THE BEER

INDICE
INTRODUZIONE
pag.2
CAPITOLO 1- LA STORIA DELLA BIRRA
pag.3
CAPITOLO 2-COME SI OTTIENE LA BIRRA?
pag.6
CAPITOLO 3- COMPOSIZIONE CHIMICA E VALORI NUTRIZIONALI
pag.12
CAPITOLO 4- PROCESSO DI BIRRIFICAZIONE
pag.15
CAPITOLO 5- TIPI DI FERMENTAZIONE
pag.21
CAPITOLO 6- CLASSIFICAZIONE DELLA BIRRA
pag.23
CAPITOLO 7- ALCUNI METODI DI ANALISI BIRRE
pag.25
CAPITOLO 8- TRATTAMENTO EFFLUENTI INDUSTRIA BIRRARIA
pag.28
BIBLIOGRAFIA
pag.29
1
INTRODUZIONE
Perchè ho deciso di fare una tesina sulla birra?
La birra a mio parere non è solo una bevanda piacevole e facile da apprezzare, non è la
classica bevanda a tutto pasto ed esclusivamente giovanile, ne una bevanda rinfrescante
e dissetante ma è un prodotto fine gradevole, stimolante e ricco di sensazioni gustoolfattive che vale la pena scoprire.
E‘ mia intenzione dimostrare attraverso la mia tesina di maturità questo prodotto, che da
sempre le popolazioni di tutto il mondo hanno conosciuto e apprezzato come bevanda che
le divinità avevano loro donato attraverso la fermentazione dei cereali, bevanda che
attraverso 13.000 anni, è giunta fino a noi. Può sembrare semplice, ma la sua
preparazione richiede molta attenzione sia nella scelta delle materie prime, sia nel
processo di birrificazione. In base alle materie prime utilizzate si determinano differenti
tipologie di birre, che verranno classificata in maniera diversa anche a seguito delle analisi
chimiche previste per legge.
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CAPITOLO 1 - STORIA DELLA BIRRA: dai sumeri ai giorni
nostri
Le origini della birra: Sumeri e Babilonesi
Le origini della birra sono antiche e risalgono a circa 13.000 anni fa, quando l'uomo cessò
di condurre una vita da nomade e si stabilì in maniera fissa sul territorio, cominciando a
coltivare cereali come il frumento.
Le prime testimonianze nella storia della preparazione di una bevanda simile alla birra da
parte dei Sumeri, gli abitanti della fertile fascia di terra tra il Tigri e l'Eufrate, sono datate
all'incirca a 6.000 anni fa.
Si narra che il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso; sebbene nessuno
sappia con precisione come accadde, si suppone del pane o del grano macinato fu
lasciato per sbaglio ad inumidire. Successivamente il pane cominciò a fermentare
trasformando la mollica in una pasta inebriante.
Un bassorilievo sumero riporta la descrizione del processo di creazione della birra; si può
notare dell'orzo, del pane cotto e successivamente inumidito nell'acqua per formare una
poltiglia ed infine una bevanda con la proprietà di “fare stare bene chi la beveva”. Può
darsi che il pane fosse cotto per favorirne la conservazione ed il trasporto.
Sulla base di questi rinvenimenti si suppone che i Sumeri siano stati la prima popolazione
civilizzata della storia capace di produrre birra, bevanda che, oltre ad esser bevuta, veniva
offerta in dono agli Dei; è stato scoperto infatti un vero e proprio inno alla dea della birra
Ninkasi, il cui testo altro non è che la ricetta su come produrre birra.
Dopo la caduta dell'impero sumero nel 2000 A.C. la Mesopotamia divenne terra dei
Babilonesi, che assorbirono la cultura e l'arte di produrre birra; le testimonianze ci dicono
che questa popolazione ne produceva ben 20 varietà. Di cui 8 di puro frumento, 8 di puro
orzo e 4 derivate da una mistura di vari cereali.
A quel tempo la birra era torbida e non filtrata, perciò veniva bevuta con la cannuccia, per
evitare che i residui molto amari si depositassero sulle labbra. La birra fu persino esportata
in Egitto, ad oltre 1000 km di distanza, e tale fu la sua importanza nella società babilonese
che il re Hmmurabi inserì una legge nel suo famoso codice che stabiliva la quota massima
di birra concessa giornalmente agli abitanti, che variava, a seconda della classe sociale,
dai 2 ai 5 litri.
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La storia della birra in Egitto
Gli Egizi proseguirono nella tradizione birraria, migliorandone la tecnica ed affinando il
gusto del prodotto. Certe popolazioni del Nilo, chiamate Fellahs, producono tutt'oggi la
birra secondo la tradizione. L'importanza della birra nell'antico Egitto fu tale che spinse gli
scriba a coniare un nuovo geroglifico che indicava il “mastro birraio”.
Sebbene la birra, così come la conosciamo, abbia visto le proprie origini in Mesopotamia,
altre bevande fermentate furono prodotte in tutto il mondo. Ad esempio la Chicha è una
birra di granturco ed il kumiss è un drink prodotto con il latte di cammello fermentato. La
parola birra deriva dal latino bibere (bere), e la radice della parola spagnola cerveza deriva
da Ceres, la dea greca dell'agricoltura.
Greci e Romani
La birra continuò ad esser prodotta anche da Greci e Romani. Plinio parla della popolarità
della birra nel bacino del Mediterraneo ancor prima del vino e della vite. Ad ogni modo,
sebbene a Roma la birra fu considerata una bevanda barbara e soppiantata dal nettare
degli dei, il vino (e dal suo dio, Bacco), questa continuò ad esser prodotta negli altri territori
dell'Impero dove risultava difficile coltivare le viti ed ottenere vino.
La birra al tempo non era conservabile, era scura e non produceva schiuma.
La più antica testimonianza della produzione di birra sul suolo germanico risale all'800
A.C. ed è costituita da un'anfora da birra rinvenuta vicino a Kulmbach. E' invece risaputo
che qualche centinaia di anni dopo la nascita di Cristo, la birra costituiva un comune
articolo commerciale.
Fino al Medioevo, il processo di birrificazione era appannaggio delle sole donne.
Lentamente questa prerogativa svanì man mano che la birra cominciò ad esser prodotta
nei monasteri; questa arte fu adottata dai monaci (belgi e olandesi in primis) per
mantenere vivo il legame tra la birra e la religione. Le prime donne babilonesi che
produssero birra erano infatti sacerdotesse del tempio.
Veniva prodotta la birra “leggera”, adatta ad esser consumata quotidianamente, e la birra
ad alto contenuto alcolico, destinata alle occasioni speciali. Durante i matrimoni in Gran
Bretagna, un tempo veniva prodotta la “birra della sposa” (bride ale). Pian piano la
birrificazione divenne un'attività prettamente maschile; i monaci migliorarono il gusto ed i
valori nutritivi delle loro birre, che affiancavano a pasti frugali, essendo permessi fino a 5
litri giornalieri a testa.
La birra era consigliata perché considerata più salutare dell'acqua che, al tempo, era
spesso contaminata; col passare del tempo il luppolo cominciò ad essere utilizzato nella
birrificazione, contribuendo nella conservazione della birra ed aggiungendo freschezza al
gusto.
Il luppolo sostutuì una mistura di erbe chiamata “Grut”, composta tra l'altro da bacche di
ginepro, prugnolo, corteccia di quercia, assenzio, seme di cumino selvatico, anice,
genziana, rosmarino, che giocò un ruolo nefasto nella storia della birra.
Spesso le erbe utilizzate per il Grut erano velenose, allucinogene o mortali; gli inspiegabili
decessi fondarono la credenza che esistessero delle Streghe della birra, che cominciarono
ad esser perseguite durante l'Inquisizione; si narra che l'ultima strega sia stata arsa al
rogo nel 1591.
Con l'uso del luppolo la birra rivelò il suo aspetto benigno ed assunse un aspetto ed un
gusto simile alla birra dei giorni nostri. Nel 1516 Guglielmo IV duca di Bavaria promulgò la
Legge Germanica di Purezza della Birra, stabilendo che per la produzione della stessa
fossero impiegati esclusivamente orzo (successivamente anche malto d'orzo), luppolo ed
acqua pura.
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Al tempo, l'uso del lievito era sconosciuto; la fermentazione era ancora un processo
casuale.
