AIFA dispone ritiro del medicinale Bisolvon LA MUFFA DEL CIBO

Anno III – Numero 534
AVVISO
Ordine
1. Campagna
antinfluenzale 20142015
2. Crisi occupazionale:
Istituito un fondo di
solidarietà per i colleghi
iscritti all’ albo in stato
di disoccupazione
3. Enpaf, non ci saranno
aumenti sui contributi
2015
Notizie in Rilievo
Scienza e Salute
4. Dieta dimagrante, ora
va di moda la
“Lollipop diet”
5. eCig e sigarette:quale fa
il danno maggiore?
6. La strana relazione tra
nei e tumore al seno
Giovedì 04 Dicembre 2014, S. Barbara
Proverbio di oggi………..
'O tirchio è comme 'o puorco è bbuono sulo doppo muorto
L'avaro è come il maiale: è buono solo da morto
AIFA dispone ritiro del medicinale Bisolvon
Il ritiro da parte della ditta Boehringer Ingelheim Italia Spa del
“BISOLVON 2 mg/ml SOLUZIONE ORALE FLACONE 40 ml”
lotti vari, è stato disposto a seguito di risultati fuori specifica
per contenuto di principio attivo e di conservante.
E' stato trasmesso il provvedimento dell’Aifa concernente il ritiro, da parte
della ditta Boehringer Ingelheim Italia SpA, del medicinale “BISOLVON 2
mg/ml SOLUZIONE ORALE FLACONE 40 ml”, AIC n. 021004015, lotti vari. Il
ritiro è stato disposto a seguito di risultati fuori specifica per contenuto di
principio attivo e di conservante. Nelle more del ritiro i lotti in questione non
potranno essere utilizzati. (Farmacista online)
LA MUFFA DEL CIBO FA MALE?
Prevenzione e
Salute
7. Come buttare giù la
pancia a ogni età
Curiosità
8. La muffa del cibo fa
male?
Dipende. In alcuni formaggi, come il gorgonzola o il
camembert, è un elemento caratteristico e di pregio.
Se però la muffa si forma in alimenti che non dovrebbero contenerne, ci si può
intossicare con le micotossine o le aflatossine prodotte dai funghi
microscopici che la costituiscono. Ecco la guida precisa sui cibi ammuffiti da
buttare via.
In generale, si devono eliminare quelli freschi o di
consistenza fluida o liquida (come lo yogurt, la ricotta e i
succhi di frutta), perché le tossine si propagano facilmente al
loro interno. Per i formaggi stagionati invece è sufficiente
togliere la parte cattiva. Anche le marmellate possono
essere consumate dopo aver eliminato la parte ammuffita,
perché qui l'elevato contenuto di zucchero impedisce la
formazione di tossine. Si devono invece buttare via il pane
ammuffito e la frutta con polpa succosa, come le pesche o i pomodori, mentre
dalle mele è sufficiente togliere la parte andata a male. (Focus)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 534
SCIENZA E SALUTE
ECIG E SIGARETTE:QUALE FA IL DANNO MAGGIORE?
Con le industrie del tabacco e della sigaretta elettronica che si contendono un
mercato da 3 miliardi di dollari una nuova ricerca mette sotto accusa la eCig che,
male utilizzata o con particolari sostanze, potrebbe essere fino a 10 volte più
cancerogena della sigaretta tradizionale.
Alla faccia della tanto reclamizzata minore nocività: il
contenuto di cancerogeni delle eCig, le sigarette
elettroniche, può essere anche 10 volte superiore a quello
delle sigarette tradizionali. Lo ha dimostrato uno studio
commissionato dal Ministero della sanità giapponese ai
ricercatori dell'Istituto nazionale della sanità.
I dispositivi elettronici, sempre più diffusi in tutto il mondo
soprattutto tra i giovani, funzionano riscaldando e facendo
evaporare un liquido aromatizzato, che spesso contiene nicotina; il vapore viene inalato proprio come
nelle sigarette tradizionali, ma manca il fumo della combustione.
Lo studio ha analizzato diversi tipi di liquidi per e-Cig con una macchina che simula l'aspirazione del
fumatore: "inala" 10 gruppi di 15 sbuffi e ne analizza il contenuto.
L'analisi ha rivelato che nella fase di riscaldamento si producono vari tipi di cancerogeni, ma
principalmente formaldeide, acetaldeide, acroleina.
Per la formaldeide (usata in edilizia e nell'imbalsamazione), in particolare, i risultati sono stati
sorprendenti, in quanto rilevata a livelli molto più elevati dei cancerogeni normalmente presenti nel
fumo di sigaretta.
