C 2617 -A Scheda Terzo settore.pdf

Ufficio legislativo
Gruppo Sinistra Ecologia Libertà
Camera dei Deputati
1 aprile 2015
Delega al Governo per la
riforma del Terzo settore,
dell'impresa sociale
e per la disciplina del Servizio
civile universale
(C 3671-A)
A cura di: Walter Gori
Scheda di lettura sulla “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa
sociale e per la disciplina del Servizio civile universale” (C 2617-A)
Circa un anno fa, il Governo aveva predisposto delle Linee guida per una Riforma del Terzo
Settore, formulando i criteri per una revisione organica della legislazione riguardante il
volontariato, la cooperazione sociale, l'associazionismo non-profit, le fondazioni e le imprese
sociali, riconoscendo al Terzo settore un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Paese.
Sulla base di questo documento, ha quindi avviato delle consultazioni pubbliche (dal 13 maggio
al 13 giugno 2014) con le associazioni, gli operatori e i soggetti interessati dalla riforma, al fine
di poter predisporre questo disegno di legge delega.
Il disegno di legge è stato quindi approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 luglio 2014.
In estrema sintesi le linee di azione su cui il Governo si è voluto muovere con la legge delega in
esame, sono:
a) la revisione e il riordino (mediante la redazione di un Codice del Terzo settore) della
disciplina in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni senza scopo di lucro, con il
riordino delle disposizioni vigenti anche di carattere tributario e della normativa sulle Onlus;
b) revisione delle norme relative all’impresa sociale;
c) una nuova disciplina del Servizio civile universale;
d) una rivisitazione delle misure di sostegno delle organizzazioni non profit a partire dalla
disciplina del 5 per mille.
il Terzo settore è stato finora disciplinato in maniera frammentaria: la normativa vigente
sul terzo settore può essere ricostruita riferendosi alle norme di carattere generale contenute
nel Codice civile e agli interventi legislativi settoriali, anche di natura tributaria e fiscale,
succedutesi nel corso del tempo.
Ad oggi sono circa 12 i provvedimenti legislativi principali che disciplinano questo settore. Un
numero obiettivamente eccessivo e con norme che si sono andate a sommarsi disordinatamente
nel tempo al di fuori di un disegno complessivo e organico.
Da qui l’obiettivo di questa legge delega che mira al riordino e alla revisione organica della
disciplina degli enti privati del terzo settore e delle attività che promuovono e realizzano finalità
solidaristiche e d'interesse generale.
Peraltro va ricordato che finora non vi è stata una definizione normativa del Terzo settore che
individui in maniera inequivocabile i soggetti che ne fanno parte.
La delega al nostro esame, fornisce, all’articolo 1, una sua definizione. Per Terzo settore si
intende <<il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza
scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, anche mediante la
produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale conseguiti anche attraverso forme di
mutualità, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con le finalità stabilite nei
rispettivi statuti o atti costitutivi.>>.
Attualmente rientrano nel terzo settore le organizzazioni di volontariato, le Onlus, le associazioni
di promozione sociale, le cooperative sociali, l'impresa sociale, tutti soggetti rientranti a pieno
titolo nella definizione costituzionale assai più ampia di formazioni sociali e in quella, a carattere
più economico, di ente non profit. Si consideri inoltre che la definizione di Onlus ai fini fiscali
(organizzazioni non lucrative di utilità sociale) non è del tutto coincidente con il terzo settore.
Ricordiamo che l'Istat ha cominciato ad inserire a pieno titolo anche il Terzo settore nel
censimento, che nel 2011 finalmente si è chiamato censimento generale dell'industria, dei servizi
e delle istituzioni no profit.
Per istituzione non profit, privata o pubblica, l'Istat intende una unità giuridico-economica dotata
o meno di personalità giuridica, di natura pubblica o privata, che produce beni e servizi
destinabili o non destinabili alla vendita e che, in base alle leggi vigenti o a proprie norme
statutarie, non ha facoltà di distribuire, anche indirettamente, profitti o altri guadagni diversi
dalla remunerazione del lavoro prestato ai soggetti che la hanno istituita o ai soci. Costituiscono
esempi di istituzione non profit privata: le associazioni, riconosciute e non riconosciute, le
fondazioni, le organizzazioni non governative, le organizzazioni di volontariato, le cooperative
sociali e le altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), i partiti politici, i
sindacati, gli enti ecclesiastici.
Proprio il 9o Censimento Istat ha stimato, nel decennio 2001-2011, il non profit come il settore
più dinamico del sistema produttivo italiano, con un aumento del 28 per cento degli organismi e
del 39,4 per cento degli addetti, per un totale di 301.191 istituzioni non profit.
Il settore ha potuto contare sul contributo lavorativo di 4,8 milioni di volontari, 681 mila
dipendenti, 271 mila lavoratori esterni e 6 mila lavoratori temporanei. Nel tessuto produttivo
italiano il non profit occupa pertanto una posizione significativa, con il 6,4 per cento delle unità
economiche attive.
L’esame in Commissione referente ha apportato numerose modifiche al testo iniziale. Se da una
parte hanno consentito di introdurre diversi miglioramenti al provvedimento (anche con alcuni
nostri contributi emendativi approvati o recepiti), dall’altra non sono stati risolti diversi aspetti
decisivi se non gravi, a cominciare dalle nuove norme sull’impresa sociale, alla mancata
estensione ai residenti non italiani del Servizio civile universale, all’Autorità per il Terzo settore
(promessa da Renzi ma non contemplata in questo testo), alle risorse complessivamente messe in
campo ecc..
Le forti criticità di alcune parti del provvedimento e la presenza di parti non risolte
all’interno del testo, hanno portato Marisa Nicchi a svolgere una Relazione di minoranza.
