Sent./ord. n. 25/2014/EL REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE in speciale composizione (ex art. 243-quater, comma 5, del T.U.E.L. n. 267/2000) composta dai signori magistrati: Arturo MARTUCCI di SCARFIZZI Presidente Simonetta ROSA Consigliere Nicola LEONE Consigliere Marco PIERONI Consigliere Pino ZINGALE Consigliere relatore Luca FAZIO Consigliere Alessandra SANGUIGNI Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA–ORDINANZA nel giudizio iscritto al n. 359/SR/EL del Registro di segreteria, sul ricorso dei Gruppi Consiliari della Regione Piemonte PROGETT’AZIONE, in persona del Presidente Angelo Burzi, INSIEME PER BRESSO, in persona del Presidente Andrea Stara, LEGA NORD – BOSSI, in persona del Presidente Mario Carossa e MISTO, in persona del già Presidente Michele Formagnana, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Massimo Occhiena, Domenico Aiello, Carlo Merani e Aristide Police, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via di Villa Sacchetti n. 11, avverso la delibera della Sezione regionale di controllo per il Piemonte n. 263/2013/SRRCPIE/FRC resa in materia di rendiconti dei gruppi consiliari della Regione Piemonte. Visto il ricorso iscritto al n. 359/SR/EL; Vista l’ordinanza del Presidente della Corte dei conti 18 dicembre 2013 n. 16 ORDP-UOPROT-P con la quale sono stati indicati i criteri per la formazione dei Collegi giudicanti delle Sezioni riunite, ivi compresi quelli in speciale composizione, di cui all’art. 243-quater, comma 5, d.lgs n. 267/2000; Vista l’ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 2 del 17 gennaio 2014 ORDP-UOPROT-P con la quale il Presidente della Corte dei conti ha determinato, per l’anno 2014, la composizione delle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale, di controllo, deliberante e consultiva; Visti il decreto presidenziale n. 42 del 17 marzo 2014 con il quale sono stati costituiti i Collegi delle Sezioni riunite per le udienze dei mesi da aprile a giugno 2014, il decreto presidenziale di fissazione dell’odierna udienza, di composizione del Collegio e di nomina del relatore del presente giudizio; Visto il ricorso notificato al Procuratore generale della Corte dei conti il 1° ottobre 2013 e depositato il successivo 3 ottobre 2013. Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale. Uditi alla pubblica udienza del 18 giugno 2014 – con l’assistenza del segretario dott. Pietro Montibello – il relatore Consigliere Pino Zingale e l’avv. Occhiena, per i ricorrenti, nonché il P.M. nella persona del Vice 2 procuratore generale Antonio Buccarelli. Ritenuto in FATTO I Gruppi del Consiglio Regionale del Piemonte, PROGETT’AZIONE, in persona del Presidente Angelo Burzi, INSIEME PER BRESSO, in persona del Presidente Andrea Stara, LEGA NORD – BOSSI, in persona del Presidente Mario Carossa e MISTO, in persona del già Presidente Michele Formagnana, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Massimo Occhiena, Domenico Aiello, Carlo Merani e Aristide Police, con atto notificato al Procuratore generale della Corte dei conti il 1° ottobre 2013 e depositato il successivo 3 ottobre 2013, hanno impugnato la delibera della Sezione regionale di controllo per il Piemonte n. 263/2013/SRCPIE/FRG del 17 luglio 2013, nonché ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale a quello impugnato, tra cui le delibere della Sezione regionale di controllo per il Piemonte del 5 giugno 2013 n. 229/2013/SRCPIE/FRG e 31 luglio 2013 n. 296/SRCPIE/FRG. I ricorrenti hanno lamentato: violazione dell’art. 1, commi 9 e ss., del D.L. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012; violazione dell’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale; violazione dell’art. 23, l.r. Piemonte n. 16/2012; violazione dello schema “3” allegato al Manuale delle procedure contabili di cui alla delibera del consiglio di presidenza del Consiglio regionale del Piemonte del 20 luglio 2012, n. 84; violazione dei principi interpretativi posti dalla deliberazione n. 15/2013/QMIG della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti. In conclusione, hanno chiesto l’annullamento di tutti gli atti impugnati. 