LOTTA ALLA MAFIA Minacce ai pm trapanesi, Scarpinato: nostra azione ha irritato Messina Denaro Il procuratore generale della Repubblica di Palermo ha partecipato a Roma all'audizione dei pm trapanesi da parte della commissione parlamentare Antimafia ROMA - La commissione parlamentare Antimafia ha sentito oggi in audizione i magistrati di Trapani che negli ultimi mesi sono stati oggetto di minacce e atti intimidatori. All'audizione hanno preso parte il procuratore di Trapani, Marcello Viola; il sostituto, Andrea Tarondo;il presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale trapanese, Piero Grillo; e il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Palermo, Roberto Scarpinato, a cui spetta la competenza per le misure di sicurezza dei pm di Palermo, Agrigento e Trapani. CONTRASTO ALLA MAFIA - «L'azione della Procura di Trapani nei confronti di Cosa Nostra è stata incisiva e negli ultimi anni ha portato al sequestro e alla confisca di beni per 3 miliardi di euro. Quest'attività ha prodotto uno stato di irritazione da parte di Matteo Messina Denaro che è attestata da alcune risultanze». Ha spiegato il procuratore generale presso la Corte d'appello di Palermo, Roberto Scarpinato,, sottolineando il clima in cui si inquadrano le minacce dirette ai pm trapanesi e indicando proprio nella loro attività inquirente il «primo fattore di rischio» rispetto a tali minacce. L'ATTACCO AI PATRIMONI - Scarpinato ha spiegato che benché le richieste che colpiscono i beni frutto di attività mafiosa non partano dalla Procura di Trapani, ma dalla Dia o dalla Dda di Palermo, i pm trapanesi hanno poi un ruolo chiave nella «attività di integrazione probatoria, spesso centrale perchè una richiesta di sequestro di concretizzi. E questo ruolo incisivo è stato percepito da Cosa Nostra. Gli interessi economici in gioco sono enormi», ha aggiunto Scarpinato, che ha ricordato «Vito Nicastri, colletto bianco cerniera della mafia nel settore dell'eolico, a cui è stato sequestrato un patrimonio per 1,5 miliardi di euro; Giuseppe Grigoli, braccio economico di Messina Denaro nella grande distribuzione con un patrimonio di 750 milioni; Rosario Cascio, attivo nell'edilizia, con 250 milioni sequestrati; Carmelo Patti, con proposte di sequestro milionarie». «EPISODI STRANI» - Il procuratore di Palermo, Marcello Viola, ha ripercorso gli «episodi strani», poco chiari o di minaccia che si sono susseguiti in questi mesi: auto che a tutta velocità in autostrada hanno affiancato e tallonato quelle dei pm; il ritrovamento a Palazzo di giustizia del congegno di una microspia accanto a una porta d'ingresso riservata a pm e polizia; un pacco delle dimensioni di un armadio sistemano nei sotterranei del palazzo con scritte offensive contro i magistrati, come a indicare la possibilità indisturbata di accesso in Procura; telefonate di minacce alla sezione di polizia giudiziaria; foto dei magistrati palermitani trovate durante una perquisizione nel carcere di Frosinone. I PROVVEDIMENTI DEL VIMINALE - Tutela rafforzata al massimo livello per i magistrati siciliani minacciati dalla mafia ed ai loro familiari. Ai dispositivi di protezione personale, a come migliorarli ed allo stato del rischio per le toghe in prima linea nella lotta a Cosa Nostra è stata dedicata al Viminale una riunione del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Presenti i vertici di forze di polizia e intelligence, i prefetti di Palermo e Trapani e magistrati di Palermo, Caltanissetta e di Trapani, tra cui il procuratore di Palermo Francesco Messineo, il procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo, Roberto Scarpinato, il procuratore di Trapani, Marcello Viola, il procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato. Una riunione che fa seguito a quella svoltasi a Palermo il 3 dicembre scorso in cui fu proprio Alfano a paventare il rischio di una ripresa della strategia stragista della mafia. Sono diversi i segnali inquietanti arrivati negli ultimi mesi negli uffici giudiziari in prima linea. I magistrati nel mirino - in primis il pm di Palermo Nino Di Matteo, titolare dell'indagine sulla trattativa Stato-mafia ed oggetto delle esplicite minacce di morte da parte di Totò Riina, nonché l'aggiunto Teresa Principato, che coordina le indagini per la cattura di Matteo Messina Denaro - godono già di un dispositivo di tutela di primo livello, il massimo possibile. Per il primo è previsto anche l'uso dell'elicottero per una maggiore sicurezza dei suoi spostamenti. Lo stesso pm nelle scorse settimane aveva rifiutato la proposta di usare addirittura un Lince (il blindato impiegato dai militari in Afghanistan) per muoversi. Non va dimenticato che lo scorso mese Di Matteo - proprio per ragioni di sicurezza - non potè andare a Milano all'udienza di un processo. A quanto si apprende, nel corso della riunione si sarebbe discusso anche di come tutelare al meglio i familiari dei magistrati minacciati, le abitazioni, gli uffici, di sistemi di videosorveglianza e bonifiche dei percorsi. Investigatori ed intelligence continuano a dubitare della capacità di Cosa Nostra di mettere a segno stragi come quelle dei primi anni '90, ma le minacce arrivate vengono prese molto sul serio. Soprattutto quando si stringe il cerchio attorno a Messina Denaro. Ed il Comitato si è chiuso confermando «la massima attenzione da parte dello Stato e di tutte le forze di polizia» alla tutela delle toghe più esposte.
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