Con il tempo si sviluppò l'esportazione della birra; nel XVI sec. la società HANSA creò
centri di produzione, stoccaggio e smistamento a Brema - principale fornitore di Olanda,
Inghilterra e Paesi Nordici ed India - Amburgo ed Einbeck dove si produsse la birra Bock .
Anche Berlino possiede una viva tradizione birraria ed un ruolo prominente nella storia
della birra, dove sotto il regno di Federico Guglielmo I la birra divenne bevanda
socialmente accettata e servibile a corte.
Lo sviluppo Industriale
Lo sviluppo industriale provocò agli inizi del XIX sec. un enorme miglioramento nella
birrificazione; due invenzioni rivoluzionarono particolarmente il processo. La prima è il
motore a vapore di James Watt e la seconda è la refrigerazione artificiale di Carl von
Linde, che permise di produrre birra eccezionale anche in estate.
La Birra ai giorni nostri
L'invenzione di Watt applicata al processo di birrificazione creò un nuovo tipo di Birrifici,
che si autodefinirono Birrifici a vapore, mentre la refrigerazione di Linde permise di
mantenere i 4 - 10 gradi centigradi necessari per produrre una buona lager, cosa prima
attuabile solamente con l'impiego di grossi blocchi di ghiaccio o disponendo di celle fredde
e profonde. L'impianto di raffreddamento di Linde fu adottato per la prima volta in un
burrificio di Monaco. Importanti scoperte scientifiche furono inoltre fatte da Louis Pasteur,
che pubblicò nel 1876 un trattato sulla birra dal titolo “Etudes sur la Bière”. Un'ulteriore
scoperta va attribuita allo studioso danese Christian Hansen, che isolò una singola
particella di lievito, riuscendo successivamente a riprodurne i microrganismi in una coltura
artificiale, aumentandone la purezza e perfezionando il gusto della birra. Sul piano
economico va citato il forte impatto che il prezzo della birra e gli effetti di una sua seppur
minima variazione; ad esempio, nel 1888 i cittadini di Monaco insorsero quando questo
aumentò. Nel 1964 in Germania i barili in legno furono sostituiti da taniche in metallo, più
funzionali dal punto di vista tecnico in quanto più semplici da pulire, riempire, tappare,
chiudere e trasportare.
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CAPITOLO 2 - COME SI OTTIENE LA BIRRA?
INGREDIENTI
Un'ottima birra si basa innanzitutto su ottimi ingredienti; la ricetta base si basa
fondamentalmente su quattro componenti fondamentali: acqua, malto, luppolo e lievito.
Tuttavia, per alcune birre speciali o stagionali sono indispensabili anche altri ingredienti di
natura molto varia, che costituiscono i cosiddetti agenti aromatizzanti.
ACQUA
Essendo la birra composta dall’85 al 92% di acqua, essa è il più importante non solo sotto
l’aspetto quantitativo ma anche
qualitativo.
L’acqua infatti, così come sgorga dal
rubinetto, è ricca di sostanze minerali,
organiche ed infine di microrganismi
quali batteri, lieviti e quanto altro
ancora.
Tra i minerali dell’acqua quelli che
interessano maggiormente l’industria
birraria sono il calcio, i solfati e i cloruri.
Il calcio infatti favorisce la separazione
del malto e del luppolo nelle fasi di
macerazione e cottura ed inoltre scurisce la birra dandole opacità e morbidezza; il rame, il
manganese e lo zinco inibiscono la flocculazione dei lieviti; i solfati rinforzano l’amarezza e
la secchezza del luppolo; i cloruri infine conferiscono una tessitura più piena e rinforzano
la dolcezza.
Ogni tipo di birra, poi, richiede una qualità differente di acqua: per alcune si rende
necessaria un’acqua poco mineralizzata, per altre acque più dure e con poco calcare.
Ecco perchè, anche se l’acqua è la materia prima disponibile con maggiore abbondanza,
non per questo è l’ingrediente più facile per la birrificazione, poiché, se una birra è buona,
deve questa sua caratteristica soprattutto all’acqua che, pertanto, deve essere dotata di
qualità particolari.
E questo è il motivo per cui oggi nessuna birra è prodotta con acqua così come essa
sgorga dal rubinetto, ma la stessa viene trattata nel birrificio in modo da avere sempre le
stesse caratteristiche rispondenti alla ricetta del prodotto.
Quattro sono fondamentalmente le tecniche per il trattamento:
•
•
•
•
per aggiunta
per eliminazione
per modificazione
per demineralizzazione
Quest’ultimo è il metodo più moderno e consiste nel sottrarre i minerali per mezzo di
sofisticati filtri chimici, per poi reinserire nell’acqua i sali minerali unicamente nella
proporzione desiderata. In base agli impianti attualmente in uso, per ogni ettolitro di birra
prodotta occorre lavorare tre ettolitri di acqua.
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CEREALI
La birra si può fare con qualunque tipo di cereale purché quest’ultimo venga lavorato in
modo che i suoi zuccheri diventino fermentabili.
Fin dall’antichità il cereale più usato nella birrificazione, per la sua adattabilità climatica
quasi universale, è stato l’orzo, che oggi viene preferito dagli operatori anche perché il
chicco è rivestito dalla glumella, una guaina aderente e compatta che lo protegge durante
le varie manipolazioni a cui esso viene sottoposto.
Esistono tuttavia anche birre di mais, di
frumento, di riso nonché di altre granaglie
ancora, solitamente in combinazione con
l’orzo. In Africa la birra si ottiene dalla radice
di manioca o dal miglio o dal sorgo; in Brasile
dalle patate; in Messico dall’agave: ogni
popolo fa tesoro delle risorse di cui dispone.
L’orzo che viene preferibilmente utilizzato dai
mastri birrai è quello distico, proveniente
dalla varietà di spighe che abbiano due fiori e
quindi due chicchi sulle rachidi: crescono di
più e meglio rispetto a spighe che abbiano
quattro o sei chicchi per rachide; fra tutta la produzione, migliore è quella estiva.
Nell’ambito del chicco d’orzo poi, ai fini del grassaggio, le parti più importanti sono sia
l’embrione, fonte di enzimi usati nel processo di maltazione, sia il corpo farinoso, ricco di
cellule amidacee, nel quale si riscontrano anche acqua, sostanze azotate.
MALTO
Fra i cereali adoperati per la produzione della birra per alcuni come per il mais può essere
necessaria una semplice cottura mentre l’orzo è l’unico a dover essere necessariamente
maltato: gli zuccheri contenuti nei chicchi, infatti, non sono immediatamente accessibili ma
è necessario attivare l’enzima presente nell’embrione che parteciperà alla lunga catena
degli zuccheri.
Il malto è la cariosside, cioè il frutto secco composto da un unico seme tipico delle
graminacee, che ha subito la germinazione ottenuta per mezzo del processo di
lavorazione detto maltazione.
Terminato il processo di maltazione otteniamo il 'malto acerbo', che bisogna cuocere. Alle
temperature più basse si ottiene il minimo effetto della tostatura e si hanno i 'malti chiari',
detti pale o anche 'lager', in base al paese di
produzione. In rapporto all’aumento della
temperatura, i malti diventano più scuri, fino
ad arrivare ai 'malti neri', cioè a quelli bruciati:
dal grado di tostatura dipende il colore della
birra.
E' bene precisare, tuttavia, che i mastri birrai,
nella produzione della birra, preparando i
mosti, molto spesso utilizzano delle miscele
che possono essere composte da un sol tipo
di malto, o da una miscela di malti oppure
ancora da malti e grano duro. E' chiaro che i
componenti di tali miscele e le proporzioni
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esistenti fra gli stessi sono fondamentali nella scelta e nel tipo di birra che si va a produrre:
i diversi cereali utilizzati infatti presentano ognuno una serie di varietà botaniche
incrementando quindi le scelte dei birrai.
Oggi offerta sul mercato c’è una notevole offerta di grani diversi, che danno luogo a malti
diversi, senza neppure tener conto di ulteriori malti artigianali o caserecci. Di base dunque
i cereali si possono dividere in quattro categorie:
•
malti di base: rappresentano la gran parte, se non la totalità della miscela; sono
chiari, poco cotti, con grande potere enzimatico; in base alla nazione e al produttore
sono detti comunemente lager, pale o anche pils;
•
malti additivi: sono di un colore che va dall’ambrato al nero; essendo stati cotti
parecchio, hanno perso il loro potere enzimatico; di solito vengono usati in piccole
quantità allo scopo di influire sul gusto e sul colore della birra;
•
malti misti: trattasi di malti di color caramello o ambrati che, pur essendo stati tostati
di più rispetto ai malti di base, mantengono le loro proprietà enzimatiche per cui
sono usati come base e come additivi; rientrano in questa categoria i malti inglesi
detti 'crystal';
•
cereali crudi, tostati o in gelatina: sono utilizzati in modeste quantità per conferire
alla birra gusto, aroma ed altre caratteristiche, senza che prima siano stati maltati.
