistiamo, invece, a donne sempre più impegnate nell’oneroso compito di sostituzione di uno Stato defilato, incapace di offrire ai propri cittadini strutture e servizi efficienti, orientato ad obiettivi contabili di bilancio, prima ancora che di tutela dei propri cittadini. Il tramonto del welfare ha comportato una contrazione degli investimenti nel sociale, cui le donne sono state reclutate in una pericolosa surrogazione. Finché la capacità reddituale lo ha permesso, si è fatto ricorso alla forza lavoro delle immigrate: domestiche, badanti e babysitter, soprattutto dell’europa dell’est, sono entrate nelle nostre famiglie. La scure dei licenziamenti e l’aggravamento del prelievo fiscale, negli ultimi anni, ha fatto riprendere in casa tali attività, gravando soprattutto la donna dei compiti di cura e di manutenzione domestica. La generazione di mezza età, madri, talvolta nonne, ed ancora figlie, si trova a fronteggiare, di fatto, il sostentamento diretto o indiretto di tre generazioni. Un impegno gravoso, trasparente, non riconosciuto a livello sociale ed economico che non riteniamo congruo con una società civile, occidentale, moderna che si dichiara democratica e paritetica. Ed è per questo che affermiamo che la crisi non è trasversale, c’è qualcuno che paga per tutti! Prostituzione Il Coordinamento Femminile La questione della prostituzione, definito quasi a lavarsi le coscienze "il mestiere più antico del mondo", è sempre legata all'indotto economico. Ove cessasse la richiesta, crollerebbe la domanda: se non ci fossero clienti, chiuderebbero i postriboli e non ci sarebbero più schiave del sesso, consapevoli o meno (non credo poi la situazione delle nigeriane, albanesi o italiane agli angoli delle nostre strade sia meno turpe!!!). La sopraffazione a danno delle persone più deboli, donne e bambini, si combatte solo con la cultura, ma la cultura per essere assimilata richiede l'aiuto di norme che prevedano asprezza di pena. Naturalmente i controlli si accaniscono su chi esercita la prostituzione, anello debole dell'enorme traffico ignobile...Iniziamo a lavorare sui nostri uomini e reintroduciamo una sorta di pubblico ludibrio, attestiamo il nostro disprezzo verso chi compra un altro essere umano. Insegnamo ai nostri figli che è indegno solo pensare di usare il sesso come merce di scambio. Sotto un lampione o nelle confortevoli pareti di una villa,come scorciatoia per incarichi o matrimoni prestigiosi. Predichiamo con il nostro esempio che l'amore risiede nel cuore e non in mezzo alle gambe. Forse qualcosa cambierà.... Il Pungolo 25 Novembre 2014 Organismi di Parità G.Rivitti e S.Cicin Breve sintesi sugli Organismi di parità verso l’incontro del prossimo 3 Dicembre a Roma, Sede Parlamento Europeo Le Consigliere di parità, nascono dopo l'entrata in vigore della legge n. 125 del 1991 introducendo una figura di presidio a garanzia della condizione della donna nel mercato del lavoro e con il decreto n. 198 del 2000 viene rivisitata la struttura della rete delle consigliere, articolate in regionali, provinciali e da una rappresentante nazionale. La loro nomina avviene con decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro per le Pari Opportunità e su designazione degli organi individuati da regioni e da province. L’imbarazzante assenza del dicastero delle Pari Opportunità rende, forse, necessario un ripensamento del meccanismo delle nomine, magari sulla base di bandi qualificati. Le Consigliere di parità possono agire in giudizio nei casi di discriminazione, definire politiche attive del lavoro, promuovere regole, esercitare un presidio nei confronti del territorio. L’azione delle Consigliere si svolge sia in ambito giudiziario, in quanto unico soggetto abilitato dalla Legge ad agire avverso fattispecie discriminatorie di genere, sia collettive che individuali, sia anche di promozione territoriale e di vicinanza nei luoghi politici ove si svolge l’attività lavorativa. Le consigliere presiedono l’importante ruolo di conciliazione tra le esigenze aziendali e l’osservanza dei diritti in materia di genere ed hanno per legge la possibilità di convocare le aziende dettando termini brevi e vincolanti per avere risultati immediati, fino ad agire in giudizio. Come spesso accade in Italia, all’avanguardista capacità legislativa non segue stessa abilità applicativa delle norme emanate, così in materia l’impossibilità di agire dal punto di vista economico, spunta le armi e, spesso, il malcostume politico nella designazione delle cariche non per merito e competenza, svuota il ruolo di valore. Il costante taglio dei fondi 6 destinati alle questioni di genere, l’eccesso di normazione che crea confusione istituzionale e sovrapposizioni, che non giovano alla causa. Le Consulte femminili operano come organismi paritari nelle regioni, comuni e municipi rappresentando le istanze delle donne nelle citate istituzioni, formulando proposte e promuovendo iniziative per attuare principi di parità. Esprimono, inoltre, pareri su programmazione e atti deliberativi che incidono sulle condizioni femminili, tendono a promuovere la presenza delle donne nella politica, professioni e società ed è quindi composta da associazioni, partiti, organismi sindacali che si occupano di rappresentanza di genere e cultura paritaria aperta alla politica e al territorio Gli Assessorati di