«In una marca di e-sigaretta i ricercatori hanno trovato un tasso di cancerogeni oltre 10 volte
superiore a quello di una sigaretta normale», aggiungendo però che la quantità di formaldeide
rilevata varia nel corso delle analisi. «Quando il filo che vaporizza il liquido si surriscalda, sembra
prodursi una quantità maggiore di sostanze nocive.»
Nella maggior parte dei casi il contenuto di sostanze dannose delle eCig è inferiore a quello delle
sigarette tradizionali, ma lo studio suggerisce che questo rapporto può cambiare in funzione dell'uso
che si fa del dispositivo elettronico e di particolari caratteristiche del prodotto associato.
Inoltre, alcuni di questi prodotti sono studiati per l'uso in associazione al tabacco e l'eCig può essere
una porta di ingresso per i giovani, per avviarli all'abitudine del fumo: il CDC, l'ente che negli USA
segue l'andamento delle malattie, ha rilevato che l'anno scorso (2013) oltre 250 mila giovani che non
avevano mai fumato una sigaretta hanno usato le e-Cig.
Ad agosto 2014 l'OMS ha invitato i governi a vietare la vendita di e-sigarette ai minori, avvertendo che
sono una "grave minaccia" per i bambini e gli adolescenti, le donne incinte (per il feto) e in età
riproduttiva. Nonostante la scarsa ricerca sui loro effetti collaterali, l'Oms ha detto che vi sono prove
sufficienti per "mettere in guardia" sulle e-cig per «le conseguenze a lungo termine per lo sviluppo del
cervello dell'esposizione alla nicotina del feto e degli adolescenti». Per l'OMS il loro uso dovrebbe
anche essere vietato negli spazi pubblici chiusi.
I sostenitori della sigaretta elettronica affermano che sono un'alternativa più sicura del tabacco
tradizionale, il cui bouquet di sostanze chimiche tossiche e volatili possono causare il cancro, malattie
cardiache e ictus e che in molti Paesi sono tra le principali cause di morte.
I critici, però, ribattono che i dispositivi sono in circolazione da pochi anni e che l'impatto sulla salute
dell'inalazione del vapore industriale a lungo termine non è chiaro. (Salute, Corriere)
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 534
SCIENZA E SALUTE
LA STRANA RELAZIONE TRA NEI E TUMORE AL SENO
Secondo due nuovi studi, la presenza di nei è legata a un rischio aumentato di
cancro della mammella. Ecco che cosa significano queste ricerche.
Le donne che hanno tanti nei sul corpo rischiano di più il tumore al seno. Nei giorni scorsi sono usciti
sulla rivista Plos Medicine due studi che mettono in relazione il numero
dei nevi cutanei, come si chiamano in gergo scientifico, con la probabilità
di sviluppare il cancro della mammella.
Ma che cosa significa questa scoperta?
E che rilevanza può avere per la salute e la prevenzione?
Studi completi: Innanzitutto bisogna chiarire che le ricerche da cui è stata
ricavata questa conclusione sono due grandi studi prospettici. Si tratta di ricerche in cui, nel corso degli
anni, migliaia di persone sono state seguite raccogliendo dati sulla loro salute e sulle loro abitudini di
vita, dall’alimentazione al fumo.
La conta dei nei: Nello studio americano, i ricercatori hanno chiesto alle partecipanti (75 mila donne
seguite per 24 anni) di contare il numero di nei di dimensioni superiori ai tre millimetri sul loro braccio
sinistro.
Nel corso del tempo, nel gruppo delle donne sotto osservazione sono stati diagnosticati oltre 5mila
tumori al seno e, tra le donne con molti nei, i tumori sono stati più numerosi.
Lo studio ha evidenziato che il rischio aumenta in proporzione al numero dei nei. Tradotto in
percentuali, il rischio è stato del 35% più alto nelle donne con oltre quindici nei rispetto a quelle con
meno di cinque. O, in altre parole, in valore assoluto, le donne che hanno più di quindici nei rischiano
dieci volte di più rispetto a quelle che non ne hanno nessuno.
Nella ricerca francese, in cui alle donne era stato chiesto di riferire se avevano nessuno, pochi o molti
nei, il rischio è risultato di poco inferiore.
Alla base di tutto, gli estrogeni «I risultati di questi due studi non indicano però un rapporto
diretto di causa-effetto tra nei e probabilità di ammalarsi di tumore della mammella» spiega Milena
Sant, direttore della Struttura Epidemiologia Analitica e Impatto Sanitario dell’Istituto dei tumori di
Milano. «E la presenza dei nei non può neppure essere considerata un test predittivo del rischio, o
tantomeno un test di screening».
