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FOCUS
FOCUS
Anno XVII, N. 5, luglio 2014
Domande e risposte in tema
di aggregazione piastrinica
A cura di
Claudio Cimminiello e Mauro Molteni
Dipartimento di Medicina, Ospedale di Vimercate,
Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate,
Vimercate (MB)
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Anno XVII, N. 5, luglio 2014
ISBN 978 88 6756 108 7
ISSN 2035-0252
Redazione
Elena Bernacchi
Sara di Nunzio
Claudio Oliveri
Produzione
Loredana Biscardi
Via Decembrio, 28
20137 Milano
www.springerhealthcare.it
© 2014 Springer Healthcare Italia S.r.l.
In Focus. Registrazione del Tribunale di Milano n. 474 del 7 agosto 1997
Direttore responsabile: Giuliana Gerardo
Finito di stampare nel mese di luglio 2014 da Lazzati Industria Grafica S.r.l. - Casorate Sempione (VA)
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SASCCR7454
Indice
Introduzione
1
La profilassi secondaria dopo sindrome coronarica acuta
• Premessa
• Durata ottimale della doppia antiaggregazione:
qualcosa è cambiato?
• Quale terapia antiaggregante scegliere
al termine della doppia antiaggregazione?
• Come gestire la terapia con ASA e clopidogrel in un paziente
con SCA che deve sottoporsi a un intervento chirurgico?
• Come condurre la terapia antiaggregante di un paziente
in terapia anticoagulante che sviluppa una SCA?
• Come condurre una terapia anticoagulante di un paziente,
in terapia antiaggregante per SCA, che sviluppa fibrillazione
atriale o tromboembolismo venoso?
• Come condurre la terapia antiaggregante nei pazienti
che assumono un nuovo anticoagulante orale (NAO)?
3
3
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti
con arteriopatia obliterante periferica
• Premessa
• Il calcolo dell’Ankle-Brachial Index è sufficiente per individuare
un paziente con AOP? È possibile eseguirlo anche in ambulatorio di Medicina Generale?
• Perché la terapia antiaggregante nel paziente con AOP? Risponde all’obiettivo di migliorare le caratteristiche reologiche
del sangue?
• Qual è l’antiaggregante di prima scelta nei pazienti con
AOP? Lo studio CAPRIE e altre evidenze
• Esistono pazienti con AOP candidabili a doppia terapia
antiaggregante? Lo studio CHARISMA
• Che tipo di terapia antiaggregante deve seguire
al posizionamento di uno stent periferico?
4
9
14
20
29
36
39
39
40
49
57
65
68
I
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
• Premessa
• Quale terapia antiaggregante nella prevenzione secondaria
dell’ictus ischemico? C’è alternativa ad ASA?
• Che tipo di terapia antipiastrinica richiede un TIA?
L’esperienza degli studi EXPRESS e FASTER
• Doppia terapia antiaggregante nell’ictus/TIA:
cosa c’è di nuovo? Dallo studio MATCH allo studio CHANCE
• Che ruolo hanno i nuovi antiaggreganti piastrinici
nella prevenzione cerebrovascolare?
Sottoanalisi degli studi TRITON e PLATO
• Che tipo di terapia antiaggregante deve essere attuata in caso
di stenosi carotidea asintomatica? Che tipo di prevenzione
secondaria deve seguire alle procedure di endoarteriectomia
carotidea e alla disostruzione carotidea con posizionamento
di stent?
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti:
domande irrisolte
• Premessa
• Ci sono alternative per i pazienti in terapia con ticlopidina?
• Riprendere la terapia antiaggregante dopo un episodio
emorragico: come e quando?
• Inibitori di pompa e antiaggreganti: a che punto siamo?
Indicazioni in merito all’efficacia e alla sicurezza
della concomitanza dei due trattamenti
• È necessario monitorare l’attività dei farmaci antiaggreganti?
Reattività piastrinica e relazione clinica di un fenomeno
laboratoristico
• Clopidogrel generico e farmaco brand sono sostituibili
in termini di efficacia e sicurezza?
Equivalenza tra clopidogrel idrogenosolfato e gli altri sali
71
71
71
82
88
94
100
107
107
107
113
118
126
134
Introduzione
Quando ho pensato a questo volumetto ritenevo di poter fornire al medico di Medicina Generale e al giovane internista senza troppo “vissuto”
nell’ambito della terapia antiaggregante piastrinica una sorta di conciso ma
completo manuale per l’impiego pratico del trattamento “antipiastrinico”.
Quando eravamo studenti un manuale del genere sarebbe stato definito un
“bignami”.
Le cose sono andate diversamente tant’è che l’opera è stata suddivisa in vari
capitoli.
Mi è stato compagno di stesura proprio un giovane internista, il Dott. Mauro
Molteni, che incarna perfettamente il medico destinatario cui accennavo. Un
medico che non ha vissuto l’epopea dell’inizio della prevenzione secondaria
in ambito cardiovascolare e quella delle metanalisi della “Antiplatelet Trialists’ Collaboration” che hanno sancito il valore della terapia antiaggregante
e hanno scandito e indirizzato i progressi della ricerca clinica in questo ambito. Troppi dati mi venivano alla mente, troppi studi sembravano – e sembrano – irrinunciabili da citare e il mio interlocutore pareva curioso di tutto.
In molti casi la tentazione era quella non solo di descrivere ma anche di
contestualizzare e spiegare il momento storico in cui, alla fine degli anni ’80
e fino all’inizio dei 2000, molto è cambiato nel ruolo della terapia antiaggregante piastrinica. Ne sarebbe uscito un grosso tomo. Abbiamo allora deciso
di provare a fare il punto in ambito cardiologico, nel settore della cardiopatia
ischemica, in cui maggiormente si è sviluppata la ricerca sulla terapia antiaggregante, ma anche a richiamare le evidenze fondanti nel campo della
malattia cerebrovascolare e dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori.
Una riflessione più volte emersa, rivisitando tutta la materia, è che la terapia
antiaggregante piastrinica, fino a un decennio fa oggetto di studi e innova1
zione in tutti i settori della medicina vascolare, ha poi trovato sviluppo solo
nelle sindromi coronariche acute come trattamento concomitante e di supporto alla rivascolarizzazione meccanica. Anche uno strumento terapeutico
di alto valore clinico come clopidogrel è ben poco noto al di fuori dell’ambito
della cardiologia appena menzionato. L’acido acetilsalicilico rappresenta ancora la “spina dorsale” della profilassi degli eventi ischemici in tutti gli ambiti ma è anche vero che è difficile che “one size fit all”. Ticlopidina è stata e
continua a essere per molti medici l’alternativa “accettabile”, ma solo perché
percepita come l’unica disponibile. E tutto ciò a fronte di un’evidenza che
ha invece permesso di individuare condizioni in cui clopidogrel deve essere
considerato come terapia di riferimento: i pazienti cosiddetti “polivascolari”
e quelli con arteriopatia obliterante periferica, sopra a tutti. L’impiego della
combinazione di ASA e clopidogrel, che oggi i neurologi riscoprono alla luce
di studi meglio disegnati rispetto ai primi del genere, è stata sostanzialmente un’occasione mancata per il trattamento di troppe patologie, basti citare
quello che non sappiamo dell’argomento nel campo della rivascolarizzazione meccanica con stenting delle lesioni carotidee e degli arti inferiori.
Alla fine, per le ragioni che ho cercato di spiegare, ci siamo un po’ “allargati” ma spero che la lettura risulti comunque facile e al contempo utile. Per
tentare di recuperare il modello che avevamo in mente in origine, nella parte
finale abbiamo inserito il capitolo delle “questioni scottanti aperte”. In esso
abbiamo rispettato il programma, dando risposte concise ma con la speranza di suscitare curiosità scientifica e voglia di approfondire.
Alla fine la carne al fuoco è molta in uno spazio abbastanza contenuto.
Buona lettura!
Dott. Claudio Cimminiello
Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate
Vimercate (MB)
2
La profilassi secondaria
dopo sindrome coronarica acuta
Premessa
Il ricorso alle procedure interventistiche endovascolari nella sindrome coronarica acuta (SCA) ha permesso di ridurre significativamente la mortalità,
la durata dell’ospedalizzazione, le recidive e le ospedalizzazioni successive. All’utilizzo degli stent si è tuttavia associata la trombosi intra-stent, un
fenomeno non frequente ma dalla mortalità estremamente elevata. Al fine
di prevenire le sequele cardiovascolari e la trombosi intra-stent, la doppia
terapia antiaggregante (DAPT, dual anti-platelet therapy) costituita da ASA +
inibitori del recettore dell’ADP P2Y12 rappresenta oggi il trattamento di scelta nelle sindromi coronariche acute. Indipendentemente dalle procedure interventistiche, la DAPT ha significativamente migliorato la prognosi anche
nei pazienti con SCA trattati in maniera conservativa. Lo studio CURE ha
infatti dimostrato come l’associazione ASA + clopidogrel, nei pazienti con
SCA senza sopra-slivellamento del tratto ST, abbia ridotto del 20% gli eventi
cardiovascolari maggiori a fronte di un aumento dell’1% - in termini assoluti - dei sanguinamenti maggiori, ma senza incremento dei sanguinamenti
pericolosi per la vita. Una sottoanalisi dello studio, lo studio PCI-CURE, ha
confermato che il beneficio di clopidogrel si rilevava anche nei pazienti sottoposti a procedura interventistica, con o senza stent. Sempre in ambito di
terapia medica, la conferma della bontà dell’approccio con la DAPT viene
anche da un mega-trial, lo studio COMMIT, condotto su più di 45.000 pazienti, randomizzati ad assumere clopidogrel o placebo per le 4 settimane
successive a un infarto miocardico acuto con sopra-slivellamento del tratto
ST. Gli studi TRITON-TIMI 38 e PLATO, di confronto tra i nuovi inibitori del
recettore P2Y12 e clopidogrel, hanno ribadito il beneficio della DAPT dopo
SCA. Questa evidenza clinica costituisce il presupposto delle linee guida che
3
danno indicazione alla DAPT con livello di evidenza e raccomandazione
elevati. Rimane di particolare importanza, al termine del periodo in DAPT,
la scelta della terapia antiaggregante in monoterapia, da continuare indefinitamente. Sebbene ASA rappresenti ancor oggi il farmaco di riferimento e
clopidogrel sia la sua naturale alternativa, lo studio CAPRIE ha evidenziato
un particolare vantaggio di quest’ultimo in pazienti con aterosclerosi sintomatica quando si manifestano localizzazioni multiple (es. malattia coronarica e arteriopatia periferica o cerebrovasculopatia).
Nell’ambito della SCA,
la doppia terapia antiaggregante si è dimostrata
essere il gold standard e,
indipendentemente dalla modalità di trattamento (invasiva, conservativa
o con trombolisi), capace di ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori. I
primi studi, quali il CURE, con il sotto-studio PCI-CURE, il COMMIT e il
CLARITY-TIMI 28, hanno dimostrato ampiamente come l’aggiunta di clopidogrel ad ASA migliori la prognosi a breve e lungo termine (Fig. 1). Gli
studi TRITON-TIMI 38 e PLATO, a loro volta, hanno evidenziato come l’associazione ASA + inibitore del recettore P2Y12 migliori la prognosi e riduca
la mortalità dei pazienti con SCA.
Durata ottimale della doppia antiaggregazione: qualcosa è cambiato?
I pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA), soprattutto se sottoposti a
PCI + stent, devono essere trattati con doppia terapia antiaggregante (ASA +
inibitore del recettore P2Y12) per un periodo di 12 mesi.
Esistono vari tipi di stent: quelli metallici (BMS, bare-metal stent) e quelli
medicati (DES, drug-eluting stent). I pazienti portatori di DES presentano
il rischio di sviluppare trombosi intra-stent anche tardive (dopo 12 mesi),
sebbene l’incidenza di questo evento sia maggiore nei primissimi mesi successivi all’impianto. Negli ultimi anni si sono susseguiti numerosi studi osservazionali che hanno riportato un beneficio nel prolungare la DAPT oltre i
4
CURE:
IM, ictus, morte CV
0,14
A
n=12.562
HR cumulativo
Riduzione RR 20%
ARR=2,1%
NNT=48
Placebo + ASA
0,12
0,10
0,08
p=0,00009
Clopidogrel + ASA
0,06
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
L’outcome primario
si è verificato nel 9,3%
di pz nel gruppo
clopidogrel + ASA e nell’11,4%
nel gruppo placebo + ASA
0,04
0,02
0,00
0
3
6
9
12
Mesi di follow-up
IM: infarto miocardico; CV: cardiovascolare; RR: rischio relativo; ARR: riduzione rischio assoluto
PCI-CURE:
morte e IM dalla randomizzazione al termine del follow-up
B
0,15
12,6%
Placebo
8,8%
0,10
Clopidogrel
0,05
0,00
Riduzione RR 31%
p=0,002
n=2.658
0 10 40
100
200
Giorni di follow-up
300
400
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
Figura 1 (segue). Doppia terapia antiaggregante come gold standard nella SCA: le evidenze scientifiche
Modificata da: A) Yusuf S et al. N Engl J Med 2001; B) Mehta SR et al. Lancet 2001
5
COMMIT:
rischio di morte, IM o ictus
C
Placebo (10,1%)
10
Riduzione RR 9%
p=0,002
9
8
Clopidogrel (9,3%)
Eventi (%)
7
6
5
4
3
2
1
0
7
0
14
21
Giorni (fino a 28 gg.)
28
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
CLARITY:
eventi clinici a 30 gg
D
15
Placebo (14,1%)
20%*
Pz con endpoint (%)
p=0,03
10
Clopidogrel (11,6%)
5
*Odds ratio di morte CV,
IM o ischemia ricorrente che richiede
rivascolarizzazione urgente
0
0
5
10
15
20
25
30
Tempo (giorni)
IM: infarto miocardico; CV: cardiovascolare
Figura 1 (continua). Doppia terapia antiaggregante come gold standard nella SCA: le evidenze scientifiche
Modificata da: C) Chen ZM et al. Lancet 2005; D) Sabatine MS et al. N Engl J Med 2005
6
Tabella 1. Studi clinici relativi alla durata della DAPT dopo impianto di stent
Modificata da Brilakis ES et al. JAMA 2013
PRODIGY
Numero pazienti
REAL LATE e
ZEST LATE
EXCELLENT
RESET
2.013
2.701
1.443
2.117
Popolazione
(% pazienti con
SCA)
PCI + DES e + BMS
74% con SCA
PCI + DES dopo
12 mesi di DAPT
37% con SCA
PCI + DES
48% con SCA
PCI + DES
45% con SCA
Follow-up (mesi)
24
24
12
12
Terapia
DAPT x 6 mesi vs
DAPT x 24 mesi
DAPT vs ASA
(dopo 12 mesi
iniziali di DAPT)
DAPT x 6 mesi vs
DAPT x 24 mesi
DAPT x 3 mesi
per E-ZES vs
DAPT x 12 mesi
per altri DES
Endpoint efficacia
Morte, IM, ictus
Morte cardiaca,
IM
Morte
Morte
cardiaca, IM,
cardiovascolare,
rivascolarizzazione IM, trombosi dello
vaso primario
stent
Tasso
10% vs 10,1%
1,2% vs 1,8%
4,8% vs 4,3%
0,8% vs 1,3%
Hazard Ratio
0,98 (0,74-1,29)
1,65 (0,8-3,36)
1,14 (0,7-1,86)
Non riportato
Valore p
0,91
0,17
0,6
0,48
Endpoint sicurezza
TIMI maggiore
TIMI maggiore
TIMI maggiore
TIMI maggiore
Tasso
0,6% vs 1,6%
0,1% vs 0,2%
0,3% vs 0,6%
0,5% vs 1%
Hazard Ratio
0,38 (0,15-0,97)
2,96
(0,31-28,46)
0,5 (0,09-2,73)
Non riportato
Valore p
0,04
0,35
0,42
0,20
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
PCI: percutaneous coronary intervention; E-ZES: endeavor-zotarolimus stent; IM: infarto miocardico; BMS: bare-metal
stent; DES: drug-eluting stent
canonici 12 mesi. Recentemente, due studi clinici randomizzati, il PRODIGY
e il REAL LATE/ZEST LATE, hanno dimostrato chiaramente l’assenza di
beneficio clinico nel proseguire la doppia antiaggregazione; anzi uno di
questi ha rilevato un aumento nell’incidenza di sanguinamenti clinicamente
rilevanti (Tab. 1).
Nei pazienti trattati con DES, soprattutto di ultima generazione, non si rileva
alcun vantaggio nel proseguire la DAPT oltre i canonici 12 mesi e vi è un
tasso di sanguinamenti maggiore.
7
Alcuni studi clinici hanno invece cercato di valutare se sia realistico, in ambito di SCA, ridurre la durata della doppia terapia antiaggregante. Due di
questi studi, l’EXCELLENT e il RESET (Tab. 1), hanno ottenuto risultati confortanti con stent contenenti everolimus e zotarolimus. Merita una citazione
anche il recentissimo studio OPTIMIZE, in cui sono stati confrontati 3 mesi
di DAPT vs 12 mesi, dopo impianto di stent medicato a zotarolimus. Lo
studio ha dimostrato l’assoluta sovrapponibilità in termini di eventi cardiovascolari maggiori e di trombosi di stent. Al momento questi incoraggianti
risultati non possono tuttavia essere tradotti in una raccomandazione forte.
I pazienti con SCA recente che presentano un sanguinamento maggiore
possiedono un profilo rischio/beneficio sfavorevole e in questo caso vi è
indicazione a modificare - semplificandola - la terapia antiaggregante. I
pazienti con BMS che hanno sanguinato, se tale evento è occorso dopo 30
giorni dal posizionamento, potrebbero andare precocemente incontro a una
semplificazione della terapia antipiastrinica. Nei pazienti con DES, il profilo
di rischio è legato in parte anche al tipo di stent: mentre i pazienti con stent
medicati con paclitaxel presentano un tasso di trombosi intra-stent non trascurabile anche dopo i 6 mesi dal posizionamento, infatti, gli stent medicati
con inibitori della calcineurina (tacrolimus, sirolimus, everolimus, zotarolimus ecc.) si associano a un rischio di trombosi intra-stent più basso. Questi
dati, che si riferiscono all’impiego in elezione degli stent, sono da ponderare
attentamente nei pazienti con recente SCA e, soprattutto per gli stent medicati a everolimus, si potrebbe ipotizzare di ridurre la durata della doppia
terapia a 3-6 mesi in caso di sanguinamento maggiore.
In caso di sanguinamento maggiore è possibile semplificare la DAPT,
optando per una monoterapia antipiastrinica, preferibilmente non prima di
30 giorni per i BMS e di 6 mesi per i DES.
8
Letture consigliate
• Brilakis ES, Patel VG, Banjeree S. Medical management after coronary stent implantation. A
review. JAMA 2013;310:189-98
• Chen ZM, Jiang LX, Chen YP et al. Addition of clopidogrel to aspirin in 45,852 patients with
acute myocardial infarction: randomised placebo-controlled trial. Lancet 2005;366:1607-21
• Jneid H, Anderson JL, Wright RS et al. 2012 ACCF/AHA focused update of the guideline for
the management of patients with unstable angina/Non-ST-elevation myocardial infarction
(updating the 2007 guideline and replacing the 2011 focused update): a report of the American
College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on practice guidelines. Circulation 2012;126:875-910
• Mehta SR, Yusuf S, Peters RJ et al. Effects of pretreatment with clopidogrel and aspirin followed by long-term therapy in patients undergoing percutaneous coronary intervention: the
PCI-CURE study. Lancet 2001;358:527-33
• O’Gara PT, Kushner FG, Ascheim DD et al. 2013 ACCF/AHA guideline for the management
of ST-elevation myocardial infarction: a report of the American College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. Circulation 2013;127:e362e425
• Yusuf S, Zhao F, Mehta SR et al. Effects of clopidogrel in addition to aspirin in patients with
acute coronary syndromes without ST-segment elevation. N Engl J Med 2001;345:494-502
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Al termine della doppia
antiaggregazione, indipendentemente dal tipo di
strategia adottato nella fase
acuta (invasivo o conservativo), il paziente deve proseguire una monoterapia antiaggregante “sine die”. Il
farmaco indicato come prima scelta dalle linee guida è ASA, alla dose di 75-100
mg/die o, in alternativa, clopidogrel alla dose di 75 mg/die. Gran parte dell’evidenza su cui tale assunto si basa deriva dalle metanalisi dell’Antiplatelet Trialists’ Collaboration, che illustrano come il trattamento a lungo termine con ASA
permetta di ridurre del 25% le recidive aterotrombotiche in svariate categorie
di pazienti ad alto rischio, compresi i soggetti con SCA (Fig. 2). Sebbene ben
tollerato, ASA può determinare reazioni avverse, soprattutto a livello gastroenterico, non trascurabili e vi sarebbe altresì una quota di pazienti che presenta resistenza al trattamento con ASA, caratteristica che conferirebbe loro
un rischio vascolare significativamente aumentato.
Quale terapia antiaggregante scegliere al termine della doppia antiaggregazione?
9
25
Terapia antipiastrinica
Controllo
22%
Pazienti con ictus,
IM o morte vascolare (%)
25%
29%
20
27%
15
25%
32%
10
5
0
Precedente
ictus/TIA
IM acuto
Pregresso IM
Altre
Alto rischio
categorie ad
alto rischio
Tutti i
pazienti
IM: infarto miocardico
Figura 2. Riduzione delle recidive aterotrombotiche con terapia con ASA a lungo temine
Modificata da: Antiplatelet Trialists’ Collaboration. BMJ 1994
Dopo il periodo di DAPT, indipendentemente dal tipo di strategia adottato
nella fase acuta (invasivo o conservativo), viene consigliata la prosecuzione
della terapia antiaggregante “sine die”:
- ASA alla dose di 75-100 mg/die o in alternativa
- clopidogrel alla dose di 75 mg/die
Sebbene le linee guida suggeriscano ASA come prima scelta per la terapia antiaggregante a lungo termine, clopidogrel mostra maggior efficacia ed è parimenti
sicuro. Lo studio CAPRIE ha dimostrato che nei pazienti ad alto rischio vascolare
(e tra questi i pazienti con infarto miocardico recente), clopidogrel determina una
riduzione significativa degli eventi rispetto ad ASA. Questo studio ha arruolato
più di 19.000 pazienti, di cui circa la metà con cardiopatia ischemica, che venivano randomizzati a un trattamento con clopidogrel 75 mg/die vs ASA 325 mg/die
per quasi 2 anni. La riduzione relativa del rischio di eventi (ictus, infarto miocardico e morte vascolare) era complessivamente dell’8,7%.
10
Riduzione del RR (%)
Outcome: ictus ischemico, IMA, MV
14,9%
Pazienti con pregresso evento
p=0,045
8,7%
Popolazione CAPRIE
p=0,043
Outcome: ictus ischemico, IMA, riosp.
per angina, claud./isch. perif./TIA/isch.
mioc.
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
12,0%
Pazienti con pregresso evento
p=0,039
9,0%
Popolazione CAPRIE
-30
-20
ASA migliore
p=0,006
-10
0
10
20
30
Clopidogrel migliore
RR: rischio relativo; IMA: infarto miocardico acuto; MV: morte vascolare
Figura 3. Maggiore riduzione di ictus, IM e morte vascolare con clopidogrel vs ASA anche nei pazienti con evento pregresso
Modificata da: Ringleb PA et al. Stroke 2004
Nei pazienti con pregresso infarto miocardico e ictus il vantaggio rispetto ad
ASA era ancora più evidente, con una riduzione relativa di quasi il 15% (Fig. 3).
Clopidogrel riduceva principalmente infarti miocardici e morti cardiovascolari e, nei pazienti con arteriopatia periferica, riduceva di quasi un quarto il
rischio di eventi rispetto ad ASA (Fig. 4).
Lo studio CAPRIE ha arruolato più di 19.000 pazienti ad alto rischio vascolare
randomizzandoli a clopidogrel 75 mg/die vs ASA 325 mg/die. Clopidogrel
ha garantito la riduzione complessiva del rischio dell’8,7% e, nei pazienti
con pregresso ictus o pregressa SCA, del 15%. Nei pazienti con arteriopatia
periferica gli eventi erano ridotti di circa un quarto (23,8%) rispetto ad ASA.
I dati dello studio CAPRIE minavano per taluni aspetti la solidità del dogma
“ASA-prevenzione secondaria”, evidenziando la maggiore efficacia di clopidogrel in termini di eventi e mortalità.
Per quanto concerne la sicurezza, la gastrolesività di ASA non è di seconda11
Clopidogrel
Ictus (fatale e non)
ASA
Riduzione RR
(IC 95%)
81/5.795 (1,4%) 82/5.797 (1,4%)
IM (fatale e non)
68/5.795
(1,2%)
108/5.797
(1,9%)
Altre morti vascolari
66/5.795
(1,13%)
87/5.797
(1,5%)
Tutti gli eventi
nei pazienti con AOP
215/5.795
(3,71%)
277/5.797
(4,86%)
Il dato si riferisce a numero
di pazienti/anno con AOP
23,8%
(8,9-36,2)
p=0,0028
0,8
Clopidogrel
migliore
0
ASA
migliore
AOP: arteriopatia obliterante periferica; IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
Figura 4. Maggiore riduzione di IM, ictus e morte vascolare con clopidogrel vs ASA anche nei pazienti con AOP
Modificata da: CAPRIE Steering Committee. Lancet 1996
ria importanza e comporta ridotta aderenza, surplus terapeutico e necessità
di sospensione in caso di emorragie gastroenteriche, con successiva esposizione del paziente a rischio vascolare aumentato. Le tienopiridine, nella
fattispecie clopidogrel, riducono il rischio di complicazioni gastroenteriche,
soprattutto emorragiche, rispetto ad ASA, come riporta la Cochrane Review
e come dimostra lo stesso studio CAPRIE (Tab. 2).
È nei pazienti con alto rischio di sanguinamento gastrointestinale, in corso
di ASA, che clopidogrel trova un’indicazione specifica, riducendo il tasso di
complicazioni e migliorando l’efficacia.
Clopidogrel riduce il rischio di complicazioni gastroenteriche emorragiche
rispetto ad ASA.
Nel valutare l’opportunità di semplificare la duplice terapia antiaggregante,
quindi, vanno considerati il quadro vascolare complessivo del paziente e il rischio gastroenterico con l’anamnesi relativa. I pazienti che presentano caratteri12
Tabella 2. Maggiore riduzione delle complicazioni gastroenteriche con clopidogrel vs ASA
Modificata da: Harker LA et al. Drug Saf 1999
Eventi avversi
ASA (n=9.586)
Clopidogrel
(n=9.599)
p
<0,05
Emorragie gastrointestinali
0,71%
0,49%
Emorragie intracraniche
0,49%
0,35%
NS
Diarrea severa
0,11%
0,23%
NS
<0,001
Gastrite
1,32%
0,75%
Ulcera gastrointestinale
1,15%
0,60%
0,001
Rash severo
0,10%
0,24%
<0,05
Neutropenia
0,17%
0,10%
NS
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
stiche di alto rischio per una o più di queste variabili potrebbero beneficiare di
una prevenzione in monoterapia condotta con clopidogrel, che rispetto ad ASA
ha mostrato un profilo di efficacia e sicurezza migliore. Medesima considerazione è da ritenersi valida per i pazienti con allergia o intolleranza ad ASA.
Al momento di passare dalla duplice alla monoterapia antiaggregante,
è importante valutare il quadro vascolare complessivo e l’anamnesi del
paziente. La monoterapia con clopidogrel deve essere considerata di prima
scelta nei pazienti con:
- intolleranza/allergia ad ASA
- pregresso evento vascolare
- aterotrombosi in più distretti vascolari (polivascolari)
- pregresse complicazioni emorragiche gastroenteriche
Letture consigliate
• Antiplatelet Trialists’ Collaboration. Collaborative overview of randomised trials of antiplatelet therapy-I: Prevention of death, myocardial infarction, and stroke by prolonged antiplatelet
therapy in various categories of patients. BMJ 1994;308:81-106
• Bhatt DL, Bertrand ME, Berger PB et al. Meta-analysis of randomized and registry comparisons
of ticlopidine with clopidogrel after stenting. J Am Coll Cardiol 2002;39:9-14
• CAPRIE Steering Committee. A randomized, blinded trial of clopidogrel versus aspirin
in patients at risk for ischemic events. Lancet 1996;348:1329-39
13
• Harker LA, Boissel JP, Pilgrim AJ et al. Comparative safety and tolerability of clopidogrel and aspirin: results from CAPRIE. CAPRIE Steering Committee and Investigators. Clopidogrel versus aspirin in patients at risk of ischaemic events. Drug Saf
1999;21:325-35
• May AE, Geisler T, Gawaz M. Individualized antithrombotic therapy in high risk patients
after coronary stenting. A double-edged sword between thrombosis and bleeding. Thromb
Haemost 2008;99:487-9
La SCA, seppur in lieve riduzione quanto a incidenza, presenta ancora un’importante prevalenza, che
dati italiani e internazionali
indicano attorno a 2,5-3,5
casi su 1.000 soggetti. Una porzione non trascurabile di questi pazienti dovrà
sottoporsi a procedure chirurgiche, minori o maggiori, e si renderà pertanto
necessario gestire la terapia antitrombotica, singola o multipla, attiva in quel
momento. Dati nordamericani riferiscono che poco più del 10% dei pazienti
sottoposti a PCI + stent andrà incontro a un intervento di chirurgia non cardiaca nei 24 mesi successivi e solo il 4-5% dovrà essere operato entro 1 anno
dall’evento cardiaco acuto. Dopo l’applicazione di uno stent vi è indicazione
a proseguire la doppia terapia antitrombotica per un tempo variabile da 4 settimane a 12 mesi ma, nell’ambito della SCA, considerato l’elevato rischio di
trombosi intra-stent tardiva e di recidive, le linee guida consigliano 12 mesi di
duplice terapia antiaggregante. Benché i lavori riguardanti l’impatto della chirurgia non cardiaca nei pazienti con SCA siano scarsi, con ridotta numerosità e
sostanzialmente retrospettivi e non randomizzati, emerge un tasso di mortalità
non rassicurante, oscillante tra il 2% e il 21%, e che sembra essere tanto più
elevato quanto più precoce è l’intervento chirurgico. Gli agenti antipiastrinici
più comunemente utilizzati sono inibitori irreversibili e richiedono, dopo la
sospensione, almeno 7-10 giorni perché il loro effetto sulle piastrine circolanti svanisca. Non esistono studi di confronto tra sospensione e prosecuzione
dell’ASA prima di interventi chirurgici o sulla tempistica della sospensione.
Non vi sono neppure chiari dati scientifici sul ripristino dell’ASA o degli altri
Come gestire la terapia con ASA e
clopidogrel in un paziente con SCA
che deve sottoporsi a un intervento
chirurgico?
14
antiaggreganti dopo l’intervento chirurgico. Quello che si può dire, rifacendosi alla farmacocinetica di questi principi, è che l’ASA manifesta il suo effetto
in tempi rapidissimi, pari a pochi minuti, mentre clopidogrel richiede diversi
giorni per raggiungere l’effetto massimo, pertanto è auspicabile la somministrazione di un carico di clopidogrel alla ripresa della terapia dopo l’intervento.
