16 Risorse naturali e ambiente

CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
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CAPITOLO
16 Risorse naturali e ambiente
La crescita fine a se stessa è l’ideologia della cellula cancerogena.
Edward Abbey
Il ruolo delle risorse naturali, e dell’ambiente,
nell’ambito del processo economico è diventato
evidente con l’insorgere dei primi gravi problemi
ambientali ed in particolare con l’acuirsi dei fenomeni legati all’inquinamento. Nel 1962 Rachel
Carson, con il libro Silent spring, richiamò l’attenzione dell’opinione pubblica sui danni che l’agricoltura chimica perpetuava su suolo, acqua e fauna selvatica. In questo modo l’autrice ripropose in
chiave moderna la critica all’idea che la crescita
economica potesse essere sostenuta indefinitamente. Problemi ambientali quali l’inquinamento hanno
svolto un ruolo centrale nel mettere in discussione
il delicato rapporto tra processo economico e ambiente dato che il problema dell’esaurimento delle
risorse naturali è stato sempre un fenomeno “sotterraneo” meno evidente che difficilmente può essere
direttamente percepito e che sovente è stato contrastato anche con l’idea che il progresso tecnologico
potesse sopperire al depauperamento delle risorse
mediante un salto tecnologico epocale (si pensi
all’agognato nucleare pulito e sicuro).
Gli economisti nel passato si sono collocati su
posizioni estremamente diversificate tra detrattori
dei problemi ambientali e fermi sostenitori della necessità di rivedere il modello di crescita economico
alla luce dei limiti del pianeta.
Oggigiorno la posizione prevalente è quella
di integrare il punto di vista degli economisti con
quello degli studiosi ambientali e delle scienze naturali. In questo Capitolo, vedremo in che modo si
possono utilizzare gli strumenti dell’economia per
capire i problemi ambientali e progettare politiche
che rendano il mondo più abitabile.
16.1 Popolazione e limitazione delle risorse
16.1.1 Malthus e la “triste scienza”
Il timore dell’appetito vorace di una popolazione
umana in rapida crescita è alla base di molte preoccupazioni ambientali. Consideriamo il seguente
editoriale tratto dalla più importante rivista scientifica a livello mondiale:
“In primo luogo, è importante individuare i principali
problemi quali la sovrappopolazione. Nei bei giorni del
passato [...] in realtà si verificavano carestie, la gente moriva di fame, le carrozze a cavalli inquinavano l’ambiente, i camini diffondevano fuliggine prodotta dalla combustione di carbone bitumoso e le acque erano contaminate
da microrganismi. Gli esseri umani erano talmente pochi
e il territorio così vasto che questi affronti alla natura
potevano essere assorbiti senza serie conseguenze. Tutto
questo non è più vero”1.
1
Science, 10 settembre 1993, p. 1371.
Metà di tale citazione riguarda il problema della crescita delle popolazioni umane, che viene affrontato
in questa sezione. L’altra metà si riferisce alle fonti
dell’inquinamento e ad altri problemi ambientali,
argomenti che saranno trattati nel Paragrafo 16.3.
L’analisi economica della popolazione ebbe origine grazie ai contributi del Reverendo T.R. Malthus, il quale sviluppò le proprie idee criticando
l’opinione ottimista di suo padre, secondo la quale
la razza umana progrediva costantemente. Il figlio
fu talmente coinvolto dall’argomento che nel 1798
scrisse An Essay on the Principle of Population. Il
libro riscosse un immediato successo e da allora ha
influenzato in tutto il mondo il pensiero in materia
di popolazione e crescita economica.
Malthus partì dall’osservazione di Benjamin
Franklin secondo cui nelle colonie americane, dove
le risorse abbondavano, la popolazione tendeva a
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
raddoppiare ogni venticinque anni circa, e da qui
postulò una tendenza universale della popolazione
(a meno che non sia limitata dalla scarsità di cibo)
a crescere in modo esponenziale o in progressione
geometrica. Una popolazione che raddoppia a ogni
generazione (1, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, 512,
1 024, ...) finisce per diventare talmente numerosa
da rendere lo spazio insufficiente.
Dopo aver fatto ricorso all’interesse composto,
Malthus utilizzò anche i rendimenti decrescenti.
Egli affermò che, siccome la terra è fissa mentre gli
input di lavoro aumentano costantemente, i generi
alimentari tenderebbero a crescere in progressione
aritmetica e non geometrica. (Confrontate 1, 2, 3, 4,
... con 1, 2, 4, 8, ...) Malthus tristemente concluse:
“Dato che la popolazione continua a raddoppiare, è come
se il globo terrestre si dimezzasse costantemente fino a
raggiungere dimensioni talmente esigue che la produzione di generi alimentari scenderebbe al di sotto del livello
necessario alla popolazione”.
Quando la legge dei rendimenti decrescenti viene
applicata a un’offerta fissa di terra, la produzione
di generi alimentari tende a non tenere il passo con
un tasso di crescita della popolazione in progressione geometrica.
Applicazione
Applicazioni dell’analisi economica:
interesse composto e crescita esponenziale
La crescita esponenziale e l’interesse composto sono importanti strumenti della scienza economica. La crescita esponenziale (o geometrica) si ha quando una variabile aumenta a
un tasso proporzionale costante di periodo in periodo: se,
quindi, una popolazione di 200 individui cresce a un tasso
del 3% all’anno, sarebbe pari a 200 nell’anno 0; 200 ⫻ 1,03
nell’anno 1; 200 ⫻ 1,03 ⫻ 1,03 nell’anno 2; 200 ⫻ (1,03)3
nell’anno 3; ... 200 ⫻ (1,03)10 nell’anno 10 e così via.
Se si effettuano continui investimenti, si ottiene un interesse
composto, ovvero si percepisce un interesse sull’interesse
passato; la somma su cui matura l’interesse composto cresce geometricamente. Un calcolo divertente consiste nel
determinare quale sarebbe il valore attuale dei 24 dollari
pagati agli indiani per l’acquisto dell’isola di Manhattan se
tale somma fosse stata depositata in cambio di un interesse
composto: se, per esempio, il denaro fosse stato investito al
6% annuo a partire dal 1626, nel 2005 il suo valore sarebbe
di 90 miliardi di dollari.
Una regola utile relativa all’interesse composto è la regola
del 70, secondo la quale una grandezza che cresce al tasso
annuo di r raddoppierebbe in (70/r) anni: una popolazione
che per esempio aumenta del 2% all’anno raddoppia in 35
anni, mentre se si investono fondi al 7% annuo, il loro valore
raddoppierà ogni 10 anni.
In realtà Malthus non affermò che la popolazione
aumenta necessariamente in progressione geometrica, ma soltanto che questa era la tendenza presentata dalla crescita non controllata. Egli descrisse
anche gli impedimenti che, in tutti i tempi e luoghi,
tengono basso il livello di popolazione. Nella prima
edizione del suo lavoro, evidenziò gli impedimenti
“positivi” che fanno salire il tasso di mortalità: pestilenze, fame e guerre; successivamente, espresse
la speranza che la crescita della popolazione potesse essere rallentata da “precetti morali” come l’astinenza e il rinvio dei matrimoni.
Quest’importante applicazione dei rendimenti
decrescenti illustra i potenziali effetti di una semplice teoria. Le idee di Malthus ebbero ampie ripercussioni, e il suo libro fu infatti utilizzato per
sostenere una rigorosa revisione delle leggi inglesi per l’assistenza ai poveri; molti sostennero che
la povertà doveva essere resa quanto più scomoda possibile. Secondo questa opinione, il governo
non può migliorare le condizioni dei meno agiati, poiché ogni aumento del loro reddito avrebbe
semplicemente determinato la moltiplicazione dei
lavoratori fino a quando tutti si sarebbero ridotti a
un livello di pura sussistenza.
Ancora oggi il fantasma di Malthus ricompare nell’economia del “giorno del giudizio”, come
è stata definita una corrente di pensiero assai pessimista che ha trovato espressione in due libri di
grande successo: The Limits to Growth, del 1972, e
il suo seguito del 1992 Beyond the Limits2. I pronostici dei seguaci moderni di Malthus erano ancora
più pessimistici di quelli originari:
“Se le attuali tendenze presentate dalla crescita della popolazione mondiale, dall’industrializzazione,
dall’inquinamento, dai problemi di alimentazione e
dallo sfruttamento delle risorse non si modificheranno,
i limiti alla crescita di questo pianeta saranno raggiunti entro i prossimi cento anni. I risultati più probabili
saranno un declino rapido e incontrollabile della popolazione e della capacità industriale”.
Le profezie imperfette di Malthus Nonostante gli
accurati studi statistici condotti da Malthus, oggi
i demografi ritengono che le sue idee fossero eccessivamente semplificate. Nella discussione sui
rendimenti decrescenti Malthus non anticipò mai
completamente il miracolo tecnologico della Rivo2
Donella H., Meadows D.L., Randers J., The Limits to Growth, Potomac,
Washington, DC 1972, p.23.
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luzione Industriale e neppure previde che, dopo il
1870, la crescita della popolazione nella maggior
parte delle Nazioni occidentali avrebbe iniziato a
calare e che il tenore di vita e i salari reali sarebbero rapidamente aumentati.
Nel secolo successivo a Malthus, i progressi tecnologici hanno spostato verso l’esterno la frontiera
delle possibilità produttive di alcuni Paesi europei e
nordamericani e i mutamenti della tecnologia sono
stati talmente veloci che l’incremento dell’output
ha superato notevolmente la crescita della popolazione, determinando un rapido aumento dei salari
reali. Ciò nonostante, le verità contenute nelle dottrine di Malthus sono ancora oggi importanti per
comprendere l’andamento della crescita della popolazione nelle parti più povere del mondo, dove la
gara tra popolazione e offerta di generi alimentari è
tuttora in corso.
16.1.2 Benessere e inquinamento
Non sussistono dubbi sul fatto che le popolazioni umane in crescita tendono a eliminare alberi,
lupi e alghe marine per dare spazio alle fabbriche,
alle città e ad altri insediamenti umani. Ma è vero,
come suggeriscono i maltusiani dei giorni nostri,
che la crescita economica e l’industrializzazione
sono davvero le strade che conducono alla rovina
dell’ambiente?
Le documentazioni storiche hanno portato alla
scoperta dell’andamento a U rovesciata del livello
di inquinamento lungo le diverse fasi dello sviluppo
economico (Figura 16.1). Il tratto ascendente della
curva è determinato dall’urbanizzazione che, accompagnata dalla nascita di industrie molto inquinanti, spesso sostituisce l’agricoltura nelle prime
fasi dello sviluppo; quando le acciaierie prendono
il posto dell’agricoltura di sussistenza è quasi inevitabile che l’inquinamento atmosferico peggiori,
soprattutto perché i Paesi poveri sono in grado di
contenerlo solo in minima parte. Tuttavia, con l’aumento dei redditi, i Paesi tendono a investire nella riduzione dell’inquinamento e le loro strutture
economiche si evolvono verso i servizi e lontano
dall’industria pesante, riducendo l’inquinamento.
Si spiega così l’andamento dell’inquinamento a U
rovesciata nella Figura 16.1.
Le tendenze di lungo periodo dell’inquinamento negli Stati Uniti confermano questa teoria. La
Figura 16.2 mostra i livelli di inquinamento per unità di output nel secolo scorso in relazione a cinque
importanti sostanze inquinanti: ciascun livello è
diminuito notevolmente nel corso del secolo.
Inquinamento pro capite
per unità prodotta
CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
B
C
A
Reddito pro capite
Figura 16.1 Inquinamento e crescita economica.
