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Lo stile relazionale del cliente: evoluzione e cambiamento nell’ottica
dell’Analisi Transazionale Socio-Cognitiva. Studio di un caso singolo
E.T. Corrias*, B. Bodano*, E. Loi, S*. Mameli*. A. Onnis*, A. Salonis**, D. Viale*
* PTSTA-P, didatti SSPC-IFREP; ** CTA-P
Abstract Lo studio si riferisce ad un caso clinico, seguito con una terapia breve di 21 incontri, basata
sul modello dell'Analisi Transazionale e dell'Analisi Transazionale Socio Cognitiva. Il lavoro descrive
un'indagine sugli stili relazionali dominanti del cliente e su come essi si evolvono nel corso di una terapia breve.
Per codificare gli stili relazionali del cliente e gli interventi del terapeuta si utilizzano le definizioni
prototipiche degli Stati dell'Io secondo l'ATSC. L'esito della psicoterapia è indagato quantitativamente
con strumenti standardizzati e confrontato con l'indagine qualitativa condotta da diversi ricercatori sulla
trascrizione di 6 sessioni di psicoterapia e due di follow-up. Lo studio può essere considerato un lavoro
pilota da cui possono discendere numerose prospettive cliniche, didattiche e di ricerca: l’uso della
definizione dimensionale degli Stati dell'Io offre ai clinici la possibilità di individuare gli stili relazionali
ricorrenti del cliente, di pianificare l'esperienza interpersonale antitetica funzionale al cambiamento e di
monitorare l’evoluzione del processo; da un punto di vista didattico la metodologia individuata può
rappresentare una risorsa nell’offrire agli psicoterapeuti in formazione uno strumento di lettura dei processi
relazionali; nell’ottica della ricerca, rende possibile l’individuazione dello stile relazionale in termini
relativamente precisi ed oggettivi favorendo la comunicazione tra ricercatori diversi all’interno dello
stesso modello e tra modelli teorici diversi. Lo studio promuove una riflessione su come gli Analisti Transazionali
possono valorizzare la ricchezza della loro pratica clinica e al contempo riflettere sull’esperienza cercando
risposte ai problemi che sorgono.
Abstract: The study refers to a single-case. The client received a short-term treatment of 21 sessions based on
Transactional Analysis and Socio-Cognitive Transactional Analysis therapy. This paper investigates the client’s
dominant relational styles and how they evolve over the course of the short-term therapy. To encode the
relational styles of the client and the therapist's interventions have been used the prototypical definition of
Ego States according to the SCTA. The outcome of psychotherapy is investigated quantitatively with
standardized instruments and it has been compared with the qualitative investigation conducted by various
researchers using the transcription of six psychotherapy sessions and two follow-up. The study can be
considered a pilot work from which different perspectives can derive: clinical, teaching and research. The
use of dimensional definition of Ego States offers clinicians the opportunity to identify the client’s recurring
relational styles, to plan interpersonal experience antithetical to the functional change and to monitor the
evolution of the process. In training, the identified methodology can be a resource for trainees as tool for the
identification of the client's relational style. It also allows a relatively accurate and objective tool for
communication among different researchers within the same model and among different theoretical models.
The study promotes a reflection on how the Transactional Analysts can highlight the richness of their clinical
practice and at the same time reflect on the experience seeking answers to the problems that arise.
Introduzione
Il nostro contributo alla ricerca clinica è strettamente legato all’esperienza maturata
in questi anni come Psicoterapeuti e Analisti Transazionali, nonché come didatti della
Scuola Superiore in Psicologia Clinica Ifrep di Cagliari, che vivono la bella esperienza di
accompagnare gli Psicoterapeuti in formazione.
L’idea di questo lavoro nasce dal desiderio di valorizzare la ricchezza della pratica
clinica e riflettere su tale esperienza cercando risposte ai problemi che sorgono.
Avviando la riflessione intorno al percorso psicoterapeutico ci siamo sentite
stimolate da una metafora, proposta da Dazzi, Lingiardi e Colli (2006) che rappresenta la
psicoterapia come un “viaggio”. Ci è piaciuta la proposta di vedere la ricerca come un
modo per incuriosirci nei confronti di questo “viaggio”, come uno strumento importante
per rispondere alle numerose domande che quotidianamente ci poniamo intorno ad esso
e che cambiano a seconda della prospettiva con cui lo guardiamo.