Per prassi clinica, la terapia con ASA e clopidogrel viene ripresa dopo 24 ore
dall’intervento e dal raggiungimento dell’emostasi. Una metanalisi di Burger
evidenzia come ASA, mantenuto durante il periodo operatorio, incrementi il
rischio di sanguinamento del 50-70%. Questo incremento non è però omogeneo in tutti gli ambiti chirurgici e in alcuni, come la chirurgia urologica e la
neurochirurgia, l’impatto del sanguinamento da ASA è molto maggiore e soprattutto sono peggiori le conseguenze legate all’evento sanguinamento. Nei
pazienti ad alto rischio, la sospensione di ASA è alla base di circa il 10% degli
eventi aterotrombotici acuti, che avvengono in un intervallo di tempo variabile
tra 8 e 25 giorni dopo la sospensione.
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
In caso di procedure chirurgiche minori (dentarie, cutanee e oculistiche)
non è necessario sospendere la terapia antiaggregante in corso. Gli studi
disponibili, prevalentemente riguardanti l’ASA, non riportano alcun
incremento di emorragie nella prosecuzione della terapia antiaggregante
rispetto alla sospensione.
American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012
Numerose linee guida, come recentemente sottolineato da una revisione
di Douketis e collaboratori, sostengono che, in assenza di rilevante rischio
emorragico, l’ASA debba essere mantenuto in pazienti con SCA recente,
mentre la tienopiridina associata debba essere sospesa 5 giorni prima della
procedura interventistica se l’antipiastrinico è clopidogrel oppure 1-3 giorni
prima nel caso di ticagrelor. Ciò è vero soprattutto nei pazienti che devono
essere sottoposti a procedure chirurgiche gravate da un elevato rischio di
complicazioni cardio e cerebrovascolari, quali gli interventi di endoarterectomia carotidea e quelli di bypass arteriosi periferici, mentre nei pazienti con
15
un rischio cardiovascolare basso è possibile sospendere anche l’ASA, circa
7-10 giorni prima dell’intervento chirurgico.
Nei pazienti a rischio cardiovascolare moderato e severo che devono essere
sottoposti a intervento chirurgico non cardiaco e in terapia con ASA, è indicata
la prosecuzione della terapia. Nei pazienti a rischio cardiovascolare basso
è possibile invece sospendere la terapia 7-10 giorni prima dell’intervento
chirurgico.
American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012
Nei pazienti che invece vengono sottoposti a chirurgia cardiaca e, nella fattispecie, a bypass aortocoronarici, gli studi clinici dimostrano come la sospensione
di clopidogrel o di prasugrel effettuata meno di 5 giorni prima dell’intervento
comporti un rischio di sanguinamento periprocedurale e di fabbisogno trasfusionale del 50-70% superiore a placebo. È buona norma pertanto sospendere le
tienopiridine in un intervallo di tempo adeguato precedente il bypass aortocoronarico. Sempre in questo ambito, la prosecuzione di ASA ha sicuramente
comportato un incremento di emorragie, ma senza un significativo aumento di
quelle maggiori e senza un reale impatto clinico sfavorevole.
Nei pazienti che devono essere sottoposti a chirurgia cardiaca (es.
bypass aortocoronarico), clopidogrel (o prasugrel) va sospeso 5 giorni
prima dell’intervento e ASA deve essere mantenuto per tutto il periodo
dell’intervento. Ticagrelor va sospeso 24-72 ore prima dell’intervento.
American College of Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012
Nei pazienti in cui è stato recentemente impiantato uno stent e che ricevono la doppia terapia antiaggregante, gli interventi chirurgici si associano ad
alto rischio di mortalità. Sebbene i dati siano scarsi e non troppo recenti,
si è osservato che in questi pazienti il rischio di trombosi intra-stent dopo
intervento chirurgico, seppur basso, permane anche dopo la fase acuta e la
mortalità associata rimane elevata. Uno dei fattori principali determinanti
16
Nessuna sospensione
Sospensione
30
25,5
Incidenza (%)
25
20
13,3
15
9,2
10
5
0
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
7,6
4,9
Decesso
3,4
MACE
Trombosi dello stent
MACE: eventi avversi cardiaci maggiori
Figura 5. Sospensione di clopidogrel e complicazioni
Modificata da: Rossini R et al. Am J Card 2011
gli eventi cardiovascolari maggiori e la trombosi dello stent nei pazienti con
SCA è proprio la sospensione della duplice terapia antitrombotica e, soprattutto, la sospensione di clopidogrel: la sua prematura sospensione infatti
raddoppia l’incidenza di complicazioni (Fig. 5).
È proprio per questo motivo che la maggior parte delle società scientifiche
consiglia di ritardare gli interventi di chirurgia non cardiaca di almeno 6
settimane dopo l’impianto di un BMS e di 12 mesi dopo l’impianto di un
DES e, nel caso in cui il paziente non possa rinviare l’intervento, vi è un
suggerimento a preferire gli stent metallici a quelli medicati. Per quanto riguarda la gestione della doppia terapia antiaggregante nei pazienti che devono sottoporsi a intervento chirurgico in fase precoce non vi è unanimità
di vedute tra le diverse società scientifiche. Sebbene esistano esperienze
aneddotiche sull’utilizzo di inibitori della glicoproteina IIb/IIIa a breve
durata d’azione, non vi sono né studi controllati né elementi certi. Su questo punto le diverse società cardiologiche si dividono e danno indicazioni
diverse: è pertanto più che mai necessario valutare attentamente quali sia17
Tabella 3. Rischio chirurgico e di trombosi di stent in DAPT – approccio antitrombotico secondario
Modificata da: Riddell JW et al. Circulation 2007
18
Rischio emorragico legato all’operazione
BASSO
ALTO
MEDIO
• Interrompere tutta la terapia
antiaggregante (ASA 7 gg
prima e clopidogrel 5 gg
• Se possibile continuare
prima)
ASA
• Continuare sia ASA
• Considerare bridging con
eptifibatide
• Altrimenti procedere
sia clopidogrel
• Procedere con l’intervento
come per alto rischio
• Procedere con
• Ripristinare 24 ore dopo
emorragico/alto rischio
l’intervento
l’intervento o non appena
trombotico
ottenuta l’emostasi (ASA
75/100 mg e clopidogrel
75 mg previo bolo di 300 mg)
MEDIO
ALTO
• Interrompere tutta la terapia • Continuare ASA
e sospendere
antiaggregante (ASA 7 gg
clopidogrel (5 gg prima
prima e clopidogrel 5 gg
dell’intervento)
• Continuare sia ASA
prima)
• Procedere con
sia clopidogrel
• Procedere con l’intervento
• Procedere con
l’intervento
• Ripristinare 24 ore dopo
• Ripristinare 24 ore
l’intervento
l’intervento o non appena
ottenuta l’emostasi (ASA
dopo l’intervento
clopidogrel 75 mg
75/100 mg e clopidogrel
previo bolo di 300 mg
75 mg previo bolo di 300 mg)
BASSO
Rischio
trombosi
stent
• Interrompere tutta la
• Continuare ASA
terapia antiaggregante
• Interrompere tutta la terapia
e sospendere
(ASA 7 gg prima e
antiaggregante (ASA 7 gg
clopidogrel
clopidogrel 5 gg prima)
prima e clopidogrel 5 gg
(5 gg prima
• Procedere con
prima)
dell’intervento)
l’intervento
• Procedere con l’intervento
• Procedere con
• Ripristinare 24 ore
• Ripristinare 24 ore dopo
l’intervento
dopo l’intervento
l’intervento o non appena
• Ripristinare 24 ore
o non appena
ottenuta l’emostasi (ASA
dopo l’intervento
ottenuta l’emostasi
75/100 mg e clopidogrel
clopidogrel
(ASA 75/100 mg e
75 mg previo bolo di 300 mg)
75 mg previo bolo
clopidogrel 75 mg
di 300 mg
previo bolo di 300 mg)
no il rischio trombotico e quello emorragico del paziente. A tal proposito si
riporta una tabella, tratta da una review di Riddel e collaboratori, pubblicata su Circulation nel 2007, che analizza il rapporto tra rischio emorragico
e trombotico e propone, per ogni combinazione, un approccio specifico
(Tab. 3).
Nei pazienti a rischio trombotico elevato e con rischio emorragico intermedioalto si impone, nella maggioranza dei casi, la sospensione della doppia terapia antitrombotica. Alcuni esperti propongono di ricorrere agli inibitori della
glicoproteina IIb/IIIa a breve durata d’azione, nella fattispecie eptifibatide.
Quest’ultimo può essere simministrato in infusione continua, sospendendolo 6-12 ore prima dell’intervento. Alcuni autori suggeriscono anche un breve
ciclo postoperatorio, nell’attesa di riprendere la terapia antiaggregante orale.
Si riporta uno schema proposto da May e Geisler, che prevede il bridging con
eptifibatide nei pazienti a rischio emorragico intermedio-alto (Fig. 6).
Anche l’impiego di eparina a basso peso molecolare come farmaco per il
RISCHIO
DI SANGUINAMENTO
PERIOPERATORIO
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
6-12 h
Basso
ASA
Clopidogrel
Intermedio
ASA
Clopidogrel
Alto
ASA
Clopidogrel
-7 -5 -3
PREOPERATORIO
GpIIb/IIIa-INH
Clopidogrel
GpIIb/IIIa-INH
ASA
Clopidogrel
OP
POSTOPERATORIO
Figura 6. Schema di May e Geisler per la gestione della doppia terapia antiaggregante nei pazienti che devono sottoporsi
a intervento chirurgico. Modificata da: May AE et al. Thromb Haemost 2008
19
bridging, che consenta la sospensione della terapia antipiastrinica in vista di
un intervento chirurgico, seppure preso in considerazione da qualche linea
guida, è privo del supporto dell’evidenza.
Letture consigliate
• Burger W, Cheminitius JM, Kneissl GD. Low-dose aspirin for secondary cardiovascular prevention – cardiovascular risks after its perioperative withdrawal versus bleeding risks with its
continuation – review and meta-analysis. J Intern Med 2005;257:399-414
• Douketis JD, Spyropoulos AC, Spencer FA et al. Perioperative management of antithrombotic
therapy: Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of
Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012;141:e326S-50S
• May AE, Geisler T, Gawaz M. Individualized antithrombotic therapy in high risk patients after
coronary stenting. A double-edged sword between thrombosis and bleeding. Thromb Haemost
2008;99:487-93
• Riddell JW, Chiche L, Plaud B et al. Coronary stents and noncardiac surgery. Circulation
2007;116:e378-82
• Rossini R, Capodanno D, Lettieri C et al. Prevalence, predictors, and long-term prognosis of
premature discontinuation of oral antiplatelet therapy after drug eluting stent implantation.
Am J Card 2011;107:186-94
La patologia coronarica,
acuta e cronica, e la fibrillazione atriale sono patologie con elevata prevalenza
e che possono frequentemente coesistere. La maggior parte dei pazienti con fibrillazione atriale viene sottoposta a terapia
anticoagulante e buona parte dei pazienti con sindrome coronarica, almeno per un periodo di tempo variabile, viene regolarmente sottoposta
a doppia terapia antiaggregante. Circa il 20-30% dei pazienti affetti da fibrillazione atriale presenta una coronaropatia e questo può determinare la
necessità di impostare una terapia antitrombotica multipla.
Come condurre la terapia antiaggregante di un paziente in terapia anticoagulante che sviluppa una SCA?
Circa il 20-30% dei pazienti con fibrillazione atriale sviluppa o presenta
anche una coronaropatia.
20
La DAPT o la terapia antiaggregante singola non proteggono il paziente
affetto da fibrillazione atriale in modo ottimale. La metanalisi di Hart, del
1999, ha mostrato come l’effetto di ASA, rispetto a placebo, nella prevenzione dell’ictus cardioembolico sia pari a solo il 22%, con un beneficio prevalente derivante dalla riduzione degli ictus non disabilitanti. Warfarin,
invece, riduceva il rischio cardioembolico del 62% rispetto a placebo e del
49% rispetto ad ASA. La modesta efficacia della terapia antiaggregante
nella prevenzione dell’ictus cardioembolico è dimostrata anche da diversi
studi di confronto, quali il BAFTA (warfarin vs ASA in pazienti sopra i
75 anni) e l’AVERROES (di confronto con un nuovo anticoagulante orale,
apixaban).
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Warfarin riduce l’incidenza del tromboembolismo arterioso nel corso di
fibrillazione atriale del 62% rispetto a placebo e del 49% rispetto ad ASA.
ASA riduce il cardioembolismo del 22% rispetto a placebo.
I pazienti in fibrillazione atriale e/o in terapia anticoagulante orale che sviluppano una SCA, o che vengono sottoposti a PCI +/- stent, richiedono una
terapia antitrombotica tripla, esponendosi a un rischio elevato di complicazioni emorragiche. Le linee guida consigliano la tripla terapia antitrombotica,
ma mancano sicure evidenze scientifiche che indichino quali siano la terapia
ottimale e la sua durata. La maggior parte dei dati riguardanti le terapie antitrombotiche multiple proviene da studi di coorte e registri retrospettivi. A tale
riguardo va citato il lavoro di Sørensen e collaboratori, che ha analizzato una
coorte di più di 40.000 pazienti dimessi dopo SCA. Questi pazienti venivano
suddivisi in base alla loro terapia antitrombotica (ASA, clopidogrel, warfarin
o una combinazione di questi) e ne venivano registrate mortalità e morbilità.
I pazienti sottoposti a terapia con warfarin e clopidogrel e quelli in triplice
terapia hanno presentato la massima incidenza di eventi emorragici; dal registro è inoltre emerso che i pazienti con sanguinamenti non fatali mostravano
un tasso di mortalità e di recidiva di infarto miocardico quasi doppi rispetto a
quelli senza sanguinamenti (37,9% vs 18,4%).
21
La triplice terapia antitrombotica è gravata da un tasso di emorragie superiore.
I pazienti che sviluppano sanguinamento presentano una mortalità e un
rischio di infarto doppi rispetto ai pazienti senza sanguinamento.
È importante sottolineare come sia necessario controllare attentamente l’intensità della TAO (terapia anticoagulante orale) in corso di triplice terapia
e mantenerla al limite inferiore dell’intervallo terapeutico. Lo studio del
gruppo italiano di Rossini e collaboratori ha identificato un valore di INR
superiore a 2,6 come fattore indipendente per le emorragie in corso di triplice terapia. Confrontando i pazienti con INR compreso tra 2 e 2,5 e quelli con
valori superiori, la differenza di emorragie risultava significativa (Fig. 7).
Sopravvivenza libera da emorragie
100
90
80
70
60
50
Triplice terapia (INR 2-2,5)
Triplice terapia (INR >2,5)
Doppia terapia
40
30
0
150
300
400
600
Giorni
Figura 7. INR e differenza nelle emorragie
Modificata da: Rossini et al. Am J Cardiol 2008
In corso di triplice terapia antitrombotica, mantenere l’INR tra 2 e 2,5 riduce
significativamente il tasso di emorragie.
22
Sebbene vi sia un incremento del tasso di emorragia, la terapia con dicumarolici rimane un importante caposaldo nel trattamento di questi pazienti. Ruiz-Nodar e collaboratori hanno condotto uno studio di coorte su 426
pazienti affetti da fibrillazione atriale sottoposti a PCI. I pazienti che non
avevano ricevuto TAO presentavano una mortalità superiore, in termini assoluti, del 10% (27,8% vs 17,8%) e un’incidenza aumentata di eventi cardiovascolari maggiori (da 26,5% a 38,7%). Risultati analoghi sono stati riportati
dal gruppo di Bernard, che ha confermato il ruolo dei dicumarolici: l’assenza di TAO era fattore di rischio indipendente per morte ed eventi vascolari
nei pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a PCI + stent.
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
L’assenza di una terapia anticoagulante in pazienti con fibrillazione atriale e
SCA è predittore indipendente di mortalità ed eventi cardiovascolari avversi.
Recentemente il gruppo danese di Lamberts e collaboratori ha pubblicato
dati retrospettivi riguardanti più di 12.000 pazienti affetti da fibrillazione
atriale e sottoposti anche a PCI, elettiva o in urgenza. Vi erano pazienti in
doppia terapia antiaggregante (ASA + clopidogrel), in terapia antitrombotica triplice (ASA + clopidogrel + warfarin) e pazienti con terapia di associazione tra warfarin e un altro antiaggregante (ASA o clopidogrel). La terapia
di associazione tra warfarin e clopidogrel risultava efficace tanto quanto la
triplice nel prevenire le recidive miocardiche ischemiche, anzi con una tendenza a una migliore prevenzione; anche gli altri gruppi (ASA + clopidogrel
e ASA + warfarin) non erano risultati meno efficaci della triplice terapia. l
gruppi ASA + clopidogrel e warfarin + ASA erano gravati da un aumento
del 50% dell’incidenza di ictus ischemico e mortalità. In termini di sicurezza,
i pazienti trattati con ASA + clopidogrel e ASA + warfarin hanno sviluppato
meno complicazioni emorragiche rispetto agli altri gruppi, ma la combinazione warfarin + clopidogrel è risultata, seppur non in maniera statisticamente significativa, più sicura della triplice terapia (Tab. 4).
A conferma di quanto emerso dal registro di Lamberts è utile citare lo studio
WOEST. Gli autori di questo studio hanno arruolato 564 pazienti adulti con
23
Nei pazienti con fibrillazione atriale e SCA gli studi retrospettivi indicano che:
- warfarin migliora la prognosi e la mortalità del paziente
- mantenere l’INR tra 2 e 2,5 riduce i sanguinamenti
- warfarin e clopidogrel sono tendenzialmente più sicuri della triplice terapia
e almeno parimenti efficaci
Tabella 4. Efficacia e sicurezza della terapia antitrombotica multipla in pazienti con fibrillazione atriale e recente SCA o PCI
Modificata da: Lamberts M et al. J Am Coll Cardiol 2013
Duplice terapia antitrombotica
ASA+clopidogrel
Triplice terapia
TAO+clopidogrel
TAO+ASA+clopidogrel
HR
(IC 95%)
IR
HR
(IC 95%)
IR
HR
(IC 95%)
Infarto miocardico 21,3 Riferimento 17,7
0,78
(0,66-0,91)
9,6
0,56
(0,40-0,79)
16,2
0,83
(0,68-1,00)
Ictus ischemico
6,3
5,6
0,81
(0,61-1,08)
2,8
0,51
(0,28-0,95)
4,1
0,67
(0,46-0,98)
Mortalità globale
17,5 Riferimento 15,6
0,91
(0,77-1,08)
7,1
0,54
(0,35-0,76)
8,9
0,61
(0,47-0,77)
Sanguinamento
6,9
Riferimento
9,7
1,44
(1,14-1,83)
10,9
1,63
(1,15-2,30)
14,3
2,08
(1,64-2,65)
Sanguinamento
fatale
0,3
Riferimento
0,8
3,90
(1,43-10,66)
0,5
2,73
(0,54-13,7)
0,9
4,80
(1,64-14,02)
Emorragie
cerebrali (fatali
e non)
0,4
Riferimento
1,1
2,98
(1,28-6,92)
1,3
3,80
(1,26-11,4)
1,5
4,05
(1,69-9,71)
Emorragie GI
(fatali e non)
2,9
Riferimento
4,0
0,36
(0,94-1,96)
3,5
0,24
(0,68-2,25)
5,7
0,99
(1,37-2,90)
IR
HR
(IC 95%)
TAO+ASA
IR
Efficacia
Riferimento
Sicurezza
IR: incidence ratio (tasso di incidenza); HR: hazard ratio
indicazione a terapia anticoagulante a lungo termine e contemporanea indicazione a trattamento mediante PCI + stent per la presenza di una stenosi
coronarica superiore al 75%. I pazienti sono stati randomizzati ad assumere
la triplice terapia (warfarin, ASA e clopidogrel) o l’associazione warfarin +
clopidogrel. Complessivamente circa il 25% dei pazienti presentava una SCA
e il 70% era in terapia anticoagulante per fibrillazione atriale; nel 65% dei casi
24
Incidenza cumulativa di emorragie (%)
100
90
80
70
60
Triplice terapia
50
44,4%
40
HR 0,36 (IC 95% 0,26-0,50)
30
p<0,0001
20
19,4%
Doppia terapia
10
0
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
0
30
60
90
HR: hazard ratio
120
180
270
365
Giorni
Figura 8. Incidenza sanguinamenti: doppia terapia vs triplice terapia
Modificata da: Dewilde WJ et al. Lancet 2013
lo stent applicato è stato un DES e nel 30% uno stent metallico; il 70% dei vasi
veniva predilatato e nel 70-72% dei casi il vaso trattato era singolo. Nel 73%
dei pazienti è stato utilizzato l’accesso vascolare femorale. L’endpoint primario di questo studio era il sanguinamento, di qualsiasi tipo, a 1 anno, definito
secondo i criteri GUSTO, TIMI e BARC. Gli endpoint secondari erano morte,
infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione del vaso bersaglio e trombosi
dello stent. Il follow-up mediano era di 365 giorni. L’aderenza al trattamento è
stata buona (91% per la TAO, 84% per clopidogrel e 75% per ASA ). A 1 anno
si sono registrati sanguinamenti nel 19,4% dei soggetti del gruppo in doppia
terapia contro il 44% del gruppo con tripla terapia. Il 2,2% dei pazienti del
primo gruppo rispetto al 12% del secondo aveva presentato ripetuti episodi
di sanguinamento (Fig. 8).
La necessità di trasfusione nei pazienti in doppia terapia antiaggregante era pari
a circa un terzo di quella registrata nei pazienti in triplice terapia (3,9% vs 9,5%)
e, in relazione al tipo di sanguinamento, si è registrata una riduzione significativa
25
Incidenza cumulativa di morte, infarto miocardico,
ictus, rivascolarizzazione e stent trombosi (%)
100
90
Triplice terapia
80
Doppia terapia
70
60
50
40
HR 0,60 (IC 95% 0,38-0,94)
30
p=0,025
20
17,6%
10
0
11,1%
0
30
60
90
HR: hazard ratio
120
180
270
365
Giorni
Figura 9. Incidenza di morte, IM, ictus, rivascolarizzazione e stent trombosi: doppia terapia vs triplice terapia
Modificata da: Dewilde WJ et al. Lancet 2013
di tutti i sanguinamenti, soprattutto di quelli moderati o minori. I sanguinamenti maggiori, data l’esiguità dei dati, sono risultati numericamente inferiori nel
gruppo di clopidogrel e warfarin pur non raggiungendosi, per tutti i tipi di classificazione delle emorragie, la significatività statistica. Le emorragie intracraniche
erano simili, mentre per quanto attiene alle altre emorragie, la doppia terapia era
gravata da minori conseguenze rispetto alla tripla per tutti i sottogruppi esaminati (età, sesso, patologia, indicazione a PCI e a TAO).
La terapia warfarin + clopidogrel, anche in termini di efficacia, si è dimostrata non inferiore alla triplice terapia: l’endpoint secondario è stato registrato
nell’11,1% dei pazienti in doppia terapia rispetto al 17,3% dei pazienti in
tripla terapia (Fig. 9) e l’andamento si è mantenuto simile quando corretto
per i fattori confondenti.
Nel gruppo in doppia terapia si sono registrati 7 decessi contro i 18 del
gruppo in triplice terapia. Lo studio WOEST pertanto apre una nuova prospettiva per la terapia antitrombotica nei pazienti che presentano fibrillazio26
ne atriale, o che richiedono una terapia anticoagulante orale, e che vanno
incontro a una procedura coronarica interventistica per una sindrome coronarica acuta o cronica. Questi pazienti presentano un rischio elevato, sia
trombotico sia emorragico, e la possibilità di impiegare una terapia meno
rischiosa, soprattutto dal punto di vista emorragico, e parimenti efficace è
sicuramente allettante.
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Lo studio WOEST dimostra come l’associazione warfarin + clopidogrel non
sia inferiore in termini di efficacia alla triplice terapia (warfarin + ASA +
clopidogrel) e si riveli più sicura in termini di complicazioni emorragiche.
L’introduzione di ticagrelor e prasugrel ha migliorato, anche se non in misura analoga per l’uno e l’altro farmaco, la storia naturale dei pazienti con
SCA. Ci sono sicuramente diversi ambiti in cui il beneficio di questi farmaci rispetto a clopidogrel è marginale se non assente. Peraltro, in termini
di sicurezza, i nuovi antiaggreganti sono gravati da un profilo sfavorevole
rispetto a clopidogrel. Nell’ambito della triplice terapia, al momento non è
proponibile sostituire clopidogrel con i nuovi antiaggreganti piastrinici in
quanto non vi sono dati che supportino questa opzione e i pochi disponibili
suggeriscono un netto incremento del rischio emorragico a fronte di uno
scarso beneficio clinico. In questo senso vanno i risultati del gruppo di Sarafoff e collaboratori, che recentemente ha pubblicato i dati di 377 pazienti
in TAO e sottoposti a PCI + stent: nel gruppo di pazienti (meno del 6%) in
cui prasugrel sostituiva clopidogrel per il riscontro di un’elevata reattività
piastrinica, il tasso di emorragie era circa quintuplicato: 28,6% vs 6,7%.
In ultimo, oltre alla definizione della migliore triplice o duplice terapia nei
pazienti con cardiopatia ischemica e fibrillazione atriale o TAO, è importante ricordare che questa terapia deve essere di breve-medio termine. Infatti
l’impatto emorragico non è legato solamente al numero di farmaci, ma anche alla durata dell’impiego degli stessi. La durata è legata a sua volta al
tipo di patologia, di paziente e di stent. La valutazione di questi aspetti è
tradotta al meglio dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia,
27
Tabella 5. Come identificare la migliore triplice o duplice terapia: le raccomandazioni EHRA ed EAPCI
Modificata da: Lip GYH et al. Thromb Haemost 2010
Rischio emorragico
Basso o intermedio
Ambito
clinico
Stent
Raccomandazioni
Elettivo
BMS
1 mese ➜ warfarin (INR 2,0-2,5) + ASA 100 mg/die +
clopidogrel 75 mg/die + PPI
a lungo termine ➜ warfarin (INR 2,0-3,0) da solo
Elettivo
DES
-olimus: 3 mesi / -paclitaxel: 6 mesi ➜ triplice terapia
come sopra
sino a 12 mesi ➜ warfarin (INR 2,0-2,5) + clopidogrel
75 mg/die (o ASA)
a lungo termine ➜ warfarin (INR 2,0-3,0) da solo
SCA
BMS
DES
sino a 6 mesi ➜ triplice terapia come sopra
sino a 12 mesi ➜ warfarin (INR 2,0-2,5) + clopidogrel
75 mg/die (o ASA)
a lungo termine ➜ warfarin (INR 2,0-3,0) da solo
Elettivo
BMS
2-4 settimane ➜ warfarin (INR 2,0-2,5) + ASA
100 mg/die + clopidogrel 75 mg/die + PPI
a lungo termine ➜ warfarin (INR 2,0-3,0) da solo
SCA
BMS
sino a 1 mese ➜ triplice terapia come sopra
sino a 12 mesi ➜ warfarin (INR 2,0-2,5) + clopidogrel
75 mg/die (o ASA)
a lungo termine ➜ warfarin (INR 2,0-3,0) da solo
Alto
BMS: bare-metal stent; DES: drug-eluting stent; PPI: inibitori di pompa protonica
nelle sue appendici dell’EHRA e dell’EAPCI (rispettivamente le Società di
Aritmologia e di Emodinamica), pubblicate nel 2010 e tuttora valide (Tab. 5).
I risultati dello studio WOEST, con tutti i limiti della numerosità del campione e della rappresentatività, e i dati retrospettivi dei registri suggeriscono
che, almeno in termini di efficacia e sicurezza, l’associazione warfarin e clopidogrel non è inferiore alla triplice terapia. Le raccomandazioni delle linee
guida, in termini di scelta terapeutica e durata, sono chiare ma poco supportate da evidenza. È auspicabile che i dati più recenti appena ricordati spingano a una revisione delle stesse o, quanto meno, favoriscano lo sviluppo di
studi comparativi, su ampia scala, che confermino o meno i dati rassicuranti
emersi dallo studio WOEST e dallo studio osservazionale di Lamberts.
28
Letture consigliate
• Bernard A, Fauchier L, Pellegrin C et al. Anticoagulation in patients with atrial fibrillation
undergoing coronary stent implantation. Thromb Haemost 2013;110:560-8
• Dewilde WJ, Oirbans T, Verheugt FW et al. Use of clopidogrel with or without aspirin in patients taking oral anticoagulant therapy and undergoing percutaneous coronary intervention:
an open-label, randomised, controlled trial. Lancet 2013;381:1107-15
• Lamberts M, Gislason GH, Olesen JB et al. Oral anticoagulation and antiplatelets in atrial
fibrillation patients after myocardial infarction and coronary intervention. J Am Coll Cardiol
2013;62:981-9
• Lip GYH, Huber K, Andreotti F et al. Management of antithrombotic therapy in atrial fibrillation patients presenting with acute coronary syndrome and/or undergoing percutaneous
coronary intervention/stenting. A consensus document of the European Society of Cardiology
Working Group on Thrombosis, endorsed by the European Heart Rhythm Association [EHRA]
and the European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions [EAPCI]. Thromb
Haemost 2010;103:13-28
• Rossini R, Musumeci G, Lettieri C et al. Long-term outcomes in patients undergoing coronary
stenting on dual oral antiplatelet treatment requiring oral anticoagulant therapy. Am J Cardiol
2008;102:1618-23
• Sørensen R, Hansen ML, Abildstrom SZ et al. Risk of bleeding in patients with acute myocardial infarction treated with different combinations of aspirin, clopidogrel, and vitamin K antagonists in Denmark: a retrospective analysis of nationwide registry data. Lancet 2009;374:1967-74
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
I pazienti con SCA presentano una morbilità elevata
e il loro decorso può essere gravato da numerose
complicazioni emodinamiche, elettriche e infettive. Se
storicamente si riteneva che
l’incidenza della fibrillazione atriale nella SCA fosse stimabile attorno all’8-20%,
studi recenti ridimensionano il quadro, riportando un’incidenza del 6,3%. È
tuttavia necessario sottolineare come, nei pazienti che hanno sofferto di infarto
miocardico, l’incidenza cumulativa di fibrillazione atriale sia considerevole, anche nel lungo termine, attestandosi attorno al 30% soprattutto nei pazienti che
presentano un deficit sistolico importante (es. FE<30%).
Ne deriva come non sia infrequente valutare pazienti affetti da SCA e per i
quali vi è stata successiva indicazione a TAO.
Come condurre una terapia anticoagulante di un paziente, in terapia antiaggregante per SCA, che sviluppa
fibrillazione atriale o tromboembolismo venoso?
29
Nei pazienti con SCA l’incidenza di fibrillazione atriale è pari al 6-7%.
L’incidenza cumulativa è tuttavia del 30%, soprattutto nei soggetti che
presentano cardiomiopatia ipocinetica.
Gran parte dei presupposti per rispondere a questa domanda sono stati elencati e analizzati nella precedente risposta, tuttavia è possibile approfondire
ulteriormente il tema dell’impiego e del ruolo di warfarin nella cardiopatia
ischemica. La prima fonte da citare è la metanalisi di Anand e Yusuf, datata
1999, che ha valutato l’impatto della TAO nella coronaropatia. La terapia anticoagulante, condotta a livelli di INR elevati (2,8-4,2), riduceva la mortalità
del 22% e le complicazioni tromboemboliche del 63%, incrementando però
di 6 volte il sanguinamento maggiore. La TAO con livello di intensità moderato (INR 2-3) garantiva un miglioramento dei parametri mortalità, infarto
e ictus, comportando però un aumento di 7,7 volte del rischio di sanguinamento. Il ricorso a TAO con livelli di intensità moderata o bassa, in associazione ad ASA, non garantiva un miglioramento della prognosi rispetto ad
ASA e incrementava sostanzialmente il rischio di sanguinamento (Tab. 6).
