LE CLASSI E I LIMITI

LE CLASSI E I LIMITI
Un commento di Claudio Delle Volpe, 23/3/2014.
Le considerazioni introduttive dell'autore, in ottica marxista, sono svolte a titolo personale e non
riflettono una posizione ufficiale di ASPO Italia.
Pubblicato anche su http://civettaeolivo.wordpress.com/2014/03/23/le-classi-e-i-limiti/
Premessa
Già nelle raccomandazioni di LTG è presente una serie di warning fra i quali spiccano due o tre punti:
non esiste una soluzione tecnologica del problema dei limiti e la ineguale suddivisione della ricchezza
è una aggravante, punti determinanti che d’altronde fanno parte in qualche modo del panorama che
anche uno sprovveduto può farsi della situazione umana contemporanea.
Abbiamo spesso discusso in ASPO di queste cose e qualcuno di noi ha anche tentato di costruire un
ponte fra i vari punti di vista che si sono occupati delle transizioni che avvengono in vicinanza di
momenti di crisi, come quello che ragionevolmente si approssima e che stiamo per vivere.
Personalmente sono anni che sostengo che la divisione in classi è un elemento centrale che DEVE
essere inserito nella modellazione, così come la dinamica ecologica deve diventare la 4 gamba del
marxismo moderno.
In effetti c’è da dire che il punto di vista che la societ{ umana ha vissuto gi{ altre crisi di risorse di tipo
“locale” e che a volte le ha potute superare ma altre no, inizia a far parte del bagaglio di conoscenza che
gli storici e gli umanisti, oltre che gli archeologi o gli scienziati in genere, hanno del passato umano.
Certo la crisi che si avvicina ha tutte le carte in regola per essere la madre di tutte le crisi, dato il suo
carattere mondiale globale, ma questo è un altro discorso.
Alcuni di questi punti di vista, come per esempio il marxismo, centrano le dinamiche sociali sulla
battaglia fra le classi e concludono come Marx nel Manifesto che tale battaglia “si è ogni volta conclusa
con una trasformazione rivoluzionaria dell’intera societ{ o con il comune tramonto delle classi in
conflitto”.
Marx non conosceva la matematica a sufficienza e comunque non ebbe il tempo per rappresentare tali
dinamiche in modo formale; e quindi tali affermazioni possono apparire apodittiche o ideologiche;
tuttavia la decadenza sociale è ormai una acclarata dinamica storica che è apparsa in libri e volumi;
basti pensare a Tainter o Diamond.
All’opposto nelle descrizioni formali moderne, a partire da quella di LTG ma anche in tutte le altre che
si sono succedute nell’era dell’automazione e dell’informatica (un’era che valorizza il concreto,
l’applicazione, che sfugge spesso alle generalizzazioni a vantaggio dell’analisi approfondita ma limitata
e che chiama retroazione il meccanismo che la filosofia del passato chiamava dialettica, ma in
compenso ne estrae la legge di svolgimento in forma matematica e riproducibile), in quest’era dicevo
si è potuto costruire più di un modello matematico del processo stesso di scontro.
Quello di cui parlo oggi è un modello specifico che ha però una importante differenza con tutti quelli
che lo hanno preceduto: ha cercato con successo di incorporare nel modello stesso lo scontro sociale;
quindi a differenza di LTG e di altri modelli e della corrente concezione di ASPO Italia che pur
riconoscendo la presenza della diversità sociale non la incamera negli elementi centrali, in quelli che
Donella Meadows avrebbe chiamato “leverages” i meccanismi centrali i meccanismi di azione centrali
del sistema, questo modello ne riconosce la natura centrale e la importanza.
La prima parte dell’articolo è una superba introduzione ai temi della decadenza e del collasso con un
eccezionale numero di riferimenti utili e mi piace soprattutto l’idea che il collasso di vario tipo
(temporaneo o permanente) rappresenti una modalità di funzionamento della nostra specie a causa
della stratificazione sociale.
