locandina - Rimini Bridge

…NATALE
CON LA FONDAZIONE
O.A.S.I….
Giornalino Redatto in collaborazione con gli educatori e gli ospiti dei
Centri Servizi della Fondazione
…INDICE…
…Ai me tempi el Nadal… Racconti di un tempo
a cura del Centro Servizi
“Don Bortolo Mussolin”
Pag. 3-4
…Una volta Natale… a cura
del Centro Servizi
“Franco Gandini”
Pag.5
…Santa Messa di Natale: la tradizione religiosa a
Verona…
a cura del Centro Servizi
“Al Barana”
Pag. 6
…Santa Lucia tra i monti…
a cura del Centro Servizi
“Sant’Anna”
Pag. 7
I proverbi del mese di Dicembre
a cura del Centro Servizi
“San Giovanni Battista”
Pag. 8-9
I canti di Natale
a cura del Centro Servizi
“Conte Arturo da Prato”
Pag. 10-11
…Le ricette del Santo Natale…
a cura dei Centri Servizi
“Bianca Steccanella” e “Filippo Godi”
Pag. 12-13
…Rimedi naturali per la stagione invernale…
a cura del Centro servizi
“di Zevio”
Pag. 14-15
…Ricordi dell’epifania…
a cura del Centro Servizi
“G. Dal Vecchio”
Pag. 16-17
2
…AI ME TEMPI EL NADAL…
(a cura degli ospiti del
Centro Servizi OASI “Don Bortolo Mussolin” di San Bonifacio)
Ricordare, dice S. Agostino, è una preziosa “forza dello spirito” che mantiene attiva
la mente.
Il ricordo è un modo d'incontrarsi.
Ricordare è una forza dello spirito che spinge ad esplorare regioni e paesaggi della
nostra vita, intrecciata a quella di mogli e mariti, di figli e figlie, di parenti…
Ascoltare i loro ricordi sul Natale è stato come rispolverare un vecchio album di
fotografie.
Il tempo passa inesorabilmente eppure i ricordi di un Natale, il prepararsi ad un
nuovo Natale stimolano momenti che ci fanno star bene con noi stessi e con gli
altri.
…RACCONTI DI UN TEMPO…
Ai me tempi el Nadal l’era magro.
La mamma faceva una piccola focaccia. Non avevo fratelli e il presepe lo preparavo
io, piccolo, sulla piera del fogolar.
El muschio andavo a prenderlo al cimitero, in un angolo dov’era umido.
Per me il Natale de ‘na olta rappresentava lo spirito vero del Natale.
(Signor Adriano)
Eravamo una famiglia numerosa.
La mamma, per el pranzo de Natale, faceva il brodo con le tagliatelle con i fegadini,
el polame con el lesso e con la pearà.
El dolce “ El Nadalin” lo portava il nonno come regalo.
Il compito di noi bambini era di fare el presepe e il mio in quanto femminuccia era
di aiutare la mamma nelle pulizie.
Uno dei divertimenti del periodo natalizio, visto el freddo di quei tempi gelava i
fossi, l’era quello di andare a “sbrissiare” con le sgalmare sul ghiaccio.
(Signora Imelda)
In città, già a novembre c’erano le illuminazioni.
Da noi si mangiavano i marroni.
Ricordo che la mamma faceva la torta con le mele e si mangiavano i salami fatti in
casa.
Ricordo il suono delle cornamuse che suonavano per le vie e che creavano una
magica atmosfera natalizia.
(Signora Maria Teresa)
3
Ai miei tempi dove abitavo io in Puglia, per Natale la mamma ci faceva le
orecchiette con il pomodoro perché la carne non la potevamo comprare. Oppure ci
preparava le polpette senza carne. Si proprio così, senza carne.