Dati nordamericani riportano che circa il 40% dei pazienti con indicazione a
TAO a lungo termine assume anche ASA, in assenza di evidenze scientifiche
a supporto di tale strategia e di indicazioni specifiche da parte delle società
scientifiche di riferimento. Si evidenzia inoltre come nei pazienti in doppia
terapia antitrombotica (ASA + warfarin) la prevalenza di cardiopatia ischemica sia significativamente aumentata rispetto ai pazienti in sola terapia
con warfarin, a suggerire come la coronaropatia rappresenti la motivazione
che induce il medico a prescrivere questa associazione terapeutica. Nel 2007
Dentali e collaboratori hanno pubblicato una metanalisi che, al contrario di
quella di Anand e Yusuf precedentemente illustrata, ha preso in considerazione solo quegli studi in cui era stata confrontata l’associazione warfarin +
ASA con warfarin allo stesso livello di intensità della TAO. In questo lavoro
sono stati selezionati 10 studi, per un totale di 4.180 pazienti, di cui 5 relativi a pazienti con protesi meccanica valvolare, 2 a pazienti con fibrillazione
atriale, 2 a pazienti con SCA e 1 a pazienti a elevato rischio cardiovascolare.
30
Tabella 6. Risultati stratificati per livelli di intensità della TAO e uso di ASA
Modificata da: Anand SS et al. JAMA 1999
Parametri
Intensità
TAO
TAO vs
placebo
Intensità
TAO
TAO vs ASA
Intensità
TAO
TAO + ASA
vs ASA
Elevata
0,78
(0,69-0,87)
Elevata
1,05
(0,68-1,61)
Moderata
0,74
(0,23-2,33)
Moderata
0,82
(0,23-2,33)
Moderata
1,03
(0,73-1,44)
Bassa
1,03
(0,82-1,30)
Elevata
0,58
(0,52-0,66)
Elevata
0,97
(0,62-1,53)
Moderata
0,55
(0,26-1,19)
Moderata
0,48
(0,36-0,63)
Moderata
0,79
(0,48-1,31)
Bassa
0,93
(0,66-1,30)
Elevata
6,0
(4,4-8,2)
Elevata
5,37
(2,34-12,3)
Moderata
1,88
(0,59-6,00)
Moderata
7,7
(3,3-17,6)
Moderata
3,43
(1,8-6,5)
Bassa
1,29
(0,96-1,75)
Morte
Infarto
miocardico
Sanguinamento
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Complessivamente, il rischio di tromboembolismo arterioso era significativamente ridotto (di circa un terzo) dalla terapia di associazione TAO + ASA.
In generale i benefici osservati erano comunque limitati ai pazienti portatori
di protesi valvolari meccaniche. Nei pazienti con fibrillazione atriale o in
quelli affetti da coronaropatia, infatti, non si è rilevato alcun beneficio. In
termini di mortalità globale non si è assistito a una variazione significativa,
mentre, per quanto attiene al profilo di sicurezza, l’aggiunta di ASA alla terapia anticoagulante ha determinato un aumento significativo, pari al 43%
circa, del rischio emorragico. Uno studio osservazionale del database Kaiser
Permanente, di Johnson e collaboratori, conferma questo assunto: nessun
beneficio clinico ed eccesso di emorragia.
Tali evidenze ci portano ad affermare che, tranne in condizioni particolari,
ovvero le situazioni acute, non vi è alcun beneficio ad associare warfarin e
ASA nel paziente con cardiopatia ischemica cronica: nell’ambito sia di fibrillazione atriale sia di cardiopatia ischemica, infatti, l’associazione warfarin
31
+ ASA aumenta significativamente il rischio emorragico senza ridurre gli
eventi vascolari e la mortalità.
Nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica e fibrillazione atriale l’associazione warfarin + ASA vs solo warfarin non garantisce alcun beneficio in termini di mortalità e/o riduzione degli eventi vascolari. Incrementa invece il rischio
emorragico del 40%.
L’associazione warfarin + ASA può essere contemplata solo nei pazienti con protesi meccaniche valvolari ad alto rischio (mitraliche o aortiche + fattori di rischio
vascolari), nei quali comporta una riduzione di mortalità ed eventi vascolari.
I pazienti affetti da SCA che sviluppano in seguito una patologia che richiede una terapia anticoagulante devono essere sottoposti a una valutazione
del rischio emorragico e trombotico, così come indicato più sopra (si vedano
le linee guida ESC/EHRA/EAPCI). Per quanto concerne i pazienti affetti
da fibrillazione atriale, la valutazione del rischio trombotico ed emorragico
può avvenire attraverso il calcolo dei punteggi CHA2DS2-VASc e HAS-BLED
(Tabb. 7,8).
Tabella 7. Criteri CHA2DS2-VASc per il calcolo del rischio trombotico
Modificata da Lip GY et al. Chest 2010
Criteri CHA2DS2-VASc
32
Punteggio
C
Scompenso cardiaco e disfunzione ventricolare sinistra
1
H
Ipertensione
1
A
Età ≥75 anni
2
D
Diabete mellito
1
S
Ictus/TIA/tromboembolismo arterioso
2
V
Vasculopatia (precedente infarto, arteriopatia periferica o placca aortica)
1
A
Età 65-74 anni
1
S
Sesso categoria (donna)
1
Punteggio
Rischio tromboembolico
0
Basso
1
Medio
≥2
Alto
Tabella 8. Criteri HAS-BLED per il calcolo del rischio emorragico
Modificata da: Pisters R et al. Chest 2010
Criteri HAS-BLED
Punteggio
H
Ipertensione
A
Alterazione funzionale renale o epatica (1 punto ciascuna)
S
Ictus
1
B
Sanguinamento
1
1
1
L
INR labile
E
Anziani
D
Farmaci o alcol (1 punto ciascuno)
1o2
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
1
1o2
Punteggio
Rischio emorragico
0
Basso
1-2
Medio
≥3
Alto
Ipertensione: PS non controllata (>160 mmHg); INR labile: TTR (Therapeutic Time in Range) <60%; anziani: >65 anni;
farmaci: antiaggreganti, FANS
In Figura 10 si riporta il diagramma decisionale per la valutazione della terapia antitrombotica utilizzabile anche nei pazienti con SCA che
sviluppano fibrillazione atriale. In caso di elevato rischio trombotico si
impone l’introduzione di TAO, mentre in caso di basso rischio sono previste due opzioni: in presenza di un elevato rischio emorragico è possibile proseguire la terapia antiaggregante in corso oppure, in presenza di
un basso rischio emorragico, può essere ragionevole associare la terapia
anticoagulante orale alla DAPT.
Nei pazienti con cardiopatia ischemica che sviluppano fibrillazione atriale, la
valutazione del rischio trombotico ed emorragico si effettua calcolando i punteggi CHA2DS2-VASc e HAS-BLED. Se il paziente ha un punteggio CHA2DS2VASc ≥2 vi è indicazione a TAO, se il rischio è 0 non vi è indicazione a TAO,
mentre se il rischio è 1 è necessario valutare il rischio emorragico.
33
FA
SÌ
FA valvolare
NO
Età<65 anni e FA isolata (anche le donne)
SÌ
NO
CHA2DS2-VASc
0
1
≥2
TAO
Considerare HAS-BLED
Nessuna terapia antitrombotica
NAO
Dicumarolici
FA: fibrillazione atriale
Figura 10. Diagramma decisionale per la valutazione della terapia antitrombotica in pazienti con FA
Modificata da: Camm J et al. Eur Heart J 2012
La triplice terapia antitrombotica è efficace, ma gravata da importanti problemi di sicurezza. È quindi importante che sia elaborata, in termini essenzialmente di durata, in base alle caratteristiche della patologia, al rischio
emorragico del paziente e alle caratteristiche dello stent. Le linee guida e
le metanalisi descritte in precedenza indicano che la terapia anticoagulante, nella fase di stabilità della cardiopatia ischemica, è efficace quanto ASA.
Questo ci induce a concludere che il paziente affetto da coronaropatia che
sviluppa fibrillazione atriale o qualsiasi altra patologia per la quale è indicata una terapia anticoagulante orale può, nella fase di stabilità (dopo 12 mesi
dall’esordio della SCA), essere trattato esclusivamente con terapia anticoagulante, senza necessità di associare una terapia antiaggregante.
In pazienti con malattia vascolare stabile (in assenza di eventi vascolari acuti
e/o PCI nell’anno precedente), se concomita indicazione, va impiegata la sola
TAO senza alcun antiaggregante.
34
L’equilibrio tra rischio emorragico e trombotico deve rappresentare il punto
cardine nella scelta della tipologia e della durata della terapia: si dovrebbe
infatti cercare di preservare l’efficacia del trattamento e contemporaneamente evitare e/o ridurre il prezzo emorragico che inevitabilmente i pazienti
dovranno pagare.
In ultimo è importante sottolineare che tutti gli studi di associazione di
triplice o duplice terapia antitrombotica (anticoagulante + antiaggregante)
condotti specificamente nell’ambito della SCA hanno impiegato gli antagonisti della vitamina K. Non vi sono ancora esperienze in merito all’utilizzo
in questo ambito dei nuovi anticoagulanti orali, pertanto è fondamentale,
nella conduzione di una terapia antitrombotica multipla, rifarsi ancora ai
dicumarolici.
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Letture consigliate
• Anand SS, Yusuf S. Oral anticoagulant therapy in patients with coronary artery disease: a metaanalysis. JAMA 1999;282:2058-67
• Camm J, Lip GYH, De Caterina R et al. 2012 focused update of the ESC Guidelines for the
management of atrial fibrillation. An update of the 2010 ESC Guidelines for the management
of atrial fibrillation. Eur Heart J 2012;33:2719-47
• Dentali F, Douketis JD, Lim W et al. Combined aspirin–oral anticoagulant therapy compared
with oral anticoagulant therapy alone among patients at risk for cardiovascular disease. A
meta-analysis of randomized trials. Arch Intern Med 2007;167:117-24
• Donadini MP , Douketis JD. Combined warfarin–aspirin therapy: what is the evidence for benefit and harm and which patients should (and should not) receive it? J Thromb Thrombolysis
2010;29:208-13
• Lip GY, Nieuwlaat R, Pisters R et al. Refining clinical risk stratification for predicting stroke
thromboembolism in atrial fibrillation using a novel risk factor-based approach: a novel risk
factor-based approach: the Euro Heart Survey on Atrial Fibrillation. Chest 2010;137:263-72
• Pisters R, Lane DA, Nieuwlaat R et al. A novel user-friendly score (HAS-BLED) to assess
1-year risk of major bleeding in patients with atrial fibrillation: the Euro Heart Survey. Chest
2010;138:1093-100
• The Task Force for the Management of Atrial Fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC). Guidelines for the management of atrial fibrillation. Eur Heart J 2010;31:2369-2429
35
Negli ultimi anni sono stati
approvati per l’uso clinico i
nuovi anticoagulanti orali
(NAO), che hanno la proprietà di inibire direttamente i fattori della coagulazione (trombina e fattore X attivato) e di esercitare un effetto anticoagulante
costante, riproducibile e che non richiede un monitoraggio laboratoristico
assiduo. Questi nuovi farmaci, nella fattispecie dabigatran (inibitore della
trombina), rivaroxaban e apixaban (inibitori del fattore Xa), sono stati studiati in numerosi trial di fase II e III e approvati sia per la profilassi del tromboembolismo venoso nell’ambito della chirurgia protesica ortopedica sia
per la prevenzione del tromboembolismo arterioso nei pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare. Nell’ambito della SCA, in associazione agli
antiaggreganti piastrinici, da molti anni si impiegano farmaci anticoagulanti
quali eparina non frazionata, enoxaparina, fondaparinux e bivalirudina, che
possiedono la capacità, diretta o indiretta, di bloccare il processo coagulativo che l’evento ischemico ha innescato. È stato ampiamente dimostrato che
questi farmaci riducono la mortalità e il tasso di complicanze. Soprattutto
sulla base degli studi con bivalirudina, inibitore diretto endovenoso della
trombina, anche i NAO sono stati testati in questo ambito e si contano almeno 7 studi.
Complessivamente si può affermare che, se aggiunti a doppia terapia antiaggregante, i NAO riducono gli eventi cardiovascolari nell’ordine del 13%
(HR 0,87; 0,80-0,95) ma determinano il raddoppio degli eventi emorragici
(HR 2,34; 2,06-2,66). Apixaban e rivaroxaban sono stati valutati anche in studi di fase III, rispettivamente lo studio APPRAISE-2 e lo studio ATLAS ACS
2-TIMI 51: quest’ultimo, unico nella categoria, ha dato esito positivo sebbene
il beneficio dell’anticoagulante, in aggiunta alla terapia standard, compaia
dopo i primi 12 mesi e al prezzo di un aumento significativo del rischio di
sanguinamenti maggiori e di emorragie intracraniche. Resta del tutto incerto il ruolo dei nuovi antipiastrinici (prasugrel e ticagrelor) in combinazione
Come condurre la terapia antiaggregante nei pazienti che assumono un
nuovo anticoagulante orale (NAO)?
36
con i nuovi anticoagulanti per l’assenza di qualsiasi dato di efficacia e sicurezza derivante da studi clinici.
Nell’ambito delle SCA, i NAO, aggiunti alla DAPT, riducono del 13% circa gli
eventi cardiovascolari ma comportano un incremento significativo del rischio
emorragico (HR 2,34).
Al momento l’uso concomitante è sconsigliato.
La profilassi secondaria dopo SCA
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Per quanto riguarda invece l’impiego di agenti antipiastrinici nel corso della terapia con NAO per la fibrillazione atriale, dalla sottoanalisi dello studio RE-LY (dabigatran vs warfarin) di Dans e collaboratori è emerso che
l’aggiunta di una terapia antiaggregante (singola o doppia) non migliora
l’efficacia del trattamento ma aumenta il rischio emorragico. I pazienti che
assumevano contemporaneamente agenti antipiastrinici erano il 38% e in
una percentuale molto modesta veniva assunta la DAPT. Anche nello studio
ARISTOTLE (apixaban vs warfarin) circa il 24% dei pazienti assumeva ASA.
L’associazione non migliorava l’efficacia della terapia, mentre determinava
un incremento del tasso di sanguinamento (apixaban 1,82%/anno vs apixaban + ASA 3,1%/anno).
Richiamando le più recenti linee guida ESC, in accordo con le evidenze delle
metanalisi di Anand e Dentali, in condizioni di cardiopatia ischemica, e più
in generale di vasculopatia, in fase stabile, non vi è alcun vantaggio nell’utilizzo combinato di warfarin e antiaggreganti. È possibile estendere tale considerazione anche ai nuovi anticoagulanti. Studi prospettici o randomizzati
potranno condurre a conclusioni diverse, ma al momento è consigliata estrema prudenza nell’impiego combinato delle due classi di farmaci.
Letture consigliate
• Alexander JH, Lopes RD, Thomas L et al. Apixaban vs. warfarin with concomitant aspirin in
patients with atrial fibrillation: insights from the ARISTOTLE trial. Eur Heart J 2013 Oct 20.
[Epub ahead of print]
• Alexander JH, Lopes RD, James S et al. Apixaban with antiplatelet therapy after acute coronary
syndrome. N Engl J Med 2011;365:699-708
37
• Dans AL, Connolly SJ, Wallentin L et al. Concomitant use of antiplatelet therapy with dabigatran or warfarin in the Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy (RELY) trial. Circulation 2013;127:634-40
• Oldgren J, Wallentin L, Alexander JH et al. New oral anticoagulants in addition to single or
dual antiplatelet therapy after an acute coronary syndrome: a systematic review and metaanalysis. Eur Heart J 2013;34:1670-80
38
La prevenzione degli eventi
cardiovascolari nei pazienti con
arteriopatia obliterante periferica
Premessa
Con il termine arteriopatia obliterante periferica (AOP) si intende una gamma di sindromi che interessano i vasi arteriosi degli arti inferiori, degli organi
addominali o degli altri distretti. L’AOP è tipicamente secondaria a un’alterazione del flusso ematico, frequentemente legata a una restrizione del lume
vascolare su base aterosclerotica benché siano annoverate anche altre cause
quali la dilatazione aneurismatica e il tromboembolismo arterioso.
Le manifestazioni cliniche dell’AOP comprendono forme acute e croniche e
si associano a riduzione della funzionalità degli arti o di altri distretti, della
qualità di vita, rischio di amputazione degli arti e riduzione dell’aspettativa
di vita. La causa più comune di AOP è rappresentata dall’aterotrombosi e i
pazienti che ne sono affetti presentano spesso il coinvolgimento di uno o più
distretti vascolari in aggiunta a quello degli arti inferiori: è questa la motivazione per la quale spesso il soggetto affetto da AOP manifesta problematiche
diverse da quelle vascolari periferiche. Come per le altre patologie aterotrombotiche, anche nell’AOP l’aggregazione e l’adesione piastrinica giocano
un ruolo fondamentale.
L’AOP è dunque un marker di rischio cardiovascolare globale e la sua presenza, specie nella forma sintomatica, identifica un paziente equiparabile
a quello con pregresso evento coronarico o cerebrovascolare e, per quanto
riguarda la terapia, a un paziente in prevenzione secondaria.
Frequentemente l’AOP è asintomatica e solo un terzo dei pazienti presenta
la tipica claudicatio intermittens, cioè il dolore agli arti inferiori sotto
sforzo che si risolve dopo arresto della deambulazione.
39
Per Ankle-Brachial Index
(ABI) si intende l’indice
pressorio caviglia-braccio e
corrisponde al rapporto tra
la pressione sistolica massima rilevata tra l’arteria
dorsale del piede e la tibiale
posteriore e la pressione sistolica massima rilevata in sede omerale (Fig. 1).
Più nel dettaglio, benché in letteratura siano state descritte diverse modalità
Il calcolo dell’Ankle-Brachial Index
è sufficiente per individuare un paziente con AOP? È possibile eseguirlo anche in ambulatorio di Medicina
Generale?
ABI destro
ABI sinistro
Pressione massima
caviglia dx
Interpretazione ABI
Pressione massima
omerale
>1,30
1,00-1,29
0,91-0,99
0,41-0,90
0,00-0,40
Pressione massima
caviglia sx
Pressione massima
omerale
Pressione sistolica
braccio sx
Pressione sistolica
braccio dx
Pressione sistolica
caviglia dx
Figura 1. Calcolo dell’Ankle-Brachial Index
Modificata da: Hiatt WR. N Engl J Med 2001
40
Normo-compressibile
Normale
Borderline
AOP lieve-moderata
AOP severa
DP
DP
PT
PT
Pressione sistolica
caviglia sx
di misurazione dell’ABI, non tutte validate, più frequentemente tale indice
viene misurato come rapporto, per entrambi gli arti inferiori, tra la pressione
sistolica maggiore, rilevata in uno dei due polsi degli arti inferiori (dorsale
del piede e tibiale posteriore), e la pressione sistolica maggiore, rilevata in
uno dei due arti superiori. Il bracciale per la misurazione va posizionato
a 1 cm dalla fossa antecubitale sull’arto superiore e a 2 cm dal malleolo mediale sull’arto inferiore e la raccolta dei valori pressori andrebbe effettuata
dopo circa 5-10 minuti di decubito supino e di riposo. Quando si appoggia la
sonda si dovrebbe avvertire il segnale doppler. Inoltre si dovrebbe gonfiare
il bracciale sino a 20 mmHg oltre il valore di scomparsa del segnale doppler,
per poi rilasciarlo gradualmente sino a scendere al punto in cui ricompare
l’onda sfigmica: tale livello pressorio corrisponde alla pressione arteriosa sistolica in quel vaso.
Se paragonate a quelle dell’angiografia, che rappresenta il gold standard per
la diagnosi di AOP, la sensibilità dell’ABI è del 79-95% e la sua specificità del
Pazienti (%)
30
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
32
29
20
19
20
10
Tipica
claudicatio
intermittens
Dolori
agli arti a riposo
e con l’esercizio
Dolori
degli arti atipici
(con l’esercizio)
Assenza
di dolori
AOP diagnosticata sulla base di ABI ≤0,9
Figura 2. Sintomatologia dei pazienti con AOP
Modificata da: McDermott MM et al. JAMA 2001
41
95-96%. L’obiettività clinica e l’anamnesi sono poco specifiche, come emerso
dai dati raccolti dal gruppo di McDermott, che dimostrano proprio come i
pazienti con AOP mostrino nella gran parte dei casi sintomi a carico degli
arti inferiori assolutamente aspecifici (Fig. 2). L’unico elemento dotato di una
discreta sensibilità e specificità, rispettivamente 91% e 71%, è la rilevazione
del polso arterioso tibiale posteriore.
Il valore normale dell’ABI è 1. Un valore inferiore a 0,91 è patologico e indicativo di arteriopatia periferica, mentre un valore inferiore a 0,4 è rappresentativo di una malattia ateromasica agli arti inferiori estremamente severa. Altri
valori di cut-off sono stati proposti e impiegati in ambito di ricerca clinica, ma
quelli menzionati rappresentano di gran lunga i valori di riferimento.
L’indice pressorio caviglia-braccio, detto ABI (Ankle-Brachial Index), ha una
sensibilità e una specificità estremamente elevate, seconde solo a quelle
dell’angiografia, nella diagnosi di AOP. La sua rilevazione è semplice ed
effettuabile a livello ambulatoriale, disponendo di sfigmomanometro ed
ecodoppler, anche portatile.
Corrisponde al rapporto tra la pressione maggiore a una caviglia (dorsale del
piede o tibiale posteriore) e la pressione maggiore omerale.
Il valore normale è 1; si parla di AOP se il valore è ≤0,9. Un valore <0,4 è
indicativo di AOP severa.
L’AOP è un marker affidabile di malattia aterosclerotica diffusa: i pazienti con
AOP, sia isolata sia associata ad altre patologie, infatti, presentano mortalità
e morbilità per eventi aterotrombotici estremamente elevate. Numerosi studi
hanno descritto la correlazione esistente tra ABI, in grado di individuare sia
la forma sintomatica sia quella asintomatica di AOP, e la prognosi vascolare
dei pazienti. Tra i diversi lavori spicca la metanalisi di Heald e collaboratori,
per l’Ankle-Brachial Index Collaboration, che ha incluso 11 studi longitudinali, condotti su 44.590 pazienti asintomatici per AOP a cui veniva determinato l’ABI e confrontate la mortalità e la morbilità vascolare. Sebbene vi fosse
marcata eterogeneità tra gli studi, un valore basso di ABI (<0,9) si associava
a una mortalità totale aumentata (RR 1,60; IC 95% 1,32-1,95), una mortalità
42
cardiovascolare significativamente maggiore (RR 1,96; IC 95% 1,46-2,64), un
incremento della patologia coronarica (RR 1,45; IC 95% 1,08-1,93) e a una maggiore incidenza di ictus (RR 1,35; IC 95% 1,10-1,65) (Fig. 3). Inoltre aumentava
la predittività dei sistemi di calcolo del rischio vascolare in uso.
Dallo storico San Diego Artery Study è emersa una stretta relazione tra la
severità dell’arteriopatia e la prognosi del paziente: il valore di ABI si dimostrava infatti inversamente proporzionale alla prevalenza delle complicazioni vascolari e alla mortalità. Si osservava inoltre una diversa mortalità
nei pazienti con AOP sintomatica, tra le forme moderate e severe. Anche
i pazienti con AOP asintomatica presentavano una frequenza di mortalità
aumentata, sostanzialmente sovrapponibile a quella dei pazienti con AOP
sintomatica moderata (Fig. 4).
Il medesimo rapporto inversamente proporzionale tra ABI e morbi-mortalità vascolare è stato rilevato nello studio tedesco GET-ABI. In termini di
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
8,0
Rapporto di rischio (IC 95%)
Uomini
Donne
4,0
2,0
1,0
0,5
≤0,60
0,610,70
0,710,80
0,810,90
0,911,00
1,011,10
1,111,20
1,211,30
1,311,40
>1,40
ABI
Figura 3. Rapporto tra ABI e mortalità totale
Modificata da: Fowkes FG et al. JAMA 2008
43
Probabilità cumulativa di sopravvivenza (%)
1,00
No AOP
0,75
AOP asintomatica
0,50
AOP sintomatica
AOP con sintomatologia
severa
0,25
0,00
0
2
4
6
Anni
8
10
12
Figura 4. Curve di Kaplan-Meier relative alla mortalità complessiva
Modificata da: Criqui MH et al. N Engl J Med 1992
mortalità ed eventi vascolari, i pazienti con AOP, sintomatica o asintomatica,
differivano significativamente dai pazienti senza AOP e, tra i primi, i pazienti sintomatici presentavano una tendenza a un esito peggiore.
Il valore di ABI è inversamente proporzionale alla mortalità e alla morbilità
vascolare. I pazienti con AOP mostrano una prognosi nettamente differente
rispetto ai pazienti senza AOP. Il grado di severità dell’AOP si correla alla
prognosi.
Un’ulteriore conferma del rapporto tra ABI e mortalità cardiovascolare è
derivata dallo studio HOPE, che ha valutato l’impatto di ramipril sulla prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti ad alto rischio vascolare,
ovvero i pazienti con ≥55 anni, evidenza di malattia vascolare o diabete e
un fattore di rischio cardiovascolare addizionale. L’endpoint primario dello
studio era l’insieme di infarto miocardico, ictus e mortalità vascolare. Nella
44
quasi totalità dei pazienti (8.986 su 9.297 arruolati) veniva registrato l’ABI,
misurato principalmente mediante palpazione digitale. In 3.099 pazienti
dello studio HOPE l’ABI è risultato patologico (<0,9). Inoltre l’indice si dimostrava fortemente predittivo di mortalità e morbilità vascolare e si registrava un’associazione anche tra entità dell’ABI e mortalità: l’endpoint primario si verificava infatti nel 13,1% dei pazienti con ABI normale e nel 18%
dei pazienti con ABI <0,9, mentre la mortalità totale era 8,5% nei pazienti con
ABI normale, 12,4% nei pazienti con ABI compreso tra 0,6 e 0,9 e 14,2% nei
pazienti con ABI <0,6 (Fig. 5).
0,25
AOP clinica
AOP asintomatica (ABI<0,6)
AOP asintomatica (ABI 0,6-0,9)
No AOP
Tassi di Kaplan-Meier
0,20
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
0,15
0,10
p<0,0001
0,05
0,0
0
500
1.000
Giorni
1.500
2.000
Figura 5. Associazione tra ABI e mortalità totale
Modificata da: Ostergren et al. Eur Heart J 2004
La correlazione tra ABI e mortalità e morbilità vascolare è stata confermata
anche dallo studio HOPE, in cui la mortalità aumentava al ridursi dell’ABI.
Recentemente, la Task Force del servizio di prevenzione statunitense
(USPSTF, U.S. Preventive Services Task Force) ha valutato le evidenze a supporto dell’indicazione all’impiego dell’ABI come unico test di screening
dell’AOP e predittore di rischio cardiovascolare. Analizzando una meta45
nalisi e 14 studi di discreta qualità, che valutavano la predittività del singolo ABI sulla morbilità e sulla mortalità vascolare, la USPSTF ha concluso
che il punteggio ABI aggiunge poco o nulla alla definizione dei pazienti a
rischio rispetto al calcolo del Framingham Risk Score. Le considerazioni
della Task Force erano anche legate al fatto che, escludendo i pazienti con
sintomi atipici e quelli con malattie aterotrombotiche già presenti, i pazienti identificati dall’ABI come assolutamente asintomatici e senza altre
malattie erano numericamente limitati. Nella disamina era stato inoltre
incluso il lavoro del gruppo Aspirin for Asymptomatic Atherosclerosis
che eseguiva uno screening di pazienti asintomatici e poi randomizzava
i pazienti affetti da AOP (ABI <0,9) ad ASA vs placebo: non emergendo
alcuna differenza tra questi due gruppi, l’USPSTF concludeva affermando
la mancanza di utilità della misurazione dell’ABI.
Si può però controbattere alle posizioni della USPSTF rifacendosi a quanto affermato da Mary McDermott, della Northwestern University di Chicago, in un editoriale di accompagnamento comparso con il report della
Task Force. In primis, spesso vi è un ritardo nella diagnosi di AOP proprio
perché, oltre a poter essere asintomatica, la malattia può frequentemente
manifestarsi con sintomatologia atipica. Nel computo del reale beneficio
dell’ABI vanno pertanto calcolati anche i pazienti con sintomatologia non
convenzionale. In secondo luogo ASA non rappresenta né l’unico farmaco
né il farmaco ideale per l’AOP, come emerge da diverse metanalisi nelle
quali non ha mostrato benefici significativamente diversi rispetto a placebo. Infine la USPSTF non ha considerato l’impatto della diagnosi precoce
sulla progressione periferica della malattia.
Sulla scorta soprattutto degli studi sopracitati, piuttosto che sulle raccomandazioni della USPSTF, l’American College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) consiglia di ricorrere all’ABI come screening nei pazienti
con più di 65-70 anni, quelli con dolore sotto sforzo degli arti inferiori, quelli
con lesioni cutanee che non guariscono e quelli con più di 50 anni, fumatori
e/o diabetici.
La facile implementazione della misurazione dell’ABI nella pratica quo46
L’ABI deve essere calcolato in tutti i pazienti con le seguenti caratteristiche:
• età >50 anni, fumatori e/o diabetici
• età >65 anni con dolore sotto sforzo degli arti, con lesioni cutanee a scarsa
guarigione
tidiana è dimostrata da diversi studi, tra i quali lo studio IPSILON, del
gruppo francese di Kownator, che era consistito nello screening di 5.679
pazienti consecutivi con età >55 anni e segni o sintomi suggestivi per AOP
o comunque con uno o più fattori di rischio aterotrombotico da parte di
medici di Medicina Generale. Dei 1.340 pazienti che presentavano cardiopatia ischemica, più del 26% mostrava valori patologici di ABI e la
maggioranza di questi pazienti era asintomatica.
Il più importante dei lavori sopra accennati è lo studio PANDORA (The Prevalence of peripheral Arterial disease in patients with a moderate cardiovascular
disease risk, with No overt vascular Diseases nOR diAbetes mellitus), che si era
prefisso di determinare la prevalenza dell’AOP degli arti inferiori in pazienti
a rischio vascolare non elevato (pertanto erano stati esclusi i soggetti diabetici). Obiettivo secondario era determinare la prevalenza e il trattamento dei
fattori di rischio cardiovascolare. In 10.287 pazienti la prevalenza dell’AOP
asintomatica era pari al 17,8%. I fattori di rischio associati erano l’ipertensione arteriosa, l’età, il consumo di alcol, la familiarità per cardiopatia ischemica, il fumo di sigaretta e bassi livelli di HDL. Questo studio ha dimostrato
non solo che, se ricercata con l’ABI nell’ambito della Medicina Generale,
la prevalenza dell’AOP nei pazienti asintomatici è elevata, ma soprattutto
che l’ABI permette di identificare l’arteriopatia obliterante con notevole frequenza anche in quei pazienti che non avrebbero dovuto essere classificati
ad alto rischio cardiovascolare (Fig. 6).
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Gli studi PANDORA e IPSILON documentano la riproducibilità dell’ABI
anche in ambito di Medicina Generale.
Lo studio PANDORA ha dimostrato come, in soggetti a rischio vascolare
ritenuto non elevato, la rilevazione dell’ABI evidenzi una quota, pari al 18%
circa, di pazienti con ABI alterato e quindi ad alto rischio vascolare.
