Strategia e investimenti Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? Perché investire nel debito dei mercati emergenti Documento illustrativo di approfondimento che non costituisce offerta al pubblico di prodotti/servizi finanziari. Understand. Act. 2 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? Indice 4 La politica accomodante delle banche centrali nei mercati sviluppati 6 Quali segnali non devono sfuggire agli investitori? 10 Il ruolo del debito emergente in una strategia di asset allocation nel periodo che precede la normalizzazione dei tassi di interesse 11 La questione del rapporto volatilità / solvibilità 12 Che cosa è cambiato questa volta? 13 Il cerchio si chiude con il principale rischio di questo nuovo ciclo: la volatilità 14 Parliamo di liquidità, ma non come la conosciamo noi… 15 Understand. Act. Fonte dei dati, se non diversamente indicato: Thomson Reuters Datastream 3 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? In questo approfondimento, passeremo in rassegna i possibili effetti della normalizzazione dei tassi sul fixed income e, in particolare, sul debito dei mercati emergenti. La storia dimostra che ci siamo già trovati in questa situazione in passato, anche se le condizioni erano diverse. La comprensione degli eventi trascorsi può esserci d’aiuto per elaborare la strategia di asset allocation più adeguata al ciclo che ci aspetta. Greg Saichin, CIO Emerging Market Debt Affronteremo inoltre la questione del rapporto tra volatilità e solvibilità, e la conclusione sbagliata a cui spesso si giunge che la prima sia sempre un indicatore anticipatore della seconda. Per condurre questa analisi, confronteremo le probabilità implicite di default con i default effettivi al fine di estrapolare la quota di volatilità degli spread legata a un aumento dei premi di liquidità, e la quota attribuibile invece a un reale peggioramento della solvibilità dovuto a un aumento dei premi al rischio complessivi. Infine esamineremo i fattori che in passato hanno indotto cambiamenti di paradigma 4 all’interno del reddito fisso, analizzandone le differenze rispetto al ciclo attuale. La politica accomodante delle banche centrali nei mercati sviluppati Il contesto risk-on favorito dalle politiche monetarie del G3 probabilmente rimarrà accomodante almeno fino al secondo semestre 2015 negli USA e nel Regno Unito, mentre la Banca centrale europea (BCE) sta contemplando ulteriori interventi con il ricorso a un vero e proprio quantitative easing (QE) per contrastare il fenomeno della disinflazione. Pur trattandosi di una buona notizia per il reddito fisso core nel breve periodo, dopo cinque anni di financial repression sui mercati del debito si nota un certo surriscaldamento di alcuni segmenti più rischiosi che offrono rendimenti più elevati. Per sfruttare queste aree “calde” è necessario ricorrere a una gestione attiva, in grado di selezionare i titoli di credito destinati ad apprezzarsi a fronte dell’inversione di tendenza dei tassi di interesse. un possibile aumento dell’inflazione (nella speranza che i “bond vigilantes” non intervengano in forze). Di certo l’attuale paradigma è ancora valido: la financial repression sta riducendo la volatilità e comprimendo i rendimenti a livelli che non si registravano dal 2007. La Federal Reserve statunitense (Fed) appare più interessata all’andamento dell’occupazione e sta puntando a raggiungere un tasso di disoccupazione del 6%. In ogni caso, i mercati prevedono che la Fed inizierà a intervenire sui tassi nel secondo e terzo trimestre 2015. Le banche centrali di Regno Unito e USA sembrano intenzionate a inasprire i tassi di interesse in maniera graduale e moderata fino a una loro normalizzazione, al fine di proteggere la crescita ed evitare forti ondate di vendite sui mercati del debito. Si tratta di un difficile esercizio di equilibrio, attentamente orchestrato su scala globale: passo dopo passo, le banche centrali dei mercati sviluppati sono intervenute per combattere la volatilità, in modo da stimolare una ripresa economica che resta fragile rispetto agli standard storici. È un esercizio di equilibrio in quanto le banche centrali hanno il mandato di perseguire la stabilità dei prezzi, ma l’ingente debito pubblico dei rispettivi Paesi e i driver economici fondamentali limitano la loro capacità di ridurre l’indebitamento a causa del livello di maturità delle rispettive economie. In generale, il dilemma che affligge le banche centrali può essere sintetizzato come segue: A Le banche centrali possono adempiere il proprio mandato primario, vale a dire mantenere la stabilità dei prezzi, con un orientamento più aggressivo ma potenzialmente in grado di condannare l’economia alla stagnazione... B Oppure possono adoperarsi per stimolare la crescita tramite un atteggiamento accomodante per un periodo di tempo prolungato, ottenendo nel corso del processo una parziale riduzione della leva finanziaria attraverso la financial repression e i tassi negativi, ma rischiando