Il testo del suo intervento è riportato più avanti in questa scheda.
Rimane il rischio, soprattutto relativamente alle nuove previsioni sulle imprese sociali che ci si
avvii rapidamente verso una lenta e pericolosa “modificazione genetica”, laddove si prevede:
- la possibilità, finora vietata, di ripartizione degli utili. Ricordiamo che l’impresa sociale deve
caratterizzarsi per l’assenza del carattere lucrativo. La non ripartizione degli utili è la più
importante discriminazione tra profit e non profit;
- la possibilità, finora vietata, per cui imprese private (anche con fini di lucro) e pubbliche
amministrazioni possono assumere cariche sociali degli organi di amministrazione delle
imprese sociali;
- ampliamento delle attività oltre a quelle istituzionali. Si prevede infatti la possibilità per le
imprese sociali, di allargare la sua attività anche ad attività commerciali, con il rischio – tra
l’altro - che si determinino situazioni di concorrenza sleale (come sottolineato anche
dall’Antitrust).
Un’Impresa poco sociale
di Giulio Marcon
I principi generali della riforma del terzo settore delineano una filosofia di un provvedimento che
contiene - insieme ad alcune luci - delle ombre assai pesanti. E ce ne è una in particolare, che
riguarda il nuovo ruolo dell'impresa sociale. Una figura giuridica ibrida (già normata da una
legge del 2006, rivelatasi poi fallimentare) che mette insieme la finalità “sociale” (genericamente
definita) e la possibilità di distribuire utili (di essere cioè profit) e di remunerare il capitale
investito (come le Spa).
Grazie a questa riforma, l'impresa sociale potrà intervenire anche in settori quali la formazione
universitaria e l'assistenza sanitaria: in sostanza si apriranno ancora di più le porte alla
privatizzazione del welfare ed in particolare in due settori che fino ad oggi hanno comunque
mantenuto un forte impianto pubblico: la sanità e l'istruzione.
La filosofia che i principi generali di questo provvedimento delinea è quella del non profit
americano: sostitutivo del settore pubblico e alimentato da agevolazioni fiscali e donazioni dei
privati. E' la prospettiva del welfare residuale e compassionevole. Di questi rischi, ha scritto con
efficacia nei mesi scorsi Giovanni Moro nel suo libro dal titolo provocatorio “Contro il
nonprofit” (Laterza).
L'aspetto grave di questa riforma è proprio questo: lo schiacciamento dell'esperienza
partecipativa e sociale del terzo settore sulla dimensione imprenditoriale e privatista dei
cosiddetti “mercati sociali”, magari assisiti dal sistema politico. E i rischi sono tanti, fino a quelli
criminali (per fortuna limitati, ma gravissimi) delle vicende di “mafia capitale” e di una parte del
management della Cooperativa 29 giugno. Il terzo settore -ancora di più con questa riformarischia di essere stretto nella morsa tra “parastato” e business e spinto ad abbandonare la sua
vocazione sociale e partecipativa. Tra l'altro, la riforma non prevede -in linea con le politiche di
precarizzazione del lavoro di Poletti- alcuna forma di tutela e regole per i lavoratori del terzo
settore.
La riforma, è vero contiene altro: la riforma del servizio civile (ma non c'è l'istituzione de i corpi
civili di pace), la riforma del Codice Civile per la parte riguardante le associazioni, i comitati, le
fondazioni, ecc. Ma tutto viene offuscato da una grande ombra: quella di un enorme “cavallo di
troia” (le norme sulle imprese sociali) al servizio degli interessi di fondazioni e imprese che
hanno molto poco di sociale e tantissimo di “privato” e a cui fanno gola i profitti da fare nella
formazione e nella sanità.
PUNTI CRITICI E ASPETTI NON RISOLTI (UN’OCCASIONE MANCATA)
RIPARTIZIONE degli UTILI PER LE IMPRESE SOCIALI
Viene prevista (seppure in una versione lievemente meno “pericolosa” di quella iniziale), la
possibilità per le imprese sociali di poter ripartirsi gli utili. Cosa finora vietata.
Ricordiamo in proposito quanto segnalato dai sindacati, durante le audizioni in Commissione:
<<l’impresa sociale deve caratterizzarsi per l’assenza del carattere lucrativo. La non
ripartizione degli utili è la più importante discriminazione tra profit e non profit. Le
agevolazioni fiscali e tributarie di cui gode il non profit sono finalizzate a sostenere
un’attività il cui unico fine è quello di incrementare i beni e servizi di interesse sociale
anche attraverso il reinvestimento degli utili.>>
PER LE IMPRESE SOCIALI ANCHE ATTIVITA’ COMMERCIALI
Si prevede per le imprese sociali un ampliamento delle attività oltre a quelle istituzionali. I futuri
decreti delegati, consentiranno infatti alle imprese sociali di allargare la sua attività anche ad
attività commerciali, con il rischio – tra l’altro - che si determinino situazioni di concorrenza
sleale (come sottolineato anche dall’Antitrust).
IMPRESE PRIVATE E P.A. NEGLI ORGANI DI AMMINISTRAZIONE DELLE
IMPRESE SOCIALI
Si introduce la possibilità, finora vietata, per cui imprese private (anche con fini di lucro) e
pubbliche amministrazioni possono assumere cariche sociali degli organi di amministrazione
delle imprese sociali. L’unico limite è il divieto di assumere la direzione, la presidenza e il
controllo dell’impresa sociale stessa, e che sia rispettato quanto previsto dal D. Lgs. 39/2013, che
norma i casi di esclusione qualora i soggetti sono privi dei prescritti requisiti di moralità e di
incompatibilità. (“paletto” chiesto con un ns. emendamento).