Se volete la ricetta è questa: si prendevano due panini inzuppati nell’acqua, poi si
strizzavano. Si prendevano quattro uova, pepe, sale, formaggio pecorino (fatto
dalla zia di campagna), si lavorava il tutto con le mani. Per dare la forma si
prendeva un cucchiaio e si facevano le palline. Infine le polpettine venivano fritte
nell’olio sulla cucina a carbone.
(Signora Elvita)
Ai me tempi ricordo, essendo senza la mamma, se andava in chiesa tutta la
famiglia (erimo in sei fratelli).
Prima se andava a confessarse e il giorno di Natale se andava alla prima messa del
mattino e dopo se fasea la comunione.
Me sorela pi vecia la impastava le tajadele, se copava la gallina per far el brodo
bon, e la fasea el bigoloto con quatro cuciari de sucaro, un po’ de farina e un po’ de
oio.
(Signora Irma)
Ricordo de un Natale con la torta del nono fata con el pan bagnà, sinque ovi e ua
passa (uva sultanina), sucaro.
Andava cotta nel forno della stua.
Mama che bona che l’era!
(Signor Gino)
Era la notte di Natale, tanti anni fa, e io e la mamma (papà era morto quell’anno),
aspettavamo per andare alla Santa Messa di mezzanotte. Quando siamo uscite
nevicava molto, ed era una cosa stupenda.
Rincasando aveva smesso, si vedevano in cielo tantissime stelle, ed in casa,
preparato dalla mamma, c’era un presepe e un alberello con i doni di Gesù
Bambino.
Per Santa Lucia si ricevevano tanti regalini, ma non so come mai qualcuno spariva,
ma si trovava poi a Natale e alla Befana e così c’era sempre qualche cosa.
La notte di Santa Lucia si preparava sulla finestra un piatto con la farina gialla per
l’asinello.
Un anno, non so perché, ho aperto il regalo sbagliato: conteneva un servizio per
bambola per il caffè, ma non era mio, per me quell’anno c’era un bellissimo
mappamondo e dei colori per disegnare.
Il giorno dell’Epifania, che tutte le feste la porta via, era festa grande perché papà
compiva gli anni. Perciò festa doppia a casa mia. Si appendevano le calze al camino
e al mattino si ritrovavano piene di dolci.
(Signora Caterina)
4
…UNA VOLTA A NATALE…..
(a cura degli ospiti del
Centro Servizi OASI “Franco Gandini” di Peschiera)
La mattina del 25 Dicembre ci si alzava molto presto per aiutare la mamma a
cucinare e a pulire la casa, poi tutti insieme col papà e i nonni si andava a Messa;
mentre il pomeriggio si trascorreva in casa, si cuocevano le castagne e si beveva un
buon vino caldo; si giocava a briscola e a tombola con gli zii e i cugini. Non c’erano
i premi per i vincitori, al massimo qualche spicchio di mandarino e di arancia. Si
giocava per stare insieme, per distrarsi dalle preoccupazioni giornaliere e per
trascorrere il tempo piacevolmente. L’aria che si respirava in casa era di serenità.
Gli inverni erano più rigidi rispetto a quelli degli ultimi anni, non c’erano i
riscaldamenti e ci si ritrovava intorno al camino, anche semplicemente per
chiacchierare, senza troppe pretese.
Quando capitava che il giorno di Natale nevicava, era il più grande regalo per i
bambini, che correvano per strada a giocare con i vicini di casa a lanciarsi palline di
neve, a fare i pupazzi di neve e tante capriole.
Ci si divertiva un mondo! C’era un’atmosfera magica, era bellissimo vedere tutte le
case ricoperte dal manto bianco e soffice.
Ci si accontentava di poco, i bambini non richiedevano regali maestosi come
succede oggi.
Il pranzo era povero : cappelletti in brodo di cappone, le erbe di campagna, i
galletti, i polli e il dolce fatto dalla mamma. Si beveva acqua, vino e caffè.
Non si mangiava il panettone, ne’ il pandoro, anzi non si sapeva neanche cosa
fossero!
