Michela Minuto e Renato Ravizza

© M. Minuto e R. Ravizza - Convegno la Qualità dell'integrazione scolastica e sociale - 8,9 e 10 novembre 2013
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Qualche cenno bibliografico…
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9° Convegno internazionale
La Qualità dell’integrazione scolastica e sociale
Rimini 8-9-10 novembre 2014
La “didattica della domanda”
Funzioni delle domande nei processi di insegnamento-apprendimento
Michela Minuto- Renato Ravizza
Workshop 5
Perché facciamo domande? A chi le rivolgiamo? Ci sono domande sbagliate? Ci sono
domande giuste?
Riflettere sulla competenza interrogativa ci permette di guardare ai processi di apprendimentoinsegnamento con uno sguardo più consapevole e di acquisire una maggiore padronanza nello
sviluppo delle abilità cognitive e relazionali.
La capacità di fare e farsi domande è, infatti, una di quelle competenze trasversali che stanno alla
base de “l’imparare ad imparare”.
Un uso più consapevole delle domande da parte di docenti e allievi favorisce aspetti
motivazionali, cognitivi e meta-cognitivi.
Eccone alcuni:
• l’attivazione e l’orientamento del pensiero
• il recupero delle conoscenze/competenze pregresse
• il controllo delle procedure
• la riflessione sul processo
• la verifica dei risultati
• l’individuazione degli errori
• la formulazione di strategie
Possiamo attuare alcune considerazioni utilizzando come immagine guida quella dell’albero delle
domande.
L’ALBERO DELLE DOMANDE
L’AMBIENTE
L’albero delle domande non è un albero solitario.
In questi anni le neuroscienze hanno sempre più evidenziato i cambiamenti strutturali e funzionali
provocati dalla interazione con l’ambiente.
Rispetto all’imparare, a partire dall’influenza delle teorie socioculturali, il focus si è spostato dalla
trasmissione delle conoscenze ai processi di apprendimento sottolineando l’importanza del dialogo
e dell’apprendimento cooperativo.
Per chi pone domande è rilevante trovare la possibilità di esprimerle in un contesto non giudicante.
Gli studiosi sottolineano, infatti, come i bambini costruiscano una teoria personale rispetto alla
possibilità di porre delle domande di aiuto. I bambini con difficoltà risultano meno attivi in
questo tipo di richieste forse perché, avendo difficoltà nel formularle e non sentendole ben accolte,
le ritengono una esplicita dichiarazione di inadeguatezza. Alcune ricerche hanno evidenziato,
inoltre, come in ambito scolastico, gli allievi che pongono poche domande ricevano minori
attenzioni ed abbiano minori occasioni di apprendimento rispetto ai compagni.
L’ambiente più favorevole è quello in cui l’adulto offre esempi e modelli di interazione positiva.
LE RADICI
In alcuni vocabolari il termine domanda è sinonimo di “problema” cioè uno scarto tra la situazione
in cui siamo e quella desiderata. Ma la domanda nasce per trovare una risposta e quindi
presuppone la possibilità di un interlocutore.
In campo educativo “far nascere domande” significa creare situazioni problematiche in cui le
risposte non siano già presenti o depositate.
E’ importante comunque per l’educatore, sia egli genitore, insegnante o professionista in ambito
riabilitativo, appoggiarsi alle conoscenze pregresse. Di fronte al totalmente nuovo il bambino può
non saper formulare richieste per mancanza di conoscenze o della competenza necessaria.
Vi sono vari tipi di domande. Quando l’adulto fa domande chiuse con risposta univoca, solo per
verificare le nozioni trasmesse, si rivolge piuttosto alla memoria che all’attivazione di un pensiero
autonomo escludendo chi non ha le condizioni necessarie per proporsi.
Le domande aperte, definite anche domande legittime, non prevedono una risposta codificata ma
spingono ad essere flessibili, a far sbocciare nuove idee, a conoscere meglio i pensieri propri e
dell’altro creando in chi apprende motivazione intrinseca e senso di autoefficacia.
IL TRONCO
Il termine “competenza” indica non solo la mobilitazione e messa in atto di attitudini personali,
saperi e saper fare di cui si acquisisce progressivamente la padronanza esecutiva ma anche una
adeguata rappresentazione cognitiva e meta-cognitiva. La competenza interrogativa si configura
allora come un processo dinamico e consapevole che non struttura percorsi rigidi ma dà parole e
forma alla curiosità iniziale modificandosi via via sulla base delle risposte.
