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IVS
INVENTARIO DELLE VIE
DI COMUNICAZIONE STORICHE
DELLA SVIZZERA
Percorso TI 17
Carte Nazionali
STORIA
TI 17
Documentazione IVS
Cantone Ticino
Classificazione Nazionale
pagina 1
La documentazione contiene anche degli oggetti (percorso, tracciato,
segmento) con scarsa o nessuna sostanza storica. Sulla carta
d'inventario essi appariscono in linee grigie. Questi oggetti fanno
parte delle vie di communicazione storiche di importanza nazionale,
però non vengono applicate le disposizioni riguardanti l'inventario
federale (art. 3 OPVS).
Giubiasco - San Jorio (- Lago di Como)
1313, 1314
Aggiornamento Juli 1999 / CLM
La Valle Morobbia si situa su un profondo solco geologico noto
come "linea insubrica" che si sviluppa trasversalmente lungo il
versante alpino centro-orientale.
Questa linea da Domodossola, in direzione est, percorre le
Centovalli, il Piano di Magadino, la Valle Morobbia, scende al lago
di Como e a Chiavenna; quindi prosegue lungo la Valtellina e la
Valle del Sole per terminare, dopo il Passo del Tonale, a Trento: un
fenomeno che ha considerevolmente marcato il versante
meridionale delle Alpi formando una successione di valli
comunicanti percorse dall'uomo sin dall'antichità. Nella logica dei
transiti la Valle Morobbia, quindi, va inserita in una struttura di
collegamenti e di relazioni di ampio respiro. La via del Passo San
Jorio mette in collegamento il bacino del lago Verbano, incluse le
sue valli superiori, con quello del lago di Como; consente relazioni
con la città di Como verso sud o con lo Spluga e il Maloja a nord e
va quindi interpretata come "via traversa" di notevole importanza
per il passato nell'articolata rete dei transiti.
E' una funzione che oggi fatichiamo ad individuare in quanto ormai
questo passo è utilizzato escusivamente per il turistismo o
l'alpeggio e la mancata realizzazione di un collegamento
transfrontaliero carrozzabile - frequente oggetto di discussioni - ne
ha ridotto l'importanza ad un interesse puramente locale: Eppure
fino all'inizio di questo secolo ha svolto una funzione fondamentale
per gli scambi, non sempre legali, e per la difesa militare del
territorio ticinese.
Purtroppo i documenti attualmente a nostra disposizione non
consentono di valutarne completamente l'effettiva portata poiché il
Passo San Jorio compare nella storia "a macchie di leopardo":
dopo lunghi periodi di sospettoso silenzio - forse deliberatamente
voluto - improvvisamente sale alla ribalta quale fondamentale via
per il commercio o per la difesa dei confini.
La Valle Morobbia è attualmente costituita dai comuni di Pianezzo situato sul primo promontorio all'ingresso della valle, affacciato sul
Piano di Magadino - e di Sant'Antonio - comune costituito dai piccoli
nuclei di Vellano, Carmena, Melera e Carena, distribuiti in
successione lungo l'asse viario - che si trova all'interno della valle
ed estende i suoi confini fino al passo. Nel medioevo Pianezzo e
Sant'Antonio formavano il comune unico della Morobbia che
giurisdizionalmente era unito a Giubiasco, il che conferma gli stretti
legami tra la valle e il piano.
I ritrovamenti archeologici nelle tre località indicano che la presenza
umana era stabile sin dalla preistoria.
Giubiasco, situata all'imbocco della valle, fu "importante centro
abitato e commerciale dell'epoca del ferro e dell'epoca romana, di
cui fu parzialmente esplorata la necropoli ricca di tombe di vario
corredo celto-ligure" (GILARDONI 1967: 360).
Pianezzo "doveva essere un grosso centro abitato già in età
preistorica. E. Berta ed E. Magni vi scavarono nel 1905-1906 una
quarantina di tombe ad inumazione dell'epoca del ferro ... Nei ruderi
di "Caslasc" e di "Tremoza" [Torre mozza] si sono ravvisati resti di
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opere fortificate medievali che, secondo alcuni, risalirebbero
addirittura all'epoca romana e preromana ... I ricordi dell'antico
abitato medievale si scorgono nelle massicce porte a grossi blocchi
di granito delle vecchie case a torre" (GILARDONI 1967: 476-477).
Sant'Antonio assunse il nome dalla chiesa, citata per la prima volta
nel 1371, che "diede il nome all'abitato preistorico che, prima di
assumere il nome di Sant'Antonio, pare si chiamasse di Carmena o
di Cremena" (GILARDONI 1967: 546). Ancora a Sant'Antonio nel
1942 venne alla luce un sepolcreto risalente alla prima età del ferro
(Halstatt) collocabile tra il 750 e il 400 a. C; per il periodo romano
furono trovate alcune monete e Pianezzo e vicino alle ferriere di
Carena (BSSI 1946: 45-46).