Non si avevano molti invitati , solo i nonni. Dopo pranzo, si aggiungevano talvolta
gli zii e i cugini per trascorrere il pomeriggio.
A Natale, l’albero e il presepe non si facevano; per abbellire un po’ le case si
appendevano alle pareti mandarini e arance secchi .
Solo i bambini ricevevano qualche regalo; i doni consistevano in cose utili ed
essenziali: arance, frutta secca, torrone, vestiti e bambole di pezza fatte a mano
dalle mamme per le bimbe più fortunate.
Si era felici con quel poco che si aveva, sicuramente più di adesso.
A quei tempi, non si conosceva Babbo Natale e l’unico che portava qualche dono
era Gesù Bambino e «Santa Lusia» nelle case dei bimbi più benestanti.
Non c’erano le illuminazioni né per le strade, né nelle case.
I bambini mettevano fuori dalle stalle fieno ed acqua , credendo che Gesù Bambino
e il suo asinello mangiassero e bevessero durante il loro cammino.
Il Natale era una bella festa vissuta col calore della famiglia.
5
SANTA MESSA DI NATALE:
LA TRADIZIONE RELIGIOSA A VERONA
(a cura degli ospiti del Centro Servizi OASI “Al Barana”
di Verona)
“I Natali erano sempre belli a casa mia! Ho in mente che ci mettevano tutte in fila
nel banco in chiesa. Mia mamma mi faceva un bel vestitino, recuperando i vecchi
abiti delle mie zie e dopo mi comperava delle belle calzine bianche e scarpe “alla
bebè” di vernice bianca! Non immaginate con quanto desiderio aspettavamo il
giorno di Natale, i primi natali le messe erano in latino, poi sono passate in italiano.
Io ero bambina ma mi impegnavo lo stesso per seguire il sacerdote anche se
uscivano “stramboti” dalla mia bocca. Della messa in latino non capivo niente ma
“me godea” perché suonavano “el campaneleto” a metà messa ed era una gioia
sentirne il suono! Anche se ero una bambina quando mia mamma diceva di andare
a confessarmi ci andavo con gioia e di gusto perché mi piaceva parlare col prete! Mi
ricordo molto della messa di Natale che facevano delle suore all’asilo di San
Michele. A tutte noi bambine davano la cioccolata, noi la bevevamo di gusto anche
perché c’era molto freddo!! Alla messa ci si andava a piedi, magari camminando in
mezzo alla neve! Il clima era freddissimo ma c’era molto calore di festa!! Il Natale
era una festa sentita da tutte le persone di San Michele!” (Signora Adriana)
“Era bello andare alla messa di Natale, era una funzione cantata dal parroco e da
tutti noi del coro, infatti io facevo parte del coro parrocchiale. Era una gioia anche
perché si rivedevano famiglie del paese che non vedevi
spesso. Alla messa di Natale si indossava sempre un
vestito nuovo e un bel cappottino! Anche le scarpe erano
nuove, di vernice marrone. Dopo la messa c’era il pranzo
con tutti i parenti, molto bello anche quello! Alla messa
ci si andava a piedi, partivamo alle 9,30 per arrivare in
orario alla messa delle dieci. Ero tra le prime ad andare a
vedere il presepio in chiesa e lì davanti si cantava “le pastorelle”. Mi ricordo ancora
le canzoni che cantavamo durante la messa: ”tu scendi dalle stelle”, “in notte
placida”. Erano molto belle anche le messe di Natale dopo che sono diventata
mamma. Portavo i miei due figli vestiti sempre molto bene, si sfoggiavano i vestiti
nuovi per le feste grandi!!” (Signora Giuseppina)
6
…SANTA LUCIA TRA I MONTI…
(a cura degli ospiti del Centro Servizi OASI “Sant’Anna”
di Sant’Anna d’Alfaedo)
Mi ricordo la prima volta che in famiglia abbiamo festeggiato Santa Lucia. Avevo
circa 20 anni, sono del 1926. Mi ero da poco trasferita a Verona, prima abitavo a
Milano. Il giorno prima di Santa Lucia la padrona di casa dove abitavamo mi ha
dato cento lire e mi ha chiesto se potevo andare in città a comperare un regalo per
il suo nipotino. Allora sono andata in piazza Brà dove c’erano già i banchetti di
Santa Lucia e li ho comprato i regali per questo bambino e per il mio fratellino. Ho
chiesto a mia mamma il permesso di poter comperare a tutti e due lo stesso regalo
per il timore che confrontandosi, potessero rimanerci male. Ho preso ad entrambi
un regalo uguale: 2 birilli, 2 trombette e qualche caramella. Ricordo la meraviglia di
questi banchetti pieni di luci. Era da poco finita la guerra. Tornata a casa ho
nascosto i regali. I bambini sono stati felicissimi della sorpresa e io da quel giorno
ho conosciuto Santa Lucia che da allora festeggio sempre.