3 Il Procuratore generale ha depositato memoria del 13 giugno 2014, con la quale ha chiesto dichiararsi il difetto di giuridizione di questa Corte in subjecta materia e, nel merito, cessata la materia del contendere alla luce della sentenza n. 130 del 7 maggio 2014 della Corte Costituzionale. Alla pubblica udienza del 18 giugno 2014, le parti presenti hanno ulteriormente illustrato le rispettive posizioni, confermando le richieste di cui agli atti scritti. DIRITTO In via preliminare, per quanto riguarda il ricorso proposto da Michele FORMAGNANA n.q. di già Presidente del GRUPPO MISTO, osserva il Collegio che non è possibile rilevare in atti in base a quale titolo il predetto possa dirsi legittimato ad agire, atteso che, come confermato dallo stesso difensore in udienza, alla data di proposizione del ricorso il FORMAGNANA non ricopriva più la carica di Presidente del GRUPPO MISTO, né risulta se la cessazione dalla carica sia stata seguita dalla nomina di un nuovo presidente o se il Gruppo medesimo sia incorso in uno scioglimento. A tal fine occorre acquisire, presso il presidente del Consiglio Regionale del Piemonte, notizie in ordine al soggetto che alla data del 1° ottobre 2013 ricopriva la carica di Presidente del Gruppo Misto. Il giudizio incardinato dal FORMAGNANA, pertanto, deve essere separato dagli altri tre e, previa acquisizione delle notizie sopra specificate, sarà deciso con separata sentenza. In via pregiudiziale, poi, deve verificarsi, a fronte della formale eccezione sollevata dalla Procura generale, la sussistenza o meno della 4 giurisdizione di questa Corte nell’odierno giudizio. Osserva il P.M. che non sarebbe rinvenibile nell’ordinamento alcuna “interpositio legislatoris” che abbia attribuito alle Sezioni riunite in speciale composizione la giurisdizione sui ricorsi avverso le deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo in materia di rendiconti dei gruppi consiliari regionali. Ha osservato il P.M. che l’unica norma la quale, in atto, prevede l’impugnabilità delle deliberazioni delle Sezioni regionali controllo sarebbe l’art. 243-quater, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, che, però, riguarda materia affatto diversa da quella oggetto del presente giudizio. Ad avviso della Procura generale il legislatore con l’art. 3, comma 1, lett. r), del D.L. n. 174/2012, non avrebbe voluto introdurre un modello di impugnazione giurisdizionale avente carattere generale ed attivabile per la semplice circostanza di trovarsi di fronte ad una delibera delle Sezioni regionali di controllo. L’affermazione della Procura generale non sembra, per un verso, cogliere nel segno laddove individua nelle materie di contabilità pubblica e nella c.d. “interpositio legislatoris” l’esclusiva “ratio” fondante della giurisdizione per cui è causa e, per altro verso, non tiene nel debito conto quanto affermato, in tema di tutela giurisdizionale, dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 39/2014, emessa proprio in relazione ad una tipologia di deliberazioni analoga a quella per cui è causa. A tal riguardo il Giudice delle leggi ha sottolineato come il legislatore, con il decreto legge 10/10/2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, c. 1°, della legge 07/12/2012, n. 213, allo scopo di assicurare l’effettività dei controlli finanziari della Corte dei conti, abbia attribuito alle 5 pronunce di accertamento delle sezioni regionali di controllo della stessa Corte, da esso previste, effetti non meramente collaborativi – come quelli che rimettono agli stessi enti controllati l’adozione delle misure necessarie a rimuovere le irregolarità o le disfunzioni segnalate – ma anche imperativi e, nel caso di inosservanza degli obblighi imposti, inibitori dell’azione amministrativa degli stessi enti. Tali pronunce delle sezioni regionali della Corte dei conti potrebbero, perciò, ledere le situazioni giuridiche soggettive degli enti. Ne discende che nei confronti delle stesse situazioni giuridiche soggettive non può essere esclusa la garanzia della tutela innanzi al giudice assicurata dal fondamentale principio dell’art. 24 Cost. (sentenza n. 470 del 1997). Resta, perciò, in discussione, non già l’ “an”, ma soltanto il “quomodo” di tale tutela, la cui identificazione costituisce un problema interpretativo della normativa vigente. Due, pertanto, i dati che possono considerarsi acquisiti in ordine alla tematica qui oggetto di esame: 1) le deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo che possono incidere sui situazioni soggettive dei soggetti destinatari – e quindi con finalità e valenza accertativo-sanzionatoria – devono rispondere al principio di giustiziabilità in relazione alla tutela di cui all’art. 24 Cost; 2) è questione di interpretazione della normativa vigente l’individuazione del Giudice naturale precostituito per legge, innanzi al quale svolgere l’eventuale impugnativa. È noto, peraltro, come altra tipologia di delibere e, più precisamente, quelle del controllo preventivo, siano pacificamente state ritenute da sempre sottratte a qualsiasi controllo giurisdizionale (Cass. Civ., Sez. Un., 23 6 novembre 1974, n. 3806 ; Idem, 8 ottobre 1979, n. 5186), sottolineandosi che quel controllo della Corte dei conti “è esercitato da una posizione di assoluta imparzialità, con esclusivo riguardo alla rigida osservanza della legge….e viene svolto sull’operato della P.A. dall’esterno”, con “la conseguente non assoggettabilità degli atti stessi ad alcun sindacato”, concludendo che “tanto il Consiglio di Stato, quanto qualsiasi altro giudice, difettano di giurisdizione rispetto agli atti suddetti”. Riecheggia, in queste decisioni, un certo orientamento dottrinale, secondo la quale la Corte dei conti occupa in seno all’ordinamento, allorché opera in sede di controllo, una posizione, oltre che di indipendenza, anche di insindacabilità, che le fa meritare la qualifica di Potere a sè stante. Tale guarentigia, per il vero, non ha trovato conferma per altri tipi di controllo, del pari intestati alla Corte dei conti, per i quali la giurisprudenza della Cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 10 giugno 1998, n 5762 e nn. 6906 del 1998 e 7327 del 1996) e del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, 27 giugno 2001, n. 3570) non hanno esitato ad ammetterne la sindacabilità in sede giurisdizionale. E ciò in base alla considerazione che il controllo successivo sulla gestione sarebbe pura e semplice attività amministrativa, come tale soggetta al sindacato del giudice ordinario in caso di violazione di diritti soggettivi ed al sindacato del giudice amministrativo nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva e di violazione di interessi legittimi. I presupposti logico-giuridici di queste decisioni sarebbero in talune sentenze della Corte Costituzionale le quali avrebbero aperto la strada a questa interpretazione che nega l’indipendenza e l’insindacabilità dell’operato della Corte dei conti in sede di controllo 7 successivo sulle pubbliche gestioni e sancisce, in una sola parola, la fine dello stesso potere di controllo considerato come funzione autonoma e sovrana. Ed a questo proposito va ricordato come già in precedenza, con riferimento alle deliberazioni del controllo successivo, la Corte Costituzionale (sentenza 30 dicembre 1997, n. 470) abbia già avuto modo di affermare, con espressione linguistica quasi del tutto sovrapponibile a quella contenuta nella recente sentenza n. 39/2014, che “le determinazioni della Corte dei conti, in ordine all’individuazione degli enti da assoggettare a controllo, non escludono, per gli enti stessi la garanzia della tutela innanzi al giudice (art. 24 Costituzione), restando, perciò, in discussione non già l’ “an”, ma solo il “quomodo” di detta tutela e, quindi, un problema di interpretazione della normativa vigente”. Ritenuta, quindi, la giustiziabilità delle deliberazioni del controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali, come per le altre deliberazioni diverse da quelle del controllo preventivo, lo sforzo ermeneutico deve concentrarsi sull’individuazione del Giudice naturale precostituito per tale tipo di contenzioso. A tal proposito non soccorre il criterio della “interpositio legislatoris”, rivendicato dalla stessa Procura generale, al fine di potere individuare nell’articolazione giurisdizionale della Corte dei conti quel Giudice naturale competente a conoscere di eventuali impugnative delle deliberazioni (impugnabili) della sua stessa articolazione del controllo. Quel criterio è stato indicato dalla Corte Costituzionale (sentenze numeri 33 del 1968, 102 del 1977, 641 del 1987, 24 del 1993 e 385 del 1996) quale presupposto necessario, al fine di radicare concretamente la giurisdizione, solo 8 tendenzialmente generale, attribuita