contro nei confronti di - Enti Locali

N. 04703/2015 REG.PROV.COLL.
N. 10482/2013 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10482 del 2013, integrato da motivi aggiunti,
proposto dal Gruppo Villa Maria Sanità S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Vinci Orlando, Raffaele
Izzo e Diego Vaiano, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Vaiano - Izzo in
Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Presidente della Regione Lazio nella qualità di Commissario ad acta D.C.M.
21/3/2013, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliata
in
Roma,
Via
dei
Portoghesi,
12;
Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'avv. Roberta Barone, con domicilio eletto
presso la sede della Avvocatura regionale in Roma, Via Marcantonio Colonna, 27;
nei confronti di
Casa
di
Cura
Privata
Madonna
delle
Grazie
Spa;
Casa di Cura Villa Domelia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Tucci, con domicilio eletto presso il suo
studio in Roma, viale Mazzini 123;
per l'annullamento:
- con il ricorso introduttivo:
- dei decreti del Presidente della Regione Lazio, in qualità di Commissario ad acta,
n. U00314 del 5 luglio 2013, di adozione della Proposta di Programmi Operativi
2013-2015 e n. 426 del 4 ottobre 2013, che detta la procedura di conferma
dell’autorizzazione all’esercizio e di accreditamento istituzionale definitivo, in
quanto ostativi all’accreditamento di n. 92 posti letto autorizzati per attività di
chirurgia cardio-toraco-vascolare, cardiologia medica e per prestazioni in regime
ambulatoriale, anche per utenti esterni;
- con i primi motivi aggiunti:
- della determinazione del 14 ottobre 2013, prot. n. 24550, con la quale il competente
ufficio regionale ha rigettato l’istanza di accreditamento reiterata il 18 giugno 2013,
che richiama impropriamente il decreto del Commissario ad acta n. 17 del 9 marzo
2010, recante il piano dei fabbisogni assistenziali per la Regione Lazio ai sensi
dell’art. 2, comma 1, lett. a), n. 1), della Legge Regionale n. 4/2003, per farne derivare
l’asserita “completezza del fabbisogno per la tipologia di prestazioni richiesta dalla
società GVM Sanità S.r.l.”;
- con i secondi motivi aggiunti:
- del decreto del Commissario ad acta n. U00480 del 6 dicembre 2013, che ha
definitivamente adottato i Programmi Operativi 2013-2015 a salvaguardia degli
obiettivi strategici di Rientro dai disavanzi sanitari della Regione Lazio;
- con i terzi motivi aggiunti:
- del decreto del Commissario ad acta n. U00247 del 25 luglio 2014 recante “Adozione
della nuova edizione dei Programmi Operativi 2013-2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici
di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Lazio”;
- con i quarti motivi aggiunti:
- del decreto del Commissario ad acta n. U00359 del 30 ottobre 2014 e del decreto
del Commissario ad acta n. U00368 del 31 ottobre 2014, rettificato dal decreto n.
U00412 del 26 novembre 2014, di “Riorganizzazione della rete ospedaliera a
salvaguardia degli obiettivi strategici di rientro dai disavanzi sanitari della Regione
Lazio”.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Presidente della Regione Lazio nella
qualità di Commissario ad acta, della Regione Lazio e della Casa di Cura Villa
Domelia Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2015 il Cons. Alessandro
Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’odierna ricorrente è proprietaria della struttura sanitaria di Alta Specialità “Istituto
Clinico Cardiologico” sito in Casalpalocco, ed appartiene al gruppo sanitario
“Gruppo Villa Maria S.p.a.”, con sede in Lugo di Romagna (RA), al quale fanno
capo numerose strutture sanitarie di alta specializzazione, votate essenzialmente
all’area cardio-toraco-vascolare, operanti sull’intero territorio nazionale ed anche
all’estero.
La struttura di Casalpalocco, in particolare, è autorizzata all’esercizio dell’attività
sanitaria con Determinazione D0961 del 5 marzo 2010 per l’attività di ricovero e
cura a specifico indirizzo cardochirurgico.