al contempo Non tutte le banche centrali si trovano a dover affrontare le stesse sfide. La Bank of England (BoE) sembra più preoccupata dalla bolla immobiliare che pare ora si stia sgonfiando, ma ha comunque segnalato l’intenzione di iniziare a inasprire i tassi nel primo semestre 2015. Nell’Eurozona, con un’inflazione allo 0,3% (settembre 2014) a fronte di un target del 2% e gli indici dei direttori d’acquisto (PMI) in flessione, la Banca centrale europea è intervenuta tagliando i tassi di interesse fino a un livello prossimo a zero. Inoltre, la BCE ha messo in atto altre misure, fatta eccezione per un QE con acquisto di asset a titolo definitivo, quali un ulteriore taglio dei tassi repo (con tassi negativi per i depositi delle banche presso la BCE) e LTRO mirati, tenendo asciutte le polveri nel caso in cui l’inflazione continui a scendere. La Cina, l’altro motore della crescita globale, sta affrontando un processo di transizione programmata verso un’economia trainata dai consumi. Grazie a un mix di scelte politiche ortodosse e amministrative, sembra che la leadership cinese stia riuscendo a innescare una ripresa della crescita tale da permettere al Paese di raggiungere l’obiettivo del 7,5% fissato per il 2014. Da questo quadro d’insieme non emerge quindi un’economia globale tanto esuberante da richiedere un inasprimento aggressivo della politica monetaria. Anzi, lo scenario è ancora positivo, e invita gli investitori a sfruttare le strategie orientate al reddito e alla crescita. Ma è necessaria una precisazione in merito: le valutazioni degli asset obbligazionari, in particolare, stanno di nuovo iniziando ad apparire eccessive, a dispetto del ridotto rischio di coda insito in questo scenario. 5 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? Quali segnali non devono sfuggire agli investitori? 20% nel giugno 1981, anno in cui anche il tasso prime rate toccò il massimo del 21,5%. I tassi dei Treasury statunitensi a 10 anni salirono al 15,8% nel settembre 1981. Ma giocare con l’inflazione è un rischio per le banche centrali: una volta persa la credibilità in quest’ambito, gli sforzi per ricostruire la fiducia devono essere amplificati tramite un inasprimento più aggressivo, con terribili conseguenze non solo per l’economia, ma anche per i mercati. Quali saranno le tempistiche e l’entità degli interventi delle banche centrali nel caso l’inflazione si mostri in netta risalita? Si esporranno al rischio inflazionistico per stimolare la crescita e accelerare il processo di riduzione dell’indebitamento? E in quale misura le banche centrali che interverranno per ultime saranno punite dai mercati per aver sprecato tempo prezioso? A nostro parere la Fed non cadrà sulla questione dell’inflazione, e riteniamo che quanto accaduto nel 1981 rappresenti uno scenario estremo. Inoltre siamo altrettanto convinti che la Fed potrebbe prendere decisioni drastiche in presenza di un’inflazione più elevata. 1 Nell’attuale contesto, è sicuro acquistare titoli obbligazionari con duration lunga per ottenere maggiori rendimenti? Quanto risulterebbe vulnerabile tale posizione se si sbaglia a prevedere che le banche centrali decideranno di combattere l’inflazione? 2 Le asset class più rischiose nell’universo fixed income sono ancora interessanti in questo contesto (soprattutto il debito dei mercati emergenti)? La storia ci può dare indicazioni in proposito? Dare una risposta alla seconda domanda è invece più complesso. Siamo del parere che la Fed sia al momento più preoccupata di garantire la stabilità del tratto a lungo della curva, piuttosto che di quello a breve. E questo dipende dal fatto che l’ancoraggio del mercato immobiliare alla stabilità dei tassi di lungo periodo dovrebbe stimolare la spesa al consumo a fronte di un incremento del valore degli immobili. 3 Per rispondere alla prima domanda, era il 1981 quando gli USA adottarono per l’ultima volta un atteggiamento passivo (l’inflazione toccò il picco del 13,5%). Paul Volcker, l’allora Presidente della Federal Reserve, aumentò progressivamente il tasso sui Fed Funds fino a raggiungere il picco del In questo caso, l’anello debole potrebbe essere il tratto della curva a due-cinque anni, Grafico 1: Spread di rendimento dei Treasury USA a 2-5 anni - 2004-2006 6 160 140 5 120 100 4 80 3 60 40 2 20 0 1 –20 0 –40 4 /0 01 4 /0 03 4 /0 05 4 /0 07 Fed Funds Rate (%) 4 /0 09 4 /0 11 5 /0 01 5 /0 03 5 /0 05 5 /0 07 5 /0 09 5 /0 11 6 /0 01 6 /0 03 6 /0 05 2 – 5y US Treasury yield spread (bps, rhs) Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01/2004 – 06/2006 I rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente dell’andamento del tasso di cambio. 