dall’articolo 103, secondo comma, della Costituzione, alla Corte di conti sulle materie di contabilità pubblica, segnatamente in tema di responsabilità amministrativa e contabile, mentre diversa e più ampia viene a configurarsi oggi l’espressione “materie di contabilità pubblica” alla luce della nuova normativa che attribuisce la “cognitio” alle Sezioni riunite in speciale composizione. Ad avviso di queste Sezioni riunite, però, in questo caso non si tratta di individuare una materia, tra quelle di contabilità pubblica, per le quali sia necessaria l’ “interpositio legislatoris” al fine di attribuirne la cognizione al Giudice della contabilità pubblica, ma si tratta di verificare se nell’art. 103, comma 2, Cost. sia rinvenibile un incomprimibile “nucleo duro” di giurisdizione immediatamente e direttamente attribuita dalla Costituzione ed intangibile da parte del legislatore, in disparte l’ormai riconosciuta forza espansiva dell’art. 103 Cost., che deve considerarsi vero e proprio principio regolatore della materia. Per dare risposta a tale quesito occorre muovere da un attento esame della posizione ordinamentale della Corte dei conti, così come configurata dal costituente ed interpretata dal Giudice costituzionale. La Corte Costituzionale ha ricostruito il ruolo complessivo della Corte dei conti nell’ordinamento costituzionale configurandola come: a) organo ausiliario del Governo che contribuisce ad assicurare il rispetto del principio di legalità nell’amministrazione; b) come organo giurisdizionale preposto alla tutela giurisdizionale di diritti soggettivi ed interessi legittimi (sentenza n. 1/1967). Secondo il Giudice delle leggi, la Corte dei conti va definita quale 9 organo previsto dalla Costituzione in posizione di indipendenza e neutralità al fine di svolgere imparzialmente il controllo sul rispetto della legittimità da parte degli atti amministrativi e sulla corretta gestione finanziaria. La Corte dei conti (sentenza n. 29/1995) è venuta ad assumere, in forza della prassi giurisprudenziale e delle leggi di attuazione della Costituzione, il ruolo complessivo di organo posto al servizio sia dello Stato-comunità che dello Stato-apparato, quale garante imparziale dell’equilibrio economico- finanziario del settore pubblico (sia statale, sia regionale e locale), e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficacia, dell’efficienza e dell’economicità (qualificazione quest’ultima ribadita sia nella sentenza n. 470/97 sia nella sentenza n. 267/2006, nella sentenza n. 179/2007 e nell’ordinanza n. 285/2007). In tale complessivo contesto, la Corte Costituzionale ha aggiunto (sentenza n. 29/1995) che l’imputazione alla Corte dei conti, da parte della legge n. 20/94, del controllo sulla gestione, esercitabile anche nei confronti delle amministrazioni regionali non può essere considerata come l’attribuzione di un potere statale che si contrappone alle autonomie delle Regioni. Così configurata la funzione di controllo della Corte dei conti, va prestata attenzione all’interpretazione che del secondo comma dell'art. 103 Cost. ha, nel tempo, dato la Corte Costituzionale (sentt. nn. 17/85; 189/84; 241/84; 102/77), nel senso che alla Corte dei conti è riservata la giurisdizione sulle materie di contabilità pubblica, la quale va intesa nel senso tradizionalmente accolto dalla giurisprudenza e dalla legislazione, cioè come comprensiva sia dei giudizi di conto che di responsabilità a carico degli impiegati e degli agenti contabili dello Stato e degli enti pubblici non 10 economici che hanno il maneggio del pubblico denaro; che la materia di contabilità pubblica non è definibile oggettivamente, ma occorrono apposite qualificazioni legislative e puntuali specificazioni non solo rispetto all'oggetto ma anche rispetto ai soggetti; che, comunque, essa appare sufficientemente individuata nell'elemento soggettivo che attiene alla natura pubblica dell'ente (Stato, Regioni, altri enti locali e amministrazione pubblica in genere) e nell'elemento oggettivo che riguarda la qualificazione pubblica del denaro e del bene oggetto della gestione. Si è anche affermato che la giurisdizione della Corte dei conti, nelle dette materie, è solo tendenzialmente generale (tanto che nell'ordinamento precostituzionale la si qualificava giurisdizione speciale) e che sono possibili