Con il ricorso introduttivo la ricorrente impugna i decreti del Presidente della
Regione Lazio, in qualità di Commissario ad acta, n. U00314 del 5 luglio 2013, di
adozione della Proposta di Programmi Operativi 2013-2015 e n. 426 del 4 ottobre
2013, che detta la procedura di conferma dell’autorizzazione all’esercizio e di
accreditamento istituzionale definitivo, in quanto ostativi all’accreditamento di n. 92
posti letto autorizzati per attività di chirurgia cardio-toraco-vascolare, cardiologia
medica e per prestazioni in regime ambulatoriale, anche per utenti esterni.
Con i primi motivi aggiunti, la ricorrente ha esteso l’impugnazione alla
determinazione del 14 ottobre 2013, prot. n. 24550, con la quale il competente
ufficio regionale ha rigettato l’istanza di accreditamento reiterata il 18 giugno 2013,
che richiama impropriamente il decreto del Commissario ad acta n. 17 del 9 marzo
2010, recante il piano dei fabbisogni assistenziali per la Regione Lazio ai sensi
dell’art. 2, comma 1, lett. a), n. 1), della Legge Regionale n. 4/2003, per farne derivare
l’asserita “completezza del fabbisogno per la tipologia di prestazioni richiesta dalla
società GVM Sanità S.r.l.”.
Con i secondi motivi aggiunti è stato impugnato il decreto del Commissario ad acta
n. U00480 del 6 dicembre 2013, che ha definitivamente adottato i Programmi
Operativi 2013-2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici di Rientro dai disavanzi
sanitari della Regione Lazio.
Con i terzi motivi aggiunti, poi, è stato impugnato il decreto del Commissario ad
acta n. U00247 del 25 luglio 2014 recante “Adozione della nuova edizione dei
Programmi Operativi 2013-2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici di rientro dai
disavanzi sanitari della Regione Lazio”.
Con i quarti motivi aggiunti la ricorrente impugna il decreto del Commissario ad
acta n. U00359 del 30 ottobre 2014 ed il decreto del Commissario ad acta n. U00368
del 31 ottobre 2014, rettificato dal decreto n. U00412 del 26 novembre 2014, di
“Riorganizzazione della rete ospedaliera a salvaguardia degli obiettivi strategici di
rientro dai disavanzi sanitari della Regione Lazio”.
Deduce la ricorrente, in particolare, che la Regione Lazio avrebbe sostanzialmente
disapplicato la normativa statale in tema di passaggio dall’accreditamento
provvisorio a quello definitivo, consentendo a strutture non in regola con i requisiti
richiesti un ulteriore termine per la regolarizzazione delle proprie posizioni al fine di
acquisire i necessari requisiti per la verifica dell’accreditamento.
Sottolinea la ricorrente che con la L.R. n. 4/2003 è stato delineato – a livello della
Regione Lazio – il quadro normativo complessivo in materia sanitaria, stabilendosi,
tra l’altro che “la Regione (…) definisce, con regolamento, le procedure per la
richiesta ed il rilascio dell’accreditamento, assicurando la valutazione prioritaria delle
richieste dei soggetti che operano e/o che richiedono di operare in ambiti territoriali
privi o carenti di strutture accreditate” (art. 13, comma 3, del Regolamento Regionale
n. 13/2007.
Nel quadro della attuazione della L.R. n. 4/2003, si colloca poi la D.G.R. n.
636/2007 che avrebbe dovuto costituire, unitamente all’emanando R.R. n. 13/2007,
l’attuazione della L.R. n. 4/2003, finalizzata alla introduzione, anche nel Lazio, di un
organico sistema di accreditamento istituzionale.
Con la L.R. 11 agosto 2008, n. 14 recante “Assestamento del bilancio annuale e
pluriennale 2008-2010”, è stata poi disposta, all’art. 1, commi 66, 71, 72, 77, 78 ed
84, la sospensione temporanea delle iniziative in corso per l’autorizzazione o
l’accreditamento di nuove strutture sanitarie private, sino alla adozione del piano di
riassetto della rete ospedaliera e di assistenza specialistica ambulatoriale, da adottare
entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Con decreto del Commissario ad acta n. 17 del 9 marzo 2010, veniva poi approvato
il documento recante la “Stima del fabbisogno assistenziale per le strutture del
servizio sanitario della Regione Lazio – marzo 2010” ai fini della verifica di
compatibilità.