6 e come riferimento per gli eventi futuri si potrebbe prendere il 2004, anno in cui il delta di rendimento tra i due si è ridotto di 140 punti base (cfr. Grafico 1). Ciò non significa, tuttavia, che il tratto a lungo non debba essere soggetto a eventuali variazioni. Nel caso in cui i tassi a dieci anni raggiungano un tetto massimo, diciamo il 3,5% in 18 mesi, anche i tassi a 30 anni dovrebbero risalire. Ma l’entità di questo aumento dipenderà dalla portata dell’intervento della Fed nel momento in cui la banca centrale dovesse decidere di difendere tale parte della curva. L’impatto della duration sugli asset nel tratto a breve della curva dovrebbe essere contenibile in termini di distruzione del valore. da tapering” del 2013 per cercare indizi utili. Innanzitutto, ai tempi il livello dei tassi di interesse e dei Fed Funds era decisamente più alto. L’economia USA attraversava una fase di ripresa anche allora, mentre la spinta della globalizzazione era al culmine e la crescita cinese superava il 10% annuo in termini nominali. Inoltre, il rating assegnato da Standard & Poor’s (S&P) al debito dei mercati emergenti (EM) in valuta forte era compreso tra BB e BB+, facendo rientrare quest’asset class nella categoria dei prodotti speculativi. Per rispondere alla terza domanda, dobbiamo tornare con la memoria al 2004 e al “panico Gli spread del debito dei mercati emergenti sono stati oggetto di vendite massicce in linea con i Treasury decennali statunitensi (cfr. Grafico 2), per poi cambiare rotta nel momento in cui, cinque mesi dopo, le valutazioni sono diventate molto allettanti Grafico 2: Contrazione degli spread EM nell’ultimo ciclo di rialzi della Fed nel periodo 2004-2006 Grafico 3: Spread dei titoli BBB EM e Treasury decennali USA durante il “panico da tapering” 600 325 550 305 500 285 450 265 400 245 350 225 300 205 250 185 200 150 165 100 145 0 125 4 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 5 6 6 6 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 01 03 05 07 09 11 01 03 05 07 09 11 01 03 05 EMBIG spread (bps) UST 10y (bps) 3 3 3 4 4 3 4 3 3 3 3 /1 6/1 7/1 8/1 9/1 0/1 1/1 2/1 1/1 2/1 3/1 0 1 0 0 0 1 0 1 0 0 05 EMBIG BBB spread (bps) UST 10y (bps) Fed Funds Rate (bps) Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01/2004 – 05/2006. I rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente dell’andamento del tasso di cambio. Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 05/2013 – 03/2014. I rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente dell’andamento del tasso di cambio. 7 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? e gli spread hanno toccato i 550 punti base. Questo rally si è concretizzato con i tassi della Fed che hanno continuato a crescere per un altro anno. doppio rispetto a quello dei Treasury USA. Solitamente gli spread dei titoli BBB dei mercati emergenti risultano meno volatili dei rendimenti dei Treasury USA (cfr. Grafico 4). Nella fase del “panico da tapering” iniziata nell’aprile 2013, i tassi dei Treasury USA a 10 anni e gli spread dei titoli BBB EM si sono mossi in parallelo per due mesi, come illustrato nel Grafico 3. Sempre in questa fase (una prova generale in vista della normalizzazione dei tassi di interesse reali), gli spread dei titoli BBB EM (mercati emergenti) hanno segnato il picco di 265 pb in linea con i tassi dei decennali USA. Inoltre abbiamo esaminato l’andamento della volatilità sottostante dei titoli EM BBB rispetto a un tasso minimo standard dell’indice BofA Merrill Lynch BBB US corporate. Tale confronto era volto a verificare la reazione dell’indice BofA Merrill Lynch BBB US corporate durante la fase del tapering, sulla base del presupposto che l’aumento della volatilità possa essere attribuito a premi di liquidità in eccesso e al rischio idiosincratico associato alla fragilità economica. Nonostante la stabilizzazione degli spread dei mercati emergenti, i Treasury USA a dieci anni hanno continuato a salire fino a quota 305 pb. Dopo il massimo raggiunto a luglio, il debito dei mercati emergenti si è quindi stabilizzato mentre i rendimenti dei Treasury USA sono rimasti elevati per un periodo più lungo. Ne consegue che gli asset BBB dei mercati emergenti risentono maggiormente degli effetti di una normalizzazione dei tassi nella fase iniziale di questo processo, quando la correlazione è più alta. Una volta che gli spread del debito degli EM raggiungono i massimi, la correlazione tende invece a indebolirsi o a diventare negativa. La volatilità degli spread dei mercati emergenti può aumentare durante le fasi di turbolenza dei titoli di Stato USA, come già accaduto durante il “panico da tapering”, ma raramente supera un livello di volatilità Come risulta evidente nel Grafico 5, anche i normali titoli BBB hanno subito una correzione nella fase iniziale, ma la volatilità ha raggiunto il picco molto prima. L’aumento della volatilità associato al debito dei mercati emergenti è chiaramente visibile nel Grafico 6, dove a fronte di una volatilità sull’indice BofA Merrill Lynch BBB US corporate pari all’incirca a 1,0 l’annuncio del tapering ha fatto impennare il tasso di volatilità a quota 6,0. La Tabella 1 mostra la sensibilità delle variazioni dello spread EM alle oscillazioni dei Treasury USA a 10 anni. Nei primi due mesi dopo l’annuncio del