Ed ecco qui di seguito elencate le più diffuse ed utilizzate tipologie di malto:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
malto Pils, già citato: morbido e dolce;
malto di Vienna: per le birre Lager;
malto di Monaco: aromatico e deciso;
malto Caramello: già citato: molto diffuso, dal colore che va dal caramello
all’ambrato;
malto Crystal: il già citato e rinomato inglese utilizzato per le Ale;
malto Chocolate: di colore scuro per l’alta temperatura di torrefazione, riservato alle
Stout;
malto di Avena: aggiunto spesso per la produzione delle Stout;
malto Smoked: essiccato all’aria o al fumo del fuoco sulla legna;
malto di Frumento: di aroma speziato, riservato alle Weiss;
malto di Segala: per dare un gusto leggermente amaro e speziato.
LUPPOLO
Oggi l’ingrediente più usato per compensare la dolcezza del malto è il luppolo, una pianta
rampicante dioica, nella quale cioè i fiori maschili e quelli femminili si sviluppano su piante
diverse.
Se ne hanno notizie già dal tempo degli Egizi, che lo utilizzavano come erba medicinale
per curare gli ammalati di lebbra e nel periodo romano ne parlava anche Plinio il Vecchio
(23-79 d.C.) paragonando il luppolo, nocivo per le piante, al lupo nocivo per le greggi. Il
primo documento di una vera e propria coltivazione nell’Hallertau in Baviera risale al 736;
la prima legge che disciplina le norme per l’impiego del luppolo nella birra è la Reinheisgebot, promulgata nella stessa Baviera del 1516.
Eccetto che in Gran Bretagna, in tutti gli altri paesi si utilizzano soltanto fiori femminili non
fecondati. Alla base della brattea infatti c’è una ghiandola contenente luppolina, la polvere
amara composta da sostanze aromatiche e resinose, quali umulone e lupulone, nonché
da acidi amari che vanno ad equilibrare la dolcezza dei malti.
In Inghilterra invece sono legali anche i luppoli fecondati, anzi pare che questi ultimi
vadano molto bene per la produzione delle birre ad alta fermentazione tipiche di quel
Paese.
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Contrariamente all’orzo, il luppolo non è facilmente acclimatabile, per cui la sua
produzione si localizza nei paesi produttori di birra compresi fra il 35° e il 55° parallelo, sia
a Nord che a Sud dell’Equatore, in una zona caratterizzata dal clima temperato fresco.
La classifica di paesi produttori, solo per comodità rapportata in base alle tonnellate di
luppolo prodotto, che non annovera peraltro la presenza dell’Italia per carenza di
produzione nonostante i reiterati tentativi effettuati, vede al primo posto gli USA ed, a
seguire, la Germania, la Cina, la Repubblica Ceca, la Polonia, la Gran Bretagna ed altre
nazioni ancora per un totale di 96,600 tonnellate.
I volumi di produzione del luppolo infatti sono spesso indicati in zentner(Zr): 1 zentner =
50 Kg. In Europa la produzione si
concentra nelle regioni appresso
descritte: Hallertau e Tettnang in
Germania, la Saaz in Boemia, Poporinge
in Belgio, il Kent in Inghilterra, in ognuna
delle quali il luppolo è diverso da quello
prodotto in altre, per cui occorre che i
mastri birrai siano esperti conoscitori
delle caratteristiche chimiche ed
organiche di ogni tipo di luppolo per dare
la caratterizzazione voluta alla propria
birra.
I tipi di luppolo infatti sono vari, per cui
essi vengono classificati nelle seguenti
categorie:
•
luppoli amari o bitter, contenenti più acidi amari (acidi alfa) che aromatizzanti (oli
eterici); di questa categoria i più conosciuti sono: il Brewer’s Gold ed il Northern
Brewer;
•
luppoli aromatici, nei quali gli elementi sono più aromatici che amari; in questa
categoria spiccano il Saaz;
•
luppoli misti, una categoria molto variabile e non ben definita, che presenta
entrambe le caratteristiche sopra descritte; tra questi vanno segnalati l’Hallertau e
relativi derivati botanici, l’Hersbrucker e relativi derivati.
Scendendo nel dettaglio i componenti del luppolo più importanti ai fini della lavorazione
sono essenzialmente tre: i tannini, gli oli, gli acidi amari.
Tannino e resine rendono possibile la schiuma che si sviluppa nella birra all’atto della
spillatura. Gli acidi amari conferiscono alla birra l’inconfondibile sapore amarognolo che la
connota per cui risulta evidente che maggiore è la luppolatura, più amarognolo sarà il
gusto della birra; gli acidi inoltre sono potenti antisettici e conservanti per cui la birra
luppolata è più stabile che con altri ingredienti aromatizzanti. Ed infine è proprio il luppolo
la causa della stimolazione dell’appetito prodotto dalla birra.
Il dosaggio varia da 140 a 400 gr. per ettolitro in funzione del tipo di birra da produrre,
garantendo al prodotto finito il sapore caratteristico leggermente amaro, favorendo nel
contempo la tenuta della schiuma e, come già detto, la naturale conservazione della birra.
LIEVITO
La fermentazione della birra non potrebbe aver luogo se non esistesse un elemento che
agisce in funzione di catalizzatore, il lievito, della presenza del quale l’uomo si era già reso
conto fin dall’antichità e che aveva abbondantemente usato nel Medio Evo, pur senza
dare a tale elemento un nome specifico.
Gli studi veri e propri iniziarono nell’Olanda del 1680 ad opera dello scienziato Van
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Leeuwenhoek che, giovandosi di un microscopio, osservò per la prima volta il fungo
esistente alla base del lievito. Fu però Pasteur che nel 1875, studiando la birra, evidenziò
le funzioni svolte dal lievito: l’agglomerato di microrganismi fungiformi alla base del lievito
è in grado di trasformare in alcool le sostanze umide contenenti zucchero.
Oggi esistono due grandi ceppi di lievito:
•
•
Saccharomyces Cervisiae, scoperto proprio da Pasteur nel 1852, agisce alle
temperature comprese fra i 12 e i 24 ° C ed è usato per le birre tradizionali ad alta
fermentazione genericamente dette 'ale', le quali, giova ricordare, in origine non
contenevano luppolo o altri aromi, ed oggi, pur luppolate continuano a mantenere
talune loro specifiche peculiarità: sono birre ad alta fermentazione e di solito sono
più corpose ed alcoliche delle normali 'lager'. Anzi ad onor del vero in alcuni Stati
degli U.S.A. la birra del tipo ale corrisponde a una categoria merceologica di birre
che, superando una certa gradazione alcolica, non possono più essere considerate
'beer'. Noto inoltre come Lievito di Birra, trova il suo impiego anche nella
preparazione di pane, pizze e dolci.
Saccharomyces Carlsbergis, così detto in omaggio al danese Jacob Christian
Jacobsen, grande studioso di microbiologia, fu scoperto quasi involontariamente dai
birrai del Sud della Germania che mettevano le loro birre a maturare nelle grotte
delle Alpi; anche questo, come il precedente, è un lievito prodotto in coltura ed,
aggiunto in corso di preparazione, agisce alle temperature comprese fra i 7 ed i 13°
C. E' largamente usato per le birre a bassa fermentazione, oggi le più diffuse, dette
genericamente 'lager', dal verbo germanico lagern: immagazzinare, conservare. Tali
birre sono depositate a maturare in celle di refrigerazione che segnano persino 0°C,
ove acquisiscono un contenuto di anidride carbonica alquanto elevato. Trattasi di
una categoria di birre abbastanza vasta, nella quale si ritrova una gran varietà di
prodotti che vanno dall’amaro al dolce, dal colore molto chiaro al molto scuro.
Fra le due tipologie precedenti non mancano poi le birre ibride, così denominate perché
nella loro preparazione sono stati adoperati ingredienti e/o tecniche provenienti dalle 'ale' o
dalle 'lager'.