Successivamente, con il decreto n. 80/2010 è stato quindi programmato il
fabbisogno della rete ospedaliera per acuti e per la post-acuzie (riabilitazione e
lungodegenza medica) venendo pertanto meno, dal punto di vista formale, le
condizioni stabilite per il blocco relativo al riconoscimento di nuovi accreditamenti.
A ciò, tuttavia, non è seguita alcuna valutazione della istanza presentata, in data 13
dicembre 2010, dalla odierna ricorrente e ciò in ragione, secondo la prospettazione
della ricorrente, del perdurante ritardo con il quale la Regione affrontava la questione
relativa agli accreditamenti provvisori.
Con L.R. 10 agosto 2010, n. 3, venivano quindi disciplinati i termini e le modalità
per la presentazione delle domande di conferma dell’autorizzazione all’esercizio e di
accreditamento, prevedendo che le strutture sanitarie e sociosanitarie private
provvisoriamente accreditate avrebbero dovuto, entro il termine del 10 dicembre
2010, presentare alla Regione una nuova domanda di conferma dell’autorizzazione
all’esercizio nonché la domanda di accreditamento istituzionale definitivo.
E’, quindi, intervenuto in decreto del Commissario ad acta 10 novembre 2010, n. 90
con cui si stabiliva:
- la data del 31 dicembre 2010 quale termine entro il quale la Direzione regionale
competente avrebbe dovuto procedere all’adozione di un provvedimento
ricognitivo delle istanze pervenute ed al rilascio dei provvedimenti di conferma delle
autorizzazioni all’esercizio e del rilascio dell’accreditamento definitivo;
- la data del 31 ottobre 2011 quale termine ultimo per la verifica del possesso dei
requisiti accreditativi e dei requisiti ulteriori di qualificazione in capo alle strutture
istanti già accreditate provvisoriamente.
Anziché far cessare gli accreditamenti provvisori, dunque, veniva introdotta una
ulteriore forma di accreditamento transitorio non prevista dalla legge che, di fatto,
veniva a condizionare la valutazione delle istanze di tutti quei soggetti che, pur non
essendo provvisoriamente accreditati secondo il regime previgente, avevano
formulato istanza per ottenere il relativo accreditamento.
Deduce la ricorrente, in particolare, che la disapplicazione della disciplina statale da
parte della Regione Lazio e la perdurante esclusione di nuovi erogatori dal Sistema
Sanitario regionale si sarebbe tradotta nella mancata considerazione dell’istanza di
accreditamento avanzata dalla ricorrente per l’Istituto Clinico Cardiologico dalla
stessa gestito.
Senonché, con il decreto del Commissario ad acta in data 5 luglio 2013, n. U00314,
l’Amministrazione avrebbe da un lato introdotto (in sede di proposta) una nuova
priorità, nel procedimento di accreditamento, per le strutture che abbiano
convenzioni in essere con le ASL e, dall’altro, avrebbe procrastinato in
ammissibilmente
la
definizione
del
fabbisogno
assistenziale
ritardando
ulteriormente il completamento delle procedure di accreditamento istituzionale.
Si è costituita in giudizio la Regione Lazio deducendo la infondatezza del ricorso e
dei motivi aggiunti e chiedendone il rigetto.
Alla udienza del 18 febbraio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione.
Preliminarmente il Collegio osserva come il Servizio Sanitario Nazionale sia
caratterizzato dal principio della libertà dell’utente nella scelta della struttura di
fiducia alla quale rivolgersi per la fruizione dell’assistenza sanitaria pubblica.
Tale scelta può essere così operata fra le strutture pubbliche o fra quelle private che
sono state ritenute idonee, mediante l'accreditamento, all'erogazione delle
prestazioni sanitarie.
In base alla prevedibile domanda di prestazioni e tenendo conto dell'esigenza di
garantire i livelli essenziali e, per quanto possibile, uniformi di assistenza,
l’Amministrazione pubblica provvede a programmare gli obiettivi perseguibili,
individuando e distribuendo fra le suindicate strutture pubbliche e private
accreditate le risorse disponibili.
Sotto il profilo normativo è opportuno evidenziare che gli articoli 8 e ss. del D. Lgs.
n. 502 del 1992 hanno modificato il previgente regime, consentendo l'ingresso non
indiscriminato, ma selettivo, nel servizio sanitario di soggetti altamente qualificati.