tapering, la distruzione di valore implicita era intorno all’8,8%. Nel 2004, quando la Fed annunciò il proprio ciclo restrittivo l’indice JPMorgan Emerging Markets Bond Index Global (EMBIG), ai tempi Grafico 4: Raramente la volatilità EM ha raggiunto un livello superiore al doppio di quello dei Treasury USA durante il “panico da tapering” del 2013 Greater than 3 Between 2.0 and 2.5 Between 1.5 and 2.0 Between 1 and 1.5 Less than and equal to 1 0.0 % 20.0 % EM BBB spread vol to UST 10y vol ratio Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 05/2013 – 03/2014 8 40.0 % 60.0 % 80.0 % Grafico 5: Andamento dei normali titoli BBB durante il “panico da tapering” 325 305 285 265 245 225 205 185 165 145 125 3 /1 01 3 /1 02 3 /1 03 3 /1 04 3 /1 05 EMBIG BBB spread (bps) 3 /1 06 3 3 08 3 /1 /1 /1 07 09 UST 10y (bps) 3 /1 10 3 /1 11 3 /1 12 4 /1 01 4 /1 02 4 /1 03 4 /1 04 4 /1 05 4 /1 06 4 /1 07 4 /1 08 ML BBB spread (bps) Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01/2013 – 08/2014 I rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente dell’andamento del tasso di cambio. Grafico 6: Indicatore di volatilità titoli BBB EM/indice BofA Merrill Lynch BBB US corporate durante il “panico da tapering” del 2013 7.0 6.0 5.0 4.0 3.0 2.0 1.0 Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01 / 2013-07 / 2014 0.0 3 3 /1 /1 01 04 3 3 /1 /1 07 10 4 4 /1 /1 01 04 4 /1 07 Vol ratio (EM BBB / BofA Merrill Lynch BBB US corporate index) Tabella 1: Total return EM (scenario) Variazione dello spread EM (pb) US 10y –100 –75 –50 –25 0 25 50 75 100 125 150 175 200 –75 17.3 % 15.6 % 13.9 % 12.1 % 10.4 % 8.6 % 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –50 15.6 % 13.9 % 12.1 % 10.4 % 8.6 % 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –25 13.9 % 12.1 % 10.4 % 8.6 % 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % 0 12.1 % 10.4 % 8.6 % 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % 25 10.4 % 8.6 % 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % 50 8.6 % 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % 75 6.9 % 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % –14.0 % 100 5.1 % 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % –14.0 % –15.8 % 125 3.4 % 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % –14.0 % –15.8 % –17.5 % 150 1.7 % –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % –14.0 % –15.8 % –17.5 % –19.3 % 175 –0.1 % –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % –14.0 % –15.8 % –17.5 % –19.3 % –21.0 % 200 –1.8 % –3.6 % –5.3 % –7.1 % –8.8 % –10.5 % –12.3 % –14.0 % –15.8 % –17.5 % –19.3 % –21.0 % –22.7 % La colonna di sinistra riporta la variazione di rendimento dei Treasury USA a 10 anni espressa in punti base. La riga in alto riporta la variazione degli spread EM espressa in punti base. I rendimenti in tabella sono calcolati su un orizzonte di investimento di un anno. Fonte: Allianz Global Investors 9 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? il più ampio indicatore dell’andamento del debito sovrano dei mercati emergenti, si mosse di 150 pb (rispetto ai 75 pb dei decennali USA) dal momento della rilevazione iniziale, a gennaio 2013, fino al picco toccato nel luglio 2013. La correzione degli spread dell’indice EMBIG fu quindi pari al 10,5%. La differenza sostanziale tra la situazione attuale e quella precedente è che nel 2004 l’EMBIG aveva un rating BB, pertanto la volatilità degli spread sarebbe stata decisamente superiore in quel periodo. buona parte del portafoglio di mantenere una scadenza annuale ed essere reinvestita a uno spread premium superiore. Il ruolo del debito emergente in una strategia di asset allocation nel periodo che precede la normalizzazione dei tassi di interesse A nostro parere, i mercati emergenti sono nella fase centrale del ciclo secolare che li porterà a diventare parte integrante dei portafogli di investimento. Esisteranno sempre Paesi con rischi idiosincratici superiori alla media. I gestori di portafoglio possono costruire un portafoglio robusto che, pur sfruttando tutti i vantaggi dell’asset allocation nel debito dei mercati emergenti, riduca al minimo i rischi di coda tipici di determinati Paesi. A posteriori, possiamo affermare che il debito emergente ha offerto questi vantaggi anche in presenza di rischi idiosincratici maggiori rispetto a quelli odierni. Sul tratto a breve della curva è più probabile che la distruzione di valore risulti più limitata. Nella costruzione del portafoglio bisognerebbe quindi tentare di evitare questo movimento di appiattimento, prediligendo un posizionamento con duration a quattro anni. In alternativa, in un portafoglio maggiormente esposto al credito, sarebbe parimenti efficace anche una strategia di copertura attiva contro questo movimento di appiattimento, che consentirebbe a una Tabella 2: Probabilità implicita di default e default effettivi per i titoli di credito corporate EM (spread CEMBI broad) Anno Spread dell’indice delle obbligazioni corporate EM Tasso di