Descrizione a parte meritano le birre a fermentazione spontanea, così dette perché
durante la loro fermentazione in luogo di lieviti coltivati sono stati adoperati quelli naturali,
presenti numerosi in natura, fra i quali il Lactobacillus che produce acido lattico, e il
Brettanomyces che produce acido acetico.
Tali birre sono dunque acide per definizione e necessitano di un lungo processo di
lavorazione inteso ad abbassare il grado di acidità. Sono generalmente definite 'lambic',
come l’omonima belga; la loro caratteristica è costituita da gusto secco e retrogusto
acidulo.
In tanta varietà non manca poi l’offerta di ulteriori tipologie di birra non corrispondenti ad
una precisa tradizione ma ad una combinazione di esse con aggiunta di aromi di
derivazione dalla frutta o dall’affumicatura del malto oppure di erbe varie.
ALTRI INGREDIENTI AROMATIZZATI
Oltre al luppolo o in luogo dello stesso storicamente sono stati usati molti altri additivi
botanici per la birra ed anche se per la verità l’utilizzo di tanti agenti aromatizzanti nell’immaginario comune veniva visto come il tentativo fatto in extremis di coprire eventuali
piccoli difetti del prodotto, da vari anni ad oggi l’utilizzo di tali ingredienti è ormai diventato
una questione di stile.
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Come aromatizzanti si usano frutta, piante, spezie e quanto altro ancora:
•
Frutta: dalla fermentazione della frutta si ottiene il vino; oggi tuttavia nel processo
produttivo di molte birre, prima della fermentazione, si aggiunge frutta o succo di
frutta o sciroppo: si ottiene in tal modo una
ulteriore aggiunta di zuccheri che provocano
una seconda fermentazione. Da tempo sono
affermate le tipologie dalla birra alla ciliegia
oppure al lampone; di più recente
introduzione sul mercato sono invece le birre
al kiwi, all’albicocca, alla banana: specialità
tipiche e quasi esclusive della Valle della
Senna e del Belgio.
•
Piante: sono offerte in commercio altre birre
aromatizzate con altri tipi di piante come la
canapa, il rosmarino, le castagne, il tabacco, oltre al luppolo o in luogo dello stesso.
•
Spezie: prima che fosse utilizzato su larga scala il luppolo per aromatizzare la birra
erano molto usate le spezie; oggi rimangono le birre aromatizzate allo zenzero, al
coriandolo, alle bucce di arancia, al pepe e alla noce moscata.
In ordine di tempo gli ultimi esperimenti di alcuni produttori sono la birra al miele, tipica di
alcuni microbirrifici francesi nonché la birra aromatizzata al vino.
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CAPITOLO 3 - COMPOSIZIONI CHIMICA E VALORI
NUTRIZIONALI DELLA BIRRA
La birra è composta da acqua, anidride carbonica, zuccheri, destrine, albuminoidi,
sostanze provenienti dal luppolo, glicerina e acido succinico. Oltre al notevole contenuto
vitaminico, il rapporto calcio-fosforo è quasi ottimale, mentre è bassissima la quantità di
sodio presente.
Ecco qui di seguito in dettaglio la composizione chimica della birra chiara, in una
campionatura di 100 gr di prodotto: Elementi
Proteine
Lipidi
Grassi solidi
Alcol
Energia
Sodio
Potassio
Ferro
Calcio
Fosforo
Tiamina
Riboflamina
Nizona
Vitamina A ret. eq.
Vitamina C
Quantità
0,2 g
0g
3,5 g
2,8 g
Kcal 34
10 mg
35 mg
0 mg
1 mg
28 mg
0 mg
0,03 mg
0, 90 mg
0 mg
1 mg
Avendo origine dai cereali, dall’orzo e dall’acqua, la birra è stata definita fin dall’antichità 'il
pane liquido, la bevanda alimento', e non si tratta soltanto di qualcosa connesso al gusto o
al gradimento. In realtà i contenuti nei vari elementi che generano la birra svolgono azione
utile e benefica per la integrità e la funzionalità delle cellule dell’organismo umano, quando
la si assume con parsimonia, oculatezza e moderazione.
Anzi, a differenza di altre bevande nelle quali predomina la nota alcolica, la birra è
caratterizzata sia dal giusto equilibrio fra l’etanolo e gli altri nutrienti, sia dal livello alcolico
più basso. Un litro di vino, a puro titolo di esempio, per contenuto alcolico, è equiparabile a
due litri e mezzo di birra.
Quanto detto in tema di calorie rimane valido anche in riferimento ad altre bevande non
necessariamente alcoliche:
Bevanda
Kcal/100 g
Birra chiara
35
Aranciata
38
Succo di frutta alla
56
pera
Vino bianco da pasto
70
Vino rosso da pasto
75
Aperitivi a base di vino
186
12
Non possiamo non ribadire che la birra è una bevanda naturale e salutare, che non
contiene grassi, apporta vitamine, minerali ed altre sostanze con proprietà funzionali, per
cui il suo consumo può essere inserito in qualsiasi dieta equilibrata.
In particolare, un consumo moderato di alcol etilico da parte di persone sane e adulte,
che non assumano farmaci con i quali l’alcol stesso possa interferire, abbassa il rischio di
attacchi cardiaci rispetto ai grandi bevitori o agli astemi, rispetto ai quali peraltro è sempre
minore il rischio che corrono i bevitori moderati verso l'incidenza di cardiopatia ischemica
(angina pectoris e infarto), ipertensione arteriosa, problemi vascolari cerebrali e diabete
mellito. E contro le sopra menzionate malattie cardiovascolari svolge un’efficace azione
anche la Vitamina B6 contenuta nella birra.
L’uso moderato dell’alcol inoltre favorisce l’aumento del colesterolo 'buono', l’HDL, e nel
contempo la riduzione di quello 'cattivo', l’LDL; mentre nelle donne produce un aumento
dei livelli degli estrogeni, ritardando la menopausa.
Né minore importanza hanno i folati: l’acido folico, una vitamina idrosolubile appartenente
al complesso B, essenziale per l’organismo. Essa partecipa infatti al metabolismo degli
acidi ribonucleico, RNA, e desossiribonucleico, DNA, specialmente per la sintesi delle
proteine, la formazione del sangue, la trasmissione delle caratteristiche ereditarie; i folati
sono altresì essenziali per il mantenimento della vita cellulare, per la crescita e la
formazione di nuovi tessuti e la loro carenza dà luogo a malanni, il più frequente dei quali
è l’anemia.
La quantità di acido folico che si consiglia di assumere è di 180/200 µg giornalieri, di cui
un consumo moderato di birra fornisce il 10/15%. Lo stesso consumo arricchisce la dieta
anche di flavonoidi, composti polifenolici con proprietà antiossidanti naturali che
partecipano alla protezione contro le malattie cardiovascolari e alla riduzione dei fenomeni
ossidanti, responsabili dell’invecchiamento dell’organismo. Il più abbondante è lo
xantumolo, una sostanza che sembrerebbe essere utile ad ostacolare la proliferazione di
alcune cellule tumorali.
Le fibre solubili aiutano le funzioni dello stomaco e dell’intestino, combattono la stitichezza,
riducono l’incidenza del cancro al colon, abbassano la colesterolemia; l’uso della birra
dunque può completare l’apporto di fibra di altri alimenti come i cereali, che di fibre solubili
sono molto ricchi.
Le maltodestrine, presenti in percentuale del 2,6-3,5% del peso della birra; le bevande
che, come la birra, ne contengono hanno un basso indice di glicemia, poiché si
metabolizzano lentamente liberando unità di glucosio che passano progressivamente nel
sangue, producendo un picco di concentrazione di glucosio meno elevato e più esteso.
Potassio, magnesio, poco sodio accelerano il processo diuretico facilitando dunque il
lavoro dei reni e combattono la formazione dei calcoli; il basso contenuto di sodio inoltre
rende la bevanda adatta alle diete iposodiche ed infine il rapporto fra potassio e sodio
nella birra è di 15.7, simile a quello dell’acqua potabile.
