A15 Scienze teologico–religiose

A
Scienze teologico–religiose
Agostino Porreca
Come ad amici (DV)
Lezioni di Teologia fondamentale
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 
Indice

Premessa

Capitolo I
La teologia fondamentale nella recente storia della teologia
.. Bilancio storico della teologia fondamentale,  – ... Fino al Concilio Vaticano II,  – ... Dal Concilio Vaticano II all’enciclica Fides et Ratio (),  –
... Dall’enciclica Fides et Ratio (), .

Capitolo II
La teologia fondamentale: identità e compiti
.. Identità della teologia fondamentale,  – .. Oggetto e compito della
teologia fondamentale,  – .. La teologia fondamentale come sapere critico
della fede, .

Capitolo III
La Rivelazione di Dio nell’Antico Testamento
.. Il linguaggio e i principali verbi di Rivelazione (approccio filologico),  –
.. Modalità della Rivelazione di Dio nell’AT,  – .. La Rivelazione nella
storia,  – ... La Rivelazione di Dio nelle “narrazioni delle origini” e nelle “storie
patriarcali”,  – ... La Rivelazione nella storia dell’Esodo,  – ... La Rivelazione
del nome,  – ... L’alleanza del Sinai e il dono della Legge,  – .. La Rivelazione
nella Parola profetica,  – ... I criteri per la credibilità della profezia,  – ... La
struttura sacramentale della Rivelazione profetica,  – .. Rilievi conclusivi sulla
Rivelazione di Dio nell’AT, .

Capitolo IV
La Rivelazione di Dio nel NT
.. Gesù centro unificante dell’evento rivelativo,  – .. La conoscenza della
Rivelazione cristologica,  – .. L’accesso storico a Gesù e le tre tappe della
ricerca,  – .. I criteri di autenticità o di attendibilità per la ricerca del Gesù
della storia, .

Capitolo V
Gesù Cristo pienezza della Rivelazione
.. Gesù Cristo, pienezza della parola creatrice,  – .. Gesù Cristo pienezza

Indice

della parola dell’alleanza,  – .. Gesù Cristo pienezza della legge,  – .. Gesù Cristo, pienezza della parola profetica,  – ... Il profeta escatologico,  –
.. Le teofanie del battesimo e della trasfigurazione di Gesù,  – .. Gesù
profeta “singolare” perché Figlio,  – .. Il regno di Dio, cuore dell’annuncio
di Gesù,  – .. Le parole del regno: le beatitudini e le parabole,  – .. I
segni del regno (segni di misericordia e miracoli),  – .. I miracoli nella prospettiva dell’ermeneutica storico–critica ,  – .. I miracoli nella prospettiva
dell’ermeneutica biblico–teologica,  – .. I miracoli nella prospettiva dell’ermeneutica filosofica,  – .. I miracoli nella prospettiva dell’ermeneutica
scientifico–naturale, .

Capitolo VI
La pienezza del mistero pasquale
.. Le causae Crucis,  – .. La Risurrezione,  – ... La Risurrezione di
Gesù nelle testimonianze del NT,  – ... Il sepolcro vuoto e le apparizioni del
Risorto,  – ... Il contenuto rivelativo della Risurrezione di Gesù ,  – .. La
questione della conoscibilità della Risurrezione,  – .. Lo Spirito Santo e la
Rivelazione,  – .. Rivelazione e Chiesa , .

Capitolo VII
Modelli di Rivelazione al Concilio Vaticano I e al Concilio Vaticano II
.. Il modello epifanico di Rivelazione,  – .. La Rivelazione al Concilio
Vaticano I: la Dei Filius,  – ... Sintesi,  – .. La Rivelazione al Concilio
Vaticano II: la Dei Verbum,  – ... Iniziativa divina,  – ... Oggetto e finalità
della Rivelazione,  – ... La modalità storico–salvifica e il carattere “sacramentale”
della Rivelazione,  – ... Il centro della Rivelazione: Gesù Cristo,  – ... Sintesi,  – .. La Rivelazione come parola, incontro, presenza (S. Pié–Ninot),  –
.. La Rivelazione come “rendersi conto”, come “maieutica storica” (A. Torres
Queiruga), .

Capitolo VIII
Il presupposto antropologico della Rivelazione
.. L’uomo capax Revelationis,  – .. Il cor inquietum di Dio e dell’uomo: il
primato della Rivelazione, .

Capitolo IX
Principali aspetti della credibilità della Rivelazione
.. La questione della credibilità,  – .. La credibilità e i segni esterni della
Rivelazione al Concilio Vaticano I ,  – .. La credibilità al Concilio Vaticano
II: dai segni al Segno,  – .. La credibilità come “proposta di senso” (S.
Pié–Ninot),  – .. La credibilità e le istanze della ragione critica, storica,
etico–pratica (C. Greco),  – .. Punti fermi della teologia della credibilità, .
Indice


Capitolo X
La luce della fede
.. La fede secondo la Scrittura (AT e NT),  – .. Il paradigma della fede
al Concilio di Trento (–),  – .. Il paradigma della fede al Concilio
Vaticano I (–),  – .. Il paradigma della fede al Concilio Vaticano
II (–),  – ... Il De fontibus revelationis e il tema della fede,  –
... Il De deposito fidei e il tema della fede,  – ... Il difficile cammino
verso la redazione della Dei Verbum,  – ... Il paradigma della fede in DV
–,  – .. Conclusione,  – .. Per una sintesi teologica della fede,  –
.. Dall’analysis fidei alla synthesis fidei (S. Pié–Ninot),  – .. La fede che
salva e la salvezza senza fede, .