default implicito (%) Default effettivi a cinque anni (%) 2008 9.00 % 47.4 % 5.89 % 2011 5.00 % 30.0 % 6.21 % Il tasso di recovery medio è del 30% per le obbligazioni corporate EM. I dati sui default effettivi sono stati forniti da DB. Lo spread dell’indice delle obbligazioni corporate EM è calcolato sull’indice JPMorgan CEMBI Broad. Fonte: Bloomberg, DB Research, Allianz Global Investors. Grafico 7: Distribuzione rischio/rendimento delle differenti classi del reddito fisso, 2004-14 Return (% Annualized) 12.0 Euro HY 10.0 Local Curr EM Debt EMBIG US HY 8.0 EMBIG 1-3Y 6.0 Global Gov Bonds Global Gov 1-10Y Bonds 4.0 CEMBIG EMBIG 3-5Y CMBS Fixed Rate 0-10Y A G7 Gov 1-3Y Bonds 2.0 0.0 0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0 Risk (% Annualized) Fonte: Risklab, in USD senza copertura, 01 / 2004-06 / 2014. 10 12.0 14.0 16.0 18.0 20.0 In quest’ottica, è importante comprendere la distribuzione rischio/rendimento delle differenti asset class nel lungo periodo al fine di determinare, in rapporto al profilo di rischio previsto, come conviene posizionarsi. Dal Grafico 7 emerge chiaramente che il debito dei mercati emergenti nel periodo uno-cinque anni offre un miglior indice di Sharpe rispetto alle obbligazioni globali (tratto a breve), e che i normali titoli di debito dei mercati emergenti presentano un profilo decisamente più interessante rispetto a obbligazioni globali, commercial mortgage-backed securities (CMBS) o titoli high yield (HY). La questione del rapporto volatilità/solvibilità Se la storia ci insegna qualcosa, è che a seguito della normalizzazione dei tassi dobbiamo sempre aspettarci una forte dislocazione iniziale, che dal punto di vista di un esperto di asset allocation, implica un arbitraggio derivante da valutazioni errate del rapporto tra solvibilità e volatilità. Tradizionalmente i mercati hanno sempre ritenuto che un aumento della volatilità sia indicativo di un imminente deterioramento del merito creditizio. L’improvviso rialzo della volatilità degli spread a seguito della normalizzazione potrebbe mandare segnali sbagliati a prestatori di denaro, mercati obbligazionari e fornitori che determinano il costo del capitale. All’occhio di un analista che ha esaminato il business model di una società, la sua struttura finanziaria, il profilo delle scadenze del debito e altre fonti di finanziamento, quest’improvviso aumento della volatilità degli spread dovuto a ragioni sistemiche può offrire un’opportunità eccezionale per acquistare valore sulla scia della dislocazione. La Tabella 2 ribadisce questo concetto: a livello cumulativo, i tassi di default impliciti risultano slegati dai tassi di default effettivi a cinque anni verificati ex-post. Ciò appare particolarmente evidente dal momento che alle vendite massicce di titoli BBB- registrate nel 2008 e nel 2011 non ha invece fatto seguito un particolare aumento dei tassi di default. La precedente analisi è confermata dai dati statistici regionali riferiti ai default riportati nella Tabella 3. I tassi di default effettivi più alti si sono rilevati nel segmento HY della gamma dopo la crisi della Lehman Brothers, con circa il 19% di default cumulativi a cinque anni. Tabella 3: Dati statistici sui default effettivi EM Tasso di default (%) dei titoli di debito HY EM 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 YTD 2014F Asia 16.9 % 1.3 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.4 % 0.0 % 0.6 % 9.1 % 1.5 % 0.0 % 2.2 % 1.0 % 0.0 % 1.9 % Europa EM 0.0 % 14.6 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.1 % 0.9 % 17.1 % 1.6 % 0.6 % 4.5 % 1.7 % 1.7 % 2.9 % America latina 1.5 % 24.8 % 12.3 % 0.0 % 0.0 % 0.1 % 0.0 % 4.3 % 5.7 % 1.7 % 0.8 % 2.5 % 7.5 % 0.6 % 5.9 % Regione MENA 0.0 % 0.0 % 0.0 % 12.8 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 4.7 % 1.1 % 0.0 % 0.1 % 0.0 % 0.0 % 0.8 % HY EM 7.3 % 15.4 % 6.3 % 0.1 % 0.0 % 0.2 % 0.0 % 1.9 % 10.7 % 1.6 % 0.5 % 2.7 % 3.3 % 0.7 % 3.4 % Tasso di default (%) dei titoli di debito EM 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 YTD 2014F Asia 9.6 % 0.6 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.1 % 0.0 % 0.1 % 1.9 % 0.3 % 0.0 % 0.6 % 0.3 % 0.0 % 0.5 % Europa EM 0.0 % 9.2 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.1 % 0.4 % 7.9 % 0.8 % 0.2 % 2.0 % 0.7 % 0.7 % 1.1 % America latina 1.0 % 15.0 % 6.6 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 1.9 % 2.4 % 0.7 % 0.3 % 0.8 % 2.3 % 0.2 % 1.7 % Regione MENA 0.0 % 0.0 % 0.0 % 1.4 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.9 % 0.1 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.0 % 0.1 % HY EM 4.5 % 8.1 % 3.0 % 0.1 % 0.0 % 0.1 % 0.0 % 0.7 % 3.5 % 0.5 % 0.1 % 0.9 % 1.0 % 0.2 % 1.0 % Fonte: J. P. Morgan 11 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? L’Europa emergente ha sofferto in maniera sproporzionata nel 2009, con un tasso di default effettivi del 17,1%. Che cosa è cambiato questa volta? Quali sono dunque le novità di questo ciclo rispetto al 2002-2007, e quali sono i