AUTORITA’ DEL TERZO SETTORE. Il quarto punto delle Linee guida del Governo
prevedeva espressamente la <<istituzione di una Authority del terzo settore>>.
La legge delega in esame, non contiene nulla di tutto ciò. Nessuna Autorità, nessuna Agenzia per
il Terzo settore, come esisteva fino al marzo 2012 e poi soppressa con il DL 16/2012, trasferendo
tutte le funzioni al Ministero del Lavoro.
Il testo in esame, riporta in capo al Ministero del Lavoro le competenze di vigilanza,
monitoraggio e controllo degli Enti del Terzo settore, mentre assegna alla Presidenza del
Consiglio il coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di indirizzo delle attività
degli Enti del Terzo.
Noi abbiamo proposto sia l’istituzione di una Authority indipendente con funzioni di vigilanza,
monitoraggio e controllo sull’attività degli Enti, lasciando alla Presidenza del Consiglio il
coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di indirizzo, sia la riproposizione di
un’Agenzia per il Terzo settore.
SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE. Le Linee Guida del Governo di un anno fa,
sottolineavano la necessità di assicurare una leva di giovani per la “difesa della Patria”
accanto al servizio militare, garantendo ai giovani che lo richiedono <<di poter svolgere il
Servizio Civile Universale, fino ad un massimo di 100.000 giovani all’anno per il primo triennio
dall’istituzione del Servizio>>.
Le risorse stanziate dall’ultima legge di stabilità 2015, sono del tutto inadeguate, e appena
sufficienti a far partire 30mila giovani. Non certo i “100mila giovani all’anno” come promesso
dalle Linee guida di Renzi.
Come ha ben ricordato la CNESC (Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile), il Servizio
civile produce importanti risultati economici.
In termini di risparmio di impiego di risorse pubbliche (attraverso azioni di prevenzione).
In termini di erogazione di servizi a minor costo.
In termini di valorizzazione delle risorse pubbliche.
In termini soprattutto di formazione, attraverso l’imparare facendo, di capitale umano e sociale a
livello di massa.
Le ricerche effettuate da soggetti indipendenti oltre che i rapporti annuali di ASC hanno indicato
in un’oscillazione fra 3 e 4 euro il ritorno di ogni euro pubblico investito nel Servizio civile.
Occorrerebbe quindi portare il discorso sulle risorse pubbliche per il Servizio Civile Universale
come investimento, non come costo e in tale ottica definiti gli importi.
Con i nostri emendamenti presentati abbiamo previsto maggiori risorse finanziarie.
CORPI CIVILI DI PACE. Abbiamo proposto – nell’ambito delle norme sul Servizio civile
universale – anche la previsione dell’istituzione di contingenti di Corpi civili di pace.
Ricordiamo che per detti Corpi civili di pace, la legge di stabilità 2014 ha avviato un programma
sperimentale con la finalità di promuovere: la prevenzione dei conflitti armati, la pace, la
riconciliazione e la mediazione tra le parti, la promozione dei diritti umani, la solidarietà
internazionale, l'educazione alla pace nel mondo o il dialogo interreligioso, la sicurezza umana
intesa come sicurezza sociale, ambientale, economica e culturale nelle zone a rischio di conflitto
armato, nelle zone in cui è in atto un conflitto armato e nelle zone di post conflitto, per garantire
condizioni di dialogo e di convivenza tra i popoli.
SERVIZIO CIVILE PER STRANIERI RESIDENTI. Abbiamo proposto che al servizio civile
potessero essere ammessi non solamente i giovani italiani, ma anche (purché residenti): a) i
cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea; b) i cittadini di Stati
extracomunitari con permesso di soggiorno di cui all’articolo 9 del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni; c) gli stranieri residenti in
Italia titolari del permesso unico di cui al D.Lgs. 40/14 e agli altri stranieri regolarmente
soggiornanti in Italia.
Si ricorda in proposito il recente Parere del Consiglio di Stato (n. 1091/2014), che ha
definitivamente chiarito che la norma contenuta all’art. 3 del D. Lgs. 77/2002 (sul Servizio
civile), relativamente ai requisiti di ammissione del servizio (solo i cittadini italiani), <<vada
disapplicata in quanto incompatibile con il divieto, sancito dalla normativa europea, per gli Stati
membri di prevedere per i cittadini stranieri (siano essi comunitari, extracomunitari lungo
soggiornanti o beneficiari di protezione internazionale) anche in ordine alla formazione
professionale, un trattamento diverso rispetto a quello stabilito per i cittadini nazionali>>.
SCARSE RISORSE FINANZIARIE. Le risorse stanziate da questo disegno di legge per la
Riforma del Terzo settore e della disciplina del Servizio civile sono insufficienti e non adeguate
a sostenere e garantire efficacemente la Riforma stessa.
Renzi aveva promesso l’attivazione di un fondo (con una dotazione di diverse centinaia di
migliaia di euro) per le imprese sociali, cioè le organizzazioni senza scopo di lucro che
producono beni o servizi “di utilità sociale” o di interesse generale.
Il disegno di legge in esame prevede invece solamente 50 milioni di euro per il 2015 finalizzati
a finanziare il previsto Fondo rotativo a cui possono attingere le imprese sociali e gli Enti del
Terzo settore per investimenti in beni strumentali materiali e immateriali (grazie a un ns.
emendamento approvato, questo Fondo rotativo, inizialmente previsto a beneficio solo delle
imprese sociali, è stato esteso anche agli Enti del Terzo settore).
Le ulteriori risorse saranno individuate dalle future Leggi di Stabilità.