Questa considerevole presenza umana durante l'età del ferro si
giustifica col fatto che i due versanti, italiano e svizzero, del
massiccio del San Jorio sono ricchi di questo fondamentale
minerale che venne estratto, non con continuità, anche nel basso
Medioevo e ancora sino all'inizio del 19. secolo.
Le pendici dei monti sono perforate da miniere, situate anche in
punti quasi inaccessibili, che,data la loro pericolosità, non sono
ancora state esplorate archeologicamente. Il loro sfruttamento e la
lavorazione e il trasporto del materiale estratto ha interessato un
vasto territorio comprendente tanto la Valle Morobbia che le valli
San Jorio (verso Dongo) e Cavargna (verso Porlezza), dove ancora
esistono ruderi di antichi magli.
Si può supporre che, data l'attività estrattiva, vi fossero comunità
che per necessità abitavano stabilmente il territorio, come sembra
dimostrato dalla presenza di necropoli, e che vi fossero già delle vie
strutturate, necessarie per il trasporto.
Poco si sa sull'uso del passo in periodo longobardo, ma si suppone
che in questo periodo abbia iniziato ad assumere una certa
rilevanza militare. I Longobardi avevano importanti stazioni militari a
Stazzona e all'Isola Comacina (due località strategicamente
importanti per il controllo dei transiti lungo il Lago di Como) cui
erano collegate, quasi su una stessa ideale linea, Bellinzona e
quindi Angera sul Lago Maggiore. La via naturale di comunicazione
più diretta tra questi punti era costituita dal valico del San Jorio.
Maggiori sono le informazioni riguardanti il periodo che vede la lotta
tra comaschi e milanesi per il possesso di Bellinzona e quello
successivo legato al dominio Visconteo e Sforzesco. Quando nel
1242 i "milanesi" Simone de Orello e Enrico de Sacco assediano
Bellinzona, i comaschi, che possedevano il borgo, mandano rinforzi
agli assediati attraverso il Passo San Jorio ma subiscono una
sconfitta con perdita di 500 uomini (WIELICH 1973: 23).
La sua posizione consentiva di aggirare le munite fortificazioni di
Bellinzona e giungere fino nel Luganese o nel Comasco evitando i
controlli. I Sacco di Mesolcina mostrarono sin dal 13. secolo
interesse per il San Jorio al fine di garantirsi il commercio con le
sponde lariane e per il controllo militare della regione.
Quando nel 1403 i Sacco occuparono Bellinzona strappandola ai
Visconti di Milano si fecero riconoscere il possesso del Monte di
Dongo (denominazione generica per le terre che si estendevano dal
Lario fino al passo) dall'imperatore Sigismondo per la protezione dei
traffici diretti alla fiera di Roveredo. Anche quando persero
Bellinzona, i Sacco conservarono la riscossione dei dazi sui cereali
e il bestiame in transito verso la Leventina.
La sua importanza quale via militare è ribadita in una relazione sulle
strade militari della Rezia compilata, tra il 1496 e il 1519,
dall'osservatore del duca di Milano A. Vignati che segnala i due
tracciati delle strade che da Gravedona e Dongo conducono a
Bellinzona (TAGLIABUE 1901: 1-19).
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Sulla funzione commerciale del San Jorio i primi documenti ufficiali
risalgono al periodo visconteo. L'interesse rappresentato dalle fiere
di Roveredo e Bellinzona spinse i mercanti comaschi a chiedere la
riparazione della strada attraverso il Passo per garantire un miglior
transito delle merci. In una lettera del maggio del 1465 i deputati
dell'Ufficio di Provvisione di Como propongono al duca di Milano
alcuni interventi di miglioria della strada, per la somma di duecento
ducati. L'operazione costituirebbe un sicuro beneficio per le entrate
ducali e nessuna spesa in quanto i soldi investiti verrebbero
recuperati con la riscossione di un pedaggio. Tra i firmatari
compaiono tutti i dazieri di Como. Il duca valutò positivamente le
richieste dei mercanti comaschi e aggiunse nella lettera l'elenco
delle merci da sottoporre a tassa (MORONI STAMPA, CHIESI
1995: 1/III: 423-424); ancora nel 1485 si fanno sopralluoghi per
verificare lo stato delle strade in Valle Morobbia.
Sempre in periodo Visconteo e Sforzesco il Passo San Jorio
assume importanza per un'altra forma di economia: quella del
contrabbando, che inizialmente interessava soprattutto il trasporto
illegale del sale. Numerosi sono i documenti milanesi che
riguardano i tentativi di impedire questa pratica, generalmente
infruttuosi (i più interessanti si trovano in MORONI STAMPA,
CHIESI 1993: 1/I: 128; 325-386; 1/III: 115-116; 1/III: 282-283).