47
A
100
Pazienti (%)
80
60
40
20
0
Totale
Italia
Senza AOP
Belgio
Francia
Olanda
Grecia
Svizzera
Con AOP
B
7
6
Odds ratio
5
4
3
2
1
0
2
3
4
Fattori di rischio (n)
Figura 6. A) Distribuzione dei pazienti con AOP per Paesi nello studio PANDORA;
B) Aumento del rischio di AOP all’aumentare del numero dei fattori di rischio
Modificata da: Cimminiello C et al. Int Emerg Med 2011
48
5
Si può pertanto affermare che l’ABI permette di identificare come affetti da
AOP, quindi a rischio vascolare significativamente aumentato, una percentuale non trascurabile di soggetti che altrimenti sarebbero classificati come a
rischio non elevato. La semplicità della metodica ne permette la diffusione sul
territorio e l’utilizzo come efficace mezzo di screening e prevenzione.
L’ABI permette di identificare i pazienti con AOP e pertanto a rischio vascolare
significativamente aumentato.
La semplicità della metodica ne permette la diffusione sul territorio e l’utilizzo
come efficace mezzo di screening e prevenzione.
Letture consigliate
• Ankle Brachial Index Collaboration. Ankle brachial index combined with Framingham risk score
to predict cardiovascular events and mortality. A meta-analysis. JAMA 2008;300:197-208
• Cimminiello C, Kownator S, Wautrecht JC et al. The PANDORA study: peripheral arterial disease
in patients with non-high cardiovascular risk. Intern Emerg Med 2011;6:509-19
• Diehm C, Allenberg JR, Pittrow D et al. Mortality and vascular morbidity in older adults with
asymptomatic versus symptomatic peripheral artery disease. Circulation 2009;120:2053-61
• Fowkes FGR, Low LP, Tuta S et al. Ankle-brachial index and extent of atherothrombosis in 8891
patients with or at risk of vascular disease: results of the international AGATHA study. Eur Heart
J 2006;27:1861-7
• Kownator S, Camboub JP, Cacoubc P. Prevalence of unknown peripheral arterial disease
in patients with coronary artery disease: data in primary care from the IPSILON study. Arch
Cardiovasc Dis 2009;102:625-63
• Ostergren J, Sleight P, Dagenais G et al. Impact of ramipril in patients with evidence of clinical or
subclinical peripheral arterial disease. Eur Heart J 2004;25:17-24
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
L’AOP è un’importante manifestazione dell’aterosclerosi
Perché la terapia antiaggregante nel
ed è associata a una prevapaziente con AOP? Risponde all’olenza non trascurabile nella
biettivo di migliorare le caratteristipopolazione generale, che
che reologiche del sangue?
raggiunge il valore di 12%
nei soggetti con più di 65
anni. Quest’ultimo dato è emerso dallo studio di popolazione Cardiovascular
Heart Study (CHS), condotto su più di 5.000 pazienti del sistema americano
49
Medicare, di età >65 anni, per i quali è stato calcolato l’ABI (patologico, quindi
<0,9, nel 12,4% dei casi). Inoltre i pazienti con AOP manifestavano un’incidenza superiore di complicanze vascolari quali infarto miocardico, angina, ictus,
TIA e scompenso cardiaco rispetto ai pazienti non interessati dalla patologia
(Tab. 1).
Tabella 1. Prevalenza delle patologie vascolari nei sottogruppi di pazienti sulla base dell’ABI
Modificata da: Newman AB et al. Circulation 1993
Patologie
Prevalenza
p
Indice ABI
1-1,5
0,9-1
0,8-0,9
<0,8
Infarto miocardico
7,3%
9,4%
15%
21,8%
1
1,3
2
2,7
11,5%
14,6%
17,4%
26,5%
1
1,3
1,4
2,1
1,6%
1,4%
4%
6%
1
0,9
2,1
3,1
2,1%
2%
7,7%
5,6%
1
1
3,6
2,6
1,2%
2%
2,4%
3,8%
1
1,5
1,6
2,4
Rischio relativo
Angina
Rischio relativo
Scompenso cardiaco
Rischio relativo
Ictus
Rischio relativo
TIA
Rischio relativo
<0,0001
<0,0001
<0,0001
<0,0001
<0,01
Circa il 10-15% della popolazione con più di 65 anni di età presenta un ABI
patologico (<0,9) compatibile con AOP. Questi pazienti possiedono un tasso
di comorbilità elevato.
Dal Coronary Heart Study è emerso anche che i pazienti affetti da AOP presentano più frequentemente fattori di rischio vascolare quali ipertensione,
diabete mellito e ipercolesterolemia rispetto ai pazienti non affetti. Dal lavoro
è inoltre emersa una prevalenza elevata del fumo di sigaretta, dato evidenziato anche da tutti gli studi analoghi e dai registri di pazienti affetti da AOP,
quali il registro REACH (Fig. 7).
I pazienti con AOP sono infine soggetti nei quali la sintomatologia periferi50
100
81
Pazienti (%)
80
66,7
60
44,2
40
24,5
20
0
Diabete
Ipercolesterolemia
Fumo
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Ipertensione
Figura 7. Prevalenza dei fattori di rischio nei pazienti con AOP
Modificata da: Bhatt DL et al. JAMA 2006
I pazienti con AOP presentano una prevalenza elevata di fattori di rischio
cardiovascolare.
ca, seppur atipica, altera la qualità di vita e limita le attività quotidiane. In
quest’ottica la terapia medica si è posta obiettivi quali la prevenzione vascolare, la riduzione della progressione dell’aterosclerosi e il miglioramento delle
performance.
Nei pazienti con AOP la terapia antiaggregante ha la finalità di prevenire gli
eventi vascolari e ridurre la mortalità globale e vascolare.
Per quanto concerne la prevenzione della progressione dell’aterosclerosi è
importante citare gli studi di Hess del 1985 e di Stiegler del 1984, che hanno
rispettivamente valutato l’effetto di ASA, dipiridamolo, della combinazione
dei due e di ticlopidina sulla progressione arteriografica della malattia in un
51
follow-up di 2 anni e 1 anno. Si segnala che, nell’esigua casistica dello studio
di Stiegler (43 pazienti), si è verificato un caso di agranulocitosi fatale in un
paziente trattato con ticlopidina. In questo ambito si deve citare anche una
sottoanalisi del Physicians’ Health Study, che ha mostrato come, nel followup di 60 mesi, i pazienti che avevano assunto ASA mostravano indicazione
a interventi di rivascolarizzazione degli arti inferiori solo nella metà dei casi
rispetto al gruppo placebo.
La terapia antiaggregante previene la progressione angiografica e clinica
dell’AOP e riduce gli eventi vascolari periferici e la necessità di intervento
chirurgico.
Tra le prime esperienze in merito agli effetti emoreologici della terapia
antiaggregante si annoverano i lavori di Randi e Palareti, della metà degli anni ’80, dedicati all’effetto di ticlopidina sulla viscosità ematica, dai
quali è emerso che tale effetto consisteva principalmente nella riduzione
del fibrinogeno. Alla fine degli anni ’80 sono stati pubblicati anche studi
sulla capacità di ticlopidina di migliorare i sintomi nei pazienti affetti da
claudicatio intermittens, tra i quali si ricordano i lavori di Arcan e di Balsano.
Negli stessi anni sono stati inoltre presentati lo studio argentino EMATAP
e quello svedese STIMS, nei quali pazienti con AOP sintomatica erano stati
trattati con ticlopidina o placebo allo scopo di prevenire gli eventi cardiovascolari.
Tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del 2000 sono invece stati condotti
studi mirati a valutare l’effetto di cilostazolo sulla sintomatologia del paziente
con AOP. In particolare i lavori di Dawson e del gruppo di Strandness hanno
evidenziato il favorevole effetto di cilostazolo sulla sintomatologia e sulla capacità di marcia dei pazienti con AOP.
In ultimo si cita la review sistematica della Cochrane realizzata da Wong, che
ha incluso 12 studi per un totale di 12.168 pazienti. È emerso come la terapia
antiaggregante risulti più efficace nel ridurre il rischio di progressione del52
la patologia e di necessità di rivascolarizzazione (RR 0,65; IC 95% 0,43-0,97)
rispetto a placebo. Nell’ambito degli antiaggreganti, le tienopiridine sono risultate associate a una riduzione del 27% della mortalità cardiovascolare (RR
0,73; IC 95% 0,58-0,93) e degli eventi cardiovascolari (RR 0,81; IC 95% 0,670,98) rispetto ad ASA.
Nel paziente con AOP la terapia antiaggregante, rispetto a placebo, riduce:
• il rischio di progressione
• la necessità di rivascolarizzazione
• la sintomatologia
Le tienopiridine riducono del 27%, rispetto ad ASA, mortalità e morbilità
cardiovascolare.
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
L’interesse per gli effetti degli antiaggreganti sulla sintomatologia dell’AOP
si è poi attenuato nel tempo, quando è risultato evidente che gli interventi di
gran lunga più efficaci su tale parametro erano rappresentati dall’esercizio
fisico e dalla sospensione dell’abitudine tabagica. Parimenti evidente era il
peso clinico dominante delle complicanze vascolari sistemiche esercitato anche rispetto alla sintomatologia degli arti e alla sua evoluzione.
In realtà la stretta associazione tra AOP e prognosi cardiovascolare è molto
più rilevante dei sintomi e della (limitata) evolutività locale della malattia.
Dallo studio CAPRIE (per il disegno dello studio vedere domanda successiva) è emerso infatti come il 50% di tutti i pazienti con AOP presentasse
l’interessamento di almeno un altro distretto vascolare oltre a quello degli
arti. La stessa associazione è emersa da numerosi altri lavori e registri, tra
i quali il registro REACH. Quest’ultimo è uno studio osservazionale, prospettico, condotto su quasi 70.000 pazienti, arruolati in 44 Paesi e a incrementato rischio di aterotrombosi. Il 60% dei pazienti con AOP valutati presentava anche altre forme aterotrombotiche, che determinavano un netto
aumento della mortalità. Nel dettaglio, la presenza di AOP nei pazienti con
cardiopatia ischemica o cerebropatia vascolare comportava un raddoppio
della mortalità (Fig. 8).
53
(% della popolazione totale)
Pazienti con CAD:
59,3% della popolazione
del registro REACH
CAD
44,6%
8,4%
CVD
1,6%
4,7%
AOP
25
Morte CV/IMA/ictus/ospedalizzazione (%)
23,11
20
21,95
Rischio
x2
15
Rischio
x2
13,04
10
9,87
5
0
Solo CAD
CAD + AOP
CAD: arteriopatia coronarica;
CVD: malattia cerebrovascolare;
IMA: infarto miocardico acuto;
CV: cardiovascolare
Figura 8. Rapporto tra AOP e mortalità in pazienti con CAD e CVD
Modificata da: Bhatt DL et al. JAMA 2006
54
Solo CVD
CVD + AOP
Il 50-60% dei pazienti con AOP presenta cardiopatia ischemica o vasculopatia
cerebrale associata. L’associazione di AOP con le altre forme aterotrombotiche
ne raddoppia la mortalità.
Il rapporto esistente tra AOP e cardiopatia ischemica è evidenziato anche dai
dati emersi dal San Diego Artery Study, secondo i quali i pazienti con AOP
presentavano mortalità cardiovascolare 5,9 volte superiore rispetto a quella
dei pazienti senza AOP e la mortalità per cardiopatia ischemica era ancora
maggiore (6,6 volte più frequente rispetto a chi non soffriva di AOP) (Tab. 2).
Tabella 2. Rischio relativo di mortalità dei pazienti con AOP rispetto alla popolazione generale
Modificata da: Criqui MH et al. N Engl J Med 1992
Causa di morte
Rischio relativo (IC 95%)
Mortalità globale
3,1 (1,9-4,9)
Mortalità cardiovascolare
5,9 (3,0-11,4)
Mortalità cardiopatia ischemica
6,6 (2,9-14,9)
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
La mortalità cardiovascolare dei pazienti con AOP è 6 volte superiore a
quella dei pazienti senza AOP.
L’elevata frequenza di eventi aterotrombotici associati all’AOP potrebbe essere
la diretta conseguenza del carattere spesso asintomatico della patologia, almeno
nelle prime fasi, o correlato a sintomi atipici. In tali condizioni il processo diagnostico può essere rallentato, mentre si assiste alla prosecuzione del processo
ateromasico. Il decorso dell’AOP è influenzato dalle comorbilità sopra elencate.
La Figura 9 illustra chiaramente come il decorso dei pazienti con AOP sia costellato da complicazioni vascolari. Circa la metà dei pazienti andrà incontro a
decesso, ictus ischemico o infarto miocardico entro 5 anni dalla diagnosi. Del
50% restante, circa la metà sarà interessato da un peggioramento dell’AOP,
che si tradurrà solo in un 10% di tutti i pazienti in una procedura di rivascolarizzazione e solo nel 2% dei pazienti in una chirurgia demolitiva (amputazione) per refrattarietà alle terapie.
55
Si può pertanto affermare che l’effetto emoreologico della terapia antiaggregante, seppur presente, è soverchiato dai più importanti effetti sulla prevenzione degli eventi vascolari sistemici, più frequenti di quelli periferici e ovviamente più “importanti” dal punto di vista prognostico.
Pazienti
con AOP asintomatica
Pazienti
con claudicatio
che non ricorrono
alle cure del medico
100 pazienti
con claudicatio diagnosticata
Eventi locali
Eventi sistemici
Peggioramento claudicatio :
25 pazienti
Da 10 a 20 IM non fatali
o ictus
Rivascolarizzazione chirurgica:
10 pazienti
30 morti
PIÙ
Amputazione:
2 pazienti
IM: infarto miocardico
Figura 9. Storia naturale dell’AOP nel corso di 5 anni
Modificata da: Dormandy JA. Hosp update 1991
56
• Cardiovascolari: 15
• Altre cardiovascolari
e cerebrovascolari: 5
• Non cardiovascolari: 10
Solo un terzo dei pazienti con AOP presenta sintomi classici e un terzo è
completamente asintomatico.
Di 100 pazienti con AOP, il 50% svilupperà eventi vascolari sistemici, quali
ictus e infarto miocardico, che ne causeranno il decesso. Solo il 25% presenterà
un peggioramento della claudicatio e solo il 10% dovrà essere sottoposto a
intervento di rivascolarizzazione. Complessivamente solo il 2% dei pazienti
dovrà essere sottoposto a chirurgia demolitiva.
L’effetto emoreologico della terapia antiaggregante, seppur presente, è
mascherato dall’effetto sull’aterotrombosi sistemica, il cui “peso” prognostico
è maggiore delle complicazioni vascolari.
Letture consigliate
• Blanchard J, Carreras LO, Kindermans M. Results of EMATAP: a double-blind placebo-controlled
multicentre trial of ticlopidine in patients with peripheral arterial disease. Nouv Rev Fr Hematol
1994;35:523-8
• Bergqvist D, Almgren B, Dickinson JP et al. Reduction of requirement for leg vascular surgery
during long-term treatment of claudicant patients with ticlopidine: results from the Swedish
Ticlopidine Multicentre Study (STIMS). Eur J Vasc Endovasc Surg 1995;10:69-76
• CAPRIE Steering Committee. A randomized, blinded trial of clopidogrel versus aspirin in
patients at risk for ischemic events. Lancet 1996;348:1329-39
• Criqui MH, Langer RD, Fronek A et al. Mortality over a period of 10 years in patients with
peripheral arterial disease. N Engl J Med 1992;326:381-6
• Dawson DL, Cutler BS, Hiatt WR et al. A comparison of cilostazol and pentoxifylline for treating
intermittent claudication. Am J Med 2000;109:523-30
• Newman AB, Siscovick DS, Manolio TA et al. Ankle-arm index as a marker of atherosclerosis
in the Cardiovascular Health Study. Cardiovascular Heart Study (CHS) Collaborative Research
Group. Circulation 1993;88:837-45
• Steg PG, Bhatt DL, Wilson PW et al. One-year cardiovascular event rates in outpatients with
atherothrombosis. JAMA 2007;297:1197-206
• Zeymer U, Parhofer KG, Pittrow D et al. Risk factor profile, management and prognosis of
patients with peripheral arterial disease with or without coronary artery disease: results of the
prospective German REACH registry cohort. Clin Res Cardiol 2009;98:249-56
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Uno dei capisaldi della terapia dell’AOP è rappresentato
dalla terapia antitrombotica,
le cui finalità sono prevenire o ridurre la progressione
dell’aterosclerosi e prevenire
gli eventi aterotrombotici. In ambito di prevenzione primaria, nei pazienti con
Qual è l’antiaggregante di prima
scelta nei pazienti con AOP? Lo studio CAPRIE e altre evidenze
57
età ≥50 anni e AOP asintomatica le linee guida dell’American College of Chest
Physician (ACCP) riportano che vi è indicazione almeno ad ASA.
Nel trattamento dell’AOP asintomatica, nei pazienti con età ≥50 anni e ABI
<0,9, vi è indicazione a terapia con ASA (75-100 mg/die) piuttosto che nessuna
terapia.
American College of Chest Physician. Chest 2012
Tuttavia l’evidenza a sostegno di tale raccomandazione è contraddittoria: infatti i due più importanti studi di prevenzione primaria nei pazienti con AOP,
in cui venivano confrontati ASA e placebo, non hanno dato risultati positivi.
Gli studi condotti nei pazienti con AOP asintomatica non documentano
alcuna efficacia di ASA, sebbene sia indicato nelle linee guida internazionali
(con livello di evidenza 2B).
Lo studio POPADAD (Fig. 10) e quello AAA (Aspirin for Asynthomatic Atherosclerosis) (Fig. 11) hanno arruolato pazienti identificati per riduzioni lievi
dell’Ankle-Brachial Index (valore pari a 0,99 nel primo studio e a 0,95 nel secondo, nel quale si è operata una misurazione non convenzionale dell’ABI).
Solamente lo studio CLIPS ha documentato un beneficio di ASA rispetto a
placebo in prevenzione primaria. Lo studio, di piccole dimensioni e interrotto
per difficoltà di arruolamento, è stato condotto su pazienti sintomatici e con
ABI inferiore a quello dei pazienti degli studi precedenti (0,85).
La metanalisi del gruppo di Berger, riguardante la prevenzione con ASA
nei pazienti con AOP, ha confermato la mancanza di beneficio di ASA,
mentre la metanalisi di Basili e collaboratori precedentemente citata e relativa alla terapia antiaggregante nei pazienti con AOP, ha evidenziato la
capacità delle tienopiridine di ridurre, in maniera statisticamente significativa, il rischio cardiovascolare del paziente affetto da AOP. Un pari risultato non era documentato né per ASA né per un altro antipiastrinico oggi
poco in uso, picotamide.
58
25
ASA
Placebo
Atteso
Pazienti con eventi (%)
20
15
10
5
0
2
0
4
Mesi
6
8
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Figura 10. ASA vs placebo nella prevenzione primaria nel paziente con AOP (studio POPADAD)
Proporzione di pazienti con evento coronarico fatale
o non fatale, ictus o rivascolarizzazione
Modificata da: Belch J et al. BMJ 2008
0,14
ASA
Placebo
0,12
0,10
0,08
0,06
0,04
0,02
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Figura 11. ASA vs placebo nella prevenzione primaria nel paziente con AOP (studio AAA - Aspirin for Asynthomatic Atherosclerosis). Modificata da: Fowkes FG et al. JAMA 2010
59
Solo le tienopiridine, nella fattispecie clopidogrel, riducono in maniera
significativa il rischio di eventi in pazienti con arteriopatia periferica,
sintomatici o meno.
Le evidenze a sostegno dell’impiego di clopidogrel nell’AOP derivano dal già
più volte nominato studio CAPRIE. Questo studio ha arruolato più di 19.000
pazienti con aterotrombosi in uno o più distretti, tra cui l’AOP, randomizzati a un
trattamento con clopidogrel 75 mg/die vs ASA 325 mg/die per quasi 2 anni. I risultati emersi hanno indicato che clopidogrel riduceva il rischio relativo di eventi
vascolari complessivamente dell’8,7% e del 23,8% nei pazienti con AOP (Fig. 12).
Tale riscontro testimonia l’efficacia di clopidogrel nell’aterotrombosi ma soprattutto nei pazienti a prognosi peggiore e con una condizione clinico-patologica
più sfavorevole. Si ricorda che il 50% dei pazienti con AOP arruolati nello studio
CAPRIE presentava interessamento anche di un altro distretto vascolare.
IM, ictus ischemico o morte vascolare
(% cumulativa)
16
12
ASA
4,86
8
Clopidogrel
3,71
4
0
0
3
6
9
12
15
18
21
Follow-up (mesi)
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
Figura 12. Efficacia di clopidogrel vs ASA nei pazienti con AOP
Modificata da: CAPRIE Steering Committee. Lancet 1996
60
24
27
Riduzione RR 23,8%
p=0,0028
30
33
36
Clopidogrel, rispetto ad ASA, riduce del 23,8% gli eventi vascolari nei
pazienti con AOP.
In merito alla terapia antitrombotica nell’ambito dell’AOP, è importante citare
anche lo studio WAVE, che ha analizzato l’effetto della terapia anticoagulante
aggiunta ad ASA. Nello studio 2.161 pazienti con AOP sono stati randomizzati a ricevere ASA oppure TAO + ASA. Nel gruppo di terapia combinata si osservava una riduzione, non significativa, degli eventi vascolari rispetto al solo
ASA (12,2% vs 13,3%; RR 0,92; IC 95% 0,73-1,16; p=0,48), mentre si assisteva a
un incremento significativo dei sanguinamenti pericolosi per la vita (4,0% vs
1,2%; RR 3,41; IC 95% 1,84-6,35; p<0,001) (Tab. 3).
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Tabella 3. Risultati dello studio WAVE
Modificata da: Warfarin antiplatelet vascular evaluation trial investigators et al. N Engl J Med 2007
ASA + warfarin
n=1.080 (%)
ASA
n=1.081 (%)
RR (IC 95%)
p
IM, ictus o MV
12,2
13,3
0,92 (0,73-1,16)
0,48
IM, ictus o MV o
ischemia severa
15,9
17,4
0,91 (0,74-1,12)
0,37
Ictus ischemico
2,2
3,5
0,64 (0,38-1,06)
0,09
Ictus emorragico
1,3
0
15,2 (2,0-115,6)
0,001
Sanguinamento
pericoloso per la vita
4,0
1,2
3,41 (1,84-6,35)
<0,001
Sanguinamento
moderato
2,9
1,0
2,82 (1,43-5,58)
0,002
Sanguinamento
minore
38,6
10,6
3,63 (3,01-4,38)
<0,001
Endpoint
IM: infarto miocardico; MV: morte vascolare; RR: rischio relativo
Sulla base di questi elementi, sono state stilate le linee guida che riportano:
• la terapia antipiastrinica è indicata per ridurre il rischio vascolare (claudicatio intermittens, ischemia critica delle estremità, rivascolarizzazione) nei
pazienti con AOP asintomatica
• non c’è indicazione alla doppia terapia (warfarin + ASA)
61
• i farmaci di scelta sono ASA 75-325 mg/die o clopidogrel 75 mg/die
• clopidogrel e ASA sono raccomandati con la stessa forza di evidenza.
La TAO non aggiunge alcun beneficio in associazione all’antiaggregante nel
paziente affetto da AOP.
Nei pazienti con AOP sintomatica/documentata esiste indicazione per la
terapia antipiastrinica.
Non c’è indicazione per la doppia terapia (warfarin + ASA).
Dose: ASA 75-325 mg/die o clopidogrel 75 mg/die.
Clopidogrel e ASA sono raccomandati con la stessa forza di evidenza.
ACC/AHA. Circulation 2011
Benché le linee guida mettano sullo stesso piano clopidogrel e ASA, è importante operare qualche distinguo. In particolar modo è necessario ricordare le
evidenze emerse dagli studi CAPRIE, POPADAD, dell’ABI Collaboration e
dalle metanalisi di Berger e Basili, secondo le quali il beneficio di ASA, quando
presente, è marginale, mentre vi è un chiaro effetto delle tienopiridine, specificamente di clopidogrel. Tale effetto è particolarmente evidente nei pazienti
con AOP e viene amplificato dalla presenza di plurime localizzazioni dell’aterosclerosi, quasi a significare che l’antipiastrinico inibitore dell’ADP agisce là
dove ve n’è più bisogno.
Sulla base delle evidenze disponibili non sembra infondato considerare
clopidogrel l’antiaggregante di scelta nell’AOP.
Per quanto riguarda i pazienti sottoposti a procedure interventistiche, non sono
disponibili elementi basati su esaustive evidenze scientifiche. Per esempio, in
ambito di prevenzione della riocclusione delle arterie iliache o femoropoplitee
trattate con angioplastica, Robertson e collaboratori hanno pubblicato nel 2012
una Cochrane Review che ha incluso 22 studi clinici, per un totale di 3.529 pazienti. Tuttavia gli studi erano poco numerosi ed estremamente eterogenei, tanto
62
che non emergeva chiaramente l’effetto della terapia antiaggregante. Un’altra
Cochrane Review (Lethaby e collaboratori, 2008) ha confrontato ASA e warfarin
dopo bypass arterioso degli arti inferiori al fine di prevenire l’occlusione vascolare. Il lavoro ha evidenziato che, seppur il vantaggio fosse poco significativo, ASA
preveniva meglio l’occlusione degli impianti sintetici rispetto a quelli venosi,
mentre warfarin preveniva meglio la riocclusione degli impianti venosi.
Warfarin previene la riocclusione dei graft venosi degli arti inferiori meglio
rispetto ad ASA.
Nei pazienti con ischemica acuta delle estremità le linee guida ACC/AHA
e ACCP suggeriscono di ricorrere ad anticoagulazione con eparina non frazionata e alle strategie di riperfusione, preferendo la chirurgia rispetto alla
trombolisi intra-arteriosa.
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Nell’ischemia critica degli arti inferiori vi è indicazione a terapia con eparina
non frazionata.
Nei pazienti con claudicatio intermittens, le linee guida ACC/AHA e ACCP
suggeriscono invece di trattare i pazienti con ASA o clopidogrel per la prevenzione degli eventi vascolari (infarto miocardico, ictus, morte vascolare).
Vengono suggerite anche altre terapie farmacologiche per la claudicatio, quali
cilostazolo, pentossifillina e prostanoidi, finalizzate ad aumentare la distanza
di marcia. In questo senso solo cilostazolo si è dimostrato significativamente
superiore a placebo, mentre l’evidenza a favore di pentossifillina e dei prostanoidi non documenta un beneficio certo.
Nei pazienti con claudicatio intermittens vi è indicazione a terapia antiaggregante con ASA o clopidogrel.
Cilostazolo, pentossifillina e prostanoidi sono indicati per aumentare la
distanza di marcia.
63
In ultimo si segnalano i risultati dello studio CASPAR (The Clopidogrel and
Acetylsalicylic Acid in Bypass Surgery for Peripheral Arterial Disease), nel quale 951 pazienti sottoposti a bypass sotto-genicolare unilaterale sono stati
randomizzati a clopidogrel + ASA vs ASA. La terapia di associazione non
migliorava gli endpoint prefissati (amputazione, sanguinamento extracranico non fatale e mortalità globale), tuttavia, nei pazienti sottoposti a
bypass protesico non venoso si assisteva a una riduzione significativa delle
amputazioni (HR 0,65; IC 95% 0,45-0,95; p=0,025), accompagnata però da
una tendenza a un tasso di sanguinamenti maggiori nel gruppo trattato con
clopidogrel (2,1% vs 1,2%).
Nei pazienti sottoposti a bypass arterioso periferico si consigliano ASA o
clopidogrel.
Nei pazienti sottoposti a bypass sotto-genicolare con graft sintetici viene
consigliato ASA + clopidogrel per 1 anno.
Per tutti gli altri pazienti viene consigliata una monoterapia antiaggregante.
American College of Chest Physician. Chest 2012
Letture consigliate
• Alonso-Coello P, Bellmunt S, McGorrian C et al. Antithrombotic Therapy in Peripheral Artery
Disease. Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of
Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012;141(Suppl):e669S–e690S
• Basili S, Raparelli V, Vestri A et al. Comparison of efficacy of antiplatelet treatments for patients
with claudication. A meta-analysis. Thromb Haemost 2010;103:766-73
• Belch J, MacCuish A, Campbell I et al. The prevention of progression of arterial disease and
diabetes (POPADAD) trial: factorial randomised placebo controlled trial of aspirin and
antioxidants in patients with diabetes and asymptomatic peripheral arterial disease. BMJ 2008;
337:a1840
• CASPAR Writing Committee. Results of the randomized, placebo-controlled clopidogrel and
acetylsalicylic acid in bypass surgery for peripheral arterial disease (CASPAR) trial. J Vasc Surg
2010;52:825-33
• Warfarin antiplatelet vascular evaluation trial investigators, Anand S, Yusuf S et al. Oral
anticoagulant and antiplatelet therapy and peripheral arterial disease. N Engl J Med 2007;357:
217-27
64
Sulla scorta dello studio
CAPRIE, Bhatt e collaboratori hanno condotto lo studio CHARISMA, finalizzato
a valutare l’efficacia e la sicurezza dell’associazione clopidogrel + ASA a lungo termine.
Questo trial ha confrontato ASA + clopidogrel vs ASA + placebo nei pazienti
ad alto rischio, ovvero con cardiopatia ischemica, vasculopatia cerebrale e
AOP. Sono stati arruolati anche pazienti in prevenzione primaria, cioè soggetti
ancora indenni da eventi vascolari ma con fattori di rischio aterotrombotici
multipli. L’endopoint primario era la combinazione di infarto miocardico,
ictus e morte cardiovascolare (Fig. 13).
Lo studio non ha evidenziato una riduzione significativa degli eventi vascolari
nel braccio ASA + clopidogrel rispetto al solo ASA, mentre si è osservato un
incremento dei sanguinamenti severi e di quelli moderati. I risultati raggiunti
dalla popolazione sottoposta a prevenzione primaria e da quella sottoposta a
prevenzione secondaria erano in chiara antitesi:
• la popolazione con soli fattori di rischio CV ha mostrato una tendenza a un
andamento peggiore con la doppia terapia antiaggregante (6,6% vs 5,5%;
p=0,2)
• i pazienti con storia di eventi ischemici (ictus, infarto miocardico) o AOP
presentavano un beneficio statisticamente significativo, pari al 12% di
riduzione del rischio relativo (6,9% vs 7,9%).
Esistono pazienti con AOP candidabili a doppia terapia antiaggregante?
Lo studio CHARISMA
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Lo studio CHARISMA ha identificato due popolazioni di pazienti:
• pazienti con soli fattori di rischio (che non richiedono doppia terapia
antiaggregante)
• pazienti con storia di infarto miocardico, ictus o AOP (che mostrano
un beneficio dalla doppia terapia antiaggregante con una riduzione
significativa degli eventi vascolari pari al 12%)
65
Inoltre i pazienti che traevano il beneficio maggiore dalla doppia terapia erano
quelli con pregressi IMA, ictus e AOP e quelli randomizzati precocemente dopo
l’evento traevano un beneficio maggiore dalla terapia di associazione (Fig. 14).
La sottoanalisi di Cacoub ha evidenziato che i pazienti con AOP presentavano una mortalità e un rischio vascolare superiori a quelli degli altri gruppi
(8,2% vs 6,8%; HR 1,25; IC 95% 1,08-1,44; p=0,002). Sempre nei soggetti con
AOP il trattamento con clopidogrel + ASA determinava una riduzione, non
significativa, del rischio vascolare (7,6% vs 8,9%; HR 0,85; IC 95% 0,66-1,08;
p=0,18) rispetto ad ASA. Clopidogrel garantiva però una riduzione significativa del rischio di infarto miocardico (2,3% vs 3,7%; HR 0,63; IC 95% 0,42-0,96;
p=0,029) e della necessità di ospedalizzazione per eventi ischemici (16,5% vs
20,1%; HR 0,81; IC 95% 0,68-0,95; p=0,011). Nei pazienti con AOP l’associazione clopidogrel + ASA comportava infine un aumento significativo delle
emorragie minori senza impatto su quelle maggiori (34,4% vs 20,8%; OR 1,99;
IC 95% 1,69-2,34; p<0,001).