Capitolo XI
La testimonianza segno ecclesiale di credibilità
.. La testimonianza e la credibilità della Rivelazione,  – .. La categoria
della testimonianza,  – .. La testimonianza nella Bibbia,  – .. L’essenza della testimonianza,  – .. Il dono del martirio,  – .. Il martire
testimone dell’amore trinitario, segno permanente di credibilità,  – .. Il
martire appartiene al nostro tempo, .

Capitolo XII
Modelli di teologia delle religioni
.. Modelli di teologia delle religioni: lo status quaestionis,  – .. Il superamento dell’ecclesiocentrismo,  – .. Chiesa e salvezza,  – .. Gli
orientamenti del Magistero post–conciliare,  – .. Motivi fondamentali della
singolarità–unicità di Gesù Cristo rispetto alle religioni non cristiane, .

Capitolo XIII
L’evangelizzazione “nuova” nello stile e nel linguaggio
.. La nuova evangelizzazione,  – .. La nuova evangelizzazione e la
missione della Chiesa,  – .. Nuova nello stile,  – ... Evangelizzare con
lo stile del testimone,  – .. Nuova nel linguaggio,  – ... Evangelizzare
con il linguaggio della narrazione e della rete,  – .. Conclusione, .

Epilogo

Bibliografia essenziale
Premessa
Le presenti dispense sono concepite come uno strumento didattico per il
corso di teologia fondamentale dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose
“S. Roberto Bellarmino” di Capua. Non intendono coprire tutto un itinerario teologico–fondamentale completo, ma privilegiano le tematiche che più
facilmente sono oggetto del corso, del quale sono una chiara espressione. I
singoli capitoli rappresentano i nuclei tematici più significativi della teologia
fondamentale, disciplina che ha il compito di rendere ragione della fede (cf.
Pt , ), facendosi carico di giustificare ed esplicitare la relazione tra la fede
e la riflessione filosofica. Accogliendo il dettato di Fides et Ratio , le lezioni
si articolano principalmente intorno alle tre grandi realtà che determinano
l’oggetto della teologia fondamentale: la Rivelazione, la credibilità e il suo
corrispondente atto di fede. Le presenti dispense rispondono all’esigenza
di sintesi manifestata nei diversi anni di insegnamento dagli studenti dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. In molti capitoli, pertanto, sono
riassunti gli itinerari elaborati nei loro esemplari manuali dai docenti di
teologia fondamentale che ho incontrato nel mio percorso di studi teologici,
in particolare la proposta del padre gesuita C. Greco, professore di teologia
fondamentale presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale
(Napoli — sez. S. Luigi), autore di Rivelazione di Dio e ragioni della fede. Un
percorso di teologia fondamentale, e quella di S. Pié–Ninot, professore di teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e
autore del manuale La Teologia Fondamentale. «Rendere ragione della speranza»
( Pt ,). A cinquant’anni dalla promulgazione della Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum ( novembre ), magna charta
della teologia fondamentale, le presenti lezioni possano aiutare gli studenti a
compiere un ulteriore passo nell’intelligenza della Rivelazione cristiana e ad
amare con maggiore intensità e gratitudine il Dio Amore che in Gesù ci ha
definitivamente amati, il Dio invisibile che si è fatto visibile, il Dio Eterno
che si è fatto tempo per redimere il nostro tempo, il Dio lontano che si è fatto profondamente vicino per introdurre gli uomini alla comunione d’amore
con Lui. «Con questa divina Rivelazione Dio invisibile con immenso amore
parla agli uomini come ad amici» (DV ). La Rivelazione di Dio non è mero
evento informativo, ma evento di autodonazione gratuita, che ha la sua
fonte nell’abundantia caritatis: Dio è Amore. La Rivelazione di Dio è amore
colloquiale. Dio, come un innamorato, si mette alla ricerca degli uomini,


