A tutti docenti Ai genitori Agli alunni

Strategia e investimenti
Lo scenario di tassi
di interesse bassi è
prossimo alla fine… o no?
Minaccia o opportunità?
Perché investire nel debito dei
mercati emergenti
Documento illustrativo di approfondimento che non costituisce offerta al
pubblico di prodotti/servizi finanziari.
Understand. Act.
2
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
Indice
4
La politica accomodante delle banche centrali
nei mercati sviluppati
6
Quali segnali non devono sfuggire agli
investitori?
10 Il ruolo del debito emergente in una strategia
di asset allocation nel periodo che precede la
normalizzazione dei tassi di interesse
11 La questione del rapporto volatilità / solvibilità
12 Che cosa è cambiato questa volta?
13 Il cerchio si chiude con il principale rischio di
questo nuovo ciclo: la volatilità
14 Parliamo di liquidità, ma non come la
conosciamo noi…
15 Understand. Act.
Fonte dei dati, se non diversamente indicato:
Thomson Reuters Datastream
3
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
Lo scenario di tassi di interesse
bassi è prossimo alla fine… o no?
Minaccia o opportunità?
In questo approfondimento, passeremo in rassegna i possibili
effetti della normalizzazione dei tassi sul fixed income e, in
particolare, sul debito dei mercati emergenti. La storia dimostra
che ci siamo già trovati in questa situazione in passato, anche
se le condizioni erano diverse. La comprensione degli eventi
trascorsi può esserci d’aiuto per elaborare la strategia di asset
allocation più adeguata al ciclo che ci aspetta.
Greg Saichin,
CIO Emerging Market Debt
Affronteremo inoltre la questione del
rapporto tra volatilità e solvibilità, e la
conclusione sbagliata a cui spesso si giunge
che la prima sia sempre un indicatore
anticipatore della seconda. Per condurre
questa analisi, confronteremo le probabilità
implicite di default con i default effettivi al
fine di estrapolare la quota di volatilità degli
spread legata a un aumento dei premi di
liquidità, e la quota attribuibile invece a un
reale peggioramento della solvibilità dovuto a
un aumento dei premi al rischio complessivi.
Infine esamineremo i fattori che in passato
hanno indotto cambiamenti di paradigma
4
all’interno del reddito fisso, analizzandone le
differenze rispetto al ciclo attuale.
La politica accomodante delle
banche centrali nei mercati
sviluppati
Il contesto risk-on favorito dalle politiche
monetarie del G3 probabilmente rimarrà
accomodante almeno fino al secondo
semestre 2015 negli USA e nel Regno Unito,
mentre la Banca centrale europea (BCE)
sta contemplando ulteriori interventi con
il ricorso a un vero e proprio quantitative
easing (QE) per contrastare il fenomeno
della disinflazione. Pur trattandosi di una
buona notizia per il reddito fisso core nel
breve periodo, dopo cinque anni di financial
repression sui mercati del debito si nota un
certo surriscaldamento di alcuni segmenti
più rischiosi che offrono rendimenti più
elevati. Per sfruttare queste aree “calde” è
necessario ricorrere a una gestione attiva, in
grado di selezionare i titoli di credito destinati
ad apprezzarsi a fronte dell’inversione di
tendenza dei tassi di interesse.
un possibile aumento dell’inflazione (nella
speranza che i “bond vigilantes” non
intervengano in forze).
Di certo l’attuale paradigma è ancora valido: la
financial repression sta riducendo la volatilità e
comprimendo i rendimenti a livelli che non si
registravano dal 2007.
La Federal Reserve statunitense (Fed) appare
più interessata all’andamento dell’occupazione
e sta puntando a raggiungere un tasso di
disoccupazione del 6%. In ogni caso, i mercati
prevedono che la Fed inizierà a intervenire sui
tassi nel secondo e terzo trimestre 2015.
Le banche centrali di Regno Unito e USA
sembrano intenzionate a inasprire i tassi di
interesse in maniera graduale e moderata
fino a una loro normalizzazione, al fine di
proteggere la crescita ed evitare forti ondate
di vendite sui mercati del debito. Si tratta di un
difficile esercizio di equilibrio, attentamente
orchestrato su scala globale: passo dopo
passo, le banche centrali dei mercati
sviluppati sono intervenute per combattere
la volatilità, in modo da stimolare una ripresa
economica che resta fragile rispetto agli
standard storici. È un esercizio di equilibrio in
quanto le banche centrali hanno il mandato di
perseguire la stabilità dei prezzi, ma l’ingente
debito pubblico dei rispettivi Paesi e i driver
economici fondamentali limitano la loro
capacità di ridurre l’indebitamento a causa del
livello di maturità delle rispettive economie.
In generale, il dilemma che affligge le banche
centrali può essere sintetizzato come segue:
A
Le banche centrali possono adempiere
il proprio mandato primario, vale
a dire mantenere la stabilità dei prezzi,
con un orientamento più aggressivo ma
potenzialmente in grado di condannare
l’economia alla stagnazione...
B
Oppure possono adoperarsi per
stimolare la crescita tramite un
atteggiamento accomodante per un periodo
di tempo prolungato, ottenendo nel corso
del processo una parziale riduzione della leva
finanziaria attraverso la financial repression
e i tassi negativi, ma rischiando al contempo
Non tutte le banche centrali si trovano a
dover affrontare le stesse sfide. La Bank of
England (BoE) sembra più preoccupata
dalla bolla immobiliare che pare ora si stia
sgonfiando, ma ha comunque segnalato
l’intenzione di iniziare a inasprire i tassi nel
primo semestre 2015.