Tale ingresso è riservato soltanto a quei soggetti in grado di soddisfare la domanda
preventivamente programmata di prestazioni e, nel periodo transitorio, solo quelli
originariamente convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale.
La normativa di settore ha imposto l’adeguamento delle strutture e dei presidi già
autorizzati e l'aggiornamento dei requisiti, al fine di garantire un adeguamento del
livello di qualità delle prestazioni, compatibilmente con le risorse finanziare, previa
adozione delle norme volte alla definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed
organizzativi minimi.
In seguito, l'art. 6, comma 6, L. 724/1994 ha stabilito il passaggio al regime di
provvisorio accreditamento dei soli soggetti titolari di rapporto contrattuale
(convenzionale) con il SSR ( per la medesima branca).
Il regime dell'accreditamento provvisorio (o transitorio) si caratterizza per la
precipua finalità di assicurare la prosecuzione dei rapporti tra l’Amministrazione e i
soggetti privati già convenzionati fino alla concessione dell'accreditamento
istituzionale definitivo, di cui all'art. 8 del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (poi
integrato dal d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229), ed alla stipula dei relativi accordi
contrattuali, mediante il riconoscimento all'originaria convenzione di valenza
costitutiva e di fonte regolatrice del nuovo rapporto di accreditamento.
E’ stata, altresì, affermata la funzione interpretativa del sistema dell'art. 8 quater del
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 introdotto dall’art. 8, comma 4, del D.Lgs. 19
giugno1999, n. 299, sebbene entrato in vigore soltanto il 31 luglio 1999, quanto alla
subordinazione dell'accreditamento istituzionale non solo alla rispondenza delle
strutture ai requisiti ulteriori di qualificazione, ma anche alla loro funzionalità
rispetto agli indirizzi di programmazione nazionale e regionale (cfr. Cons. Stato, n.
4977/2007 e n. 924/2003).
Anche nell'ipotesi in cui nell'originario assetto del sistema sanitario l'accreditamento,
a fronte di una discrezionalità dell’Amministrazione di carattere tecnico quale
rinvenibile nell’attività di controllo sulla sussistenza o meno dei requisiti di legge,
potesse essere concepito quale un vero e proprio diritto riconosciuto ad ogni
struttura in possesso dei requisiti rispondenti ai criteri fissati nell'atto d'indirizzo e
coordinamento adottato ai sensi del ripetuto art. 8, comma 4, D.Lgs. n. 502/1992,
pure a tal riguardo la giurisprudenza ha chiarito che il D.P.R. 14 gennaio 1997 ha
successivamente
individuato
in
modo
preciso
la
funzione
teleologica
dell'accreditamento, il quale deve risultare “funzionale alle scelte di programmazione
regionale” e, quindi, non può comunque essere più considerato un diritto; tanto
perché il detto D.P.R. ha definito un assetto caratterizzato da limiti in ordine
all'adozione dei provvedimenti richiesti per il passaggio all'accreditamento, limiti
riconducibili ad un'accresciuta capacità discrezionale dell’Amministrazione, non più
esclusivamente fondata su mere argomentazioni tecniche, bensì anche sull’effettivo
fabbisogno assistenziale risultante dal Piano Regionale e nell'esigenza di controllo
della spesa sanitaria nazionale (cfr. Cons. St., Ad. plen., 2 maggio 2006 n. 8 e Cons.
Stato, n. 454/2010).
Ai sensi dell'art. 8 ter del D.Lgs. n. 502 del 1992, nel testo introdotto dal D.Lgs. n.
229 del 1999, la realizzazione di strutture per l'esercizio di attività sanitarie e socio
sanitarie è in ogni caso condizionata ad una verifica di compatibilità da parte della
Regione che rilascia l'autorizzazione all'esercizio in “rapporto al fabbisogno complessivo e
alla localizzazione delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire
l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture”.
Per l'erogazione di prestazioni sanitarie per il servizio sanitario nazionale è peraltro
necessario anche l'accreditamento istituzionale che, come rilevato, ai sensi dell'art. 8
quater del D.Lgs. n. 502 del 1992, aggiunto dall'articolo 8, comma 4, del D.Lgs. n.
229 del 1999 e delle disposizioni emanate in materia dalle singole Regioni, può essere
conseguito dalle strutture private in possesso di determinati requisiti. Solo con
l'accreditamento - che ha sostituito le precedenti convenzioni - possono essere
quindi erogate prestazioni sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico.