deroghe con apposite disposizioni legislative, specie nella materia della responsabilità amministrativa non di gestione e che la cognizione delle cause attinenti alla responsabilità patrimoniale per danni cagionati agli enti pubblici da pubblici funzionari, nell'esercizio delle loro funzioni, siccome involge questioni relative a diritti soggettivi, sarebbe spettata al giudice ordinario se non vi fosse stata la previsione legislativa derogatoria la quale sancisce una diversa ripartizione giurisdizionale. La richiamata giurisprudenza non è in contrasto con l'altra della stessa Corte costituzionale (sentt. nn. 110/70; 68/71; 211/72; 102/77; 241/84; 53/85) che ha affermato la espansione tendenziale della giurisdizione della Corte dei conti, ove sussista identità di materia e di interesse tutelato, in carenza di regolamentazione specifica da parte del legislatore che potrebbe anche prevedere la giurisdizione ed attribuirla ad un giudice diverso (per es. in tema di responsabilità amministrativa dei funzionari regionali in 11 fattispecie di gestione di interessi patrimoniali pubblici). Proprio in applicazione dell'art. 103, secondo comma, Cost., e nei limiti ad esso imposti, spetta al legislatore la determinazione della sfera di giurisdizione dei giudici (ordinario, amministrativo, contabile, militare ecc...). E nella “interpositio” del legislatore deve individuarsi il limite funzionale delle attribuzioni giudicanti della Corte dei conti. Corretta appare, pertanto, la conclusione alla quale da tempo è ormai pervenuto il Giudice regolatore della giurisdizione (Cass. SS.UU. n. 22059/2007), secondo il quale la Corte dei conti è il “giudice naturale delle controversie nelle materie di contabilità pubblica”. Orbene, se alla Corte dei conti può riconoscersi il ruolo di giudice naturale delle controversie nella materie di contabilità pubblica, da un lato, e quello di organo di controllo previsto dalla Costituzione in posizione di indipendenza e neutralità al fine di svolgere imparzialmente il controllo sul rispetto della legittimità da parte degli atti amministrativi e sulla corretta gestione finanziaria, ne consegue che gli atti del controllo – per i quali sia ravvisabile l’esigenza di giustiziabilità ex art. 24 Cost. – non possono che conoscere un unico e solo Giudice naturale costituzionalmente precostituito: la medesima Corte dei conti in sede giurisdizionale e in speciale composizione. La cointestazione in capo alla stessa Istituzione della doppia funzione di controllo e giurisdizione, risponde, tra le altre, anche all’esigenza che non venga in alcun modo meno la piena garanzia di indipendenza e terzietà dell’Organo medesimo, che risulterebbe inevitabilmente lesa laddove la funzione del controllo dovesse abdicare ad un Giudice diverso, al quale, in buona sostanza, resterebbe affidata ogni decisione finale in ordine alla tutela 12 delle legittimità e della corretta gestione finanziaria che, invece, la Costituzione intesta alla Corte dei conti. Gli atti del controllo della Corte dei conti, quindi, giammai potranno essere sottoposti alle valutazioni di un Giudice diverso dalla stessa Corte che è chiamata a verificare, con le garanzie delle giurisdizione, il corretto esercizio della funzione del controllo, laddove siano configurabili possibili lesioni di diritti soggettivi o interessi legittimi conseguenti all’esercizio di quest’ultima, a meno che tali lesioni conseguano a vizi propri di conseguenziali atti di autorità amministrative. Ed è questo quello che può definirsi il nucleo duro della giurisdizione contabile ex art. 103, comma secondo, Cost.: la giurisdizione piena ed esclusiva sulle deliberazioni emesse dalle Sezioni del controllo, laddove impugnabili in sede giurisdizionale. D’altronde, è la stessa difesa degli odierni ricorrenti che, nel contrastare la tesi della Procura generale sul punto, ha argutamente affermato che il devolvere ad un Giudice diverso dalla stessa Corte dei conti la giurisdizione sulle delibere del controllo darebbe luogo ad una grave anomalia giuridica, sottoponendo le decisioni di un Organo di controllo, circondato dalla più ampie e rigorose tutele costituzionali di indipendenza e terzietà, alle valutazioni di un terzo Giudice appartenente a diverso plesso giurisdizionale. Tali conclusioni sono corroborate dalle stesse