Come ad amici (DV)
parla con loro, si intrattiene con essi, perché possano, nella fede e con la
fede, partecipare alla pienezza di vita che Lui dischiude ed entrare nello
spazio vitale della sua amicizia. Così Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium:
«Non mi stancherò mai di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci
conducono al centro del Vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è
una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento,
con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione
decisiva» (Deus caritas est, ). Solo grazie a quest’incontro — o reincontro
— con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati
dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità. Giungiamo ad essere
pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a
Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più
vero. Lì sta la sorgente dell’azione evangelizzatrice. Perché, se qualcuno ha
accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere
il desiderio di comunicarlo agli altri?» (EG, –). Le pagine di questo sussidio aiutino gli studenti a lasciarsi sempre più profondamente coinvolgere
dall’amicizia personale, colloquiale e salvifica che Dio ci ha definitivamente
offerto in Gesù Cristo, amico di ogni uomo, per poter risplendere nella
luminosa e attraente testimonianza di comunione fraterna.
Capitolo I
La teologia fondamentale nella recente
storia della teologia
Introduzione
«Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della vostra speranza che è in voi» (Pt ,). Il versetto della Prima Lettera di Pietro
può essere considerato il testo biblico di riferimento, la magna charta della
teologia fondamentale, disciplina chiamata a mostrare la ragionevolezza e la
significatività della fede cristiana. Fin dall’inizio del cristianesimo la funzione
apologetica della fede è intesa come «dare risposta», «fare difesa» (in greco:
apologhía; apo–lógos, parlare davanti, in favore di). Sin dall’inizio la Chiesa
dovette offrire spiegazioni, dovette dialogare con coloro a cui proponeva il
proprio annuncio. La dimensione apologetica del cristianesimo, lungi dall’essere sterile polemica o atteggiamento difensivo nei confronti del mondo,
esprimeva l’intrinseca inclinazione alla missione e all’evangelizzazione. Un
esempio di questo atteggiamento apologetico del cristianesimo ci è offerto
dalle due Apologie di Giustino, il quale, in una prospettiva dialettica e rispondendo ad un’esigenza di tipo espositivo, intendeva mostrare la specificità
dell’idea cristiana di Dio a confronto con altre credenze o con gli increduli.
In epoca medievale venne meno la preoccupazione di mostrare la propria
fede, in quanto la presenza cristiana era molto forte in Europa. L’attenzione
si concentrò quasi unilateralmente sul tentativo di delineare rigorosamente una tematizzazione concernente l’actus fidei. Con l’età moderna e con
l’insorgere di molteplici accuse nei confronti della fede cristiana, l’atteggiamento apologetico venne a configurarsi e a strutturarsi come apologetica,
ovvero come una scienza polemica e difensiva ad oltranza .
La teologia fondamentale, chiamata originariamente apologetica, è una
disciplina recente all’interno della storia della teologia . Così afferma M.
Seckler: «la teologia fondamentale arrivò ad essere una disciplina teologica
specifica nel corso di una storia complicata, ricevette il suo nome attuale
. Cf. F. T, Il tuo volto Signore io cerco. Rivelazione, fede, mistero: una teologia fondamentale,
Cittadella, Assisi , –.
. Cf. D. C, Elementi di teologia fondamentale, Cittadella, Assisi , ; cf. F. T,
Il tuo volto Signore io cerco, –.


Come ad amici (DV)
solo tardi, la sua identità — malgrado tutta la continuità delle forse e degli
interessi che la sorreggevano — fu individuata solo per tappe successive,
il suo contenuto e la sua definizione rimasero controversi, quanto alla sua
unità e alla sua articolazione interna le opinioni divergono» .
Sebbene la disciplina fosse stata nominata con la dizione “teologia fondamentale” dal documento Deus scientiarum Dominus () di Pio XI, essa
non ha avuto menzione né nel Concilio Vaticano II (–) , né nelle
prime norme di applicazione conciliare per l’insegnamento teologico del
 maggio  (Normae Quaedam). Se ne parla invece in modo diffuso nel
documento della Congregazione per l’Educazione Cattolica, La formazione
teologica dei futuri sacerdoti (..). Il documento dedica alla nostra disciplina i numeri – e in modo particolare afferma: «Tutte le materie
teologiche che suppongono come base del loro procedimento razionale
la teologia fondamentale, che ha per oggetto di studio il fatto della Rivelazione cristiana e la sua trasmissione nella Chiesa: temi questi che stanno
al centro di ogni problematica sui rapporti fra ragione e fede. La teologia
fondamentale verrà studiata come disciplina introduttiva alla dogmatica e
anzi come preparazione, riflessione e sviluppo dell’atto di fede (il “Credo”
del Simbolo), nel contesto delle esigenze della ragione e dei rapporti tra la
fede, le culture e le grandi religioni» (nn. –). La Costituzione apostolica Sapientia Christiana sugli studi nelle Università e Facoltà ecclesiastiche
(..) farà esplicita menzione della teologia fondamentale come disciplina obbligatoria negli studi teologici, subito dopo la Sacra Scrittura e
prima della teologia dogmatica. Fino alla metà del XX secolo il trattato di
teologia fondamentale così come lo intendiamo oggi non esisteva.
L’enciclica di Giovanni Paolo II Fides et Ratio (..) dedica a questa
disciplina un ampio paragrafo in cui è descritta la sua funzione: «La teologia
fondamentale, per il suo carattere proprio di disciplina che ha il compito
di rendere ragione della fede (cfr  Pt , ), dovrà farsi carico di giustificare ed esplicitare la relazione tra la fede e la riflessione filosofica. Già il
Concilio Vaticano I, recuperando l’insegnamento paolino (cfr Rm , –),
aveva richiamato l’attenzione sul fatto che esistono verità conoscibili naturalmente, e quindi filosoficamente. La loro conoscenza costituisce un
presupposto necessario per accogliere la rivelazione di Dio. Nello studiare la
Rivelazione e la sua credibilità insieme con il corrispondente atto di fede, la
teologia fondamentale dovrà mostrare come, alla luce della conoscenza per
fede, emergano alcune verità che la ragione già coglie nel suo autonomo
. M. S, «Teologia fondamentale: compiti e strutturazione, concetto e nomi», in CTF ,
–, qui .
. Cf. l’interessante contributo di R. L, «Assenza e presenza della Fondamentale al
Concilio Vaticano II», in I, (a cura di), Vaticano II. Bilancio e prospettive venticinque anni dopo –,
vol. II, Cittadella, Assisi , –.
. La teologia fondamentale nella recente storia della teologia