L’inquinamento aumenta con la crescita economica? Gli studi
empirici indicano che l’inquinamento tende a seguire l’andamento di una curva a U rovesciata con l’aumento del reddito.
Ai bassi livelli di reddito del punto A, l’agricoltura di sussistenza
produce un inquinamento ridotto; poi, con le prime fasi dello
sviluppo, la nascita di industrie pesanti senza controlli sull’inquinamento determina un aumento dello stesso al punto B; infine,
con la riduzione dell’inquinamento e il passaggio dall’industria
ai servizi nei Paesi evoluti, l’inquinamento scende al punto C.
Per quanto riguarda la popolazione e le sue condizioni sanitarie, in generale gli studi effettuati indicano chiaramente che il livello sanitario è strettamente connesso al reddito pro capite e al livello di
istruzione, e che i principali indicatori del degrado
ambientale, come la carenza di fognature e di acqua
potabile, sono peggiori nei Paesi più poveri. Uno
dei più attenti studiosi della relazione esistente tra
popolazione, sviluppo economico e inquinamento
è Wilfred Beckerman di Oxford, il quale riassunse
le sue scoperte come segue:
“Le importanti questioni ambientali che interessano
il 75% della popolazione mondiale nei Paesi in via di
sviluppo sono i problemi locali della disponibilità di
acqua potabile o servizi igienici adeguati e del degrado delle città. Esistono inoltre prove evidenti che [...]
in ultima analisi il migliore (e probabilmente l’unico)
metodo per ottenere un ambiente accettabile in gran
parte dei Paesi è quello di arricchirsi”.
Per quanto riguarda i rapporti tra l’ambiente e le
forme alternative di organizzazione economica,
si potrebbe pensare che un’economia pianificata
sia capace di evitare i problemi che caratterizzano
l’economia di mercato, incorporando nelle proprie
decisioni le esternalità legate alla crescita della popolazione e all’ambiente. Al contrario, l’esperienza insegna che le economie socialiste dell’Europa
orientale e dell’Unione Sovietica hanno lasciato
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Inquinamento per unità di output
500
Sostanze organiche
volatili
Zolfo
Inquinamento/PIL (1970 = 100)
Piombo
400
Anidride carbonica
400
Polveri
300
200
100
0
1900
1910
1920
1930
1940
1950
Anno
1960
1970
1980
1990
2000
Figura 16.2 Andamento dei livelli di inquinamento negli Stati Uniti, 1900-2000.
L’inquinamento per unità di output toccò il picco massimo nella prima metà del secolo scorso e da allora è sceso notevolmente. L’economia statunitense si colloca attualmente nell’area discendente compresa tra B e C della Figura 16.1. (Fonti: Environmental Protection
Agency, Department of Energy, Department of Commerce. La quantità di ciascuna sostanza inquinante è divisa per il PIL reale.)
un’eredità di inquinamento e problemi ambientali
molto più seri di quelli delle economie di mercato: durante il regime comunista, per esempio, la
Germania dell’Est ricavava gran parte dell’energia da lignite altamente inquinante, che avvelena-
va l’aria con fuliggine e anidride solforosa. Per
i tedeschi dell’Est il passaggio a un’economia di
mercato ha costituito una promessa per il futuro
non solo di un migliore tenore di vita, ma anche di
un ambiente più sano.
16.2 L’economia delle risorse naturali
Le risorse naturali più importanti sono la terra, l’acqua e l’atmosfera: i terreni fertili forniscono generi
alimentari e vino, mentre dal mantello terrestre si
estraggono petrolio e altri minerali; le acque forniscono pesce e possibilità di svago, e costituiscono
un mezzo di trasporto estremamente efficiente; la
preziosa atmosfera produce aria da respirare, bellissimi tramonti e spazio in cui possono volare gli
aeroplani.
In un certo senso, le risorse naturali e l’ambiente
rappresentano un altro insieme di fattori produttivi,
come il lavoro e il capitale, e sono utili all’uomo
poiché quest’ultimo ricava output o soddisfacimento dai servizi offerti dalle risorse naturali.
16.2.1 Risorse appropriabili
e inappropriabili
Nell’analisi delle risorse naturali gli economisti
effettuano due distinzioni fondamentali: la più
importante suddivide le risorse in appropriabili e
inappropriabili. Un bene si definisce appropriabile quando le imprese o i consumatori possono
trarne l’intero valore economico; le risorse naturali
appropriabili comprendono la terra (la cui fertilità
può essere sfruttata dall’agricoltore che vende il
grano o il vino prodotto), le risorse minerarie quali
il petrolio e il gas (dove il proprietario può vendere il valore del giacimento sui mercati) e gli alberi
(dove il proprietario può vendere il terreno o gli
alberi al miglior offerente). In un mercato concorrenziale che opera correttamente le risorse naturali
appropriabili dovrebbero essere valutate e allocate
in modo efficiente.
Esiste tuttavia una seconda categoria di risorse, note come inappropriabili, che possono sicuramente provocare problemi economici. Una
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
risorsa è inappropriabile quando costi e benefici
non ricadono sul proprietario; in altre parole, le
risorse inappropriabili sono quelle che implicano
esternalità (ricordate che le esternalità sono quelle
situazioni nelle quali la produzione o il consumo
impongono costi o benefici non compensati a soggetti terzi).
Esempi di risorse inappropriabili si riscontrano
in ogni angolo del globo. Consideriamo, per esempio, il pesce: un branco di tonni non solo fornisce
cibo, ma anche il corredo genetico per la nascita
di generazioni successive di tonni; ma i mercati
non riescono a determinare un prezzo per questo
secondo aspetto: nessuno acquista o vende l’accoppiamento dei tonni. Di conseguenza, quando un
peschereccio cattura un tonno, non risarcisce la società per la riduzione del potenziale accoppiamento
futuro; se non viene regolamentata, la pesca tende
quindi a sfruttare eccessivamente le risorse ittiche.
Tutto questo conduce a un importante risultato
della scienza economica: quando le risorse sono
inappropriabili e presentano esternalità, i mercati forniscono segnali distorti. In generale, i mercati producono in quantità eccessiva i beni che
generano diseconomie esterne e in quantità insufficiente i beni che generano economie esterne.
Risorse rinnovabili e non rinnovabili
Le tecniche di gestione delle risorse variano a seconda che queste siano rinnovabili o non rinnovabili. Una risorsa non rinnovabile è caratterizzata
da un’offerta essenzialmente fissa o che non si rigenera velocemente. Esempi importanti di risorse
non rinnovabili sono i combustibili fossili, la cui
formazione ha richiesto milioni di anni e che possono essere considerati fissi per le civiltà umane,
e le risorse minerarie non combustibili, come il
rame, l’argento, l’oro, la pietra e la sabbia.
Una seconda categoria è costituita dalle risorse
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rinnovabili, i cui servizi si rinnovano regolarmente e che, se gestite correttamente, possono fornire una quantità infinita di servizi utili. Tra le più
importanti categorie di risorse rinnovabili vanno
ricordati i terreni coltivabili, l’energia solare, l’acqua, le foreste e la fauna ittica.
Come si vedrà in seguito, i princìpi della gestione efficiente di queste due categorie di risorse presentano problemi notevolmente diversi. L’impiego
efficiente di una risorsa non rinnovabile comporta
la distribuzione di una quantità limitata di risorse
nel tempo: conviene utilizzare il gas naturale per
l’attuale generazione o conservarlo per il futuro?
L’utilizzo prudente delle risorse rinnovabili richiede che si garantisca l’efficienza del flusso di servizi, per esempio attraverso una gestione appropriata
delle foreste, la protezione dei pascoli o l’immagazzinamento delle acque.
La Tabella 16.1 mostra questa suddivisione fondamentale delle risorse, e di ciascuna dà alcuni
esempi.
16.2.2 Allocazione delle risorse naturali
appropriabili
In primo luogo verranno considerate le risorse naturali appropriabili, vale a dire quelle risorse di
proprietà privata e che presentano costi e benefici
in larga misura espressi dal mercato. Quali sono
le principali industrie delle risorse naturali? All’inizio degli anni 2000 il valore aggiunto totale di
tutte le industrie delle risorse naturali presenti sul
mercato rappresentava il 2,6% del prodotto totale.
Due di esse, l’agricoltura da un lato e il petrolio e
il gas dall’altro, erano responsabili di due terzi del
valore aggiunto generato dalle risorse naturali sul
mercato.
Anche se la percentuale di reddito totale direttamente derivante dalle risorse naturali è modesta,
non sarebbe saggio pensare che tali risorse non siano importanti per la crescita economica. Auguria-
Tabella 16.1 Classificazione delle risorse.
Le risorse si classificano in appropriabili o inappropriabili a seconda che la loro produzione o il loro consumo implichino esternalità
significative. Le risorse non rinnovabili, come il petrolio e il gas naturale, richiedono di determinare il modo in cui allocare la risorsa
limitata nello spazio e nel tempo. Per quanto riguarda le risorse rinnovabili, come il legname e la pesca, il problema principale consiste
nell’individuare un metodo di gestione adeguato affinché il valore della risorsa venga massimizzato.
Rinnovabile
Non rinnovabile
Appropriabile
Legname, terreni agricoli, energia solare
Petrolio, gas naturale, rame
Inappropriabile
Pesca, qualità dell’aria, paesaggi
Clima, rifiuti radioattivi
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
moci soltanto di non esaurire un giorno una qualche risorsa naturale essenziale, come per esempio
l’energia, e di non dover cercare affannosamente
fonti alternative: niente ridurrebbe una moderna
economia industriale nel caos e nella povertà più
rapidamente dell’esaurimento del combustibile
necessario alle tecnologie che utilizzano energia,
quali i computer, le auto, gli ospedali e i motori
elettrici. Una simile eventualità sarebbe preoccupante perché il 90% dell’attuale consumo energetico negli Stati Uniti è derivato da risorse limitate
non rinnovabili quali il petrolio, il gas e il carbone; sarebbe forse necessario prendere misure per
ridurre l’utilizzo di questi essenziali stock di capitale della società in modo che anche i nostri nipoti
possano disporne?
Gli economisti forniscono due risposte a questa domanda. Innanzitutto sottolineano il fatto che
i combustibili fossili come il petrolio e il gas sono
limitati, ma non “essenziali”: una risorsa è essenziale, come l’ossigeno, quando non esistono sostituti. Tutte le risorse energetiche dispongono di
sostituiti; è quasi sempre possibile, per esempio,
sostituire il petrolio e il gas con il carbone: il carbone si può liquefare o gassificare se sono richiesti
combustibili liquidi o gassosi e, quando il carbone
si esaurirà, sarà possibile ricorrere all’energia solare, alla fissione nucleare e forse un giorno anche
alla fusione nucleare. Queste ultime tre risorse sono
sovrabbondanti, nel senso che, quando si esaurirà
l’energia solare, la Terra sarà già inabitabile.
Un secondo punto riguarda la produttività relativa delle diverse attività. Numerosi ambientalisti
sostengono che l’energia e altre risorse naturali,
come le zone verdi e le foreste secolari, sono tipi
speciali di capitale che devono essere conservati al
fine di mantenere una crescita economica “sostenibile”. Gli economisti hanno un’opinione diversa e
tendono a considerare le risorse naturali come una
categoria speciale di attività produttive, insieme
a computer veloci, capitale umano di forza lavoro istruita, conoscenze tecnologiche dei software,
scienziati e ingegneri. Sia gli economisti sia gli
ambientalisti si trovano d’accordo nell’affermare che l’attuale generazione dovrebbe conservare
per le generazioni successive uno stock di capitale sufficiente, ma gli economisti si concentrano
maggiormente sulla produttività del capitale che
sulla sua precisa conformazione. Ciò che si chiedono è se le generazioni future beneficerebbero di
maggiori risorse naturali, quali il petrolio, il gas
e il carbone, piuttosto che di maggiori quantità di
capitale di altro genere: più scienziati, laboratori
meglio attrezzati o biblioteche collegate tra loro da
superautostrade informatiche.