fattori potenzialmente in grado di porre fine a questo mercato “generoso”? Da un lato, l’economia statunitense era in piena salute fino a giugno 2007, quando iniziarono a verificarsi i primi crack dei mutui sub-prime e furono posti in liquidazione due fondi molti indebitati della Bear Stearns. Al tempo le banche centrali del G7 avevano bilanci accettabili e disponevano di un margine di manovra più ampio grazie a tassi di interesse decisamente più alti di quelli odierni. Il resto è storia: il crollo dell’intera struttura provocò l’esplosione dei sub-prime, con ripercussioni sulle intricate relazioni reciproche tra gli istituti finanziari sistemici che si trovarono in mano le garanzie prive di valore lasciate da Lehman Brothers e da altri istituti. La Fed si vide quindi costretta a tagliare i tassi, mentre il Congresso USA approvò il TARP (Troubled Asset Relief Program), un programma volto a riassorbire tutti gli asset tossici detenuti dagli istituti del sistema. Il bilancio della Fed si è di conseguenza ampliato fino agli odierni 4.000 miliardi di dollari, con l’indebitamento che ha raggiunto il 108% del prodotto interno lordo. Se presumiamo che i responsabili politici globali stiano ancora smaltendo il leverage rimasto dall’ultima crisi, e che continueranno a farlo ancora per molti anni, possiamo concludere che l’economia globale sia ancora in una fase di ripresa, il che rende improbabile un ritorno ai trend di crescita antecedenti alla crisi. È proprio questo contesto ciò che differenzia radicalmente il 2014 dal 2007.Gli strumenti politici a disposizione delle banche centrali sono limitati. Malgrado ciò possiamo presumere che la maggior parte degli scheletri sia ormai fuori dall’armadio, e quindi che gli strumenti politici non dovranno gestire un altro scenario estremo. Ciò ci riporta al tema principale di questo studio: in che modo le banche centrali riusciranno ad assorbire tutta la liquidità immessa per rilanciare le rispettive economie, tramite Quantitative Easing (QE), LTRO e meccanismi di repo, senza portare grande scompiglio sui mercati obbligazionari globali? In linea teorica, l’elevato indebitamento ha interessato anche le famiglie dei mercati Grafico 8: Capacità d’intermediazione dei broker in presenza di una regolamentazione più rigorosa Dealer holdings HG trading volume, $bn 280 24 1.5 22 230 20 18 180 1.3 16 14 130 1.0 12 10 80 8 0.8 6 4 30 Jan 05 Jan 07 Jan 09 Jan 11 Jan 13 0.5 Jan 13 3 r1 Ma 3 r1 Ap Dealer holdings of 1yr+ corps (old series) CEMBI bid offer TRACE HG an HY volumes (1m avg) Pre-crisi avg daily trading volume: $12.7bn EMBIG bid offer Jun 13 3 g1 Au 3 p1 Se 3 v1 No Post-crisis avg daily trading volume: $16.5bn Fonte: J. P. Morgan 12 sviluppati (e persino di alcuni Paesi del mondo emergente), pertanto un’accelerazione della ripresa tramite i consumi appare improbabile. Ne consegue che la strada del deleveraging e di una piena ripresa sarà lunga e accuratamente orchestrata da quelle stesse banche centrali responsabili di aver inizialmente immesso tutta questa liquidità. Il ciclo precedente ci ha inoltre lasciato in eredità una regolamentazione talora macchinosa, tesa a mitigare l’esposizione sistemica dei principali istituti finanziari. Politici e autorità di regolamentazione hanno adottato queste misure per placare la rabbia pubblica dopo gli errori compiuti nella regolamentazione del rischio associato agli eccessi dei sub-prime nel periodo 2002-2007. Pur rinunciando a riapplicare il Glass-Steagall Act, le autorità di regolamentazione del G7 hanno introdotto nuove norme che hanno innalzato i requisiti patrimoniali sulle attività di trading, spingendo i derivati su borse indipendenti e innalzando i coefficienti di adeguatezza patrimoniale tramite lo schema di regolamentazione di Basilea 3. Queste nuove norme hanno però portato la bilancia a pendere dal lato opposto, in quanto hanno reso decisamente meno redditizia l’attività di trading, facendo salire i relativi costi per le banche. Si stima che oggi, in termini di intermediazione dei flussi, la capacità delle banche sia circa un terzo di quella esistente prima del 2008. Tuttavia, il fatto che i volumi siano comunque aumentati di un terzo indica che la liquidità è migrata sul buyside del mercato. Anche gli spread denaro/ lettera hanno risentito di queste limitazioni. Dall’annuncio del tapering, il livello degli spread denaro/lettera è salito in misura sostanziale nel reddito fisso dei mercati emergenti, a conferma che la mancanza di intermediazione crea una strozzatura con gravi ripercussioni sui premi di liquidità. Il cerchio si chiude con il principale rischio di questo nuovo ciclo: la volatilità Oggi la liquidità è abbondante perché il QE è riuscito a risollevare gli asset finanziari e a ridurre i premi al rischio. Tuttavia ciò ha anche spostato l’enfasi sul buy-side, con la conseguente crescita esponenziale di fondi di ogni genere. In presenza di istituzioni e investitori privati con ampia liquidità a disposizione e a caccia