Nell’Eurozona, con un’inflazione allo 0,3%
(settembre 2014) a fronte di un target del
2% e gli indici dei direttori d’acquisto (PMI)
in flessione, la Banca centrale europea è
intervenuta tagliando i tassi di interesse fino
a un livello prossimo a zero. Inoltre, la BCE ha
messo in atto altre misure, fatta eccezione per
un QE con acquisto di asset a titolo definitivo,
quali un ulteriore taglio dei tassi repo (con
tassi negativi per i depositi delle banche
presso la BCE) e LTRO mirati, tenendo asciutte
le polveri nel caso in cui l’inflazione continui
a scendere.
La Cina, l’altro motore della crescita globale,
sta affrontando un processo di transizione
programmata verso un’economia trainata dai
consumi. Grazie a un mix di scelte politiche
ortodosse e amministrative, sembra che la
leadership cinese stia riuscendo a innescare
una ripresa della crescita tale da permettere
al Paese di raggiungere l’obiettivo del 7,5%
fissato per il 2014.
Da questo quadro d’insieme non emerge
quindi un’economia globale tanto esuberante
da richiedere un inasprimento aggressivo
della politica monetaria. Anzi, lo scenario
è ancora positivo, e invita gli investitori a
sfruttare le strategie orientate al reddito e alla
crescita. Ma è necessaria una precisazione in
merito: le valutazioni degli asset obbligazionari, in particolare, stanno di nuovo iniziando
ad apparire eccessive, a dispetto del ridotto
rischio di coda insito in questo scenario.
5
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
Quali segnali non devono sfuggire
agli investitori?
20% nel giugno 1981, anno in cui anche il
tasso prime rate toccò il massimo del 21,5%.
I tassi dei Treasury statunitensi a 10 anni
salirono al 15,8% nel settembre 1981. Ma
giocare con l’inflazione è un rischio per le
banche centrali: una volta persa la credibilità
in quest’ambito, gli sforzi per ricostruire la
fiducia devono essere amplificati tramite
un inasprimento più aggressivo, con terribili
conseguenze non solo per l’economia, ma
anche per i mercati.
Quali saranno le tempistiche e l’entità
degli interventi delle banche centrali nel
caso l’inflazione si mostri in netta risalita?
Si esporranno al rischio inflazionistico per
stimolare la crescita e accelerare il processo
di riduzione dell’indebitamento? E in quale
misura le banche centrali che interverranno
per ultime saranno punite dai mercati per
aver sprecato tempo prezioso?
A nostro parere la Fed non cadrà sulla
questione dell’inflazione, e riteniamo che
quanto accaduto nel 1981 rappresenti
uno scenario estremo. Inoltre siamo
altrettanto convinti che la Fed potrebbe
prendere decisioni drastiche in presenza di
un’inflazione più elevata.
1
Nell’attuale contesto, è sicuro acquistare titoli obbligazionari con duration lunga
per ottenere maggiori rendimenti? Quanto
risulterebbe vulnerabile tale posizione se si
sbaglia a prevedere che le banche centrali
decideranno di combattere l’inflazione?
2
Le asset class più rischiose nell’universo fixed income sono ancora interessanti
in questo contesto (soprattutto il debito dei
mercati emergenti)? La storia ci può dare
indicazioni in proposito?
Dare una risposta alla seconda domanda
è invece più complesso. Siamo del parere
che la Fed sia al momento più preoccupata
di garantire la stabilità del tratto a lungo
della curva, piuttosto che di quello a breve. E
questo dipende dal fatto che l’ancoraggio del
mercato immobiliare alla stabilità dei tassi di
lungo periodo dovrebbe stimolare la spesa al
consumo a fronte di un incremento del valore
degli immobili.
3
Per rispondere alla prima domanda, era il 1981 quando gli USA adottarono
per l’ultima volta un atteggiamento passivo
(l’inflazione toccò il picco del 13,5%). Paul
Volcker, l’allora Presidente della Federal
Reserve, aumentò progressivamente il tasso
sui Fed Funds fino a raggiungere il picco del
In questo caso, l’anello debole potrebbe
essere il tratto della curva a due-cinque anni,
Grafico 1: Spread di rendimento dei Treasury USA a 2-5 anni - 2004-2006
6
160
140
5
120
100
4
80
3
60
40
2
20
0
1
–20
0
–40
4
/0
01
4
/0
03
4
/0
05
4
/0
07
Fed Funds Rate (%)
4
/0
09
4
/0
11
5
/0
01
5
/0
03
5
/0
05
5
/0
07
5
/0
09
5
/0
11
6
/0
01
6
/0
03
6
/0
05
2 – 5y US Treasury yield spread (bps, rhs)
Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01/2004 – 06/2006
I rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente dell’andamento
del tasso di cambio.
6
e come riferimento per gli eventi futuri si
potrebbe prendere il 2004, anno in cui il delta
di rendimento tra i due si è ridotto di 140
punti base (cfr. Grafico 1). Ciò non significa,
tuttavia, che il tratto a lungo non debba essere
soggetto a eventuali variazioni. Nel caso in
cui i tassi a dieci anni raggiungano un tetto
massimo, diciamo il 3,5% in 18 mesi, anche i
tassi a 30 anni dovrebbero risalire. Ma l’entità
di questo aumento dipenderà dalla portata
dell’intervento della Fed nel momento in
cui la banca centrale dovesse decidere di
difendere tale parte della curva. L’impatto
della duration sugli asset nel tratto a breve
della curva dovrebbe essere contenibile in
termini di distruzione del valore.
da tapering” del 2013 per cercare indizi utili.