Popolazione
RR (IC 95%)
Pazienti con AOP, ictus o IM
(n=12.153)
0,88 (0,77-0,998) 0,046
Pazienti con fattori di rischio
(n=3.284)
1,20 (0,91-1,59)
0,20
Popolazione complessiva
(n=15.603)
0,93 (0,83-1,05)
0,22
0,4 0,6 0,8
1,2 1,4 1,6
Clopidogrel + ASA
migliore
Placebo + ASA
migliore
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
Figura 13. Efficacia e sicurezza di clopidogrel + ASA a lungo termine (studio CHARISMA)
Modificata da: Bhatt DL et al. N Engl J Med 2006
66
Valore p
Pazienti con evento pregresso
RR (IC 95%)
Valore p
Pazienti con IM
0,774 (0,613-0,978)
0,031
Pazienti con ictus
0,780 (0,624-0,976)
0,029
Pazienti con AOP
0,869 (0,671-1,125)
0,285
Totale
0,829 (0,719-0,965)
0,010
0,4 0,6 0,8
Clopidogrel + ASA
migliore
1,2
1,4
1,6
Placebo + ASA
migliore
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Figura 14. Clopidogrel + ASA più efficace nei pazienti con evento pregresso (studio CHARISMA)
Modificata da: Bhatt DL et al. J Am Coll Cardiol 2007
Al di là del ridotto spazio per la doppia terapia antiaggregante nell’AOP, l’insegnamento che emerge dallo studio CHARISMA evidenzia una volta di più
che inserire clopidogrel nel trattamento farmacologico dei pazienti con AOP
determina una svolta prognostica favorevole, ribadendo nella sostanza quanto già emerso dallo studio CAPRIE.
I risultati dello studio CHARISMA, sebbene non supportino l’impiego della
DAPT nei pazienti con AOP, evidenziano come l’aggiunta di clopidogrel al
trattamento farmacologico di questi pazienti determini una svolta prognostica
favorevole, confermando quanto già emerso dallo studio CAPRIE.
Letture consigliate
• Bhatt DL, Fox KA, Hacke W et al. Clopidogrel and aspirin versus aspirin alone for the prevention
of atherothrombotic events. N Engl J Med 2006;354:1706-17
• Cacoub PP, Bhatt DL, Steg PG et al. Patients with peripheral arterial disease in the CHARISMA
trial. Eur Heart J 2009;30:192-201
67
Diversamente da quanto
avviene in cardiologia per
le arterie coronarie, non vi
sono studi randomizzati in
merito alla procedura PTA
+ stent per le arterie degli
arti e rimane pertanto incerto se il posizionamento di stent sia vantaggioso
o meno. Una recente metanalisi di 10 trial condotti sulla rivascolarizzazione
dell’arteria femorale superficiale ha confrontato la procedura di angioplastica
con stent rispetto a quella senza stent. Benché non siano emersi risultati differenti, lo stent viene frequentemente applicato.
Che tipo di terapia antiaggregante
deve seguire al posizionamento di
uno stent periferico?
Non vi è chiara evidenza scientifica che il posizionamento di stent apporti
beneficio, operazione comunque frequente nella pratica clinica.
Inoltre, sebbene vi sia poca evidenza da studi clinici randomizzati, la prassi
è quella di associare clopidogrel (per 1-3 mesi) ad ASA dopo applicazione degli stent, soprattutto per il trattamento di vasi di piccolo calibro. Nei
pazienti sottoposti a PTCA con o senza stent, l’ACCP consiglia il ricorso
ad ASA (100 mg/die) o clopidogrel 75 mg/die. In assenza di chiara evidenza
scientifica l’ACCP, con un approccio molto rigoroso e conservativo, consiglia
di ricorrere a una sola terapia antiaggregante. Le linee guida ACC/AHA 2011
e quelle multisocietarie dello stesso anno, invece, rifacendosi alla pratica clinica e alle esperienze dei pochi studi realizzati, consigliano la doppia terapia
antiaggregante.
Non vi è chiara evidenza scientifica su quale debba essere la terapia dopo
procedura endovascolare e posizionamento di stent. La prassi è quella di
associare clopidogrel ad ASA, per un tempo variabile da 1 a 3 mesi.
68
Letture consigliate
• 2011 ACCF/AHA Focused update of the guideline for the management of patients with
peripheral artery disease (Updating the 2005 Guideline). A report of the American College
of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on practice guidelines.
Circulation 2011;124:2020-45
• Hirsch AT, Haskal ZJ, Hertzer NR et al. ACC/AHA 2005 practice guidelines for the management
of patients with peripheral arterial disease (lower extremity, renal, mesenteric, and abdominal
aortic): a collaborative report from the American Association for Vascular Surgery/Society
for Vascular Surgery, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society for
Vascular Medicine and Biology, Society of Interventional Radiology, and the ACC/AHA Task
Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Develop Guidelines for the Management of
Patients With Peripheral Arterial Disease). Circulation 2006;113:e463-e654
La prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
69
La profilassi secondaria
dopo evento cerebrovascolare
Premessa
La patologia cerebrovascolare ha un grande impatto in termini di mortalità e morbilità: rappresenta infatti la terza causa di morte nella popolazione generale e soprattutto la prima causa di disabilità. In questo ambito,
al contrario di quanto avvenuto in quello cardiologico, terapie innovative
quali la trombolisi hanno avuto impatto e diffusione limitati per una serie
di motivazioni che rendono la patologia cerebrovascolare unica. I pazienti
con ictus ischemico sono pazienti vascolari tout court in quanto presentano
elevata prevalenza di cardiopatia ischemica e di vasculopatia periferica, che
possono complicare, con frequenza non trascurabile, il decorso successivo
all’evento cerebrale.
Sebbene in termini di prevenzione dell’ictus cardioembolico l’avvento dei
nuovi anticoagulanti orali abbia costituito una rilevante novità, meritano
di essere ricordati alcuni studi che hanno fornito risultati importanti e che
hanno offerto informazioni essenziali per la gestione dell’ictus non cardioembolico. Il caposaldo della prevenzione secondaria della vasculopatia
cerebrale è la terapia antiaggregante piastrinica. L’attivazione piastrinica e
l’apposizione piastrinica sulle lesioni ateromasiche sono riconosciute come
tappe fondamentali nella patogenesi dell’aterotrombosi. In questo capitolo,
attraverso un focus sull’ictus ischemico non cardioembolico, verrà fatto il
punto sulla terapia antiaggregante nell’ambito di profilassi secondaria (stato
dell’arte, recenti acquisizioni e prospettive future).
Quale terapia antiaggregante nella
prevenzione secondaria dell’ictus
ischemico? C’è alternativa ad ASA?
Ogni anno in Italia si registrano quasi 200.000 ictus,
l’85% circa dei quali è di
tipo ischemico. Il 20% di
71
tutti gli ictus rappresenta una recidiva di precedenti eventi e indica quindi
l’insuccesso delle terapie di prevenzione instaurate. I pazienti che sviluppano ictus/TIA presentano un rischio di recidiva elevato, che è massimo
nelle settimane successive all’evento acuto (fino al 15-20% nei primi 3 mesi).
I fattori di rischio per l’ictus sono diversi (i principali sono 10) e tra questi figurano ipertensione, fumo, sedentarietà, assunzione eccessiva di alcol,
cause cardiache e altre cause elencate nella Tabella 1.
Tabella 1. Fattori di rischio per ictus ischemico
Modificata da: O’Donnell MJ et al. Lancet 2010
Variabile
Rapporto di rischio (OR)
Ipertensione arteriosa
2,64
Fumo attivo
2,09
Rapporto vita/anca
1,65
Punteggio di rischio dietetico
1,35
Attività fisica regolare
0,65
Diabete mellito
1,36
Assunzione di alcol
1,51
Stress psicosociale
1,30
Depressione
1,35
Alterato rapporto apoB/apoA1
1,89
Cardioembolismo (FA/FLA)
2,38
OR: odds ratio; apoB/apoA1: rapporto tra apolipoproteina B e apolipoproteina A1; FA/FLA: fibrillazione atriale e flutter atriale
La modificazione farmacologica dei fattori di rischio avviene attraverso una
terapia antipertensiva e ipolipemizzante, cui va aggiunta la terapia antitrombotica. Per i primi due aspetti, che esulano dalla trattazione di questo
volume, si rimanda alle linee guida italiane (SPREAD 2012) e internazionali
(American Heart Association - American Stroke Association 2011), ricordando esclusivamente l’importanza di alcuni trial, quali lo studio SPARCL, lo
studio HOPE e le diverse metanalisi dalle quali emerge come la riduzione
degli eventi ischemici e il miglioramento della prognosi necessitino di un
ottimale controllo della pressione arteriosa e del miglioramento del profilo
lipidico.
72
Raccomandazioni SPREAD
Raccomandazione 12-3a Grado A: nei TIA e nell’ictus ischemico non cardioembolico è indicato il trattamento antiaggregante con ASA 100-325 mg/die.*
Raccomandazione 12-3b Grado A: nei TIA e nell’ictus ischemico non
cardioembolico è indicato il trattamento antiaggregante con clopidogrel
75 mg/die.
*Migliore pratica raccomandata sulla base dell’esperienza del gruppo di sviluppo delle linee guida,
non corroborata da evidenze sperimentali.
SPREAD 2012
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Raccomandazioni American Heart Association/American Stroke Association
ASA (da 50 mg a 325 mg/die) in monoterapia (Classe I; Livello di evidenza A),
l’associazione ASA 25 mg e dipiridamolo a rilascio ritardato 200 mg 2 volte al
giorno (Classe I; Livello di evidenza B) e clopidogrel 75 mg in monoterapia
(Classe IIa; Livello di evidenza B) costituiscono tutte opzioni accettabili per
la terapia iniziale. La scelta di un trattamento antiaggregante dovrebbe essere
individualizzata sulla base del profilo di rischio del paziente, sul costo della
terapia, sulla tollerabilità e su altre caratteristiche cliniche.
Linee guida AHA-ASA. Furie KL et al. Stroke 2011
Per quanto attiene alla terapia antitrombotica, la terapia antiaggregante rappresenta la migliore opzione terapeutica nell’ambito degli ictus dei grossi
vasi e di quelli lacunari. Le linee guida internazionali assegnano ad ASA una
raccomandazione di livello I A (la più elevata) per la prevenzione della recidiva di ictus. Clopidogrel viene raccomandato con grado II B, mentre ASA/
dipiridamolo con grado I B. Le linee guida americane considerano queste tre
opzioni valide per avviare una terapia di prevenzione secondaria, mentre
le linee guida italiane SPREAD assegnano a clopidogrel e ad ASA lo stesso
livello di raccomandazione di tipo A.
73
Tra i farmaci antipiastrinici, ASA è stato il principio attivo maggiormente
studiato e utilizzato. Rispetto a placebo, ASA in monoterapia determina la
riduzione di circa il 13% delle recidive di ictus e di eventi cardiovascolari
maggiori se impiegato in acuto e a lungo termine. Per contro, incrementa di
circa il 70% gli eventi emorragici (RR 1,71), prevalentemente gastroenterici
e cerebrali, determinando però un aumento di sanguinamenti modesto in
termini assoluti (+0,12%/anno per le emorragie gastriche e +0,03%/anno
per quelle cerebrali).
ASA riduce le recidive di ictus e gli eventi vascolari complessivamente del
13%. Incrementa il rischio emorragico relativo del 70%, seppur l’incremento
sia modesto in termini assoluti. Le emorragie da ASA sono prevalentemente
gastroenteriche (RR 2,07) e cerebrali (RR 1,65).
Nel corso di questi ultimi due decenni, si sono affiancati ad ASA nuovi farmaci antipiastrinici per la prevenzione secondaria dell’ictus ischemico: tra
questi, in primis, si ricordano le tienopiridine. Rappresentate inizialmente
da ticlopidina e poi anche da clopidogrel, le tienopiridine sono inibitori irreversibili del recettore dell’ADP P2Y12. Una metanalisi di Hankey e collaboratori ha concluso che le tienopiridine riducono del 9% tutti gli eventi
vascolari (ictus, infarto miocardico [IM] e morte vascolare) nei pazienti ad
alto rischio rispetto ad ASA. Risulta altresì ridotto, sempre rispetto ad ASA,
il tasso di sanguinamenti gastrointestinali. E ancora, nei soggetti ad alto rischio le tienopiridine riducono l’incidenza di ictus di circa il 12%. Inoltre si
associano a reazioni avverse, quali diarrea e rash cutanei, più frequentemente rispetto ad ASA. Infine l’effetto degli antagonisti del recettore per l’ADP
nei pazienti con pregresso ictus o TIA è sovrapponibile a quello osservato
nei pazienti ad alto rischio: riduzione del 10% di tutti gli eventi vascolari e
del 14% degli ictus. È importante sottolineare che, poiché in questi pazienti
il rischio di ictus è aumentato, il beneficio che tali farmaci possono produrre
in termini assoluti è maggiore (Fig. 1).
74
Eventi
Pazienti ad alto rischio
(n=22.656)
Odds ratio (IC 95%)
Ictus (fatale e non fatale)
12%
IM, ictus e morte vascolare
9%
0,6
0,8
1,0
Inibitori recettoriali
dell’ADP migliore
Pazienti cerebrovascolari
(n=9.840)
ASA
migliore
Ictus (fatale e non fatale)
14%
IM, ictus e morte vascolare
10%
0,6
IM: infarto miocardico
1,2
0,8
1,0
Inibitori recettoriali
dell’ADP migliore
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
1,2
ASA
migliore
Figura 1. Superiorità degli inibitori del recettore dell’ADP vs ASA nei pazienti ad alto rischio o con ictus o TIA pregresso
Modificata da: Hankey GJ et al. Stroke 2000
Nei pazienti ad alto rischio vascolare gli inibitori dell’ADP, come clopidogrel,
riducono gli eventi vascolari del 9% e gli ictus del 12% rispetto ad ASA. Nei
pazienti con ictus/TIA pregresso la riduzione è rispettivamente del 10% e del
14%. Nei pazienti con pregresso ictus/TIA che presentano un’incidenza di
ictus doppia rispetto ai pazienti naïve, il beneficio rispetto ad ASA è doppio
in termini assoluti.
Ticlopidina, la prima tienopiridina impiegata in ambito di prevenzione secondaria dell’ictus, garantiva una riduzione delle recidive rispetto ad ASA,
come dimostrato nello studio TASS, ma a fronte di un incremento significativo degli eventi avversi, anche e soprattutto di grado severo.
L’efficacia e la sicurezza di clopidogrel sono documentate in maniera esaustiva dallo studio CAPRIE, che ha dimostrato come clopidogrel determinasse una riduzione degli eventi pari complessivamente all’8,7% rispetto ad
ASA nei pazienti ad alto rischio vascolare. Nei pazienti con pregresso ictus
75
il beneficio è del tutto sovrapponibile a quello osservato nella popolazione
generale dello studio (Fig. 2).
8,7%*
IM, ictus ischemico o
morte vascolare (% cumulativa)
16
Riduzione
complessiva
del RR
ASA
(n=9.586)
12
Clopidogrel
(n=9.599)
8
p=0,043
4
0
0
3
6
9
12
15
18
21
24
27
30
33
36
Mesi di follow-up
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo; *analisi intention to treat
Figura 2. Maggiore riduzione di IM, ictus ischemico e morte vascolare con clopidogrel vs ASA
Modificata da: CAPRIE Steering Committee. Lancet 1996
Clopidogrel riduce dell’8,7% tutti gli eventi vascolari maggiori nei pazienti
già affetti da aterotrombosi (IM, ictus e AOP) rispetto ad ASA. Un beneficio
di entità sovrapponibile si rileva nel sottogruppo dei pazienti con ictus.
Inoltre i pazienti con più distretti coinvolti (infarto miocardico, ictus e arteriopatia obliterante periferica - AOP) beneficiavano maggiormente di clopidogrel, presentando, rispetto ai pazienti trattati con ASA, un’incidenza
nettamente inferiore di eventi vascolari, pari a una riduzione del rischio del
22,7% (Tab. 2). Si ricorda che circa un quarto dei pazienti arruolati nello studio CAPRIE mostrava interessamento di più di un distretto.
Infine clopidogrel riduceva il rischio vascolare del 14,9% nei pazienti con
76
Tabella 2. Incidenza inferiore di eventi vascolari con clopidogrel vs ASA
Modificata da: CAPRIE Steering Committee. Lancet 1996
Sottogruppo
IM, ictus e MV
Eventi
Tasso annuo
Clopidogrel
433
7,15%
ASA
461
7,71%
Clopidogrel
164
8,35%
ASA
196
10,74%
RR%
Ictus
7,3%
Ictus/AOP + IM pregresso
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
22,7%
IM: infarto miocardico; MV: morte vascolare; RR: rischio relativo; AOP: arteriopatia obliterante periferica
eventi ricorrenti, cioè che avevano già presentato un episodio ischemico (ictus o infarto miocardico acuto - IMA) rispetto ad ASA, a dimostrazione del
maggior effetto di questo farmaco proprio nei pazienti più gravi.
In termini di sicurezza, clopidogrel era sovrapponibile ad ASA e permetteva
di ridurre gli eventi emorragici gastrointestinali. Si osservava inoltre, rispetto
ad ASA, una tendenza a una minore frequenza di emorragie intracraniche.
Nei pazienti polivascolari la riduzione degli eventi con clopidogrel è del
22,7% rispetto ad ASA.
Nei pazienti con eventi ischemici recidivanti, la riduzione degli eventi con
clopidogrel è pari a 14,9%.
Gli effetti collaterali di clopidogrel non risultano aumentati rispetto ad ASA
(riduzione significativa delle emorragie gastroenteriche).
I pazienti con intolleranza/allergia ad ASA, quelli con storia di emorragia
gastroenterica o patologia dispeptica severa e quelli polivascolari (con AOP
o pregresso IMA) rappresentano i soggetti che traggono il maggior benefi77
cio dal trattamento con clopidogrel per miglior efficacia o miglior profilo di
sicurezza e per i quali si può considerare di iniziare con questa terapia già
in prima battuta. Anche i pazienti ad alto rischio di recidiva possono trarre
maggior beneficio da clopidogrel. Da un’analisi post hoc dello studio CAPRIE, condotta sui pazienti con ictus, sono emersi fattori correlati al rischio
di recidiva, quali età e precedenti/concomitanti malattie vascolari. Questi
fattori, a cui è stato assegnato uno specifico punteggio, costituiscono il cosiddetto Essen stroke risk score (ESRS), validato esternamente dai suoi autori
su casistiche ampie quali il registro REACH (Tab. 3).
Tabella 3. Essen stroke risk score (ESRS)
Modificata da: Diener HC et al. Expert Opin Pharmacother 2005
Fattore di rischio
Punteggio
<65 anni
0
65-75 anni
1
>75 anni
2
Ipertensione arteriosa
1
Diabete mellito
1
Pregresso IMA
1
Malattie cardiache (non IMA o FA)
1
AOP
1
Fumo attivo
1
Pregresso TIA o ictus ischemico
1
IMA: infarto miocardico acuto; FA: fibrillazione atriale; AOP: arteriopatia obliterante periferica
Dall’applicazione dello score di Essen ai pazienti dello studio CAPRIE è
emerso che nei pazienti con ESRS basso (<3) l’effetto di clopidogrel risulta
sovrapponibile a quello di ASA, mentre nei pazienti con ESRS elevato (≥3)
clopidogrel si dimostra più efficace di ASA nella prevenzione degli eventi
vascolari (Fig. 3). Si può pertanto ipotizzare che, oltre ai gruppi di pazienti
sopracitati, anche i pazienti con ictus ad alto rischio di recidiva (ESRS ≥3)
possono trarre maggiore beneficio dall’avvio del trattamento con clopidogrel, in prima linea, per la prevenzione secondaria dell’ictus.
78
ASA
Clopidogrel
Tasso di eventi annuale (%/anno)
12
10
8
6
4
2
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Punteggio ESRS
Figura 3. Maggiore prevenzione degli eventi vascolari con clopidogrel vs ASA quando ESRS elevato (≥3)
Modificata da: Diener HC et al. Expert Opin Pharmacother 2005
Un ulteriore campo di impiego di clopidogrel come alternativa all’ASA è
rappresentato dal trattamento di quei pazienti che costituiscono il 20% del
totale dei soggetti con ictus e cioè quanti soffrono di una recidiva e sono già
in trattamento di prevenzione secondaria con ASA. Non esistono evidenze
derivanti da trial clinici disegnati ad hoc che sostengano la bontà della scelta
di clopidogrel dove ASA ha fallito, ma la plausibilità biologica di una simile
scelta è ben evidente. ASA e clopidogrel inibiscono la funzione piastrinica
attraverso meccanismi di azione differenti e ciò può rendere ragionevole
preferire il bloccante del recettore dell’ADP dove l’inibizione del trombossano non si sia mostrata efficace. Prima di cambiare farmaco antiaggregante
in un paziente con recidiva ictale andranno ovviamente corretti tutti i fattori di rischio modificabili non ancora controllati in modo ottimale. Inoltre
la genesi fisiopatologica del secondo ictus andrà chiarita con cura, per non
affrontare nuovamente con un antipiastrinico un evento magari di natura
cardioembolica e che, pertanto, necessiti di un anticoagulante. Le racco79
mandazioni delle linee guida non sono univoche su questo tema, ma quelle
italiane (SPREAD) suggeriscono, anche se con i dovuti limiti di una debole
evidenza, di considerare il passaggio a clopidogrel nei pazienti con recidiva
ictale già in ASA da trattare ancora con terapia antiaggregante.
Nei pazienti con ictus clopidogrel è preferibile ad ASA in caso di:
• intolleranza/allergia ad ASA
• storia di emorragie gastroenteriche e dispepsia severa
• pazienti polivascolari
• pazienti con eventi recidivanti in corso di terapia con ASA
• pazienti ad alto rischio di recidiva, identificati da un punteggio ESRS
(Essen stroke risk score) ≥3
Nell’ambito della prevenzione secondaria dell’ictus si annoverano altri farmaci oltre alla classe delle tienopiridine, quali gli inibitori delle fosfodiesterasi, tra cui cilostazolo e dipiridamolo. Cilostazolo è approvato solo nell’arteriopatia periferica per aumentare l’intervallo libero da dolore durante la
deambulazione.
Dipiridamolo, invece, è un derivato piridinico, con proprietà antiaggreganti
e vasodilatanti, il cui effetto è stato valutato in diversi studi, tra i quali lo
European Stroke Prevention Study 2 (ESPS-2) e lo European/Australasian Stroke
Prevention in Reversible Ischaemia Trial (ESPRIT). Nel primo studio, che ha
arruolato pazienti con precedente ictus o TIA, sono stati confrontati ASA
(50 mg qd), dipiridamolo (400 mg qd) o la combinazione dei due (ASA
25 mg/dipiridamolo 200 mg a rilascio modificato bid) vs placebo. La combinazione di ASA e dipiridamolo ha determinato una riduzione del rischio
di recidiva del 37% rispetto a placebo e significativamente superiore ad ASA
e dipiridamolo in monoterapia. Nello studio ESPRIT ASA/dipiridamolo a
rilascio modificato è stato confrontato con ASA nella prevenzione secondaria dell’ictus. L’associazione ha garantito una riduzione di circa il 20% degli
eventi (ictus e morte vascolare), tuttavia emergeva un tasso elevato di sospensione della terapia per cefalea secondaria a dipiridamolo.
80
Nel 2008 lo studio ProFESS ha posto a confronto diretto i due trattamenti
antipiastrinici che si erano mostrati significativamente più efficaci di ASA
in monoterapia. In una casistica di oltre 20.000 pazienti con pregresso ictus/TIA sono state pertanto poste a confronto l’efficacia e la sicurezza di
ASA/dipiridamolo rispetto a quelle di clopidogrel. Benché l’incidenza degli
eventi vascolari sia apparsa simile nei due bracci di trattamento, il criterio
prefissato di non inferiorità non veniva raggiunto nel gruppo assegnato ad
ASA/dipiridamolo, che pertanto non poteva essere definito come “non inferiore” a clopidogrel. Inoltre clopidogrel risultava significativamente più
sicuro dell’associazione ASA/dipiridamolo per le emorragie intracraniche
e quelle maggiori.
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
ASA/dipiridamolo non è sovrapponibile a clopidogrel in termini di efficacia.
Clopidogrel determina meno emorragie maggiori e intracraniche.
Per riassumere quanto detto, si può affermare che, in termini di prevenzione secondaria, ASA riduce di circa il 13% il rischio vascolare dei pazienti
affetti da TIA o ictus a fronte di un rischio incrementato di complicazioni
emorragiche (gastrointestinali e cerebrali). In alternativa ad ASA possono
essere impiegati clopidogrel, con un profilo di efficacia e sicurezza migliore,
e ASA/dipiridamolo, con un profilo di efficacia migliore ma con un tasso
non infrequente di reazioni avverse. Tra clopidogrel e ASA/dipiridamolo
esistono diversità sostanziali in termini di sicurezza. La scelta tra queste tre
soluzioni terapeutiche deve essere contestualizzata al singolo paziente, valutando rischio trombotico ed emorragico, tolleranza farmacologica e gastrica e anamnesi specifica.
Letture consigliate
• CAPRIE Steering Committee. A randomized, blinded trial of clopidogrel versus aspirin in patients at risk for ischemic events. Lancet 1996;348:1329-39
• Diener HC, Ringleb PA, Savi P. Clopidogrel for the secondary prevention of stroke. Expert Opin
Pharmacother 2005;6:755-64
81
• Furie KL, Kasner SE, Adams RJ et al. Guidelines for the prevention of stroke in patients with
stroke or transient ischemic attack: a guideline for healthcare professionals from the American
Heart Association/American Stroke Association. Stroke 2011;42:227-76
• Hankey GJ, Sudlow CL, Dunbabin DW. Thienopyridines or aspirin to prevent stroke and other
serious vascular events in patients at high risk of vascular disease? A systematic review of the
evidence from randomized trials. Stroke 2000;31:1779-84
• Sacco RL, Diener HC, Yusuf S et al. Aspirin and extended-release dipyridamole versus clopidogrel for recurrent stroke. N Engl J Med 2008;359:1238-51
• SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion. Ictus cerebrale: Linee
guida italiane di prevenzione e trattamento. 7a edizione. http://www.siapav.it/pdf/SPREAD%20
2012.pdf
• Yusuf S, Sleight P, Pogue J et al. Effects of an angiotensin-converting-enzyme inhibitor, ramipril,
on cardiovascular events in high-risk patients. The Heart Outcomes Prevention Evaluation
Study Investigators. N Engl J Med 2000;342:145-53
Il TIA rappresenta il fattore di rischio principale per
l’ictus e, nella prima settimana successiva all’evento, il rischio cumulativo di
ischemia cerebrale può essere anche del 10%. Diversi approcci terapeutici
hanno mostrato un beneficio nella prevenzione secondaria dell’ictus (antiaggreganti, antipertensivi e statine sopra tutti). Nell’ipotesi dell’indipendenza dell’effetto di questi interventi, il gruppo di Hackam e collaboratori
ha elaborato un modello che ipotizza la possibilità di ridurre sensibilmente,
anche dell’80%, l’incidenza di ictus in pazienti che hanno avuto TIA o ictus
minore, utilizzando queste strategie terapeutiche unite a modificazione dello stile di vita.
È possibile identificare il TIA ad alto rischio attraverso un semplice strumento rappresentato dal punteggio ABCD2. Questo score, prodotto dal gruppo
di Peter Rothwell e pubblicato per la prima volta su Lancet nel 2007, proviene dalla fusione di due precedenti punteggi di rischio, l’ABCD e lo score
California, e si basa sulle 5 variabili riportate a seguire:
• Age → età >60 anni = 1 punto
• Blood pressure → pressione arteriosa >140/90 mmHg = 1 punto
Che tipo di terapia antipiastrinica
richiede un TIA? L’esperienza degli
studi EXPRESS e FASTER
82
• Clinical features → emiparesi = 2 punti; disturbo dell’eloquio = 1 punto
• Duration → durata: 10-59 minuti = 1 punto; >60 minuti = 2 punti
• Diabetes → diabete mellito = 1 punto.
Dal calcolo di questo punteggio è possibile definire se il paziente che presenta un TIA sia a basso (ABCD2 <4), medio (4-5) o alto rischio (>5) di evoluzione. Sebbene la validazione esterna di questo punteggio non abbia fornito
risultati precisi, l’ABCD2 permette comunque di approssimare il rischio
del paziente con TIA di avere un evento vascolare maggiore e pertanto è
d’ausilio per definire la miglior gestione del paziente. Una volta disponibili
gli strumenti per l’identificazione dei pazienti con TIA a rischio più elevato
ci si è chiesto se esistono terapie mediche più appropriate per la categoria
dei pazienti a rischio maggiore.
Sulla scorta di queste ipotesi è nato lo studio EXPRESS, condotto da Rothwell
e collaboratori, diretto a determinare se un approccio terapeutico, il più rapido e complessivo possibile, potesse ridurre l’incidenza di ictus in pazienti
con TIA o ictus. Il trial clinico si basava su uno studio di incidenza di tutti
i TIA e gli ictus nella contea di Oxford (Oxford Vascular Study - OSVASC).
Circa la metà dei pazienti con TIA/ictus veniva inviata in ospedale, mentre
la metà dei pazienti che invece venivano gestiti ambulatorialmente costituiva la popolazione di riferimento. Questo studio era diviso in due fasi: la
prima prevedeva che i pazienti ambulatoriali per i quali il medico di Medicina Generale sospettava un TIA o un ictus venissero inviati a una clinica
dedicata secondo canali convenzionali e quindi con un certo tempo di attesa;
la seconda fase invece prevedeva che, una volta definito il sospetto clinico
di TIA o ictus, i pazienti ambulatoriali venissero inviati direttamente alla
clinica dedicata, senza alcun tempo di attesa. Nella clinica il paziente veniva
sottoposto a ECG, ecodoppler TSA, TC encefalo ed eventualmente a ecocardiocolordoppler, oltre che a una valutazione di uno specialista neurologo.
Se confermato il sospetto diagnostico, veniva proposta quale terapia (uguale
per entrambe le fasi dello studio) una combinazione di terapia antiaggregante (ASA 75 mg/die), simvastatina (40 mg/die) e terapia antipertensiva
con ACE-inibitore +/- diuretico o potenziamento della terapia antipertensi-
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
83
va in atto. In caso di necessità, TIA o ictus cardioembolico, veniva proposta
una terapia anticoagulante, mentre nel caso di paziente ad alto rischio era
contemplata anche la somministrazione di clopidogrel, per 30 giorni. L’unica differenza tra le due fasi consisteva nel fatto che, nella seconda, la terapia
veniva erogata direttamente dalla clinica al momento della visita, previa conferma della diagnosi, ed era prevista una dose da carico di ASA
(300 mg/die) e/o di clopidogrel (300 mg/die) ove indicato (intolleranza/
allergia ad ASA o paziente ad alto rischio). L’endpoint primario era l’incidenza di ictus a 90 giorni dall’evento.