Ci siamo posti l’obiettivo di studiare ciò che accade durante il viaggio in relazione
alla sua destinazione, collocandoci in quella prospettiva di ricerca che prende il nome di
ricerca process-outcome, approfondendo il percorso di psicoterapia di un cliente, che
chiamiamo Efisio.
Anche Mark Widdowson (2011) nel secondo numero dell’IJTAR presenta i punti di
forza della metodologia di studio del caso singolo, e offre una sintesi delle sue diverse
tipologie, indicando esempi e risorse per le misure del processo e del risultato (2012).
Nello studio che presentiamo ci ha fatto da guida, in tutte le sue fasi, il modello
dell’Analisi Transazionale Socio Cognitiva (ATSC), che riprende a sua volta alcuni concetti
fondanti la Structural Analysis of Social Behavior (SASB), creata da Lorna Smith Benjamin
(1996, 2004).
Tra gli obiettivi che Pio Scilligo (2009) si è posto nell’elaborare la
prospettiva dell’ATSC c’era proprio quello di favorire la ricerca in AT coniugando i concetti
analitico-transazionali, già validati in ambito clinico, con il sistema descrittivo della SASB
(ASCI nella versione italiana) di L. Benjamin, ampiamente validato in molti ambiti di
ricerca. (Dazzi, Lingiardi e Colli, 2006).
Finalità della ricerca
Come Analisti Transazionali, clinici, didatti e supervisori, facciamo comunemente
riferimento all’ATSC per leggere i processi e i contenuti relazionali del cliente e ne abbiamo
sperimentato l’efficacia e l’utilità pratica. L’obiettivo del presente lavoro è dunque quello di
esemplificare e descrivere, attraverso un caso clinico, il modo in cui comunemente
procediamo. Possiamo così condividere la ricchezza del nostro modello di riferimento e
auspichiamo di dare un contributo affinché esso possa essere maggiormente fruibile.
A tal fine intendiamo esplorare l’evoluzione e l’esito di una terapia a breve termine,
di 21 incontri, condotta con l’AT leggendo un caso clinico di “Efisio”.
Metodologia della ricerca
Descriveremo la nostra metodologia e come l’abbiamo integrata, in secondo momento,
con altre rilevazioni relative al caso, con l’obiettivo di verificarne o no la congruenza.
I ricercatori. La ricerca è stata condotta da PTSTA e CTA già esperti nella conoscenza
dell’ATSC e nell’utilizzo della SASB. Ciò riteniamo sia fondamentale ai fini della codifica
secondo le modalità di seguito illustrate.
Scelta del materiale. Abbiamo utilizzato materiale trascritto a partire da registrazioni
audio. Sono stati individuati e analizzati i trascritti relativi al 1° e al 2° colloquio dopo
l’intake, l’8° e il 9° colloquio, il 19° e il 20° e i due follow up rispettivamente a distanza di
1 mese e 6 mesi dalla fine della terapia.
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Unità di analisi. La nostra unità di analisi sono gli Episodi Relazionali (RE). Per RE
intendiamo “ una parte di seduta che si presenta come un momento relativamente distinto
di esplicita narrazione di episodi in cui il paziente interagisce con altre persone” (L.
Luborsky, 1992).
In questo studio illustreremo solo i risultati relativi al contenuto della narrazione del cliente
e non quelli relativi al processo con il terapeuta.
La decisione di focalizzarci sugli RE piuttosto che codificare l’intera seduta è nata dalla
considerazione che naturalmente nell’ascoltare una narrazione ci cogliamo incuriositi dagli
esempi concreti di interazioni del cliente con altri e con sé, quale fonte ricca di
informazioni. Lo stesso Luborsky (1992) sottolinea che la restrizione del focus agli RE, pur
comportando una certa perdita di informazione, mette in rilievo le idee e i comportamenti
di maggiore interesse relazionale, semplificando la procedura e dunque rendendola più
fruibile.