Innanzitutto, ai tempi il livello dei tassi di
interesse e dei Fed Funds era decisamente più
alto. L’economia USA attraversava una fase
di ripresa anche allora, mentre la spinta della
globalizzazione era al culmine e la crescita
cinese superava il 10% annuo in termini
nominali. Inoltre, il rating assegnato da
Standard & Poor’s (S&P) al debito dei mercati
emergenti (EM) in valuta forte era compreso
tra BB e BB+, facendo rientrare quest’asset
class nella categoria dei prodotti speculativi.
Per rispondere alla terza domanda, dobbiamo
tornare con la memoria al 2004 e al “panico
Gli spread del debito dei mercati emergenti
sono stati oggetto di vendite massicce in
linea con i Treasury decennali statunitensi
(cfr. Grafico 2), per poi cambiare rotta
nel momento in cui, cinque mesi dopo, le
valutazioni sono diventate molto allettanti
Grafico 2: Contrazione degli spread EM
nell’ultimo ciclo di rialzi della Fed nel
periodo 2004-2006
Grafico 3: Spread dei titoli BBB EM e
Treasury decennali USA durante il
“panico da tapering”
600
325
550
305
500
285
450
265
400
245
350
225
300
205
250
185
200
150
165
100
145
0
125
4 4 4 4 4 4 5 5 5 5 5 5 6 6 6
/0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0 /0
01 03 05 07 09 11 01 03 05 07 09 11 01 03 05
EMBIG spread (bps)
UST 10y (bps)
3
3
3
4
4
3
4
3
3
3
3
/1 6/1 7/1 8/1 9/1 0/1 1/1 2/1 1/1 2/1 3/1
0
1
0
0
0
1
0
1
0
0
05
EMBIG BBB spread (bps)
UST 10y (bps)
Fed Funds Rate (bps)
Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01/2004 –
05/2006. I rendimenti passati non sono necessariamente
indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente
dell’andamento del tasso di cambio.
Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 05/2013 –
03/2014. I rendimenti passati non sono necessariamente
indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente
dell’andamento del tasso di cambio.
7
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
e gli spread hanno toccato i 550 punti base.
Questo rally si è concretizzato con i tassi della
Fed che hanno continuato a crescere per un
altro anno.
doppio rispetto a quello dei Treasury USA.
Solitamente gli spread dei titoli BBB dei
mercati emergenti risultano meno volatili dei
rendimenti dei Treasury USA (cfr. Grafico 4).
Nella fase del “panico da tapering” iniziata
nell’aprile 2013, i tassi dei Treasury USA
a 10 anni e gli spread dei titoli BBB EM si
sono mossi in parallelo per due mesi, come
illustrato nel Grafico 3. Sempre in questa
fase (una prova generale in vista della
normalizzazione dei tassi di interesse reali), gli
spread dei titoli BBB EM (mercati emergenti)
hanno segnato il picco di 265 pb in linea con i
tassi dei decennali USA.
Inoltre abbiamo esaminato l’andamento della
volatilità sottostante dei titoli EM BBB rispetto
a un tasso minimo standard dell’indice
BofA Merrill Lynch BBB US corporate. Tale
confronto era volto a verificare la reazione
dell’indice BofA Merrill Lynch BBB US
corporate durante la fase del tapering, sulla
base del presupposto che l’aumento della
volatilità possa essere attribuito a premi di
liquidità in eccesso e al rischio idiosincratico
associato alla fragilità economica.
Nonostante la stabilizzazione degli spread
dei mercati emergenti, i Treasury USA a dieci
anni hanno continuato a salire fino a quota
305 pb. Dopo il massimo raggiunto a luglio,
il debito dei mercati emergenti si è quindi
stabilizzato mentre i rendimenti dei Treasury
USA sono rimasti elevati per un periodo
più lungo.
Ne consegue che gli asset BBB dei mercati
emergenti risentono maggiormente degli
effetti di una normalizzazione dei tassi nella
fase iniziale di questo processo, quando la
correlazione è più alta. Una volta che gli
spread del debito degli EM raggiungono
i massimi, la correlazione tende invece a
indebolirsi o a diventare negativa.
La volatilità degli spread dei mercati
emergenti può aumentare durante le fasi di
turbolenza dei titoli di Stato USA, come già
accaduto durante il “panico da tapering”,
ma raramente supera un livello di volatilità
Come risulta evidente nel Grafico 5, anche
i normali titoli BBB hanno subito una
correzione nella fase iniziale, ma la volatilità
ha raggiunto il picco molto prima.
L’aumento della volatilità associato al debito
dei mercati emergenti è chiaramente
visibile nel Grafico 6, dove a fronte di una
volatilità sull’indice BofA Merrill Lynch BBB
US corporate pari all’incirca a 1,0 l’annuncio
del tapering ha fatto impennare il tasso di
volatilità a quota 6,0.
La Tabella 1 mostra la sensibilità delle
variazioni dello spread EM alle oscillazioni dei
Treasury USA a 10 anni. Nei primi due mesi
dopo l’annuncio del tapering, la distruzione di
valore implicita era intorno all’8,8%.