di rendimenti ormai quasi inesistenti, il mercato primario è al lavoro per fornire titoli con rendimenti relativi interessanti a costo di clausole contrattuali meno forti. In termini di protezione degli obbligazionisti, le operazioni effettuate tra il 2009 e il 2011 erano caratterizzate da accordi e vincoli contrattuali (covenant) di qualità nettamente superiore rispetto alla situazione odierna. Mentre una buona parte del flusso di operazioni del 2009-10 offriva covenant più solidi e una certa sicurezza, successivamente le emissioni si sono concentrate su titoli di debito junior o senior non garantiti, visto l’aumento della liquidità dovuto alla politica monetaria accomodante. Questo peggioramento della qualità è in parte imputabile alla mancanza di concorrenza sul mercato dei leveraged loan che, bloccato dopo il fallimento di Lehman Brothers, non è ripartito fino al 2010. Con lo spostamento dei vantaggi dagli acquirenti ai venditori, l’Europa in particolare ha iniziato a offrire strutture più aggressive come prestiti PIK, PIK-toggle (titoli obbligazionari i cui pagamenti di cedole avvengono tramite l’attribuzione di altri titoli dello stesso tipo) e clausole COC (cambiamento di controllo) trasferibili. Inoltre si sono compressi i premi al rischio per i diversi livelli di subordinazione, con gli investitori che ricevono premi decisamente inferiori per gradi di subordinazione più bassi. Sempre in termini di protezione, anche le nuove emissioni corporate dell’universo EM stanno subendo un indebolimento a livello di covenant. Le obbligazioni asiatiche sono emesse da strutture di holding, spesso prive di garanzia. La financial repression è stata quindi favorevole agli emittenti. Il nostro team seleziona i titoli di debito high yield più rischiosi e alcune aree più volatili del debito dei mercati emergenti in quanto consentiranno di incrementare i rendimenti nel momento in cui si concretizzerà 13 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? l’inversione di tendenza dei tassi di interesse. Anche dopo la dislocazione osservata nei mercati emergenti in dollari statunitensi a seguito dell’annuncio del tapering a maggio 2013, le valutazioni hanno recuperato terreno molto rapidamente tanto da ritornare ai livelli precedenti all’annuncio già a febbraio 2014. Ma per fortuna non mancano le buone notizie. In Europa come nel mondo emergente, i mercati high yield sono caratterizzati da società di migliore qualità con una posizione patrimoniale più solida. Saranno solo le posizioni degli obbligazionisti a deteriorarsi, se gli investitori faranno la scelta sbagliata in termini di subordinazione. A fronte di valutazioni sempre più eccessive, bisogna considerare che il nuovo paradigma di liquidità porta con sé un maggior rischio di uno shock improvviso. I dealer potrebbero infatti non riuscire ad assorbire il rischio in eccesso dovuto agli ulteriori oneri normativi e alle limitazioni al rischio imposti a seguito della crisi. In sostanza, la liquidità potrebbe implodere rapidamente qualora gli investitori non dedicati decidessero di abbandonare le partecipazioniobbligazionarienoncore, creando una strozzatura insopportabile per il mercato. Il QE e la financial repression hanno stimolato la crescita dei mercati high yield, mentre la propensione al rischio degli investitori ha fatto raddoppiare il volume delle emissioni a partire dal 2009. Parliamo di liquidità, ma non come la conosciamo noi… La liquidità globale è un driver essenziale alla base della massiccia offerta obbligazionaria odierna. Gli investitori obbligazionari globali stanno cercando di ottenere maggiori rendimenti passando ad aree come l’high yield, le obbligazioni convertibili, il reddito fisso dei mercati emergenti e altre categorie obbligazionarie alternative, un tempo di esclusiva competenza degli investitori specializzati. Una volta esauriti tutti i propri limiti di rischio, i dealer si limiteranno all’intermediazione dei flussi e al trasferimento dei titoli al miglior offerente, creando un vortice in cui tutti gli operatori sul mercato saranno in linea di massima venditori. La normalizzazione dei tassi di interesse permetterà di valutare in prospettiva il rischio idiosincratico, e cambierà radicalmente la struttura delle scadenze del premio al rischio per le differenti categorie di subordinazione. La mancanza di liquidità in uscita creerà una dislocazione di valore su tutto lo spettro a fronte di un premio di liquidità fuori controllo. La necessità di considerare un nuovo segmento crossover, per i tipici investitori obbligazionari non specializzati ha dato impulso alla compressione delle valutazioni. Chart 9: Growth in global high-yield bond markets Face Value, US $tn 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 0,0 1997 US HY 1999 2001 EU HY 2003 2005 2007 2009 EM HY Fonte: BofA Merrill Lynch Global Research, BofA Merrill Lynch Bond Indices, S&P LCD 14 2011 2013 Il nuovo paradigma di liquidità non è sfuggito all’attenzione di alcuni