DDL anticorruzione, dipendenti pubblici corrotti: nuove responsabilità

Ipsoa Quotidiano
VIA LIBERA DEL SENATO
02 aprile 2015 ore 06:00
DDL anticorruzione, dipendenti pubblici
corrotti: nuove responsabilità
di Riccardo Pallotta - Esperto di Previdenza Professionale, Organizzazione e
Funzionamento della Pubblica Amministrazione
Il DDL anticorruzione prevede l’obbligo per il dipendente pubblico corrotto di restituire la tangente
ove intenda chiedere il patteggiamento e, in ogni caso, di versare all’Amministrazione nella quale
prestava servizio al momento del reato una somma pari alla tangente percepita. Dopo più di due
anni dall’avvio dei lavori l’Aula del Senato ha approvato il DDL recante la nuova legge
anticorruzione, che passa ora alla Camera per l’approvazione definitiva, con uno slittamento di
circa un mese rispetto alle indicazioni del Ministro della Giustizia.
Il susseguirsi – nelle ultime settimane – di indagini e arresti per fatti corruttivi di più o meno ampio
rilievo, tanto a livello nazionale che a livello delle più piccole Stazioni Appaltanti, ha imposto al
Governo ed al Parlamento una “faticosa accelerazione” della discussione parlamentare dei disegni
di legge (a partire da quello presentato dall’attuale Presidente Grasso quale primo DDL a sua
firma) che sin dall’inizio della corrente Legislatura, nel 2013, a vario titolo hanno proposto norme
di revisione della materia.
Il testo approvato dal Senato ieri 1° aprile, nonostante il 10 febbraio scorso il Ministro della
Giustizia avesse “garantito” che entro il mese di febbraio il DDL avrebbe avuto tale approvazione è appunto il frutto della fusione dei DDL nn. 19, 657, 711, 846, 847, 851, 868 e delle modifiche
agli stessi apportati (anche dal Governo) nel corso dell’esame in Commissione.
Il testo passerà, ora, alla Camera per la – presumibilmente (ed auspicabilmente) rapida –
approvazione definitiva.
I contenuti del DDL anticorruzione
Ferma la necessità di attendere l’approvazione definitiva della Camera per verificare quale sarà la
configurazione finale delle nuove norme, può sin d’ora dirsi quali saranno i probabili contenuti
della futura legge anticorruzione.
Nel dettaglio, il DDL è articolato in due “Capi”:
· il Capo I che detta disposizioni in materia di delitti contro la PA, di associazioni mafiose e
contiene modifiche al codice di procedura penale, alle sue norme d’attuazione ed al testo della
vigente legge anticorruzione n. 190/2012
· il Capo II che contiene norme penali in materia di società e consorzi tra le quali, in
particolare, le nuove disposizioni in materia di falso in bilancio che hanno comportato – negli
ultimi mesi – lo slittamento dei tempi di approdo del testo in Aula.
Tralasciando – in questa sede - le disposizioni da ultimo citate, rammentiamo di seguito i principali
contenuti delle restanti disposizioni per illustrare infine – in particolare – una specifica ed
innovativa modifica, recentemente introdotta al fine di inasprire il trattamento sanzionatorio dei
dipendenti pubblici corrotti.
Leggi anche:
- “Dipendente pubblico alla PA una somma pari alla tangente percepita”
- “Falso in bilancio, via libera della Commissione giustizia al ddl Anticorruzione”
- “Falso in bilancio aumentano le sanzioni”
Corruzione e concussione
Il DDL prevede un generalizzato incremento delle pene previste dal codice penale. In
particolare:
1) passa da tre a cinque anni il periodo massimo per il quale può essere disposto il divieto di
concludere contratti con la pubblica amministrazione
2) scende da tre a due anni il periodo di condanna alla reclusione dal quale discende l’estinzione
del rapporto di lavoro o di impiego del dipendente di amministrazioni, enti pubblici ovvero enti a
prevalente partecipazione pubblica, nei casi di condanna per i reati di peculato, corruzione (anche
in atti giudiziari) ed induzione indebita a dare o promettere utilità;
3) viene aumentata la prescrizione per i reati di cui al punto precedente;
4) vengono aumentate: a) la pena massima per il reato di corruzione per atti contrari ai doveri
d’ufficio (da 8 a 10 anni); b) le pene minime e massime per il reato di induzione indebita, che
passano da un minimo di 3 anni ed un massimo di 8 anni ad un minimo di 4 ed un massimo di 10
anni di reclusione; c) la pena massima per il reato di abuso d’ufficio (che passa da 4 a 5 anni);
5) la pena massima per il reato di “traffico di influenze illecite” viene aumentata da 3 a 5 anni.