Nel 2004, quando la Fed annunciò il proprio
ciclo restrittivo l’indice JPMorgan Emerging
Markets Bond Index Global (EMBIG), ai tempi
Grafico 4: Raramente la volatilità EM ha raggiunto un livello superiore al doppio di quello
dei Treasury USA durante il “panico da tapering” del 2013
Greater than 3
Between 2.0 and 2.5
Between 1.5 and 2.0
Between 1 and 1.5
Less than and equal to 1
0.0 %
20.0 %
EM BBB spread vol to UST 10y vol ratio
Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 05/2013 – 03/2014
8
40.0 %
60.0 %
80.0 %
Grafico 5: Andamento dei normali titoli BBB durante il “panico da tapering”
325
305
285
265
245
225
205
185
165
145
125
3
/1
01
3
/1
02
3
/1
03
3
/1
04
3
/1
05
EMBIG BBB spread (bps)
3
/1
06
3
3
08
3
/1
/1
/1
07
09
UST 10y (bps)
3
/1
10
3
/1
11
3
/1
12
4
/1
01
4
/1
02
4
/1
03
4
/1
04
4
/1
05
4
/1
06
4
/1
07
4
/1
08
ML BBB spread (bps)
Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01/2013 – 08/2014
I rendimenti passati non sono necessariamente indicativi di quelli futuri e possono risentire negativamente dell’andamento
del tasso di cambio.
Grafico 6: Indicatore di volatilità titoli BBB EM/indice BofA Merrill Lynch BBB US corporate
durante il “panico da tapering” del 2013
7.0
6.0
5.0
4.0
3.0
2.0
1.0
Fonte: Bloomberg, Allianz Global Investors, 01 / 2013-07 / 2014
0.0
3
3
/1
/1
01
04
3
3
/1
/1
07
10
4
4
/1
/1
01
04
4
/1
07
Vol ratio (EM BBB / BofA Merrill Lynch BBB US corporate index)
Tabella 1: Total return EM (scenario)
Variazione dello spread EM (pb)
US 10y
–100
–75
–50
–25
0
25
50
75
100
125
150
175
200
–75
17.3 %
15.6 %
13.9 %
12.1 %
10.4 %
8.6 %
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–50
15.6 %
13.9 %
12.1 %
10.4 %
8.6 %
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–25
13.9 %
12.1 %
10.4 %
8.6 %
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
0
12.1 %
10.4 %
8.6 %
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
25
10.4 %
8.6 %
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
50
8.6 %
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
75
6.9 %
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
–14.0 %
100
5.1 %
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
–14.0 %
–15.8 %
125
3.4 %
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
–14.0 %
–15.8 %
–17.5 %
150
1.7 %
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
–14.0 %
–15.8 %
–17.5 %
–19.3 %
175
–0.1 %
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
–14.0 %
–15.8 %
–17.5 %
–19.3 %
–21.0 %
200
–1.8 %
–3.6 %
–5.3 %
–7.1 %
–8.8 %
–10.5 %
–12.3 %
–14.0 %
–15.8 %
–17.5 %
–19.3 %
–21.0 %
–22.7 %
La colonna di sinistra riporta la variazione di rendimento dei Treasury USA a 10 anni espressa in punti base.
La riga in alto riporta la variazione degli spread EM espressa in punti base. I rendimenti in tabella sono calcolati su un orizzonte di investimento di un anno.
Fonte: Allianz Global Investors
9
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
il più ampio indicatore dell’andamento
del debito sovrano dei mercati emergenti,
si mosse di 150 pb (rispetto ai 75 pb dei
decennali USA) dal momento della rilevazione
iniziale, a gennaio 2013, fino al picco toccato
nel luglio 2013. La correzione degli spread
dell’indice EMBIG fu quindi pari al 10,5%.
La differenza sostanziale tra la situazione
attuale e quella precedente è che nel
2004 l’EMBIG aveva un rating BB, pertanto
la volatilità degli spread sarebbe stata
decisamente superiore in quel periodo.
buona parte del portafoglio di mantenere una
scadenza annuale ed essere reinvestita a uno
spread premium superiore.
Il ruolo del debito emergente in una
strategia di asset allocation nel
periodo che precede la normalizzazione dei tassi di interesse
A nostro parere, i mercati emergenti sono
nella fase centrale del ciclo secolare che
li porterà a diventare parte integrante dei
portafogli di investimento. Esisteranno
sempre Paesi con rischi idiosincratici
superiori alla media. I gestori di portafoglio
possono costruire un portafoglio robusto
che, pur sfruttando tutti i vantaggi dell’asset
allocation nel debito dei mercati emergenti,
riduca al minimo i rischi di coda tipici di
determinati Paesi. A posteriori, possiamo
affermare che il debito emergente ha
offerto questi vantaggi anche in presenza di
rischi idiosincratici maggiori rispetto a quelli
odierni.
Sul tratto a breve della curva è più probabile
che la distruzione di valore risulti più
limitata. Nella costruzione del portafoglio
bisognerebbe quindi tentare di evitare questo
movimento di appiattimento, prediligendo
un posizionamento con duration a quattro
anni. In alternativa, in un portafoglio
maggiormente esposto al credito, sarebbe
parimenti efficace anche una strategia di
copertura attiva contro questo movimento
di appiattimento, che consentirebbe a una
Tabella 2: Probabilità implicita di default e default effettivi per i titoli di credito corporate
EM (spread CEMBI broad)
Anno
Spread dell’indice delle
obbligazioni corporate EM
Tasso di default implicito (%)
Default effettivi a cinque anni (%)
2008
9.00 %
47.4 %
5.89 %
2011
5.00 %
30.0 %
6.21 %
Il tasso di recovery medio è del 30% per le obbligazioni corporate EM. I dati sui default effettivi sono stati forniti da DB.