L’articolo è in corso di pubblicazione su Ecological economics se ne trovano varie versioni ma quella
ultima sottomessa al giornale è la seguente:
Human and Nature Dynamics (HANDY): Modeling Inequality and Use of Resources in the Collapse or
Sustainability of Societies di Safa Motesharrei, Jorge Rivas, Eugenia Kalnay
http://www.atmos.umd.edu/~ekalnay/pubs/2014-03-18-handy1-paper-draft-safa-motesharreirivas-kalnay.pdf
I tre autori sono dei matematici applicati e il lavoro si ispira e cita LTG, Daly e ringrazia Yakovenko, un
econofisico di origine russa che quindi non puo’ essere digiuno di marxismo. Mi piace notare che
Motesharrei è un ingegnere elettrico, ossia è della stessa razza di quel Tustin che avevo notato in
passato come capace di introdurre la correlazione fra retroazione e dialettica in un testo scientifico.
Di cosa si tratta esattamente?
Modelli precedenti
Si inizia dalla teoria di Lotka-Volterra, i due matematici dell’inizio del 900 (1924-25) che hanno
elaborato una analisi dell’andamento delle popolazioni di preda e predatore in un contesto naturale e
poi ci si sposta in una situazione in cui la preda sono le risorse naturali e il predatore la specie umana ,
ma considerata non come altre volte è stato fatto, come una singola entità, priva di struttura interna ,
ma come una entità strutturata in due strati, o come direbbe Marx due classi che il lavoro chiama
Commoner ed Elite, con chiaro significato. Il lavoro polemizza con chi non ha considerato l’umanit{
una entità dotata di struttura, ossia con James A. Brander and M. Scott Taylor. The simple economics of
easter island: A ricardo-malthus model of renewable resource use. The American Economic Review,
88(1):119–138, 1998.
Rimando ad altri testi per una considerazione storica dell’equazione e della sua origine (Lotka avanzò
la teoria che i concetti di selezione naturale proposti daDarwin potevano essere quantificati come una
legge fisica. La legge che propose era che il principio di selezione evolutiva era quello che favoriva la
trasformazione della massimo flusso di energia disponibile. L’ecologo Howard T. Odum in seguito
applicò tali concezioni di Lotka come principi di riferimento nei suoi lavori di ecologia degli ecosistemi.
Odum chiamò la legge di Lotka il principio della massima potenza. Vito Volterra contribuì alle
equazioni partendo dalla equazione di Verhulst che spesso usiamo nei nostri discorsi aspisti e che è la
cosiddetta curva sigmoide o logistica.)
La teoria di Lotka Volterra è espressa in genere usando due equazioni cosiddette differenziali, ossia
che esprimono l’andamento non tanto della grandezza che ci interessa in se ma della sua velocit{;
quindi le due equazioni che adesso vedrete indicano la velocità con cui le due popolazioni variano; è
un po’ come l’equazione del picco, il quale in quanto trend della produzione di un bene o del suo
consumo se si vuole è una rappresentazione della velocità con cui la risorsa viene consumata, la
risorsa è la sigmoide e la curva del picco la sua derivata, ossia appunto la sua velocità di variazione.
Nel caso della singola risorsa, cioè dei casi che analizziamo di solito, come il petrolio, avremo una cosa
del tipo seguente; Verhulst che la ha inventata considerava P la popolazione, ma non cambia nulla se la
consideriamo una risorsa generica:
dove P è la risorsa e quindi il termine dP/dt rappresenta la sua velocità di variazione nel tempo; tale
velocità che è quindi rappresentata da una cosiddetta derivata a volte indicata anche da una P con un
punto sopra la lettera; questa velocità di produzione o di consumo se volete (o di crescita della
popolazione) sarà proporzionale sia alla risorsa esistente P, che alla differenza fra la risorsa totale che
esisteva all’inizio, ossia K e la proporzione che ne abbiamo gi{ estratta, ossia (1-P/K); K potrebbe
dipendere nel caso della popolazione dal carico che l’ambiente può sostenere; le proporzionalit{
dipendono nel nostro caso dalla frazione residua di risorsa (1-P/K) ma anche da quanto ne abbiamo
prodotta e quindi dalla nostra abilità tecnica; ovviamente queste proporzionalità sono semplificazioni
ma danno come risultato che la curva di P e di dP/dt vengono fuori dal calcolo come le conosciamo,
una sigmoide e il picco famoso. Per la cronaca la soluzione generale per la P è del tipo
In questo grafico la curva continua rappresenta la P, anzi la –P, cambiata di segno per indicare che si
sta consumando qualcosa, ma nel caso della popolazione sarebbe una sigmoide in salita non in discesa
come questa e la curva continua è invece (sempre cambiata di segno, ossia –dP/dt) la velocità con cui
la risorsa scompare ossia il picco famoso
La procedura da usare per Lotka-Volterra è analoga, si scrivono le equazioni per le derivate delle
popolazioni e poi si cerca la funzione originale, ossia si “integra” la derivata. Ma nel caso di Lotka
Volterra si fa di più perché ci si chiede se i trend delle funzioni siano “stabili” ossia se vadano verso
condizioni di equilibrio o no.