I.V.
Ricordo ancora l’emozione che c’era in paese il giorno prima di Santa Lucia: tutti i
bambini aspettavano con ansia di vedere cosa avrebbe portato anche se ogni anno
ricevevamo la stessa cosa. Sul tavolo al mattino del 13 Dicembre c’era sempre un
cestino con dentro una collana fatta di marroni che venivano bucati con l’ago e poi
infilati, due mele scelte fra le più belle e per i più ricchi e fortunati anche un po’ di
nocciole.
Giochi non ce n’erano, al massimo si poteva trovare una bambola fatta in casa con
gli stracci ma che, a mio parere, non si poteva nemmeno definire una bambola.
Solamente ai più ricchi arrivava anche dell’altro. Le mamme poi con un certo
imbarazzo dovevano spiegare ai propri figli come mai a loro era arrivato di meno:
erano forse stati meno bravi degli altri?
Tra i doni a volte si trovavano anche delle calze fatte in casa ma che erano
talmente preziose che la maggior parte delle volte non venivano nemmeno usate
per paura di rovinarle e perciò nascoste nel granaio. Non avevamo niente ma
eravamo bambini felici e l’attesa di Santa Lucia era ricca di emozioni tanto che la
notte non si dormiva.
Il regalo più bello che io ho ricevuto è stata una piccola spilla che conservo ancora.
N.Z.
Eravamo due sorelle gemelle. Per noi è sempre stata una Santa Lucia povera, non
abbiamo mai ricevuto nulla, solo qualche castagna e “nisole” da bosco. Troppo
poveri ma comunque contenti. Ora hanno tutto e si lamentano: mi chiedo perché.
M.M
7
I PROVERBI DEL MESE DI DICEMBRE
(a cura degli ospiti del Centro Servizi OASI “San Giovanni Battista” di Soave)
A Santa Lùssia il freddo crussia (Signora Maria T.)
Se la mama non ghen mete,
resta ude le scarpette,
con la borsa de papà
santa Lùssia me nà portà. (Signora Maria V.)
A Santa Lùssia na ponta de uccia. Perché le
giornate si allungano (Signora Angelina)
De Nadale un passo de galo.
De Sant' Antonio Un passo dal demonio.
Sant'Antonio dispensa 13 grazie al dì,
dispensane una anca par mi. Mi ricordo che la diceva sempre mia mamma quando
ero piccola (Signora Maria V.)
Chi a Nadal non copa el porco, tuto l'ano ga el naso storto. Se si uccideva il
mascetto si stava bene tutto l'anno (Signor Bruno)
Da Santa Lucia a Natale il contadino el copa il maiale. Si faceva in questo periodo
perchè c'era freddo e così si poteva conservarlo. Una volta non c'era il frigo.
(Signora Angelina)
Fin a Nadal fredo non fa,
braghe da istà.