parità o pari opportunità riguardano invece il monitoraggio sulle scelte operate per la composizione delle Giunte regionali, comunali e municipali La L.134/2011 ha accorpato nei Comitati Unici di Garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni le funzioni che erano attribuite ai Comitati Pari Opportunità e ai Comitati paritetici sul fenomeno del mobbing, sorti per applicazione della L.125/1991 dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, al fine di fornire uno strumento di contrasto specifico per lavoratori/trici che subiscono discriminazioni sul posto di lavoro. La legge del 2011 unifica l'interlocutore affidando al CUG anche le discriminazioni di genere, età, disabilità, origine etnica, lingua, razza, orientamento sessuale, nonché la tutela rispetto al trattamento economico, progressioni in carriera e sicurezza. La funzione di vigilanza è svolta internamente all’azienda, ma i temi trattati vengono portati all'attenzione esterna in attività di diffusione culturale. La composizione è mista con dipendenti che rappresentano sia l'azienda che la rappresentanza sindacale, paritetica dal punto di vista del genere. Il 16 Luglio scorso la FIBA CISL Banca d'Italia ha ospitato, patrocinandone l’iniziativa dell’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, il primo confronto tra organismi di parità. Creare un forum di confronto e di raccordo, trovando un filo conduttore nelle attività dell’universo delle rappresentanze. La prima osservazione che sorge è la necessità di ripristinare la figura istituzionale del Ministro delle Pari Opportunità. La composizione paritaria dell’ultimo Governo non è esaustiva, sia perché alle alte cariche non corrispondono eguali ripartizioni nella “filiera del comando” composta da segretari, sottosegretari, direttori generali, etc. sia perché ancora necessaria la funzione di raccordo, di rappresentanza e di attenzione ad un nodo non risolto nella società civile. La successiva fase è un riordino delle competenze ed attività tra i tanti (forse troppi) organismi di parità, individuando una omogeneità politica e di intenti. Il lavoro ancora da svolgere è notevole ed ha ampi margini di miglioramento da concertare tra tutte le parti coinvolte. Il dibattito è aperto ed il 3 dicembre sarà una nuova occasione per tarare piani di azione condivisi. Noi ci saremo! Luciana D’Ambrosio Marri Sociologa, Psicologa del lavoro, Formatrice ed Esperta in Gestione dei processi formativi. Lavora nella Selezione, Formazione, Diversity Management, Sviluppo delle Persone e Benessere Organizzativo iscritta all’A.I.F.( Associazione Italiana Formatori) ed al F.I.C.(Federazione Italiana Coach). Opera come sociologa del lavoro e consulente nell’area gestione risorse umane; è cultrice della materia presso l’Universita’ Europea di Roma; è docente nel master di II livello “Formatori ed esperti in Pari Opportunità” presso l’Università degli studi Roma tre; Il Pungolo 25 Novembre 2014 è docente nel master “Lavoro famiglia e leadership femminile” presso l’Ateneo pontificio Regina Apostolorum; è autrice di numerosi saggi e pubblicazioni nelle tematiche del HR. Luciana d’Ambrosio Marri una Esperta in Azienda Il Coordinamento Femminile Nel Suo lavoro ha avuto modo di confrontarsi con numerose realtà lavorative, pubbliche e private. Che idea si è fatta sull’utilizzo della compagine femminile? Di fatto oggi il mondo del lavoro riconosce necessarie quelle qualità e competenze che per secoli sono state percepite come debolezze della sensibilità femminile. Empatia, visione d’insieme, capacità di pensiero e azione multitasking, capacità innovativa, sono solo alcuni esempi. Molte aziende private in Italia si sono per prime rese conto concretamente del valore aggiunto che tali competenze possono assumere per l’azienda e la sua redditività, a prescindere dal fatto che siano possedute da uomini o donne. Sono quindi competenze soft della professionalità che è importante riconoscere e diffondere, anche attraverso la formazione del personale a tutti i livelli gerarchici su questi terreni, perché - al di là delle sensibilità personali di uomini e donne - lo sviluppo in competenza di questi e altri tratti richiede apprendimento consapevole e politiche mirate di sviluppo del personale a comportamenti e valori che si sostengono vicenda. Sia nel pubblico sia nel mondo privato delle imprese ci sono best practices caratterizzate da tale orientamento: si tratta di diffondere tali esperienze, farle conoscere e costruirne delle nuove, trasformando l’attuale rarità di oggi in normale prassi! Le donne oggi sono più istruite degli uomini, manifestano capacità e potenzialità che in team misti di direzione - dal punto di vista di genere e dal punto di vista culturale - possono effettivamente trasformare positivamente realtà produttive depresse o in forte difficoltà, così come esempi e ricerche nazionali e internazionali dimostrano. 