Lo spread dell’indice delle obbligazioni corporate EM è calcolato sull’indice JPMorgan CEMBI Broad.
Fonte: Bloomberg, DB Research, Allianz Global Investors.
Grafico 7: Distribuzione rischio/rendimento delle differenti classi del reddito fisso, 2004-14
Return (% Annualized)
12.0
Euro HY
10.0
Local Curr EM Debt
EMBIG
US HY
8.0
EMBIG 1-3Y
6.0
Global Gov Bonds
Global Gov 1-10Y
Bonds
4.0
CEMBIG
EMBIG 3-5Y
CMBS Fixed Rate
0-10Y A
G7 Gov 1-3Y Bonds
2.0
0.0
0.0
2.0
4.0
6.0
8.0
10.0
Risk (% Annualized)
Fonte: Risklab, in USD senza copertura, 01 / 2004-06 / 2014.
10
12.0
14.0
16.0
18.0
20.0
In quest’ottica, è importante comprendere
la distribuzione rischio/rendimento delle
differenti asset class nel lungo periodo al fine
di determinare, in rapporto al profilo di rischio
previsto, come conviene posizionarsi.
Dal Grafico 7 emerge chiaramente che il debito
dei mercati emergenti nel periodo uno-cinque
anni offre un miglior indice di Sharpe rispetto
alle obbligazioni globali (tratto a breve), e che
i normali titoli di debito dei mercati emergenti
presentano un profilo decisamente più
interessante rispetto a obbligazioni globali,
commercial mortgage-backed securities
(CMBS) o titoli high yield (HY).
La questione del rapporto
volatilità/solvibilità
Se la storia ci insegna qualcosa, è che a
seguito della normalizzazione dei tassi
dobbiamo sempre aspettarci una forte
dislocazione iniziale, che dal punto di vista
di un esperto di asset allocation, implica
un arbitraggio derivante da valutazioni
errate del rapporto tra solvibilità e volatilità.
Tradizionalmente i mercati hanno sempre
ritenuto che un aumento della volatilità sia
indicativo di un imminente deterioramento
del merito creditizio. L’improvviso rialzo
della volatilità degli spread a seguito della
normalizzazione potrebbe mandare segnali
sbagliati a prestatori di denaro, mercati
obbligazionari e fornitori che determinano
il costo del capitale. All’occhio di un analista
che ha esaminato il business model di una
società, la sua struttura finanziaria, il profilo
delle scadenze del debito e altre fonti di
finanziamento, quest’improvviso aumento
della volatilità degli spread dovuto a ragioni
sistemiche può offrire un’opportunità
eccezionale per acquistare valore sulla scia
della dislocazione.
La Tabella 2 ribadisce questo concetto: a
livello cumulativo, i tassi di default impliciti
risultano slegati dai tassi di default effettivi
a cinque anni verificati ex-post. Ciò appare
particolarmente evidente dal momento che
alle vendite massicce di titoli BBB- registrate
nel 2008 e nel 2011 non ha invece fatto seguito
un particolare aumento dei tassi di default.
La precedente analisi è confermata dai dati
statistici regionali riferiti ai default riportati
nella Tabella 3. I tassi di default effettivi più
alti si sono rilevati nel segmento HY della
gamma dopo la crisi della Lehman Brothers,
con circa il 19% di default cumulativi a cinque
anni.
Tabella 3: Dati statistici sui default effettivi EM
Tasso di
default (%)
dei titoli di
debito HY EM
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
YTD
2014F
Asia
16.9 %
1.3 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.4 %
0.0 %
0.6 %
9.1 %
1.5 %
0.0 %
2.2 %
1.0 %
0.0 %
1.9 %
Europa EM
0.0 %
14.6 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.1 %
0.9 %
17.1 %
1.6 %
0.6 %
4.5 %
1.7 %
1.7 %
2.9 %
America latina
1.5 %
24.8 %
12.3 %
0.0 %
0.0 %
0.1 %
0.0 %
4.3 %
5.7 %
1.7 %
0.8 %
2.5 %
7.5 %
0.6 %
5.9 %
Regione MENA
0.0 %
0.0 %
0.0 %
12.8 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
4.7 %
1.1 %
0.0 %
0.1 %
0.0 %
0.0 %
0.8 %
HY EM
7.3 %
15.4 %
6.3 %
0.1 %
0.0 %
0.2 %
0.0 %
1.9 %
10.7 %
1.6 %
0.5 %
2.7 %
3.3 %
0.7 %
3.4 %
Tasso di
default (%)
dei titoli di
debito EM
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
YTD
2014F
Asia
9.6 %
0.6 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.1 %
0.0 %
0.1 %
1.9 %
0.3 %
0.0 %
0.6 %
0.3 %
0.0 %
0.5 %
Europa EM
0.0 %
9.2 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.1 %
0.4 %
7.9 %
0.8 %
0.2 %
2.0 %
0.7 %
0.7 %
1.1 %
America latina
1.0 %
15.0 %
6.6 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
1.9 %
2.4 %
0.7 %
0.3 %
0.8 %
2.3 %
0.2 %
1.7 %
Regione MENA
0.0 %
0.0 %
0.0 %
1.4 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.9 %
0.1 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.0 %
0.1 %
HY EM
4.5 %
8.1 %
3.0 %
0.1 %
0.0 %
0.1 %
0.0 %
0.7 %
3.5 %
0.5 %
0.1 %
0.9 %
1.0 %
0.2 %
1.0 %
Fonte: J. P. Morgan
11
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
L’Europa emergente ha sofferto in maniera
sproporzionata nel 2009, con un tasso di
default effettivi del 17,1%.