Da ultimo, con L. 27 dicembre 2006, n. 296 si è disposto che – art. 1, comma 796,
lett. s), t) ed u) – che “s) a decorrere dal 1º gennaio 2008, cessano i transitori accreditamenti
delle strutture private già convenzionate, ai sensi dell'articolo 6, comma 6, della legge 23 dicembre
1994, n. 724, non confermati da accreditamenti provvisori o definitivi disposti ai sensi dell'articolo
8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni; t) le regioni
provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 1º gennaio 2011 cessino gli
accreditamenti provvisori delle strutture private ospedaliere e ambulatoriali, di cui all'articolo 8quater, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, non confermati dagli
accreditamenti definitivi di cui all'articolo 8-quater, comma 1, del medesimo decreto legislativo n.
502 del 1992; le regioni provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 31
ottobre 2014 cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le altre strutture sanitarie e socio-sanitarie
private, nonche' degli stabilimenti termali come individuati dalla legge 24 ottobre 2000, n. 323,
non confermati dagli accreditamenti definitivi di cui all'articolo 8-quater, comma 1, del decreto
legislativo n. 502 del 1992. Qualora le regioni non provvedano ai citati adempimenti entro il 31
ottobre 2014, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, e sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie,
nomina il Presidente della regione o altro soggetto commissario ad acta ai fini dell'adozione dei
predetti provvedimenti. u) le regioni provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire
che, a decorrere dal 1º gennaio 2008, non possano essere concessi nuovi accreditamenti, ai sensi
dell'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni,
in assenza di un provvedimento regionale di ricognizione e conseguente determinazione, ai sensi del
comma 8 del medesimo articolo 8-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992. Il provvedimento
di ricognizione è trasmesso al Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei
livelli essenziali di assistenza di cui all'articolo 9 della citata intesa 23 marzo 2005. Per le regioni
impegnate nei piani di rientro previsti dall'accordo di cui alla lettera b), le date del 1º gennaio 2008
di cui alla presente lettera e alla lettera s) sono anticipate al 1º luglio 2007 limitatamente alle
regioni nelle quali entro il 31 maggio 2007 non si sia provveduto ad adottare o ad aggiornare,
adeguandoli alle esigenze di riduzione strutturale dei disavanzi, i provvedimenti di cui all'articolo
8-quinquies, commi 1 e 2, del citato decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni”.
Sotto tale profilo, dunque, il legislatore statale ha previsto che le Regioni avviino una
procedura di accreditamento (definitivo o istituzionale) per tutte le strutture (art. 8quater, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992), da concludersi entro un termine finale
stabilito dalla legge.
Tale termine, nell’ottica del legislatore e secondo la espressa indicazione della Corte
Costituzionale, “è espressione di un principio fondamentale che le Regioni sono tenute a rispettare,
dovendosi fare salve solo quelle discipline regionali di proroga che, in presenza di situazioni
“eccezionali”, lungi dal costituire sanatoria di situazioni illegali, rappresentino un mezzo per
consentire e promuovere la regolarizzazione delle posizioni dei soggetti privati ancora aperte, senza
dover procedere alla revoca dell'autorizzazione” (Corte Cost., n. 292/2012).
In proposito la Corte Costituzionale ha di recente ribadito (sentenza n. 132 del 7
giugno 2013) che la competenza regionale in materia di autorizzazione ed
accreditamento di istituzioni sanitarie private deve essere inquadrata nella più
generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola
le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato [“nella
giurisprudenza di questa Corte è stato ripetutamente affermato, ed anche di recente ribadito
(sentenze n. 292 e n. 262 del 2012), che la competenza regionale in materia di autorizzazione ed
accreditamento di istituzioni sanitarie private deve essere inquadrata nella più generale potestà
legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato (sentenze n. 134 del 2006 e n. 200 del 2005). La
natura di principi fondamentali nella materia de qua è stata del pari già riconosciuta ai requisiti
per l'accreditamento di strutture sanitarie private fissati dall'art. 8-quater del d. lgs. n. 502 del
1992, richiamato dal ricorrente come norma interposta ai fini della violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost. (sentenze n. 292 del 2012 e n. 361 del 2008)]”; Corte Cost. n. 132/2013).