Dopo Nadal el fredo s'en va,
braghe d'istà. Lo diceva sempre me papà. (Signora Maria V.)
De santa Lùssia, se ciapa le oche par la scuffia. Si uccidevano le oche e poi si
mettevano via nei vasi con le spezie perché erano molto saporite.
8
Santa Lùssia ven de note,
con le scarpe tutte rotte,
col cappello alla romana,
santa Lùssia l'è me mama. (Renata)
Di Santa Lucia questa è la notte,
che esce dalle mie gotte
e recando paste e confetti
va sui tetti.
Adagio, Adagio, pian pianino
mette le orecchie presso il camino
e se si fa chiasso e qualcun si muove
lei cammina altrove.
Ma se ascoltando sente la gente dormire placidamente,
allora con arte ti sorprende,
giù in casa scende
e leva fuori dal suo fardello
quanto c'è di più buono e bello.
Bambole e frutta,
chicchi e trastulli per tutti i fanciulli.
Dormi bambina
che quando ti desti ti rallegrerai,
bella è la sorte di domattina
dormi piccola bambina. (Emma)
Santa Lùssia la vien de note,
con le scarpe tutte rotte,
col cappello de me papà,
S. Lùssia me nà portà. (Signora Maria T.)
9
… I CANTI DI NATALE…
(a cura degli ospiti del Centro Servizi OASI “Conte Arturo Da Prato” di
Caldiero)
Passava la Stela, se ghe dasea qualcosa e poi se fasea na cena tuti insieme. Da le
mie parti se fasea così.
(Signora Amelia)
A Natale go sempre cantà.
(Signora Attilia)
In Piazza delle Erbe c'erano le feste comandate e a Natale venivano a cantare tanti
cori e poi si beveva la cioccolata calda tutti insieme.
(Signor Alfredo)
Suonavano i butei de la Stela e poi si offriva qualcosa da magnare.
(Signora Angelina)
Se non gavei gnente da magnare par i butei de la Stela, l'era na stela maledeta, se
te davi na mortadela, l'era na stela benedeta.
(Signor Giulio)
Ero la più brava cantorina di Belfiore, cantavamo in chiesa, se godeino insieme, era
belo che non se sa.
(Signora Eugenia)
La sera a Castelvecchio c'erano delle presentazioni tipiche molto commoventi.
(Signora Renata)
Non si chiamano canti di Natale ma “fare la Stela”.
(Signora Marisa)
A Natale i buteleti cantavano come angioleti, lè tuto magico.
(Signora Pasqua)
10
Bianco Natale
Col bianco tuo candor, neve
sai dar la gioia ad ogni cuor,
è Natale ancora
la grande festa
che sa tutti conquistar.
Un canto vien dal ciel, lento
che con la neve dona a noi
un Natale pieno d'amor
un Natale di felicità.
Tu, neve scendi ancor lenta
per dare gioia ad ogni cuor,
alza gli occhi
e guarda lassù,
è Natale non soffrire più.
Quel lieve tuo candor, neve
discende lieto nel mio cuor ...
Tu, dici nel cader neve
il cielo devi ringraziar,
alza gli occhi
e guarda lassù,
è Natale non soffrire più
I
11
LE RICETTE DEL SANTO
NATALE
(a cura degli ospiti dei
Centri Servizi OASI “Bianca Steccanella” di Cazzano di Tramigna e
“Filippo Godi” di Gazzolo)
Il Natale è nei cuori dei nostri Ospiti una festa tra le più sentite in assoluto. E’ così
oggi ed è stato così anche nei loro anni passati, quando il Santo Natale era più
sobrio ma sempre un momento di gioia e unione familiare. Questo stare insieme in
famiglia si concretizzava anche intorno alla tavola da pranzo e ai piatti tipici del
Natale.