Ricordiamo che per il Terzo settore e il Servizio civile, la legge di stabilità 2015 (legge
190/2014) ha stanziato:
*
per la riforma del Terzo settore, 50 milioni di euro per l'anno 2015, di 140 milioni di
euro per l'anno 2016 e di 190 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017;
*
per il Servizio civile, per il 2015 115,7 milioni di euro, e 113,4 milioni per ciascuno degli
anni 2016 e 2017. Cifre non sufficienti a << garantire ai giovani che lo richiedono di poter
svolgere il Servizio Civile Universale, fino ad un massimo di 100.000 giovani all’anno per il
primo triennio dall’istituzione del Servizio>>, come recitavano le Linee guida del Governo di un
anno fa.
Si ricorda peraltro che questi importi sono stati ottenuti solo grazie al lavoro parlamentare. Il
testo iniziale della legge di Stabilità aveva previsto per il 2015 65,7 milioni di euro, e 63,4
milioni per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Cifre assolutamente inadeguate.
Risorse sufficienti per inserire in enti e associazioni che ne hanno fatto richiesta solo 30mila
giovani. Dunque la strada verso l’impegno di avviare al servizio “100mila giovani all’anno”
è ancora lunghissima.
Ricordiamo infatti che le Linee guida del Governo di un anno fa promettevano risorse sufficienti
a <<garantire ai giovani che lo richiedono di poter svolgere il Servizio Civile Universale, fino ad
un massimo di 100.000 giovani all’anno per il primo triennio dall’istituzione del Servizio>>.
*
per il 5 per mille, la legge di stabilità 2015 stanzia 500 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2015. Sono risorse maggiori di quanto stanziato lo scorso anno (400 milioni di euro),
ma non sufficienti a garantire a tutti gli Enti di poter beneficiare realmente del 5 per mille.
L’aver soppresso in questa legge delega il riferimento al tetto di spesa annuale (in linea con
quanto chiesto anche da un ns. emend.) è importante, ma con 500 milioni di euro l’anno si
rischia comunque di non garantire a tutti detto 5 per mille.
Nel nostro emendamento abbiamo previsto infatti una copertura finanziaria proprio per
consentire a tutti i soggetti beneficiari di poter fruire del 5 per mille.
MANCATE MAGGIORI TUTELE DEL LAVORO. Avevamo chiesto di disciplinare con
esattezza l’applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di riferimento, e la
partecipazione del volontario alle diverse attività, distinguendo le funzioni e i compiti dei
lavoratori dipendenti da quelli svolti dal personale volontario. E questo per evitare abusi che
purtroppo esistono in questo ambito.
MANCATO MAGGIORE CONTROLLO SU APPALTI E AFFIDAMENTI. Abbiamo
proposto che i futuri decreti attuativi di riforma del Terzo settore, dovessero prevedere una piena
trasparenza e un più efficace controllo e monitoraggio dell’attività svolta, delle finalità
perseguite e delle risorse impiegate con particolare riguardo agli appalti e agli affidamenti, anche
attraverso l’obbligo della pubblicazione in forma telematica a libero accesso delle suddette
attività oggetto di controllo.
MANCATO RICONOSCIMENTO DELLE MAG (MUTUE AUTO GESTIONE). Abbiamo
proposto il riconoscimento delle MAG (Mutue auto gestione), che da alcuni decenni si occupano
di Finanza Etica Mutualistica e Solidale, svolgendo un ruolo sociale importante per le collettività
di riferimento, non solo per le migliaia di soci compartecipi e di finanziamenti effettuati, ma
anche sotto il profilo della formazione, della mutualità, della cultura e dell’assistenza tecnica
all’avvio ed allo sviluppo di realtà non profit (Cooperative, Mutue, Associazioni, ecc.).
EMENDAMENTI SEL APPROVATI/RECEPITI
*
In linea con quanto anche da noi proposto, durante l’esame in Commissione, è stato
soppresso il riferimento al tetto di spesa all’erogazione del 5 per mille. Questa soppressione,
sicuramente positiva, non prevede però alcuno stanziamento ulteriore di risorse al fine di
garantire effettivamente che tutti gli enti possano beneficiare del 5 per mille. Tutto dovrà
avvenire nell’ambito dei 500 milioni di euro annui stanziati dalla legge di stabilità 2015, il che
non garantisce l’effettiva applicazione della norma. Peraltro il Governo ora dovrebbe estendere il
5 per mille anche a beneficio delle scuole.
Nel nostro emendamento prevediamo infatti una copertura finanziaria proprio per consentire a
tutti i soggetti beneficiari di poter realmente fruire del 5 per mille.
*
l’istituendo Fondo rotativo finalizzato a favorire investimenti in beni strumentali
materiali e immateriali, e inizialmente previsto a beneficio solo delle imprese sociali, viene
esteso, in virtù dell’approvazione di un nostro emendamento, anche a beneficio degli Enti del
Terzo settore;
*
recepito parzialmente quanto da noi proposto riguardo alla durata del Servizio civile
universale. Con un nostro emendamento avevamo proposto una durata “di norma pari a 12
mesi”. La versione approvata prevede una durata del Servizio civile tra gli 8 e i 12 mesi;
*
i futuri decreti delegati che dovranno disciplinare le misure agevolative in favore degli
Enti del Terzo settore, dovranno prevedere agevolazioni per il trasferimento di beni
patrimoniali (immobili o beni strumentali) a favore degli enti del terzo settore (una richiesta
in parte in linea con quanto previsto dal D. Lgs. 460/1997, art. 9, che disponeva - in via
sperimentale e temporanea – una serie di agevolazioni fiscali per il trasferimento a titolo gratuito
di aziende o beni a favore di enti non commerciali);
*
la norma prevede la revisione della disciplina riguardante le ONLUS, in particolare
prevedendo una migliore definizione delle attività istituzionali e di quelle connesse.