Le due specie (indicate qui con x e y e le trovate in molti casi x per le prede e y per i predatori ma
anche il rovescio come faremo noi) sono quindi per noi x i predatori e y le prede e x e y col punto sopra
sono usati al posto del simbolo dx/dt e dy/dt per indicare la velocità con cui cambiano nel tempo.
La velocità con cui cambiano i predatori è data dalla somma di due termini di cui il primo è dato dal
prodotto axy, in pratica quando un predatore incontra una preda ha una probabilità a di mangiarsela,
mentre poi c’è un termine negativo – bx che dice che i predatori muoiono con una probabilità b. La
preda y invece che fa? Da una parte aumenta con una probabilità c in pratica si dà per scontato che ci
sia roba da mangiare e dall’altra diminuisce quando incontra x, con una probabilit{ d, quindi un
termine negativo –dxy.
Se il sistema è stazionario cosa succederà? Che le due variazioni saranno nulle, cioè se il sistema è
stazionario le variazioni delle due popolazioni saranno 0, quindi le due equazioni saranno pari a zero.
Se poniamo a zero le due espressioni avremo due equazioni algebriche stavolta axy=bx e cy=dxy, le
quali ammettono due coppie di soluzioni. Infatti c’è una prima soluzione banale, x=0 e y=0 e una
seconda soluzione che è y=b/a e x=c/d. La soluzione banale non è interessante dal punto di vista fisico
ma come vedremo lo è dal punto di vista dei metodi per analizzare il comportamento delle soluzioni.
Ma perché dovremmo occuparcene di questo comportamento? Il motivo è che nei casi reali non
esistono solo c/d predatori e b/a prede ma un numero diverso (e sottolineo qui anche intero di entità,
non esistono frazioni di preda e di predatore, ma questo è un limite del modello matematico fatto con
numero reali) e che varia nel tempo quindi che succede se esistono m prede e n predatori? Come si
comporter{ il sistema? Si dice che si studia allora la “stabilit{” delle soluzioni, ossia una certa soluzione
“attrae” al proprio valore il sistema o no? Nel primo caso si dice che è stabile.
Non sto a spiegarvi i metodi che si usano che si chiamano cose come “metodo dello Jacobiano” ed altri
nomi strani, Hessiano e cose così, e dipendono nella sostanza da tabelle di derivate (le tabelle di
simboli in matematica sono chiamate matrici ed hanno complicate proprietà). Il primo di questi
metodi è un metodo cosiddetto lineare, ossia suppone che il comportamento si possa approssimare
con la semplice idea della proporzionalità. Tale metodo detto Jacobiano si basa sul calcolo del
cosiddetto determinante della matrice Jacobiana che dato che questa matrice nel nostro caso è piccola,
una tabella di soli 2×2 elementi, è facile; se la si applica alle due soluzioni che abbiamo trovato si
vedono le seguenti cose:
1) la soluzione banale 0,0 non è un attrattore, la sua forma tridimensionale assomiglia ad una
superficie a sella e quindi non riesce ad attrarre il comportamento del sistema; in un certo senso
questo protegge le specie dei predatori dalla distruzione; basta che sopravviva una piccola parte di
predatore e si ottiene un comportamento che i matematici chiamano dell’atto-volpe; perché atto?
Perché atto-è il prefisso di 10-18 di qualcosa; basta una attovolpe per far risorgere le volpi (o i lupi, se
volete, i predatori) che si fossero ridotte di numero; si tratta di un effetto paradossale ma ci dice che i
sistemi biologici ed ecologici a rete sono molto stabili, o meglio tendono a non essere instabili.