Il silicio biodisponibile, contenuto all’incirca nella misura di 36 mg/ nella birra, è un
elemento essenziale perché partecipa ai processi di calcificazione e probabilmente alla
formazione di tessuti connettivi. Il luppolo in sé e per sé con i suoi componenti, alcuni dei
13
quali abbiamo già citati, previene l’ossidazione cellulare e il rilascio di calcio dalle ossa; è
amaro, sedativo, digestivo, induttore del sonno, batteriostatico, lassativo, depurativo;
agisce contro la ipereccitabilità, depressione, stati di tensione, dispepsie, tosse, tumori.
Per quanto riguarda infine l’apporto vitaminico, il consumo di 1/3 di birra apporta un 10% di
fosforo e di altre vitamine solubili del gruppo B, importanti per l’equilibrio nervoso, come la
riboflavina (B2) che aiuta la digestione, la piroxidina (B6), i già accennati folati ed acidi
folici, la tiamina (B1) che interviene sul metabolismo dei glucidi.
14
CAPITOLO 4 - PROCESSO DI BIRRIFICAZIONE
La birrificazione è il procedimento di produzione della birra tramite la macerazione della
fonte di amido (comunemente cereali) in acqua e poi la fermentazione con il lievito. La
chiave del processo è malto di cereali, sopratutto l’orzo,anche se possono essere aggiunti
altri cereali come il grano o il riso.
PRODUZIONE DI MALTO
L'orzo, dopo essere stato raccolto, viene sottoposto ad una serie di processi che lo
trasformano in malto, dal quale dipendono gusto, colore e alcolicità della bevanda.
Il processo è suddiviso in tre fasi, che aiutano a liberare gli amidi dal cereale:
_germinazione
_essicazione
_tostatura
I chicchi d'orzo e di altri cereali sono bagnati sino al raggiungimento di circa il 45% di
umidità. E’ necessario lasciarli a bagno per almeno 48 ore, avendo cura di cambiare
l’acqua ogni 8/12 ore per evitare che ammuffiscano.
Nella seconda fase inizia la germinazione: i
grani vengono stesi su una superficie pulita
ad una temperatura di circa 16°C per 8/15
giorni, avendo cura di aerarli (rivoltandoli)
ogni 12 ore.
Con la germinazione si consente lo sviluppo
degli enzimi che permetteranno poi di
trasformare l’amido in essi contenuto in
zuccheri solubili in acqua.
Quando la radichetta di germinazione giunge
ad una lunghezza pari a quella del chicco,
allora inizia la fase di essiccazione che
consta di due parti: una di diminuzione di
umidità (essicazione) ed una di tostatura.
15
L’essiccazione deve essere effettuata a circa 40°C per 48 ore circa, sempre in ambiente
ventilato e rivoltando i chicchi di frequente. Si ottiene il cosiddetto malto acerbo.
La successiva fase di tostatura deve essere realizzata ad una temperatura di 75-100°C
per ulteriori 48 ore. In questa maniera si ottengono i malti chiari, di grande potere
enzimatico,chiamati anche lager.
MACINAZIONE e MISCELAZIONE
Il primo passo per la produzione della birra consiste nel prendere il cereale maltato e
macinarlo in maniera grossolana al fine di poter aprire i
chicchi, questo permette all’acqua di penetrare
all’interno per attivare gli enzimi che servono durante
la fase ammostamento.
A seconda della ricetta, si miscelano quantità variabili
di acqua e malto frantumato.
La miscelazione avviene in un serbatoio chiuso e
coibentato denominato caldaia di ammostamento,
dotato di un agitatore interno motorizzato, di un
sistema di riscaldamento indiretto, di sonde di
temperatura e di un sistema d’aspirazione ed
abbattimento del vapore acqueo che si sviluppa durante
la cottura.
La caldaia di ammostamento lavora a pressione ambiente.
AMMOSTATURA
Il malto macinato viene miscelato con acqua calda (intorno ai 65° - 68°C) con soste e
temperature variabili a seconda del tipo di birra che si vuole produrre.
Questa procedura serve a far sì che gli enzimi scompongano le molecole di amido in
zuccheri semplici (saccarificazione) e che una parte delle proteine vengano demolite..
Gli zuccheri prodotti sono di due tipi: fermentabili (maltosio) e non fermentabili (destrine);
La percentuale di questi ultimi contribuisce alla corposità della birra.
Prima della scissione gli amidi devono essere prima gelatinizzati, e questo avviene a
temperature di 54-65 C° per il malto. La gelatinizzazione per grani non trattati, come mais,
avviene a temperature maggiori, quindi questi chicchi devono venir bolliti oppure fatti in
fiocchi prima di aggiungerli al mosto.
La scissione degli amidi è portata avanti dall'azione combinata degli enzimi a-amilasi e bamilasi. Gli enzimi diastatici, o amilasi, lavorano in
tandem, con gli enzimi beta che staccano le unità di
maltosio dalla testa riducente e gli alfa rompono i
legami 1-4 casualmente. Temperature inferiori ai 65
C° favoriscono la b-amilasi, producendo un mosto
più fermentabile, mentre temperature superiori a 68
C° favoriscono la amilasi, producendo un mosto più
destrinico.
FILTRAZIONE o DECANTAZIONE
Al termine di questa fase si passa al filtraggio o
decantazione, ossia alla separazione del mosto zuccherino dalle trebbie.
Il mosto raccolto viene convogliato in una caldaia per la bollitura.
I birrai sono soliti risciacquare con acqua calda due o tre volte le trebbie, recuperando
nuovo mosto attraverso ulteriori fasi di filtrazione. Questa fase, concettualmente semplice,
16
ricopre una certa importanza: è fondamentale evitare che le scorze/glumelle passino nel
mosto e quindi alle fasi successive di bollitura causando un rilascio di tannini ed altre
sostanze amare nella birra finita provocando indesiderati gusti astringenti.
Le trebbie vengono utilizzate come alimento per il
bestiame oppure come fertilizzante in quanto
ricche di azoto.
Prima della chiarificazione, la temperatura del
mosto può essere portata a circa 75 °C per
disattivare gli enzimi. Ulteriore acqua può essere
spruzzata sui grani per estrarre zuccheri
supplementari (processo noto come sparging).
COTTURA e LUPPOLAMENTO
A questo punto il liquido è noto come birra grezza.
Il mosto viene trasferito in un grande serbatoio
noto come "rame" o bollitore dove viene bollito con
luppolo e, a volte altri ingredienti quali erbe o zuccheri. La bollitura degli estratti di malto,
ne assicura la sterilizzazione e impedisce quindi la proliferazione batterica. Durante la
bollitura si aggiunge il luppolo (Il luppolo viene aggiunto in quantità variabili a seconda del
tipo di birra che si vuole ottenere 150/300 g/L), che contribuisce a dare il gusto amaro,
sapore, aroma e altri composti alla birra, e, inoltre con il calore della bollitura, consente
alle proteine del mosto di coagulare e determina anche la caduta del pH. Infine, i vapori
prodotti durante l'ebollizione consentono il volatilizzarsi di sapori non graditi, compresi
quelli dei precursori del solfuro dimetile.
L'ebollizione deve essere condotta in modo che sia uniforme e
intensa. Dura tra i 50 e i 120 minuti, a seconda della sua
intensità, il programma di aggiunta di luppolo e il volume di
acqua che il birraio si aspetta di far evaporare.In questa fase
avvengono molte reazioni chimiche e vengono prese delle
decisioni determinanti sul gusto, colore ed aroma da dare alla
birra. La bollitura serve a terminare i processi enzimatici, la
precipitazione delle proteine, l'isomerizzazione delle resine del
luppolo e a concentrare e sterilizzare il mosto. Il luppolo
aggiunge sapore, aroma e gusto amaro alla birra.
WHIRLPOOL, RAFFREDDAMENTO e OSSIGENAZIONE
Alla fine della bollitura, il mosto viene posto in un recipiente
chiamato "centrifuga", dove le particelle solide più dense
(proteine coagulate, sostanze vegetali del luppolo), decantano
in un cono al centro della vasca.