La sostituibilità tra il capitale naturale e altri
tipi di capitale è illustrata dalla curva d’indifferenza produttiva o isoquanto nella Figura 16.3, dove
si osservano le quantità dei due tipi di capitale necessario per raggiungere un certo livello di output
futuro (Q*), mantenendo costanti gli altri input.
Tale livello di output può essere prodotto con una
politica di conservazione dell’ambiente che riduca l’attuale utilizzo di energia e che conservi per
il futuro molto petrolio e gas e relativamente poco
capitale umano, come si vede nel punto C, oppure
adottando una strategia di energia a basso costo e
livelli di istruzione elevati, come indicato dal punto B. Entrambe queste soluzioni sono possibili; la
migliore sarà quella che consente livelli di consumo maggiori sia al momento attuale sia in futuro.
Si noti anche che l’isoquanto raggiunge l’asse
verticale nel punto A, il che indica che in futuro
sarà possibile produrre l’output Q* senza petrolio
o gas. Tale soluzione è resa possibile dalle maggiori conoscenze scientifiche e tecniche corrisponden-
Figura 16.3 Nella produzione il capitale naturale e il capitale umano sono beni sostitutivi.
Un determinato livello di output si può produrre con capitale
naturale (KN) o capitale umano (KU). La curva di uguale produzione mostra la combinazione di input che produrrà una determinata quantità di output in futuro (Q*). Gli ambientalisti raccomandano di conservare il capitale naturale per poter disporre di
ampi stock in futuro, come indicato dal punto C. Gli economisti
sottolineano invece l’esigenza di garantire che il capitale scarso
venga destinato ai settori maggiormente produttivi. Se il capitale naturale è abbondante, sarebbe più efficiente spostarsi nel
punto B consumando capitale naturale oggi e allo stesso tempo
accumulando capitale umano e migliorando la tecnologia tramite la ricerca e lo sviluppo.
Futuro stock di capitale umano (KU)
6
A
Input necessario per produrre
l’output futuro al livello Q*
B
C
Futuri stock di petrolio e gas (KN)
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
ti al punto A, che consentono alla società di introdurre tecnologie sostitutive, come il carbone pulito
o l’energia solare, che possono essere utilizzate al
7
posto del petrolio e del gas esauriti. La curva raggiunge l’asse per indicare che nel lungo periodo il
petrolio e il gas non sono indispensabili.
Approfondimento
Il depauperamento delle risorse: l’impronta ecologica
All’inizio del capitolo abbiamo evidenziato come le interazioni
tra processo economico e ambiente diano luogo a problemi
ambientali quali l’inquinamento e a processi di depauperamento delle risorse. Un tentativo di misurare la seconda dimensione è quello proposto dall’indicatore d’impronta ecologica (Ecological Footprint) messo a punto da Mathis Wackernagel
William Rees e aggiornato dal WWF.
L’impronta ecologica è un indicatore di sostenibilità che misura
la domanda umana sugli ecosistemi in termini di superficie,
terrestre e marittima, biologicamente produttiva necessaria sia
a produrre le risorse che l’uomo consuma che ad assorbire i
rifiuti che produce.
L’Impronta ecologica di un paese è data dalla somma di tutti
i terreni agricoli, i pascoli, le foreste e gli stock ittici necessari:
1) a produrre il cibo, le fibre e il legname che il paese consuma;
2) ad assorbire i materiali di scarto che emette nel momento in
cui utilizza l’energia (cioè il biossido di carbonio);
3) a fornire lo spazio sufficiente per le infrastrutture che realizza.
In dettaglio si considerano sei categorie principali di suolo: a)
terreno per l’energia (superficie necessaria per assorbire l’anidride carbonica prodotta dall’utilizzo di combustibili fossili); b)
terreno agricolo (superficie arabile utilizzata per la produzione
di alimenti e altri beni); c) pascoli (superficie destinata all’allevamento); d) foreste (superficie destinata alla produzione di
legname); e) superficie edificata (dedicata agli insediamenti
abitativi, agli impianti industriali, alle aree per servizi, alle vie di
comunicazione); f) mare (superficie marina dedicata alla crescita di risorse per la pesca).
Poiché le persone consumano risorse e servizi ecologici provenienti da tutto il mondo, le loro impronte sono costituite dalla
somma di queste superfici, indipendentemente da dove esse
si trovino sul terra.
Le superfici sono calcolate in ettari globali (Gha). Un Gha è
un ettaro che indica la capacità media mondiale di produrre
risorse e assorbire materiali di scarto, cioè il biossido di carbonio; infatti la componente principale dell’impronta ecologica è
l’impronta di carbonio che ha un peso del 55%.
Questo indicatore è calcolato e pubblicato ogni due anni dal
WWF, Global Footprint Network, London Zoological Society e
Water Footprint Network. Secondo l’ultima edizione (2011) la
biocapacità totale della Terra ammonta a 12 miliardi di Gha per
un valore procapite di 1,8, mentre l’impronta ecologica dell’umanità supera i 18 miliardi (2,7 procapite). In pratica l’impronta
ecologica dell’umanità ha superato la biocapacità della Terra di
oltre il 50%.
16.3 Contenimento delle esternalità: economia ambientale
In questa sezione esamineremo la natura delle
esternalità ambientali e i motivi per cui producono
inefficienze economiche, e analizzeremo le possibili soluzioni.
16.3.1 Esternalità
Abbiamo già visto il concetto di esternalità, vale a
dire attività che impone costi o benefici involontari
sugli altri, o attività i cui effetti si riflettono completamente nei prezzi e nelle transazioni di mercato.
Esistono vari tipi di esternalità. Alcune sono
positive, altre sono negative: se, per esempio, qualcuno getta rifiuti tossici in un fiume, potrebbe uccidere pesci e piante e diminuire il valore del corso
d’acqua a scopo ricreativo e, poiché non paga per il
danno provocato, si verifica un’esternalità negativa
o nociva; quando invece l’agricoltore svolgendo la
sua attività tutela il territorio da possibili dissesti
idrogeologici dà luogo a un’esternalità positiva.
Beni pubblici e beni privati
Un esempio estremo di esternalità è quello di un
bene pubblico, ovvero un bene che può essere fornito a tutti con la stessa facilità con cui può essere
fornito a un solo individuo.
Il caso per eccellenza di bene pubblico è la Difesa nazionale. Niente è più importante per la società
della sicurezza, ma la Difesa nazionale, quale bene
economico, si distingue nettamente da un bene privato come il pane: mentre infatti dieci pagnotte si
possono suddividere in vari modi tra gli individui,
la Difesa nazionale, una volta fornita, si ripercuote
equamente su ognuno e, indipendentemente dal fatto
che un individuo sia favorevole o contrario alla guerra, pacifista o militarista, vecchio o giovane, ignorante o istruito, riceverà dall’esercito la stessa quantità di sicurezza nazionale garantita a tutti gli altri.
Se si decide, quindi, di fornire una determinata
quantità di un bene pubblico come la Difesa nazio-
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8
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
nale, un certo numero di sottomarini, missili e carri
armati proteggeranno ciascun individuo, mentre
la decisione di consumare un bene privato come
il pane è un’azione individuale, in quanto ognuno
può scegliere di mangiare quattro panini o due o
dieci, e la sua decisione non influenza la quantità
di pane consumata da un altro.
L’esempio della Difesa nazionale costituisce un
caso estremo di bene pubblico, ma elementi che caratterizzano i beni pubblici si riscontrano anche nel
vaccino contro il vaiolo, in un concerto, in una diga
a monte di un fiume che evita alluvioni a valle, o in
altri progetti pubblici analoghi.
Riassumendo:
i beni pubblici garantiscono benefici indivisibili
all’intera comunità, indipendentemente dal fatto
che gli individui desiderino o meno acquistare il
bene pubblico. Al contrario, i beni privati possono essere suddivisi e forniti separatamente a
diversi individui senza comportare benefici o costi esterni per altri. Affinché i beni pubblici siano
forniti in modo efficiente, spesso si richiede l’intervento dello Stato. Per contro, i beni privati possono essere distribuiti efficientemente dai mercati.
Applicazione
I beni pubblici globali
I fallimenti del mercato più problematici in assoluto riguardano forse i beni pubblici globali. Si tratta di esternalità il cui
impatto si estende indivisibilmente sul mondo intero; esempi
importanti sono le iniziative per diminuire il surriscaldamento del pianeta (trattato più avanti in questo Capitolo) o per
prevenire l’impoverimento dello strato d’ozono, o la scoperta
di nuovi ritrovati (per esempio un vaccino contro la malaria).
I beni pubblici globali pongono problemi particolari perché
non sono disponibili meccanismi politici o di mercato per
allocarli efficacemente e i mercati falliscono regolarmente in
quanto gli individui non sono adeguatamente incentivati a
produrli, mentre i governi nazionali non riescono a cogliere
tutti i benefici degli investimenti nei beni pubblici globali.
Perché i beni pubblici globali si differenziano dagli altri beni?
Se un terribile temporale distruggesse la maggior parte delle
coltivazioni di mais, il sistema dei prezzi porterebbe agricoltori
e consumatori a equilibrare bisogni e disponibilità; se il sistema stradale pubblico degli Stati Uniti richiedesse una modernizzazione, gli elettori spingerebbero il governo a sviluppare un
sistema di trasporti efficace. Tuttavia, se emergessero problemi
in merito ai beni pubblici globali, quali il surriscaldamento della
Terra o la resistenza agli antibiotici, né gli operatori di mercato
né i governi nazionali avrebbero incentivi adeguati per trovare
una soluzione efficace; il costo marginale degli investimenti per
ciascun individuo o Nazione è molto inferiore rispetto ai benefici
marginali globali e l’unico risultato certo è il sottoinvestimento.
16.3.2 Inefficienza del mercato
con esternalità
Abraham Lincoln disse che lo Stato “deve fare per
i cittadini quello che da soli non possono fare o
non riescono a fare bene”. Il controllo dell’inquinamento rientra in tale linea di comportamento, in
quanto il meccanismo del mercato non sorveglia
adeguatamente coloro che inquinano. Le imprese non riducono volontariamente le emissioni di
sostanze chimiche dannose e neppure evitano di
sotterrare i loro rifiuti tossici, per cui il controllo
dell’inquinamento viene generalmente ritenuto una
funzione pubblica legittima.
Analisi dell’inefficienza
Perché le esternalità come l’inquinamento producono inefficienze economiche? Consideriamo, per
esempio, un’ipotetica centrale elettrica a carbone.
La Luce & Energia Sporca genera una diseconomia
esterna diffondendo nell’aria tonnellate di anidride
solforosa; queste emissioni danneggiano la centrale
stessa, rendendo necessario verniciature più frequenti e incrementando le spese mediche dell’impresa,
ma gran parte del danno è “esterno” all’impresa: si
diffonde nella zona circostante, provoca danni alla
vegetazione e agli edifici, problemi respiratori e persino morti premature alla popolazione.
Trattandosi di una solida impresa che massimizza i profitti, la Luce & Energia Sporca deve
stabilire la quantità di sostanze inquinanti che
emetterà. Se l’inquinamento non viene controllato,
i lavoratori e gli impianti subiranno dei danni, ma
eliminare ogni molecola di sostanze nocive significa sostenere forti spese per combustibili a basso
contenuto di zolfo, per sistemi di riciclaggio, per
attrezzature di pulizia, e così via; l’eliminazione
completa dell’inquinamento comporterebbe costi
talmente elevati da impedire la sopravvivenza stessa dell’impresa sul mercato.