Che cosa è cambiato questa volta?
Quali sono dunque le novità di questo ciclo
rispetto al 2002-2007, e quali sono i fattori
potenzialmente in grado di porre fine a
questo mercato “generoso”?
Da un lato, l’economia statunitense era in
piena salute fino a giugno 2007, quando
iniziarono a verificarsi i primi crack dei mutui
sub-prime e furono posti in liquidazione due
fondi molti indebitati della Bear Stearns.
Al tempo le banche centrali del G7 avevano
bilanci accettabili e disponevano di un
margine di manovra più ampio grazie a tassi
di interesse decisamente più alti di quelli
odierni. Il resto è storia: il crollo dell’intera
struttura provocò l’esplosione dei sub-prime,
con ripercussioni sulle intricate relazioni
reciproche tra gli istituti finanziari sistemici
che si trovarono in mano le garanzie prive
di valore lasciate da Lehman Brothers e da
altri istituti. La Fed si vide quindi costretta
a tagliare i tassi, mentre il Congresso USA
approvò il TARP (Troubled Asset Relief
Program), un programma volto a riassorbire
tutti gli asset tossici detenuti dagli istituti
del sistema. Il bilancio della Fed si è di
conseguenza ampliato fino agli odierni 4.000
miliardi di dollari, con l’indebitamento che ha
raggiunto il 108% del prodotto interno lordo.
Se presumiamo che i responsabili politici
globali stiano ancora smaltendo il leverage
rimasto dall’ultima crisi, e che continueranno
a farlo ancora per molti anni, possiamo
concludere che l’economia globale sia ancora
in una fase di ripresa, il che rende improbabile
un ritorno ai trend di crescita antecedenti
alla crisi.
È proprio questo contesto ciò che differenzia
radicalmente il 2014 dal 2007.Gli strumenti
politici a disposizione delle banche centrali
sono limitati. Malgrado ciò possiamo
presumere che la maggior parte degli
scheletri sia ormai fuori dall’armadio, e quindi
che gli strumenti politici non dovranno gestire
un altro scenario estremo.
Ciò ci riporta al tema principale di questo
studio: in che modo le banche centrali
riusciranno ad assorbire tutta la liquidità
immessa per rilanciare le rispettive economie,
tramite Quantitative Easing (QE), LTRO e
meccanismi di repo, senza portare grande
scompiglio sui mercati obbligazionari globali?
In linea teorica, l’elevato indebitamento ha
interessato anche le famiglie dei mercati
Grafico 8: Capacità d’intermediazione dei broker in presenza di una regolamentazione
più rigorosa
Dealer holdings
HG trading volume, $bn
280
24
1.5
22
230
20
18
180
1.3
16
14
130
1.0
12
10
80
8
0.8
6
4
30
Jan 05
Jan 07
Jan 09
Jan 11
Jan 13
0.5
Jan
13
3
r1
Ma
3
r1
Ap
Dealer holdings of 1yr+ corps (old series)
CEMBI bid offer
TRACE HG an HY volumes (1m avg)
Pre-crisi avg daily trading volume: $12.7bn
EMBIG bid offer
Jun
13
3
g1
Au
3
p1
Se
3
v1
No
Post-crisis avg daily trading volume: $16.5bn
Fonte: J. P. Morgan
12
sviluppati (e persino di alcuni Paesi del mondo
emergente), pertanto un’accelerazione
della ripresa tramite i consumi appare
improbabile. Ne consegue che la strada del
deleveraging e di una piena ripresa sarà
lunga e accuratamente orchestrata da quelle
stesse banche centrali responsabili di aver
inizialmente immesso tutta questa liquidità.
Il ciclo precedente ci ha inoltre lasciato
in eredità una regolamentazione talora
macchinosa, tesa a mitigare l’esposizione
sistemica dei principali istituti finanziari.
Politici e autorità di regolamentazione hanno
adottato queste misure per placare la rabbia
pubblica dopo gli errori compiuti nella
regolamentazione del rischio associato agli
eccessi dei sub-prime nel periodo 2002-2007.
Pur rinunciando a riapplicare il Glass-Steagall
Act, le autorità di regolamentazione del G7
hanno introdotto nuove norme che hanno
innalzato i requisiti patrimoniali sulle attività
di trading, spingendo i derivati su borse indipendenti e innalzando i coefficienti di adeguatezza
patrimoniale tramite lo schema di regolamentazione di Basilea 3. Queste nuove norme hanno
però portato la bilancia a pendere dal lato
opposto, in quanto hanno reso decisamente
meno redditizia l’attività di trading, facendo
salire i relativi costi per le banche.
Si stima che oggi, in termini di
intermediazione dei flussi, la capacità delle
banche sia circa un terzo di quella esistente
prima del 2008. Tuttavia, il fatto che i volumi
siano comunque aumentati di un terzo
indica che la liquidità è migrata sul buyside del mercato. Anche gli spread denaro/
lettera hanno risentito di queste limitazioni.