Da quanto ci hanno riferito i nostri ospiti dei C.S. “B.Steccanella” di Cazzano e
“F.Godi” di Gazzolo i primi piatti natalizi nella loro gioventù erano paparele in brodo
coi fegadini e in alcuni casi tortellini in brodo; tutto era rigorosamente fatto in casa
con cura e passione dalle massaie. I secondi erano costituiti da carni bollite sempre
accompagnate dalla pearà, la tipica salsa veronese. Il dolce era il nadalin e non
l’odierno pandoro, più difficile da preparare. Solo in seguito le abitudini culinarie del
Natale sono cambiate. Un esempio di un primo che è diventato molto diffuso è il
pasticcio di ragù.
Nel mese di novembre in alcuni laboratori, a cui hanno partecipato a turno vari
Ospiti, abbiamo raccolto alcune ricette natalizie. Riportiamo qui quasi un menù,
composto di primo, una salsa per secondi e dolce.
PASTICCIO DI RAGU'
- Sfoglia: si fa con uova, farina e sale. Si impasta aggiungendo eventualmente
farina al bisogno, finché non si ottiene un impasto morbido, lo si lascia riposare una
mezz'ora e poi si tira con la mescola.
- Ragù: si soffriggono burro, olio e cipolla finché non si rosolano. Nel soffritto
andrebbero anche la carota ed il sedano ma alcuni ospiti non li mettevano. Poi si
aggiunge il macinato di carne mista di vitello, manzo e maiale. Dopo 5 minuti si
aggiunge la conserva e si lascia cuocere per circa due ore.
- Besciamella: far cuocere il latte in un pentolino. In una casseruola di fa sciogliere
del burro e due cucchiai di farina, si mescola finché non si forma una crema,
aggiungere poi il latte scaldato continuando a mescolare per 15 minuti; alla fine si
aggiunge sale e noce moscata.
12
Una volta preparati gli ingredienti si mettono vari strati
alternando uno strato di ragù con uno di besciamella
divisi da uno strato di sfoglia. Si inforna e lo si fa
cuocere ad alta temperatura per 20-30 minuti.
PEARA'
La pearà è una tipica salsa che ogni veronese conosce. Di solito va servita con
carni: Bolliti, lesso, lengua o codeghin. Per prepararla bisogna usare del midollo,
grattugiare del pane duro e un po’ di pepe.
Inizialmente si fa sciogliere il midollo in pentolino
che naturalmente rilascerà del grasso. Alcuni
aggiungono un po' di burro. In un'altra pentola
far bollire del buon brodo di gallina. Quando il
midollo si scioglie aggiungere un po' alla volta
pan grattato e brodo continuando a mescolare.
Fondamentale è aggiungere il pepe. Si lascia
cuocere a fuoco lento per due ore.
NADALIN
Si inizia impastando 150 g. di burro con 500 g. di farina, si aggiungono 3 uova,
circa 200 g. di zucchero, il lievito (una volta si usava in alternativa il bicarbonato) e
un po' di latte. Quando si ottiene un impasto uniforme farlo riposare per 3 ore ben
coperto.
Terminato il tempo di lievitazione dare con le mani
la tipica forma a stella, mettere sopra i pinoli e
cuocere per circa un'ora. Oggi si cucina in forno ma
una volta era più frequente che si mettesse nella
stufa oppure in una teglia con coperchio avvolta
nelle braci. Una volta pronto lo si spolvera con lo
zucchero a velo.
Hanno collaborato alla raccolta delle ricette a Cazzano di T. : Agnese A.; Amelia M.;
Elisabetta Z.; Lina T.; Luigina G.; Maria L.; Maria P.; Olga F.; Olga M.; Regina V.;
A Gazzolo: Anna Maria B; Dosolina Z.; Enrico P.; Liliana B.; Maria L.; Rita B.;
Vittorina T.; Zina S
13
RIMEDI NATURALI PER LA STAGIONE INVERNALE
(a cura degli ospiti del
Centro Servizi OASI “Casa Albergo – Casa di Riposo” di Zevio)
Non so, se voiatri savì, ma ‘na ‘olta pateimo la fame, el fredo, e d’inverno g’aveimo
anca le buganse. Par combatarle se corea con i piè nudi nela neve e sennò te te le
tegnei, parchè non gh’era schei par andar in farmacia, e solo ci lavorava…el
gh’aveva el libreto dela mutua.