Gli amministratori decideranno quindi di controllare l’inquinamento soltanto fino al punto in
cui i benefici apportati dalla riduzione aggiuntiva dell’inquinamento (benefici marginali privati)
saranno uguali al costo addizionale sostenuto per
tale operazione (costo marginale della riduzione). I
contabili dell’impresa stimano che i benefici marginali privati ammontano a 10 euro per ogni tonnellata di anidride solforosa smaltita e gli ingegneri
informano gli amministratori che, per eliminare 50
delle 400 tonnellate solitamente emesse, si sosterrà un costo marginale di 10 euro alla tonnellata. Il
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
livello ottimale di riduzione dell’inquinamento per
l’impresa è quindi pari a 50 tonnellate, livello al
quale il beneficio marginale privato dell’impresa
è esattamente uguale al costo marginale della riduzione. In altre parole, se la Luce & Energia Sporca
produce energia elettrica al minor costo possibile,
considerando esclusivamente i costi e i benefici
privati, fisserà il livello di inquinamento a 350 tonnellate ed eliminerà soltanto 50 tonnellate.
Supponiamo tuttavia che a un gruppo di economisti ed esperti in materia ambientale venga
chiesto di esaminare l’impatto complessivo sulla
società piuttosto che quello sui conti della Luce &
Energia Sporca. Analizzando l’impatto totale, gli
esperti scoprono che i benefici marginali sociali
del controllo dell’inquinamento (compresi il miglioramento della salute pubblica e l’aumento di
valore delle proprietà nelle zone circostanti) sono
10 volte maggiori dei benefici marginali privati.
L’impatto di ogni tonnellata aggiuntiva di sostanze
inquinanti sulla Luce & Energia Sporca è pari a 10
euro, ma sul resto della società graverà un impatto
aggiuntivo di 90 euro per tonnellata di costi esterni.
Perché l’impresa non include nei suoi calcoli i 90
euro di benefici sociali aggiuntivi? La somma non
viene considerata perché i benefici sono esterni
all’impresa e non hanno alcun effetto sui profitti
che realizza.
A questo punto risulta chiaro il motivo per cui
l’inquinamento e altre esternalità producono risultati economici inefficienti: in un ambiente non
controllato le imprese determinano i livelli di inquinamento a loro più convenienti, eguagliando il
beneficio marginale privato derivante dalla riduzione dell’inquinamento al costo marginale di tale
riduzione. Quando le esternalità dell’inquinamento
sono significative, l’equilibrio di mercato produrrà
livelli elevati e inefficienti di inquinamento e interventi di risanamento eccessivamente limitati.
L’inquinamento socialmente efficiente Dato che
le decisioni dei privati relative al controllo dell’inquinamento sono inefficienti, esiste forse una soluzione migliore? L’emissione di sostanze inquinanti
dovrebbe essere completamente vietata? Le parti
danneggiate dovrebbero negoziare con i responsabili dell’inquinamento e avere la possibilità di citarli per danni? Esiste una soluzione ingegneristica
a tale problema?
In generale, gli economisti tentano di determinare il livello di inquinamento socialmente efficiente equilibrando i costi e i benefici sociali; più
9
precisamente, l’efficienza richiede che il beneficio
marginale sociale della riduzione e i costi marginali sociali della riduzione siano uguali. Tale uguaglianza si verifica quando i benefici marginali per
la salute pubblica e per le proprietà della Nazione
apportati dalla riduzione di una unità di inquinamento sono esattamente uguali ai costi marginali
sostenuti per la riduzione.
Come si può determinare un livello efficiente di
inquinamento? Gli economisti suggeriscono un approccio noto come analisi costi-benefici, che fissa
i livelli di efficienza eguagliando i costi e i benefici marginali di un’azione. Nel caso della Luce &
Energia Sporca, supponiamo che gli esperti analizzino i dati relativi ai costi della riduzione e al danno
ambientale. Essi determinano che i costi marginali
sociali e i benefici marginali sociali si eguagliano
quando la riduzione dell’inquinamento aumenta da
50 a 250 tonnellate. Al tasso di inquinamento efficiente essi rilevano che il costo marginale della
riduzione è di 40 euro alla tonnellata, esattamente
pari ai benefici marginali sociali prodotti dall’eliminazione dell’ultima unità di inquinamento.
L’impresa è efficiente quando emette 150 tonnellate di sostanze inquinanti (con una riduzione
pari a 250 tonnellate) e non 400 tonnellate (con una
riduzione pari a 0), in quanto quel tasso di emissioni
massimizza il valore sociale netto della produzione; se invece la Luce & Energia Sporca producesse
più di 150 tonnellate di inquinamento, il danno ambientale aggiuntivo supererebbe i risparmi di costo
determinati da riduzioni minori. D’altra parte, se
si eliminassero più di 150 tonnellate di inquinamento, i costi marginali di tale riduzione sarebbero
maggiori dei benefici marginali garantiti dall’aria
più pulita; quindi anche in questo caso, così come
in molti altri settori, il risultato di massima efficienza si ottiene eguagliando il costo marginale e i
benefici marginali di una data attività.
Il ricorso all’analisi costi-benefici chiarisce il
motivo per cui la posizione ambientalista estrema del “rischio zero” o “emissione zero” in genere comporta uno spreco. La totale eliminazione
dell’inquinamento solitamente impone costi astronomici, mentre i benefici marginali prodotti dalla
rimozione degli ultimi pochi grammi di sostanze
inquinanti possono essere estremamente limitati:
in alcuni casi potrebbe essere addirittura impossibile continuare a produrre senza emissioni, per
cui l’approccio del “rischio zero” comporterebbe
la chiusura dell’industria dei computer o il totale
divieto del traffico veicolare.
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10
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
In generale, per raggiungere l’efficienza economica è necessario trovare un compromesso, ovvero
equilibrare il valore aggiuntivo dell’output dell’industria e il danno aggiuntivo prodotto dall’inquinamento.
Un’economia di mercato non regolamentata genera livelli di inquinamento ai quali il beneficio
marginale privato della riduzione dell’inquinamento è uguale ai costi marginali privati di tale
riduzione. L’efficienza richiede che il beneficio
marginale sociale sia uguale al costo marginale
sociale della riduzione; un sistema economico
non regolamentato sarà quindi caratterizzato da
riduzioni eccessivamente limitate e livelli di inquinamento eccessivamente elevati.
Valutazione dei danni
Una delle principali difficoltà nella scelta di politiche ambientali efficienti dipende dal bisogno di valutare i benefici del controllo dell’inquinamento e
di altre politiche. Come abbiamo detto precedentemente, una gestione efficace dell’ambiente richiede un bilanciamento degli impatti e dei costi sul
margine di inquinamento aggiuntivo. Per esempio,
se si fissano le imposte sulle emissioni allo stesso
livello dei danni marginali, dobbiamo calcolare i
danni derivanti dall’inquinamento. Qualora l’impatto riguardi beni e servizi destinati alla vendita,
la misurazione è semplice: se un clima surriscaldato riduce i raccolti di grano, possiamo misurare
il danno attraverso il valore netto dello stesso; se,
analogamente, una nuova strada comporta l’abbattimento della casa di qualcuno, possiamo calcolare
il valore di mercato di un’abitazione sostitutiva.
Sfortunatamente, per molte categorie di danni
ambientali, in particolare nei settori non di mercato, la valutazione è molto più difficile; per esempio, gli ambientalisti hanno recentemente invocato
uno stop al disboscamento di una vasta area del
nord-ovest degli Stati Uniti, al fine di preservare
l’habitat della civetta maculata. Tale scelta sarebbe costata il posto di lavoro a migliaia di tagliaboschi e avrebbe fatto salire il prezzo del legname;
come potremmo valutare i benefici derivanti dalla
conservazione della specie della civetta maculata?
Per fare un altro esempio, la fuoriuscita di petrolio dalla nave petroliera “Exxon Valdez” a Prince
William Sound, in Alaska, danneggiò le spiagge e
uccise la fauna selvatica: quanto vale la vita di una
lontra di mare? Ancora più controverso è il valore
di una vita umana: quanto dovrebbe pagare la so-
cietà per ridurre le malattie o l’accorciamento della
vita derivanti dall’inquinamento atmosferico?
Gli economisti hanno sviluppato diversi approcci per misurare l’impatto prodotto da diversi
fattori, per esempio sulle civette e sulle lontre, che
non si evidenzia direttamente nei prezzi di mercato. Le tecniche più semplici esaminano l’impatto
del danno ambientale su diverse attività e poi applicano valori derivati di mercato su tali attività.
Per esempio, per stimare l’impatto delle emissioni di biossido di zolfo, gli economisti ambientali
prima valutano l’impatto delle maggiori emissioni
sulla salute e poi assegnano un valore monetario
ai cambiamenti nella salute utilizzando tecniche di
indagine o stime derivanti dal comportamento reale delle persone.
Alcuni dei casi più difficili si verificano in situazioni che riguardano gli ecosistemi e la sopravvivenza di diverse specie. Quanto dovrebbe pagare la società per garantire la sopravvivenza della
civetta maculata? La maggior parte delle persone
non ne vedrà mai una e non si recherà mai a Prince William Sound in Alaska; potrebbe tuttavia attribuire un valore a queste risorse naturali. Alcuni
economisti dell’ambiente utilizzano una tecnica
detta valutazione contingente, che consiste nel domandare alle persone quanto sarebbero disposte a
pagare in una situazione ipotetica, per esempio, al
fine di preservare alcune risorse naturali. È un metodo che consente di ottenere delle risposte, di cui
però non è mai stata dimostrata l’affidabilità.
Sono in pochi a mettere in dubbio l’elevato valore
di un ambiente sano e pulito, ma una valutazione affidabile dell’ambiente, in particolare delle
componenti fuori dal mercato, si è dimostrata un
compito arduo.
Analisi grafica dell’inquinamento
La Figura 16.4 può essere utile per illustrare tali
concetti. La curva con pendenza positiva CM rappresenta il costo marginale della riduzione; le curve con pendenza negativa rappresentano i benefici
marginali prodotti dalla riduzione dell’inquinamento: la linea superiore BMS indica il beneficio marginale sociale derivante da un minore inquinamento,
mentre la linea inferiore tratteggiata BMP rappresenta il beneficio marginale privato della riduzione
effettuata dal responsabile dell’inquinamento.
La soluzione del mercato non regolamentato è
indicata dal punto I, dove i costi e i benefici marginali privati sono uguali: in questo punto vengono
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
120
Costi marginali, benefici prodotti dalla riduzione
Figura 16.4 Inefficienze derivanti da esternalità.
Quando il beneficio marginale sociale (BMS) diverge dal beneficio
marginale privato (BMP), i mercati generano un equilibrio non
regolamentato corrispondente al
punto I, che presenta riduzioni
dell’inquinamento insufficienti. Il
livello di riduzione efficiente è
rappresentato dal punto E, dove
il beneficio marginale sociale è
uguale al costo marginale.
11
CM⬘
BMS (beneficio marginale sociale)
O
100
80
CM (costo marginale
della riduzione)
Z
60
E
40
20
I
BMP (beneficio
marginale privato)
B
0
eliminate soltanto 50 tonnellate e i costi e i benefici
marginali privati ammontano a 10 euro alla tonnellata. Tale soluzione è tuttavia inefficiente, e lo si
può dimostrare con un esperimento in cui si incrementa la riduzione di 10 tonnellate, come indicato
dalla striscia sottile a destra del punto I. I benefici
marginali apportati dalla riduzione aggiuntiva sono
rappresentati dall’area totale della striscia al di sotto
della curva BMS, mentre i costi marginali corrispondono all’area al di sotto della curva CM. I benefici
netti sono quindi indicati dalla parte della striscia
costituita dall’area ombreggiata tra le due curve.
