Nuovi dati per lo studio di Agrigento ellenistico-romana Luigi Maria Caliò1, Monica Livadiotti2, Roberta Belli Pasqua3 1 DICAR – Politecnico di Bari; [email protected] DICAR – Politecnico di Bari; [email protected] 2 DICAR – Politecnico di Bari; [email protected] 2 Abstract. Una nuova ricerca nell’area del cosiddetto Iseion, ad Agrigento, in parte indagate da E. De Miro, ha posto nuovi problemi di interpretazione che il DICAR del Politecnico di Bari, a seguito di una convenzione stipulata con l’Ente Parco Archeologico della Valle dei Templi per lo studio delle aree monumentali presso l’agorà superiore, intende affrontare. Lo studio di De Miro, edito recentemente, ha infatti trascurato alcuni aspetti dello sviluppo architettonico dell’area che le nuove ricerche affrontano più in dettaglio. Tra il 2012 e il 2014 sono state quindi condotte tre missioni di rilievo e di scavo che hanno già prodotto esiti interessanti, qui presentati in via ancora preliminare. Tra i primi risultati del nuovo studio è il riconoscimento di una fase di costruzione del tempio ancora in età tardo ellenistica. L’edificio sarebbe stato ricostruito in età augustea. Keywords: Agrigento. Iseion. Architettura ellenistico-romana. Scultura romana. 1 Introduzione (L.M.C.) Il DICAR del Politecnico di Bari ha recentemente stipulato una convenzione con l’Ente Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento per l’analisi e lo studio delle aree monumentali presso l’agorà superiore, in larga parte già indagate da Ernesto De Miro. La zona è estremamente significativa per lo studio della città nella sua fase ellenisticoromana e la sua esplorazione, dal cosiddetto Quartiere Ellenistico [1] fino al Ginnasio datato in età augustea, ha spostato l’attenzione degli studiosi dall’Agrigento di età classica a quella, estremamente vitale, delle fasi successive. Lo studio di De Miro, recentemente edito [2], ha però trascurato alcuni aspetti dello sviluppo architettonico dell’area che le nuove ricerche intendono affrontare più nel dettaglio. Tra il 2012 e il 2014 sono state quindi condotte tre missioni di rilievo e di scavo, utilizzando un finanziamento dell’Ente Parco, alle quali hanno partecipato docenti, studenti, specializzandi e dottorandi del DICAR. La ripresa delle ricerche ha già condotto a risultati interessanti, presentati, seppure in via ancora preliminare, in un recente convegno a Roma [3]. Page 1 of 5 Fig. 1. Agrigento. Area del complesso del cd. Iseion. e del Bouleuterion (fonte: 2). L’area oggetto di indagine, il santuario identificato da De Miro con l’Iseion, un vasto piazzale porticato che racchiude un edificio templare (Fig. 1), è un luogo centrale per la comprensione dei percorsi urbani della topografia antica della città, che ha subito durante l’ellenismo una forte monumentalizzazione. La chiusura dell’ekklesiasterion a sud e la creazione di una grande area politica e sociale tra il cosiddetto tempio di Falaride e l’Iseion è una delle novità di questo rinnovamento urbano che, per qualità dello spazio e per ampiezza, può a ragione essere confrontato con le grandi realizzazioni ellenistiche greche e microasiatiche. La mancanza di dati dovuta anche alle costruzioni post-antiche nell’area, che hanno obliterato gli strati più antichi, soprattutto nella zona occupata oggi dal Museo Archeologico, non offre più la possibilità di percepire nella sua completezza questo insieme di spazi e architetture che doveva mettere in relazione i due nuclei porticati disposti ortogonalmente tra di loro. Per organizzare questo nuovo progetto urbano si è dovuto obliterare uno dei grandi assi di scorrimento, la plateia E-F che fiancheggiava il lato nord degli isolati delle case ellenistiche e arrivava fino alle aree pubbliche. Qui il percorso, che doveva continuare in linea retta lungo il pendio naturale della collina, è stato probabilmente interrotto dalle poderose opere di sostruzione della nuova terrazza artificiale. Si tratta dell’elemento superiore di un sistema a terrazze, che digrada fino all’area del ginnasio e mette in relazione le zone pubbliche superiori con quelle più periferiche presso il grande complesso sacrale costituito dai santuari di Herakles, di Zeus Olimpio e delle divinità ctonie. Il lavoro di analisi e studio del tempio ellenistico romano, condotto secondo l’approccio multidisciplinare che caratterizza il gruppo di ricerca del DICAR, è un primo passo per leggere il complesso monumentale e ridefinire le cronologie della risistemazione urbana di Agrigento. Le fasi costruttive del tempio, che nella datazione più alta sembra appartenere a un momento tra la metà del II e l’inizio del I secolo a.C. appaiono infatti indicare una data più circoscritta per porre l’inizio di un progetto che sembrerebbe unitario nell’impianto. La grande monumentalità del sistema terrazzato pone il complesso agrigentino sulla scia delle grandi realizzazioni teatroidi greco-orientali che durante l’ellenismo vengono importate in occidente non solo nelle città greche. 