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Rientro dei capitali. La gestione della procedura di emersione delle attività detenute illecitamente all’estero
Società, la voluntary si sdoppia
Senza «bussola» una serie di ipotesi che si possono realizzare tra impresa e soci
La procedura di collaborazione volontaria si sdoppia quando sono coinvolte sia le società sia i soci. Nei vari
articoli di commento a questi aspetti è stato preso in considerazione il caso più semplice, e cioè quello in
cui le violazioni (tipicamente omessi ricavi) sono state commesse dalla società, mentre le attività estere
sono state attribuite a tutti o ad alcuni dei soci. In realtà esistono anche situazioni più complesse, che
necessitano di soluzioni alternative nella gestione delle istanze. L’elemento che deve essere preso come
riferimento di partenza, sempre e comunque, non può che essere la sostanza giuridica delle singole
situazioni. In linea di massima, ci dovrebbero essere tre ipotesi che si possono verificare: violazioni della
società e dividendo ai soci; violazioni solo da parte del socio; violazione solo della società con il socio
interposto. Vediamo quali potrebbero essere le modalità operative di gestione della disclosure nei primi
due casi, rinviando per il terzo all’articolo qui sotto.
Violazioni della società, dividendo ai soci
La società ha omesso di contabilizzare ricavi, oppure ha indebitamente dedotto costi (in questa seconda
ipotesi si deve però considerare anche la tematica, che qui non affrontiamo, della rilevanza penale
dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti), e le attività finanziarie sono affluite all’estero nella
sfera personale dei soci. In questa situazione l’applicazione delle nuove norme dovrebbe richiedere:
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per la società, la presentazione dell’istanza di collaborazione nazionale, mediante la quale si sanano
le violazioni in materia di Ires, Iva e Irap. Inoltre, se alcuni dei soci che hanno ricevuto le attività
sono non qualificati, la società dovrebbe sanare l’omessa ritenuta sulla distribuzione di tali somme
a titolo di dividendo;
per il socio qualificato una disclosure mista, in quanto occorre tassare il 40 o il 49,72 % del
dividendo ricevuto (a seconda degli anni di riferimento) e i rendimenti delle attività detenute
all’estero. Inoltre deve essere regolarizzata l’omessa compilazione del quadro RW;
per il socio non qualificato la sanatoria sui rendimenti e sul quadro RW, mentre la tassazione del
dividendo dovrebbe avvenire a cura della società.
In sostanza dovrebbe risultare applicabile la stessa sequenza logica che viene usata dall’amministrazione
finanziaria ogni volta che vengono riscontrati ricavi «in nero» da parte di una società a ristretta base
azionaria, secondo la quale gli importi oggetto di evasione sono considerati anche dividendi incassati dai
soci. Di fatto viene ricostruito il rapporto tributario complessivo. Questa conclusione dovrebbe essere
suffragata dal fatto che, in questi casi, la «distribuzione occulta» mediante intestazione dei conti esteri
riguarda generalmente la totalità dei soci e avviene seguendo le quote di partecipazione. Per quanto
riguarda i profili compilativi, la società dovrà sicuramente indicare i codici fiscali dei soci, e ciascun socio il
codice fiscale della società, nella propria istanza di disclosure.
Violazioni solo da parte del socio
Una seconda situazione è quella in cui un socio di maggioranza, spesso anche amministratore della società,
ha approfittato della propria posizione per ottenere a suo favore ricavi o proventi a fronte di servizi resi a
terzi. È il caso, ad esempio, in cui il socio-amministratore ha incassato proventi personali (ad esempio con la
natura di intermediazioni commerciali) sui propri conti esteri. Un indicatore della presenza di questa
situazione è spesso data dal fatto che, a differenza dell’ipotesi precedente, solo un socio beneficia dei
proventi esteri, senza la consapevolezza da parte della società e degli altri componenti della compagine
sociale. In questa situazione, è di tutta evidenza che la società non può e non deve essere coinvolta nella
procedura di disclosure, che dovrebbe riguardare esclusivamente la posizione della persona fisica. Il socio
dovrebbe essere chiamato alla classica triplice regolarizzazione richiesta dalla disclosure: redditi non
dichiarati, rendimenti delle attività estere, omessa compilazione del quadro RW. Resta il problema, sul
quale sarebbe estremamente utile conoscere preventivamente l’opinione dell’amministrazione finanziaria,
dell’inquadramento giuridico dei redditi del socio. Molto dipenderà dalla frequenza con cui le operazioni
estere sono avvenute, posto che difficilmente potrà essere presente il requisito organizzativo. Si dovrebbe
concludere che i proventi sono da considerare redditi diversi (attività commerciali occasionali) o redditi di
impresa: nel secondo caso occorrerà corrispondere anche l’Iva (ovviamente avendo riguardo alla tipologia
delle operazioni eseguite: consulenze e/o intermediazioni con l’estero), mentre si dovrebbe arrivare a
escludere la rilevanza dell’Irap che non dovrebbe essere applicabile proprio per l’assenza del requisito
organizzativo. Nell’istanza di disclosure della persona fisica non dovrebbe essere indicato il codice fiscale
della società, dato che non si tratta di un soggetto collegato.
Interposizione, rebus rendimenti e prelievi
Violazione solo della società con il socio interposto. È questa la situazione ancora più complessa, e cioè
quella in cui l’intera violazione è ascrivibile alla società che si è avvalsa del socio solo per l’intestazione dei
conti esteri su cui sono transitati i proventi non dichiarati.
In questa ipotesi, può essere di grande utilità un passaggio contenuto nella circolare 13/E del 10 marzo, in
cui si sostiene che «anche il soggetto interposto, ricorrendone i presupposti, può fare ricorso alla presente
procedura. Infatti, anche i contribuenti che hanno avuto la disponibilità a qualunque titolo o che comunque
avevano la disponibilità di movimentare attività finanziarie all’estero pur non essendone i beneficiari
effettivi sono tenuti, per consolidata giurisprudenza, ad adempiere agli obblighi dichiarativi in materia di
monitoraggio fiscale. Quindi (...) anche colui che ha la possibilità di movimentare un fondo non
contabilizzato costituito all’estero da una società di capitali può chiedere di definire la propria posizione
fiscale con riferimento alle violazioni in materia di monitoraggio fiscale attraverso la procedura di
collaborazione volontaria internazionale».
In altri termini, è evidente che in questa situazione il socio-gestore del conto della società dovrà sanare
l’omessa compilazione del quadro RW, mentre le violazioni di base (redditi, Iva e Irap) dovranno essere
considerate nella disclosure della società. Restano da capire due aspetti: chi dovrà tassare i rendimenti e
come andranno trattati eventuali prelievi. Sul primo aspetto, la conclusione più logica dovrebbe essere
quella di imputare i redditi all’effettivo beneficiario, e quindi alla società; gli eventuali prelievi potrebbero
avere valenza diversa: se sono serviti per esigenze della società, assumeranno rilevanza come tali, mentre
se le disponibilità prelevate sono state destinate al soggetto interposto gestore del conto dovrebbero
essere considerati come dividendi o come compensi. Nei modelli occorrerà l’indicazione reciproca dei
soggetti collegati.
Rispetto al primo caso esaminato, il costo della disclosure sarà minore, perché non è avvenuta la
distribuzione di dividendi; è però solo un aspetto rinviato, perché essendo le somme nella disponibilità
della società prima o poi la distribuzione dovrà avvenire.