Inoltre, viene previsto – con riferimento ai reati genericamente sussumibili nell’alveo della
corruzione specificatamente indicati dalla legge stessa – un’attenuante così configurata: “per chi si
sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa fosse portata a conseguenze
ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il
sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo alla metà”
Viene infine riformulato il reato di concussione, estendendone l’ambito soggettivo di
applicazione ed inserendo tra i soggetti punibili, oltre che i pubblici ufficiali, anche gli incaricati di
pubblico servizio (ferma restando la pena della reclusione da un minimo di 6 ad un massimo di 12
anni).
Legislazione penale antimafia
Con una norma francamente “fuori tema” rispetto all’oggetto della legge (indipendentemente dalla
sua condivisibilità), modificando il “famoso” art. 416 bis del codice penale, vengono aumentate,
rispettivamente:
1) a 10 e 15 anni le pene minima e massima per il reato di associazione mafiosa
2) a 12 e 18 anni le pene minima e massima per i soggetti condannati quali promotori organizzatori
o “vertici” delle associazioni di stampo mafioso;
3) rispettivamente a 12 e 20 anni ed a 15 e 26 anni le pene minima e massima qualora i reati di
cui ai due punti precedenti siano posti in essere da una “associazione armata” ai sensi e per gli
effetti dei commi 4 e 5 dell’art. 416 bis;
Patteggiamento
Nel caso di richiesta di patteggiamento per i reati di peculato, concussione, corruzione (nelle
sue diverse fattispecie, compresa quella “in atti giudiziari”), induzione indebita a dare o promettere
utilità e per i medesimi reati commessi con riferimento ad organi e/o funzionari dell’UE, della Corte
Penale intenazionale e di Stati esteri, viene previsto che l'ammissibilità della richiesta stessa è
subordinata alla “restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato”.
Obbligo di informativa all’ANAC
Il DDL, all’esito delle sue più recenti riformulazioni, ha previsto che i Pubblici Ministeri, quando si
trovino ad esercitare l'azione penale per i delitti oggetto della legge in esame (di cui agli articoli
317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del
codice penale) debbano informare il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, dandogli
notizia della imputazione.
Va sottolineato, al riguardo, come tale norma ponga rilevanti criticità in ordine, per un verso al
mantenimento del segreto istruttorio e, per altro verso alla riservatezza dell’azione amministrativa
dell’ANAC.
Modifiche alle norme in materia di anticorruzione
Le competenze dell’ANAC vengono integrate con la vigilanza e il controllo sui contratti “secretati o
che esigono particolari misure di sicurezza” di cui agli articoli 17 e seguenti del codice dei contratti
pubblici (D. Lgs. 163/06)
Modifiche alla disciplina processuale
Viene previsto – attraverso una integrazione “esogena” del Codice del Processo Amministrativo
introdotta attraverso una modifica della legge anticorruzione 190/2012, che nelle controversie
concernenti la contrattualistica pubblica (ex art. 133.1, lett. e), del D. Lgs. 104/10) il giudice
amministrativo trasmette all’ANAC “ogni informazione o notizia rilevante emersa nel corso del
giudizio che, anche in esito a una sommaria valutazione, ponga in evidenza condotte o atti
contrastanti con le regole della trasparenza”.
La riparazione pecuniaria
Come accennato sopra appare interessante dedicare un’illustrazione ad hoc di una previsione
novitaria introdotta nel DDL a fini di sanzione del dipendente pubblico infedele. Si tratta
dell’articolo 322 quater, che l’art. 3 del DDL in commento intende introdurre nel codice penale.
Questa nuova norma, opererà nel caso di condanna per i reati di:
1) peculato
2) concussione
3) corruzione per l’esercizio della funzione
4) corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio
5) corruzione in atti giudiziari
6) induzione indebita a dare o promettere utilità
7) corruzione di incaricati di pubblico servizio
8) peculato, concussione, induzione indebita dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla
corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di
funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri
Essa dispone che “Con la sentenza di condanna ovvero con la sentenza di applicazione della
pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale [patteggiamento N.d.R.] … è sempre
ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal
pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore
dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero,
nel caso di cui all'articolo 319-ter [corruzione in atti giudiziari N.d.R.], in favore dell'amministrazione
della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno".
Questa disposizione, tiene conto del fatto che – talvolta – in concreto il danno generato dalla
condotta delittuosa non è di agevole quantificazione oppure è di importo tanto elevato tale da
rendere vana la condanna al risarcimento.
Alla luce di questa circostanza fattuale e, comunque, per elaborare un ulteriore elemento di
deterrenza per questa specifica congerie di reati, DDL intende colpire la sfera patrimoniale del
colpevole ipotizzando una sorta di sanzione per equivalente: sanzione che – lo rammentiamo – nel
caso in cui il reo abbia scelto di chiedere il patteggiamento si aggiunge al neointrodotto obbligo, ai
fini dell’ammissibilità del patteggiamento stesso, di restituzione integrale del prezzo o del profitto
del reato.
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