Il livello di inquinamento efficiente si ha nel punto E, dove i benefici marginali sociali sono uguali
al costo marginale della riduzione. In quel punto sia
BMS sia CM corrispondono a 40 euro alla tonnellata; poiché BMS e CM sono uguali, l’esperimento di
accrescere la riduzione di una quantità minima mostrerà inoltre che tra le curve non vi è alcuna distanza e quindi il controllo aggiuntivo dell’inquinamento non produce benefici netti. I benefici netti della
soluzione efficiente possono essere misurati anche
rispetto al mercato non regolamentato, considerando tutta l’area compresa tra la striscia ombreggiata
e il punto E. Questo calcolo mostra che l’area IOE
rappresenta i vantaggi prodotti dall’eliminazione
efficiente delle sostanze inquinanti.
Un ultimo esperimento consiste nel considerare
una “filosofia del rischio zero” che fosse finalizzata all’eliminazione dell’inquinamento fino all’ultima particella (in questo caso la riduzione ammonterebbe a 400 unità). Nella Figura 16.4, i benefici
300
200
100
Riduzione (eliminazione di sostanze inquinanti)
400
marginali sociali sono pari a zero con l’assenza di
inquinamento al punto B poiché l’ultima particella
non è dannosa; per contro, i costi marginali sono
relativamente elevati al punto Z. In alcuni casi, per
esempio sulla curva tratteggiata CM⬘, i costi marginali possono essere astronomici con un inquinamento pari a zero.
Per esempio, la riduzione di tutto l’inquinamento derivante dall’uso di energia avrebbe costi
enormi. Sommando tutte le piccole strisce a destra
del punto di efficienza, si nota che i costi eccedenti dell’approccio con rischio zero sono indicati
dall’area EZB. Questo esempio dimostra perché gli
economisti sono scettici nei riguardi degli approcci
che sostengono la riduzione a zero dell’inquinamento: con ogni probabilità causerebbero la bancarotta dell’economia.
Attenzione
Avvertenza sulla rappresentazione grafica
dell’inquinamento
Nell’analisi dell’inquinamento è utile considerare il controllo dell’inquinamento come un “bene”: nei grafici i costi e i
benefici marginali si misurano quindi sull’asse verticale e la
riduzione, o inquinamento eliminato, sull’asse orizzontale. Il
segreto consiste nel tenere presente che, siccome la riduzione dell’inquinamento è un fatto positivo, si misura con verso
positivo sull’asse orizzontale. È anche possibile misurare l’inquinamento al contrario, partendo dal punto estremo sulla
destra corrispondente a 400: in questo caso, la riduzione
zero corrisponde a un inquinamento pari a 400, mentre la
riduzione di 400 equivale all’inquinamento zero.
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12
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Approfondimento
Una trattazione economica del problema dei rifiuti
In senso economico i rifiuti sono dei beni a “utilità negativa”, conseguentemente il produttore si trova costretto a dover
pagare un prezzo al compratore se vuole “vendere il bene
rifiuto”. Noi tutti3 paghiamo affinché i nostri rifiuti siano ritirati
e anche le imprese devono pagare se vogliono smaltire i loro
sottoprodotti e i loro scarti di produzione. Questa situazione
può essere sintetizzata dicendo che il prezzo sul mercato dei
rifiuti è negativo!
Nella realtà, come il recente caso Campania ha confermato
in modo eclatante, esiste anche un altro problema che è lo
smaltimento dei rifiuti ritirati dato che la collocazione territoriale di questo tipo di attività trova grossi ostacoli da parte delle
comunità locali generalmente affette dalla sindrome Nimby
(Not In My Back Yard), letteralmente “non nel mio cortile”. In
questo approfondimento ci limiteremo però ad analizzare la
prima questione, ovvero l’analisi economica del “bene” rifiuti.
Immaginiamo un’economia che produce un quantitativo di rifiuti pari a Qr, rifiuti che devono essere ritirati e trattati. Sul versante
della domanda avremo gli “acquirenti” che saranno disposti a
ritirare questi rifiuti sulla base del prezzo che il produttore intende conferire loro. Di fatto questi acquirenti ritirano un bene
senza mercato che deve solo essere smaltito. Ovviamente se il
prezzo (P) offerto per unità di rifiuti (per esempio un quintale)
è nullo, nullo sarà anche il quantitativo di rifiuti ritirato mentre al
crescere del prezzo pagato dal produttore aumenterà il volume
di rifiuti ritirati dall’acquirente. Dalla Figura 16.5, che riproduce
la situazione sopra descritta, si evince che il mercato non regolato assicurerà lo smaltimento del quantitativo Qr’ al prezzo P’.
Osserviamo anche che più il prezzo richiesto per lo smaltimento è elevato in valore assoluto (più è negativo) minore
è la quantità di rifiuti che saranno ritirati. Nel punto di equilibrio E sarà ritirata la quantità di rifiuti pari al segmento 0Qr’ in
corrispondenza del prezzo P’ < 0 (ricordiamo che il prezzo è
negativo poiché è il produttore a dover pagare l’acquirente per
“acquistare i rifiuti”). Conseguentemente rimane un incognita
il destino della quantità (Qr – Qr’) ma possiamo immaginare
che la soluzione illegale rappresenti una concreta alternativa;
cosa fare per evitare tale evenienza?
Una possibile soluzione potrebbe essere l’istituzione di una
legge che impone lo smaltimento dei rifiuti in appositi siti ma
è evidente che tale intervento normativo non potrà sortire
effetti apprezzabili poiché per alcuni produttori il prezzo da
pagare risulterà troppo alto e quindi proveranno a smaltire i
loro rifiuti clandestinamente.
Un’altra soluzione potrebbe essere quella di cambiare l’utilità
associata ai rifiuti rendendola positiva almeno per una parte
di questi; questo è possibile attraverso il riciclaggio. Con il riciclaggio si trasformano beni a utilità negativa (i rifiuti) in beni
a utilità positiva, capaci di rientrare nel circuito del mercato4;
conseguentemente, possiamo immaginare che la domanda
trasli verso l’alto in virtù dell’ “aumentato valore” dei rifiuti o di
una parte di questi.
Con la modifica del valore dei rifiuti la domanda diventa D’,
l’equilibrio è E’ in corrispondenza del quale tutti i rifiuti prodotti sono ritirati gratuitamente (P = 0). Notiamo inoltre che in
questo caso esiste un incentivo economico a ritirare e smaltire
i rifiuti, incentivo che manca nel caso dell’imposizione della
norma che non assicura né il ritiro né, tantomeno, il corretto
smaltimento proprio perché non esiste un acquirente finale
che riutilizza questi rifiuti. Nel caso del riciclaggio questo mercato invece esiste e assicura l’acquisto da parte degli utilizzatori finali evitando lo smaltimento clandestino.
Dal punto E’ in poi l’offerta diviene verticale (perfettamente
rigida) perché i rifiuti sono dei sottoprodotti ottenuti come frazione costante del prodotto primario quindi a meno che non
aumenti la produzione del prodotto finale non ci sarà un aumento della quantità di rifiuti anche se il loro valore aumenta.
Figura 16.5
Figura 16.6
P
0
P
Qr’
Qr
Q
0
Qr’
S(offerta di rifiuti)
P’
3
4
E
S(offerta di rifiuti)
P’
D(domanda di rifiuti)
Qr
E
Q
E’
D’(nuova domanda di rifiuti)
D(domanda di rifiuti)
In realtà nel caso dei rifiuti domestici la situazione è leggermente diversa dato che esiste una tassa specifica (Tarsu: tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani) che al momento è indipendente dal volume prodotto ma è commisurata alla superficie dell’immobile. In questo caso il problema del
conferimento non esiste ma per contro non sussistono incentivi a ridurre il volume di produzione a meno che non siano implementati meccanismi di
conferimento incentivato attraverso il quale è possibile ottenere dei bonus o degli sconti.
A volte i sottoprodotti del processo produttivo e gli scarti del consumo mantengono un’utilità positiva ed entrano spontaneamente nel mercato. Ciò
avviene quando il costo del riciclaggio è minore, tenuto conto della qualità e del costo complessivo di riutilizzo, delle materie prime.
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
16.3.3 Politiche per correggere
le esternalità
Quali sono gli strumenti a disposizione dello Stato per combattere le inefficienze provocate dalle
esternalità? Le attività più visibili sono i programmi pubblici contro l’inquinamento che utilizzano
controlli diretti oppure incentivi finanziari per
indurre le imprese a correggere le esternalità; approcci meno diretti, che prenderemo in esame in
questa sezione, utilizzano l’ampliamento dei diritti
di proprietà per dare al settore privato strumenti di
negoziazione che consentano soluzioni efficaci.
Programmi pubblici
Controlli diretti Per quasi tutti i tipi di inquinamento, così come per le esternalità che influiscono
sulla salute e sulla sicurezza, l’intervento pubblico
si basa su controlli diretti, i quali vengono spesso
definiti regolamentazioni sociali (si veda il Capitolo 15); negli Stati Uniti, per esempio, il Clean Air
Act del 1970 ridusse del 90% le emissioni consentite di tre principali sostanze inquinanti, nel 1977
si impose ai servizi pubblici di ridurre le emissioni
solforose dei nuovi impianti del 90% e in una serie
di regolamentazioni emanate negli ultimi decenni
si ordinò alle imprese di eliminare gradualmente
l’utilizzo di sostante chimiche dannose per l’ozono.
In che modo lo Stato fa rispettare una regolamentazione sull’inquinamento? Tornando all’esempio della Luce & Energia Sporca, è possibile che il
Ministero dell’Ambiente imponga all’impresa di
innalzare la riduzione a 250 tonnellate di particelle
inquinanti. In presenza di regolamentazioni precettive e di controllo, il legislatore ordinerà all’impresa
di osservare la legge e fornirà istruzioni dettagliate
sulle tecnologie antinquinamento da adottare e su
dove applicarle, per cui la possibilità di nuovi approcci o compensazioni all’interno dell’impresa o
tra imprese sarebbe molto limitata. Se gli standard
sono fissati adeguatamente (e occorre sottolineare
il “se”), il risultato potrebbe avvicinarsi al livello di
inquinamento efficiente descritto in precedenza.
Pur essendo possibile che l’organo normativo
scelga un insieme di disposizioni che garantiscano
l’efficienza economica, in pratica questo non è molto
probabile. Gran parte dei controlli antinquinamento
risentono infatti di ampi fallimenti pubblici. Le regolamentazioni in materia ambientale, per esempio,
vengono spesso stabilite senza confrontare i costi e
i benefici marginali, e l’assenza di tali confronti non
consente di determinare il livello più efficiente di
13
controllo dell’inquinamento; in alcuni programmi
di regolamentazione la legge proibisce addirittura
specificamente il confronto tra costi e benefici quale
metodo di determinazione degli standard.
Inoltre, gli standard sono uno strumento intrinsecamente poco efficace. Per ottenere una riduzione
efficiente dell’inquinamento con questo metodo,
infatti, è necessario che il costo marginale dell’inquinamento sia uguale per tutte le fonti inquinanti.