(Signor Angelo)
Nei mesi fredi, par far passar la tosse, se faseimo spesso le papete de lin, cola
polvere dela farmacia, te mettei su l’acqua, e quando la tirava el boio se fasea ‘na
papeta soffice, su un fazoleto apposta de garza fina, e te te quaciavi e te le tegnevi
finchè non le diventava frede. Ma le fasea bon, che non se sà… e in poco tempo te
guarei…
(Signora Elena)
‘Na olta gh’era ci tegnea le castagne mate sempre in scarsela, in borsa o sul
comodin, parchè i disea che la tegnea distante el rafredor…..e mi ghe l’ò ancora
guardè qua!
(Signora Rita)
Le castagne selvatiche i ò tegnue anca mi ‘sti ani…quando ero giovane, adesso gh’ò
dosentani (lei dice simpaticamente così ma ne ha 102)
(Signora Olga)
A quei tempi gh’era anca i oii che ne curava: l’oio de vaselina, l’oio de rissin e
l’oio de fegato de merlusso e i era uno pezo del’altro. I te li dava par tute le malatie
e le vece de alora, le disea: Bei un cuciar de oio te arè che te passa tuto! Te te
scaricavi assè e te te sfiamavi, ma gh’aveito mal de ocio… oio. Gh’aveito mal de
pansa… oio. Gh’aveito mal a ‘na ongia…oio! E quando lo beeimo ne vegnea i
sgrisoloni fin infondo ai piè e anca dei sforsi de vomito, ma i ne fasea bon.
(Signor Bruno)
Però a me sorela gh’è vegnù la peritonite e l’è andà al’ospedal, l’era massa forte, e
bisogna star atenti anca coi rimedi naturali.
(Signora Luigina)
Se, par caso, te vegnea el rafredor, se tolea del’acqua de boio col bicarbonato e
dele foie de tilio e te respirai i vapori con una strassa sula faccia, e el te passava.
(Signora Raffaella)
14
Mi conosso un decoto cola gramegna par far tanta pipì… la se cataa sù nei
campi.
(Signor Walter)
E mì, mentre ero ai stati de me fiol, ghe n’ò beù, tanta assè, par curar la nefrite.
(Signora Luigina)
Se raccogliea le erbe de primavera, o de istà e le se secava par dopo averghele
tuto l’ano. Parchè “Ogni erba che la guarda in sù, la g’à la so virtù”. E me ricordo
che da picenina i me fasea el decoto de erbasena par aiutar l’intestino, bisognava
boiar le foiete e sorarle, par berle, e le fasea bon, l’era la purga par i buteleti.
(Signora Mariateresa)
E mi quanta camomila ho beuo, che par rilassar i nervi la va ben assè, a l’è… un
calmante naturale e la ven sù da par ela nei campi.
(Signora Elfride)
Me ricordo ancora che me pora mama l’è andà adrio ale canalete a tor i zermoi de
roa e la i à arostii nel’oio, e con quei l’à onto el seno a me moier che la g’avea
problemi durante l’alatamento, e l’è stada subito meio, è passà un sacco de ani ma
g’ò ancora in mente.
(Signor Faustino)
15
RICORDI DELL’ EPIFANIA
(a cura degli ospiti del
Centro Servizi OASI “Gaetano Dal Vecchio” di Gazzo Veronese)
Le origini dell’epifania sono frutto di credenze popolari e tradizioni cristiane. Per i
cristiani è una festività solenne che ricorda la visita dei re Magi a Gesù bambino in
Betlemme. Nella tradizione popolare l’epifania segna la fine di tutte le feste:
“L’epifania tutte le feste porta via” rappresentata dalla Befana che nel nostro
immaginario a cavalcioni della sua scopa, porta doni ai bambini la notte tra il 5 e il
6 gennaio. La sua rappresentazione è ormai la stessa da tempo quasi infinito.
