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Pratiche di concimazione autunnale
Al termine della raccolta delle mele si può procedere alle pratiche di concimazione autunnale.
Tenuto conto delle esigenze nutrizionali del melo, quantificabili in circa 80 Kg/ha all’anno di azoto, 40 di
fosforo e 90 di potassio per garantire una corretta restituzione delle esportazioni, una parte della
concimazione può essere effettuata anche nel periodo autunnale. Questo è l’ideale per esempio per la
somministrazione di concimi organici, come letame maturo piuttosto che concimi organici pellettati come
pollina ecc., o misti organici, nei quali gli elementi azoto, fosforo e potassio, essendo legati alla matrice
organica, sono meno sensibili al dilavamento e possono giovare alla nutrizione del terreno e anche della
pianta già nel periodo autunno invernale.
In questo periodo inoltre rivestono un’importanza notevole gli elementi fosforo e potassio, perché
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aiutano la pianta a raggiungere nel modo migliore il riposo invernale, determinando anche un
rafforzamento del tronco, del colletto e delle radici. Questo è importante soprattutto come
strategia di contenimento del fenomeno della “moria”, che sembra avere nei freddi invernaliprimaverili un ruolo fondamentale nel determinare l’apertura di ferite nella corteccia.
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aiutano a completare la maturazione delle gemme
ripristinano le sostanze di riserva indispensabili per la ripartenza primaverile
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attivano le difese naturali della pianta.
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per avere un più rapido assorbimento e quindi godere di un maggior vantaggio di questi
elementi, si consiglia la loro somministrazione per via fogliare, con uno dei numerosi prodotti
disponibili in commercio.
Al contrario la frazione azotata al terreno non va mai somministrata in autunno, ma sempre in primavera alla
ripresa vegetativa perché facilmente dilavabile. L’unico azoto che può essere somministrato in autunno,
fintanto che le foglie sono attive, è l’urea (contenuto di azoto 46%), che viene traslocata alle radici come
riserva e disponibile la primavera successiva. In questo caso occorre conteggiare che 3-4 Kg/hl di urea,
equivalgono ad un apporto primaverile di circa 25 Kg di azoto, che andranno sottratti in primavera alle
concimazioni azotate da effettuare.L’urea aiuta la decomposizione delle foglie, e risulta utile soprattutto in
caso di forte presenza di ticchiolatura. Aggiungere all’urea 100 g/hl di boro, indispensabile per lo sviluppo
delle gemme a fiore.
Per favorire la caduta delle foglie si consiglia anche la somministrazione di rame a base di chelati (Blattab
o simili). Il trattamento va distanziato di qualche giorno dall’eventuale trattamento con urea, perché il rame
inibisce la degradazione delle foglie, che è invece il motivo per cui viene utilizzata l’urea. Per lo stesso
motivo, i trattamenti a base di rame a dosaggio elevato contro cancri e “moria” devono essere ritardati di
almeno 15 giorni rispetto al trattamento con urea o addirittura rimandati a fine inverno.
“Sfogliatura” del melo
Come è già stato anticipato, il freddo invernale ha un ruolo di primo piano nel favorire la formazione di
ferite superficiali sulla corteccia del melo, che poi sono via di ingresso dei patogeni. Per aumentare la
resistenza del fusto e impedire o rallentare la formazione di ferite, si consiglia l’imbiancatura del tronco
mediante vernice da esterno (che riflette la radiazione solare), diluita con 20-30% di acqua. Per migliorare
l’adesività si consiglia di aggiungere colla Vinavil (1 Kg ogni 10 Kg di vernice), e un prodotto di
fungicida di copertura (rame, dithianon o captano).
Nel periodo invernale si consiglia vivamente di estirpare ed eliminare, possibilmente bruciandole, le
piante gravemente colpite dalla sfogliatura o morte, per ridurre la diffusione del bostrico la prossima
primavera.
Per quanto riguarda la lotta al bostrico, NON si consigliano trattamenti insetticidi al tronco in primavera
perché gli insetticidi disponibili in commercio e registrati hanno un’efficacia molto limitata e scarsa capacità
di penetrazione; inoltre la lotta risulterebbe impari a causa dell’elevata dispersione dell’insetto e della
possibilità di successive reinfestazioni.
Si consiglia pertanto, nelle zone fortemente infestate, di procedere in primavera con l’attivazione e il
posizionamento delle trappole ad alcool, che poi va periodicamente ripristinato perché evapora. NON SI
CONSIGLIA INVECE DI POSIZIONARE TRAPPOLE NEI FRUTTETI SANI, PERCHÉ LE TRAPPOLE
ATTIRANO IL BOSTRICO E SI RISCHIA DI FARE ANCORA PIÙ DANNI.
Cancri da Nectria
Quest’anno specialmente sui giovani astoni appena messi a dimora e sugli impianti in allevamento si è vista
una presenza preoccupante di cancri da Nectria.
Nectria galligena (=Cylindrocarpon mali) è un fungo che causa la formazione di piccole tacche depresse
sugli organi legnosi, per lo più localizzate in prossimità di lesioni di gemme morte o all’inserzione dei
giovani rametti. La pianta reagisce in corrispondenza della zona colpita, formando una barriera cicatriziale
che tende ad arginare lo sviluppo del patogeno. Contemporaneamente
la parte ammalata necrotizza
fortemente, e dalla reazione tra pianta e patogeno si originano dei cancri con margini rilevati e la zona
centrale imbrunita e fessurata. Se la lesione interessa il tronco o le branche principali viene diminuita anche
la resistenza dell’impalcatura e i rami colpiti si spezzano.
Per limitare i danni da Nectria si consiglia di ridurre le concimazioni azotate, e asportare con la potatura
invernale i rami colpiti. Si consiglia anche di ripulire le parti attaccate del fusto e trattarle con Sali di rame.
I trattamenti a base di rame nel periodo autunnale possono servire anche contro questa malattia. Nei
frutteti molto colpiti si consigliano addirittura due applicazioni a base di rame, uno quando circa la metà
delle foglie sono cadute, e uno a completa defogliazione.
È stata concessa in questi giorni dalla Regione la deroga ai disciplinari di difesa, per un trattamento in
postraccolta a base di tiofanate metile proprio per la problematica della Nectria (es. Enovitmetyl a 90110 ml/hl).
Esempi di lesioni da Nectria e delle fruttificazioni che si formano in autunno nei tessuti nectrotizzati
Fondazione Fojanini di Studi Superiori, 15 ottobre 2014