Nel 15. secolo riprende anche lo sfruttamento delle miniere di ferro
della Valle Morobbia con concessione rilasciata dal duca di Milano
a Bartolomeo Muggiasca (MORONI STAMPA, CHIESI 1995: 1/III:
260-263). Dopo il loro fallimento le miniere vennero lasciate in
abbandono fino al 1792 quando Giovanni Bruni ne riprese lo
sfruttamento.
Anche per il periodo dei Baliaggi si hanno notizie riguardanti la
strada del San Jorio: nel 1610 viene incaricato il maestro di muro
De Franceschi di Broglio di costruire una buona strada (ACB,
Diversi: 647/1466); in occasione di riparazioni della strada effettuate
nel 1645 venne imposto un pedaggio. Numerosi i documenti circa lo
sfruttamento degli alpeggi, in particolare del Giggio e Giumello, che
nel 17. secolo vennero venduti ai vicini comaschi di Garzeno.
L'interesse per il passo cresce durante il periodo dell'Elvetica,
quando diviene nuovamente una frontiera di grande interesse
militare. Nel 1798 la Camera Amministrativa del Cantone di
Bellinzona, rivolgendosi ai reggenti della comunità della Valle
Morobbia, ingiunge che "la strada della valle Morobbia, sino
all'estensione dei nostri confini, debba continuamente e senza la
minima interruzione essere praticabile ... essendo questo passo
assolutamente necessario per la comunicazione delle armate" (BSB
1944: 77). Sempre in questi anni si ha notizia dell'esistenza di un
dazio di Giubiasco e Valle Morobbia (BSB 1946: 51). Il periodo
della dominazione francese nel nord Italia è molto travagliato. Le
normative daziarie diventano rigidissime, le tariffe aumentano a
dismisura in ragione di una politica protezionistica. Il controllo alle
frontiere si fa serrato e violento nell'intento di creare una barriera
economica e militare contro i nemici austriaci e inglesi e i loro
alleati. Le gabelle sul sale aumentano notevolmente tanto che
diventano la voce più importante tra le imposte indirette; la
produzione di questo bene indispensabile viene controllata a vista
da guardie di finanza armate per evitarne i furti. Nel 1806 viene
proibita l'importazione in territori soggetti alla Francia di qualsiasi
prodotto inglese e il 14 novembre del 1812, per ordine del Piccolo
Consiglio, viene intimata la chiusura completa dei passi San Jorio e
Soazza (Forcola) per qualsiasi passaggio di merci da e per l'Italia.
Tutto ciò che è diretto nei Grigioni deve essere vidimato a
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Bellinzona: sostanziale testimonianza del rilievo che il San Jorio
aveva per il traffico clandestino. Ma queste restrizioni non causano
altro che il dilagare del fenomeno del contrabbando e Milano
diventa il mercato più importante per le merci di importazione
illegale.
Pochi anni prima, nel 1801, l'ingegnere Meschini, in qualità di
ispettore di strade e ponti, ben individua la funzione del San Jorio.
La strada della Valle Morobbia, scrive, "serve di comunicazione fra
il lago di Como ed il Cantone di Bellinzona ... facilita l'importazione
dei grani allorché ne è proibita l'estrazione dalla Repubblica
Cisalpina, e se ne provarono gli effetti in occasione che le vie dei
laghi, Maggiore, e Ceresio erano interdette per gl'accidenti della
Guerra" (MESCHINI 1801: I).
Anche dopo la caduta dell'Elvetica ne viene ribadita l'importanza. Il
delegato governativo Luigi Janner in un resoconto del 22 marzo
1831 annota che "la comune di Giubiasco si trova situata
all'imbocco della Valle Morobbia, per la quale si arriva, in 4 ore circa
di cammino, per via accessibile anche ai cavalli, ai confini del
Cantone Ticino collo stato lombardo. La posizione geografica del
luogo che divide questi due stati merita tutta la considerazione.
Sono posti i confini sulla sommità di un monte denominato St. Jori.
Mettono quivi a capo due vallate che, proveniente una da Dongo e
l'altra da Gravedona ... offrono al nemico un passaggio, se non
comodo, almeno praticabile a truppe e accessibile anche a cavalli.
Partendo da queste due comuni l'inimico ci potrebbe sorprendere in
meno di 5 ore. Sarebbe perciò misura assai provvida se,
all'occorrenza, si stabilisse alcuni forti sulla sommità dell'indicato
monte di St. Jori" (ACB, Diversi: 1662).