Tini$di$bollitura$
Dopo la centrifugazione, il liquido subisce un processo di raffreddamento. Questo avviene
quando il mosto viene trasferito rapidamente dal bollitore ad uno scambiatore di calore per
essere raffreddato. Lo scambiatore di calore è costituito da un insieme di tubi immersi
all'interno di una vasca contenente acqua fredda. È molto importante raffreddare
velocemente il mosto, fino ad un livello di temperatura che consenta al lievito di essere
aggiunto in modo sicuro (generalmente circa 10°C).Infatti il lievito non può svilupparsi alle
alte temperature.Viene inoltre insufflato ossigeno in quanto il mosto dopo la bollitura è
però povero di ossigeno, indispensabile per una corretta fermentazione. Il birraio provvede
quindi a reintegrare la quantità di ossigeno necessaria attraverso vari metodi, come
l’insufflamento nel mosto di ossigeno puro o aria sterile oppure semplicemente con un
17
arieggiamento meccanico (ad esempio con la caduta del mosto nel fermentatore da una
certa altezza o il semplice rimestamento del mosto nel fermentatore).
FERMENTAZIONE
Dopo che il mosto passa attraverso lo scambiatore di calore, vengono aggiunti al mosto i
lieviti saccaromiceti, batteri o una loro combinazione, selezionati in funzione del tipo di
birra che si vuole produrre. La fermentazione avviene in serbatoi che possono avere varie
forme, da enormi vasi cilindro-conici, di pietra, aperti, fino ai tini di legno.
La maggior parte dei birrifici usano
oggi recipienti cilindro-conici, che
hanno un fondo conico e una parte
superiore cilindrica. Il cono ha un
angolo intorno ai a 60 °, che consentirà
al lievito di fluire verso l'apice del cono,
ma non è così ripido da occupare
troppo spazio in verticale. Questi
serbatoi sono in grado di gestire sia la
fermentazione che la stabilizzazione
nello stesso serbatoio. Al termine della
fermentazione, il lievito e altri solidi,
che sono caduti all'apice del cono
possono essere facilmente rimossi
attraverso un'apertura posta alla base del cono.
La fermentazione si divide in due fasi: fermentazione principale e fermentazione
secondaria.
La fermentazione principale inizia dopo una fase di respirazione che serve al lievito per
moltiplicarsi esponenzialmente. Nella fermentazione principale (in assenza di ossigeno) il
lievito trasforma gli zuccheri fermentabili presenti nel mosto principalmente in alcool etilico
e CO2. In più il lievito produce altre sostanze (come amminoacidi e sostanze aromatiche)
che contribuiranno al gusto della birra finita. Le temperature di fermentazione possono
variare da 6-7 e sino a 30°C, in relazione al ceppo di lievito utilizzato. Anche la durata
18
della fermentazione è variabile a seconda del tipo di
lievito e del tipo di birra che si intende produrre.
La fermentazione secondaria (detta anche
maturazione) invece consiste nel lasciare per circa
quattro o cinque settimane la birra in grosse vasche di
maturazione, ad una temperatura compresa fra 0 e 2
gradi. Questa operazione permette di saturare di
anidride carbonica la birra e di far depositare i residui
di lievito, oltre che per armonizzare i vari ingredienti.
Questo impedisce la formazione di sapori indesiderati
e composti nocivi come acetaldeide, che sono
comunemente accusati dei postumi di una sbornia.
Durante la maturazione la birra si affina e il dolce del malto si armonizza con l’amaro del
luppolo, gli aromi diventano più evidenti ed il lievito deposita sul fondo del serbatoio. La
maturazione dura in generale da due settimane sino ad alcuni mesi (per tipologie di birre
particolari).
Alla fine del processo alcune birre vengono filtrate per toglierle i residui di opacità e infine
imbottigliate o infustate.
CONFEZIONAMENTI, PASTORIZZAZIONE e FILTRAZIONE
La birra viene confezionata in fusti, lattine, o bottiglie. Il confezionamento viene effettuato
sotto pressione per evitare la dispersione della CO2. All’imbottigliamento (lattine o
bottiglie), segue la pastorizzazione a circa 60°C per 15-20 minuti, in modo da garantire la
conservabilità del prodotto che viene immesso sul mercato.
Nel caso della birra in fusti, il rapporto contenuto/superficie non garantisce un
riscaldamento omogeneo della massa; il trattamento termico, quindi, se viene effettuato,
avviene prima dell’infustamento ad almeno 70°C per 30 secondi.
La birra va conservata ad una temperatura di 5-7°C, al riparo della luce, perché alta
temperatura e l’esposizione alla luce possono provocare alterazioni.
19
CAPITOLO 5 -TIPI DI FERMENTAZIONE
Vi sono tre metodi fondamentali di fermentazione: a caldo, a freddo e spontanea.
FERMENTAZIONE A FREDDO E A CALDO
I lieviti per la birra possono essere classificati come a "taglio in alto" (o "alta
fermentazione") e "taglio in basso" (o "bassa fermentazione"). I lieviti a taglio in alto
vengono così chiamati in quanto producono una schiuma in cima al mosto durante la
fermentazione. Essi possono produrre una maggior concentrazione di etanolo ad una
temperatura più elevata, in genere tra i 16 ed i 24 °C, dando origine ad una birra fruttata,
dolce, di tipo ale. Un esempio di lievito a taglio alto è il Saccharomyces cerevisiae,
comunemente noto come "lievito ale".
I lieviti a taglio basso sono generalmente usati per produrre birra a fermentazione fredda,
intorno ai 10 °C. Questi lieviti fermentano più zuccheri, creando una birra secca, e
crescono meglio alle basse temperature. Un esempio di lievito a taglio basso è il
Saccharomyces pastorianus, un tempo noto come Saccharomyces carlsbergensis.
In entrambi i tipi, il lievito è completamente distribuito nella birra mentre avviene la
fermentazione, ed entrambi precipitano per flocculazione alla fine della fermentazione. Ciò
non significa che tutti i lieviti a taglio alto dimostrano questo comportamento, ma è
caratteristica di molti lieviti ale inglesi, che si possono presentare anche con una catena
che è tecnicamente diversa dalla flocculazione vera e propria.
I ceppi di lievito per la birrificazione hanno una lievitazione più lenta, ma tendono a
produrre meno sapori indesiderati e tollerano concentrazioni di alcol superiori (alcuni
ceppi, fino al 22%).
Per garantire la purezza del ceppo, un campione "pulito" di lievito viene a volte
conservato, essiccato o refrigerato in laboratorio. Dopo un certo numero di cicli di
fermentazione, viene prodotto un lievito ad elevata fermentazione da un campione di
laboratorio. Tipicamente, si sviluppa in tre o quattro stadi in mosto sterile addizionato di
ossigeno.
FERMENTAZIONE SPONTANEA
È un tipo di fermentazione completamente diversa dalle altre due, perché sfrutta i lieviti e i
batteri che si trovano nell’aria – come il Brettanomyces, che fortunatamente non
sopravvive alle alte percentuali alcoliche e quindi alla birra finita. Questo tipo di birra è
stata realizzata per la prima volta vicino Bruxelles in Belgio.Per fare in modo che batteri,
lieviti e mosto si incontrino naturalmente e che la fermentazione inizi si mette a raffreddare
il mosto di birra in grandi vasche, poco profonde, che si sviluppano in senso orizzontale. In
questo modo si massimizza l’impatto della superficie a contatto con l’aria. Dopodiché, il
mosto viene pompato in botti di castagno o di rovere dove fermenta. La birra prodotta in
quella zona è detta Lambic. Questi batteri aggiungono un sapore amaro alla birra. Tra i
molti tipi di birra prodotti, i batteri sono usati molto poco, la maggior parte delle birre sono
fermentate con lieviti e la contaminazione batterica è rigorosamente evitata. Tuttavia, con
l'avvento delle banche del lievito e della National Collection of Yeast Cultures (Raccolta
nazionale delle culture del lievito) la produzione di queste birre, anche se non attraverso la
fermentazione spontanea, è possibile ovunque. Specifiche colture batteriche sono
disponibili anche per riprodurre certi tipi di birra.
Il Brettanomyces è un genere di lievito importante nella produzione della lambic, una birra
20
prodotta non con l'aggiunta intenzionale di lieviti di birra, ma dalla fermentazione
spontanea con lieviti selvatici e batteri.
I batteri che intervengono nella fermentazione alcolica possono essere divisi in due
categorie osservabili in laboratorio. I Gram-negativi utilizzati nella produzione dei Lambic
sono gli Escherichia coli, e varie specie di Citrobatteri e Enterobatteri. I Gram-positivi
utilizzati derivano dal ceppo Pediococco e Lactobacillo. Questi batteri seguono una via di
fermentazione diversa da quella dei Saccaromiceti, conosciuta come via di fermentazione
acida mista. Essa coinvolge l'esterificazione di vari alcooli nel corrispondente acido
carbossilico, producendo quindi l'acidità.