Dato che in genere le regolamentazioni precettive e
di controllo non prevedono una differenziazione tra
imprese, regioni o industrie, spesso le stesse regolamentazioni si applicano alle grandi e piccole imprese, alle città e alle zone rurali, alle industrie altamente e moderatamente inquinanti. Anche se l’impresa
A è in grado di ridurre l’inquinamento di una tonnellata a un costo nettamente inferiore rispetto a quello
sostenuto dall’impresa B, entrambe dovranno attenersi ai medesimi standard e non sono previsti incentivi affinché l’impresa con costi inferiori riduca
l’inquinamento oltre il livello fissato dagli standard,
anche se ciò sarebbe conveniente dal punto di vista
economico. Numerosi studi hanno confermato che
le nostre finalità ambientali si sono dimostrate inutilmente costose perché sono state utilizzate regolamentazioni precettive e di controllo.
Soluzioni di mercato: imposte sulle emissioni
Per evitare alcune delle conseguenze indesiderate dei controlli diretti, numerosi economisti hanno
suggerito un approccio basato più sugli incentivi
economici che non sulle ordinanze governative; in
particolare, si è proposta l’introduzione di imposte
sulle emissioni. In questo caso un’impresa deve pagare un’imposta sull’inquinamento corrispondente
all’entità del danno esterno da essa provocato; se
la Luce & Energia Sporca imponesse alla comunità circostante costi marginali esterni pari a 35 euro
per tonnellata, l’imposta appropriata sulle emissioni
sarebbe di 35 euro per tonnellata. In questo modo
l’esternalità viene internalizzata e l’impresa deve
affrontare i costi sociali delle proprie attività. Calcolando i propri costi privati, la Luce & Energia Sporca scoprirebbe che ogni tonnellata aggiuntiva di inquinamento comporta un costo interno di 5 euro, al
quale andrebbe aggiunta un’imposta sulle emissioni
di 35 euro. Il costo marginale totale di una tonnellata di inquinamento sarebbe pertanto di 40 euro.
Eguagliando il nuovo beneficio marginale (beneficio privato più imposte sulle emissioni) e il costo
marginale della riduzione, l’impresa limiterebbe
l’inquinamento prodotto al livello di efficienza.
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
14
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Se le imposte sulle emissioni fossero calcolate correttamente (ancora una volta enfatizzando il “se”),
le imprese miranti a massimizzare i profitti verrebbero guidate da una sorta di mano invisibile corretta
verso il punto di efficienza in cui i costi marginali
sociali e i benefici marginali sociali dell’inquinamento si equivalgono.
Gli approcci alternativi sono illustrati graficamente nella Figura 16.7, che è analoga alla Figura 16.4
a eccezione del fatto che in questo caso si suppone
che la riduzione determini benefici privati irrilevanti.
Con l’approccio del controllo diretto, lo Stato ordina
alle imprese di eliminare 250 tonnellate di sostanze
inquinanti (o di non emetterne più di 150 tonnellate). In tal modo lo standard verrebbe effettivamente
fissato al livello indicato dalla linea verticale. Se lo
standard fosse fissato a un livello adeguato, l’impresa garantirebbe il livello di riduzione socialmente
efficiente e, di conseguenza, in presenza di una regolamentazione efficiente, l’impresa sceglierebbe il
punto E, dove BMS è uguale a CM.
Per quanto riguarda le imposte sulle emissioni,
supponiamo che per l’impresa siano di 35 euro per
tonnellata. In realtà, ciò significa che il beneficio
marginale privato della riduzione passerebbe da 5
a 40 euro per tonnellata; di fronte a tale incentivo,
l’impresa sceglierebbe ancora una volta il punto di
efficienza E illustrato nella Figura 16.7.
Figura 16.7 Standard di inquinamento e imposte sulle
emissioni.
Quando lo Stato fissa una limitazione dell’inquinamento a 150
tonnellate o impone una riduzione di 250 tonnellate, tale standard produrrà un livello di inquinamento efficiente al punto E. Lo
stesso risultato si può ottenere con imposte sulle emissioni di
35 euro alla tonnellata: con un’imposta di 35 euro a tonnellata
più 5 euro per tonnellata di costo marginale privato, la somma
sarà pari al costo marginale e produrrà il livello di riduzione efficiente in corrispondenza del punto E.
Costi marginali, benefici prodotti
dalla riduzione (euro)
120
100
Standard
dell’inquinamento
imposto
dallo Stato
BMS
80
(Imposta
sulle emissioni
più costi privati)
60
40
E
CM
20
0
100
200
300
400
Riduzione (eliminazione di sostanze inquinanti)
Soluzioni di mercato: permessi negoziabili di
emissione Un nuovo approccio che evita l’introduzione di imposte è l’utilizzo di permessi di emissione negoziabili: invece di imporre alle imprese
un pagamento di x euro per ciascuna unità di inquinamento e di lasciare che siano le imprese stesse a
fissare il proprio livello di inquinamento, lo Stato
stabilisce il livello di inquinamento e distribuisce
un numero appropriato di permessi il cui prezzo,
che corrisponde al livello dell’imposta sulle emissioni, viene determinato dalla domanda e dall’offerta sul mercato dei permessi. Supponendo che
le imprese conoscano i propri costi di produzione
e di riduzione, l’approccio dei permessi negoziabili produce il medesimo risultato di quello delle
imposte sulle emissioni. Una differenza rilevante
tra i due approcci è che il governo frequentemente
alloca permessi di emissione alle imprese per conquistare il loro sostegno politico, vale a dire che
l’industria ottiene un beneficio dai permessi, mentre il governo ottiene un beneficio dalle imposte
sulle emissioni.
Applicazione
Innovazioni economiche:
la negoziazione dei permessi di inquinamento
Gran parte delle regolamentazioni ambientali utilizza un approccio precettivo e di controllo che limita le emissioni da
singole fonti, quali le centrali elettriche o le automobili. Tale
approccio non può porre un tetto alle emissioni complessive e, cosa molto importante, garantisce di fatto un’estrema
inefficacia del programma generale perché non rispetta la
condizione che le emissioni di qualunque fonte debbano
avere costi marginali di riduzione uguali.
Nel 1990, gli Stati Uniti introdussero un approccio completamente nuovo di controllo ambientale nel proprio programma di monitoraggio dell’anidride solforosa, che è una delle
sostanze inquinanti più nocive per l’ambiente. In base agli
emendamenti del Clean Air Act del 1990, ogni anno viene
distribuito un certo numero di permessi per l’emissione di
anidride solforosa in tutti gli Stati Uniti. Nel 2000, le emissioni sarebbero dovute diminuire del 50% rispetto ai livelli
del 1990. L’aspetto innovativo del piano è che i permessi
sono liberamente negoziabili: le società elettriche ottengono
permessi di emissione di anidride solforosa e sono autorizzate ad acquistarli e venderli fra loro proprio come la carne
di maiale o il grano. Le imprese che riescono a ridurre le
loro emissioni di anidride solforosa nel modo più economico, operano in tal senso e vendono i loro permessi per
inquinare; altre imprese che hanno bisogno di permessi per
impianti aggiuntivi o che non dispongono della flessibilità
necessaria per ridurre le emissioni reputano economico acquistare i permessi invece di installare costose apparecchiature antinquinamento o cessare la produzione.
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
Gli economisti dell’ambiente ritengono che i maggiori incentivi consentiranno di raggiungere gli ambiziosi obiettivi
prefissati a costi decisamente inferiori rispetto a quelli che
comporta la tradizionale regolamentazione precettiva e di
controllo. Gli studi condotti dall’economista Tom Tietenberg
del Colby College nel Maine hanno rivelato che il costo degli
approcci tradizionali è di 210 volte maggiore di quello delle
regolamentazioni efficienti in termini di costo, come la negoziazione di permessi per le emissioni.
Il comportamento di questo mercato ha riservato una grossa sorpresa. Inizialmente, il governo calcolò in 300 dollari
a tonnellata il costo dei permessi di emissione di anidride
solforosa, ma all’atto pratico, il prezzo di mercato nei primi
anni scese al di sotto dei 100 dollari a tonnellata. Una delle
ragioni del successo sono stati i forti incentivi all’innovazione che il programma ha riconosciuto alle imprese, le quali hanno capito che il carbone a basso contenuto di zolfo
poteva essere impiegato con molta più facilità e in modo
molto più economico di quanto non fosse stato calcolato
in precedenza. Questo esperimento importante ha dato un
forte appoggio agli economisti che sostengono approcci alla
politica ambientale basati sul mercato.
Soluzioni privatistiche
È convinzione diffusa che un qualche tipo di intervento dello Stato sia necessario per ovviare alle
inefficienze del mercato associate all’inquinamento e ad altre esternalità. In realtà, la modifica dei
diritti di proprietà piuttosto che l’azione pubblica
diretta è talvolta in grado di fornire un risultato efficiente. Le regole di responsabilità e le negoziazioni
private sono due soluzioni di natura privatistica.
Regole di responsabilità Questa soluzione si basa
sulla struttura giuridica delle leggi di responsabilità,
o sistema della responsabilità civile per atti illeciti,
piuttosto che su regolamentazioni pubbliche dirette: in questo caso, il sistema giuridico attribuisce
la responsabilità legale a chi produce le esternalità
per ogni danno causato ad altre persone. In alcune
aree questa dottrina è profondamente radicata. In
gran parte degli Stati Uniti si può fare causa a un
conducente distratto che provoca un incidente, oppure, quando un prodotto difettoso provoca danni o
malattie, la società produttrice può essere chiamata
a rispondere legalmente del prodotto.
Tornando all’esempio precedente, in che modo
un sistema basato sulla responsabilità civile può limitare l’esternalità? Se la Luce & Energia Sporca
causa 35 euro di danni esterni per ogni tonnellata di
sostanze inquinanti, le vittime verrebbero risarcite
tramite il tribunale; il costo marginale sostenuto
dall’impresa sarebbe quindi di 40 euro per tonnel-
15
lata, proprio come se esistesse un’imposta sulle
emissioni di 40 euro a tonnellata. Per le imprese
tali costi costituirebbero un forte incentivo a ridurre l’inquinamento al livello di efficienza.
In linea di principio le regole di responsabilità
sono uno strumento allettante di internalizzazione
dei costi non di mercato; all’atto pratico, tuttavia,
la loro applicabilità è piuttosto limitata; solitamente tali regole richiedono costi processuali elevati,
che vanno ad aggiungersi all’esternalità iniziale.
Inoltre molti danni non possono essere gestiti legalmente, per via di diritti di proprietà incompleti
(come quelli che riguardano la purezza dell’aria) o
del numero elevato di società che contribuiscono
all’esternalità (come nel caso delle sostanze chimiche che finiscono nei corsi d’acqua).
La negoziazione e il teorema di Coase Esiste una
soluzione anche quando le imprese non sono responsabili dei danni ambientali causati? Un’analisi
sorprendente condotta da Ronald Coase della Chicago University ha dimostrato come, con diritti di
proprietà chiaramente definiti e costi di transazione
contenuti, negoziazioni volontarie tra le parti interessate possano produrre il risultato efficiente.
Supponiamo che un agricoltore utilizzi fertilizzanti che finiscono in un torrente che sfocia nel
laghetto di un altro individuo avvelenando i pesci
che vi nuotano; supponiamo inoltre che il secondo
individuo non possa citare per danni il primo. Se
l’attività di pesca è sufficientemente redditizia, il
secondo individuo tenterà comunque di convincere
il primo a ridurre l’uso dei fertilizzanti anche se
non può citarlo per danni.
In altre parole, in presenza di un utile netto
derivante dalla riorganizzazione dello sforzo congiunto, sostenne Coase, i due individui ricevono un
forte incentivo ad accordarsi sulla scelta del livello
efficiente di impiego di fertilizzanti, e tale incentivo esisterebbe senza alcun intervento pubblico.