Per verificare il rispetto, da parte della legislazione regionale, dei principi
fondamentali stabiliti in materia dallo Stato occorre, secondo la Corte
Costituzionale, distinguere, dopo il riordino del sistema sanitario, gli aspetti che
attengono all' “autorizzazione”, prevista per l’esercizio di tutte le attività sanitarie,
da quelli che riguardano l' “accreditamento” delle strutture autorizzate.
In particolare, si legge nella sentenza della Corte Costituzionale n. 292/2012 che
“quanto all’“autorizzazione”, gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4, del D.Lgs. n. 502 del 1992
stabiliscono “requisiti minimi” di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie; sotto
tale profilo, la Corte Costituzionale ha riconosciuto che tali disposizioni rappresentano principi
fondamentali stabiliti dalla legislazione statale che le Regioni devono rispettare indipendentemente
dal fatto che la struttura intenda o meno chiedere l'accreditamento (sentenze nn. 245 e 150 del
2010). Per l’“accreditamento” occorrono, invece, “requisiti ulteriori” (rispetto a quelli necessari
all'autorizzazione) e l'accettazione del sistema di pagamento a prestazione, ai sensi dell'art. 8quater del d.lgs. n. 502 del 1992. I requisiti ulteriori, necessari per l'accreditamento, hanno natura
di principi fondamentali, che le Regioni sono tenute a rispettare, non potendosi attribuire
l'accreditamento “ope legis” a strutture di cui viene presunta la regolarità, indipendentemente dal
possesso effettivo di tali requisiti (sentenza n. 361 del 2008). Tuttavia, è stata la medesima
legislazione statale a stabilire un passaggio graduale dal sistema precedente (convenzionale, basato
sul pagamento dei fattori produttivi) a quello nuovo (basato sul pagamento delle prestazioni, previo
accreditamento delle strutture). Si è così previsto un "accreditamento temporaneo" (art. 6, comma
6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, recante «Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica») per le strutture precedentemente convenzionate che avessero accettato il sistema di
pagamento a prestazione, nonché un "accreditamento provvisorio" per le strutture nuove, o per
attività nuove in strutture accreditate per altre attività, in attesa della verifica del volume e della
qualità delle prestazioni (art. 8-quater, comma 7, del d.lgs. n. 502 del 1992). Peraltro,
conseguenza della disciplina transitoria di cui sopra, già ritenuta legittima da questa Corte sin dalla
sentenza n. 416 del 1995, è il fatto che, in attesa che si perfezioni il procedimento di verifica,
potrebbero operare, addirittura in regime di accreditamento (temporaneo o provvisorio), strutture che
poi si vedano negare, per mancanza dei requisiti, l'accreditamento definitivo o l'autorizzazione
all'esercizio di ulteriori attività sanitarie; ciò sia in ragione di difetti strutturali, sia in conseguenza
di eventuali violazioni dei tetti di spesa. Per questo, il legislatore statale ha previsto che le Regioni
avviino una procedura di accreditamento (definitivo o istituzionale) anche per le strutture
temporaneamente accreditate (art. 8-quater, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992), da concludersi
inderogabilmente entro un termine finale stabilito dalla legge. Tale termine è espressione di un
principio fondamentale che le Regioni sono tenute a rispettare, dovendosi fare salve solo quelle
discipline regionali di proroga che, in presenza di situazioni "eccezionali", lungi dal costituire
sanatoria di situazioni illegali, rappresentino un mezzo per consentire e promuovere la
regolarizzazione delle posizioni dei soggetti privati ancora aperte, senza dover procedere alla revoca
dell'autorizzazione (sentenza n. 93 del 1996). Ancora, in ordine al termine finale per il passaggio
dall'accreditamento provvisorio a quello definitivo, deve rilevarsi come, da ultimo, l'art. 1, comma
796, lettera t), della legge n. 296 del 2006, abbia previsto che tale passaggio debba avvenire entro
il 1° gennaio 2010, scadenza poi prorogata al 1° gennaio 2011 dalla legge 23 dicembre 2009, n.
191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge
finanziaria 2010), ulteriormente prorogata sino al 1° gennaio 2013 dall'art. 1 della legge 26
febbraio 2011, n. 10 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 29 dicembre 2010,
n. 225, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in
materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), mantenendo però fermo per le strutture
ospedaliere e ambulatoriali il termine già fissato del 1° gennaio 2011”.