Recependo parte di un nostro emendamento, si introduce il vincolo di non prevalenza delle
attività “connesse” rispetto a quelle istituzionali;
*
all’interno di una norma comunque assolutamente negativa, si è riusciti a introdurre una
limitazione alla disposizione che consente alle imprese private e alle amministrazioni
pubbliche di assumere cariche sociali negli organi di amministrazione delle imprese sociali
(ma non la direzione o il controllo). Ciò può avvenire solo se viene rispettato quanto previsto dal
D. Lgs. 39/2013, che norma i casi di esclusione qualora i soggetti sono privi dei prescritti
requisiti di moralità e di incompatibilità.
Questa previsione è migliore del testo iniziale della norma (che non metteva alcun paletto), ma
rimane insoddisfacente.
I nostri emendamenti in realtà prevedevano una posizione ben più netta, che era: 1) la
soppressione della norma; 2) quella di escludere qualunque possibile partecipazione agli organi
di amministrazione delle imprese sociali di soggetti privati e delle amministrazioni pubbliche, se
a rischio di conflitto di interessi con l’attività dell’Ente; 3) escludere espressamente dalla
partecipazione agli organi di amministrazione delle imprese sociali, perlomeno quei soggetti
privi dei prescritti requisiti di moralità, e di incompatibilità, estendendo a questo caso quanto
appunto previsto dal D.Lgs. 39/2013. L’emendamento approvato riprende in parte questa
seconda nostra richiesta;
*
si prevede che il coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di indirizzo
delle attività degli Enti del Terzo settore è assicurato (in coordinamento con i diversi
ministeri coinvolti) dalla Presidenza del Consiglio. Sotto questo aspetto vi è stato il parziale
recepimento di un nostro emendamento che però prevedeva anche che l’attività di verifica,
controllo e di monitoraggio delle attività degli Enti fosse assegnato ad una Autorità indipendente;
*
si favorisce la piena conoscibilità e pubblicità del registro unico per il Terzo settore
(da istituirsi presso il Min. del Lavoro), anche attraverso opportune modalità telematiche;
ALCUNI ASPETTI MIGLIORATIVI introdotti in sede referente:
Oltre ai miglioramenti al testo conseguenti ai nostri emendamenti recepiti o approvati, e già
precedentemente illustrati, si segnala:
*
Soppressione del riferimento al tetto di spesa annuale relativo al 5 per mille.
In realtà nel testo non c’è un riferimento esplicito alla soppressione del tetto, ma è stato
solo eliminato il passaggio in cui – nell’ambito della revisione dell’istituto del 5 per mille - si
confermava il limite di spesa attualmente vigente.
Per questo motivo abbiamo presentato un emendamento che prevede esplicitamente la
soppressione del limite di spesa per il 5 per mille.
Va comunque detto, come suesposto, che con 500 milioni di euro l’anno si rischia comunque
(anche in caso di soppressione del tetto) di non garantire a tutti detto 5 per mille.
*
Diverse sono le disposizioni finalizzate a ampliare le modalità e gli obblighi di
trasparenza e di informazione, sia verso i soci degli Enti, che verso i terzi, attraverso le
forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente.
*
Obbligo di iscrizione al Registro unico del Terzo settore, per gli enti del Terzo settore che
si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, privati, o di fondi europei.
*
I settori di attività di utilità sociale sono estesi anche a quelli del commercio equo e
solidale, dei servizi al lavoro finalizzati all’inserimento dei lavoratori svantaggiati,
dell’alloggio sociale e dell’erogazione del microcredito.
*
Previsione, per le imprese sociali, di specifici obblighi di trasparenza e di limiti in
materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi
dirigenti.
*
Riconoscimento in ambito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite dai
volontari.
Intervento Marisa Nicchi (Relatrice di minoranza)
Quando si parla di Terzo settore, si parla di una grande ricchezza, innanzitutto umana e sociale,
ed anche economica, che si basa, secondo i dati del censimento, sul contributo lavorativo di 4,8
milioni di volontari, di 681 mila dipendenti, di 271 mila lavoratori esterni, di 6 mila lavoratori
temporanei.
Il no profit occupa nel tessuto produttivo italiano il 6,4 per cento delle unità economiche attive, è
una posizione significativa. Sempre il censimento ISTAT ha stimato che, tra il 2001 e il 2011, il
no profit è il settore più dinamico del sistema produttivo italiano, con un aumento del 28 per
cento degli organismi, del 39,4 per cento degli addetti, per un totale di più di circa 300 mila
istituzioni no profit. È una realtà ricca, quindi una realtà complessa, che è stata oggetto di uno
dei tanti, numerosi annunci del Presidente del Consiglio che, circa un anno fa, dichiarò di voler
dare corso ad una riforma del Terzo settore, con lo stesso metodo: grande battage pubblicitario,
velocità dei tempi, evanescenza dei contenuti e forte delega di comando all'Esecutivo. Lo
strumento della legge delega dunque era quello più consono a queste esigenze comunicative e
politiche ma non il più utile né il più efficace.