21
CAPITOLO 6 - CLASSIFICAZIONE DELLA BIRRA
La prima classificazione delle birre è quella che prende in considerazione come parametro
il tipo di lievito utilizzato e quindi il tipo di fermentazione; in tale ottica quasi tutta la
produzione birraria si divide nei tre grandi gruppi già descritti:
•
•
•
le 'ale', prodotte con il Saccharomyces Cervisiae, seguendo il processo dell’alta
fermentazione radicato nella cultura anglosassone e fiamminga;
le 'lager', prodotte con il Saccharomyces Carlsbergensis seguendo il processo a
fermentazione bassa: le più diffuse sul mercato;
le 'lambic', prodotte con lieviti naturali e fermentazione spontanea, specialmente nel
meridione del Belgio.
Esiste un secondo tipo di classificazione delle birre redatta sulla base dell’indicizzazione
del colore misurato sulla scala
SRM o EBC; tale classificazione è
ovviamente intuitiva e poco
significativa, specie se considerata
come unico fattore di
discriminazione.
Altra caratteristica visiva della birra
è data dalla limpidezza o dalla
opacità dovuta alla presenza di
lievito in sospensione, che tuttavia non può essere presente nelle birre prodotte
industrialmente, essendo stato eliminato all’atto dell’imbottigliamento.
SRM
Esempio
2
Pale lager
4
3
Pilsener tedesca
6
4
Pilsner Urquell
8
6
8
Colore
EBC
12
Weissbier
16
10
20
13
26
17
Lager scura
33
20
39
24
47
29
Porter
57
35
Stout
69
40
70
79
Imperial stout
138
Esiste anche una classificazione delle birre che prende in considerazione come parametro
il grado di amarezza percepito, misurato sulla scala IBU (International Bitterness Unit).
Una ulteriore classificazione è redatta sulla base del grado alcolico. In Italia la normativa
vigente trova le sue basi sulla legge n.1354 del 16 agosto 1962 modificata dalla legge 16
22
luglio 1974, n. 329, in virtù e per effetto delle quali si suddividono le birre in gradi
saccarometrici, cioè il numero di grammi di estratto contenuti in 100ml di mosto, anche se
in etichetta viene espresso il contenuto di alcool etilico in volume: pur non essendoci un
rapporto matematico esatto fra i gradi saccarometrici e quelli alcolici, si considera
generalmente che 3 gradi saccarometrici corrispondano ad 1 grado alcolico, per cui si ha
la classificazione che segue:
Denominazione
Grado saccarometrico in Contenuto in alcool
volume
birra o birra normale
≥ a 11
≥ a 3 ml/100 ml
birra speciale
≥ a 13
≥ a 3,5 ml/100 ml
birra doppio malto
≥ a 15
≥ 4 ml/100 ml
birra leggera o light
> 5 < 10,5
> 1.2/100ml
< 3.5/100ml
birra analcoolica
≥ a 3 e < di 8
< a 1 ml/100 ml
•
•
•
•
•
birra analcolica: da 3 gradi saccarometrici (Plato)a 8: pari a circa 1,2% alc. vol;
birra leggera o light: da 5 gradi saccarometrici (Plato) a 11: da 1,6 a 3,6% alc. vol;
birra o birra normale: da 11 gradi saccarometrici (Plato) a 13: da 3,6 a 4,3;
birra speciale: da 13 gradi saccarometrici (Plato) a 15: da 4,3 a 5% alc. vol;
birra doppio malto: oltre i 15 gradi saccarometrici (Plato): oltre il 5% alc.vol.
23
CAPITOLO 7 - ALCUNI METODI DI ANALISI BIRRE
I seguenti metodi di analisi della birra sono riportati nel Decreto Ministeriale del
21/09/1970:
Preparazione del campione;
Esame organolettico;
Limpidità: determinazione del grado di torbidità;
Determinazione del peso specifico;
Determinazione del grado alcoolico;
Determinazione dell’estratto;
Determinazione del grado saccarometrico;
Determinazione dell’acidità totale;
Determinazione dell’acidità volatile;
Determinazione delle ceneri e dell’alcalinità delle ceneri;
Determinazione dell’anidride carbonica;
Determinazione dell’anidride solforosa;
Determinazione dell’acido l-ascorbico.
PRESA DEL CAMPIONE
La quantità di birra necessaria all’analisi è di circa un litro se si devono eseguire soltanto le
ricerche e determinazioni principali, di almeno due litri se occorre l' analisi completa o se si
richiedono ricerche speciali. Il campione si preleva dai fusti o dalle bottiglie mediante un
sifone ben pulito e asciutto. Prima di procedere all'analisi della birra, questa deve, per
quasi tutte le determinazioni (naturalmente non per quella dell’anidride carbonica) esser
privata il più possibile dei gas che contiene. Si versa una certa quantità della birra da
analizzare (circa 400-500 mL) in un grande matraccio della capacità di almeno un litro; si
sbatte a lungo fortemente tenendo chiuso il matraccio con la mano, e si lascia quindi a
riposo a 25-30 0C fino a che la schiuma scompare; si ripete l' agitazione più volte, fino a
che agitando non si forma più schiuma. In qualche caso e' utile filtrare in ultimo la birra
attraverso un filtro a pieghe asciutto.
ESAME ORGANOLETTICO
E' molto importante e deve essere sempre fatto con cura ed attenzione. Dopo aver versato
la birra in un bicchiere si osserva: se e' limpida o no; se la schiuma si presenta voluminosa
e persistente o se sparisce prontamente. Se ne osserva il colore, e se ne saggia l’odore
ed il sapore. L’intensità del colore della birra, similmente a quello dei mosti, viene
determinato di confronto ad una soluzione 0,1 N di iodio, indicando il volume in mL che
occorre aggiungere a 100 mL di acqua onde portarla alla stessa intensità di colore della
birra da saggiare. La permanenza della schiuma si rileva praticamente versando circa 10
mL di birra in un cilindro graduato ed addizionandoli di 20 mL di acqua. Si scuote il cilindro,
si lascia in riposo, e quindi si misura lo strato di schiuma e quello della birra e si ripete la
stessa operazione altre volte, misurando il tempo che passa fino a quando parte o tutta la
schiuma sia scomparsa.
DETERMINAZIONE DEL PESO SPECIFICO
Il peso specifico della birra, privata dell’anidride carbonica, si determina a 15 °C (rispetto
all’acqua alla stessa temperatura) mediante la bilancia di Westphal.
DETERMINAZIONE DELL’ALCOOL
Si misurano esattamente in un palloncino graduato, a 15 °C , 100 mL di birra, dalla quale
24
si è prima scacciata l' anidride carbonica; si versano in un palloncino da distillare, lavando
il palloncino graduato con poca acqua; si distillano almeno i due terzi del liquido,
raccogliendo il distillato nel medesimo palloncino da 100 mL e portandolo poi a volume
(alla temperatura di 15°C) con acqua. Si determina il peso specifico del distillato a 15 °C
mediante uno dei due metodi elencati precedentemente, e se ne deduce, per mezzo della
tabella per il calcolo del grado alcolico, l’alcool in grammi per 100 mL di birra. Da questo,
dividendo per il peso specifico della birra, si calcola l’alcool per cento in peso, cioè l' alcool
in grammi per 100 grammi di birra.
DETERMINAZIONE DELL’ESTRATTO
La determinazione diretta dell’estratto per pesata del residuo dell’evaporazione, oltre ad
essere molto lunga, non dà sempre risultati sicuri; per questo si fa la determinazione
indiretta, accoppiandola con quella dell’alcool. Il residuo della distillazione di 100 mL di
birra si porta, dopo averlo raffreddato, in un palloncino da 100 mL, lavando con acqua il
pallone da distillazione e riportando il volume a 100 mL. Si determina, a 15 °C, il peso
specifico del liquido acquoso così ottenuto come fatto in precedenza, e se ne deduce l'
estratto in grammi per 100 mL di birra mediante la tabella per il calcolo dell’estratto dei
vini. Questo, diviso per il peso specifico della birra, dà l’estratto per cento in peso, cioè
l’estratto in grammi per cento grammi di birra.
