I peccati di famiglia

Pescara
I pilastri della sanità Pd: ambulatori diffusi e 118
Presentato lo studio sulle criticità e i bisogni del sistema sanitario regionale Amato: il cuore
del modello è il territorio, strategici i medici di base
Testata: Il Centro
Classificazione: Sanità
PESCARA La sanità abruzzese è davvero risanata e ormai prossima ai modelli virtuosi delle regioni del
Nord, come dice il commissario Gianni Chiodi? Oppure è una sanità nella quale «l’evoluzione verso il
pareggio ha comportato una sostanziale stasi nella qualità dell’assistenza»? Quando addirittura non si sia
verificato un arretramento? Quest’ultima è la tesi del consigliere regionale uscente Giovanni D’Amico che
per il Partito democratico ha coordinato il gruppo di studio che ha lavorato sui documenti della sanità
abruzzese per individuarne criticità e bisogni. I risultati sono stati illustrati ieri al Museo delle genti d’Abruzzo
presente il candidato governatore del centrosinistra Luciano D’Alfonso. «Il nostro obiettivo», ha spiegato la
deputata Pd (e medico) Maria Amato «è di dare all’Abruzzo un modello di sanità pari a quello che ci richiede
l’Europa e pari a quello del Sistema sanitario nazionale che l’Organizzazione mondiale della sanità reputa tra
i più efficaci al mondo». Ma il modello al quale pensa la Amato non è quello «bocconiano di tipo contabile,
ormai ritenuto fallimentare da tutti, ma un modello i cui indicatori siano la qualità e l’equità nella distribuzione
dei servizi».
Un’impostazione che obbliga necessariamente a ripartire dalla medicina territoriale, «perché è lì», dice la
parlamentare, «che si cura la cronicità, è lì che si mette pace tra le popolazioni e se ne abbassa l’ansia».
Dire medicina del territorio non significa semplicemente spostare le voci di bilancio, ma «cambiare la natura
della programmazione»; studiare una «nuova politica delle professioni sanitarie» («per esempio penso a
professionalità itineranti», dice la Amato), a una infrastutturazione anche stradale che permetta l’esercizio
dell’emergenza-urgenza: «Le strade sono elemento della salute», esemplifica l’onorevole Amato,
sottolineando la difficoltà di una medicina efficiente e tempestiva in una regione così complessa dal punto di
vista orografico.
Cuore di questo sistema è il 118, e sono le Case della salute («abbiamo ormai metabolizzato il fatto che i
piccoli ospedali sono un rischio»), ma anche medici di medicina generale che siano «sburocratizzati», e che
«tornino a occuparsi della salute degli assistiti, «prendendosi più responsabilità, correndo il rischio
dell’appropriatezza delle prescrizioni. Medici che per questo, però, devono essere gratificati». E se Silvio
Paolucci liquida come «bufale» i 5 nuovi ospedali promessi da Chiodi e Camillo D’Alessandro s’impegna a
non permettere più «il saccheggio del potere legislativo del consiglio regionale» da parte dei tavoli di
monitoraggio romani, tocca a Roberto Marzetti dare le cifre del «fallimento» della gestione Chiodi, a partire
dal pareggio, «avvenuto contraendo drammaticamente i servizi, primo fra tutti gli screening oncologico»; ed
elencare i ripetuti richiami del tavolo di monitoraggio alle inadempienze della Regione: dalla mancanza del
Piano sanitario, ai ritardi sui Lea. Per Massimo Scura, sindaco di Alfedena ex direttore generale della Asl di
Pisa, l’errore di Chiodi è stato di pensare alla sanità dei due tempi «prima risaniamo poi sviluppiamo», è
allora è logico, dice Scura, «che aumenti la mobilità passiva, perché vuol dire che i cittadini non sono
contenti del servizio». Per Luciano D’Alfonso, il problema non è tanto cosa fare («perché lo abbiamo
precisato»), ma «come fare» per misurare gli obiettivi su un fabbisogno reale che sia «monitorato
costantemente». Perché «la grande cifra che spendiamo per la sanità», spiega D’Alfonso, «merita che a
valle sia garantito il diritto alla salute del cittadino». È di «cultura della programmazione» che l’Abruzzo ha
bisogno, insiste D’Alfonso («Girando l’Abruzzo ho visto un cimitero di cose a metà»). Ma programmare vuol
dire anche «dare obiettivi e budget» alle strutture periferiche «perché non ci sono obiettivi senza budget», e
fare della direzione generale della sanità regionale il «punto univoco» dove tutto converge, in una sorta di
tavolo di monitoraggio, questa volta solo abruzzese.
13 maggio 2014