cammino di ricerca. A queste la Rivelazione conferisce pienezza di senso,
orientandole verso la ricchezza del mistero rivelato, nel quale trovano il
loro ultimo fine. Si pensi, ad esempio, alla conoscenza naturale di Dio, alla
possibilità di discernere la rivelazione divina da altri fenomeni o al riconoscimento della sua credibilità, all’attitudine del linguaggio umano a parlare in
modo significativo e vero anche di ciò che eccede ogni esperienza umana.
Da tutte queste verità, la mente è condotta a riconoscere l’esistenza di una
via realmente propedeutica alla fede, che può sfociare nell’accoglienza della
rivelazione, senza in nulla venire meno ai propri principi e alla propria
autonomia. Alla stessa stregua, la teologia fondamentale dovrà mostrare
l’intima compatibilità tra la fede e la sua esigenza essenziale di esplicitarsi
mediante una ragione in grado di dare in piena libertà il proprio assenso. La
fede saprà così « mostrare in pienezza il cammino ad una ragione in ricerca
sincera della verità. In tal modo la fede, dono di Dio, pur non fondandosi
sulla ragione, non può certamente fare a meno di essa; al tempo stesso,
appare la necessità per la ragione di farsi forte della fede, per scoprire gli
orizzonti ai quali da sola non potrebbe giungere» (FR ).
.. Bilancio storico della teologia fondamentale
... Fino al Concilio Vaticano II
La teologia fondamentale, come abbiamo sottolineato, è una disciplina
giovane, di recente formazione. Essa appare nel XIX secolo con la denominazione di apologetica, scienza che affonda le sue radici nel trattato dei loci
teologici della fede, nelle “questioni disputate” medievali riferite in modo
particolare all’analysis fidei e nelle controversie contro il luteranesimo e il
calvinismo fino al . All’inizio venne a configurarsi un’apologetica a due
livelli: il trattato De Vera Religione e successivamente quello De Vera Ecclesia.
La difesa della verità della Chiesa viene tradizionalmente affidata alla dimostrazione di tre vie: la via historica (la Chiesa come legittima espressione
della Chiesa storicamente fondata da Cristo), la via notarum (la Chiesa quale
unico soggetto che possiede in pienezza le note di unità, santità, cattolicità
ed apostolicità) e la via empirica (la Chiesa come miracolo morale).
Il movimento storico, filosofico e culturale dell’Illuminismo rappresenta
il contesto della nascita della disciplina. In Occidente iniziano ad emergere
tendenze di tipo “deistico” e talvolta agnostiche. «Si produce, di conseguenza, una grande frattura e contrapposizione tra l’universo religioso da una
. Seguiamo la grande sintesi storica operata da S. P–N, La Teologia Fondamentale,
Queriniana, Brescia  , –.

Come ad amici (DV)
parte e, dall’altra, l’universo culturale nel quale, anche quando permane il
riferimento alla trascendenza, è prevalente il richiamo all’autonomia della
ragione critica» . L’Illuminismo, con il suo Sapere aude! (osa pensare! Abbi
l’audacia e il coraggio di pensare!) sottopone tutto al vaglio della ragione.
Emblematico è in tal senso il titolo dell’opera di I. Kant (–), La
Religione entro i limiti della sola ragione (). La ragione illuminista mira a
verificare la condizione di possibilità della Rivelazione, il riconoscimento del
suo accadere storico e la determinazione del suo valore in riferimento alla
conoscenza e alla relazione con Dio. Il deismo, l’Illuminismo e il razionalismo criticarono aspramente la possibilità di una Rivelazione soprannaturale,
cercando di soppiantarla con la cosiddetta Rivelazione naturale e con una
fede nei limiti della sola ragione, priva di miracoli e di tutto ciò che aveva
carattere soprannaturale .
Tutto questo porta all’apparire dei primi trattati sistematici sulla Rivelazione e viene così a configurarsi una nuova disciplina: l’apologetica della
religione e della Rivelazione. I fondatori della nuova disciplina sono J. S. Drey
(–) e G. Perrone (–). Drey è l’iniziatore della Scuola Cattolica di Tubinga. Egli nella sua opera (Die Apologetik – (–) definisce
l’apologetica come quella disciplina che ha come fine la dimostrazione scientifica della divinità del cristianesimo. La nuova disciplina era così strutturata:
. Filosofia della Rivelazione; . La religione nella sua evoluzione storica fino al compimento nella Rivelazione del Cristo; . La Rivelazione cristiana
nella Chiesa Cattolica (questo trattato segue la forma classica del De Vera
Ecclesia). Interessante è il metodo utilizzato: Drey articola il metodo storico–dogmatico–positivo riferito alla Rivelazione, a Cristo e alla Chiesa, con il
metodo razionale–espositivo, di carattere apologetico–intrinsecista, come via
per una dimostrazione scientifica. G. Perrone s.j. è il fondatore della Scuola
Romana, nel Collegio Romano (attuale Università Gregoriana di Roma). Egli
sviluppa un metodo teologico sistematico in cui tratta della religione come
“fondamento” della teologia. L’obiettivo è quello di dimostrare la necessità
e l’esistenza della Rivelazione. L’articolazione è duplice: il De Vera Religione
(contro increduli ed eterodossi) e il De locis theologicis (studio delle fonti della
Rivelazione). Il metodo del gesuita è controversi stico. La linea adottata è quella di una argomentazione estrinsecista e logico–apologetica. La tendenza di
G. Perrone — come nota S. Pié–Ninot — è quella che prevalse nel panorama
della nascente disciplina, grazie soprattutto alla sua collaborazione con alcune dichiarazioni del Magistero, quali il dogma dell’Immacolata Concezione
(), il Sillabo () e le definizioni del Concilio Vaticano I ().
. Ib., .
. Cf. C. D, Sulle tracce di Dio. Lineamenti di teologia fondamentale, Edizioni Messaggero,
Padova , .
. La teologia fondamentale nella recente storia della teologia