I referenti. Una volta definite le unità di analisi abbiamo individuato all’interno di ogni RE
i referenti, cioè le persone con cui il cliente interagisce. Abbiamo definito prima dell’inizio
della codifica i referenti in modo che tutti i ricercatori usassero gli stessi.
Materiali necessari per la codifica.
• I trascritti suddivisi in RE e siglati con i rispettivi referenti;
• le margherite con gli SDI dell’ATSC comprendenti le rispettive definizioni operative
per le tre focalizzazioni (Altro, Sé, Introietto – per Scilligo (2009) Proponente,
Rispondente, Sé)
La codifica. Ciascun RE è stato codificato sia per il cliente sia per il referente con gli SDI
dell’ATSC, individuando, in prima battuta, anche codifiche complesse e poi scegliendo gli
elementi maggiormente rappresentativi di come il cliente si pone nella relazione che
stiamo valutando.
Una volta codificati tutti gli RE presenti nei trascritti abbiamo contato gli SDI rilevati e
individuati gli stili relazionali dominanti a partire da quelli più frequenti.
Per stili relazionali dominanti abbiamo inteso gli SDI maggiormente attivati nella relazione
con gli altri significativi nella posizione di azione transitiva
o intransitiva
.”
Altro focus del nostro lavoro è stata la localizzazione delle parti di narrazione in cui il
cliente era focalizzato su di sé
. Li abbiamo codificati con gli SDI dell’ATSC e
conteggiati individuandone le frequenze.
Verifica. Un momento prezioso nella codifica effettuato è stato il riesame degli SDI
individuati. Abbiamo rilevato come la chiave per individuare gli SDI ricorrenti e di maggior
impatto la rilettura degli RE; citando Luborsky “i primi RE divengono più comprensibili per
l’esaminatore dopo l’analisi degli ultimi, i temi ridondanti, di nuovo riconosciuti, all’interno
e attraverso gli episodi, si riorganizzano di volta in volta alla luce delle nuove scoperte”.
Pertanto la verifica finale è consistita nel rileggere le definizioni prototipiche degli SDI
scelte chiedendoci: la codifica ha senso clinico? Ha senso rispetto al contesto in cui è
inserita?
Nel nostro caso la codifica è stata effettuata avendo solo poche informazioni di base sul cliente (età, sesso, presenza o meno di un rapporto di coppia e figli). Non abbiamo raccolto alcuna informazione dal terapeuta che ha proceduto in modo autonomo alla concettualizzazione del caso con l’ATSC per il suo lavoro di tesi e alla somministrazione dei questionari. Solo al termine della codifica abbiamo verificato la coerenza tra le nostre rilevazioni e le sue concettualizzazioni unite ai dati emersi dai questionari (CORE OM e ANINT A36, somministrati a inizio, fine percorso e nel secondo follow up). Abbiamo riscontrato una sostanziale corrispondenza tra le tre valutazioni, insieme ad una maggiore ricchezza di dettagli, sfumature, punti di osservazione che comunque si muovono in modo armonico intorno al nucleo centrale dello stile del cliente. Ci siamo infine confrontati con il terapeuta, mostrandogli i risultati del nostro lavoro ed egli ha confermato la corrispondenza con quanto da lui rilevato nel corso dell’esperienza clinica e ha riferito di essere stupito dalla ricchezza e la puntualità emerse a partire da pochi stralci di narrazione. Conclusioni
“Non è solo la destinazione, ma il viaggio che conta” (da…Il Pirata dei caraibi)
Durante il Convegno il gruppo di lavoro porterà numerosi esempi di lettura e commento
dei dati, secondo la metodologia sopra illustrata, evidenziando come attraverso di essa sia
possibile rilevare lo stile relazionale del cliente e come esso si evolve nel corso della
terapia, attivando alla fine SDI prima non esemplati. Inoltre si illustrerà lo stile di relazione
del cliente con se stesso e la sua evoluzione, e come tutto questo sia integrabile con gli
altri strumenti utilizzati e fornisca prospettive di osservazione che arricchiscono di
sfumature e particolari lo studio del viaggio e valorizzano il lavoro effettuato dal terapeuta.