È passato quasi un anno, oggi siamo in Aula, cominciamo a discutere e, considerato tutto l'iter
parlamentare – Senato, poi decreti attuativi – realisticamente i primi effetti concreti non saranno
percepiti prima di due anni e mezzo circa; dunque, la legge delega non ha accelerato i tempi, ha
solo sottratto poteri legislativi al Parlamento, che invece sarebbe stato la sede più giusta per la
delicatezza e la complessità della materia. La legge delega non è lo strumento migliore, come si
è visto anche con l'impresa sociale (è stata usata allora); il Parlamento si limita a dare delle
indicazioni generali ma sarà poi il Governo a stilare i decreti attuativi e, d'altra parte, abbiamo
già visto sul Jobs Act cosa è successo e sarà in quella sede che si giocherà la reale possibilità di
innovazione a cui noi teniamo, fuori comunque dal controllo parlamentare. L'intenzione della
riforma è giusta: quella di riformare e riordinare la normativa; è sicuramente lodevole e
condivisibile e noi condividiamo l'intenzione di affrontare, in modo organico, una materia che
coinvolge soggetti differenti che sono stati, nel corso del tempo, in continua trasformazione,
senza mai una vera strategia ed un coerente assetto istituzionale.
Condividiamo l'esigenza di mettere ordine in una confusione che caratterizza un puzzle di norme
sedimentate al di fuori di un disegno complesso ed organico. Il lavoro che ha svolto la
Commissione, collettivo, è stato certamente un passo in avanti Pag. 21in questa chiarezza;
tuttavia, noi siamo molto critici su un punto che emerge da questa discussione, da questo
confronto e da ciò che discutiamo oggi, ossia sulla virata che emerge verso una linea improntata
ad una filosofia imprenditoriale e privatistica che si palesa in alcune scelte esplicite e in alcuni
significativi vuoti. Allora, cominciamo dal fuoco critico, quello principale che riguarda
l'impianto e che riguarda ciò che è previsto per l'impresa sociale. Noi non condividiamo le
modifiche che sono state apportate in questa materia.
È prevista – sia pure in una versione lievemente meno pericolosa ora, con il testo uscito dalla
Commissione – la possibilità per le imprese sociali di poter ripartirsi gli utili, cosa finora vietata.
Ricordiamo in proposito quanto segnalato dai sindacati durante le audizioni in Commissione:
l'impresa sociale deve caratterizzarsi per l'assenza di carattere lucrativo, la non ripartizione degli
utili è la più importante discriminazione tra profit e no profit, le agevolazioni fiscali e tributarie
di cui gode il no profit sono finalizzate a sostenere un'attività il cui unico fine è quello di
incrementare i beni e i servizi di interesse sociale anche attraverso il reinvestimento degli utili.
Secondo punto, si prevede per le imprese sociali un ampliamento delle attività oltre quelle
istituzionali. Terzo punto, si introduce la possibilità, finora vietata, per cui imprese private anche
con fini di lucro e pubbliche amministrazioni possano assumere cariche sociali negli organi di
amministrazione delle imprese sociali.
L'unico limite è il divieto di assumere la direzione, la presidenza e il controllo dell'impresa
sociale stessa e che sia rispettato il previsto decreto legislativo n. 39 del 2013. Insomma,
attraverso questa revisione si apriranno ancora di più le porte alla privatizzazione del welfare.
Qui si apre un varco verso un possibile modello americano di no profit. Si apre, c’è la possibilità,
non è detto, però si apre, si sono create le condizioni. È un welfare sostitutivo del settore
pubblico e alimentato da agevolazioni fiscali e da donazioni dei privati. Una gamba privata ricca
per i più abbienti e una pubblica, residuale e compassionevole. L'aspetto più grave di questa
riforma è proprio questo, cioè lo schiacciamento dell'esperienza partecipativa e sociale del Terzo
settore nella dimensione imprenditoriale e privatistica dei cosiddetti «mercati sociali», magari
assistiti dal sistema politico.
I rischi sono tanti e li abbiamo visti con «mafia capitale», con il management della cooperativa
29 Giugno. E qui ci vogliamo intendere: questo gruppo mai si unirà alla generalizzazione.
Mentre si indigna rispetto a ciò (e al riguardo ha lavorato per una maggiore trasparenza sulla
illegalità, per combattere illegalità, malaffare e malcostume), mai si unirà al coro di chi
criminalizza questa ricchezza in modo generico. Le molteplici esperienze che noi conosciamo,
che vogliamo riconoscere e valorizzare nel loro significato fondativo sono i soggetti di
costruzione di una nuova e piena cittadinanza, in cui conta la qualità sociale data dal tenere
insieme, come ci dicono molte di queste esperienze, le più significative, cosa si fa, chi siamo e
come lo facciamo.
Con questa riforma c’è il rischio di snaturare il Terzo settore nel business e di spingerlo ad
abbandonare la sua vocazione partecipativa e di perdere, quindi, la sua articolazione sociale. Non
solo le grandi, le concentrate, ma anche quell'insieme complesso di associazionismo, di
volontariato, di un mondo ricchissimo che noi pensiamo debba essere valorizzato. E tutto si
tiene. La riforma, in linea con le politiche di precarizzazione del lavoro di Poletti, non prevede,
come avevamo chiesto, chiare tutele e regole per i lavoratori del Terzo settore e questo è il primo
tema eluso dal testo in esame, il tema, appunto, delle tutele del lavoro che non può essere dato
per scontato (tanto ci sono le leggi).
Questo delle tutele del lavoro è il primo di una serie di vuoti che caratterizzano criticamente
questo disegno. Mancano, ripeto, le maggiori tutele e voglio dire una cosa su questo punto,
perché noi abbiamo presentato degli appositi emendamenti e ne faremo una questione di fondo:
avevamo chiesto di disciplinare con esattezza l'applicazione dei contratti collettivi nazionali di
lavoro di riferimento e la partecipazione del volontariato alle diverse attività, ma questo non c’è.
È mancato il riconoscimento delle MAG, cioè delle mutue di autogestione. Non è prevista
un'autorità di controllo indipendente e di monitoraggio del Terzo settore. La ribadiamo
proponendo sia l’authority sia l'agenzia.
