8 PER IL MONDO Il 66enne Giacinto Colombo ha trascorso gli ultimi sette anni tra Asia e Africa, lavorando per diverse organizzazioni internazionali La storia IL CAFFÈ 7 settembre 2014 attualità Ha partecipato a programmi di aiuto. A grandi progetti di riforme penitenziarie grazie ai piani sostenuti dal Cicr, dall’Onu e dall’Unione europea. Giacinto Colombo, per anni ai vertici del sistema carcerario in Ticino, spiega perché e cosa insegna in altre parti del mondo Dalle carceri ticinesi in Asia e Africa per migliorare la vita dei detenuti D I diritti civili negati nelle strutture fatiscenti Giacinto Colombo, oltre che occuparsi di strutture carcerarie per conto delle organizzazioni internazionali, verifica se sono rispettati tutti i diritti dei detenuti. E, assieme ai colleghi africani e asiatici, organizza conferenze per spiegare i trattati internazionali FRANCO ZANTONELLI La vicenda i recente un pregiudicato italodominicano, durante un processo in Ticino, ha detto che “Il carcere della Stampa è un hotel di lusso”, se paragonato alle prigioni belghe, dove ha trascorso 11 mesi di detenzione. A contribuire a migliorare le condizioni delle prigioni di molti Paesi si è impegnato, ormai da tempo, Giacinto Colombo, 66 anni, attingendo all’esperienza quarantennale nel sistema carcerario ticinese di cui è stato, per lungo tempo, ai vertici. Gli ultimi 7 anni Colombo li ha trascorsi tra Asia e Africa, lavorando per diverse organizzazioni internazionali. “Ho partecipato - spiega - a programmi di sostegno a riforme penitenziarie, nell’ambito di progetti sostenuti dal Cicr (la Croce rossa), dall’Onu e dall’Unione europea”. Tutte esperienze che arricchiscono umanamente. “Perché - aggiunge - spesso ci si trova a contatto con realtà dove manca tutto, ma non l’entusiasmo di chi deve fare di necessità virtù”. Una volta, nella Repubblica democratica del Congo, Colombo ha conosciuto il direttore di un carcere che si era arredato l’ufficio con i mobili portati da casa. “Lo Stato racconta - non gli dava nulla e lui si è arrangiato. Sono quelle le persone su cui si può contare, perché in certi contesti la motivazione personale è fondamentale per superare le difficoltà”. L’Africa, per Colombo, è stata davvero una scuola di vita, iniziando dall’Etiopia. “È stato il primo posto in cui mi è toccato l’incarico di rivedere la situazione carceraria. Una vera e propria sfida in quanto, a causa delle difficoltà economiche, nella scala delle priorità del Paese quelle dei detenuti erano La carriera La svolta L’Etiopia Il Congo L’Algeria L’INCARICO NUOVO IMPEGNO LE PRIGIONI LA SALUTE NUOVE STRUTTURE Giacinto Colombo è stato a capo della Sezione pene e misure del Cantone Ticino che ha lasciato oltre 10 anni fa. Dopo aver lasciato l’incarico in Ticino Colombo ha cominciato a lavorare per la Croce rossa, l’Onu e l’Unione europea. decisamente le ultime. Non a caso mi facevano presente che chi sta fuori non sta meglio e allora io replicavo che quando lo Stato mette qualcuno in prigione, poi è obbligato a occuparsene”. Dappertutto, tiene a ribadire Giacinto Colombo:“Non bisogna dimenticare che vanno rispettate le convenzioni internazionali, in particolare quella dei diritti dell’uomo”. Al proposito, allarmante la situazione che Colombo ha trovato in Etiopia. Innanzitutto la mancata separazione tra detenuti in attesa di giudizio e condannati, quindi il non rispetto della presunzione di innocenza. “Inoltre - spiega - mi hanno colpito le precarie condizioni Il primo impegno è stato in Etiopia. Qui, i detenuti in attesa di giudizio erano in celle insieme con i condannati. Secondo incarico nell’ex Zaire. Qui i detenuti rischiavano di