policy-maker, che hanno avviato un dibattito su possibili misure di protezione a favore degli investitori. Di recente, l’ex Governatore della Fed Jeremy Stein ha dichiarato che i fondi con liquidità giornaliera stanno diventando “simili a banche”, dato l’ammontare di disponibilità che hanno accumulato con il passaggio della liquidità dalle banche ai fondi. esito auspicabile, dal momento che ciò riporterebbe il tanto atteso equilibrio su un mercato che ha favorito per lungo tempo gli emittenti. Understand. Act. Confermiamo ancora una volta che nell’immediato la solvibilità non rappresenta un problema, invitando i clienti a tenere conto delle differenze tra volatilità e solvibilità quando definiscono la propria allocazione in una fase a elevata volatilità, in modo da catturare valore tramite un alto premio di liquidità. La gestione attiva è cruciale per gli investitori che intendono scegliere l’allocazione più adeguata nell’attuale contesto di instabilità. Nei precedenti capitoli di questo documento abbiamo descritto la reazione di panico che potrebbe colpire il debito dei mercati emergenti a seguito di un’inversione di rotta dei tassi USA, solitamente seguita da un rally dopo il raggiungimento del picco di volatilità degli spread all’incirca due trimestri dopo. Durante il prossimo ciclo dei tassi, nell’ambito dell’universo del debito emergente la volatilità degli spread è probabilmente destinata ad essere più bassa a livello di titoli sovrani e obbligazioni corporate Investment Grade, in quanto la qualità creditizia di tali sottosegmenti era inferiore nelle precedenti occasioni. A nostro parere, qualità creditizia, allocazione settoriale, duration e contratti obbligazionari (covenant) sono fattori importanti da considerare nell’ambito di un investimento in titoli societari finalizzato a costruire un portafoglio robusto per il futuro. Presumendo che l’inflazione resti nell’intervallo target, i titoli di credito adeguatamente selezionati nella gamma dell’high yield dovrebbero fornire buone performance anche in un contesto di aumento dei tassi. Nel complesso, gli attuali emittenti high yield appaiono, in generale, decisamente più sicuri rispetto al 2005, anno in cui venivano piantati i semi da cui è germogliata l’ultima bolla. Oggi gli emittenti dispongono di scorte e flussi di cassa reali, mentre otto anni fa si riscontrava una leva elevata per i business model meno stabili o persino discutibili. Alcuni acquirenti potrebbero lasciare il mercato a causa della flessione dei prezzi e dello sviluppo di questo processo; tuttavia si tratta di un Inoltre condividiamo la tesi secondo cui la normalizzazione dei tassi è probabilmente destinata ad essere un processo pilotato e prolungato, il cui picco risulterà più basso rispetto alle precedenti normalizzazioni. Con l’aumento dei premi di liquidità, molti investitori potrebbero fare di nuovo confusione fra i due concetti giungendo alla conclusione che i titoli di credito oggetto di correzioni significative stiano subendo un peggioramento a livello di fondamentali. È proprio a questo punto che la capacità di sopportare la volatilità consente agli investitori di ottenere guadagni nel lungo periodo. La comprensione del rischio di credito in un contesto di crescente volatilità genera opportunità per quegli investitori che colgono la differenza tra solvibilità e volatilità. La gestione del portafoglio dovrebbe identificare con precisione quale parte della curva risulterà probabilmente più esposta a un trend di appiattimento ed effettuare le opportune coperture. I gestori dovrebbero indicare apertamente ai propri clienti quali sono i rischi e le opportunità che derivano dalla possibilità di cogliere valore attraverso un premio di liquidità sempre più elevato che non comporta maggiori rischi di solvibilità. Siamo orientati verso gli asset caratterizzati da una duration più breve, con una particolare attenzione alla selezione dei titoli di credito, e verso asset con una duration più lunga che offrono valore nella fase che precede la normalizzazione dei tassi. 15 Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità? 16 L’investimento implica dei rischi. Il valore di un investimento e il reddito che ne deriva possono aumentare così come diminuire e, al momento del rimborso, l’investitore potrebbe non ricevere l’importo originariamente investito. I rendimenti passati non sono indicativi dei quelli futuri. Se la valuta in cui sono espressi i rendimenti passati differisce dalla valuta del paese di residenza dell’investitore, quest’ultimo potrebbe essere penalizzato dalle fluttuazioni dei tassi di cambio fra la propria valuta e quella di denominazione dei rendimenti al momento di un’eventuale conversione. Le informazioni e le opinioni espresse nel presente documento, soggette a variare senza preavviso nel tempo, sono quelle della società che lo ha redatto o delle società collegate, al momento della redazione del documento medesimo. 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