Si deve quindi ritenere che la Regione, tenendo conto delle peculiarità del mercato
delle prestazioni sanitarie, possa stabilire criteri per l’assegnazione delle risorse alle
diverse strutture accreditate e consentire l’inserimento (anche graduale) nel mercato
di nuovi operatori in possesso di tutti i requisiti richiesti per erogare prestazioni
sanitarie in favore del servizio sanitario pubblico.
La Regione, tuttavia, non può rivolgersi, a tempo indefinito, solo ai soggetti che per
primi (con le convenzioni e poi con l’accreditamento) hanno avuto accesso al
mercato e far riferimento solo al criterio della spesa storica che evidentemente
avvantaggia solo coloro che operano in un mercato chiuso all’accesso di nuovi
operatori.
Anche ammettendo, quindi, che il mercato delle prestazioni sanitarie debba operare,
per le sue peculiarità, con un numero non illimitato di erogatori privati, e ferma
restando l’autonomia delle singole Regioni nell’indicare i criteri ritenuti migliori per
l’individuazione dei soggetti che, tenendo conto delle diverse branche di attività e
nei limiti delle risorse disponibili, possono erogare prestazioni in favore del servizio
sanitario pubblico, si devono comunque ritenere illegittime le disposizioni che, come
nella fattispecie, precludono in via generalizzata l’accreditamento con esclusivo
riferimento alla saturazione dell’offerta.
Sotto tale profilo, infatti, è sufficiente richiamare quanto già affermato dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 361 del 7 novembre 2008, secondo cui l’ingresso
di nuovi operatori privati, in possesso dei requisiti per l’accreditamento, non può
essere bloccato a tempo indeterminato, non potendo essere giustificato dall’esigenza
di contenere la spesa sanitaria, giacché tale legittimo e necessario obiettivo non può
essere conseguito a costo della violazione del principio di uguaglianza.
Del resto, occorre anche sottolineare come la giurisprudenza che si è occupata dei
limiti di legittimità del diniego di accreditamento determinato dalle disposizioni che
non consentono il rilascio di accreditamenti nuovi o definitivi nelle more
dell'adozione del provvedimento regionale di ricognizione e conseguente
rideterminazione dei fabbisogni di prestazioni sanitarie, di cui all'art. 8 quater del
d.lgs. 502 del 1992, abbia affermato che la normativa regionale non risulta affetta da
possibili profili di illegittimità costituzionale solo perché le disposizioni interessate,
sebbene prorogata, risultano temporanee e condizionate all’esercizio di funzioni
amministrative che gli interessati potevano sollecitare con i mezzi offerti
dall’ordinamento per contrastare l’inerzia della Regione (Consiglio di Stato, Sez. III,
n. 2527 del 9 maggio 2013; cfr. anche Corte Cost. n. 292/2012 “In ordine al modificato
art. 1, comma 237-sexdecies, della legge regionale n. 4 del 2011 va osservato che esso stabilisce una
procedura che dilata la tempistica per la definizione delle procedure di accreditamento definitivo, in
riferimento a talune ipotesi che riguardano accordi di riconversione di prestazioni sanitarie eccedenti
il fabbisogno sanitario regionale, ai sensi del comma 237-nonies dell'art. 1 della medesima legge.
La norma regionale censurata consente alle strutture sanitarie e socio-sanitarie ivi menzionate di
continuare ad esercitare le proprie attività in deroga al termine ultimo fissato dalla legislazione
nazionale per il passaggio dall'accreditamento provvisorio a quello definitivo. Infatti, la circostanza
che il passaggio all'accreditamento definitivo non venga condizionato al rispetto del termine del 1°
gennaio 2011 per le strutture ospedaliere e ambulatoriali (in realtà già scaduto) e del 1° gennaio
2013 per le altre strutture, così come stabilito dall'art. 1, comma 796, lettera t), della legge n. 296
del 2006, comporta la violazione di quest'ultima norma che, secondo la giurisprudenza
costituzionale le Regioni sono tenute a rispettare. Né ricorrono nella specie quelle circostanze
eccezionali che possono giustificare una deroga, in quanto la Corte medesima ha già precisato come
le deroghe regionali sul punto non possano fondarsi sull'esigenza di sanare situazioni di irregolarità,
come quelle verificatesi nel caso di specie ed evidenziate proprio dal disavanzo sanitario regionale”).