7 Quello femminile è un potenziale di sviluppo del nostro Paese, con un forte impatto sul PIL, che quindi non può andare sprecato. Quali strumenti reputa idonei all’affermazione in azienda dei talenti femminili? Gli strumenti sono molteplici. Tra questi, la formazione delle donne in termini di empowerment, rivolta all’auto-proposizione, a non censurare le proprie capacità da una parte, e la formazione del management indirizzata alla valorizzazione delle differenze perché, oltre che applicazione di principi democratici, essa rappresenta uno strumento concreto e straordinario di sviluppo d’impresa e di benessere organizzativo. Altri strumenti sono rappresentati da politiche che aiutano anche le singole imprese, soprattutto se di piccole dimensioni, a “fare sistema” su soluzioni condivise di pratiche di work life balance, e coraggio manageriale nel guardare le conseguenze delle proprie scelte gestionali in prospettiva, e non solo l’apparente vantaggio del qui e ora. Tale ottica è funzionale al bene comune, non solo a quello delle donne. Non ci si può fermare a una lettura del part time o del telelavoro come unici strumenti di facilitazione delle presenze femminili nel mondo lavorativo. Il problema – nelle organizzazioni private e pubbliche – non è la presenza in sé delle donne, ma il sostegno e la non discriminazione per ciò che riguarda gli sviluppi di carriera. Questo “fare carriera” per gli uomini è culturalmente “normale”, mentre per molte donne rappresenta ancora un dilemma in alternativa ad altri progetti esistenziali, e non solo a quello della maternità. Inoltre, il work life balance è un vantaggio e un benessere collettivo, come la diffusione della genitorialità. Di fatto, quella che va promossa e tradotta in comportamenti organizzativi è la cultura della Diversity & Inclusion, che riguarda donne, uomini, generazioni, età, culture. Ciò è possibile necessariamente in tandem a logiche meritocratiche che sono connesse a quelle del Diversity Management. Riguardo al mentoring, crede sia uno strumento utile al recupero del gap di genere? Il mentoring può certamente essere di supporto dare una mano: più donne raggiungono e rompono il “soffitto di cristallo” più costoro possono fornire con il proprio ruolo e la propria storia degli esempi di vita concreti e utili alle altre donne. E se fanno di tale esperienza un patrimonio e un riferimento di consiglio alle donne più giovani, o alle prime armi nell’intraprendere percorsi professionali spesso complessi, questo va a vantaggio delle donne (mentore e mentee) coinvolte e, più in generale, dell’ambiente organizzativo in cui tale coppia si muove. L’importante è, però, da una parte non far trascendere questo rapporto di significato e pratica sia umani sia professionali in un rapporto che scivoli quasi solo nella dimensione “amicale-informale”, perché si rischia di perdere di vista quel connotato di legame tra le due protagoniste del mentoring che, in qualche modo, è legato allo scenario lavorativo di riferimento: mi riferisco al rischio intrinseco di scivolare in un rapporto emotivo madre-figlia che sarebbe per certi punti di vista confusivo e fuorviante. Dall’altra, è altrettanto rilevante non trasformare il valore del mentoring in una sorta di “bacchetta magica”, né pretendere di trattare per mezzo del mentoring problematiche che sono di natura organizzativa e che non attengono esclusivamente a questioni di genere. Perciò, oltre ad agire in termini personali, diventa fondamentale, dal punto di vista di direzione aziendale, agire in termini di cultura e organizzazione del lavoro promuovendo, insieme a possibilità di mentoring e coaching, chiare azioni e politiche gestionali mirate non solo a recuperare il gap di genere, ma a far crescere l’impresa valorizzando le differenze tra i generi, e responsabilizzando in tal senso tutto il personale e la piramide organizzativa. E’ evidente, d’altronde, che tutto contemporaneamente non si può praticare, ma è altrettanto rilevante avere chiaro che bisogna agire su più piani, magari con tempi differenti, e non ritenere che una sola azione possa essere la panacea di un problema a più dimensioni Il Pungolo 25 Novembre 2014 Il mentoring in Banca d'Italia? Esiste: è il tuo Sindacato! La Segreteria Abbiamo trattato delle varie figure professionali di supporto ai percorsi di carriera dei neo assunti o dei neo promossi in ruoli a responsabilità crescente ne Il Pungolo degli scorsi mesi (febbraio 2014). Torniamo ora sull’argomento per condividere una riflessione che l’attualità ci impone: il ruolo del sindacato nel luogo di lavoro. Ossia: ha ancora senso iscriversi e farsi rappresentare da una organizzazione collettiva? È davvero giunto il tempo di sparire sotto lo slogan “incertezza per tutti” o consolarci col “mal comune mezzo gaudio”? Ebbene, se analizziamo funzioni e metodi attribuiti alle nuove figure di sostegno ai lavoratori, notiamo come coach, tutor, mentore abbiamo in comune la capacità di inserimento migliore del lavoratore nell’organizzazione aziendale. Chi con competenze più specificatamente tecniche, chi relazionali, con tempi diversi, ma con l’obiettivo di valorizzare i talenti, rendere le risorse umane più gestibili, immediatamente utilizzabili, accelerando il fenomeno della cooptazione, accrescendo il senso di appartenenza e di condivisione della mission aziendale. Possiamo quindi definire che il sindacalista onesto, fedele al suo ruolo, esercita un implicito ruolo di mentore. Chi accoglie i colleghi al loro ingresso in Banca, quando nessuno spiega loro non cosa sia l’Istituto, ma quali siano 8 i veri diritti e doveri sottesi al rapporto di lavoro? Chi spiega ai colleghi quali siano le fattispecie normativamente previste per assenze, istanze, rimborsi e li assiste nella compilazione