morire di fame. Esisteva un serio problema di vitto. igienico-sanitarie dei carcerati, privi di qualunque tipo di assistenza medica. Laggiù il concetto di celle non è, esattamente, come lo intendiamo noi, in quanto parliamo di stanzoni “Stanzoni con 200 persone, ognuna non ha più di un metro e mezzo a disposizione per dormire” con 200 persone, ognuna delle quali non ha più di un metro e mezzo a disposizione per dormire”. Il risultato era, ricorda, che c’era gente che dormiva accovacciata, altri appoggiati a Terzo mandato in Algeria. Oggi, anche grazie a un intervento Ue e un piano di riforme, sono state costruite 13 nuove carceri. corde tese. Una situazione addirittura peggiore Colombo l’ha riscontrata nella Repubblica democratica del Congo, l’exZaire. “Lì - dice - il problema principale era il vitto e i detenuti rischiavano di morire di fame, se non potevano contare sull’apporto di cibo, da parte delle loro famiglie”. La soluzione è stata trovata grazie al Comitato internazionale della Croce rossa, che ha messo in piedi un programma nutrizionale a base di riso, olio e cereali, sotto stretto controllo medico. In Congo, come in Etiopia e nelle altre realtà con cui Colombo è venuto (e verrà) a contatto, la metodologia operativa è la seguente: si parte da una dia- …E LA LETTURA CONTINUA CON GLI EBOOK DEL CAFFÉ ONLINE. ADESSO. GRATIS. SU APP STORE E AMAZON 341/BIS Anonymous IL RACCONTO DELLA REALTÀ Anonymous COME FU CHE UN TUNISINO SPOSÒ UNA TICINESE Andrea Vitali LE PAROLE DEL 2013 Autori vari SAPORI E MITI Cenni Moro gnosi della situazione, si fa presente quali norme internazionali non sono rispettate, infine si stabilisce cosa fare, grazie agli aiuti delle organizzazioni internazionali. Come è successo, negli ultimi due anni, in Algeria, dove l’Unione europea ha stanziato 17 milioni di euro, per aiutare il Paese in una profonda riforma del suo sistema carcerario. In Algeria Giacinto Colombo era responsabile di un team di quattro persone che aveva per obbiettivo la formazione del personale penitenziario. Uno dei tre pilastri della riforma. Gli altri due prevedevano il miglioramento del reinserimento dei detenuti, oltre che il potenziamento della sicurezza. E, a proposito di reinserimento, Colombo spiega che si tratta di un concetto abbastanza nuovo per un Paese dove “le misure alternative al carcere, come quelle cui siamo abituati noi, praticamente non esistono. Non solo. Le prigioni sono piene di giovani che scontano lunghe pene per reati quali il furto e lo spaccio di droga”. Fatto sta che, a partire dal 2000, al termine della guerra civile costata oltre 200 mila morti, l’Algeria ha deciso di rinnovare il proprio sistema carcerario, che in realtà rimaneva quello ereditato dal periodo coloniale francese. Così è stato varato un progetto per costruire 81 nuovi istituti di pena, 13 dei quali sono già in funzione. “Il che vuol dire condizioni igienico-sanitarie soddisfacenti- precisa - spazi per il lavoro e il tempo libero, programmi di formazione professionale, celle che sono passate da una capienza di 80 posti a non più di 10”. Dunque, niente celle singole, perché la maggior parte della popolazione vive secondo i dettami della comunità allargata e la stessa cosa vale per la prigione. “La cella singola verrebbe vissuta come una punizione. Oggi, comunque, le condizioni di detenzione in Algeria sono decisamente migliori di quelle della media dei Paesi africani”. C’è, infine, un particolare curioso su chi sta costruendo le nuove prigioni algerine: “I cinesi, che arrivano con tutto, dalle maestranze ai progettisti, ai macchinari”. [email protected]
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