Sulla base di quanto osservato, appare evidente che la Regione Lazio avrebbe dovuto
garantire da un lato la individuazione e determinazione del fabbisogno di attività e,
dall’altro, il corretto transito dal sistema autorizzatorio a quello dell’accreditamento
istituzionale; il tutto entro limiti sostanziali e temporali certi e tali da consentire a
tutte le strutture sanitarie una seria programmazione della propria attività.
In particolare, come già osservato, il legislatore nazionale ha espressamente statuito
che dal 1 gennaio 2008 non possono essere concessi nuovi accreditamenti ai sensi
dell’art. 8 quater, D. Lgs. n.502/1992) in assenza della previa ricognizione e che le
stesse Regioni devono far cessare gli accreditamenti provvisori non confermati da
quelli definitivi a partire dal 1 gennaio 2011; ne consegue che entro il temine previsto
dalla richiamata normativa (1 gennaio 2011), la Regione avrebbe dovuto essere in
condizione di far cessare gli accreditamenti non confermati da quelli definitivi e che,
conseguentemente, avrebbe dovuto perfezionare il presupposto procedimento di
ricognizione, posto dal legislatore statale quale condizione ineludibile per l’esercizio
del potere di concedere i nuovi accreditamenti.
L’intervenuto ampliamento del termine e la sostanziale assenza di alcuna
programmazione temporale in merito alla conclusione del procedimento in esame,
al contrario, determina un sostanziale blocco degli accreditamenti per un tempo
indefinito, risultando in tal modo il diniego di accreditamento oggetto di
impugnazione in contrasto con i principi del buon andamento e di efficienza.
D’altra parte, sussiste anche la violazione del principio di eguaglianza dedotta con
riferimento alla censurata adozione da parte della Regione Lazio di provvedimenti
di proroga di accreditamenti già rilasciati per l'ingiusto vantaggio a favore dei titolari
di accreditamenti provvisori prorogati.
Per i motivi esposti, il Collegio ritiene fondato il ricorso e, conseguentemente,
annulla:
- la determinazione di cui alla nota 14 ottobre 2013 prot. n. 24550 con la quale la
Direzione Regionale Salute ed Integrazione Sociosanitaria – Area Autorizzazione e
Accreditamento – ha rigettato l’istanza di accreditamento presentata dalla ricorrente
(oggetto del I ricorso per motivi aggiunti);
- gli atti di Programmazione oggetto del III e IV motivo aggiunto nella parte in cui
non consentono – in assenza di preventiva determinazione del fabbisogno e della
conclusione del processo di accreditamento istituzionale – l’ingresso di nuovi
operatori nell’ambito del settore sanitario regionale.
Dichiara la improcedibilità – per sopravvenuta carenza di interesse – della
impugnazione del decreto del Commissario ad acta n. U00314 del 5 luglio 2013
(oggetto del ricorso introduttivo) e del decreto del Commissario ad acta n. U00480
del 6 dicembre 2013 (oggetto del II ricorso per motivi aggiunti), in considerazione
del superamento di tali atti a seguito della emanazione del decreto del Commissario
ad acta n. U00247 del 25 luglio 2014, recante “Adozione della nuova edizione dei
Programmi Operativi 2013-2015 a salvaguardia degli obiettivi strategici di Rientro dai disavanzi
sanitari della Regione Lazio”.
Da ultimo, il Collegio osserva come non possa attribuirsi alcun valore
provvedimentale alla nota prot. n. 705231 in data 18 dicembre 2014 - peraltro
impugnata dalla ricorrente con memoria notificata alle controparti - con la quale la
Direzione Regionale salute ed integrazione sociosanitaria ha fornito soltanto alcuni
chiarimenti – in un’ottica di collaborazione processuale con l’Avvocatura Regionale
– in merito alla istanza di accreditamento avanzata dalla ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in
parte, nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione e, per la restante parte lo dichiara
improcedibile.
Condanna le Amministrazioni resistenti al pagamento, in solido tra loro, delle spese
processuali nei confronti della parte ricorrente che si liquidano in complessivi Euro
5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere
Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)