In questi anni i rapporti tra il Cantone e la vicina Lombardia
austriaca sono difficili non solo per ragioni commerciali ma anche
politiche. Il Ticino, infatti, dava rifugio agli italiani oppositori del
regime austro-ungarico e, infatti, una delle merci più
contrabbandate attraverso il San Jorio erano gli opuscoli e altro
materiale a stampa inneggiante all'unità d'Italia e alla rivolta contro
l'oppressore austriaco.
Se durante il regime austro-ungarico le imposizioni daziarie erano
contenute e le leggi tese a punire il contrabbando non
particolarmente vessatorie, con l'unità d'Italia le cose poco a poco
cambiano. Nel 1887 si impone un commercio protezionistico basato
sull'aumento dei dazi. Il governo centrale, lontano dalle periferiche
zone montane e insensibile alle difficoltà economiche di questi
territori marginali, si limitò ad applicare una politica vessatoria e
violenta. La gravità della situazione porta alcuni parlamentari italiani
a chiedere addirittura l'abolizione dei dazi ma in risposta il Governo
di Roma, nel 1868, crea la Regia Cointeressata: in sostanza il
primo monopolio sulla vendita dei tabacchi. Questa legge ha come
conseguenza l'aumento delle pratiche del contrabbando e quella
del Passo San Jorio diventa in assoluto una delle vie più trafficate.
Sul versante italiano vengono costruite strade confinali per impedire
il passaggio illegale delle merci. Analogamente sul versante
ticinese si iniziano a costruire fortificazioni per il controllo delle
frontiere. Tale attività si intensificherà nei periodi successivi di
maggior crisi, in particolare durante la prima e la seconda guerra
mondiale. Resti di fortificazioni sono ancora presenti nei pressi del
Passo San Jorio: al Giggio, alla Biscia, all'Alpe della Costa e al
Sasso Guidà.
Cartografia
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Tra i documenti cartografici più interessanti proponiamo una inedita
rappresentazione del territorio compreso tra Chiavenna e Lugano di
mano anonima, disegnata tra la fine del 15. e l'inizio del 16. secolo.
Nella carta è indicata la strada per il Passo San Jorio con grande
rilievo grafico, quasi a testimoniarne l'importanza. Ovviamente il suo
interesse è più storico che cartografico in quanto questo documento
non consente di individuare con precisione il percorso attraverso il
San Jorio.
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La carta riguardante il territorio compreso tra Chiavenna a nord e
Lugano a sud:
1) Chiavenna
2) Roveredo
3) Bellinzona
4) Lugano
5) Dongo
6) Menaggio
Si possono individuare:
a) il Passo San Jorio
b) la Bocchetta di Camedo
c) probabilmente il Passo della Forcola con ai suoi piedi Gordona
d) la strada tra Lugano, Porlezza e Menaggio
(ASM, fondo Trivulzio).
Fig. 1
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Per una definizione corretta della via del San Jorio si deve ricorrere
alle carte ottocentesche che, comunque, sono in parte tra loro
contraddittorie. Infatti il TA e il TK riportano il medesimo percorso
fino ai Monti di Ruscada. Da qui il TK Bl. XIX/1858 indica la strada
che percorre il greto del riale Morobbia fino al Giggio da dove piega
verso sud verso il Passo San Jorio (TI 17.0.9). Il TA 516 Jorio 1875
riporta invece la mulattiera che dai Monti di Ruscada sale in
direzione dell'Alpe di Giumello e si ricongiunge con quella
proveniente dal Giggio verso il Passo San Jorio (TI 17.0.8).
Da notare che in entrambe le carte è indicato come Passo San
Jorio quello che nell'attuale CN 1314 Passo S. Jorio 1989 viene
riportato col toponimo "Passo della Traversa".
Estratto dal TK Bl. XIX/1858 che riporta la strada per il San Jorio
lungo il fondovalle del fiume Morobbia.
Fig. 2
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Estratto dal TA 516 Jorio 1875 dove viene indicata la mulattiera, in
parte sentiero, per il Passo San Jorio.
Fig. 3
La costruzione della strada carrozzabile ha quasi completamente
cancellato la mulattiera del Passo San Jorio fino a Carena. Della
prima parte, tra Giubiasco e Vellano, ne sono ancora percorribili
alcuni segmenti discontinui, interrotti dai tornanti della strada. Tra
Vellano e Carena la carrozzabile si è in gran parte sovrapposta al
tracciato della mulattiera cancellandone quasi ogni traccia. In tempi
più recenti è stata costruita la strada forestale che da Carena
conduce fino ai Monti di Ruscada, anch'essa in gran parte
realizzata sul tracciato della strada mulattiera della quale è stata
distrutta ogni struttura. Solo tra i Monti di Ruscada e il passo si
ritrova ancora il vecchio tracciato. Quanto rilevabile è descritto a
parte nei singoli segmenti.
–––– Fine della descrizione ––––