Tra la prima e la seconda fase dello studio si riduceva in maniera significativa il tempo di latenza dall’evento alla visita nella clinica, da 3 giorni a meno
di 1 (p<0,0001), e soprattutto si riduceva drasticamente il tempo di latenza
media dall’evento alla prescrizione della terapia (fase 1: 20 giorni vs fase 2:
1 giorno, p<0,0001). Lo studio documentava la riduzione dell’80% dell’incidenza del rischio di ictus a 90 giorni (fase 1: 10,3% vs fase 2: 2,1%; HR 0,20;
IC 95% 0,08-0,49; p=0,0001). La riduzione del rischio risultava indipendente
da età e sesso e la precocità del trattamento non incrementava il rischio di
emorragia cerebrale e sanguinamenti (Fig. 4).
Questo studio ha messo in evidenza come una strategia terapeutica aggressiva e precoce, entro 24 ore dall’evento TIA o ictus minore, comporti una
riduzione pari all’80% del rischio di ictus. L’implementazione del trattamento ha comportato un aumento, in termini assoluti, della prescrizione
di statine, antipertensivi e clopidogrel e un miglioramento del controllo
pressorio.
Una terapia con antiaggregante, a volte anche doppia terapia antiaggregante,
statina e antipertensivo iniziata nelle 24 ore successive a un TIA comporta la
riduzione dell’80% del rischio di ictus a 90 giorni.
L’associazione, nel 50% dei pazienti circa, di ASA con clopidogrel (300 mg
dose da carico + 75 mg qd per i primi 30 giorni) non comporta un incremento
dei sanguinamenti (studio EXPRESS).
84
Fase 1 (gestione standard, accesso ospedaliero ritardato,
no clopidogrel)
Fase 2 (gestione aggressiva, accesso ospedaliero privilegiato,
frequente aggiunta di clopidogrel anche in dose da carico)
14
A
12
Rischio di recidiva (%)
10
8
6
4
2
0
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
p<0,0001
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
Giorni
B
14
12
Rischio di recidiva (%)
10
8
6
4
2
p=0,0015
0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
Giorni
Figura 4. Studio EXPRESS - Andamento dell’incidenza del rischio di ictus in A) pazienti con TIA e ictus; B) pazienti con TIA
Modificata da: Rothwell P et al. Lancet 2007
85
Nello stesso anno è stato pubblicato lo studio FASTER, che esplorava
l’effetto dell’associazione di clopidogrel e ASA e di simvastatina nei
pazienti con TIA/ictus minore. Questo studio, interrotto per difficoltà nel reclutamento dei pazienti, ha previsto, entro 24 ore dall’evento,
terapia antiaggregante con ASA (81 mg/die) e la randomizzazione tra
clopidogrel (300 mg dose da carico + 75 mg qd per 90 giorni) o placebo
e simvastatina (40 mg qd per 90 giorni) o placebo. L’endpoint primario
era l’ictus a 90 giorni, quello secondario l’ictus, l’infarto miocardico e
la morte vascolare a 90 giorni e quello terziario l’ictus, il TIA, l’infarto
miocardico e la mortalità a 90 giorni. La terapia con clopidogrel riduceva l’incidenza di ictus a 90 giorni di più del 30% (10,8% vs 7,1%) e anche
gli endpoint secondari e terziari. La limitata numerosità dei pazienti e
degli eventi, tuttavia, ha permesso di osservare una riduzione statisticamente significativa solo a livello dell’endpoint terziario (ictus, TIA,
infarto miocardico acuto e mortalità a 90 giorni). Simvastatina non garantiva invece alcun beneficio. Nel braccio di clopidogrel si registrava
un aumento significativo dei sanguinamenti, ma soprattutto di quelli
minori, senza alcun incremento dei sanguinamenti gravi e pericolosi
per la vita (Fig. 5).
Questo studio, seppur limitato da problemi di arruolamento, ha confermato che una strategia rapida di terapia e soprattutto un approccio antiaggregante più aggressivo nella prima fase dei TIA e degli ictus minori
sono in grado di migliorare l’outcome dei pazienti, senza un importante
prezzo da pagare in termini di complicanze emorragiche maggiori.
Clopidogrel, associato ad ASA, nel TIA o ictus minore, iniziato entro le prime 24 ore e proseguito per 90 giorni riduce il rischio precoce di ictus, infarto
miocardico, TIA e mortalità (studio FASTER).
Sebbene le linee guida non abbiano ancora preso in considerazione la
doppia terapia antiaggregante nei pazienti con TIA/ictus minore, questi
86
Clopidogrel + ASA
ASA
25
20
17,1%
19,1%
15
11,6%
10,6%
10
7,3%
8,8%
5
0
Ictus
Ictus, IM, morte
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Incidenza cumulativa degli eventi (%)
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Ictus, TIA, IM, morte
IM: infarto miocardico
Figura 5. Studio FASTER - Incidenza degli eventi con clopidogrel + ASA vs ASA
Modificata da: Kennedy J et al. Lancet Neurol 2007
studi mettono in evidenza l’importanza di un trattamento precoce e aggressivo. I risultati dello studio CHANCE, analizzato nella risposta alla
domanda successiva, contribuiranno a fare maggiore chiarezza su questo
approccio.
Letture consigliate
• Hackam DG, Spence JD. Combining multiple approaches for the secondary prevention of vascular events after stroke: a quantitative modeling study. Stroke 2007;38:1881-5
• Kennedy J, Hill MD, Ryckborst KJ et al. Fast assessment of stroke and transient ischaemic attack to prevent early recurrence (FASTER): a randomised controlled pilot trial. Lancet Neurol
2007;6:961-9
• Rothwell PM, Giles MF, Chandratheva A et al. Effect of urgent treatment of transient ischaemic
attack and minor stroke on early recurrent stroke (EXPRESS study): a prospective populationbased sequential comparison. Lancet 2007;370:1432-42
87
La malattia cerebrovascolare è una patologia con mortalità elevata e morbilità severa, in cui la terapia di fase
acuta, es. la trombolisi, non
ha avuto lo stesso impatto osservato nella patologia coronarica. Sono stati
fatti diversi sforzi terapeutici per migliorare l’outcome dei pazienti ischemici,
inizialmente soprattutto di chi, affetto da TIA o ictus minore, aveva avuto le
avvisaglie di questa patologia senza portarne severe e irreversibili stigmate.
Sulla scorta di questi sforzi è nato lo studio MATCH, che rappresenta sostanzialmente il primo lavoro in cui è stata utilizzata la combinazione ASA +
clopidogrel nel paziente cerebrovascolare. Lo studio MATCH, randomizzato e in doppio cieco, ha arruolato 7.599 pazienti con storia di TIA o ictus nei
3 mesi precedenti e un fattore di rischio cardiovascolare addizionale (pregresso ictus, pregresso IMA, angina, AOP o diabete) e li ha randomizzati
a ricevere ASA 75 mg/die + clopidogrel 75 mg/die vs clopidogrel 75 mg/die
+ placebo per 18 mesi. L’endpoint era composto da ictus ischemico, infarto
miocardico, morte cardiovascolare e riospedalizzazione per un evento ischemico acuto.
L’associazione clopidogrel + ASA non ha dimostrato un beneficio superiore
in termini di efficacia rispetto a clopidogrel in monoterapia e ha determinato un incremento dei sanguinamenti maggiori e di quelli pericolosi per
la vita (Fig. 6). Sebbene non si sia raggiunta la significatività statistica, in
questo studio si è osservata una chiara tendenza a un beneficio della terapia
di associazione ASA + clopidogrel nei pazienti che venivano randomizzati
precocemente (<1 mese dall’evento ischemico).
A conferma di quanto detto vi sono anche i dati degli studi CHARISMA
e SPS3. Lo studio CHARISMA, sulla scorta dello studio CAPRIE, ha confrontato ASA + clopidogrel vs ASA + placebo in pazienti ad alto rischio
(cardiopatia ischemica, vasculopatia cerebrale, AOP). Erano stati arruolati
anche pazienti, in prevenzione primaria, con fattori di rischio aterotrombotico multipli. Lo studio non ha dimostrato una riduzione significativa degli
Doppia terapia antiaggregante nell’ictus/TIA: cosa c’è di nuovo? Dallo studio
MATCH allo studio CHANCE
88
Clopidogrel (n=3.802)
Clopidogrel + ASA (n=3.797)
10
Eventi (%)
8
8,4%
7,9%
6
4,8%
4,5%
4
2
0
1,6%
Ictus
1,6%
1,9%
Infarto
miocardico
1,8%
Morte
vascolare
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Riospedalizzazione
Figura 6. Efficacia sovrapponibile di clopidogrel + ASA vs clopidogrel
Modificata da: Diener HC et al. Lancet 2004
eventi vascolari nel braccio ASA + clopidogrel rispetto al solo ASA, mentre
si osservava un incremento dei sanguinamenti severi e di quelli moderati.
L’analisi prespecificata condotta sui pazienti in prevenzione secondaria ha
comunque rilevato come questi soggetti abbiano ottenuto un beneficio statisticamente significativo, pari al 12% di riduzione del rischio relativo, dalla
combinazione ASA + clopidogrel (6,9% vs 7,9%) (Fig. 7).
I pazienti che traevano un notevole beneficio dalla doppia terapia erano
quelli con IMA e ictus pregressi (Fig. 8) e nei pazienti che venivano randomizzati precocemente dopo l’evento si registrava un beneficio ancora maggiore dalla terapia di associazione.
Nei pazienti con ictus o TIA la doppia terapia antiaggregante (ASA + clopidogrel), a lungo termine, non garantisce un beneficio clinico, rispetto al solo
clopidogrel, se il trattamento non viene iniziato precocemente.
89
Popolazione
RR (IC 95%)
Pazienti con AOP, ictus o IM
(n=12.153)
0,88 (0,77-0,998) 0,046
Pazienti con fattori di rischio
(n=3.284)
1,20 (0,91-1,59)
0,20
Popolazione complessiva
(n=15.603)
0,93 (0,83-1,05)
0,22
0,4 0,6 0,8
1,2 1,4 1,6
Clopidogrel + ASA
migliore
Placebo + ASA
migliore
Valore p
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
Figura 7. Efficacia e sicurezza di clopidogrel + ASA a lungo termine
Modificata da: Bhatt DL et al. N Engl J Med 2006
Pazienti con evento pregresso
RR (IC 95%)
Valore p
Pazienti con IM
0,774 (0,613-0,978)
0,031
Pazienti con ictus
0,780 (0,624-0,976)
0,029
Pazienti con AOP
0,869 (0,671-1,125)
0,285
Totale
0,829 (0,719-0,965)
0,010
0,4 0,6 0,8
Clopidogrel + ASA
migliore
1,2
1,4
1,6
Placebo + ASA
migliore
IM: infarto miocardico; RR: rischio relativo
Figura 8. Clopidogrel + ASA più efficace nei pazienti con evento pregresso
Modificata da: Bhatt DL et al. J Am Coll Cardiol 2007
90
Lo studio SPS3 ha confrontato ASA + clopidogrel vs solo ASA in pazienti che
avevano avuto un ictus lacunare nei 6 mesi precedenti. Anche in questa tipologia di pazienti, probabilmente poco suscettibile alla modificazione della
funzione piastrinica, la doppia terapia antiaggregante non ha determinato
un miglioramento della prognosi, ma solo un incremento del rischio emorragico e della mortalità.
Lo studio SPS3 conferma, come già gli studi MATCH e CHARISMA, che,
nell’ambito della patologia cerebrovascolare, la doppia terapia antiaggregante
a lungo termine non comporta beneficio clinico.
Il suo utilizzo non può essere esteso a tutti i pazienti, ma deve essere contestualizzato.
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Nell’ambito della doppia terapia antiaggregante nel paziente cerebrovascolare appaiono di grande interesse i risultati del recentissimo studio CHANCE, che si ricollegano alla discussione sulla doppia terapia antiaggregante
analizzata nella risposta alla domanda precedente.
Lo studio CHANCE, un trial randomizzato, in doppio cieco e controllato,
ha previsto l’assegnazione dei pazienti con TIA o ictus minore, entro 24 ore
dal loro esordio, a una terapia antiaggregante di combinazione con ASA
(75 mg/die per i primi 21 giorni) e clopidogrel (dose da carico 300 mg e poi
75 mg/die per i primi 90 giorni) o a una terapia con solo ASA 75 mg/die per 90
giorni. L’endpoint dello studio era l’incidenza di ictus, ischemico ed emorragico, a 90 giorni. Diversamente da quanto avvenuto nello studio MATCH,
quindi, i pazienti erano arruolati molto precocemente dopo l’evento che li
aveva interessati e la durata del trattamento con la duplice terapia era limitata ai primi 3 mesi.
A 90 giorni, nell’8,2% dei pazienti trattati con la combinazione ASA + clopidogrel si registrava un ictus rispetto all’11,7% dei pazienti trattati con solo
ASA, pari a una riduzione del rischio del 32% (HR 0,68; IC 95% 0,57-0,81;
p<0,001) (Fig. 9). I sanguinamenti moderati e severi e le emorragie intracra91
Pazienti senza ictus (%)
1,00
0,95
Clopidogrel + ASA
0,90
ASA
0,85
0
30
60
90
Giorni
Figura 9. Pazienti senza ictus in trattamento con clopidogrel + ASA vs ASA
Modificata da: Wang Y et al. N Engl J Med 2013
niche risultavano assolutamente sovrapponibili in entrambi i gruppi. Emergeva infine chiaramente il beneficio della terapia di associazione in assenza
di complicazioni emorragiche rilevanti, iniziata rapidamente e condotta per
soli 3 mesi, nel paziente ad alto rischio vascolare.
Lo studio EXPRESS, lo studio FASTER e lo studio CHANCE riconoscono
quindi l’impatto di una terapia antipiastrinica aggressiva, tempestiva e condotta per breve tempo come elemento determinante per il miglioramento
della prognosi. La grande differenza tra i risultati di quest’ultimo studio e
quelli degli studi MATCH e SPS3 sembra risiedere proprio nella tempistica
di avvio della terapia e nella durata dell’associazione.
Lo studio CHANCE dimostra, nell’ambito di ictus minore o TIA, come la
terapia di associazione clopidogrel + ASA, iniziata rapidamente e protratta
per poco tempo, riduca significativamente gli eventi ischemici senza alcun
aggravio di emorragie, se non minori.
92
Sembra inoltre esistere una fase, pari a qualche settimana dopo l’esordio, in
cui il rischio emorragico del paziente cerebrovascolare è controbilanciato da
un elevatissimo rischio trombotico e proprio in questo periodo il potenziamento della terapia antiaggregante non comporta un aggravio di emorragie.
Lo studio CHANCE, che ha mostrato un significativo vantaggio in termini
di efficacia e sicurezza del duplice approccio antiaggregante in questa fase,
sembra averlo dimostrato.
Nelle prime settimane il rischio emorragico del paziente cerebrovascolare
è controbilanciato da un elevatissimo rischio trombotico. In questo periodo
il potenziamento della terapia antiaggregante non comporta un aggravio di
emorragie.
Lo studio CHANCE ha avuto il merito di individuare questa fase, traendo
vantaggio e sicurezza massimi dal duplice approccio antitrombotico.
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Infine una recente metanalisi, che ha considerato complessivamente i diversi studi di confronto tra ASA e doppia terapia antiaggregante, compreso lo
studio MATCH, nell’ambito della patologia cerebrovascolare, non ha identificato un beneficio significativo da parte della doppia terapia. È tuttavia
emersa una riduzione del rischio vascolare dell’11%, seppur non significativa. All’interno di questa metanalisi sono accomunati spesso pazienti con
caratteristiche diverse: si ricorda che vi sono classi di pazienti che traggono
il massimo vantaggio da una strategia antitrombotica più aggressiva, meglio
se limitata nel tempo e contestualizzata anche al bilancio tra rischio trombotico ed emorragico del paziente stesso.
Letture consigliate
• Benavente OR, Hart RG, McClure LA et al. Effects of clopidogrel added to aspirin in patients
with recent lacunar stroke. N Engl J Med 2012;367:817-25
• Bhatt DL, Fox KA, Hacke W et al. Clopidogrel and aspirin versus aspirin alone for the prevention of atherothrombotic events. N Engl J Med 2006;354:1706-17
• Bhatt DL, Flather MD, Hacke W et al. Patients with prior myocardial infarction, stroke, or symptomatic peripheral arterial disease in the CHARISMA trial. J Am Coll Cardiol 2007;49:1982-8
93
• Diener HC, Bogousslavsky J, Brass LM et al. Aspirin and clopidogrel compared with clopidogrel alone after recent ischaemic stroke or transient ischaemic attack in high-risk patients
(MATCH): randomised, double-blind, placebo-controlled trial. Lancet 2004;364:331-7
• Wang Y, Wang Y, Zhao X et al. Clopidogrel with aspirin in acute minor stroke or transient
ischemic attack. N Engl J Med 2013;369:11-9
Per anni le tienopiridine,
e nella fattispecie clopidogrel, hanno rappresentato
la prima scelta accanto ad
ASA nel trattamento delle
svariate patologie aterotrombotiche. Con l’introduzione di nuovi antiaggreganti piastrinici, quali
prasugrel e ticagrelor, la terapia antitrombotica si è arricchita e la scelta terapeutica è diventata più intrigante ma anche più complessa.
Prasugrel e ticagrelor sono stati studiati e vengono impiegati esclusivamente nell’ambito del trattamento della sindrome coronarica acuta (SCA), in
associazione con ASA, dopo un evento acuto. Mancano pertanto evidenze
ottenute specificamente nell’ambito del paziente cerebrovascolare e il loro
impiego in questo caso non è pertanto ipotizzabile. Anche limitatamente al
paziente con SCA vanno comunque fornite precisazioni relative a quei soggetti che presentano un’anamnesi di malattia cerebrovascolare.
Che ruolo hanno i nuovi antiaggreganti piastrinici nella prevenzione
cerebrovascolare? Sottoanalisi degli
studi TRITON e PLATO
Prasugrel e ticagrelor sono stati studiati e vengono impiegati esclusivamente
nell’ambito del trattamento della SCA, in associazione con ASA, dopo un
evento acuto. Mancano evidenze ottenute nello specifico ambito del paziente
cerebrovascolare pertanto il loro impiego in questo caso non è ipotizzabile.
Prasugrel è una tienopiridina che si lega irreversibilmente al recettore P2Y12
dell’ADP, prevenendo l’attivazione ADP-mediata. Ha emivita sovrapponibile
a quella di clopidogrel, ma presenta minore variabilità di effetto e maggiore capacità inibente le piastrine. Prasugrel è approvato, in associazione con ASA, per
94
l’uso solo nei pazienti con SCA che vengono sottoposti a PCI e la sua indicazione deriva dai risultati dello studio TRITON-TIMI 38. Questo studio ha arruolato
circa 13.600 pazienti affetti da SCA in cui era programmata una PCI primaria e
li ha randomizzati a ricevere prasugrel (dose da carico 60 mg e poi 10 mg/die)
o clopidogrel (dose da carico 300 mg e poi 75 mg/die) per 6-15 mesi. Prasugrel
si dimostrava più efficace di clopidogrel nel prevenire gli eventi vascolari, con
prevalente riduzione degli infarti miocardici periprocedurali, della necessità di
rivascolarizzazione e di trombosi di stent. Invece i sanguinamenti maggiori,
quelli pericolosi per la vita, così come quelli fatali erano significativamente aumentati nei pazienti trattati con prasugrel rispetto a clopidogrel.
Da questo trial è emerso tuttavia anche un altro dato, ovvero che i pazienti
con storia di ictus o TIA trattati con prasugrel mostravano un’incidenza
complessiva di infarti, ictus e morti cardiovascolari superiore rispetto ai
pazienti trattati con clopidogrel (Fig. 10); erano inoltre gravati da un tasso
Rischio (%)
+37
Sì
Precedente ictus/TIA
No
pint=0,006 –16
≥75
Età
Peso
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
–1
<75
pint=0,18
–16
pint=0,36
–14
<60 kg
+3
≥60 kg
Totale
–13
0,5
1
Prasugrel
migliore
HR
2
Clopidogrel
migliore
HR: hazard ratio
Figura 10. Sottogruppi a rischio di emorragia nello studio TRITON-TIMI 38
Modificata da: Wiviott SD et al. N Engl J Med 2007
95
di emorragie significativamente superiore. Nei pazienti anziani, con età
>75 anni, o in quelli con peso corporeo marcatamente ridotto, benché non
si evidenziassero effetti negativi di prasugrel per quanto riguarda la prevenzione vascolare, vi era una tendenza a un maggior tasso di sanguinamento rispetto a clopidogrel. Pertanto nei pazienti anziani, in quelli con
storia di icuts e nei soggetti di ridotto peso corporeo, prasugrel non deve
essere considerato, pena un rischio emorragico aumentato e un beneficio
clinico nullo o, addirittura, una prognosi peggiore in caso di pazienti con
pregresso ictus/TIA.
Prasugrel, in associazione con ASA, ha ridotto mortalità cardiovascolare, infarti miocardici e ictus non fatali in pazienti affetti da SCA e sottoposti a PCI,
comportando un incremento di sanguinamenti maggiori e, sorprendentemente, anche di quelli fatali. Il beneficio non è stato tuttavia osservato nei pazienti anziani, di basso peso corporeo e soprattutto nei pazienti con pregressa
storia di ictus, in cui si è invece osservato un effetto negativo. Prasugrel non
è pertanto indicato in pazienti con storia di ictus che accusano SCA e devono
essere sottoposti a PCI.
Ticagrelor è una ciclopentil-triazolpirimidina (CPTP), analogo dell’ATP,
che inibisce reversibilmente il recettore dell’ADP P2Y12. È stato studiato
ed è utilizzato nell’ambito della SCA, trattata conservativamente o con
procedure invasive, e la sua approvazione trae le basi dallo studio PLATO. In questo studio circa 18.600 pazienti con SCA sono stati trattati con
ticagrelor (dose da carico 180 mg e successivamente 90 mg x 2/die) o
clopidogrel (dose da carico 300-600 mg e successivamente 75 mg/die) per
6-12 mesi. Lo studio ha dimostrato che ticagrelor determina una riduzione degli eventi vascolari, dell’infarto miocardico e della morte cardiovascolare, ma non dell’ictus. Complessivamente, le emorragie maggiori
non erano significativamente aumentate nel gruppo di ticagrelor ma,
scorporando le emorragie associate a bypass aortocoronarico, si osservava un aumento dei sanguinamenti maggiori con ticagrelor rispetto a
clopidogrel.
96
Nei pazienti con SCA ticagrelor riduce l’incidenza di eventi vascolari del 16%
rispetto a clopidogrel. Riduce inoltre l’incidenza di infarto miocardico e morte cardiovascolare, mentre non conferisce alcun beneficio, rispetto a clopidogrel, nella riduzione degli ictus.
Determina meno emorragie correlate alle procedure di bypass aortocoronarico, mentre le restanti emorragie maggiori (tra cui intracraniche, pericolose per
la vita e fatali) risultano aumentate.
In considerazione del fatto che il risultato di ticagrelor nella prevenzione
dell’ictus non era in linea con quello su infarto miocardico e mortalità cardiovascolare e tenuto conto di quanto osservato per prasugrel, gli autori dello studio hanno deciso di analizzare il sottogruppo di pazienti con storia di
pregresso ictus o TIA. Della popolazione complessiva dello studio PLATO,
il 6% circa presentava in anamnesi un ictus o un TIA. In questi pazienti, che
avevano una prognosi peggiore rispetto agli altri, ticagrelor ha determinato
una riduzione di circa il 13% degli eventi cardiovascolari, senza però raggiungere la significatività statistica (19,0% vs 20,8%; HR 0,87; IC 95% 0,661,13; p=0,84). Ticagrelor ha tuttavia ridotto la mortalità complessiva (7,9% vs
13,0%; HR 0,62; IC 95% 0,42-0,91), ma l’incidenza di emorragie maggiori e
intracraniche risultava sovrapponibile (14,6% vs 14,9%; HR 0,99).
Una revisione dei risultati dello studio da parte della FDA (Food and Drug
Administration) ha modificato l’attribuzione degli eventi, segnalando
quindi un beneficio non così chiaro di ticagrelor nei pazienti con pregresso ictus o TIA, infatti il rischio di ictus risultava aumentato con ticagrelor
così come apparivano aumentati i sanguinamenti maggiori e intracranici.
Pur mantenendosi un beneficio complessivo, in termini di mortalità, nei
pazienti con ictus/TIA pregresso è auspicabile il ricorso alla massima
cautela nell’impiego di ticagrelor, proprio perché non è completamente
chiaro il rapporto rischio-beneficio in questo sottogruppo di pazienti.
Una recente metanalisi ha confrontato i nuovi antiaggreganti piastrinici rispetto a clopidogrel e, sebbene il vantaggio dei primi in termini di mortalità
e riduzione degli eventi cardiovascolari risulti confermato, è emerso come
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
97
Ticagrelor non riduce il rischio di ictus post-infartuale rispetto a clopidogrel.
Nei pazienti con pregresso ictus, benché il farmaco riduca la mortalità cardiovascolare, il beneficio complessivo non è pienamente chiaro e sovrapponibile
a quello osservato negli altri gruppi di pazienti.
nei pazienti con storia di ictus l’effetto di questi nuovi farmaci sia sovrapponibile a quello di clopidogrel. Considerazioni analoghe sono state effettuate per la prevenzione dell’evento ictus. Si sconsiglia pertanto l’utilizzo
di prasugrel nei pazienti con SCA e pregresso ictus e, per quanto attiene a
ticagrelor, si consiglia la massima prudenza.
Nei pazienti con pregresso ictus prasugrel e ticagrelor non garantiscono benefici così evidenti come negli altri gruppi di pazienti. Prasugrel ha effetto
negativo e il beneficio di ticagrelor è modesto. Se ne consiglia un uso estremamente prudente in questo ambito.
Il concetto della terapia “aggressiva” per il minor tempo possibile, direttamente
emerso dallo studio CHANCE e indirettamente sottolineato dall’analisi
dei risultati degli studi EXPRESS, FASTER e MATCH, viene confermato e
riproposto dal recentissimo studio SAMMPRIS.
In questo studio 451 pazienti con un recente TIA/ictus, associato a una
stenosi emodinamicamente significativa di un’arteria intracranica maggiore,
sono stati randomizzati a ricevere terapia medica massimale o terapia medica
massimale + stenting intracranico. La terapia medica massimale prevedeva il
controllo di pressione, ipercolesterolemia e un programma di modificazione
dello stile di vita, ma soprattutto includeva la doppia terapia antiaggregante
con ASA 325 mg e clopidogrel 75 mg per i primi 90 giorni e poi la prosecuzione
con solo ASA. Nei pazienti trattati con stenting si è registrata un’incidenza
superiore di eventi vascolari (ictus o morte) e questa differenza di eventi si
è mantenuta anche a medio-lungo termine dopo i primi 30 giorni (Fig. 11).
I risultati di questo studio, che suggerirebbero la scarsa utilità di procedure
endovascolari intracraniche nell’ambito del TIA/ictus ischemico, mettono
98
Probabilità cumulativa ictus e morte
1,0
No stent
Stent
0,9
0,8
0,7
0,6
0,5
0,4
0,3
p=0,0252
0,2
0,1
0
0
6
12
18
24
36
42
48
132
128
92
91
47
50
12
13
54
Mesi
Pz. a rischio
No stent
Stent
30
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
227
224
199
184
185
175
180
173
172
170
Figura 11. Probabilità cumulativa di eventi per trattamento
Modificata da: Derdeyn CP et al. Lancet 2014
in luce come la doppia terapia antiaggregante “short term” inizi a essere
considerata il punto di riferimento e di confronto per gli studi scientifici e
come garantisca un beneficio che si mantiene ben al di là del suo termine,
senza comportare alcun aumento del rischio emorragico.
Letture consigliate
• Derdeyn CP, Chimowitz MI, Lynn MJ et al for Preventing Recurrent Stroke in Intracranial Stenosis Trial Investigators. Aggressive medical treatment with or without stenting in high-risk
patients with intracranial artery stenosis (SAMMPRIS): the final results of a randomised trial.
Lancet 2014;383:333-41
• James SK, Storey RF, Khurmi NS et al. Ticagrelor versus clopidogrel in patients with acute coronary syndromes and a history of stroke or transient ischemic attack. Circulation 2012;125:2914-21
• US Food and Drug Administration. The FDA ticagrelor review of complete response. Available at: http://www.accessdata.fda.gov/drugsatfda_docs/nda/2011/022433Orig1s000TOC.
cfm. Accessed May 10, 2012
• Wallentin L, Becker RC, Budaj A et al. Ticagrelor versus clopidogrel in patients with acute
coronary syndromes. N Engl J Med 2009;361:1045-57
• Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH et al. Prasugrel versus clopidogrel in patients with acute
coronary syndromes. N Engl J Med 2007;357:2001-15
99
La stenosi carotidea può
essere presente in pazienti asintomatici per aterotrombosi o con cardiopatia
ischemica e/o AOP manifeste. La prevalenza è correlata
all’età e aumenta progressivamente, dallo 0,2% nei
pazienti con età <50 anni al
7,5% nei pazienti ottuagenari. La gestione della stenosi carotidea asintomatica viene assimilata a quella dell’AOP asintomatica sia dalle linee guida
dell’American Heart Association sia da quelle dell’American College of
Chest Physicians.
Che tipo di terapia antiaggregante
deve essere attuata in caso di stenosi
carotidea asintomatica? Che tipo di
prevenzione secondaria deve seguire
alle procedure di endoarteriectomia
carotidea e alla disostruzione carotidea con posizionamento di stent?
Le linee guida dell’American Heart Association e dell’American College of
Chest Physicians assimilano la gestione della stenosi carotidea asintomatica
a quella dell’AOP asintomatica.
Benché la metanalisi dell’Antiplatelet Trialists’ Collaboration abbia mostrato una riduzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti con AOP
trattati con antitrombotici vs placebo, tra gli studi valutati esistono grandi
differenze. Nel dettaglio due dei tre studi di confronto tra ASA 100 mg/die
e placebo non hanno rilevato alcun beneficio dalla prevenzione primaria
con ASA, tuttavia avevano arruolato pazienti identificati per riduzioni
lievi dell’Ankle-Brachial Index (ABI, indice caviglia-braccio, indicativo di
arteriopatia periferica quando inferiore a 0,9). Lo studio POPADAD, infatti, aveva arruolato pazienti con ABI <0,99 (Fig. 12), mentre l’Aspirin
for Asymptomatic Atherosclerosis pazienti con ABI pari a 0,95 (calcolato
però in maniera non convenzionale) (Fig. 13). Lo studio CLIPS, il più
piccolo e interrotto per il lento arruolamento, ha dimostrato una ri100
25
ASA
Placebo
Atteso
Pazienti con eventi (%)
20
15
10
5
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
0
2
0
4
Anni
6
8
Figura 12. ASA vs placebo nella prevenzione primaria nel paziente con AOP
Proporzione di pazienti con evento coronarico fatale
o non fatale, ictus o rivascolarizzazione
Modificata da: Belch J et al. BMJ 2008
0,14
ASA
Placebo
0,12
0,10
0,08
0,06
0,04
0,02
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Figura 13. ASA vs placebo nella prevenzione primaria nel paziente con AOP
Modificata da: Fowkes FGR et al. JAMA 2010
101
duzione degli eventi, ma ha arruolato pazienti con ABI <0,85 e pazienti
sintomatici.
Il ruolo di ASA in prevenzione primaria nella stenosi carotidea asintomatica
è dubbio; gli studi più ampi non hanno rilevato beneficio.
Una metanalisi italiana ha valutato l’impiego della terapia antiaggregante in pazienti con AOP sintomatica o con ABI <0,99. Sono stati identificati 29 studi randomizzati, per un totale di 10.375 pazienti, di cui il
18% assumeva ASA, il 50% circa era trattato con tienopiridine, il 21% con
picotamide e l’11% con altra terapia. La terapia antiaggregante riduceva
complessivamente l’incidenza di eventi cardiovascolari (morte, infarto
miocardico e ictus) in maniera statisticamente significativa (OR 0,839; IC
95% 0,729-0,965; p=0,014). Tuttavia solo le tienopiridine riducevano significativamente il rischio cardiovascolare (OR 0,785; IC 95% 0,639-0,950;
p=0,014), mentre ASA e picotamide non raggiungevano la significatività
statistica.