L’analisi di Coase può essere capita meglio
ricordando la forza dei mercati concorrenziali
nell’allocazione efficiente delle risorse. Se i diritti
di proprietà sono ben definiti, allora l’aria, la terra
e l’acqua sono beni che possono essere acquistati
e venduti sul mercato; tutti gli input e gli output
del fiume, incluse le immissioni e le emissioni di
sostanze inquinanti, “apparterrebbero” a qualcuno; qualunque cosa incida sulla qualità dell’acqua
potrebbe essere acquistato e venduto. In buona sostanza, garantendo la completezza dei diritti di proprietà si eliminano tutte le esternalità; se poi i costi
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PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
di transazione sono bassi, allora il proprietario può
facilmente accertarsi che la risorsa sia utilizzata al
livello più alto e proficuo, il che implica che il livello di inquinamento viene ottimizzato.
L’analisi di Coase evidenzia alcune situazioni in
cui gli accordi privati possono contribuire a ridurre le esternalità: quando i diritti di proprietà sono
ben definiti e i costi di transazione sono bassi, le
parti interessate possono accordarsi e negoziare
una soluzione efficiente senza costi eccessivi.
16.3.4 Il problema delle variazioni
climatiche
Tra tutti i problemi ambientali quello che maggiormente preoccupa gli scienziati è la minaccia del
surriscaldamento del pianeta provocato dall’effetto
serra. I climatologi e altri studiosi avvertono che
l’accumulo di gas quali l’anidride carbonica (CO2),
prodotta soprattutto dall’utilizzo di combustibili
fossili, probabilmente causerà il surriscaldamento
del globo terrestre e altre variazioni climatiche significative nel prossimo secolo.
Sulla base di modelli climatici, gli scienziati
stimano che, se le attuali tendenze continueranno,
nei prossimi cento anni la temperatura terrestre
potrebbe aumentare da 2 a 5 gradi centigradi, e il
clima uscirebbe quindi dagli schemi che hanno caratterizzato l’intero periodo della civiltà umana.
L’effetto serra può essere considerato il “nonno” dei problemi relativi ai beni pubblici: gli interventi effettuati oggi influenzeranno il clima di
tutti gli Stati del mondo nei secoli a venire. I costi
sostenuti per ridurre le emissioni di CO2 si ripercuotono a breve termine man mano che i Paesi limitano l’utilizzo di combustibili fossili risparmiando energia, ricorrendo a fonti di energia alternative
(energia solare o nucleare), al rimboschimento e
ad altre misure. Nel breve periodo questo significa
accettare prezzi dell’energia più elevati, tenori di
vita più bassi e livelli di consumo inferiori; mentre
i benefici si riveleranno molti anni dopo, quando le
minori emissioni ridurranno i danni provocati dal
clima e limiteranno lo sconvolgimento dell’agricoltura, delle zone costiere e degli ecosistemi.
Gli economisti hanno iniziato a studiare gli impatti economici delle variazioni climatiche per capire
il modo in cui le Nazioni possono adottare strategie
appropriate. Secondo gli studi economici è probabile che le economie di mercato dei Paesi sviluppati
come gli Stati Uniti siano relativamente al sicuro dai
cambiamenti climatici dei prossimi decenni; l’im-
patto principale dovrebbe riguardare l’agricoltura e
gli ecosistemi non gestiti, come le foreste, le zone di
pesca e le barriere coralline. Molti scienziati sono
preoccupati per le potenziali conseguenze di cambiamenti improvvisi e inattesi; un esempio potrebbe
essere l’inversione della circolazione termica degli
oceani, che fornisce all’Europa un clima caldo diverso da quello dell’Alaska. Tali prospettive sono
davvero terribili, ma al momento non esistono metodi affidabili per stabilirne la verosimiglianza.
Una strategia efficiente per contenere le variazioni climatiche richiede il confronto tra i costi
marginali sostenuti per ridurre l’anidride carbonica
e i benefici marginali.
La Figura 16.8 illustra schematicamente il costo
marginale delle riduzioni, rappresentato da CM, e
il beneficio marginale sociale, indicato da BMS.
Sull’asse verticale vengono misurati i costi e i benefici, mentre quello orizzontale indica le riduzioni delle emissioni in termini di riduzione percentuale di anidride carbonica. Il punto E rappresenta
il punto di efficienza, in cui i costi marginali della
riduzione sono uguali ai benefici marginali derivanti dal rallentamento delle variazioni climatiche; in questo punto il valore attuale del consumo
umano futuro viene massimizzato. La soluzione
del mercato puro corrisponde a riduzioni di emissioni pari a zero, dove BMS è molto al di sopra di
CM pari a zero.
Una soluzione ambientalistica estrema che tenta di evitare qualsiasi sconvolgimento degli ecosiFigura 16.8 Le carbon tax possono limitare le variazioni
climatiche dannose.
Per limitare le variazioni climatiche in modo efficiente, è necessaria l’introduzione di una carbon tax al livello T* che limiti
le emissioni di anidride carbonica al livello r* per eguagliare il
costo marginale delle riduzioni e i benefici marginali derivanti
dalla limitazione dei danni provocati dalle variazioni climatiche.
CM
Costi marginali, benefici
carbon tax
16
T*
E
r*
0
Riduzione delle emissioni (r)
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BMS
CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
stemi naturali si ha nell’angolo destro del grafico,
dove CM supera abbondantemente BMS.
Come si può raggiungere il punto E, ovvero il
livello di efficienza della riduzione di anidride carbonica? Dato che le emissioni di CO2 sono prodotte
dall’impiego di combustibili contenenti carbonio,
alcuni hanno suggerito l’introduzione di una carbon tax sul contenuto di carbonio dei combustibili:
quelli a maggiore concentrazione, come il carbone,
verrebbero tassati più di quelli a basso contenuto,
come per esempio il gas naturale. Gli economisti
hanno sviluppato modelli che valutano percorsi efficienti di tassazione sulle emissioni inquinanti, che
bilanciano i costi del maggior peso fiscale con i benefici dei danni contenuti derivanti dal riscaldamento globale. Tali modelli possono servire da guida ai
responsabili politici nell’elaborazione di politiche
volte a contrastare il riscaldamento del pianeta.
Conclusioni
All’inizio di questo Capitolo sono state poste preoccupanti domande sul futuro dell’umanità. Quali
conclusioni si possono trarre dopo aver analizzato
l’economia ambientale? A seconda della prospettiva
individuale, si può essere ottimisti o pessimisti circa
la capacità umana di comprendere e affrontare le minacce che gravano sull’ambiente. Da un lato è vero
che ci si sta muovendo in un campo di analisi ancora
largamente sconosciuto, che molte risorse si stanno
esaurendo, che altre vengono alterate in modo irreversibile e che l’uomo sta mettendo a repentaglio la
propria sopravvivenza nei modi più disparati.
Gli esseri umani sembrano essere litigiosi come
lo erano all’alba della storia e hanno costruito armi
in grado di porre fine alle liti in modo spaventosamente efficace. Ma le capacità umane di osservazione e di analisi sono altrettanto sorprendenti:
le capacità di controllo, analisi e calcolo si stanno
sviluppando addirittura più rapidamente della capacità di produrre rifiuti, abbattere alberi e incrementare la popolazione umana.
Prevarrà la tendenza alle controversie e all’inquinamento o la capacità di ragionare e risolvere i
problemi? Esistono sufficienti risorse per garantire
ai poveri i livelli di consumo attualmente presenti
nei Paesi con redditi elevati, o i ricchi di oggi si
chiuderanno la porta alle spalle? A queste domande non è possibile fornire una risposta definitiva,
ma numerosi economisti ritengono che se le risorse
ambientali verranno gestite con saggezza, l’homo
sapiens potrà sopravvivere e addirittura prosperare
negli anni a venire.
17
Applicazione
I beni pubblici globali e il Protocollo di Kyoto
Abbiamo discusso precedentemente in questo Capitolo
il problema dei beni pubblici globali, che vengono gestiti
dalle Nazioni attraverso accordi internazionali, come i trattati; questi accordi vengono progettati per passare da un
risultato inefficiente non cooperativo a un risultato efficiente
cooperativo nella partita dell’inquinamento. Tuttavia il raggiungimento di accordi efficienti si rivela spesso difficoltoso;
un esempio utile è fornito dai provvedimenti per limitare il
surriscaldamento della Terra. Sebbene gli scienziati abbiano
espresso le loro preoccupazioni sui cambiamenti climatici
per più di trent’anni, non si sono visti accordi internazionali
al riguardo fino al 1992, con la Convenzione quadro sui
cambiamenti climatici (FCCC, Framework Convention on
Climate Change) che conteneva disposizioni in base alle
quali i Paesi ad alto reddito accettavano impegni non vincolanti per limitare le emissioni di gas serra come l’anidride
carbonica.
Quando le misure volontarie si dimostrarono inefficaci, nel
1997 i Paesi negoziarono il Protocollo di Kyoto, in base al
quale i Paesi ad alto reddito, insieme agli ex Paesi socialisti,
sottoscrissero impegni vincolanti per ridurre entro il 2010
le emissioni totali di gas serra del 5% rispetto ai livelli del
1990 e ogni Paese fissò un obiettivo specifico. Fondato sia
sulla teoria economica sia sull’esperienza statunitense del
programma di negoziazione dei permessi di emissione di
anidride solforosa (discusso precedentemente), il Protocollo
di Kyoto include una disposizione che consente ai Paesi di
acquistare permessi di emissione da altri Paesi.
Gli economisti hanno condotto analisi dettagliate sul Protocollo di Kyoto; la prima conclusione importante è che
probabilmente la limitazione delle emissioni di gas serra
costituirà un impegno gravoso: in base alle valutazioni dei
modelli economici il valore attuale della riduzione dei costi
globali di un Protocollo di Kyoto allargato ammonterebbe a
circa 1 000 miliardi di dollari del 2000. Una seconda conclusione è che, limitando tale Protocollo ai Paesi con redditi
elevati e agli ex Paesi socialisti, si riduce sensibilmente l’efficacia dei costi; escludendo Paesi in via di sviluppo ad alta
intensità energetica come la Cina, i costi di adeguamento ai
limiti massimi di emissioni complessive sono compresi tra il
200% e il 400% rispetto a quelli ottenibili con un accordo
mondiale efficiente.
Molti studi indicano che gli Stati Uniti sosterrebbero la maggior parte del carico economico derivante dall’attuazione del
Protocollo di Kyoto. A causa della rapida crescita economica
e della riduzione dei prezzi dell’energia elettrica, le emissioni di anidride carbonica negli Stati Uniti sono cresciute
molto più in fretta che negli altri Paesi coinvolti. In parte a
causa dei costi e in parte per la sua avversione politica nei
confronti degli accordi internazionali, l’amministrazione Bush
ha ritirato l’adesione degli Stati Uniti dal Protocollo di Kyoto
nel 2001. Gli altri Paesi partecipanti stanno portando avanti
i programmi previsti. Il futuro ruolo degli Stati Uniti nelle politiche di lotta al riscaldamento globale resterà nei prossimi
anni un argomento di dibattito.
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18
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
Guida per lo studio
Per ripassare i concetti fondamentali
P
16.1 Popolazione e limitazione delle risorse
1. La teoria malthusiana della crescita demografica si basa sulla legge dei rendimenti decrescenti. Malthus sosteneva che,
se non controllata, la popolazione sarebbe cresciuta secondo una progressione geometrica (o esponenziale), raddoppiando pressappoco a ogni generazione, mentre a ciascun
membro della popolazione in aumento sarebbero corrisposte
quantità sempre minori di terra e risorse naturali. A causa dei
rendimenti decrescenti, il prodotto avrebbe potuto, nel migliore dei casi, crescere a un tasso aritmetico; l’output per persona sarebbe diminuito fino a quando la popolazione si sarebbe
stabilizzata a un livello di sussistenza vicino alla fame.