di modulistiche declinate per soli specialisti della materia? Chi tutela i colleghi nell’esercizio dei loro diritti sulla fruizione di permessi, turni, assenze? Chi sorveglia l’esatta applicazione di normative sulla sicurezza dei lavoratori, sulla gestione degli appalti? Chi ha la funzione di difensore nelle commissioni disciplinari, perorando ragioni e giustificazioni dell’operato del collega? Chi controlla il giusto esito di valutazione nelle prove d’esame? Chi interloquisce col datore di lavoro per rappresentare le ragioni dei lavoratori nella contrattazione locale? Chi funge da intermediatore tra istanze opposte, ma convergenti nel bene dell’Istituto, nostro posto di lavoro? Chi assiste i colleghi nel fiume di normativa per il riconoscimento di leggi nazionali, applicate sempre in modo restrittivo dai datori di lavoro, in tema di assistenza, natalità, etc? Chi assiste, consiglia, difende, porge un ascolto fidato, personale, intimo, a tutto campo, continuato nel tempo? Il sindacato, il buon sindacato. Ed ecco che il mentoring migliore per tutti i lavoratori e le lavoratrici è l’iscrizione al sindacato! Questioni di Clima La Segreteria La FIBA CISL ha salutato con piacere l’indagine sul clima aziendale apprezzando l’articolazione delle domande volte ad evidenziare la percezione sulla questione di genere. Conoscere l’esito della consultazione sarà strumento utile per vagliare un’azione sinergica, di concerto con le organizzazioni sindacali, per rimuovere gli ostacoli oggettivi e rimodulare la cultura aziendale in ottica di genere. Finalmente ieri sono stati diffusi gli esiti sul portale delle Risorse Umane. Ci piace sottolineare: “dalla fase quantitativa dell’indagine emerge un’organizzazione percepita positivamente nella sua reputazione verso l’esterno, con un legame soprattutto di natura affettiva con i propri dipendenti, che necessita di innovare lo stile direzionale dei suoi ma- nager, oltre ad alcune prassi di gestione del personale (in particolare, per la crescita orizzontale e la valorizzazione delle differenze) Per il resto…buona lettura! Diversity in Banca d’Italia La Segreteria Il valore Diversità è stato inserito nel Piano Strategico dell’Istituto. La dott.ssa Radoni è stata posta a vertice del progetto. È stata istituita una casella funzionale, è stato informato il personale dell’iniziativa affermando che “la diversità è una ricchezza da scoprire, alimentare e potenziare. Ogni lavoratore si caratterizza per un mix connotazioni personali, di genere, di età, di famiglia professionale; gli strumenti da usare e i campi di intervento sono molteplici: ogni soggetto organizzato, sia esso istituzione o impresa – pur basandosi sulle pratiche migliori già attuate al suo interno e all’esterno – deve trovare la propria strada e questa deve tenere conto degli obiettivi funzionali, dei valori collettivi, del patrimonio disponibile di risorse umane”. Bello udire queste parole da una Capodipartimento, tra i massimi vertici dell’Istituto. Ci auguriamo che questo linguaggio venga declinato in tutte le realtà lavorative della Banca, anche quelle in cui la valutazione risente del presenzialismo, delle maternità, dell’appartenenza sindacale, della fruizione di permessi ex L.104/92, di residenza anagrafica e di struttura d’appartenenza. Alla dott.ssa Radoni il nostro più vivo augurio di buon lavoro, se riuscirà a portare la centralità e il benessere della persona quale mission aziendale non potremo che esultare. La felicità fa parte della vita. Svolgere il nostro lavoro con partecipazione, senso di appartenenza, orgoglio e dedizione accresce il livello di soddisfazione ed azzera lo stress, causa di molte malattie e disagi psicolo- Il Pungolo 25 Novembre 2014 gici. Sta all’Azienda trovare le giuste leve motivazionali. Ancora una volta a Genova Ancora una volta la vergogna di vedere una delle più belle terre d’Italia violentata dal disastro che solo l’uomo può provocare. In questo Paese dove la violenza non è mai punita. In questo Paese dove l’incultura dello stupro è tollerata, dove, su risorse limitate si vuole lucrare illimitamente, dove il prepotente vuole e può sopraffare l’indifeso per il tramite della violenza. Così come afferma Vandana Shiva, Right Livelihood Award,1993: “ho più volte sostenuto che lo stupro della Terra e lo stupro delle donna sono intimamente connessi - sia metaforicamente, nel modo di cui si costruisce la visione del mondo, sia materialmente: nel modo in cui si costruiscono le vite quotidiane delle donne.” Si abusa della donna e del suo corpo con la stessa feroce noncuranza con cui di abusa dell’habitat. La donna e la terra, fertili e portatrici di vita, abbinate in un tragico destino, cui ora dobbiamo opporci. La FIBA c’è ed è solidale con colleghi/e genovesi L’alluvione del 9 ottobre ha messo a dura prova e nuovamente la città di Genova. I genovesi si sono prontamente rimboccati le maniche e con spirito di grande solidarietà hanno soccorso le 9 vittime (famglie e imprese) nelle zone allagate. Ancora una volta i protagonisti si sono dimostrati essere gli ‘angeli del fango’, i ragazzi che con la loro numerosa e operosa presenza hanno insegnato alla città che l’unione fa la forza… per rinascere! Tra le iniziative proposte è stata riavviata la campagna denominata “Non c’è fango che tenga”, a sostegno delle persone e attività