Le tienopiridine, nella fattispecie clopidogrel, riducono in maniera significativa il rischio di eventi in pazienti con arteriopatia periferica, sintomatici o
meno. Lo stesso dato può essere esteso anche ai pazienti con stenosi carotidea
asintomatica.
Lo studio WAVE ha invece confrontato l’associazione ASA + warfarin vs
ASA in pazienti con AOP: è emerso un peggioramento significativo degli
eventi emorragici nei pazienti trattati con la terapia di associazione, senza
alcun beneficio in termini di prevenzione vascolare (Fig. 14).
Sulla base di questi dati, l’American College of Chest Physicians e l’American College of Cardiology/American Heart Association hanno redatto le
rispettive linee guida (che sono coincidenti) e che affermano:
102
IM, ictus ischemico o
morte vascolare (% cumulativa)
20,0
ASA
15,0
p=0,37
10,0
Warfarin + ASA
5,0
0,0
0
100
300
500
700
6,0
Sanguinamenti cumulativi (%)
900
1.100
1.300
Giorni
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
5,0
Warfarin + ASA
4,0
3,0
p<0,001
2,0
ASA
1,0
0,0
0
100
IM: infarto miocardico
300
500
700
900
1.100
1.300
Giorni
Figura 14. Warfarin + ASA peggiora gli eventi emorragici vs ASA
Modificata da: The Warfarin antiplatelet vascular evaluation trial investigators. N Engl J Med 2007
• la terapia antipiastrinica è indicata per ridurre il rischio vascolare nei
pazienti con stenosi carotidea asintomatica
• non c’è indicazione alla doppia terapia antitrombotica (warfarin + ASA)
• i farmaci di scelta sono ASA 75-325 mg/die o in alternativa clopidogrel
75 mg/die.
Nei pazienti sottoposti ad endoarteriectomia carotidea (CEA, Carotid End103
Nei pazienti con stenosi carotidea asintomatica e con ABI <0,9 è indicata la
terapia antipiastrinica.
Non c’è indicazione alla doppia terapia (warfarin + ASA).
Dose: ASA 75-325 mg/die o in alternativa clopidogrel 75 mg/die.
ACC/AHA Guidelines 2011
Arterectomy) le raccomandazioni rilasciate dall’American College of Chest
Physicians e dall’American Heart Association sono le medesime di quelle
per i pazienti con stenosi carotidea sintomatica. Per quest’ultima tipologia
di pazienti, che hanno già manifestato eventi cerebrovascolari, l’indicazione
alla terapia antiaggregante è analoga a quella dei pazienti con ictus ischemico: ASA (75-100 mg/die), clopidogrel (75 mg/die) e ASA/dipiridamolo
a rilascio modificato (25/200 mg x 2/die) a lungo termine (livello di raccomandazione elevato). L’American College of Chest Physicians raccomanda
di preferire clopidogrel e/o ASA/dipiridamolo rispetto ad ASA.
Nei pazienti con stenosi carotidea sintomatica o sottoposti a CEA vi è indicazione alla terapia antipiastrinica. Non c’è indicazione alla doppia terapia
(warfarin + ASA).
Dose: ASA 75-325 mg/die o clopidogrel 75 mg/die o ASA/dipiridamolo
25/200 mg x 2/die.
Clopidogrel è da preferire alle altre due opzioni.
ACC/AHA Guidelines 2011
In merito specificatamente alla CEA, non esistono studi che abbiano valutato la tempistica di inizio della terapia antitrombotica (se prima o dopo l’endoarteriectomia). Una recente review sistematica Cochrane ha confrontato
la terapia antitrombotica vs placebo nei pazienti sottoposti a CEA per stenosi
sintomatica o meno. Sono stati identificati 6 trial, tra i quali tuttavia vi era
estrema variabilità quanto a dose, tempo di inizio della terapia e farmaci:
si passava infatti da ASA (da 50 a 1.300 mg/die) ad ASA + dipiridamolo e
indobufene. Complessivamente questi studi hanno mostrato una riduzio104
ne significativa del rischio di ictus (OR 0,58; IC 95% 0,34-0,98), senza però
dimostrare una riduzione significativa sulla mortalità globale, vascolare e
sugli infarti miocardici. In termini generali si può desumere quindi che ASA
vada impiegato al minor dosaggio possibile. Il trial Aspirin and Carotid Endarterectomy ha invece randomizzato 2.849 pazienti sottoposti a CEA a quattro differenti dosi di ASA (81, 325, 650 e 1.300 mg/die); ASA veniva avviato
prima della chirurgia e continuato per 3 mesi. Il rischio combinato di infarto
miocardico, ictus e mortalità si dimostrava inferiore nei due gruppi a dosaggi minori rispetto ai due con i dosaggi maggiori. Nell’ambito della CEA
non vi sono studi clinici che abbiano comparato clopidogrel ad ASA oppure
clopidogrel + ASA vs una monoterapia antiaggregante.
Nei pazienti sottoposti ad angioplastica transluminale percutanea e a posizionamento di stent (PTA + stent) non vi sono studi di confronto tra ASA
e clopidogrel o tra ASA e terapia di associazione. Sulla base di questi elementi nelle ultime linee guida del 2012 l’American College of Chest Physicians suggerisce di ricorrere a una monoterapia antiaggregante con ASA o,
in alternativa, clopidogrel. È tuttavia necessario sottolineare che in quasi
tutti gli studi di confronto eseguiti tra endoarteriectomia e angioplastica
carotidea + stent, sulla scorta dell’esperienza cardiologica, l’associazione
ASA + clopidogrel veniva impiegata per un tempo variabile tra 30 e 90
giorni dopo la procedura di angioplastica. Si ricorda inoltre che la doppia
antiaggregazione per un minimo di 30 giorni è prassi clinica. Proprio sulla
base di questi dati le linee guida americane multisocietarie, pubblicate nel
2011 sul Journal of American College of Cardiology, hanno affermato che i
pazienti sottoposti ad angioplastica carotidea e a posizionamento di stent
devono essere sottoposti a terapia di associazione con ASA + clopidogrel
per un minimo di 30 giorni.
La profilassi secondaria dopo evento cerebrovascolare
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
I pazienti sottoposti a PTA + stent devono ricevere la terapia di associazione
ASA + clopidogrel per un minimo di 30 giorni.
Consenso multisocietario. JACC 2011
105
Letture consigliate
• Alonso-Coello P, Bellmunt S, McGorrian C et al. Antithrombotic Therapy in Peripheral Artery
Disease. Antithrombotic Therapy and Prevention of Thrombosis, 9th ed: American College of
Chest Physicians Evidence-Based Clinical Practice Guidelines. Chest 2012;141(Suppl):e669S-e690S
• Basili S, Raparelli V, Vestri A et al. Comparison of efficacy of antiplatelet treatments for patients
with claudication. A meta-analysis. Thromb Haemost 2010;103:766-73
• Belch J, MacCuish A, Campbell I et al. The prevention of progression of arterial disease and
diabetes (POPADAD) trial: factorial randomised placebo controlled trial of aspirin and antioxidants in patients with diabetes and asymptomatic peripheral arterial disease. BMJ
2008;337:a1840
• Brott TG, Halperin JL, Abbara S et al. 2011 ASA/ACCF/AHA/AANN/AANS/ACR/ASNR/
CNS/SAIP/SCAI/SIR/SNIS/SVM/SVS guideline on the management of patients with extracranial carotid and vertebral artery disease: executive summary: a report of the American
College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines, and the American Stroke Association, American Association of Neuroscience Nurses,
American Association of Neurological Surgeons, American College of Radiology, American
Society of Neuroradiology, Congress of Neurological Surgeons, Society of Atherosclerosis Imaging and Prevention, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of
Interventional Radiology, Society of NeuroInterventional Surgery, Society for Vascular Medicine, and Society for Vascular Surgery. J Am Coll Cardiol 2011;57:1002-44
• Hirsch AT, Haskal ZJ, Hertzer NR et al. ACC/AHA 2005 practice guidelines for the management of patients with peripheral arterial disease (lower extremity, renal, mesenteric, and abdominal aortic): a collaborative report from the American Association for Vascular Surgery/
Society for Vascular Surgery, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society for Vascular Medicine and Biology, Society of Interventional Radiology, and the ACC/AHA
Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Develop Guidelines for the Management of Patients With Peripheral Arterial Disease). Circulation 2006;113:e463-e654
106
Sicurezza e tollerabilità
dei farmaci antiaggreganti:
domande irrisolte
Premessa
La terapia antiaggregante è impiegata frequentemente in ambito di prevenzione primaria o secondaria al fine di ridurre complicazioni vascolari e mortalità correlate alle diverse patologie aterotrombotiche. Qualsiasi farmaco,
così pure gli antiaggreganti, può determinare anche effetti collaterali che
possono controbilanciare l’effetto terapeutico e, al netto, portare nocumento
al paziente.
ASA si associa a un rischio significativamente aumentato di emorragie gastroenteriche e intracraniche che, seppur modeste in termini assoluti, possono incidere negativamente sul decorso e minare la prognosi nel singolo
paziente che ha particolari fattori di rischio in tal senso. Anche l’uso delle
tienopiridine è stato associato nel corso degli anni a complicazioni, prevalentemente ematologiche e cutanee. Qualsiasi evento avverso dei farmaci
antiaggreganti comporta, frequentemente, l’interruzione del trattamento
stesso, esponendo il paziente a un rischio trombotico che spesso è maggiore
di quello preesistente per un fenomeno di rebound.
Le problematiche poste dalla terapia antiaggregante e dagli aspetti di sicurezza e tollerabilità a questa connessi non sono sempre di facile definizione:
obiettivo di questo capitolo è dare risposta a quegli aspetti dell’antiaggregazione ancora oggi non completamente risolti.
Ci sono alternative per i pazienti in
terapia con ticlopidina?
Il trattamento con ticlopidina si associa, oltre che a
un’efficacia, in ambito neu107
rologico e vascolare, sancita da studi clinici di buon livello condotti parecchi
anni fa, anche a un profilo di sicurezza non tranquillizzante, caratterizzato
prevalentemente da reazioni avverse di tipo ematologico.
Dai principali studi clinici randomizzati e controllati su ticlopidina, quali gli
studi CATS, TASS e STIMS, è emersa infatti una frequenza di effetti collaterali ematologici (prevalentemente neutropenia) che si assestava tra l’1% e il
2%, con la metà dei casi circa di grado severo (Tab. 1). Generalmente la neutropenia si manifesta nei primi 2 mesi dall’inizio del trattamento, pertanto
viene richiesto da AIFA il monitoraggio della crasi ematica ogni 15 giorni nei
primi 3 mesi di terapia.
Tabella 1. Incidenza di neutropenia in pazienti trattati con ticlopidina
Studi
N. pz che
hanno assunto
ticlopidina
N. totale pz con
neutropenia (%)
N. pz con neutropenia di
grado severo (%)
CATS
525
11 (2)
4 (1)
TASS
1.518
35 (1,4)
13 (0,9)
STIMS
346
3 (0,9)
0
STAI
314
0
0
CATS: Canadian-American ticlopidine study; TASS: ticlopidine aspirin stroke study; STIMS: Swedish ticlopidine multicentre study; STAI: studio
su ticlopidina nell’angina instabile
La neutropenia non è l’unico evento avverso ematologico legato a ticlopidina: sono stati diversi i casi di porpora trombotica trombocitopenica (PTT)
correlabili al farmaco e sono stati segnalati anche casi di anemia aplastica.
La PTT compare solitamente dopo una breve esposizione al farmaco e si
manifesta dopo circa 3-8 settimane dall’inizio della terapia con ticlopidina.
La patogenesi non è chiara benché sia stata ipotizzata un’origine autoimmunitaria, parimenti alla forma comune di PTT, dalla quale non si discosta dal
punto di vista clinico, se non forse per una prognosi leggermente migliore.
L’anemia aplastica, invece, può comparire in qualsiasi momento della terapia con ticlopidina e sembra più frequente nelle donne in età avanzata.
108
Nel 2005, il gruppo di Ibañez e collaboratori ha completato uno studio osservazionale di comunità di circa 22 anni riguardante l’agranulocitosi ed è
emerso come la terapia con ticlopidina fosse il più importante fattore associato alla neutropenia severa, comportando un rischio estremamente elevato
(HR: 103).
Ticlopidina è stata associata a una tossicità ematologica: neutropenia, porpora trombotica trombocitopenica (PTT), anemia aplastica, agranulocitosi e
trombocitopenia. L’incidenza complessiva di neutropenia è del 2%, mentre la
neutropenia grave si attesta attorno all’1%.
La neutropenia si manifesta di solito tra la seconda e la quinta settimana di
trattamento e la PTT tra la terza e l’ottava. L’anemia aplastica si può presentare in qualsiasi momento del trattamento con ticlopidina.
Seppur raramente, gli effetti avversi ematologici da ticlopidina possono essere letali.
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
L’effetto deleterio di ticlopidina a livello ematologico non è tuttavia legato
alla classe delle tienopiridine, come dimostra il confronto tra gli effetti collaterali da ticlopidina e clopidogrel pubblicato dal bollettino della commissione australiana di farmacovigilanza: emergeva infatti chiaramente come
la neutropenia e la PTT fossero molto più frequenti per ticlopidina (Tab. 2).
Anche in Italia il bollettino di farmacovigilanza dell’AIFA ha sottolineato le
problematiche ematologiche di ticlopidina, rilevando altresì poco più di 20
casi di reazioni avverse ematologiche fatali.
Clopidogrel era stato pensato per risolvere, in parte o in toto, i problemi
legati alla sicurezza del trattamento con ticlopidina. Una prima evidenza del
miglior profilo di sicurezza di clopidogrel è emersa dallo studio CAPRIE.
Nel dettaglio alcune delle reazioni avverse che caratterizzavano ticlopidina, quali reazioni avverse cutanee e diarrea, erano presenti anche durante il
trattamento con clopidogrel, mentre per le problematiche ematologiche non
si riscontrava alcuna differenza tra i pazienti trattati con clopidogrel e quelli
che assumevano ASA (Tab. 3). Poiché ASA non esercita alcun effetto quanti109
Tabella 2. Maggiore frequenza di neutropenia e PTT con ticlopidina vs clopidogrel
Modificata da: Adverse Drug Reactions Advisory Committee (ADRAC). 2004
Clopidogrel
n (%)
Ticlopidina
n (%)
Rapporto
T/C
Neutropenia
14 (0,00035)
26 (0,016)
45
Agranulocitosi
4 (0,0001)
22 (0,014)
140
Altra leucopenia
4 (0,0001)
6 (0,0038)
38
Trombocitopenia
42 (0,0011)
19 (0,012)
10
PTT
4 (0,0001)
5 (0,0031)
31
Pancitopenia
1 (0,000025)
2 (0,0013)
52
Anemia
19 (0,00048)
4 (0,0025)
5
Totale disordini ematologici
88 (0,0022)
(19,1)
84 (0,052)
(46,4)
24
Totale segnalazioni
460 (0,012)
181 (0,11)
9
Totale prescrizioni
4.000.000
160.000
PTT: porpora trombotica trombocitopenica
Tabella 3. Minore frequenza di neutropenia con clopidogrel vs ASA
Modificata da: CAPRIE Steering Committee et al. Lancet 1996 e Harker LA et al. Drug Safety 1999
110
Eventi avversi
ASA
(n=9.586)
Clopidogrel
(n=9.599)
p
Emorragie gastrointestinali
(di grado severo)
0,71%
0,49%
<0,05
Emorragie intracraniche
0,49%
0,35%
NS
Diarrea (di grado severo)
0,11%
0,23%
NS
Gastrite
1,32%
0,75%
<0,001
Ulcera gastrointestinale
1,15%
0,68%
0,001
Rash (di grado severo)
0,10%
0,26%
<0,05
Neutropenia
0,17%
0,10%
NS
tativo sulla crasi ematica, si poteva pertanto concludere che per clopidogrel
il problema ematologico non sussisteva.
Una review sistematica della Cochrane Library, pubblicata nel 2004, ha valutato il profilo di sicurezza di ticlopidina e clopidogrel nell’ambito della prevenzione delle patologie cardiovascolari. Entrambe le tienopiridine, seppur
in maniera differente (clopidogrel meno di ticlopidina), si associavano a un
incremento di diarrea e rash cutanei rispetto ad ASA. Le due tienopiridine
si differenziavano invece nettamente quanto a complicazioni ematologiche
in termini di neutropenia, ovvero trombocitopenia e PTT. Clopidogrel infatti
presentava un profilo di sicurezza sovrapponibile a quello di ASA, mentre
ticlopidina era molto penalizzata in termini di neutropenia e piastrinopenia.
Rispetto ad ASA, le tienopiridine provocano una riduzione significativa della probabilità di emorragia gastrointestinale ma un significativo incremento
di rash cutanei e diarrea.
L’aumento della probabilità di rash cutanei e diarrea è maggiore per ticlopidina rispetto a clopidogrel.
Il trattamento con ticlopidina, ma non quello con clopidogrel, è associato a un
significativo aumento del rischio di neutropenia.
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Oltre ai dati provenienti da metanalisi, la sicurezza di ticlopidina e clopidogrel è stata valutata dallo studio CLASSICS, che ha confrontato le due tienopiridine in pazienti che elettivamente dovevano essere sottoposti a PTCA +
stent. Gli eventi avversi di ticlopidina erano il doppio rispetto a quelli legati
a clopidogrel e soprattutto di natura ematologica (Fig. 1).
Per i pazienti in terapia con ticlopidina, spesso peraltro trattati con metà
della dose indicata (es. 250 mg/die), vi è quindi un’alternativa, almeno parimenti efficace e più sicura: clopidogrel.
In tutti i pazienti in cui vi è indicazione a terapia antiaggregante, in alternativa o prima di ASA, è indicato clopidogrel. Il non ottimale profilo di sicurezza di ticlopidina ha portato negli anni ad abbandonare e/o eventualmente
sostituire ticlopidina ad appannaggio di clopidogrel.
111
Pazienti con endpoint primario cumulativo (%)
p=0,005
10
9,12%
4,56%
5
0
Ticlopidina
(n=340)
Endpoint primario cumulativo
• Complicanze emorragiche
maggiori
• Neutropenia
• Trombocitopenia
• Precoce interruzione
del farmaco in studio
a causa di eventi avversi
non cardiologici
Clopidogrel
(n=680)
Figura 1. Superiori complicanze emorragiche maggiori, neutropenia, trombocitopenia e interruzione precoce del farmaco
in studio per eventi avversi non cardiologici con ticlopidina vs clopidogrel
Modificata da: Bertrand ME et al. Circulation 2000
Lo studio prospettico CLASSICS ha confermato la maggior sicurezza di clopidogrel rispetto a ticlopidina.
Letture consigliate
• Bertrand ME, Rupprecht HJ, Urban P et al. Double-blind study of the safety of clopidogrel
with and without a loading dose in combination with aspirin compared with ticlopidine in
combination with aspirin after coronary stenting: the clopidogrel aspirin stent international
cooperative study (CLASSICS). Circulation 2000;8:102:624-9
• Harker LA, Boissel JP, Pilgrim AJ et al. Comparative safety and tolerability of clopidogrel and
aspirin: results from CAPRIE. CAPRIE Steering Committee and Investigators. Clopidogrel versus aspirin in patients at risk of ischaemic events. Drug Saf 1999;21:325-35
• CAPRIE Steering Committee. A randomised, blinded, trial of clopidogrel versus aspirin in patients at risk of ischaemic events. Lancet 1996;348:1329-39
112
La ripresa della terapia
antiaggregante dopo un
sanguinamento è un problema aperto e scottante,
poco affrontato nel corso
degli anni dalla letteratura scientifica. Non vi sono studi prospettici e randomizzati che abbiano valutato quale sia l’epoca più adatta per riprendere
il trattamento. Ne deriva che la maggior parte delle indicazioni in materia
si avvalga di un livello di evidenza basso, trattandosi del frutto di consenso
di esperti e non di studi clinici. Di certo, come rivela il recente registro italiano MANTRA sulla gestione del trattamento con farmaci antitrombotici nei
pazienti con SCA, i soggetti che hanno presentato una complicanza emorragica hanno una probabilità di essere dimessi con ASA significativamente inferiore rispetto a quanti non hanno sanguinato. I primi pertanto sono
esposti al rischio di non veder ripreso tempestivamente il loro trattamento
antiaggregante.
I due tipi di sanguinamento più frequenti con ASA sono le emorragie digestive (GIB, gastrointestinal bleeding) e quelle intracraniche (ICH, intracranial
hemorrhage); clopidogrel si discosta da ASA in quanto la sua gastrolesività è significativamente inferiore. In termini di incidenza, il sanguinamento gastroenterico è più frequente delle emorragie intracraniche e presenta
prognosi nettamente migliore: la mortalità dell’ICH è pari a circa il 40-50%,
mentre la mortalità delle GIB è del 10-15%.
La tematica relativa al momento più opportuno per riprendere la terapia
antiaggregante dopo un sanguinamento gastroenterico è stata affrontata
dal Gruppo per il Consenso Internazionale sui Sanguinamenti del Tratto
Gastrointestinale superiore (International Consensus Upper Gastrointestinal
Bleeding Conference Group), che ha pubblicato nel 2010 su Annals of Internal Medicine le raccomandazioni per la gestione dei pazienti con sanguinamento gastroenterico superiore. Nei pazienti che assumono ASA a basso
dosaggio solitamente si sospende la terapia sino alla guarigione delle ulcere
o delle lesioni sanguinanti. Una sospensione prolungata si associa però a
Riprendere la terapia antiaggregante
dopo un episodio emorragico: come e
quando?
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
113
una mortalità elevata, come evidenziato dalla metanalisi di Biondi-Zoccai.
Generalmente la terapia viene sospesa per 7-30 giorni (mediamente attorno
a 7-10 giorni).
Gli studi riguardanti la ripresa della terapia antiaggregante dopo sanguinamento sono pochi e a bassa numerosità. Generalmente la terapia antiaggregante viene ripresa dopo 10 giorni.
La sospensione della terapia comporta un rischio trombotico, più o meno elevato in base al profilo di rischio del paziente.
Un unico studio clinico randomizzato, di Sung e collaboratori, pubblicato
solo sotto forma di abstract nel 2007, ha randomizzato i pazienti con ulcera
peptica secondaria ad ASA a riprendere la terapia antiaggregante rapidamente (quando era ancora in corso la terapia con inibitori di pompa protonica [IPP] per via endovenosa o precocemente per os) o tardivamente. Sebbene
la terapia antiaggregante raddoppiasse la frequenza di ripresa del sanguinamento, la mortalità cardiovascolare a 8 settimane era significativamente aumentata nel gruppo di chi riprendeva ASA tardivamente. In un altro studio
giapponese, di Ng e collaboratori, su 169 pazienti con ulcera secondaria ad
ASA ma con rischio emorragico basso o moderato, la terapia antiaggregante
veniva ripresa precocemente, dopo circa 1 giorno dall’endoscopia, senza che
si registrassero importanti sanguinamenti successivi.
La raccomandazione del gruppo era pertanto quella di riprendere la terapia
antiaggregante non appena il rischio cardiovascolare superi quello di sanguinamento (verosimilmente 7 giorni).
Un importante ausilio per la valutazione del rischio di morte e risanguinamento dopo un sanguinamento gastrointestinale è il Rockall score. Tale score
è stato elaborato impiegando i dati di uno studio che ha coinvolto più di
4.000 pazienti, dal quale sono emerse 5 variabili correlate alla prognosi del
paziente (Tab. 4).
114
Tabella 4. Rockall score per il rischio di risanguinamento e morte dopo GIB
Modificata da: Tan VP et al. Cardiovasc Rev Med 2009
Punteggio
0
1
2
Età
<60
60-79
>80
Shock
Nessun segno
Comorbilità
Nessuna
Endoscopia
Nessuna lesione
Mallory-Weiss
Segni di
sanguinamento
attivo
Nessuno o
chiazze scure
3
FC >100 bpm
PA sist <100 mmHg
PA sist >100 mmHg
Insufficienza
cardiaca
CAD
Altre diagnosi
Insufficienza renale
Insufficienza epatica
Tumore avanzato
Tumore
gastroenterico
Coagulo aderente
Sanguinamento
attivo
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
FC: frequenza cardiaca; CAD: arteriopatia
La mortalità del paziente con sanguinamento gastroenterico è legata al
contesto clinico. Anche i pazienti in doppia terapia antipiastrinica (DAPT)
per SCA mostrano una mortalità che è legata all’entità clinica del sanguinamento. In questi pazienti la sospensione della terapia antiaggregante va
ponderata sulla base dell’entità dell’emorragia e del quadro cardiaco. In
caso di stabilità emodinamica, può essere anche considerato di proseguire
clopidogrel, che è di maggior importanza per la pervietà dello stent e presenta meno lesività gastrica rispetto ad ASA. Da uno studio di Tan e collaboratori è stato estratto e modificato il diagramma decisionale, riportato a
seguire, che definisce gli atteggiamenti terapeutici e diagnostici da adottare
nei pazienti con sanguinamento gastrointestinale acuto in corso di terapia
antiaggregante (doppia o singola) per SCA. L’impiego di tale diagramma
può essere esteso anche ad altri pazienti con terapia antipiastrinica in prevenzione secondaria (Fig. 2).
115
- Shock emorragico
- SCA
- Scompenso cardiaco
No
Trasfondere se Hb <8 g/dl
Sì
Trasfondere secondo necessità
clinica (anche se Hb >10 g/dl)
Infusione IPP per 24 ore
Stop terapia antipiastrinica
Valutazione endoscopica entro 24 ore
Rockall score <5
Continuare
terapia antipiastrinica
Rockall score ≥5*
Sospendere
terapia antipiastrinica
Riprendere entro 2 settimane
Emorragia attiva
Rivalutare giornalmente
Stop terapia antipiastrinica
*Nel paziente in DAPT è possibile mantenere clopidogrel se il rischio trombotico è elevato
SCA: sindrome coronarica acuta; IPP: inibitori di pompa protonica; DAPT: doppia terapia antipiastrinica
Figura 2. Atteggiamenti terapeutici e diagnostici nei pazienti con sanguinamento gastrointestinale acuto in corso di terapia
antiaggregante per SCA
Modificata da: Tan VP et al. Cardiovasc Rev Med 2009
La sospensione e la ripresa della terapia antiaggregante vanno valutate in
base al rapporto tra rischio emorragico e quello trombotico.
Nel paziente in DAPT può essere considerata la prosecuzione di clopidogrel
se il rischio trombotico è elevato ed è presente stabilità emodinamica.
Per quanto attiene ai pazienti in terapia antiaggregante per prevenzione
primaria, l’evento emorragico maggiore deve indurre la sospensione della
terapia stessa e, in questo caso, la ripresa del trattamento è sconsigliata.
In merito al tipo di terapia da attuare, nel 2005 sono stati pubblicati i lavori
del gruppo di Chan e di Chue, che confrontavano clopidogrel senza IPP vs
ASA + IPP precocemente dopo la comparsa di una lesione gastrica sangui116
nante. Da questi lavori è emerso che il sanguinamento, più frequente nel
gruppo di clopidogrel (senza IPP), avveniva quasi esclusivamente nella
sede di lesione, a indicare che la lesione non era guarita adeguatamente e
che l’assenza di protezione gastrica era deleteria.
Lo studio di Ng e collaboratori, già citato precedentemente, ha mostrato che nella fase iniziale la protezione gastrica migliora l’andamento del
paziente e che, nella fase acuta, non si registrano differenze in termini di
sicurezza tra ASA e clopidogrel se associati a IPP.
Nel 2011 Tsai e collaboratori hanno pubblicato uno studio retrospettivo su
più di 3.500 pazienti con SCA che avevano già avuto un sanguinamento
gastrointestinale e che assumevano, sostanzialmente in maniera egualmente distribuita, solo clopidogrel, clopidogrel + IPP o ASA + IPP. Dallo
studio è emerso che i pazienti trattati con clopidogrel, con o senza IPP,
mostravano nel medio-lungo termine un tasso di sanguinamento significativamente minore (paradossalmente inferiore del 70% senza protezione
gastrica e del 30% con protezione gastrica). Va ricordato che i pazienti in
trattamento con clopidogrel, soprattutto quelli con gastroprotezione in
atto, erano caratterizzati da rischio vascolare maggiore (più procedure e
più recidive di infarto e di altre complicazioni vascolari).
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Nella fase acuta delle emorragie gastriche la terapia con IPP è indispensabile,
salvo controindicazioni.
Clopidogrel riduce le recidive di sanguinamento.
In merito ai sanguinamenti intracranici, la ripresa della terapia antiaggregante non è codificata e va contestualizzata in base al rischio trombotico e di
recidiva del paziente.
Nell’ambito dei sanguinamenti intracranici, la ripresa della terapia antiaggregante non è codificata e deve essere contestualizzata in base al rischio
trombotico e di recidiva del paziente.
117
Letture consigliate
• Barkun AN, Bardou M, Kuipers EJ et al. International consensus recommendations on the
management of patients with nonvariceal upper gastrointestinal bleeding. Ann Intern Med
2010;152:101-13
• Ng FH, Wong BC, Wong SY et al. Clopidogrel plus omeprazole compared with aspirin plus
omeprazole for aspirin-induced symptomatic peptic ulcers/erosions with low to moderate
bleeding/re-bleeding risk - a single-blind, randomized controlled study. Aliment Pharmacol
Ther 2004;19:359-65
• Rockall TA, Logan RF, Devlin HB et al. Risk assessment after acute upper gastrointestinal hemorrhage. Gut 1996;38:316-21
• Tan VP, Yan BP, Kiernan TJ et al. Risk and management of upper gastrointestinal bleeding associated with prolonged dual-antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention.
Cardiovasc Rev Med 2009;10:36-44
• Tsai YW, Wen YW, Huang WF et al. Cardiovascular and gastrointestinal events of three antiplatelet therapies: clopidogrel, clopidogrel plus proton-pump inhibitors, and aspirin plus
proton-pump inhibitors in patients with previous gastrointestinal bleeding. J Gastroenterol
2011;46:39-45
ASA è dotato di una peculiare gastrolesività che richiede, a scopo terapeutico
o preventivo, di associare
anti-H1 o IPP. A tale proposito, esistono chiare indicazioni in merito alla necessità di gastroprotezione in corso di terapia con ASA,
come sancito anche da un documento di consenso delle Società americane di
Gastroenterologia e Cardiologia. I pazienti che hanno una storia di patologia peptica, sanguinante o meno, quelli che assumono concomitante terapia
anticoagulante, quelli in terapia corticosteroidea e i pazienti anziani sono a
rischio significativamente aumentato di sviluppare problematiche del tratto
gastroenterico e soprattutto sanguinamenti. L’impatto del sanguinamento
in questo ambito è sostanziale: l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori è infatti quasi 3 volte superiore in chi presenta sanguinamenti del tratto
gastrointestinale, soprattutto in termini di mortalità. Si riporta a seguire per
praticità l’algoritmo decisionale per la scelta della gastroprotezione in corso
di ASA, come da indicazione delle Società americane di Gastroenterologia e
Cardiologia (Fig. 3).