Piuttosto, queste ricerche confermano un dato già emerso da numerosi altri studi, e cioè che elevati
livelli di ormoni sessuali, in particolare estrogeni, costituiscono un elemento di rischio per il tumore
della mammella, insieme a diversi altri. Si sa per es. che diversi fattori legati agli ormoni sessuali
influiscono sul rischio di tumore, per es. fattori metabolici e nutrizionali, l’età a cui una donna ha avuto
il primo figlio (la gravidanza infatti altera i livelli di ormoni sessuali) o l’età della menopausa, quando i
livelli di estrogeni normalmente scendono.
Gli ormoni sessuali, tra l’altro, stimolano anche l’attività dei melanociti, ed è per questo che spesso,
durante la gravidanza o l’assunzione di contraccettivi orali, la cute si scurisce o compare il cosiddetto
cloasma gravidico. I ricercatori si sono chiesti se i nei della pelle potessero fare da spia dei livelli di
estrogeni e, indirettamente, anche del rischio di tumore. Per entrambi gli studi, la risposta è stata sì.
L’aumento di rischio evidenziato in entrambi gli studi riguarda soltanto i tumori della mammella
estrogeno-positivi, che sono circa il 70% del totale, e sono anche quelli con prognosi migliore.
«È un tassello in più che si aggiunge al quadro sul ruolo degli estrogeni nella composizione del rischio
di tumore. In teoria, la presenza dei nei potrebbe essere utilizzata, per comporre un punteggio sul
rischio, ma tenendo conto dei diversi altri fattori che influenzano la probabilità di ammalarsi».
(Focus)
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Anno III – Numero 534
PREVENZIONE E SALUTE
COME BUTTARE GIÙ LA PANCIA A OGNI ETÀ
Averla piatta è il sogno di tutte. Se correggi l’alimentazione e ti muovi nel modo
giusto ci riuscirai anche tu
Persino quando ci si avvicina al peso-forma, la pancetta può rovinare la silhouette. E diventare un chiodo
fisso, perché farla andar via non è così semplice. L’età, prima di tutto, può influire sulla tendenza ad
accumulare grasso intorno al giro vita e sulla difficoltà a smaltirlo.
Scopri, dai 20 ai 50 anni, quali sono le strategie alimentari e l’allenamento giusto per buttare giù la pancia.
La causa. «A quest’età può capitare di sentirsi sotto pressione, per gli esami all’università o l’incertezza del futuro. E,
a causa dello stress, aumenta il cortisolo, ormone che favorisce il deposito di grasso addominale»
spiega Filippo Ongaro, direttore scientifico dell’Istituto di medicina rigenerativa e anti-aging. Se poi ti
concedi spesso un aperitivo, ecco un’altra causa della tua pancetta: «L’alcol fornisce 7 calorie al
grammo, senza contare gli stuzzichini che accompagnano il drink».
La soluzione. «Riduci gli happy hour, le bevande gassate e gli snack salati. Cerca anche di fare 10
minuti di meditazione ogni giorno: così abbassi il livello di cortisolo e combatti la voglia di mangiare
spesso a causa della tensione» suggerisce Ongaro.
L’allenamento. «Prova la pre-pugilistica: ti aiuta a scaricare le tensioni e fa bruciare grassi» spiega la personal trainer
Jill Cooper. «In più, tonifichi gli addominali perché per schivare i colpi devi tenerli costantemente contratti».
La causa. Se hai appena avuto un bambino, è facile che tu abbia un po’ di pancia da buttare giù. Se sei molto
impegnata con il tuo lavoro, è probabile che tu non abbia il tempo di andare in palestra o dal dietologo.
«Le diete fai-da-te in questi casi non sono l’ideale: nella maggior parte dei casi si eliminano proteine
e carboidrati a vantaggio delle verdure che, però, specie se si tratta di cavoli e broccoli, gonfiano la
pancia in quanto ricche di fibre» dice Filippo Ongaro.
La soluzione. «Abbina gli ortaggi a proteine e a piccole porzioni di carboidrati. Così sfrutti al meglio
le fibre, che riducono la velocità di assorbimento degli zuccheri e diminuiscono gli sbalzi glicemici, a
causa dei quali ti viene fame» aggiunge l’esperto.
L’allenamento. «L’ideale è il trampolino elastico: ti aiuta a ridurre i depositi adiposi su pancia e fianchi mentre
rafforza il tono muscolare, senza affaticare il sistema cardiovascolare» suggerisce Jill Cooper.
Come far calare la pancia a 40 anni: La causa. «Questa è l’età in cui possono manifestarsi problemi alla tiroide che
causano sbalzi di peso e rallentano il metabolismo» spiega Filippo Ongaro, esperto di medicina antiaging. Inoltre, man mano che ci si avvicina alla menopausa, l’equilibrio ormonale cambia: il corpo
brucia energia più lentamente ed è più facile accumulare grasso.