Il Concilio Vaticano I ()
Il Concilio Vaticano I con la Costituzione Dei Filius rappresenta la conferma
dell’orientamento apologetico. Tuttavia è l’iniziale ricezione che ne enfatizza il carattere dimostrativo ed estrinsecista. Alcuni passi della Dei Filius
effettivamente favorirono una lettura estrinsecista della Rivelazione. Ad
esempio l’affermazione che esiste un «duplice ordine» di conoscenza (DH
; s.) ha favorito una visione sovrapposta della Rivelazione. Anche
la definizione della fede come «ossequio dell’intelligenza e della volontà» e
«coerente con la ragione» (DH s.) ha consolidato una visione prevalentemente intellettualistica dell’atto di fede. Inoltre il riferimento esplicito a
Gesù Cristo è molto debole. L’unica citazione è quella di Eb ,  (cf. DH )
e ciò lascia in ombra il cristocentrismo della Rivelazione. La teologia manualistica, senza la conoscenza degli Atti conciliari, ha visto nel Vaticano I una
conferma dell’orientamento apologetico–dimostrativo–difensivo, ispirato
all’estrinsecismo nominalistico. Ne esce fuori una apologetica rigidamente
dimostrativa che segue uno schema diviso in tre parti: . L’esistenza di Dio
e della religione (demonstratio religiosa): si intende dimostrare l’esistenza
di Dio e la possibilità della Rivelazione; . L’esistenza della vera religione
(demonstratio christiana): si vuole determinare il ruolo e la necessità di Gesù
Cristo salvatore in quanto inviato da Dio; . L’esistenza della vera Chiesa (demonstratio catholica): si vuole dimostrare la superiorità della Chiesa
cattolica romana, fondata da Cristo, da cui ha ricevuto l’incarico di custodire il deposito della Rivelazione. La tripartizione — demonstratio religiosa,
demonstratio christiana e demonstratio catholica — veniva tradizionalmente
sviluppata avendo come interlocutore ideale le obiezioni dei libertini e degli
atei politici (de Religione), quelle dei deisti e degli enciclopedisti (de vera
Religione) e quelle dei protestanti (de vera Ecclesia). Ecco alcune significative
definizioni di questa nuova disciplina. Secondo A. Gardeil (La crédibilité et
l’apologetique (), l’apologetica è la scienza della «credibilità razionale»
della Rivelazione divina, dimostrativa e rigorosamente razionale quanto al
suo metodo. Secondo Garrigou–Lagrange (De Revelatione (), la funzione propria dell’apologetica è quella di presentare la religione rivelata con
argomenti di ragione, «dalla prospettiva dell’evidenza della credibilità» (sub
ratione credibilitatis evidentiae). L’esito di questa impostazione — evidenzia F.
Ardusso — è l’instaurarsi di una esteriorità reciproca tra il credere e il sapere
in quanto «tale apologetica non scaturiva primariamente dalla istanza di
intelligibilità intrinseca alla fede cristiana stessa e alla coscienza credente,
ma si originava a partire dalla difficoltà del non credente» .
. F. A, «Orientamenti contemporanei di teologia fondamentale», in I., La fede provata,
Effatà Editrice, Cantalupa (TO) , –, qui .

Come ad amici (DV)
Quali le principali caratteristiche di questa apologetica? Prima di tutto il carattere fortemente antideista, in risposta alle tendenze deistiche
dell’Illuminismo. La seconda caratteristica dell’apologetica classica risiede
nell’intento di stabilire il fatto della Rivelazione separandolo dal senso del
suo contenuto. Il progetto apologetico mira unicamente a stabilire, con
argomentazioni filosofiche e storiche, una dimostrazione previa alla fede
e una dimostrazione razionale della certezza del fatto della Rivelazione,
indipendentemente dal suo contenuto . La Rivelazione è considerata alla
stregua di un problema filosofico astratto, a prescindere dal contenuto e
dall’attenzione alla storia della salvezza. «Questa separazione del fatto e del
senso è spiegata dal sistema dualistico ereditato dalla teologia post–tridentina
e dall’influenza dello stesso deismo che si voleva combattere. Da un lato, la
religione naturale, dimostrabile mediante ragioni filosofiche, e dall’altro, la
religione rivelata che la deve completare, formata da un corpo di verità soprannaturali e precetti positivi. In tal modo, per dimostrare la credibilità non
era necessario considerare la natura della religione, né della rivelazione, né
della divinità del Cristo. Era sufficiente dimostrare il fatto dell’attestazione
divina che garantisce il magistero. Si viene così ad accentuare una posizione
“estrinsecista” che già M. Blondel aveva denunciato, ma che l’ambiente antimodernista favorì» . La terza caratteristica dell’apologetica neoscolastica è
la pretesa di dare una dimostrazione razionale rigorosa, in cui i “segni” esterni
della Rivelazione (miracoli, profezie, esistenza della Chiesa) diventano prove,
argomenti “scientifici”, in margine al loro significato di fede (estrinsecismo),
ovvero scarsamente considerati in rapporto intrinseco con la fede cristiana e con Gesù Cristo. L’apologetica inoltre prestava scarsa attenzione alla
dimensione soggettiva del credente, ovvero al destinatario del messaggio
rivelato, e alle questioni del dialogo e dell’ecumenismo (atteggiamento di
chiusura e rigidamente difensivo); più che alle condizioni storico–concrete
del soggetto destinatario della Rivelazione, si tributava maggiore attenzione
alla coerenza razionale astratta delle argomentazioni; il suo unico scopo
era quello di fondare una credibilità “naturale” della fede, puramente razionale e oggettiva della verità di fede . Ecco in sintesi i tratti principali
dell’apologetica: l’apriorismo della Rivelazione e riduzione messianica (si
afferma, ad esempio, in modo aprioristico, che Gesù è l’inviato del Padre
. «“Il fatto della Rivelazione lo si dimostra, il contenuto lo si crede” può essere considerato lo
slogan che caratterizza l’apologetica manualistica, un’apologetica sostanzialmente intellettualistica
nel modo di concepire la Rivelazione (modello teoretico–dottrinale di Rivelazione), la fede (intesa
primariamente come “ritener per vero”) e il processo che porta alla fede (se il fatto della Rivelazione è storicamente certo, il suo contenuto è logicamente credibile)» (F. A, «Orientamenti
contemporanei di teologia fondamentale», ).
. S. P–N, La Teologia Fondamentale, .
. Cf. C. G, Rivelazione di Dio e ragioni della fede. Un percorso di teologia fondamentale, San
Paolo, Cinisello Balsamo , .
. La teologia fondamentale nella recente storia della teologia