Anche i nostri ospiti la ricordano così: una vecchietta vestita di stracci, un
gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto in
testa, un paio di ciabatte consunte.
“Mi ricordo che la mia mamma preparava di nascosto i piatti dei dolci. Noi eravamo
in 9. Ne preparava 5 per noi più piccoli con mandrigoli (castagne secche), carobola
(frutto secco), pometi (mele piccole) e 2-3 gelatine di frutta. Ai più grandi, invece, li
dava in mano senza farsi vedere. La sera prima quando andavo a dormire mi
mettevo tutta sotto le coperte con il lenzuolo sulla faccia perché non volevo vederla
arrivare. Avevo tanta paura perché i miei fratelli più grandi mi dicevano che se la
vedevo la befana mi avrebbe portato via. Alla mattina mi svegliavo e trovavo il
piatto in fondo al letto. Nel pomeriggio quando faceva buio veniva acceso un
piccolo boriolo fatto di paglia e canetti (fusto della pannocchia). Una signora si
travestiva da Pasquetta (Befana) e lanciava i pometti e noi bambini correvamo a
raccoglierli.” G.E.
“..2-3 castagne, un pomo, un toco de carobola (frutta secca), un’arancia e una
fetta de gnocca (torta con la farina di castagno), nella calza vecia appesa al camin.
Mi tegnea da conto la calza, la mamma ritirava tutto e ogni giorno ci dava
qualcosa, così per due, tre giorni avevamo da mangiare. Alla sera c’era il briolo
(falò) e due donne vestite da Befana passavano tra i bambini a darci qualche frutto.
Questo era il nostro divertimento.” B.E.
“La Befana mi portava i mandarini, i pometti, qualche caramella e una fetta de
fogazza ( torta margherita) dentro un calzino bucato, in fondo al letto. Mi ricordo
che una volta ho sorpreso mia sorella più grande assieme ad una sua amica
truccarsi e travestirsi da vecia.” L.M.
16
“La sera prima arrivavano dall’alto qualche caramella e cioccolatino e poi la mattina
dopo in fondo al letto trovavo la calza con gelatine, cioccolatini, noccioline e
mandarini. Alla sera verso le 17-18 nella corte in mezzo alla campagna si
accendeva il buriolò (falò) con al centro un bastone e un manichino vestito di
stracci. Quando ero più grande c’erano anche i petardi e anch’io mi sono vestito da
Befana per farla ai bambini.” P.S.
“Mamma e papà mi facevano la calza con noci, mandarini, pometti, gelatine e un
po’ di carbone. Un anno vi ho trovato una bambola, ma tirandola fuori dalla calza le
ho staccato la testa. Poi si andava a messa e a pranzo si mangiava il risotto o le
tagliatelle con i fegatini e le regueste (budella). Di dolce c’era il Bozzolan (ciambella
asciutta a forma di cavallo) con le mele. Il papà costruiva il buriolò con fascine,
canetti e sopra c’era una finta vecia di stracci. La mamma si vestiva da Befana
bussava alla porta e mi dava 2-3 arance, io non la riconoscevo, e avevo paura, ma
quando ero più grande mi sono accorta che indossava le stesse calze della mia
mamma e allora ho capito, ma non gliel’ho mai detto. Solo quando avevo vent’anni
le ho raccontato che l’avevo scoperta.” A.C.
POESIA
Buongiorno papà,
buongiorno mamma
la vostra putina auguri vi fa.
Vivete 100 anni
Da donna d’onore
Portarvi rispetto
Amarvi di cuore.
17