La soluzione. «Consuma 3-4 volte a settimana il pesce che fornisce lo iodio, fondamentale per la
tiroide. Meglio ancora se scegli quello azzurro ricco di omega-3, i “grassi buoni”, utili per il cuore e
per migliorare l’umore che a quest’età diventa più ballerino» consiglia Ongaro.
L’allenamento. «Scegli l’High intensity interval training» spiega Jill Cooper. «Cioè alterna sprint,
corsa, sprint, corsa, salita, discesa e così via. In questo modo, dimagrisci e ti tonifichi. Inoltre, i continui cambi di
andatura e sforzo accelerano il tuo metabolismo e lo mantengono così per diverse ore dopo l’allenamento».
Come far calare la pancia a 50 anni: La causa. «La cessazione dell’ovulazione e del ciclo mestruale blocca la
produzione di estrogeni; continua però quella di androgeni, che favoriscono l’accumulo di grasso
addominale. Inoltre, il metabolismo rallenta e, anche quando si sta attente all’alimentazione, non
è facile smaltire calorie».
La soluzione. «Due-tre volte a settimana sostituisci le proteine animali con alimenti a base di soia:
dalla salsa al tofu, dal latte ai prodotti fermentati come il miso (condimento) o il tempeh (una
sorta di bistecca vegetale). Contengono tutti gli isoflavoni, che possono controbilanciare la
fisiologica diminuzione di estrogeni».
L’allenamento. «Serve il Pilates» consiglia Jill Cooper. «Durante le lezioni metti in gioco i vari gruppi di addominali:
alti, bassi, obliqui e laterali. E soprattutto rinforzi i trasversali, i muscoli che ti aiutano a “tirare dentro” la pancia».
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FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA
Anno III – Numero 534
SCIENZA E SALUTE
DIETA DIMAGRANTE, ORA VA DI MODA LA
“LOLLIPOP DIET”
È un’ossessione per il mondo occidentale la ricerca della forma perfetta, tanto che è
difficile che passi inosservata una qualsiasi nuova dieta dimagrante lanciata sul
mercato.
L’ultima, la “Lollipop diet”, si distingue per essere particolarmente fashion e trendy; perché, come
riporta l’edizione online del quotidiano britannico Telegraph,
si dice sia seguita da una nutrita schiera di celebrities, da
Britney Spears a Paris Hilton a Madonna.
Si tratta di una dieta basata sul consumo, tre volte al giorno
prima dei pasti, di lecca-lecca con ingredienti che hanno il
potere di ridurre l’appetito: l’hoodia, un estratto vegetale
sudafricano usato da gruppi indigeni per sopravvivere nel
deserto, il Citrimax, noto anche come Hca, un derivato dalla
pianta garcinia camboya, e il Guaranà.
Al dottor Giuseppe Marinari, direttore del Centro Obesità di
Humanitas Gavazzeni e chirurgo bariatrico, abbiamo chiesto
un parere su questa ultima tendenza e sul controllo del peso.
Lollipop diet, cosa ne pensa?
«La “Lollipop diet” non è consigliabile, a meno che in questi preparati esotici non siano presenti delle
molecole attive che riducono la fame per la vicinanza chimica con prodotti anoressizzanti (è nota
l’azione sull’appetito di anfetamine e cocaina, ad esempio)».
Le numerose diete che vengono proposte non finiscono per avere l’effetto opposto?
«Un numero di diete così elevato predispone purtroppo a comportamenti alimentari sbagliati se non
patologici, che alimentano da una parte il fenomeno dell’obesità, dall’altra il fenomeno delle
abbuffate, della bulimia e dell’anoressia».
Quale è dunque la soluzione reale per controllare il peso?
«L’unico modo per controllare il peso è ingerire le calorie che ci servono o per mantenere il peso
(quindi tante quante ne consumiamo) o per ridurlo (meno di quante ne consumiamo):
 possiamo quindi agire solo aumentando l’attività fisica, cioè aumentando il consumo, e/o
mangiando di meno:
tutto il resto è un contorno colorito per rendere meno faticoso muoversi e mangiare poco».
Il famoso stile di vita…
«Esatto. La “salvezza” possibile passa attraverso due rivoluzioni culturali.
La prima chiede il ritorno a una vita “meno comoda”, con molto più movimento anche inconsapevole
(quindi non si parla solo di palestra, ma di evitare di utilizzare macchina, ascensore, motorino, ma
anche autobus e scale mobili).
La seconda è rivedere il modello estetico occidentale: le gambe sottili sono belle ma sono rare, e chi
non le ha non deve sentirsi di serie B.
Il segnale che stia forse cambiando qualcosa in questo senso viene dal Calendario Pirelli 2015 che ha
scelto per la prima volta tra le sue modelle anche una “curvy”, fino a 90 chili. Speriamo non sia solo un
sasso nello stagno…». (salute, Humanitas)