per rivelarci il messaggio del Padre) , l’intellettualizzazione dell’idea di fede,
l’estrinsecismo, il debito razionalistico, l’oggettivismo (tende a presentare
e dimostrare la fede cristiana come fatto oggettivo). Questa era l’impostazione dominante nei manuali che troviamo fino al Concilio Vaticano II .
Le caratteristiche dell’apologetica rappresentarono anche le sue limitazioni
e la teologia fondamentale — sostiene R. Latourelle — nacque proprio
come reazione all’apologetica, la quale «a forza di polemizzare con toni
intransigenti e taglienti come un bisturi [. . . ] si era squalificata» . La storia
del passaggio dall’apologetica alla teologia fondamentale tuttavia non è
lineare; essa conosce una lunga fase di transizione e può essere scandita —
secondo la prospettiva di Latourelle — in tre momenti principali, facendo
riferimento al Concilio Vaticano II. Il primo momento si situa prima del
Concilio e si caratterizza come reazione all’apologetica classica; il secondo momento, a partire all’incirca dagli anni Sessanta, si distingue per una attività di
ampliamento, una sorta di seconda primavera della teologia fondamentale ;
infine il terzo momento, nel periodo del postconcilio, caratterizzato dalla
concentrazione, per evitare sia il pericolo di uno smembramento sia quello
di una eccessiva dispersione .
Il Concilio Vaticano II (–)
Il Concilio Vaticano II con la Costituzione Dogmatica Dei Verbum segna un
radicale cambiamento di paradigma. A differenza dell’apologetica classica,
la teologia fondamentale non ha più il suo punto di partenza in un concetto previo di Rivelazione generale, ma parte dall’evento concreto della
Rivelazione realizzata in Gesù Cristo e lo fa con metodo storico e teologico. Il Vaticano II, per quanto riguarda la Rivelazione, presenta la struttura
dell’economia salvifica in una prospettiva chiaramente sacramentale (DV
–). Inoltre il principio dell’Incarnazione diventa il parametro fondamentale
per la comprensione della Rivelazione (DV ) e della stessa Chiesa (LG ).
. C’è una scarsa prospettiva cristocentrica dell’elaborazione sulla credibilità, con una dimensione cristologica centrata solo sulla messianicità di Gesù (è ragionevole credere a Gesù come legato di
Dio) e assai meno sulla credibilità della sua persona, delle sue parole e delle sue azioni.
. Il Concilio Vaticano II non fa menzione esplicita della teologia fondamentale. Tuttavia
l’Optatam Totius segna un radicale cambiamento di prospettiva. Si passa da una teologia difensiva e razionalistica ad una che mira alla comprensione e che ha il suo cuore nel mistero di Cristo
(dimensione cristocentrica). La teologia non è fine a se stessa, ma deve avere finalità formative e
pastorali; inoltre essa deve essere nutrita di Scrittura e deve avere come sfondo l’intera storia di
salvezza che ha il suo centro in Cristo Gesù, pienezza della Rivelazione.
. R. L, «Teologo della fondamentale», in DTF, –, qui .
. Cf. R. L, «Teologia Fondamentale. I. Storia e specificità», in DTF, –, qui
–.
. Cf. Ib., –.