commerciali sconvolte dall’alluvione: vorremmo proporre una raccolta fondi da destinare a questo progetto LE RAPPRESENTANZE SINDACALI LOCALI DI GENOVA Ritorna l’iniziativa benefica a favore delle attività alluvionate del 9/10/2014 con obiettivo di raccogliere e distribuire fondi alle attività commerciali e produttive danneggiate in minor tempo possibile e nella maniera più equa. L’idea di Caterina Ansaldi e della Parrocchia Santa Margherita di Marassi, propone due canali per sostenere l’iniziativa: 1. Acquisto t-shirt 2. Versamento su c/c IBAN IT06V0617501405000003132380 intestato a: Parrocchia Santa Margherita di Marassi – NON C’è FANGO CHE TENGA. La donazione è esente da costi bancari e commissioni. La vendita delle t-shirt sarà effettuata nei punti strategici della città, nelle parrocchie e nelle attività commerciali aderenti al progetto. Le prime 20.000 magliette saranno disponibili sabato 18 e domenica 19 ottobre. I fondi saranno destinati alle attività commerciali e produttive alluvionate della zona di Borgo Incrociati, Brignole e Foce. Verranno distribuiti in proporzione ai danni e alle perdite subite da ciascuna attività. L’andamento della raccolta fondi e la distribuzione saranno trasparenti e visibili sulla pagina di Facebook “Non c’è fango che tenga” Sportello CISL Servizio di Counseling Relazionale Un nuovo utile strumento a disposizione del personale per gestire i problemi individuali e promuovere salute e benessere in azienda e nella vita privata Ricordiamo l’iniziativa gratuita in corso. I nostri iscritti, previo appuntamento, potranno usufruire di una consulenza con Counselor professionisti per gestire tematiche quali l’equilibrio tra vita personale e professionale, gestione dello stress e relazioni interpersonali. I colloqui individuali avranno durata di 50 minuti, con garanzia di massima riservatezza. Prenota al numero 327.0215690 o invia una email alla casella funzionale: [email protected] Parliamo di famiglia. I seminari legali del CentroPsicologicoRoma La Segreteria La FIBA CISL Banca d'Italia ospita e patrocina una serie di seminari legali aventi per tema: “Diritto di Famiglia e Diritto del Lavoro in un' ottica di genere: discriminazioni ed eventuale impatto sindacale” che si ter- ranno a partire dal prossimo anno, a cadenza settimanale. I seminari sono organizzati dal Centro Psicologico Roma, in collaborazione con lo Studio Legale Santi Licheri, fondato dal noto giudice Santi Licheri ed ora condotto dalla figlia, l'Avv. Annaluce Licheri, che sarà anche la docente dei seminari. Il Pungolo 25 Novembre 2014 In un momento di rapida evoluzione sociale, fare il punto sulla normativa vigente e sulle prospettive prossime e future del mondo che ci circonda, crediamo sia un servizio importante che il sindacato debba attivare. In questi incontri, gratuiti per gli iscritti e loro familiari, si analizzerà la costruzione e l'applicazione delle norme in ambito del diritto di famiglia e del diritto del lavoro, al fine di una applicazione sostanziale dei principi di pari opportunità. Si esamineranno le norme, compendiate con fattispecie concrete, al fine di svelare eventuali discriminazioni o manifestare sostanziale parità tra generi. Si approfondiranno le recenti novità normative in tema di lavoro, le diverse tipologie contrattuali (part time, lavoro intermittente, job sharing, contratti di lavoro temporanei: lavoro a termine, di somministrazione), nonché, in ottica di genere, ci si soffermerà sulle possibili discriminazioni sul posto di lavoro. Riflessioni specifiche sul contenzioso tra datore di lavoro e lavoratore: procedure disciplinari, rinunce, transazioni e cessazione del rapporto di lavoro attraverso licenziamenti individuali e collettivi, con particolare attenzione alle discriminazioni di genere. Sul diritto di famiglia tratteremo di separazione, divorzio, convivenza more uxorio, casa coniugale, tutela dei figli, con relativi effetti e ripercussioni civili e patrimoniali. Si ragionerà del risarcimento danni nelle relazioni familiari violente, della sindrome da alienazione familiare, dell' impresa familiare, la crisi nella famiglia e ordini di protezione d'urgenza. Tutte le attività del CentroPsicologicoRoma nei suoi settori della Formazione, del Consultorio Psicologico e nella Tutela delle Donne, pongono sempre una uno sguardo privilegiato nei confronti dell'universo femminile e le sue esigenze. Per info: [email protected] tel.0647922270 Il CentroPsicologicoRoma, nasce dall’esigenza di creare una piattaforma polivalente attenta alle problematiche psicologiche e sociali delle fasce 10 più deboli (area del Consultorio Psicologico), con uno sguardo privilegiato all’universo femminile ( area della Tutela delle Donne), nonché alla crescita che si realizza tramite l’analisi del momento culturale che stiamo vivendo (area della Formazione). Anna Merolle, direttrice del CentroPsicologicoRoma e presidente dell’Ass.culturale ANCIS-PSICHE. Psicologa, psicoterapeuta Gestalt – Analitica. Esperta in PNL, Ipnosi Post Ericksoniana – PNL ed in tecniche di induzione e rilassamento. Svolge attività di psicoterapia di gruppo, individuale e di coppia e di formazione in ambito clinico. Annaluce Licheri, avvocata, collabora, dal 2004, con la Cattedra di Diritto Privato, e diritto dei Consumatori, presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma.E’ docente a contratto in tema di contrattualistica e della proprietà intellettuale, presso il Master di II livello in diritto privato europeo, presso Università la Sapienza. Ha maturato una significativa esperienza in tema di malasanità, e nell’assistenza legale per separazioni e tutela dei minori. Quante lezioni possiamo trarre dal passato? Riscopriamo la modernità di Maria Luisa di Borbone Maria Luisa, una Borbone sullo scacchiere di Napoleone Nadia Verdile, docente e pubblicista Lo chiamava «il Corso» e in quell’aggettivo c’erano dentro il dolore e la rabbia che Maria Luisa di Borbone, duchessa di Lucca, infanta di Spagna, nutriva per Napoleone Bonaparte. Dei suoi 42 anni di vita la metà li dedicò a sfuggire, rincorrere, implorare e maledire l’uomo che le tolse regni, figli, potere e serenità. Era nata a San Ildefonso nel 1782. Figlia di Carlo IV e Maria Luisa di Borbone, ramo Parma, governò nei difficili anni della dominazione napoleonica e della restaurazione. Fu per decisione di Bonaparte regina d’Etruria e, in seguito, per decisione del Congresso di Vienna, duchessa di Lucca. Sesta di quattordici figli, all’età di tredici anni sposò, per ragioni dinastiche, il cugino Ludovico di Borbone, principe ereditario di Parma. Fu un’unione felice, come ella stessa racconta nel suo diario, ma breve. Il marito, infatti, morì nel 1803, a soli 30 anni. Dalla loro unione nacquero due figli: Carlo Ludovico e Maria Luisa Carlotta. Vissero in Spagna fino al 1801 quando con il Trattato di Lunéville, furono inviati da Napoleone in Toscana, con il titolo di sovrani d’Etruria. Quando giunsero a Firenze trovarono Palazzo Pitti spoglio. Per arredarlo dovettero far ricorso a prestiti e donazioni da parte della nobiltà del luogo. Osteggiati dall’aristocrazia che li vedeva come emissari di Napoleone, guardati con sospetto dall’intellighenzia che li credeva reazionari, ebbero vita difficile sin dal loro arrivo. Con la morte di Ludovico, Maria Luisa prese le redini del governo dello Stato come reggente del piccolo Carlo. Cercò di porre argini alle finanze in dissesto a causa delle ripetute carestie, delle guerre sostenute contro i Francesi, del mantenimento (suo malgrado) delle truppe francesi di stanza in Etruria. Durante la sua reggenza, Maria Luisa affidò a Vittorio Fossombroni, già ministro dell’economia di Pietro Leopoldo, il risanamento dello Stato. Questi partì dalla difesa della libertà di commercio come punto fermo intorno al quale far ruotare gli altri interventi di economia politica. Il 30 aprile 1804, Maria Luisa fece ripartire la libera esportazione delle derrate alimentari e dei prodotti dell’agricoltura con una legge resa ancora più ampia nel giugno dell’anno successivo. Rilanciò l’agricoltura e vennero sostenuti gli sforzi dei produttori. Fu istituita la Deputazione per il riordinamento delle finanze e affrontato il problema del deficit. Furono tagliate le spese, aumentate le tasse, messe a freno le malversazioni dei corruttori e dei corrotti, rinvigoriti i redditi dell’erario. Ma non bastarono questi provvedimenti a farle acquistare appoggi e simpatia. Fu intransigente nel campo religioso. Per tutta la vita. Questo suo atteggiamento le provocò ostilità e accuse. Appassionata d’arte, scelse co- Il Pungolo 25 Novembre 2014 me precettore del figlio Giovanni Degli Alessandri, presidente dell’Accademia di belle arti della città. Divenne protettrice degli studi e degli ingegni, premiando i talenti e la creatività. Ella stessa dipingeva, con qualità e tecnica. Nel 1807 istituì il Liceo di Fisica e Scienze Naturali con insegnamenti di livello universitario. Le cattedre istituite furono sei: astronomia, fisica, chimica, mineralogia e zoologia, botanica e anatomia comparata; scelse per la docenza di queste discipline il meglio che le offriva il territorio. Diede fondi e sostegno all’università di Pisa, chiamò per dar loro la cattedra il chirurgo Andrea Vacca Berlinghieri, il botanico Gaetano Savi, il grecista Sebastiano Ciampi: un parterre d’eccezione. Quello che desiderava era dare corpo, cultura e forza al suo Stato, al regno che sarebbe stato del figlio. Ma la Francia era perennemente in agguato. Maria Luisa lavorava per l’Etruria, Napoleone per togliergliela. Il 10 settembre 1807 fu obbligata a lasciare Firenze. Bonaparte cambiò nome al regno e lo diede alla sorella Elisa. Esiliata Maria Luisa, le fu promesso il trono del Regno di Lusitania, nel nord del Portogallo, così come stabilito nel trattato di Fontainebleau, stipulato tra i suoi genitori e Napoleone. Non ci pensò ad accettare uno scettro che usurpava quello della sorella, regina del Portogallo. Mandata in esilio in Francia, con la sua famiglia, cercò di progettare la fuga. Gli uomini della polizia intercettarono le lettere, i suoi amici furono arrestati, qualcuno mandato al patibolo dopo un processo rapido, sommario e segreto. Catturata dalle truppe francesi, le fu tolto il figlio che venne affidato ai nonni materni e fu incarcerata nel monastero di San Sisto, a Roma, dove viveva la cognata suor Giacinta Domenica. Napoleone le tolse tutti i suoi averi, lasciandole solo la figlia e la compagnia di una dama, la sua amica di sempre, Domenica Paglicci. Il 19 gennaio 1814, dopo tre anni di prigionia, fu liberata dalle truppe di Murat che entrarono in Roma. Raggiunse i suoi genitori a Palazzo