affermazioni effettuate dal legislatore il quale, in tale settore, esercitando la propria discrezionalità sull’unico profilo sul quale era possibile svilupparla e, cioè, quello dell’individuazione dell’articolazione giurisdizionale innanzi alla quale 13 effettuare l’impugnazione e la definizione dei tempi e dei modi ad essa relativi, con l’art. 243-quater, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000, nel testo introdotto dall’art. 3 del D.L. n. 174/2012, convertito nella legge n. 213 del 2012, ha individuato nelle Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, “nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica”, ex art. 103, comma secondo, della Costituzione, il Giudice innanzi al quale impugnare, con le forme dei giudizi ad istanza di parte, le delibere della Sezione di controllo regionale di approvazione o di diniego del piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato dal Consiglio comunale o provinciale di quegli enti per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 del citato D. Lgs. n. 267/2000 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate; nonché i provvedimenti di ammissione al Fondo di rotazione di cui all'articolo 243-ter del citato D. Lgs. n. 267/2000. Analogamente, con norma intervenuta successivamente alla deliberazione in Camera di consiglio e pubblicazione mediante lettura del dispositivo in udienza della presente sentenza, e più precisamente con l’art. 33, comma 2, lettera a), n. 3 del D.L. n. 91/2014, ha individuato nelle medesime Sezioni riunite in speciale composizione e con le stesse modalità sopra indicate, il Giudice innanzi al quale è possibile impugnare le delibere delle Sezioni regionali di controllo di cui all’art. 1, del D.L. n. 174/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012, e, cioè, per l’appunto, la tipologia di deliberazioni alla quale appartiene quella oggetto dell’odierna impugnativa. 14 Si tratta, pertanto, di norma sostanzialmente ricognitiva della giurisdizione di questa Corte in subjecta materia, parzialmente innovativa laddove si prevede l’applicazione di un termine decadenziale di 30 giorni, non applicabile, quest’ultimo, al presente giudizio in quanto intervenuto successivamente al suo incardinamento. A ciò si aggiunga che solo l’affermazione della giurisdizione della Corte dei conti si appalesa consentanea, poiché coerente con il parametro costituito dall’art. 103, secondo comma, Cost., a ricondurre in unico plesso della giurisdizione questioni ontologicamente definibili di “contabilità pubblica”, dato che la disciplina del controllo sui gruppi consiliari, sussunta negli ambiti materiali del “coordinamento della finanza pubblica” e dell’ “armonizzazione dei bilanci pubblici” (v. Corte Cost., sent. n. 39/2014), deve ritenersi logicamente connaturata alle “materie di contabilità pubblica”. Tale linea interpretativa, ampliativa della giurisdizione piena ed esclusiva delle Sezioni riunite in speciale composizione, ancorata direttamente al precetto costituzionale di cui all’art. 103, II comma, Cost., è stata fondata dalla stessa giurisprudenza delle Sezioni riunite (sentenze n. 2/2013; n. 5/2013; n. 6/2013 e 6/2014) sugli insegnamenti della Corte Costituzionale (sentenze n. 179/2007; n. 198/2012; n. 60/2013). Affermata la giurisdizione di questa Corte occorre verificare la tempestività dell’impugnativa. Sul punto il Collegio ritiene di non dovere indugiare più di tanto, in considerazione del fatto che il legislatore ha recentemente introdotto, con la norma sopra richiamata, il termine di 30 giorni dalla delibera. Peraltro, il predetto temine decadenziale, ovviamente, non può trovare 15 applicazione nel presente giudizio, in quanto introdotto successivamente all’incardinamento del medesimo. Nel caso sottoposto all’esame di questo Giudice – attesa la non applicabilità del termine di 60 giorni previsti per i giudizi di appello (e non è tale quello innanzi alle Sezioni riunite in speciale composizione) e considerato il silenzio al riguardo serbato dall’art. 58 R.D. n. 1038/1933 – non può che trovare applicazione il residuale temine prescrizionale decennale che, nel caso di specie, era ben lungi dall’essere trascorso. Nel merito, deve dichiararsi in parte la cessazione della materia del contendere e, in parte, deve accogliersi il ricorso. I commi 