1 Il tempio (M.L.) I primi risultati delle nuove indagini gettano nuova luce riguardo alla configurazione dell’edificio, che appare parzialmente diversa da quanto già edito [2]. In quella sede, infatti, il tempio era stato ricostruito come un edificio prostilo tetrastilo di ordine dorico. La cella doveva essere un semplice vano unico, preceduto da un’ampia tribuna frontale accessibile tramite due rampe di scale disposte lateralmente (fig. 2, A). La tipologia è dunque quella del templum rostratum che ha origine a Roma in età augustea e si diffonde per tutta l’età tiberiana. Infatti, due saggi effettuati nel 1998 da De Miro nella tribuna e all’interno della parte anteriore della cella, presso l’angolo sud-est, fornirono allo scavatore un medesimo orizzonte cronologico alla prima metà del I secolo d.C., nonostante la tribuna risulti visibilmente addossata al muro frontale del corpo principale. Ulteriori saggi all’interno del riempimento delle due scale di accesso appurarono invece che queste sono pertinenti ad un restauro di età antonina. Nuove osservazioni sull’architettura dell’edificio, dove si è approfondito ed esteso lo stesso saggio praticato nel 1998 nell’angolo sud-est del corpo principale, hanno invece appurato che la cella non era un semplice vano unico: il saggio ha infatti messo in luce l’ampia fondazione di un muro trasversale, solidale con le strutture perimetrali del podio, con le quali condivide la medesima tecnica costruttiva in opera quadrata. L’edificio era quindi articolato in atrio e cella vera e propria (fig. 2, B1). Inoltre, l’edificio principale non poteva essere preceduto da un pronao colonnato, dal momento che l’interno del riempimento della tribuna frontale non presenta le necessarie fondazioni; né l’eventuale colonnato sarebbe potuto essere sostenuto dal muro di contenimento della stessa tribuna, spesso appena cm 51. Alcune osservazioni sulle tecniche costruttive dei muri di contenimento della tribuna e del podio dell’edificio principale, che hanno evidenziato differenze nel trattamento dell’anathyrosis sulle facce laterali di contatto, hanno portato alla conclusione che almeno la parte inferiore del podio stesso, comprendente la cornice di base e il filare immediatamente al di sopra, deve essere attribuita ad una prima fase costruttiva, da porre ancora in età ellenistica. Il progetto iniziale (Fig. 2, B1) prevedeva dunque un tempio ad oikos, con atrio e cella, sprovvisto di fronte colonnata e accessibile tramite una scalinata. La costruzione, però, giunta alla realizzazione della zona inferiore del podio, per qualche motivo fu interrotta e ripresa molto più tardi, in età tiberiana. Page 3 of 5 Fig. 2. Agrigento, Iseion. A: il complesso secondo De Miro (fonte: 2). Le fasi come emergono dai nuovi studi: B1, fase ellenistica; B2, fase tiberiana (fonte: 3). In questa seconda fase (Fig. 2, B2), non solo venne addossata al tempio la tribuna frontale, ma fu anche completato l’elevato del tempio, forse effettivamente in questo momento a vano unico, rinunciando a mantenere la divisione interna. La modifica potrebbe coincidere con un cambio di destinazione d’uso dell’edificio e del piazzale, che vede in questa fase la sua monumentalizzazione con la costruzione dei portici, di ordine dorico, e del propileo di ingresso sul lato sud, prospiciente l’area del bouleuterion. 