Dall’annuncio del tapering, il livello degli
spread denaro/lettera è salito in misura
sostanziale nel reddito fisso dei mercati
emergenti, a conferma che la mancanza di
intermediazione crea una strozzatura con
gravi ripercussioni sui premi di liquidità.
Il cerchio si chiude con il principale
rischio di questo nuovo ciclo: la
volatilità
Oggi la liquidità è abbondante perché il QE
è riuscito a risollevare gli asset finanziari e
a ridurre i premi al rischio. Tuttavia ciò ha
anche spostato l’enfasi sul buy-side, con la
conseguente crescita esponenziale di fondi
di ogni genere. In presenza di istituzioni
e investitori privati con ampia liquidità a
disposizione e a caccia di rendimenti ormai
quasi inesistenti, il mercato primario è al
lavoro per fornire titoli con rendimenti relativi
interessanti a costo di clausole contrattuali
meno forti. In termini di protezione degli
obbligazionisti, le operazioni effettuate tra il
2009 e il 2011 erano caratterizzate da accordi
e vincoli contrattuali (covenant) di qualità
nettamente superiore rispetto alla situazione
odierna.
Mentre una buona parte del flusso di
operazioni del 2009-10 offriva covenant più
solidi e una certa sicurezza, successivamente
le emissioni si sono concentrate su titoli di
debito junior o senior non garantiti, visto
l’aumento della liquidità dovuto alla politica
monetaria accomodante.
Questo peggioramento della qualità è in parte
imputabile alla mancanza di concorrenza
sul mercato dei leveraged loan che, bloccato
dopo il fallimento di Lehman Brothers, non è
ripartito fino al 2010.
Con lo spostamento dei vantaggi dagli
acquirenti ai venditori, l’Europa in
particolare ha iniziato a offrire strutture più
aggressive come prestiti PIK, PIK-toggle
(titoli obbligazionari i cui pagamenti di
cedole avvengono tramite l’attribuzione di
altri titoli dello stesso tipo) e clausole COC
(cambiamento di controllo) trasferibili.
Inoltre si sono compressi i premi al rischio
per i diversi livelli di subordinazione, con gli
investitori che ricevono premi decisamente
inferiori per gradi di subordinazione più bassi.
Sempre in termini di protezione, anche le
nuove emissioni corporate dell’universo EM
stanno subendo un indebolimento a livello
di covenant. Le obbligazioni asiatiche sono
emesse da strutture di holding, spesso prive di
garanzia. La financial repression è stata quindi
favorevole agli emittenti.
Il nostro team seleziona i titoli di debito high
yield più rischiosi e alcune aree più volatili
del debito dei mercati emergenti in quanto
consentiranno di incrementare i rendimenti
nel momento in cui si concretizzerà
13
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
l’inversione di tendenza dei tassi di interesse.
Anche dopo la dislocazione osservata nei
mercati emergenti in dollari statunitensi a
seguito dell’annuncio del tapering a maggio
2013, le valutazioni hanno recuperato terreno
molto rapidamente tanto da ritornare ai livelli
precedenti all’annuncio già a febbraio 2014.
Ma per fortuna non mancano le buone
notizie. In Europa come nel mondo
emergente, i mercati high yield sono
caratterizzati da società di migliore qualità
con una posizione patrimoniale più solida.
Saranno solo le posizioni degli obbligazionisti
a deteriorarsi, se gli investitori faranno la
scelta sbagliata in termini di subordinazione.
A fronte di valutazioni sempre più eccessive,
bisogna considerare che il nuovo paradigma
di liquidità porta con sé un maggior rischio
di uno shock improvviso. I dealer potrebbero
infatti non riuscire ad assorbire il rischio in
eccesso dovuto agli ulteriori oneri normativi
e alle limitazioni al rischio imposti a seguito
della crisi. In sostanza, la liquidità potrebbe
implodere rapidamente qualora gli investitori
non dedicati decidessero di abbandonare le
partecipazioniobbligazionarienoncore, creando
una strozzatura insopportabile per il mercato.
Il QE e la financial repression hanno stimolato
la crescita dei mercati high yield, mentre la
propensione al rischio degli investitori ha
fatto raddoppiare il volume delle emissioni a
partire dal 2009.
Parliamo di liquidità, ma non come
la conosciamo noi…
La liquidità globale è un driver essenziale alla
base della massiccia offerta obbligazionaria
odierna. Gli investitori obbligazionari globali
stanno cercando di ottenere maggiori
rendimenti passando ad aree come l’high
yield, le obbligazioni convertibili, il reddito
fisso dei mercati emergenti e altre categorie
obbligazionarie alternative, un tempo di
esclusiva competenza degli investitori
specializzati.
Una volta esauriti tutti i propri limiti di rischio,
i dealer si limiteranno all’intermediazione dei
flussi e al trasferimento dei titoli al miglior
offerente, creando un vortice in cui tutti gli
operatori sul mercato saranno in linea di
massima venditori. La normalizzazione dei
tassi di interesse permetterà di valutare in
prospettiva il rischio idiosincratico, e cambierà
radicalmente la struttura delle scadenze del
premio al rischio per le differenti categorie
di subordinazione. La mancanza di liquidità
in uscita creerà una dislocazione di valore
su tutto lo spettro a fronte di un premio di
liquidità fuori controllo.
La necessità di considerare un nuovo
segmento crossover, per i tipici investitori
obbligazionari non specializzati ha dato
impulso alla compressione delle valutazioni.