Noi valutiamo positivamente l'istituzione del servizio civile universale, ma osserviamo che
ancora non ci siamo con le coperture finanziarie. Si sono promessi 100 mila posti, ma ne stiamo
garantendo solo 50 mila. Manca l'istituzionalizzazione dei corpi civili di pace; manca il
riconoscimento dell'accesso al servizio civile degli stranieri, come abbiamo richiesto in tanti e
come afferma il recente parere del Consiglio di Stato. Inoltre, c’è il punto dolente delle risorse
scarse. Le risorse stanziate sono al di sotto.
C’è il Fondo rotativo che noi abbiamo esteso a tutti i soggetti.
E riguardo al 5 per cento, siamo ben favorevoli al fatto che non ci sia più il riferimento al tetto,
ma rimane aperta la necessità di facilitare l'accesso e di redistribuire le risorse sulla base della
qualità sociale e democratica espressa e non della capacità di marketing dei singoli soggetti.
Concludendo, l'operazione necessaria al Terzo settore non era quella di riformarlo dall'alto, ma
di rendere questo settore sostenuto da politiche che sappiano garantire nuovi spazi di azione
civica e una generale migliore connessione tra questo mondo e istituzioni.
Sintesi dell’articolato:
Articolo 1
(Finalità e oggetto)
L’articolo prevede che il Governo adotti, entro dodici mesi decreti legislativi in materia di
disciplina del Terzo settore.
Gli obiettivi sono quelli di procedere ad una revisione della disciplina contenuta nel Codice
civile in tema di associazioni e fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza fini di
lucro, nonché della disciplina in tema di impresa sociale e di servizio civile nazionale.
L’articolo quindi provvede a dare una definizione di Terzo settore quale <<complesso degli
enti privati costituiti con finalità civiche e solidaristiche che, senza scopo di lucro,
promuovono e realizzano attività d'interesse generale, anche mediante la produzione e lo
scambio di beni e servizi di utilità sociale conseguiti anche attraverso forme di mutualità, in
attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti
o atti costitutivi>>.
Articolo 2
(Princìpi e criteri direttivi generali)
L’articolo individua i principi e criteri direttivi generali cui devono uniformarsi i futuri decreti
legislativi, tra i quali si ricordano quelli relativi al riconoscimento ed alla garanzia del più
ampio diritto di associazione, alla promozione dell'iniziativa economica privata svolta senza
fini di lucro, alla garanzia della autonomia statutaria degli enti, alla semplificazione della
normativa vigente.
Articolo 3
(Revisione del libro primo, titolo II, del Codice civile)
Si dettano i princìpi e i criteri direttivi in tema di revisione della disciplina contenuta nel
codice civile in materia di associazioni e fondazioni, tra i quali, vanno ricordati:
 la semplificazione e la revisione del procedimento per il riconoscimento della personalità
giuridica;
 la previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di pubblicità dei
bilanci;
 la disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche;
 la garanzia del rispetto dei diritti degli associati;
 la previsione dell'applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente
attività di impresa, delle norme di cui ai titoli V e VI del codice civile in quanto
compatibili.
Articolo 4
(Riordino e revisione disciplina del Terzo settore e Codice del Terzo settore)
L'articolo disciplina i principi e criteri direttivi ai quali dovranno uniformarsi i decreti legislativi
preordinati al riordino e alla revisione della disciplina vigente degli enti del Terzo settore
mediante la redazione di un apposito “Codice del Terzo settore”:
 individuazione delle attività che caratterizzano gli Enti del Terzo settore;
 definire forme e modalità di organizzazione e amministrazione degli enti che assicurino il
rispetto dei princìpi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità e partecipazione degli
associati e dei lavoratori, nonché il rispetto di princìpi di efficacia, efficienza, correttezza
e economicità della gestione;
 prevedere il divieto di distribuzione anche in forma indiretta degli utili e del patrimonio
dell’ente, fatto salvo quanto previsto per l’impresa sociale;
 definire, nel caso di esercizio di attività di impresa da parte dell’ente,
 criteri e vincoli per assicurare la strumentalità della stessa rispetto agli scopi istituzionali
perseguiti introducendo anche un regime di contabilità separata per distinguere la
gestione istituzionale da quella imprenditoriale;
 disciplinare gli obblighi di controllo interno e di informazione nei confronti degli
associati e dei terzi (differenziati anche in ragione delle dimensione economica
dell’attività e dell’impiego di risorse pubbliche) e prevedere un relativo regime
sanzionatorio;
 individuare modalità di verifica periodica dell’attività svolta e delle finalità perseguite;
 disciplinare gli eventuali limiti e gli obblighi di pubblicità relativi ai corrispettivi ed ai
compensi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e di
controllo, ai dirigenti e agli associati;
 riorganizzare, semplificando, il sistema di registrazione di tutti gli enti e degli atti di
gestione prevedendo un registro unico del Terzo settore da istituire presso il Ministero del
Lavoro. L’iscrizione al registro è obbligatoria per gli enti del Terzo settore che si
avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati
raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno
dell'economia sociale o che esercitano attività in convenzione o in accreditamento con
enti pubblici o che intendono avvalersi delle agevolazioni fiscali e di sostegno economico
previste dall'articolo 9;
 valorizzare il ruolo degli enti nella fase di programmazione a livello territoriale – relativa
anche al sistema dei servizi socio-assistenziale e alla tutela del patrimonio ambientale e
culturale, individuando criteri per l’affidamento dei servizi di interesse generale a detti
enti e per la valutazione dei risultati ottenuti;
 prevedere strumenti per favorire i processi aggregativi degli enti;
 prevedere che il coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di
promozione e indirizzo delle attività degli enti venga assicurato dalla Presidenza del
Consiglio, in raccordo con i Ministeri competenti.