Filosofia e scienza hanno costituito modelli interrogando la realtà che ci circonda con sempre
nuovi quesiti dando origine a percorsi inattesi e risposte provvisorie e gli assi portanti
dell’indagine sul mondo, sugli altri, su di sé hanno caratterizzato l’uomo sin dall’antichità.
A partire dagli anni ’70, nel mondo anglosassone e qualche decennio più tardi in Italia, si è attivata
una riflessione più approfondita sul valore stesso della domanda e del procedere dialogico nella
didattica e nei processi di apprendimento.
Gli studi sulla meta-cognizione evidenziano, ad esempio, quanto sia importante favorire specie nei
bambini con difficoltà, l’attivazione di un dialogo interno che li aiuti nell’autoregolazione rispetto
alla risoluzione di un problema.
LA CHIOMA
Il fusto si apre in molte ramificazioni e ogni ramo si intreccia con gli altri e si suddivide in nuove
biforcazioni. Possiamo distinguere varie tipologie di domande tra queste alcune sono più legate
alle conoscenze, altre sono centrate sui riflessioni e processi cognitivi e metacognitivi, altre
ancora sugli aspetti valoriali e di significato, altre ancora si pongono fuori dal contesto con
caratteristiche di creatività. La tipologia di richieste presenti negli scambi comunicativi tra adulti
e bambini, risulta prevalentemente mirata alle verifica delle conoscenze e delle procedure mentre,
per favorire il transfer degli apprendimenti, è importante aprirsi a nuove direzioni.
La competenza interrogativa non indica domande “giuste” e non si incentra su procedure definite e
classificazioni gerarchiche delle richieste. Gli interrogativi nascono nel dialogo e nella situazione.
La riflessione sulla loro tipologia vuole piuttosto indirizzare gli interlocutori in ambito educativo e
riabilitativo ad attivarne un uso consapevole per potenziare le risorse cognitive e favorire l’
“imparare ad imparare” .
Qualche esempio di domande utili per fa fronte a un problema
1. Qual è l’obiettivo da raggiungere ?
2. Cosa conosco che mi potrebbe aiutare a trovare la soluzione?
3. Quali strategie posso utilizzare?
4. Come posso controllare di aver raggiunto l’obiettivo?
5. Quali tappe ho percorso per ottenere il risultato?
6. Quali sono le difficoltà incontrate? Come ho fatto a superarle?
Cenni Bibliografici
Flavell J. H. (1976), Metacognitive aspects of problem solving. In L.B. Resnick (Ed.), The nature of
intelligence Hillsdale, NJ: Erlbaum.
Foerster von H. (1987), Sistemi che osservano, Astrolabio, Roma.
Gadamer G. (2001), Verità e Metodo, Studi Bompiani, Milano.
Gagné E. D. (1989), Psicologia cognitiva e apprendimento scolastico, SEI, Milano
Mazza P. (1999), Metodi, tecniche e strumentazioni di valutazione in: Le discipline e la
valutazione, IRRSAE Piemonte, Torino, pag. 190-195.
Minuto M. e Ravizza R. (2008), Migliorare i processi di apprendimento. Il Metodo Feuerstein
dagli aspetti teorici alla vita quotidiana, Erickson, Trento.
Perticari P. (1995), Insegnamento apprendimento, Anabasi, Milano.
Sternberg R.J. e Spear Swerling L. (1997), Le tre intelligenze, Trento, Erickson.
Weinrich H. (1989), Verso la costituzione di una competenza interrogativa in Vie della cultura
linguistica Il Mulino.
Michela Minuto, laureata in filosofia e counselor filosofico. E’ responsabile di Studio Forma ATC
Feuerstein e da più di vent'anni è additional trainer nei workshop internazionali dell'Istituto contribuendo
alla diffusione del Metodo con pubblicazioni e conferenze in Italia e all’estero.
Renato Ravizza, laureato a Torino con una tesi vincitrice del premio “E.Fea” (facoltà di scienze M.F.N.), si
occupa di educazione cognitiva lavorando sia con persone che presentano difficoltà sia con persone di
“talento” in differenti campi tra cui quello motorio
www.studio-forma.it
Illustrazione studio grafico m.art.a design