2) La soluzione c/d predatori e b/a prede è invece una soluzione particolare perché da una parte
non attrae, il comportamento del sistema in questa versione non spiraleggia verso di esso, ma possiede
una quantità che si chiama costante del moto; in pratica il comportamento tende ad essere stazionario
e i numeri di prede e predatori “ruotano” attorno alla soluzione trovata
La soluzione calcolata è rappresentata dal punto nero centrale; le prede y e i predatori x ruotano l’uno
attorno all’altro; quando le prede sono molte i predatori se le mangiano e le riducono di numero ma
crescono loro; poi senza prede loro si riducono e le prede ricrescono e così via all’infinito; questo è un
diagramma di fase del ciclo preda predatore (vi ricordate che avevo provato a fare un diagramma di
fase del petrolio tempo fa? Niente di strano il petrolio è la preda e noi il predatore, comunqe lì parlavo
di prezzo del petrolio). Se si riportano le prede e i predatori nel tempo si ottiene invece lo schema più
conosciuto che vedete qui:
Un nuovo modello: HANDY
Se mi avete seguito fin qui siete in buona posizione per apprezzare la proposta dei tre matematici
applicati che come spesso avviene si occupano poi d’altro, clima, economia e altre cose; ma la
matematica ha questo di stupendamente irragionevole, che va bene sempre, è la irragionevole abilità
della matematica di rappresentare il mondo, come diceva Galileo (che diceva che il linguaggio
dell’Universo
è
matematico)
e
che
dice
Wigner
(http://www.dartmouth.edu/~matc/MathDrama/reading/Wigner.html). E’ anche il problema degli
economisti, che dall’alto della loro conoscenza matematica credono di sapere tutto, ma si è visto che
non gli basta; solo che per esautorarli dal potere che hanno sul mondo ci vuole che anche noi ci
impariamo la matematica e ne troviamo i… limiti.
Il modello dell’articolo di Motesharrei si chiama Human And Nature DYnamics (HANDY).
Gli autori non giustificano perché usano un modello di umanità a due strati, ma la cosa è semplice da
capire; se leggete uno qualunque dei tre rapporti che qui vi indico concluderete con me che c’è una
fortissima stratificazione economica nella specie umana, con una piccolissima parte dell’umanit{ che
possiede una quota estremamente, irragionevolmente grande dei beni prodotti dall’uomo, ossia delle
risorse strappate alla natura e che questo tratto caratterizzante dell’umanit{ è veramente
strabordante.
Potete vedere i rapporti 2013 di grandi banche o quello 2014 di OXFAM che è una ONG per arrivare
alla stessa conclusione:
1. http://www.oxfam.org/sites/www.oxfam.org/files/bp-working-for-few-political-captureeconomic-inequality-200114-en.pdf
2. Global Wealth report 2013 di Credit Suisse
3. World Wealth report 2013 di CapGemini)
La seguente tabella vi mostra la situazione:
Si tratta di numeri così grandi che non si può sbagliare: la divisione in classi esiste eccome e non è
detto che noi e voi che parliamo siamo fra i poveri. Nell’articolo comunque si citano alcuni lavori di
econofisica che analizzano in dettaglio i meccanismi della distribuzione della ricchezza. "Wealth"
contrapposto ad "income" equivale a proprietà non a reddito.
HANDY è questo sistema qua:
cosa vuol dire? Anzitutto è un Minimal Model for Human and Nature interaction, quindi cerca di
catturare l’essenziale e nell’essenziale (ripeto nell’essenziale, rifletteteci) ci mette la divisione in classi.
Cosa vogliono dire le equazioni?
Le due popolazioni di predatori xcommoner e xelite hanno le stesse leggi di comportamento con due fattori
di nascita e morte; i due fattori di nascita sono eguali mentre quelli di morte sono usati diversi. Il
termine y-punto, che è la popolazione di risorse, varia mediante due termini, il primo potremmo
chiamarlo un termine di rigenerazione e il secondo un termine di deplezione, di perdita; il termine di
perdita dipende dall’incontro con il predatore, come nel caso delle due equazioni classiche, mentre il
termine di rigenerazione è a sua volta la somma di due parti, come nell’equazione logistica, il primo di
ricrescita e il secondo di consumo interno che come vedete non dipende dal predatore umano, ma è
intrinseco. La deplezione attiva, non intrinseca, dipende solo dai commoners, perché solo loro
lavorano “produttivamente”. Il quarto termine è la ricchezza accumulata, w, che cresce solo in
proporzione al lavoro e quindi al numero dei commoners, ma diminuisce col consumo sia dei
commoners che delle elite le quali sono così delle elite di sfruttamento; la cosa può essere modificata
in versioni future. I consumi delle due classi di predatori umani Cc e Ce dipendono dal rapporto k.