3 L’arredo scultoreo (R.B.P.) Dell’arredo scultoreo del complesso si conservano allo stato attuale quattro statue di togati, tutti acefali. Due di essi furono rinvenuti nei pressi dell’avancorpo del tempio durante gli scavi del 2005 [2]; gli altri due, già presenti nelle collezioni del Museo Civico e ora conservati nel Museo Archeologico Regionale di Agrigento sono stati attribuiti con qualche probabilità al complesso. Delle due statue al Museo Regionale, quello meglio preservato (inv. C 1871) aveva testa e avambracci lavorati separatamente e si conserva fino all’altezza dei polpacci; la figura indossa tunica e ampia toga, caratterizzata dal balteus disposto orizzontalmente all’altezza della vita, dal sinus, che si apre a vela e si arresta appena sopra il ginocchio, e dall’umbo dritto. Il panneggio è trattato con un morbido naturalismo, le pieghe di umbo e sinus hanno profonde scanalature con le superfici lievemente schiacciate. Sul retro le superfici sono appiattite e il disegno delle pieghe è schematico. Del secondo togato (inv. C 1872) si conserva solo la metà inferiore [4]. Anche in questo caso la ponderazione prevede la gamba destra portante e la sinistra flessa; la disposizione della toga forma un balteus oriz- zontale all’altezza della vita e un sinus che arriva a coprire il ginocchio, con apertura a vela lungo il lato sinistro, ma ora con orlo completamente mancante. La mancanza di dati relativi al contesto di rinvenimento e la perdita dei ritratti, che avrebbero fornito un più approfondito inquadramento cronologico, consentono una lettura interpretativa basata solo su un giudizio stilistico e sul dato antiquario della foggia della toga. Per il togato più frammentario, lo schema generale del panneggio e il ritmo serrato delle pieghe riconducono all’ambito giulio-claudio, forse intorno alla metà del secolo. Confronti sono possibili con un togato dall’area forense di Scolacium e con un togato a Roma, al Museo Nazionale Romano. In ambito siciliano, fornisce un utile confronto un togato da Termini Imerese [4,5]. Un inquadramento in ambito giulioclaudio è proponibile anche per l’altro togato (togato C), meglio conservato, che mostra un’analoga disposizione del balteus e un umbo abbondante, che ne oltrepassa il limite inferiore; la resa qualitativa appare più accurata e con accenni coloristici che inquadrano la figura in età tardo-claudia o neroniana [5]. Anche per il togato A, rinvenuto nel 2005, De Miro ha proposto su base stilistica una datazione entro l’età giulio-claudia [2]. Nel loro insieme le quattro statue ripropongono una tipologia iconica estremamente diffusa, che presenta il personaggio onorato come appartenente alla comunità cittadina, nella sua dimensione politica e pubblica; lo schema è adottato sia per le statue dell’imperatore o di membri della sua famiglia che per quelle di privati, in questo caso con frequente allusione alle funzioni di magistrati municipali. Nelle statue in oggetto, la già ricordata perdita delle teste non consente l’eventuale identificazione dei personaggi ritratti, né permette di capire se siano riconducibili all’entourage della casa imperiale, o se siano piuttosto personalità di un certo rilievo del contesto locale. Certamente il complesso monumentale in cui erano esposte sottolinea il ruolo fortemente rappresentativo dello schema tipologico adottato. In questo ambito, i togati agrigentini trovano confronti con altri contesti siciliani, ad esempio il gruppo di togati rinvenuti nel cd. Ginnasio Romano di Siracusa, databili tra I e II d.C. [4] [6]. Oltre ai due togati rinvenuti e agli altri due che gli sono stati attribuiti, dell’arredo scultoreo del complesso si conservano solo pochi altri frammenti di statue, tra cui un torso virile frammentario allo stato attuale però non rintracciabile. References [1] De Miro E., Fiorentini G., IV. L’abitato antico. Il quartiere ellenistico-romano, Roma (2009) [2] De Miro E., Fiorentini G., VI. Agrigento Romana. Gli edifici pubblici civili, Pisa-Roma (2011) [3] Caliò L.M., Livadiotti M., Belli R., L’area dell’agorà di Agrigento. Note preliminary allo studio del tempio ellenistico al cosiddetto Iseion, in Forum. Strutture funzioni e sviluppo degli impianti forensi in Italia (IV sec. a.C. – I sec. d.C.), Atti del Convegno di Studi, Roma, Università “Sapienza”, 9-10 dicembre 2013, in stampa [4] Bonacasa N., Ritratti greci e romani dalla Sicilia, Palermo (1964) [5] Goette H.R., Studien zu römischen Togadarstellungen, Mainz a.R. (1990) [6] Ambrogi A., Una statua togata dal “Ginnasio Romano” di Siracusa: un caso di reimpiego nella Sicilia tardoantica, in RendPontAcc, 82 (2009-2010) 293-371 Page 5 of 5
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