DETERMINAZIONE DELLE CENERI
Si evaporano in una capsula di platino 25 o 50 mL di birra su un bagno-maria, quindi si
carbonizza cautamente il residuo secco su una piccola fiamma, si incenerisce lentamente
al rosso scuro e si pesa. Dal peso trovato si calcolano le ceneri per 100 mL di birra. Talora
si rapportano le ceneri all’estratto originario, calcolando le ceneri rispetto a 100 del grado
saccarometrico.
ALCALINITà DELLE CENERI
Delle ceneri precedentemente ottenute si determina di solito I' alcalinità. Si sciolgono le
ceneri in 10-15 mL di acido solforico 0,1 N, si scalda, si lascia raffreddare e si titola quindi
1' eccesso di acido con idrato sodico 0,1 N.
DETERMINAZIONE DELL’ACIDITà
L’acidità della birra e' dovuta in parte ad acidi organici vari (specialmente lattico), in parte a
fosfati acidi, e ad acidi volatili (acetico), questi ultimi specialmente nelle birre mal
conservate. Si determina perciò di solito I' acidità totale. Si scaldano 50 mL di birra, già
privati mediante agitazione della maggior parte dell’anidride carbonica, per mezz’ora a
circa 40 °C per eliminarla completamente, quindi si titolano con idrato sodico 0,1 N,
usando come indicatore la fenolftaleina. Se però il liquido e troppo colorato per apprezzare
bene il passaggio, si procede come segue. a 20 mL di acqua distillata previamente bollita
si aggiungono 10-12 gocce di soluzione alcolica di fenolftaleina e 0,2 mL di idrossido di
sodio 0,1 N; al liquido da titolare si aggiunge a poco a poco la soluzione alcalina 0,1 N, e
dopo ogni aggiunta si saggia il liquido versandone 6 gocce su una goccia dell’indicatore
preparato in modo suddetto, posta su una piastrina di porcellana; la titolazione è finita
quando l'indicatore non si scolora più. L’acidità si suole esprimere in acido lattico per 100
mL (ogni mL di soda corrisponde a 0,009 g di acido lattico); talvolta invece si indica il
volume in mL di soda necessari a saturare 100 mL di birra.
25
Il Decreto del Presidente della Repubblica n° 1498 del 30/12/1970 riporta i limiti per i
seguenti parametri :
Acidità totale:
la birra normale non deve superare i ml 35 NaOH N/10 per ml 100;
la birra speciale non deve superare i ml 40 NaOH N/10 per ml 100;
la birra doppio malto non deve superare i ml 45 NaOH N/10 per ml 100.
Acidità volatile:
la birra normale non deve superare i ml 7 NaOH N/10 per ml 100;
la birra speciale non deve superare i ml 8,5 NaOH N/10 per ml 100;
la birra doppio malto non deve superare i ml 10 NaOH N/10 per ml 100.
Anidride carbonica:
la birra dei tipi normale, speciale o doppio malto deve avere un contenuto non inferiore a
g. 0,3 per ml 100 e un contenuto non superiore a g. 1 per ml 100.
Ceneri:
la birra normale deve avere un contenuto massimo di g. 0,45 per ml 100;
la birra speciale deve avere un contenuto massimo di g. 0,55 per ml 100;
la birra doppio malto deve avere un contenuto massimo di g. 0,65 per ml 100.
Alcool:
la birra normale deve avere un contenuto non inferiore a ml 3 per ml 100;
la birra speciale deve avere un contenuto non inferiore a ml 3,5 per ml 100;
la birra doppio malto deve avere un contenuto non inferiore a ml 4 per ml 100;
la birra posta in vendita come analcolica deve avere un contenuto in alcool non superiore
a 1 ml per 100 ml, fermo restando le caratteristiche di cui all'art. 1 della legge 16 agosto
1962, n. 1354.
Limpidità:
la birra è limpida quando la sua torbidità non supera il n. 2 della scala standard di torbido
di formazione; la determinazione si esegue con le modalità descritte nei metodi ufficiali di
analisi della birra.
Oltre alle analisi chimiche è necessario anche un controllo microbiologico del prodotto.
Questo controllo è di primaria importanza dal momento che la presenza di
particolari contaminanti batterici può alterare le caratteristiche organolettiche del
prodotto, producendo difetti nell’aroma e problemi di torbidità. Il monitoraggio di qualità
è richiesto durante tutte le fasi di sviluppo del prodotto: dal controllo delle materie prime,
alla produzione e al confezionamento della birra, fino ai test di qualità sul prodotto
finito. La birra è un ambiente ostile per i microrganismi: l’elevata concentrazione di etanolo
e il basso pH inibiscono la crescita della maggior parte dei batteri, mentre l’alta
concentrazione di anidride carbonica e il basso contenuto di ossigeno determinano
condizioni di anaerobiosi in cui solo poche specie batteriche sopravvivono. Tra i
microrganismi responsabili del deterioramento della birra rientrano batteri Gram-positivi e
Gram-negativi ma anche lieviti e muffe. Per la crescita rapida e la capacità di sopportare
alte temperature e condizioni di basso pH, i batteri Gram-positivi sono considerati i
contaminanti più pericolosi nei birrifici, in particolare quelli appartenenti ai
generi Lactobacillus e Pediococcus, complessivamente denominati batteri lattici perché
producono acido lattico dagli zuccheri. Le misurazioni di concentrazione microbica sono
solitamente effettuate mediante conteggio su piastra (standard plate count, SPC), che
rappresenta lo standard di riferimento per le misure di concentrazione batterica. 26
CAPITOLO 8 - TRATTAMENTO EFFLUENTI INDUSTRIA
BIRRARIA
I reflui di birreria presentano caratteristiche tutte proprie, quali variazioni di portata, alte
concentrazioni di sostanze come i carboidrati, valori di pH fluttuanti e influsso di reagenti di
pulizia e disinfezione. Per un impianto ben gestito con basse perdite di prodotto e riciclo di
sottoprodotti valgono i seguenti dati.
consumo d'acqua specifico: 0,4...0,8 m3 /hl birra venduta
produzione liquami specifici: 0,25...0,6 m3 /hl birra venduta
richiesta specifica di BOD5: ca. 0,5 Kg B0D5 /hl birra venduta = 8 abitanti equivalenti a 60
gr/hl"
La produzione di reflui dipende dal processo produttivo. II fondo che precipita nel tino
durante la cottura del mosto (ca. 120.000 mg B0D5 /kg) contiene amidi e proteine. Con
l'aggiunta di lievito di birra il mosto ricco di zuccheri si trasforma in birra. Questo avviene
nel fermentatore. Lo stesso avviene nei serbatoi di stoccaggio dove i reflui con 130.000
mg B0D5 /kg vanno in fognatura. Perdite di birra avvengono durante il pompaggio, la
filtrazione e l'imbottigliamento. Poiché la birreria, come tutte le altre industrie alimentari,
deve mantenere un
elevato standard di igiene
e pulizia, i serbatoi e le
condotte vengono
pulite con l'ausilio di
soda e acido nitrico
ed eventualmente
disinfettati. Gran parte
dei reflui sversati dalla
birreria provengono
dalla pulizia delle
bottiglie e delle botti,
eseguita con soda
caustica ad elevata
temperatura. Da ciò
deriva il valore di pH
fortemente alcalino
(pH> 10) dei liquami.
Gran parte delle
birrerie adduce i
liquami all'impianto di
depurazione civile
solo dopo averli
pretrattati. Per poter rientrare nei valori limite prefissati, temperatura sotto i 35°C, valori di
pH compresi tra 6,5 e 10, è necessario un trattamento acque all'interno dell'azienda
produttrice. II sistema più semplice è stoccare i reflui di tre ore di produzione in serbatoi di
compensazione chiusi. Se necessario si provvede alla neutralizzazione acida con l'ausilio
di acido solforico, acido carbonico derivante dalla fermentazione, fumi di combustione.
Talvolta si procede pure ad una depurazione biologica parziale in vasche aerate, qualora il
fango di supero possa essere mandato al depuratore civile.
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BIBLIOGRAFIA
Tabella nutrizionale: atavolaconlabirra.it
Produzione birra e materie prime:http://it.wikipedia.org/wiki/Birra
Analisi chimiche birra:http://www.smauro.it/classi2007/5_ch_b_07_08/ANALISI%20BIRRA
%20PDF/Metodiche%20analidi%20della%20birra.pdf
Storia della birra:http://www.areabirra.it/italian/storia_della_birra.php
Trattamento effluenti industria birraria: materiale professore Pellizzari
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