Comunicato stampa

COMUNICATO STAMPA
PRESENTATO IN ANTEPRIMA
IL TEASER TRAILER DEL FILM “MA IO NON SONO”
Un film di Luigi Alberton
Asolo (TV) 18 Ottobre 2014 - Presso la storica Sala Consiliare di Asolo, in provincia di Treviso, si
è svolta la conferenza stampa per presentare il film in lavorazione Ma io non Sono, diretto da Luigi
Alberton e prodotto da Immaginario Sonoro in collaborazione con il Museo della Grande Guerra
“Tre Sassi”. A 99 anni dalla battaglia del 18 Ottobre 1915, sono state numerose le persone
venute a vedere in anteprima assoluta il teaser trailer del film - http://youtu.be/EJ-0O-qBzg8 - e
ad ascoltare le parole del regista, del cast e del team tecnico e artistico, ma anche delle autorità
locali.
Franco Berton ha introdotto il progetto, spiegando: “L’intento del film è creare empatia tra gli
esseri umani di oggi nella rivisitazione della storia di ieri. Il film si svolge su tre tempi, quello reale
del presente, un tempo storico che è quello della battaglia del 18 ottobre 915, e un tempo
immaginario in cui c’è la chiave di lettura del film. La storia si fonde con la fantasia. C’è un
personaggio attuale, che attraverso un trucco narrativo, ‘finisce nel passato’ e, come un Virgilio, ci
accompagna in un percorso nel passato, un percorso tragico”. Il Sindaco di Asolo Mauro
Migliorini ha poi aggiunto: “Ringrazio Luigi per aver scelto Asolo per la presentazione di oggi e
per girare alcune scene fondamentali del suo film. Asolo è una terra meravigliosa e abbiamo
bisogno di questi momenti per promuovere il nostro territorio”. Infatti il film verrà girato sulle colline
trevigiane e in particolare nel borgo medievale di Asolo per le scene del Primo Novecento, e sulle
Dolomiti Orientali, nei luoghi della Grande Guerra, coinvolgendo anche gli abitanti di questi territori.
È intervenuto poi Marzio Favero, coordinatore del Comitato Scientifico Veneto per il Centenario
della Grande Guerra e sindaco di Montebelluna, in provincia di Treviso, che ha dichiarato: “Se la
memoria della Grande Guerra è sopravvissuta fino ai nostri giorni, si deve soprattutto agli
appassionati, agli studiosi, ai recuperanti. Paul Valerie diceva che la guerra è quando tanti uomini
che non si conoscono si massacrano tra loro per ordine di uomini che si conoscono benissimo ma
si risparmiano la sofferenza”. In questo incontro intorno al film “Ma io non sono”, la memoria –
anche nelle sue forme più semplici e vere di ricordo ed esperienza tramandati dai nonni – ha
creato qualche momento di commozione nel pubblico.
Nel film si intrecciano tre linee temporali, perdendo spesso i loro confini in un gioco sottile e
orchestrale di echi, consonanze e “ponti”. Nel presente, il giovane Alessio combatte la sua guerra
personale alla ricerca dell’origine delle sue ossessioni. Nel passato storico, un pugno di uomini
guidati dal valoroso sottotenente Mario Fusetti, conquista per un giorno solo, il 18 ottobre 1915, la
vetta del Sasso della Strega. Nel passato immaginato, all’inizio del Novecento, si dipana la vita di
alcuni di quei soldati, anch’essa una guerra: per vivere ed essere pienamente se stessi.
Luigi Alberton, regista e autore del film, ha poi raccontato le origini del progetto e alcuni dei temi
fondamentali: “Vedere con gli occhi di oggi ciò che il passato ci insegna ci aiuta a comprendere
quello che siamo noi, oggi. Il titolo del film continuerebbe così: ‘Ma io non sono… ciò che voi
vedete di me’. Tutti i protagonisti di questa vicenda, dal giovane contemporaneo alla pattuglia di
Fusetti alla gente del borgo nel Primo Novecento, appaiono in un modo diverso da ciò che sono
veramente, o compiono un percorso di ricerca (spesso doloroso) della loro identità più profonda.
L’avventura del film è iniziata in primavera e ogni volta le persone che ho incontrato e coinvolto
hanno aderito a braccia aperte al progetto. Anche questo è stato un segno che i temi che vogliamo
raccontare sono di tutti. Vorremmo realizzare l’estate prossima le riprese vere e proprie, ad Asolo,
a Cortina d’Ampezzo presso il Passo Valparola e nel Museo della Grande Guerra Tre Sassi”.
Franz Brunner, guida storica del Museo della Grande Guerra Tre Sassi, ha poi spiegato la natura
e lo scopo dell’affascinante struttura museale e il mistero intorno alla vicenda che Alberton vuole
raccontare nel film: “Da 5 anni svolgo l’attività di guida storica volontaria. Il nostro non è solo un
museo ma una piccola accademia, l’unica struttura sulla Prima Guerra Mondiale, dove accogliamo
tutti coloro che hanno questa passione culturale. Luigi Alberton è venuto da noi in Valparola e ha
capito, a differenza di altri suoi colleghi, la storia di Mario Fusetti, questo giovane ufficiale che
muore perché crede che in quello che fa, ma sparisce e il suo corpo non viene mai ritrovato.
L’abbiamo cercato un po’ tutti, noi guide, i genitori e altra gente. I genitori di Fusetti andarono alla
ricerca del loro caro, con il territorio ancora occupato dagli austriaci, ma la montagna non è il mare,
custodisce ma difficilmente restituisce. La montagna è una grande madre che culla nel suo ventre i
suoi figli migliori e gli canta la ninna nanna. Luigi vuole ricordare lui come altri uomini, per non
dimenticare questa follia ciclica, un laboratorio folle in cui gli uomini semplici, con cuore e
profondità, sono le cavie e le vittime”.
Loris Lancedelli, il Direttore del Museo della Grande Guerra, ha dichiarato: “La mia ricerca inizia
da bambino: con mio padre andavo sui luoghi di guerra negli anni ’60 e il materiale che mi
spingeva a cercare veniva poi rivenduto, perché lui era un rigattiere. Io invece avvertivo già il
valore storico e promuovevo già all’epoca l’archeologia militare. Ho trovato molte difficoltà per
realizzare questo mio sogno, ma all’epoca c’erano molti reduci e mi facevo portare lì e raccontare
le storie proprio da loro. Era molto affascinante”. Maria Cristina Leardini, che ha realizzato la
sceneggiatura del film insieme a Luigi Alberton, ha poi concluso dicendo: “Il protagonista è un
ragazzo di 20 anni, il tema centrale di questo film è la memoria, ovvero vedere il passato per
comprendere il presente. Importante soprattutto per i ragazzi di oggi che vivono solo un presente
uniforme, perdendo di vista le loro radici. Tante persone hanno partecipato spontaneamente e
generosamente ad un progetto artistico in cui hanno creduto, hanno messo in circolo risorse, idee,
passione, e insieme abbiamo fatto una cosa che sembrava impossibile. È la prova che l’arte fa
bene alla vita”.
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Letizia Rogolino
Carlo Andriani