9, 10, 11 e 12 dell’art. 1 del d.l. n. 174 del 2012, secondo la lettura datane dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 130/2014), dettano una disciplina del controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari completa, non frazionabile e comunque esercitabile solo secondo i criteri previsti nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato solo il 21 dicembre 2012 ed entrato in vigore il 17 febbraio dell’anno seguente. Ebbene, ai sensi dell’art. 1, comma 9, del d.l. n. 174 del 2012, il rendiconto in esame è «strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri […]». Il comma 11, poi, attribuisce alla sezione regionale di controllo un giudizio di conformità dei rendiconti medesimi alle prescrizioni dettate dall’art. 1, e quindi ai già detti criteri contenuti nelle linee guida. 16 Il dettato normativo, pertanto, secondo la Corte Costituzionale, configurerebbe il potere di controllo in esame come condizionato alla previa individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sull’evidente presupposto della loro indispensabilità. La sentenza n. 39 del 2014 della Corte Costituzionale, peraltro, ha già chiarito che «il rendiconto delle spese dei gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale [...]. Il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro, la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale». La Corte Costituzionale, peraltro, proprio su ricorso per conflitto di attribuzione promosso, tra le altre, dalla Regione Piemonte, ha statuito nel senso che non spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie e Sezione regionale di controllo per la Regione Piemonte, adottare le deliberazioni impugnate con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all’esercizio 2012. In particolare, risultano già annullate dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 130/2014) le deliberazioni della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15, nonché la deliberazione della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, 10 luglio 2013, n. 263, con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed 17 esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione all’esercizio 2012. Le conclusioni alle quali è pervenuto il Giudice delle leggi escludono, pertanto, che la Sezione di controllo per il Piemonte potesse esercitare il controllo per cui è causa, con la conseguenza che, in questa sede, devono essere annullate le ulteriori deliberazioni nn. 229/2013 e 296/2013, rispettivamente del 5 giugno e del 31 luglio 2013. La natura del presente giudizio, con l’assenza di una controparte sostanziale e la presenza del P.M. in funzione processualmente formale concludente nell’interesse della legge, esclude la necessità di ogni pronuncia sulle spese. P. Q. M. La Corte dei Conti – Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, DISPONE la separazione del ricorso proposto da Michele FORMAGNANA nella qualità di ex presidente del Gruppo Misto presso il Consiglio Regionale del Piemonte. ORDINA al Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte di comunicare il nominativo del Presidente del Gruppo Misto alla data del 1° ottobre 2013. Fissa per l’adempimento il termine di giorni 30 dalla comunicazione della presente ordinanza. Rinvia la trattazione del giudizio a nuovo ruolo. Con riferimento ai ricorsi proposti da Angelo BURZI, Andrea STARA e Mario CAROSSA, nella qualità di Presidenti, rispettivamente, dei Gruppi 18 PROGETT’AZIONE, INSIEME PER BRESSO e LEGA NORD-BOSSI, DICHIARA la propria giurisdizione. DICHIARA cessata la materia del contendere con riferimento alle deliberazioni nn. 15/QMIG della Sezione delle Autonomie del 5 luglio 2013 e 263 del 2013 della Sezione regionale di controllo per il Piemonte. Accoglie nel resto e annulla le deliberazioni nn. 229 e 296 del 2013 della Sezione di controllo per il Piemonte. Nulla per le spese. Si dà atto che il presente dispositivo viene letto in udienza ai sensi dell’art. 23 del R.D. n. 1038/1933. Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18 giugno 2014. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE (Pino Zingale) (Arturo Martucci di Scarfizzi) Depositata in Segreteria il 10 luglio 2014 Il Direttore della Segreteria (Maria Laura Iorio) 19
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