Il punto di vista La domanda relativa al punto di vista non è più ”Chi parla?” come per débrayage e embrayage, ma Il punto di vista Chi vede? Non si tratta più del problema di chi prende la parola in un testo, ma del modo, della prospettiva complessiva attraverso cui è costruito il testo. 1 © Giovanna Cosenza - Semiotica II © Giovanna Cosenza - Semiotica II Il punto di vista Quattro sensi di punto di vista ...non solo: 1. Percettivo... il punto di vista riguarda ciò che si vede con gli occhi o si percepisce con gli altri sensi: Chi percepisce? 2. Cognitivo... il punto di vista riguarda ciò che sa, crede, pensa, suppone, ecc.: Chi sa? 3. Valutativo... il punto di vista riguarda il giudizio critico, l’opinione, i valori di un soggetto: Chi valuta? 4. Passionale... il punto di vista riguarda le emozioni, gli stati d’animo di un soggetto: Chi sente? Chi vede? ...ma anche: Chi pensa? Chi valuta? Chi sente? © Giovanna Cosenza - Semiotica II 3 © Giovanna Cosenza - Semiotica II Come si manifesta il punto di vista? È più difficile dire di volta in volta da quale punto di vista la narrazione o, più in generale, il discorso procede. Il punto di vista è meno segnalato dal punto di vista grammaticale e linguistico della voce di chi parla (per la quale ad esempio si usano doppie virgolette, discorsi indiretti ecc.). Nello stesso testo il punto di vista può cambiare impercettibilmente e più volte. © Giovanna Cosenza - Semiotica II 4 Il narratore onnisciente 5 2 Punto di vista di un osservatore onnisciente, che vede, sente, giudica cose che i singoli personaggi non vedono, sentono, giudicano: di solito coincide con una narrazione in terza persona, che Vincenzo Cerami (Consigli a un giovane scrittore, Einaudi) chiama “terza persona pura”. In questo caso la figura del narratore onnisciente può essere visibile (“C’era una volta…” “Si racconta…”) oppure invisibile, quando la storia sembra autogenerarsi sotto i nostri occhi, senza che nessuno ce la stia davvero raccontando (come in Flaubert). © Giovanna Cosenza - Semiotica II 6 1 Il discorso indiretto libero Il discorso indiretto libero Ma in terza persona si può anche esprimere il punto di vista di un personaggio: tecnica del discorso indiretto libero. È una “finta terza persona”, come dice Cerami: una terza persona che agisce come una prima persona, che usa il lessico, esprime i pensieri, i valori, le percezioni di un personaggio. Ciò che è nella testa del personaggio è espresso come discorso INDIRETTO (3a persona, tempo passato o presente), ma si eliminano espressioni come “pensava”, “provava”, “sentiva”, “si chiese”, “si domandò” ecc. Per questo è LIBERO. © Giovanna Cosenza - Semiotica II 7 Il monologo interiore Il punto di vista di un personaggio è espresso in prima persona dal personaggio stesso: “prima persona pura”. Il caso limite è la tecnica del “monologo interiore”, che esprime il flusso di coscienza di un personaggio. Il “flusso di coscienza” (stream of consciousness) è un’espressione coniata da William James, lo psicologo fratello di Henry, per definire lo scorrere continuo nella mente umana di pensieri, emozioni e sensazioni. © Giovanna Cosenza - Semiotica II © Giovanna Cosenza - Semiotica II 8 Il monologo interiore puro si ha solo in pochi casi: esempi classici ed eminenti si trovano in Joyce, Faulkner, Beckett. Cfr. i diversi casi di monologo interiore puro nell’Ulysses di Joyce. Più spesso invece, la tecnica del monologo interiore è mescolata con quella del discorso indiretto libero e con l’uso della terza persona pura. 9 © Giovanna Cosenza - Semiotica II 10 Relazione fra chi parla e chi vede Con la tecnica del monologo interiore il lettore ha come l’impressione di portare auricolari collegati al cervello del personaggio. Nota bene: per il monologo interiore si può usare la prima come la seconda persona, e anche la terza. Inoltre, il flusso di coscienza può essere espresso anche con lo stile del discorso indiretto libero. © Giovanna Cosenza - Semiotica II In questo caso il punto di vista del personaggio si mescola con quello del narratore, che “parteggia” per il personaggio, condivide i suoi valori, ecc. La tecnica infatti ci dà l’illusione di entrare nella testa del personaggio, senza che il narratore rinunci alla propria partecipazione ai vissuti del suo personaggio. Questa tecnica risale almeno a Jane Austen, ma è stata adoperata sempre più estesamente nella narrativa contemporanea. Esempi frequenti in Virginia Woolf. Il monologo interiore Il monologo interiore 11 Dietro a qualcuno che parla sta qualcuno che vede, pensa, sente, giudica… … ma chi vede, pensa, sente, giudica, ecc. non è detto che parli. © Giovanna Cosenza - Semiotica II 12 2
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