Articolo 5
(Attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso)
Viene disciplinata la delega finalizzata al riordino ed alla revisione della disciplina in tema di
attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso, conformemente a
specifici criteri e princìpi direttivi. Tra questi, si prevede:
 l'armonizzazione delle diverse discipline vigenti;
 la promozione della cultura del volontariato, in particolare tra i giovani;
 valorizzazione delle diverse esperienze di volontariato, e riconoscimento in ambito
scolastico e lavorativo delle competenze acquisite dai volontari;
 la revisione del sistema dei centri di servizio per il volontariato, prevedendo la
necessaria assunzione da parte di questi della personalità giuridica ed alcune regole per la
gestione dei finanziamenti ad essi destinati;
 la revisione e razionalizzazione del sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato
e per l'associazionismo di promozione sociale e all'armonizzazione dei relativi requisiti
con quelli previsti a livello regionale;
 la previsione di un regime transitorio per disciplinare lo status giuridico delle società di
mutuo soccorso esistenti, qualora intendano rinunciare a tale natura ed operare quali
associazioni senza fini di lucro.
Articolo 6
(Impresa sociale)
In tema di impresa sociale i decreti legislativi di cui all'articolo 6 dovranno, tra l'altro,
procedere ad una precisa qualificazione dell'impresa sociale quale impresa privata con finalità
di interesse generale avente come obbiettivo primario la realizzazione di impatti sociali positivi
conseguiti mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale e che destina i
propri utili prevalentemente al raggiungimento di obbiettivi sociali, e conformarsi ad una serie di
princìpi e criteri direttivi tra i quali si ricordano:
- l'ampliamento dei settori di attività di utilità sociale (includendo i settori del commercio equo e
solidale, dell'inserimento dei lavoratori svantaggiati, dell'alloggio sociale e dell'erogazione del
microcredito da parte di soggetti abilitati);
- la previsione di forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili da
assoggettare a condizioni e limiti massimi, differenziabili anche in base alla forma giuridica
dell'impresa, salva la prevalente destinazione degli utili agli obbiettivi sociali;
- il coordinamento della disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività di impresa
svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
- la previsione della nomina di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza.
(Vigilanza, monitoraggio e controllo)
L'articolo disciplina le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti del terzo
settore che sono esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione
con i ministeri interessati e con l'Agenzia delle entrate. Il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali promuove l'adozione di forme di autocontrollo da parte degli enti del Terzo settore
specie per quelli di piccole dimensioni, e predispone linee guida in materia di impatto sociale e
di sistemi di valutazione di impatto sociale delle attività svolte.
Articolo 8
(Servizio civile universale)
La delega è finalizzata a procedere al riordino ed alla revisione dell'attuale disciplina in materia
di servizio civile nazionale conformemente ad alcuni princìpi e criteri direttivi relativi:
- all'istituzione del servizio civile universale finalizzato alla difesa non armata, e a a promuovere
attività di solidarietà, inclusione sociale, cittadinanza attiva, tutela e valorizzazione del
patrimonio culturale ed ambientale;
- alla previsione di un meccanismo di programmazione, di norma triennale dei contingenti di
giovani di età compresa tra 28 e 38 anni che possono essere ammessi, tramite bando pubblico, al
servizio civile universale;
- alla definizione di uno status giuridico degli stessi che preveda l'instaurazione, tra i giovani e lo
Stato, di uno specifico rapporto di servizio civile non assimilabile al rapporto di lavoro;
- alla previsione di un limite di durata del servizio, non inferiore a otto mesi complessivi, e
comunque, non superiore ad un anno, che contemperi le finalità dello stesso con le esigenze di
vita e di lavoro dei giovani coinvolti ed il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze
acquisite dai giovani durante l'espletamento del servizio civile, nei percorsi di istruzione e in
ambito lavorativo.
Articolo 9
(Misure fiscali e di sostegno economico)
L'articolo 9 reca i principi e i criteri direttivi cui si deve uniformare il legislatore delegato, al
fine di introdurre misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo
settore e di procedere al riordino e all'armonizzazione della relativa disciplina tributaria e delle
diverse forme di fiscalità di vantaggio. Tra i principi e criteri direttivi indicati nella norma, si
rammentano:
- l'introduzione di una nuova definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa
alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente;
- la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all'erogazione di risorse al terzo settore;
- la riforma dell'istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l'utilizzo delle
somme devolute con tale strumento normativo;
- la razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore;
- l'introduzione di misure per la raccolta di capitali di rischio e, più in generale, per il
finanziamento del Terzo settore;
- l'assegnazione di immobili pubblici inutilizzati;
- la revisione della disciplina delle ONLUS.
Articolo 10
(Disposizioni finanziarie e finali
L'articolo 10, al comma 2, autorizza l'istituzione di un fondo rotativo destinato a finanziare a
condizioni agevolate gli investimenti in beni strumentali materiali e immateriali degli enti del
Terzo settore e delle imprese sociali con dotazione di 50 milioni di euro.
Ricordiamo chela legge di stabilità 2015, reca una autorizzazione triennale di spesa per il
finanziamento della riforma del terzo settore in esame di: 50 milioni di euro per il 2015; 140
milioni di euro per il 2016; 190 milioni di euro a decorrere dal 2017.
Articolo 11
(Relazione al Parlamento)
Si prevede che entro il 30 giugno di ogni anno il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
trasmetta alle Camere una relazione sull'attività di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti
del terzo settore svolta ai sensi dell'articolo 7, nonché sull'attuazione della riorganizzazione del
sistema di registrazione.