Chart 9: Growth in global high-yield bond markets
Face Value, US $tn
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
1997
US HY
1999
2001
EU HY
2003
2005
2007
2009
EM HY
Fonte: BofA Merrill Lynch Global Research, BofA Merrill Lynch Bond Indices, S&P LCD
14
2011
2013
Il nuovo paradigma di liquidità non è sfuggito
all’attenzione di alcuni policy-maker, che
hanno avviato un dibattito su possibili misure
di protezione a favore degli investitori.
Di recente, l’ex Governatore della Fed Jeremy
Stein ha dichiarato che i fondi con liquidità
giornaliera stanno diventando “simili a
banche”, dato l’ammontare di disponibilità
che hanno accumulato con il passaggio della
liquidità dalle banche ai fondi.
esito auspicabile, dal momento che ciò
riporterebbe il tanto atteso equilibrio su un
mercato che ha favorito per lungo tempo gli
emittenti.
Understand. Act.
Confermiamo ancora una volta che
nell’immediato la solvibilità non rappresenta
un problema, invitando i clienti a tenere
conto delle differenze tra volatilità e solvibilità
quando definiscono la propria allocazione
in una fase a elevata volatilità, in modo da
catturare valore tramite un alto premio di
liquidità.
La gestione attiva è cruciale per gli investitori
che intendono scegliere l’allocazione più
adeguata nell’attuale contesto di instabilità.
Nei precedenti capitoli di questo documento
abbiamo descritto la reazione di panico
che potrebbe colpire il debito dei mercati
emergenti a seguito di un’inversione di rotta
dei tassi USA, solitamente seguita da un rally
dopo il raggiungimento del picco di volatilità
degli spread all’incirca due trimestri dopo.
Durante il prossimo ciclo dei tassi, nell’ambito
dell’universo del debito emergente la
volatilità degli spread è probabilmente
destinata ad essere più bassa a livello di titoli
sovrani e obbligazioni corporate Investment
Grade, in quanto la qualità creditizia di tali
sottosegmenti era inferiore nelle precedenti
occasioni. A nostro parere, qualità creditizia,
allocazione settoriale, duration e contratti
obbligazionari (covenant) sono fattori
importanti da considerare nell’ambito di un
investimento in titoli societari finalizzato a
costruire un portafoglio robusto per il futuro.
Presumendo che l’inflazione resti
nell’intervallo target, i titoli di credito
adeguatamente selezionati nella gamma
dell’high yield dovrebbero fornire buone
performance anche in un contesto di
aumento dei tassi. Nel complesso, gli attuali
emittenti high yield appaiono, in generale,
decisamente più sicuri rispetto al 2005,
anno in cui venivano piantati i semi da cui è
germogliata l’ultima bolla. Oggi gli emittenti
dispongono di scorte e flussi di cassa reali,
mentre otto anni fa si riscontrava una leva
elevata per i business model meno stabili
o persino discutibili. Alcuni acquirenti
potrebbero lasciare il mercato a causa
della flessione dei prezzi e dello sviluppo
di questo processo; tuttavia si tratta di un
Inoltre condividiamo la tesi secondo cui la
normalizzazione dei tassi è probabilmente
destinata ad essere un processo pilotato e
prolungato, il cui picco risulterà più basso
rispetto alle precedenti normalizzazioni.
Con l’aumento dei premi di liquidità, molti
investitori potrebbero fare di nuovo
confusione fra i due concetti giungendo alla
conclusione che i titoli di credito oggetto di
correzioni significative stiano subendo un
peggioramento a livello di fondamentali.
È proprio a questo punto che la capacità di
sopportare la volatilità consente agli investitori
di ottenere guadagni nel lungo periodo.
La comprensione del rischio di credito in
un contesto di crescente volatilità genera
opportunità per quegli investitori che colgono
la differenza tra solvibilità e volatilità.
La gestione del portafoglio dovrebbe
identificare con precisione quale parte della
curva risulterà probabilmente più esposta a
un trend di appiattimento ed effettuare le
opportune coperture.
I gestori dovrebbero indicare apertamente
ai propri clienti quali sono i rischi e le
opportunità che derivano dalla possibilità
di cogliere valore attraverso un premio
di liquidità sempre più elevato che non
comporta maggiori rischi di solvibilità.
Siamo orientati verso gli asset caratterizzati
da una duration più breve, con una particolare
attenzione alla selezione dei titoli di credito,
e verso asset con una duration più lunga
che offrono valore nella fase che precede la
normalizzazione dei tassi.
15
Lo scenario di tassi di interesse bassi è prossimo alla fine… o no? Minaccia o opportunità?
16
L’investimento implica dei rischi. Il valore di un investimento e il reddito che ne deriva possono aumentare così come diminuire e, al
momento del rimborso, l’investitore potrebbe non ricevere l’importo originariamente investito.
I rendimenti passati non sono indicativi dei quelli futuri. Se la valuta in cui sono espressi i rendimenti passati differisce dalla valuta del
paese di residenza dell’investitore, quest’ultimo potrebbe essere penalizzato dalle fluttuazioni dei tassi di cambio fra la propria valuta e quella di
denominazione dei rendimenti al momento di un’eventuale conversione.
Le informazioni e le opinioni espresse nel presente documento, soggette a variare senza preavviso nel tempo, sono quelle della società che lo ha
redatto o delle società collegate, al momento della redazione del documento medesimo. I dati contenuti nel presente documento derivano da fonti
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applicano con prevalenza le condizioni di un’eventuale offerta o contratto che sia stato o che sarà stipulato o sottoscritto.
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