La ricchezza accumulata e conservata è un elemento che distingue enormemente l’uomo da
altre specie, in quanto introduce nei meccanismi di retroazione un elemento di ritardo enorme
che altrimenti non esiste; gli animali al massimo conservano per brevi intervalli la loro preda,
mentre noi uomini attraverso l’accumulazione della ricchezza siamo in grado di trasferire la nostra
preda per tempi lunghissimi e quindi introduciamo un fattore di ritardo nella retroazione del sistema
che non esiste quando si esaminino tipici sistemi preda-predatore. Ora è proprio la distribuzione di
questo elemento di retroazione che distingue le classi; quindi per la prima volta troviamo un
elemento matematico (e dialettico se mi consentite) che oggettivamente e non ideologicamente
distingue fra le classi. La ricchezza è quindi definibile come un elemento che indebolisce la
retroazione negativa, consentendo al sistema uomo ambiente di uscire dalla stazionarietà e
dalla stabilità; la ricchezza è dunque un potente elemento di instabilità del sistema uomo-ambiente; e
la sua distribuzione è ineguale, qui sta la scoperta a mio parere di questo storico articolo! La ricchezza
è “il diavolo” in un certo senso, ossia l’elemento che rallentando l’azione dei meccanismi di retroazione
negativa e di stabilizzazione del sistema prepara le condizioni del suo collasso: la ricchezza come
elemento di dualità, come potente elemento di instabilità e di innovazione.
Queste due quantità, Cc e Ce abbisognano di due ulteriori definizioni che non sono inserite
esplicitamente nelle 4 equazioni principali, ma solo per semplicità di rappresentazione , in pratica ne
fanno parte integrale:
qui il consumo può andare sotto una soglia wth, che segna l’inizio della fame
Tuttavia a causa del rapporto k i Commoners iniziano a sperimentare la fame ben prima delle Elites.
Fin qui la descrizione dell’essenziale del modello. Quale dinamica si manifesta nel modello?
L’articolo distingue varie situazioni dinamiche e varie condizioni al contorno; per esempio le tre
situazioni dinamiche sono: il soft-landing ovvero il raggiungimento lento di una situazione di
equilibrio con la capacità di sopportazione dell’ambiente, possibile quando il consumo non sia
eccessivo; un raggiungimento oscillante della medesima situazione quando il consumo iniziale sia più
elevato (denominato collasso di tipo 1 o di tipo N) e il collasso vero e proprio di tipo II o di tipo F con la
riduzione estrema o al limite la totale distruzione dei consumatori.
L’articolo distingue anche tre tipi di condizioni al contorno: una situazione in cui non vi sia
eguaglianza, che è quella attuale, quindi xe diverso da zero e k>1, una in cui vi sia eguaglianza (xe =0),
ed un terzo caso che gli autori definiscono "equitable", ossia equa o giusta in cui xe può diventare il
numero di coloro che per vari motivi non lavorano: troppo giovani, troppo vecchi, malati etc. ma in cui
quindi k=1 anche se xe diverso da zero, l’elite non è lo sfruttatore ma colui che per più motivi non può
lavorare o produrre. Anche questo approccio mi sembra innovativo: in sostanza tende a dare una base
ecologica all’idea di solidariet{ sociale.
Quali sono le conclusioni dell’articolo?
Anzitutto le tre modalità di dinamica sono comuni alle tre situazioni al contorno, cioè in questo
modello semplificato ogni tipo di società umana può approcciare lo stato stazionario o oscillare o
arrivare ad una situazione di collasso totale; ovviamente c’è da dire che una condizione al contorno di
tipo diseguale, come è il moderno capitalismo si negherebbe, se arrivasse allo stato stazionario perché
perderebbe la possibilità di crescere, in questo senso occorre vedere i limiti di un modello
semplificato. Se la società disuguale avesse come condizione la crescita continua potrebbe solo
arrivare ad un collasso definitivo.
Le società ugualitarie o "equitable" possono collassare soprattutto perché il livello medio dei consumi
è troppo alto, mentre le società diseguali possono collassare sia per questo medesimo motivo, sia nel
caso che le richieste di sfruttamento, dell'elite rispetto ai commoners, rappresentate da k, siano
troppo esose; nel primo caso processi come la riduzione della giornata lavorativa possono servire e
salderebbero la visione marxista e quella ecologista.