Borghese, riabbracciò il figlio, questa volta per sempre. Del suo destino politico si discusse e decise a Vienna. Le fu assegnato il piccolo Ducato di Lucca, già repubblica aristocratica separata dal resto della Toscana e successivamente principato napoleonico. Il 11 trattato di Parigi del 1817 stabilì che Parma sarebbe ritornata alla sua famiglia solo dopo la morte di Maria Luigia d’Austria, vedova di Napoleone. Nel frattempo, Maria Luisa divenne duchessa di Lucca con il rango e i privilegi di una regina. Cancellare ogni traccia del governo di Elisa Bonaparte, che aveva governato Lucca dal 1805 al 1814, fu uno dei suoi obiettivi. Nell’attività sociale cominciò dalle donne, da quelle più povere. Dispose, appena arrivata, che fosse assegnata a cento fanciulle dello Stato una dote di 12 scudi. I parroci segnalarono i nominativi di quelle comprese tra i 18 e i 30 anni. Furono molte e per questo le doti furono attribuite con un sorteggio. Poi si occupò dei diseredati e istituì una speciale commissione che provvide a far realizzare cento letti da distribuire ad altrettanti poveri della città. Cento letti non risolvevano il problema forte della povertà, ma davano un sollievo a quanti non possedevano di che dormire. Stabilì anche che se fossero avanzati scudi dagli 800 deliberati per la causa, questi sarebbero stati usati per far cucire camicie ed indumenti per i più diseredati. E perché il segnale della sua attenzione agli ultimi fosse chiaro volle che fossero restituiti ai poveri i loro beni impegnati al Monte di Pietà e ordinò che il Tesoro si facesse carico di rimborsare quanto dovuto. Riportò in vita diciassette monasteri, undici femminili e sei maschili. Diede nuova vitalità alle congregazioni e alle confraternite. Una sterzata verso la religione che parlava del suo vissuto, della storia presente che era volta alla restaurazione, ma anche del suo desiderio di rinnegare le azioni di chi l’aveva preceduta. Nel luglio 1819, decretò la nascita del Liceo reale. Carlo Ludovico ne divenne il presidente, ma tutto il controllo era nelle mani di Maria Luisa che ne curò i dettagli, puntando sulla scelta di professori di primissimo livello. Nominò come direttore Bernardino Orsetti. Un Liceo di cultura scientifica come mai c’era stato in città. Diritto canonico e teologia, diritto civile, diritto criminale e commerciale, patologia, fisiologia e anatomia, ma anche ingegneria, matematica, fisica, botanica e astronomia ed ancora sintesi, logica, metafisica ed etica. Diciassette cattedre nel Palazzo Lucchesini di San Frediano. Vi fece realizzare laboratori e gabinetti scientifici ed anche un Teatro anatomico. Il mese dopo fu la volta del Collegio medico che fu seguito, a ruota, da quelli degli ingegneri, degli avvocati e degli agrimensori. L’anno dopo fece istituire la scuola di idraulica ed idrostatica. Percorsi formativi maschili ai quali furono affiancati quelli per la formazione femminile. L’Istituto Maria Luisa e il Conservatorio Luisa Carlotta divennero i suoi fiori all’occhiello. Per le allieve furono materie di studio lettura, scrittura, catechismo, aritmetica, lingue italiana, francese e inglese, geografia, storia sacra, storia profana, logica e fisica. Era invece facoltativo, con scuole speciali, l’apprendimento del ballo, della musica vocale, del disegno e del pianoforte. Contro gli antichi pregiudizi che escludevano le donne dall’apprendimento tecnicoscientifico, fecero capolino, anche se timidamente, discipline afferenti al mondo matematico. Fece realizzare l’Orto botanico con dentro un arboreto, una collinetta, un laghetto, le serre, l’erbario, un piccolo museo, la biblioteca. A Marlia, istituì l’Osservatorio astronomico. Chiese, per la sua costruzione, la consulenza dell’astronomo tedesco Von Zach Franz Xaver. I lavori iniziarono nel 1819, su un’altura all’interno del parco della Villa Reale di Marlia; li progettò e curò l’architetto Lorenzo Nottolini. A dirigere l’Osservatorio fu chiamato il francese Jean-Louis Pons, tra i maggiori astronomi del tempo, scopritore di stelle comete, coadiuvato da Michele Bertini, lucchese, nel ruolo di astronomo calcolatore. Nel 1820 Maria Luisa ipotizzò di dare al suo Ducato una costituzione, poi non ne fece più niente. Le mura di cinta della città di Lucca persero il rude ruolo militare e divennero, sempre grazie all’azione del Nottolini, un prezioso parco pubblico, una passeggiata chilometrica tra platani, querce rosse, ippocastani. La città fu messa a nuovo: i mercati alimentari spostati fuori le mura per garantire ordine e pulizia all’interno, le abitazioni imbiancate e sistemate, molte più strade furono illuminate con lampioni ad olio. Arrivò l’acqua potabile in città. Il genio architettonico di Nottolini captò l’acqua da 18 fonti purissime, la purificò, e Il Pungolo 25 Novembre 2014 attraverso una struttura di oltre 3 chilometri di lunghezza la fece giungere alle numerose fonti pubbliche e private di Lucca. Maria Luisa acquistò il cinquecentesco palazzo Guidiccioni per farne la sede dell’Archivio generale. Poi i teatri. A Lucca ve ne erano quattro. Uno più prestigioso dell’altro. Dal 1817, in meno di due anni, Maria Luisa fece costruire il Giglio, proprietà dello Stato, diretto dal marchese Antonio Mazzarosa. Tra i primi teatri pubblici italiani, il Giglio ospitò le maggiori compagnie del tempo dando