2. Negli ultimi centocinquant’anni Malthus e i suoi seguaci hanno subìto varie critiche; tra le principali vi è il fatto
che ignorarono la possibilità del progresso tecnologico e
trascurarono l’importanza del controllo delle nascite quale
strumento per ridurre la crescita della popolazione.
3. Gli studi sulla relazione esistente tra inquinamento, popolazione e reddito hanno rivelato che la domanda di qualità
ambientale aumenta rapidamente al crescere del reddito
pro capite, tanto che, per la maggior parte degli indicatori, a
un incremento del reddito pro capite corrisponde un miglioramento e non un deterioramento della qualità ambientale.
16.2 L’economia delle risorse naturali
4. Le risorse naturali sono non rinnovabili se la loro offerta è
essenzialmente fissa e non si rigenerano rapidamente. Le
risorse rinnovabili si rigenerano regolarmente e, se gestite
adeguatamente, possono produrre servizi utili per un tempo indeterminato.
5. Da un punto di vista economico, la distinzione fondamentale delle risorse naturali è tra appropriabili e inappropriabili:
sono appropriabili quando le imprese o i consumatori possono ricavarne la totalità dei benefici (per esempio i vigneti
e i campi petroliferi); sono inappropriabili quando i costi o i
benefici che ne derivano non si ripercuotono sui proprietari;
in altre parole, comportano esternalità (per esempio la qualità dell’aria e il clima).
6. Esempi significativi di risorse naturali appropriabili e non rinnovabili sono i combustibili fossili come il petrolio, il gas e il carbone. Gli economisti sostengono che, siccome i mercati privati
possono determinare il prezzo e allocare i servizi offerti da tali
risorse in modo efficiente, queste ultime dovrebbero essere
considerate come una qualsiasi altra attività patrimoniale.
16.3 Contenimento delle esternalità: economia ambientale
7. Uno dei principali fallimenti del mercato riguarda il crescente impatto delle esternalità. Le esternalità si hanno quando
i costi (o i benefici) di un’attività si ripercuotono su altri
individui senza che questi ultimi ricevano un pagamento (o
paghino) per i costi (o i benefici) sostenuti (o ricevuti).
8. L’esempio più evidente di esternalità è costituito dai beni
pubblici (come la Difesa nazionale) il cui consumo viene
ripartito equamente tra gli individui di un gruppo, nessuno
dei quali può esserne escluso. Esempi meno evidenti sono
la sanità pubblica, le invenzioni, i parchi e le dighe, che presentano comunque le caratteristiche dei beni pubblici. Tali
beni si contrappongono ai beni privati, che possono essere
suddivisi e forniti a un singolo individuo.
9. I problemi ambientali sono provocati dalle esternalità derivanti dalla produzione o dal consumo. Un’economia di
mercato non regolamentata produce eccessive quantità di
inquinamento e riduzioni insufficienti. Le imprese non regolamentate prendono decisioni relative alla riduzione delle
emissioni (e ad altri beni pubblici) confrontando i benefici
marginali privati e i costi marginali privati. L’efficienza invece
si raggiunge quando i benefici marginali sociali sono uguali
ai costi marginali sociali della riduzione.
10. Lo Stato dispone di vari strumenti con i quali correggere le
inefficienze derivanti dalle esternalità. Tra le varie alternative
vanno ricordate le soluzioni decentralizzate (come le negoziazioni e le regole di responsabilità civile) e gli approcci
imposti dallo Stato (quali gli standard di emissione di sostanze inquinanti o le imposte sulle emissioni). L’esperienza mostra che non esiste un approccio ideale per tutte le
circostanze, ma molti economisti ritengono che un ricorso
maggiore ai sistemi analoghi al mercato incrementerebbe
l’efficienza delle regolamentazioni.
11. I beni pubblici globali, come la riduzione dei cambiamenti
climatici, presentano i problemi più spinosi, che non possono essere risolti né dai mercati né dai governi nazionali.
Le Nazioni devono concepire nuovi strumenti per definire
accordi internazionali quando le tendenze dell’ambiente
mondiale minacciano il nostro tenore di vita o gli ecosistemi.
Per fissare i concetti chiave
P
Popolazione e risorse naturali
teoria malthusiana della crescita demografica
risorse rinnovabili e non rinnovabili
risorse appropriabili e inappropriabili
Economia ambientale
esternalità e beni pubblici
beni privati e beni pubblici
inefficienza delle esternalità
costi interni ed esterni, costi sociali e privati
metodi per combattere le esternalità:
- standard
- imposte
- responsabilità
- accordi e teorema di Coase
permessi di emissione negoziabili
beni pubblici globali
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CAPITOLO 16 Risorse naturali e ambiente
19
Domande per studiare e autovalutarsi
D
1. Per ciascuna di queste parole chiave incontrate nel Capitolo
indicate il significato:
a. risorse rinnovabili;
b. risorse non rinnovabili;
c. esternabilità;
d. escudibilità;
e. indivisibilità.
2. Elencate le politiche atte a correggere le esternalità ambientali.
Quali sono le differenze fondamentali tra imposte e sussidi?
3. Illustrate il teorema di Coase sottolineando le condizioni
sotto le quali sono veri i risultati del teorema.
4. Descrivete le caratteristiche salienti dei beni pubblici e le
principali differenze con i beni privati.
5. Quali sono le problematiche che si devono affrontare per
giungere alla valutazione di danno ambientale.
6. Cosa si intende per inquinamento socialmente efficiente?
7. Spiegate cosa sono le regole di responsabilizzazione e illustratene i principali limiti operativi.
8. Tra le soluzioni di mercato per la riduzione delle esternalità
ci sono i permessi negoziabili. Spiegatene il funzionamento
e i limiti di applicazione.
9. Illustrate la regola del 70.
10. Cosa vuol dire che i rifiuti sono dei beni a utilità negativa? È
possibile trasformarli in beni a utilità positiva?
Domande e problemi per esercitarsi
D
1. Cosa differenzia una risorsa rinnovabile da una risorsa non
rinnovabile? Fornite esempi di entrambe.
2. Cosa si intende per risorsa naturale inappropriabile? Fornite
un esempio e spiegate perché l’allocazione di tale risorsa
determinata dal mercato è inefficiente. Quale metodo scegliereste per migliorare i risultati del mercato?
3. Una progressione geometrica è una sequenza di termini
(g1, g2, ... , gt, gt + 1, ...) dove ogni termine è lo stesso multiplo del proprio predecessore: g2/g1 = g3/g2 = ... = gt +
1/gt = b. Se b = 1 + i > 1, i termini aumentano in modo
esponenziale come l’interesse composto, dove i è il tasso di
interesse. Una progressione aritmetica è una sequenza (a1,
a2, a3, ... , at, at + 1, ...) dove la differenza tra ogni termine e
il proprio predecessore è la medesima costante: a2 – a1 =
a3 – a2 = ... = at + 1 – at = ... Fornite esempi di ciascun caso.
Verificate che una progressione geometrica con b > 1 deve
finire per superare una progressione aritmetica. Collegate
questo concetto alla teoria di Malthus.
4. Malthus affermò che la popolazione non controllata cresce
geometricamente, mentre l’offerta di generi alimentari (limitata dai rendimenti decrescenti) aumenta soltanto aritmeticamente. Utilizzate un esempio numerico per mostrare
il motivo per cui la produzione di generi alimentari pro capite deve diminuire se la crescita della popolazione non viene
controllata, mentre i rendimenti decrescenti determinano
un aumento della produzione di generi alimentari più lento
rispetto agli input di lavoro.
5. I “beni pubblici locali” garantiscono benefici principalmente
agli abitanti di una città o di una regione, come per esempio
le spiagge o le scuole riservate ai residenti nella città. È possibile che le città assumano comportamenti concorrenziali
per fornire la quantità adeguata di beni pubblici locali ai
residenti? In caso affermativo, questo suggerisce una teoria
economica di “federalismo fiscale” secondo la quale i beni
pubblici locali dovrebbero essere forniti localmente?
6. Stabilite se ciascuna delle seguenti esternalità è sufficientemente grave da richiedere l’intervento pubblico. In caso
affermativo, quale delle quattro soluzioni considerate in
questo Capitolo sarebbe la più efficiente?
a. Acciaierie che diffondono ossidi di zolfo nel cielo di Milano.
b. Il fumo dei clienti nei ristoranti.
c. Il fumo degli studenti soli nella propria stanza.
d. La guida in stato di ebbrezza, che causa 25 000 incidenti
mortali all’anno.
7. Mettete insieme i vostri compagni per un’analisi della valutazione contingente sul valore delle seguenti azioni: preservare Prince William Sound; prevenire l’estinzione della civetta maculata per altri 10 000 anni; garantire la presenza di
almeno 1 milione di civette maculate per altri 10 000 anni;
ridurre le probabilità di morire in un incidente automobilistico da 1 su 1 000 a 1 su 2 000 per ciascun anno. Quale
ritenete che sia il grado di affidabilità di questa tecnica per
la raccolta di informazioni sulle preferenze delle persone?
8. Don Fullerton e Robert Stavin sostengono che le affermazioni seguenti sono miti riguardanti il modo in cui gli economisti considerano l’ambiente; per ciascuno di essi spiegate
perché si tratta di un mito e qual è l’approccio corretto.
a. Gli economisti credono che il mercato risolva tutti i problemi dell’ambiente.
b. Gli economisti raccomandano sempre soluzioni di mercato ai problemi ambientali.
c. Gli economisti utilizzano sempre i prezzi stabiliti dal mercato per valutare le questioni ambientali.
d. Gli economisti si interessano solo all’efficienza e mai alla
distribuzione del reddito.
9. Problema avanzato: I beni pubblici globali pongono problemi speciali perché nessuna singola Nazione è in grado
di raccogliere i benefici dei suoi sforzi di controllo dell’inqui-
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education
Soluzioni e test a risposta multipla sul sito: www.ateneonline.it/samuelson20e
20
PARTE III Microeconomia applicata: intervento pubblico e ambiente
namento. Per verificarlo, ridisegnate la Figura 16.8, etichettandola “Riduzione delle emissioni degli Stati Uniti”; inserite
l’indicazione “Stati Uniti” su tutte le curve per indicare che
si riferiscono ai costi e ai benefici dei soli Stati Uniti. Successivamente, tracciate una nuova curva BMS che sia sempre
tre volte più alta della BMSUS per indicare che i benefici per
il mondo sono tre volte quelli degli Stati Uniti; prendete
in considerazione l’equilibrio “nazionalistico” del punto E,
nel quale gli Stati Uniti massimizzano i propri benefici netti.
Riuscite a comprendere perché si tratta di un’inefficienza
dal punto di vista dell’intero pianeta? (Suggerimento: il ragionamento è perfettamente analogo alla Figura 16.4).
Considerate questo problema dal punto di vista della teoria dei giochi; l’equilibrio di Nash dovrebbe verificarsi se
ogni Stato scegliesse l’equilibrio “nazionalistico” appena
analizzato. Descrivete perché si tratta di un caso perfettamente analogo all’equilibrio inefficiente di Nash nel gioco
dell’inquinamento del Capitolo 9, con la differenza che qui
i giocatori sono gli Stati invece delle imprese. Ora prendete
in considerazione il gioco della cooperazione nel quale le
Nazioni si accordano per trovare l’equilibrio efficiente; descrivete tale equilibrio in termini di curve CM e BMS globali.
Riuscite a capire perché l’equilibrio efficiente richiederebbe
una carbon tax uniforme in ogni Paese?
P. A. Samuelson, W. D. Nordhaus, C. A. Bollino – Economia 20e © 2014, McGraw-Hill Education