Inibitori di pompa e antiaggreganti: a
che punto siamo? Indicazioni in merito all’efficacia e alla sicurezza della
concomitanza dei due trattamenti
118
È nei pazienti ad alto rischio di sanguinamento gastrointestinale che clopidogrel può trovare una chiara indicazione, potendo ridurre significativamente gli eventi e migliorando direttamente e indirettamente la prognosi.
Necessità di terapia antiaggregante
Sì
Valutazione fattori di rischio gastrointestinali
Ricerca H. pylori;
eradicazione
se presente
Sì
Storia di complicazioni da ulcera
Storia di ulcera peptica (non sanguinante)
Sanguinamento gastrointestinale
Duplice terapia antiaggregante
Terapia anticoagulante concomitante
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
No Sì
Più di un fattore di rischio:
- età >60 anni
- uso di corticosteroidi
- dispepsia o sintomi da reflusso
IPP
Sì
IPP: inibitori di pompa protonica
Figura 3. Come scegliere la gastroprotezione in corso di ASA
Modificata da: ACCF/ACG/AHA 2008 Expert Consensus Document. JACC 2008
Per quanto riguarda invece l’associazione clopidogrel + IPP, il primo lavoro che ha sottolineato l’interazione tra clopidogrel e omeprazolo è stato lo
studio OCLA. In questo trial, in doppio cieco e randomizzato, si confrontavano omeprazolo o placebo, per 7 giorni, in pazienti sottoposti a PTCA
+ stent a cui venivano somministrati sia ASA sia clopidogrel. L’endpoint
primario era la fosforilazione della proteina VASP, indicatore di inibizione
piastrinica. Dallo studio è emerso che omeprazolo, in concomitanza della
DAPT, riduceva la reattività piastrinica (Fig. 4).
119
0
Placebo
Omeprazolo
Variazione reattività piastrinica (%)
–10
–20
–32,6
–30
–40
–43,3
–50
–60
–70
p<0,0001
Figura 4. Omeprazolo riduce la reattività piastrinica vs placebo
Modificata da: Gilard M et al. JACC 2008
Per i pazienti in terapia con ASA si deve prevedere una terapia gastroprotettiva con IPP in caso di:
• storia di ulcera peptica, sanguinante o meno
• sanguinamento gastrointestinale
• DAPT
• terapia anticoagulante concomitante
• due di tre fattori di rischio (età >60 anni, uso di corticosteroidi, dispepsia)
ACCF/ACG/AHA 2008 Expert Consensus Document. JACC 2008
A questo sono seguite numerose segnalazioni, retrospettive, in cui si evidenziava un effetto negativo di omeprazolo, e in generale degli IPP, sull’efficacia
di clopidogrel. Tra queste è importante citare lo studio retrospettivo di Ho e
collaboratori, condotto su una coorte di 8.205 pazienti affetti da SCA; i due
terzi circa assumevano omeprazolo. Dallo studio si rilevava che l’associazione di omeprazolo e clopidogrel aumentava la mortalità e la recidiva di
infarto rispetto a clopidogrel senza omeprazolo (Fig. 5).
120
Proporzione di morte o recidiva di SCA
0,70
No clopidogrel
No IPP
No clopidogrel
Sì IPP
Sì clopidogrel
Sì IPP
0,60
0,50
0,40
Sì clopidogrel
No IPP
0,30
0,20
0,10
0
0
90
180 270 360 450 540 630 720 810 900 990 1.080
Giorni
IPP: inibitori di pompa protonica; SCA: sindrome coronarica acuta
Figura 5. Maggiori mortalità e recidiva di infarto con clopidogrel + omeprazolo vs clopidogrel
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Modificata da: Ho PM et al. JAMA 2009
Gli IPP riducono la risposta piastrinica a clopidogrel. Negli studi retrospettivi è stata descritta un’associazione tra IPP e clopidogrel e peggioramento
della prognosi del paziente.
Come accennato sono numerosi i lavori retrospettivi che hanno documentato
l’effetto deleterio degli IPP su clopidogrel. Vi è stato anche uno studio prospettico, lo studio COGENT (randomizzato, in doppio cieco e multicentrico),
che ha confrontato l’effetto di omeprazolo, rispetto a placebo, sulla sicurezza
(emorragie, occlusioni, perforazioni e ulcere peptiche) e sull’efficacia di clopidogrel, valutata come mortalità ed eventi vascolari nuovi. I pazienti erano
generalmente affetti da SCA e, in più della metà dei casi, sottoposti a terapia
con ASA. L’aggiunta di omeprazolo a pazienti trattati con clopidogrel non
modificava la prognosi vascolare, in termini sia di mortalità sia di ictus, infarti
miocardici e AOP. Si osservava invece una differenza significativa degli eventi gastroenterici tra placebo e omeprazolo, che riduceva significativamente
l’endpoint primario di sicurezza (Figg. 6,7).
121
Omeprazolo
Sopravvivenza senza disturbi gastrici
e/o sanguinamento
1,00
Placebo
0,90
p<0,001 per log-rank test
0,00
0
50
100
150
180
200
Giorni
Figura 6. Curve di Kaplan-Meier relative alla probabilità di non incorrere in eventi gastrointestinali primari
Sopravvivenza senza eventi cardiovascolari
Modificata da: Bhatt DL et al. N Engl J Med 2010
1,00
Omeprazolo
Placebo
0,90
p<0,98 per log-rank test
0,00
0
50
100
150
180
Giorni
Figura 7. Curve di Kaplan-Meier relative alla probabilità di non incorrere in eventi cardiovascolari primari
Modificata da: Bhatt DL et al. N Engl J Med 2010
122
200
Lo studio COGENT, l’unico studio prospettico che ha valutato la reale interazione tra omeprazolo e clopidogrel, non ha dimostrato nessuna differenza di
mortalità e morbilità vascolare.
I pazienti trattati con IPP presentavano minori complicazioni gastrointestinali.
L’effetto deleterio degli IPP, quando associati a terapia antiaggregante, è indipendente da clopidogrel, come emerge anche dallo studio CREDO, in cui
pazienti sottoposti a PTCA + stent elettivo sono stati randomizzati a proseguire clopidogrel per 3 o 12 mesi. Da una sottoanalisi presentata a un convegno dell’American Heart Association nel 2008 emergeva come i pazienti che
assumevano clopidogrel e omeprazolo presentassero un tasso di mortalità e
complicanze superiore rispetto ai pazienti che assumevano solo clopidogrel.
Un’attenta analisi dei dati rivelava tuttavia che lo stesso trend era presente
in chi assumeva solo ASA: l’associazione con IPP era peggiorativa (Tab. 5).
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Tabella 5. Mortalità e complicanze maggiori con gli IPP
Modificata da: Steinhubl S et al. Circulation 2008
Mortalità a 1 anno/ictus/IM
Clopidogrel con IPP
23/176 (13,4%)
Clopidogrel senza IPP
66/877 (7,7%)
Placebo (ASA) con IPP
28/190 (15,0%)
Placebo (ASA) senza IPP
94/873 (11,1%)
OR
p
1,63 (1,01-2,62)
0,043
1,55 (1,03-2,34)
0,035
IPP: inibitori di pompa protonica; IM: infarto miocardico; OR: odds ratio
L’associazione tra IPP e riduzione della sopravvivenza si osserva anche nei
pazienti trattati con solo ASA, come evidenziato da diversi studi. Tra questi
va citato il lavoro di Charlot e collaboratori che, basandosi sui dati del registro sanitario danese, ha segnalato come, dopo infarto miocardico, l’associazione di ASA e IPP fosse correlata a una riduzione della sopravvivenza
rispetto al solo ASA (Fig. 8).
123
Sopravvivenza (%)
100
90
ASA
80
ASA + IPP
70
0
30
60
90
120
150
180
210
240
270
300
330
Giorni
IPP: inibitori di pompa protonica
Figura 8. Superiore riduzione della sopravvivenza con ASA + IPP vs ASA
Modificata da: Charlot M et al. BMJ 2011
HR aggiustato: 1,20
IC 95% 1,04-1,38
Incidenza di morte CV, IM o ictus (%)
HR aggiustato: 1,24
IC 95% 1,07-1,45
14
12
13%
10,9%
10
11%
9%
8
6
4
2
0
Clopidogrel
con IPP
Clopidogrel
senza IPP
Ticagrelor
con IPP
IPP: inibitori di pompa protonica; CV: cardiovascolare; IM: infarto miocardico;
HR: hazard ratio
Figura 9. Maggiori eventi per l’associazione con IPP
Modificata da: Goodman SG et al. Circulation 2012
124
Ticagrelor
senza IPP
360
Non è ancora possibile delineare un chiaro ruolo degli IPP nell’interazione
con la terapia antiaggregante e il conseguente impatto prognostico. Va tuttavia sottolineato che lo stesso effetto è stato osservato anche nei pazienti in
terapia con ticagrelor, a suggellare questa costante (Fig. 9).
L’associazione, deleteria, tra terapia antiaggregante e IPP è stata osservata
non solo per clopidogrel, ma anche per ASA e nei pazienti trattati con i nuovi
antiaggreganti (es. ticagrelor).
Una possibile spiegazione biologica dell’effetto deleterio degli IPP può
consistere nell’aumentata produzione di ADMA, un metabolita dell’arginina, che sembra rappresentare un fattore di rischio cardiovascolare indipendente.
L’interazione degli IPP su efficacia e prognosi di diverse e numerose terapie
antiaggreganti lascia supporre che l’IPP sia più che altro una “conseguenza”
della prognosi peggiore piuttosto che la causa. È verosimile che l’IPP sia
un “proxy” di fragilità del paziente e che sia quest’ultima a determinare la
prognosi e non tanto l’IPP di per sé.
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
È verosimile che l’IPP sia un “proxy” di fragilità del paziente e che sia questa
a inficiare la prognosi.
Letture consigliate
• Bhatt DL, Scheiman J, Abraham NS et al. ACCF/ACG/AHA 2008 expert consensus document
on reducing the gastrointestinal risks of antiplatelet therapy and NSAID use: a report of the
American College of Cardiology Foundation Task Force on Clinical Expert Consensus Documents. J Am Coll Cardiol 2008:52:1502-17
• Charlot M, Grove FL, Hansen PR et al. Proton pump inhibitor use and risk of adverse cardiovascular events in aspirin treated patients with first time myocardial infarction: nationwide
propensity score matched study. BMJ 2011;342:d2690
• Gilard M, Arnaud B, Cornily JC et al. Influence of omeprazole on the antiplatelet action of
clopidogrel associated with aspirin. The randomized, double-blind OCLA (Omeprazole CLopidogrel Aspirin) study. J Am Coll Cardiol 2008;51:256-60
125
I farmaci antiaggreganti sono
stati somministrati, da sempre, senza prevedere la misurazione della risposta farmacologica attraverso test di
laboratorio. Negli ultimi anni
vi sono stati diversi studi che hanno analizzato la risposta farmacologica di ASA e
tienopiridine ed è emersa un’importante variabilità individuale: esiste infatti una
quota di pazienti, definibili variabilmente come “resistenti”, che ha una scarsa
risposta “laboratoristica” ai farmaci antiaggreganti.
Sebbene sia intuitivo che i pazienti resistenti, o scarsamente responsivi, a una
terapia antiaggregante sono maggiormente esposti al rischio di eventi vascolari
maggiori, non è possibile definire resistente a un determinato antiaggregante un
paziente che manifesta un evento vascolare maggiore in corso di terapia con il suddetto farmaco. Questo evento, definibile come fallimento terapeutico, è frequente
soprattutto in quelle situazioni in cui si impiega un farmaco per curare delle condizioni polifattoriali. Per esempio ASA e clopidogrel inibiscono un’unica via metabolica riguardante l’aggregazione, ma l’attivazione piastrinica e il processo aterotrombotico possono comunque avvenire attraverso vie metaboliche alternative.
Diversi studi hanno cercato di misurare la risposta biologica alla terapia antiaggregante: sono state utilizzate varie metodiche, con risultati non sempre precisamente sovrapponibili da test a test. A tal proposito è necessario sottolineare
alcuni elementi importanti:
• le tecniche di determinazione della reattività piastrinica sono diverse e non
completamente sovrapponibili; non tutte le tecniche sono state validate;
• la misurazione di un’unica variabile in un processo polifattoriale può avere
un ruolo limitato;
• la maggior parte delle misurazioni viene effettuata durante il trattamento,
senza avere dati circa ciò che è avvenuto prima del trattamento stesso (e quindi avere indicazioni circa il tipo di variazione che vi è stata).
Uno dei test impiegati più diffusamente per determinare l’effetto della terapia
antiaggregante è stato l’Ultegra Rapid Platelet Function Assay (RPFA), pensato
è necessario monitorare l’attività dei
farmaci antiaggreganti? Reattività
piastrinica e relazione clinica di un
fenomeno laboratoristico
126
Negli ultimi anni si sono susseguiti numerosi studi che hanno cercato di
quantificare la risposta alla terapia antiaggregante. Sono state impiegate tecniche differenti, non tutte validate o sovrapponibili.
I pazienti che accusano un evento vascolare in corso di terapia antitrombotica
non possono essere definiti resistenti.
inizialmente per valutare l’effetto degli inibitori GpIIb/IIIa e poi modificato per
determinare l’effetto di clopidogrel e ASA. Rappresenta il metodo a cui si è ricorso negli studi per definire la risposta o meno a clopidogrel.
Clopidogrel è un pro-farmaco che viene rapidamente inattivato dalle esterasi plasmatiche dopo il suo assorbimento. Il 15% rimanente va incontro a due
idrolisi sequenziali, a livello epatico, che comportano la produzione prima del
derivato 2-oxo-clopidogrel e poi del derivato tiolico (R-130964) che si lega al
recettore P2Y12 inibendolo irreversibilmente. Numerosi isoenzimi epatici sono
impegnati nelle due fasi ma è soprattutto l’enzima CYP2C19 a contribuire alla
maggior parte del processo metabolico (Fig. 10). L’isoenzima CYP2C19 presenta
diversi polimorfismi che possono inibire l’attività enzimatica o incrementarla.
O
C
O
CH3
O
N
S
Esterasi
Assorbimento
intestinale
Cl
85%
15%
Clopidogrel
O
C
O
CH3
2C19, 1A2, 2B6
N
O
Cl
2-oxo-clopidogrel
N
S
Cl
SR-26334
Inattivo
CH3
2C19, 3A4/5, 2B6
N
HOOC
HS
O
OH
Isoenzimi epatici
del citocromo P450
S
O
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Cl
Metabolita attivo
R-130964
Figura 10. Processo metabolico di clopidogrel
127
Gurbel è stato il primo a descrivere la presenza di un polimorfismo di
CYP2C19 che comportava una riduzione dell’attività enzimatica. Dai
suoi studi è emerso che esisteva una quota di pazienti in cui clopidogrel non riusciva a inibire efficacemente l’aggregazione piastrinica e tale
quota corrispondeva a circa il 15-30% dei pazienti che assumevano clopidogrel (Fig. 11).
La presenza del polimorfismo di CYP2C19, con ridotta funzione, comporta la
diminuzione della capacità di clopidogrel di inibire l’aggregazione piastrinica in vitro. La sua prevalenza è circa il 15-30% nella popolazione generale.
Sulla scorta di queste osservazioni ne seguirono altre, la più importante delle quali è quella di Mega e collaboratori, che hanno analizzato l’impatto del
polimorfismo degli enzimi del citocromo P450 implicati nel metabolismo di
clopidogrel in termini di farmacocinetica e farmacodinamica su volontari
sani e soprattutto in termini di risultati clinici in un sottogruppo di pazienti
arruolati nello studio TRITON-TIMI 38 (di confronto tra clopidogrel e prasugrel in ambito di SCA). È emerso che il polimorfismo di CYP2C19 si associava a una riduzione di funzione, determinando alterazione della farmacocinetica e della farmacodinamica di clopidogrel e riducendone la capacità di
inibire l’aggregazione piastrinica.
Dal lavoro di Mega emergeva però anche un altro dato: i pazienti che presentavano l’allele di CYP2C19 con ridotta funzione mostravano una frequenza significativamente aumentata di eventi vascolari (morte, ictus, IM) e
di trombosi dello stent (Fig. 12).
Al contrario di quanto riscontrato da Mega e collaboratori, l’analisi post hoc
dei pazienti trattati con clopidogrel e arruolati nello studio CURE, condotta
da Parè e collaboratori, non rilevava invece alcuna associazione tra eventi e
polimorfismo di CYP2C19 (Fig. 13).
È sulla scorta di questi elementi che il gruppo di Bonello e collaboratori ha
pubblicato i risultati di uno studio in cui, sulla base dei risultati di aggre128
Resistenza
Resistenza=31%
Pazienti (%)
22
≤–10 (–10,0] (0,10] (10,20] (20,30] (30,40] (40,50] (50,60] >60
Variazione assoluta dell’aggregazione (%)
Resistenza=15%
28
Pazienti (%)
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Resistenza
≤–30
(–20,–10]
(0,10]
(20,30]
(40,50]
>60
(–30,–20]
(–10,0]
(10,20]
(30,40]
(50,60]
Variazione assoluta dell’aggregazione (%)
Figura 11. Relazione tra percentuale di pazienti e variazione assoluta dell’aggregazione dopo 5 giorni (sopra) e dopo 30
giorni (sotto) di terapia
Modificata da: Gurbel et al. Circulation 2003
129
Morte cardiovascolare, ictus e infarto miocardico
A
12,1%
12
Portatori
11
10
p=0,01
9
8%
8
7
Non portatori
6
5
4
3
2
1
0
0
30
90
180
270
360
450
Giorni
B
3
2,6%
Trombosi dello stent
Portatori
2
p=0,021
1
Non portatori
0,8%
0
0
30
90
180
270
360
450
Giorni
Figura 12. A) Incidenza cumulativa di morte cardiovascolare, ictus e infarto miocardico; B) Incidenza cumulativa di trombosi
dello stent certa o probabile
Modificata da: Mega JL et al. N Engl J Med 2009
130
Polimorfismo
Eventi0
gruppo placebo
10
Eventi
gruppo clopidogrel
HR (IC 95%)
Rapporto di rischio
Alleli con perdita di funzione (*2 e/o *3)
Portatore
Non portatore
Totale
11,6%
8%
0,69 (0,49-0,98)
13%
9,5%
0,72 (0,59-0,87)
9,1%
0,71 (0,60-0,84)
12,6%
Alleli con guadagno di funzione (*17)
Portatore
13%
7,7%
0,55 (0,42-0,73)
Non portatore
12,2%
10%
0,85 (0,68-1,05)
Totale
12,5%
9,1%
0,71 (0,60-0,84)
0,5
Clopidogrel
migliore
1
2
3
Clopidogrel
peggiore
Figura 13. Assenza di associazione tra eventi e polimorfismo del CYP2C19
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Modificata da: Paré G et al. N Engl J Med 2010
I dati retrospettivi riguardanti l’associazione tra polimorfismo di CYP2C19
con ridotta funzione e andamento clinico sono eterogenei e non conclusivi.
gazione piastrinica (VASP), veniva tarata la dose da carico di clopidogrel.
L’aumento di dose di clopidogrel permetteva di superare la resistenza laboratoristica e il confronto dell’andamento clinico tra pazienti trattati con dosi
standard vs quelli trattati secondo i risultati laboratoristici lasciava intuire
che vi potesse essere spazio per determinare il dosaggio della terapia in base
alla risposta biologica del paziente (Fig. 14).
Nonostante le premesse, gli studi prospettici condotti adeguando la terapia
alla risposta piastrinica si rivelavano inconcludenti: tra questi vi erano gli
studi ARCTIC, GRAVITAS e TRIGGER-PCI.
Nello studio ARCTIC sono stati arruolati 2.440 pazienti, con NSTEMI e/o
sottoposti a PCI elettiva, poi randomizzati a una terapia standard o a ricevere un bolo addizionale di ASA, clopidogrel e/o anticorpi anti-GpIIb/IIIa
131
Sopravvivenza libera da eventi cardiovascolari (%)
Approccio VASP-guidato
100
95
90
Approccio standard
85
80
0
5
10
15
20
25
30
Giorni
MACE: eventi avversi cardiovascolari maggiori
Figura 14. Analisi di Kaplan-Meier per MACE a 30 giorni
Modificata da: Bonello L et al. JACC 2008
in caso di elevata reattività piastrinica nonostante la terapia antiaggregante.
Benché si riscontrasse una riduzione della reattività piastrinica gli endpoint
primari e secondari dello studio (mortalità e complicazioni vascolari) risultavano sovrapponibili nei due gruppi.
Nello studio GRAVITAS i pazienti sono stati selezionati 12-24 ore dopo la
PCI in base alla reattività piastrinica: i pazienti con reattività piastrinica ancora elevata venivano randomizzati a una dose standard di clopidogrel vs
una dose doppia. Anche in questo studio, nonostante il miglioramento della
risposta piastrinica, non si rilevava alcuna differenza nell’andamento clinico
tra pazienti in terapia standard e quelli in terapia doppia (Fig. 15).
Nello studio TRIGGER-PCI era invece adottata un’altra strategia: i pazienti
che presentavano reattività piastrinica elevata in corso di clopidogrel venivano randomizzati a proseguire clopidogrel o ad assumere prasugrel.
Sebbene la numerosità degli eventi fosse bassa, pur documentando una differente reattività piastrinica a prasugrel, lo studio non evidenziava alcuna
differenza nell’andamento clinico dei pazienti.
132
4
Incidenza cumulativa eventi
Dose clopidogrel standard
3
2
1
Dose clopidogrel alta
0
0
30
60
90
120
150
180
210
Giorni
Figura 15. Andamento clinico sovrapponibile nei pazienti in terapia standard e in terapia doppia
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Modificata da: Price MJ et al. JAMA 2011
Gli studi prospettici ARCTIC, GRAVITAS e TRIGGER-PCI, pur evidenziando un miglioramento della reattività piastrinica al potenziamento della
dose di clopidogrel o all’introduzione di nuovi antiaggreganti, non hanno
riscontrato alcun miglioramento o differenza clinica tra approccio standard e
approccio guidato dal laboratorio.
Non vi è alcuna indicazione al monitoraggio dell’attività degli antiaggreganti.
Si può pertanto concludere che con i dati disponibili al momento non si può
trarre alcuna conclusione in merito all’utilità del monitoraggio dell’attività
piastrinica in corso di terapia antiaggregante. La correlazione tra fenomeno
di laboratorio e fenomeno clinico è estremamente labile e la sola reattività
piastrinica non può essere considerata un criterio per modulare il dosaggio
della terapia in corso o per sostituirla.
133
Letture consigliate
• Gurbel PA, Bliden KP, Hiatt BL, O’Connor CM. Clopidogrel for coronary stenting: response
variability, drug resistance, and the effect of pretreatment platelet reactivity. Circulation
2003;107:2908-13
• Mega JL, Close SL, Wiviott SD et al. Cytochrome p-450 polymorphisms and response to clopidogrel. N Engl J Med 2009;360:354-62
• Paré G, Mehta SR, Yusuf S et al. Effects of CYP2C19 genotype on outcomes of clopidogrel treatment. N Engl J Med 2010;363:1704-14
• Price MJ, Berger PB, Teirstein PS et al. Standard- vs high-dose clopidogrel based on platelet
function testing after percutaneous coronary interventions: the GRAVITAS randomized trial.
JAMA 2011;305:1097-105
Il fenomeno della “bioequivalenza” è in costante
espansione e strettamente
legato a ragioni commerciali e farmacoeconomiche. Per clopidogrel, dopo
diversi anni dall’immissione del farmaco brand (clopidogrel idrogenosolfato, Plavix®), sono
comparse sul mercato formulazioni differenti con salificazione diversa
da quella originale (clopidogrel besilato, clopidogrel cloridrato, napadisilato ecc.) o non salificate (clopidogrel base), a brevetto del farmaco
originale non ancora scaduto.
Una ricerca condotta su PubMed dedicata alla tematica “clopidogrel e
bioequivalenza” ha evidenziato 37 voci bibliografiche, di cui 13 hanno
affrontato il problema reale dell’equivalenza tra clopidogrel idrogenosolfato e gli altri sali. La maggior parte di questi lavori è stata condotta
su volontari sani e confronti di farmacocinetica e farmacodinamica, valutata attraverso l’analisi dell’aggregazione piastrinica. Da questi studi
non sono emerse grossolane differenze tra clopidogrel idrogenosolfato e
gli altri sali, ma va specificato che la numerosità dei lavori era modesta
e potrebbe avere inficiato i risultati degli studi in maniera sostanziale.
Per quanto riguarda l’esperienza clinica su pazienti si possono annove-
Clopidogrel generico e farmaco
brand sono sostituibili in termini di
efficacia e sicurezza? Equivalenza
tra clopidogrel idrogenosolfato e gli
altri sali
134
Gli studi riguardanti il confronto tra clopidogrel idrogenosolfato e suoi equivalenti sono pochi e di numerosità contenuta. La gran parte degli studi è basata su volontari sani che assumevano il farmaco per un tempo limitato.
rare quattro lavori: due studi coreani, uno studio italiano di Marcucci e
uno studio inglese.
Il primo studio coreano, di Park MW e collaboratori, ha confrontato clopidogrel idrogenosolfato e clopidogrel resinato in pazienti sottoposti a
PCI. Non si sono evidenziate notevoli differenze negli eventi tra i due
gruppi, anche se vi era una tendenza a minori trombosi dello stent e sanguinamenti nel gruppo di clopidogrel idrogenosolfato. Tuttavia lo studio
ha confrontato due popolazioni abbinate per similitudine ma non randomizzate (il cosiddetto confronto per propensity score match).
L’altro studio coreano, di Park JB e collaboratori, ha confrontato, senza
trovare differenze statisticamente significative, clopidogrel idrogenosolfato e napadisilato; la numerosità del campione era modesta (64 vs 63
pazienti).
Lo studio inglese, del gruppo di Oberhänsli, ha invece randomizzato
poco più di 60 pazienti, sottoposti a PCI + stent elettiva, a ricevere in
sequenza tre sali differenti di clopidogrel (idrogenosolfato, cloridrato e
besilato) e poi prasugrel. Il confronto, valutato come differenza di inibizione piastrinica, non evidenziava significative differenze statistiche.
Lo studio più ampio è quello di Rossella Marcucci del gruppo della
Prof.ssa Abbate di Firenze, che ha confrontato l’attività antiaggregante
di clopidogrel idrogenosolfato e clopidogrel base su una casistica di pazienti con SCA sottoposti a procedura di rivascolarizzazione coronarica percutanea con impianto di stent (quasi 1.500 pazienti). Vi erano due
popolazioni: una trattata con clopidogrel idrogenosolfato (838 pazienti;
dati relativi al periodo ottobre 2010-marzo 2011) e una trattata a partire
da ottobre 2011 con clopidogrel base (741 pazienti; dati raccolti sino a
marzo 2012). Al netto delle differenze di età, sesso e patologie di base
(comunque non significative), è emerso che l’inibizione piastrinica, mi-
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
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surata con aggregometria a luce trasmessa, era chiaramente inferiore nei
pazienti che assumevano clopidogrel base (Fig. 16) e, in questi pazienti,
permaneva una maggiore reattività piastrinica.
Ciò che emerge dalla letteratura è che i dati che trattano di bioequivalen-
Clopidogrel idrogenosolfato
Clopidogrel base
ADP (%)
Ott.
Nov.
Dic.
Gen.
Feb.
Mar.
2010
45/166 (27%)
2011
58/144 (40%)
2010
43/144 (30%)
2011
53/126 (42%)
2010
38/133 (29%)
2011
51/135 (38%)
2011
37/124 (30%)
2012
50/114 (44%)
2011
31/130 (24%)
2012
45/99 (44%)
2011
19/141 (13%)
2012
57/123 (45%)
p<0,05
p<0,05
p=0,060
p<0,05
p<0,05
p<0,005
213/838 (25,4%)
56,7±19,5
57,2±17,9
58,2±18,3
60,8±19,6
54,5±19,4
61,6±19,2
54,2±19,6
56,9±20,5
51,1±19,4
56,5±19,1
46,3±18,2
57,7±20,8
52,3±19,4
p<0,0001
Totale
314/741 (42,4%)
0
10
57,9±19,8
20
30
40
50
(%)
Figura 16. Reattività piastrinica con clopidogrel base vs clopidogrel idrogenosolfato. Con clopidogrel base permane una
elevata reattività piastrinica in una maggiore percentuale di pazienti
Modificata da: Marcucci R et al. JACC 2013
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za di clopidogrel idrogenosolfato sono pochi e di bassa numerosità. La
bioequivalenza di farmaci ampiamente studiati e utilizzati, che presentano
un impatto clinico estremamente importante, non può essere sottovalutata,
tutt’altro. Quei pochi dati che descrivono l’utilizzo di clopidogrel non idrogenosolfato in clinica si restringono sostanzialmente allo studio italiano di
Marcucci, a uno studio svizzero e a due studi asiatici. Anche e soprattutto in
questo ambito i confronti sono stati prevalentemente laboratoristici e dalla
maggior parte di questi è emersa la non inferiorità, che non necessariamente
comporta l’equivalenza, tra le salificazioni alternative di clopidogrel e clopidogrel idrogenosolfato. Da uno degli studi di maggior dimensione (quello
italiano) si evidenziava, nel gruppo trattato con clopidogrel base rispetto a
quello trattato con clopidogrel idrogenosolfato, una percentuale di pazienti
maggiore con una reattività piastrinica ancora elevata.
Alla luce di quanto emerso, o meglio di quanto non è emerso, è difficile in
questo momento affermare che gli altri sali di clopidogrel siano sovrapponibili al prodotto brand. In considerazione altresì del momento storico
(es. introduzione di nuovi antiaggreganti che sono stati confrontati con
clopidogrel idrogenosolfato), qualsiasi deviazione dalla strada maestra,
tracciata dai più importanti trial, può significare addentrarsi in un terreno sconosciuto, in cui il reale rapporto rischio-beneficio non è noto.
Pertanto al momento l’impiego di sali di clopidogrel diversi dalla forma
“idrogenosolfato” non è supportato da dati solidi. Inoltre, poiché la maggior parte dei dati proviene da popolazioni specifiche, sostanzialmente
asiatiche, i risultati di questi studi non possono essere estesi agli altri
gruppi (caucasici, afroamericani ecc.).
Sicurezza e tollerabilità dei farmaci antiaggreganti: domande irrisolte
Domande e risposte in tema di aggregazione piastrinica
Gli studi di bioequivalenza su pazienti tra clopidogrel idrogenosolfato e salificazioni alternative di clopidogrel sono stati condotti prevalentemente su
popolazioni selezionate (es. pazienti asiatici) e derivanti da dati retrospettivi.
Al momento l’utilizzo di sali di clopidogrel diversi dalla forma “idrogenosolfato” non è supportato da dati solidi.
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Letture consigliate
• Marcucci R, Paniccia R, Gori AM et al. Bioequivalence in the real world is a complex challenge:
the case of clopidogrel. J Am Coll Cardiol 2013;61:594-5
• Oberhänsli M, Lehner C, Puricel S et al. A randomized comparison of platelet reactivity in
patients after treatment with various commercial clopidogrel preparations: the CLO-CLO trial.
Arch Cardiovasc Dis 2012;105:587-92
• Park MW, Jeong SH, Her SH et al. Comparison of clinical efficacy and safety of clopidogrel
resinate with clopidogrel bisulfate in patients undergoing percutaneous coronary intervention.
Cardiovasc Drugs Ther 2013;27:441-9
• Park JB, Koo BK, Choi WG et al. Comparison of antiplatelet efficacy and tolerability of clopidogrel napadisilate with clopidogrel bisulfate in coronary artery disease patients after percutaneous coronary intervention: a prospective, multicenter, randomized, open-label, phase IV,
noninferiority trial. Clin Ther 2013;35:28-37
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