Come ad amici (DV)
Diventa decisiva la centralità di Cristo nella Rivelazione e nella fede (DV .;
NA ). Il Vaticano II propone una teologia rinnovata dei segni di credibilità,
i quali, come i miracoli, vanno messi in relazione la persona di Cristo (DV
.; LG ; AG ), che è la pienezza e il segno dell’autenticità della propria
Rivelazione (DV ). Il Vaticano II inoltre mette in luce che la Rivelazione
è credibile non solo a partire dai segni esterni che l’accompagnano, ma
anche perché essa è la chiave di intelligibilità del mistero dell’uomo, dato
che «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero
dell’uomo. Cristo [. . . ] svela pienamente l’uomo all’uomo» (GS ). Per
quanto riguarda il rapporto tra fede e ragione DV  unisce alla definizione
del Vaticano I sulla fede la formula biblica «l’obbedienza della (che è la) fede»
e sottolinea l’impegno globale della persona con il suo carattere libero, dal
momento che «l’uomo abbandona tutto se stesso a Dio liberamente» e lo
Spirito Santo rende possibile che «l’intelligenza della Rivelazione sua sempre
più profonda». Citando il Vaticano I, DV  muta l’ordine — come già era
accaduto in DV  — e mette al primo posto la «conoscenza di Dio mediante
la Rivelazione» (cf. DH ) e al secondo posto la «conoscenza naturale di
Dio» (cf. DH ), mostrando in tal modo il primato della Rivelazione.
Il rinnovamento teologico promosso dal Concilio Vaticano II chiede alla
teologia fondamentale di esporre la credibilità della Rivelazione mediante
il ricorso a più adeguate categorie storico–salvifiche, centrate sul mistero
pasquale, valutando criticamente la metodologia con cui la credibilità è stata
proposta in passato.
... Dal Concilio Vaticano II all’enciclica Fides et Ratio ()
Dopo il Concilio Vaticano II, che di fatto non ha mai menzionato la teologia fondamentale o l’apologetica come disciplina, si constata che questa
scompare dalle pubblicazioni teologiche ed è smembrata in molteplici trattati e discipline. Dopo il Vaticano II la teologia fondamentale conosce un
delicato momento di transizione dall’apologetica classica alla strutturazione
e definizione di una nuova disciplina che assuma pienamente il nome e
la realtà della teologia fondamentale. In questa tappa di transizione sono
incluse alcune grandi correnti — che Pié–Ninot sintetizza in cinque — le
quali mettono in rilievo l’uno o l’altro degli aspetti più rilevanti.
La prima corrente è quella della continuità con l’apologetica classica. Nei
primi anni del postconcilio è ancora forte la continuità con l’apologetica
classica previa alla teologia dogmatica. Abbiamo quindi in questa fase una
continuità con le tre classiche demonstrationes: la demonstratio religiosa (in cui
viene elaborata una teoria della conoscenza della credibilità della Rivelazione); la demonstratio cristiana (come esposizione della storicità concreta della
Rivelazione di Dio); la demonstratio catholica (come sviluppo della Chiesa
. La teologia fondamentale nella recente storia della teologia

cattolica in quanto portatrice della Rivelazione di Dio). In questa fase di
transizione «l’insistenza è, quindi, per una disciplina che mostri il carattere
razionale della fede e utilizzi fondamentalmente argomenti di ragione e
non tanto prove dogmatiche» . La seconda corrente è rappresentata dalla
teologia dogmatica della Rivelazione come teologia fondamentale. La Dei
Verbum contribuì a strutturare il trattato dogmatico della Rivelazione, che
sostituì la vecchia apologetica ed entrò in uso come manuale nei primi anni
del postconcilio. Una terza corrente è rappresentata dalla teologia fondamentale come «Apologetica dell’immanenza», che ebbe il suo più grande
sostenitore in M. Blondel (–). Questa impostazione vuole superare
l’estrinsecismo dell’apologetica classica, includendo la dimensione illuminativa e vitale dell’atto di fede, in linea con i contributi di J. H. Newman e
P. Rousselot. La quarta corrente considera la teologia fondamentale come
analisi dell’uomo uditore della Parola. K. Rahner, principale esponente di
questa prospettiva, centra l’attenzione su un’analisi della potentia oboedientialis dell’uomo alla libera Rivelazione di Dio. L’uomo costitutivamente è
capace (capax Dei) di ascoltare una possibile Rivelazione di Dio. Il rischio
di questo orientamento è quello di ridurre la teologia fondamentale ad
una teologia formale che elabora le strutture “formali” e permanenti della
Rivelazione. La teologia fondamentale è intesa come propedeutica filosofica
o assiomatica della teologia, come praeambulum fidei formale che deve dimostrare la verità dell’esistenza umana come ordinata a Dio. La quinta corrente
è caratterizzata dalla prospettiva di una teologia fondamentale che trova la
sua significatività in una teologia politica. Il maggiore esponente di questa
corrente è J. B. Metz, il quale si fa sostenitore di una teologia fondamentale
pratica capace di evocare e descrivere una prassi politica come espressione
della dimensione pubblica e sociale della fede.
La Costituzione Apostolica Sapientia Christiana del  rappresenta il
primo documento magisteriale solenne che cita la teologia fondamentale
(art. , ; Ordinationes –). In concomitanza con la pubblicazione di
questo documento inizia una nuova tappa della teologia fondamentale caratterizzata dall’elaborazione di diverse sintesi che conducono ad una certa
convergenza sulla identità della disciplina, fino a disegnare una nuova immagine di essa. Questa nuova immagine può essere rappresentata secondo
due grandi modelli: il modello epistemologico e il modello sistematico.
È possibile distinguere due attuali scuole di teologia fondamentale: la
Scuola dell’Università Gregoriana di Roma che comprende la teologia fondamentale come “teologia della credibilità” della Rivelazione e la Scuola
tedesca che comprende la disciplina come “teologia dei fondamenti” della
Rivelazione. La Scuola della Gregoriana, incentrata principalmente sulla
. S. P–N, La Teologia Fondamentale, .