lustro al ducato e portandolo in tournée nel mondo. Per la salute di tutti provvide a rendere obbligatori controlli e vaccinazioni, attraverso il lavoro del Comitato sanitario permanente. Dichiarò guerra al vaiolo e al tifo e chiese ai suoi medici di fare tutto quanto in loro conoscenza per allontanarli dalla sua comunità. Introdusse il vaccino. Trascorse, per motivi di salute, le estati a Lucca e gli inverni a Roma. Morì, forse di cancro ai polmoni, il 13 marzo 1824, nella città del papa. Il suo corpo fu portato in Spagna per essere sepolto, accanto al marito Ludovico, all’Escorial. I precordi rimasero a Lucca fino al 1870 quando, insieme a quelli di altre principesse, furono deposti a Viareggio, nella Cappella dedicata a San Carlo Borromeo nella tenuta borbonica. Oggi a Lucca, nella piazza di quello che fu il suo Palazzo Ducale, campeggia una statua marmorea che la ritrae e sul cui basamento la città volle ricordare, anni dopo la sua scomparsa, le grandi opere che aveva fatto realizzare per il Ducato. Quella piazza non porta il suo nome. Ironia della sorte, fino alla fine, e oltre la sua fine, la contrapposizione tra i due continua a vivere. Quella piazza, la sua piazza, porta il nome di Napoleone. Frankie HighEn Il 10 luglio 1995 papa Giovanni Paolo II in una lettera destinata «ad ogni donna», chiedeva perdono per le ingiustizie compiute verso le donne nel nome di Cristo, per la violazione dei diritti femminili e per la denigrazione storica delle donne “…Ma il grazie non basta, lo so. Siamo purtroppo eredi di una storia di enormi condizionamenti che, in tutti i tempi e in ogni latitudine, hanno reso difficile il 12 cammino della donna, misconosciuta nella sua dignità, travisata nelle sue prerogative, non di rado emarginata e persino ridotta in servitù. Ciò le ha impedito di essere fino in fondo se stessa, e ha impoverito l'intera umanità di autentiche ricchezze spirituali. Non sarebbe certamente facile additare precise responsabilità, considerando la forza delle sedimentazioni culturali che, lungo i secoli, hanno plasmato mentalità e istituzioni. Ma se in questo non sono mancate, specie in determinati contesti storici, responsabilità oggettive anche in non pochi figli della Chiesa, me ne dispiaccio sinceramente. Tale rammarico si traduca per tutta la Chiesa in un impegno di rinnovata fedeltà all'ispirazione evangelica, che proprio sul tema della liberazione delle donne da ogni forma di sopruso e di dominio, ha un messaggio di perenne attualità, sgorgante dall'atteggiamento stesso di Cristo. Egli, superando i canoni vigenti nella cultura del suo tempo, ebbe nei confronti delle donne un atteggiamento di apertura, di rispetto, di accoglienza, di tenerezza. Onorava così nella donna la dignità che essa ha da sempre nel progetto e nell'amore di Dio. Guardando a Lui, sullo scorcio di questo secondo millennio, viene spontaneo di chiederci: quanto del suo messaggio è stato recepito e attuato?...” Dio”, soprattutto nell’aiutarci a comprendere la misericordia, la tenerezza e l’amore che Dio ha per noi… La Chiesa è donna, è madre, e questo è bello” Scambio d’opinioni Era il 1963 quando Valentina Vladimirovna Tereškova, Čaika per gli amici, a bordo di Vostok 6 effettuò 49 orbite terrestri, la prima donna della storia a vagare nello spazio. Fu poi la volta della statunitense Sally Ride, quasi 20 anni dopo, nel 1986. La nostra Samantha è la prima donna italiana ad essere selezionata come astronauta dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e la terza europea dopo l'inglese Helen Sharman (1991) e la francese Claudie André-Deshays (2001) Samantha Cristoforetti è riuscita a partire nello spazio, ma in Italia non riusciamo ancora ad eleggere una Presidente della Repubblica donna! Questo non è ancora un Paese per Donne Papa Francesco riprende più volte il concetto (esiste un libro “Papa Francesco e le donne” che racchiude scritti ed interventi sull’argomento) ed approfondisce nel discorso nel XXV della Mulieris dignitatem “Qui però ci sono due pericoli sempre presenti, due estremi opposti che mortificano la donna e la sua vocazione. Il primo è di ridurre la maternità ad un ruolo sociale, ad un compito, anche se nobile, ma che di fatto mette in disparte la donna con le sue potenzialità, non la valorizza pienamente nella costruzione della comunità. Questo sia in ambito civile, sia in ambito ecclesiale. E, come reazione a questo, c’è l’altro pericolo, in senso opposto, quello di promuovere una specie di emancipazione che, per occupare gli spazi sottratti dal maschile, abbandona il femminile con i tratti preziosi che lo caratterizzano. E qui vorrei sottolineare come la donna abbia una sensibilità particolare per le “cose di Comitato di Redazione de Il Pungolo: Sabrina Cicin, Marco Emberti Gialloreti, Alessandra Massetti, Vivaldo Moscatelli, Tonino Nocera, Antonia Vizzaccaro, La Segreteria Nazionale SAS Invitiamo tutt* ad esprimere la propria opinione e partecipare alla discussione. Invia il tuo contributo o semplicemente scrivi alla Redazione de Il Pungolo [email protected] Consulta il sito web per maggiori dettagli:www.ilpungolo.info Io scrivo. Impasto il rigurgito di queste scaglie, frammenti calati a picco, innestati nell’anima. La solitudine che si fa verso, gli altri che si fanno parole. M.Maggi
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