La riflessione II filosofo ha presentato «La scienza della libertà», un excursus sulla sociologia Bauman: «La responsabilità è sempre delegata» TRENTO — n tìtolo stesso, «La scienza della libertà», tutto sommato è la risposta che si va cercando. 0 quantomeno una bussola, per replicare a quella domanda insolente che ricorre sulla bocca degli scettici: a cosa serve la sociologia? A muovere la penna e ad argomentare senso e sforzo di una disciplina è Zygmunt Bauman. Sociologo polacco, mente capace di beffare il tempo, ieri nuovamente a Trento. Per presentare l'ultima fatica editoriale con Erkkson e per riabilitare un sapere, la sociologia, che dalle secche di una deriva auoreferenziale può (e deve) tornare a leggere il nostro tem-_ pò. «Mai come oggi, la sociologia e la conoscenza che offre ci consentono di allargare gli orizzonti, di smettere d'essere chiusi in noi stessi e aprirci al mondo — ha detto — Ecco perché può diventare la scienza della libertà». Lo stupore, facendosi largo tra decine e decine di giovani accovacciati a terra, s'è manife stato in un sospiro: «Oh» ha esordito Zygmunt Bauman, guadagnando l'ingresso della sala. Ancora una volta, per ascoltare le parole di una delle mentì più lucide dell'oggi, c'è chi sta in piedi, chi arriva un'ora prima. «Grazie» ha detto loro il docente. Poco dopo, il pubblico s'è trovato a ripercorrere le evoluzioni di una disciplina. «La sociologia nasce da un pensiero ottimistico, dalla volontà di fare ordine nel mondo e rendere l'essere uma- trollati». A complicare la faccenda ci sarebbe però la fatica (emotiva in primis) di chi si trova a monitorare costantemente le maestranze. La teoria è celebre: «James Burnham, contraddicendo Marx, nel volume "Larivoluzionemanageriale", ha sottolineato il carico di responsabilità che grava sulle spalle dei proprietari». È da questo assunto che nasce la pratica della delega: «I proprietari hanno iniziato a trasferire la responsabilità a dei dirigenti, così come gli Stati oggi derogano la responsabilità alle comunità internazionali o al mercato che, per sua natura, non ha una dimensione politica». Quale il nesso con la sociologia? La risposta è presto detta: «Fino a quel momento, la sociologia interessava ai manager, ai proprietari — ha precisato Bauman — Si occupava di spiegare come evitare gli scioperi in fabbrica, come arruolarsi nell'e- • • • • • Acclamato Zygmunt Bauman ieri nella sede della casa editrice Erickson per presentare il suo libro. Tantissime le persone accorse per l'intellettuale polacco (Caranti) sercito e così via». Col tempo, però, tutto è cambiato. «Ora che la responsabilità è continuamente delegata ad altri, nessuno è più interessato a chiedere alla sociologia come mantenere l'ordine». Sia chiaro: per Bauman il c a m b i a m e n t o si rivela un'opportunità. Sganciata dalle necessità di un tempo passato, la disciplina può rigenerarsi. «Tutti noi abbiamo bisogno della sociologia e delle conoscenze di cui dispone». La prospettiva del singolo, infatti, può completarsi solo se s'interseca con la dimensione plurale della società in cui vive. «Voi stessi — ha spiegato rivolgendosi al pubblico — siete rinchiusi in voi stessi, nelle vostre esperienze individuali, ma dovete apprendere la vostra posizione nel mondo, allargare l'orizzonte». Diventando, quindi, liberi. Marika Damaggio e.-RIPRODUZ'ONE RISERVAI; no, per sua natura disordinato, prevedìbile» ha esordito. Per disciplinare l'agire umano, serviva però un passaggio intermedio: il controllo delle scelte del singolo. «È il caso delle routine produttive nelle fabbriche ottocentesche» ha spiegato. Ancora: è il caso del taylorismo prima e del fordismo poi. Jeremy Bentham si spinse oltre, immaginando un metodo universale: «A Panopticon —ha ricordato Bauman — ovvero una struttura, simile a una torre centrale, pensata per controllare i lavoratori». Lo schema, più o meno, era il seguente: «I manager potevano controllare ed eventualmente punire i lavoratori che, a loro volta, sapevano dì essere con-
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