Nella ricerca scientifica un requisito fondamentale nel procedimento di verifica o falsificazione delle ipotesi è che le osservazioni dalle quali derivano i dati siano valide, oggettive e pubbliche (Scilligo, 1988). Per ottenere osservazioni valide è necessario adottare definizioni operative che in modo plausibile rappresentino i concetti che si vogliono identificare; la validità dei concetti a sua volta dipende dalla coerenza e dalla chiarezza del modello teorico adottato per leggere la realtà. Nel nostro lavoro abbiamo fatto riferimento alle definizioni operative degli SDI dell’ATSC (che poggiano sulla SASB di Lorna Benjamin) rappresentativi dei concetti che volevamo identificare, e rispetto al modello teorico adottato per leggere la realtà facciamo riferimento all’ATSC. Secondo Scilligo (1988) le osservazioni saranno oggettive soprattutto se osservatori diversi in situazioni simili e con soggetti identici rilevano le stesse informazioni . Per quanto concerne l’oggettività delle osservazioni siamo in fase di studio preliminare in quanto i ricercatori hanno empiricamente riscontrato una certa concordanza tra loro nella codifica, che è stata confermata dal confronto con i questionari (Anint) e con la concettualizzazione del caso effettuata separatamente del terapeuta con l’ATSC. In un prossimo studio intendiamo fare un passo avanti nella direzione di individuare strumenti di misura di tale concordanza. Infine, le informazioni saranno pubbliche se si esplicitano con sufficiente dettaglio le operazioni di rilevamento delle osservazioni, così che qualsiasi osservatore informato possa ripeterle e verificarne l’attendibilità. Rispetto a questo abbiamo specificato le operazioni di rilevamento delle osservazioni effettuate e auspichiamo che chi volesse ripetere tale esperienza voglia condividere con noi risorse e limiti rilevati. Riteniamo che il nostro viaggio-ricerca rappresenti un lavoro pilota da cui possono
discendere diverse prospettive:
•
l’uso della definizione dimensionale degli Stati dell'Io offre la possibilità di
individuare gli stili relazionali ricorrenti del cliente, aiutarlo a riconoscerli e
comprenderli, consentendo al clinico di ipotizzare e pianificare l'esperienza
interpersonale antitetica funzionale al cambiamento e di monitorare l’evoluzione del
processo;
•
in ambito didattico la metodologia individuata può rappresentare una risorsa
nell’offrire agli Psicoterapeuti in formazione uno strumento di lettura dei processi
relazionali;
•
nell’ottica della ricerca, apre alla possibilità di individuare lo stile relazionale in
termini relativamente precisi e accurati, favorendo la comunicazione tra ricercatori
diversi all’interno dello stesso modello e tra modelli teorici diversi.
La nostra formazione, come clinici e didatti, poggia su un approccio umanistico,
personalistico integrato, che ci ha sensibilizzati a riflettere in termini di integrazione di
prospettive diverse, attingendo alla ricchezza di ognuna. Questo lavoro è espressione di
tale stile e siamo grati ai lavori di Pio Scilligo (ATSC), Lorna Benjamin (SASB) e Lester
Luborsky (CCRT) che danno spessore alle nostre intuizioni.
BIBLIOGRAFIA
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Dazzi, Lingiardi, Colli (2006), La ricerca in Psicoterapia. Cortina Editore, Milano
Luborsky L., Crits C.P. (1992) Capire il trasfert. Cortina Editore, Milano
Scilligo, P., (1986), La Sinfonia dei molti Sé: la integrazione della polarità della persona.
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Scilligo, P. (1988) Il circolo Interpersonale. Ifrep, Roma.
Scilligo P. (2000), Il Questionario Anint – A36: uno strumento per misurare la percezione
di sé. Psicologia Psicoterapia e Salute, 6, 1 -35.
Scilligo, P., (2006), Correlati Analitico Transazionali degli Stati dell’Io in termini
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Widdowson, M. (2012) ‘TA Treatment of Depression - A Hermeneutic Single-Case
Efficacy Design Study – “Peter” ‘, International Journal of Transactional Analysis Research.