Come ad amici (DV)
cristologia e sulla semiologia, ha il suo iniziatore in R. Latourelle e il suo
sostenitore in R. Fisichella, attualmente Presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. La Scuola tedesca intende
la teologia fondamentale principalmente come teoria dei principi teologici
e introduzione alla gnoseologia teologica. Si distinguono al suo interno
due forme principali e complementari: la Scuola di Tubinga (M. Seckler; J.
S. Drey) che pone una accentuazione prioritaria sulla verità e la Scuola di
Friburgo (H. Verweywn) che pone la sua accentuazione prioritaria sul senso.
Oltre alle due scuole è possibile distinguere due blocchi di riferimento
per quanto riguarda l’epistemologia della teologia fondamentale. Un primo
blocco parte da una visione più personalista dell’atto di fede e della funzione
illuminativa della grazia, che comporta una nuova concezione della credibilità, ovvero una concezione sintetica della credibilità nella quale la luce
della fede effettua la “sintesi” di alcuni segni o motivi di credibilità, i quali
non acquistano pieno valore se non grazie a questa luce. Un secondo blocco
parte dalla triplice divisione (non come demonstratio, ma come monstratio):
monstratio religiosa, christiana et catholica.
... Dall’enciclica Fides et Ratio ()
L’enciclica Fides et Ratio () inaugura una nuova tappa per la teologia
fondamentale, segnata da una serie di sfide legate a questioni decisive per
la sua specifica riflessione teologica circa la fede e la ragione di fronte alla
Rivelazione. Tema centrale dell’enciclica è quello del rapporto tra fede
e ragione, la quali sono «come le due ali con le quali lo spirito umano
si innalza verso la contemplazione della verità» (FR, Intr.). Al numero 
troviamo una dettagliata e ampia descrizione della teologia fondamentale
come disciplina a cui sono riconosciuti tre compiti specifici: come «disciplina
che ha il compito di rendere ragione della fede (cf. Pt , )», che «dovrà
farsi carico di giustificare ed esplicitare la relazione fra la fede e la riflessione
filosofica», e che, infine, deve «studiare la Rivelazione e la sua credibilità,
insieme con il corrispondente atto di fede». È importante il fatto che la
teologia fondamentale sia compresa come disciplina; questo sta a significare
essa viene considerata come una scienza in quanto riflessione sistematica
per il suo insegnamento. La Fides et Ratio cita indirettamente il testo classico
di Pt ,  con la formula rationem fidei reddendi (in chiave parallela a Pt ,
 (reddent rationem) e Rm ,  (rationem reddet). Il riferimento è alla fede,
anche se il testo originale greco fa riferimento solo alla speranza. Il termine
latino ratio significa «spiegazione, considerazione, motivo, causa» e traduce il
greco lógos. Il significato è «rendere ragione, riflessione razionale». Il testo di
Pt ,  è considerato la magna charta della teologia fondamentale, disciplina
. La teologia fondamentale nella recente storia della teologia

che deve rendere ragione della fede, mostrare la ragionevolezza del credere.
Le indicazione dell’enciclica, specie sull’oggetto materiale della teologia
fondamentale, orientano verso una disciplina teologica che assuma come
centro la Rivelazione e il corrispondente atto di fede dalla prospettiva della
credibilità. «Un tale orientamento comporterà, logicamente, sia uno studio
storico–sistematico della Rivelazione, sia una epistemologia propria come
espressione del «rendere ragione della fede». Una tale duplice dimensione
potrà essere qualificata, la prima come funzione fondazionale–ermeneutica
— in chiave di una teologia fondamentale “dogmatico–fondamentale” — e,
la seconda, come funzione dialogale–contestuale — in chiave di una teologia
fondamentale “apologetico–fondamentale» .
Ecco in sintesi i cinque principali momenti di passaggio verificatisi nel secolo scorso e che hanno condotto alla fase attuale della teologia fondamentale : . La reazione all’apologetica classica; . Il momento dell’ampliamento
concomitante con il Concilio Vaticano II; . Il momento dell’incertezza e
della crisi: la teologia fondamentale fu a rischio di estinzione; . La nuova
fase di rielaborazione inaugurata da Sapientia christiana; . La fase attuale
che ha avuto inizio con la pubblicazione dell’enciclica Fides et Ratio.
Nel corso della storia la teologia fondamentale ha vissuto momenti di
oscuramento e di rinnovamento. «È la lezione che la teologia fondamentale
— nota A. Russo — ha imparato dalla storia e dalle sue spese. Se è stata
stigmatizzata, fino a subire la condanna d’ostracismo dalla comune cittadinanza delle altre discipline teologiche, la causa principale è da attribuirsi
al suo pretendente modo di porsi, polemico e aggressivo, eccessivamente
presuntuoso e saccente. Forse le è giovato il bagno d’umiltà che ha ricevuto
al tempo del Concilio. La teologia ha maturato in questi anni una consapevolezza nuova di sé: persuasa di dover convincere e non vincere, certa
e serena di avere di fronte degli interlocutori e non dei nemici, disposta a
misurarsi con la verità del mistero di Dio, sempre trascendente nei confronti
di qualsiasi sua espressione storica» .
. Ib., .
. Faccio riferimento alla sintesi di F. T, Il tuo volto Signore io cerco, .
. A. R, «Per una fede sempre più convinta e convincente. Quanrant’anni di Teologia
fondamentale», in Asprenas / (), –, qui .

Come ad amici (DV)
Domande per lo studio personale
a) In quale senso il testo di Pt ,  può essere considerato la magna
charta della TF?
b) Sintetizza il bilancio storico della TF.
c) Che cos’è l’Apologetica? Come è strutturata?
d) Quali sono le caratteristiche principali dell’Apologetica classica?
e) Che cosa si intende per demonstratio religiosa, christiana e catholica?
f ) Il cambiamento di paradigma segnato dal Concilio Vaticano II.
g) La nuova tappa inaugurata dalla Fides et Ratio.