ITALIA / ITALIE e tra a cura di Gabriele Dadati direzione editoriale: Calogero Garlisi redazione: Eugenio Nastri comunicazione: Gabriele Dadati commerciale: Marco Bianchi realizzazione editoriale: Veronica Bonalumi hanno collaborato: Giulia Corazza, Cecilia Roda progetto grafico: Tralerighe, Milano ISBN 978-88-95411-82-8 Novecento Editore è un marchio Novecento media srl Copyright © 2014 Novecento media srl via Carlo Tenca, 7 - 20124, Milano www.novecentoeditore.it - [email protected] Claudio Nutrito Quant’altro Parole di salvataggio per parlare senza dire niente Novecento Editore Dedicato ad Anna, Nicoletta e Leonardo Indice Prefazione 11 Parole di salvataggio Amici 17 Bella dentro [vedi *Solare] 18 Bisogni indotti 18 Caso a sé [vedi *Eccezione] 21 Chilometri zero 21 Cionamico [vedi *Informale] 23 Collante 23 Condividere 25 Consapevole 29 Consumismo 31 Contaminazione 37 Cosiddetto 39 … della nonna 39 Destra, sinistra 42 Dietrologia 44 Disagio 46 7 Donna oggetto [vedi *Mercificazione] 48 Le Due anime 48 Eccezione 51 Eco– 52 Ecologia 53 Educare 54 Fare sistema [vedi *Lavoro di gruppo] 56 Il Fenomeno del… 56 Fra virgolette 57 Fusion [vedi *Contaminazione] 60 Gruppo di lavoro [vedi *Lavoro di gruppo] 60 Immaginario collettivo 60 Informale 62 Interiore 65 Km zero [vedi *Chilometri zero] 67 Lavoro di gruppo 67 Mediatico 69 Mercificazione 73 Metafora 76 Mi definisco… 77 A Misura d’uomo 80 Moderazione 81 Monitorare 83 Ostentazione 85 8 Peculiarità 88 Qualità della vita [vedi *A Misura d’uomo] 90 Quant’altro 90 Risorsa 91 Risorse umane 92 Sedicente 93 Significato simbolico 94 Simbolo fallico 95 Sinistra, destra [vedi *Destra, sinistra] 97 Sobrietà 97 Sociale 99 Solare 101 Solidarietà 103 I Soliti noti 105 Sostenibile 106 Spazio 108 Specifico [vedi *Peculiarità] 110 Strapotere 110 Vuoto legislativo 112 Cataloghi di salvataggio Catalogo dei sarchiaponi 117 Catalogo degli aggettivi socialmente utili 121 9 Catalogo “dalla parte” 125 Catalogo “business dietro” 129 Catalogo italiano 131 Catalogo name dropping 135 Prefazione “Parola sei divina!” Gabriele D’Annunzio “Non ho niente da dire e lo sto dicendo”. John Cage “Lo scopo primario della conversazione è quello di soddisfare l’impulso a parlare”. George Santayana Diamolo per scontato: quando parliamo abbiamo qualcosa da dire. Ciò premesso – siamo realisti – non si può mica pretendere un discorso chiaro, completo e approfondito ogni volta che si apre bocca. Ogni tanto può succedere di dover o voler parlare senza avere gran che da dire. Questo libro presenta una serie di parole di salvataggio, parole cioè utili nel caso ci si trovi a corto d’idee o d’argomenti. Intendiamoci: non si tratta di parole vuote, prive di senso. Tutt’altro: sono utilizza11 bili anche nel corso di una discussione approfondita. Sono parole passe-partout: il loro significato è quanto mai elastico. “Quant’altro”, che dà il titolo al libro, è una delle tante parole di salvataggio esposte nelle pagine che seguono. Sono vocaboli da esibire come segno di distinzione sociale per dare spessore e suggestione all’eloquio. O, comunque, per non fare scena muta. In molti casi sono delle vere e proprie parole strappa-applauso. Lo si può verificare nei tanti talkshow televisivi. In TV il tempo a disposizione è, per definizione, limitato. Di conseguenza, quando non si ha niente da dire occorre dirlo in forma sintetica: ed è questo uno degli elementi che rendono i talk-show un terreno quanto mai fertile per le parole di salvataggio. Parole strappa-applauso, si è detto. Agiscono come gli acuti in un pezzo cantato: la melodia è dolce, regolare, ripetitiva poi, all’improvviso, ecco l’acuto (la parola di salvataggio) che scuote ed esalta chi ascolta sino a suscitare l’applauso. A proposito di applausi: sono parole non solo da pronunciare, ma anche da scrivere. Per esempio, nel nostro blog o sito web. Magari in versione pluri-lingue, per favorire una sorta di “globalizzazione dell’applauso”. Le parole di salvataggio danno gusto al discorso, così come l’uva sultanina dà gusto al panettone. Con una differenza: non dobbiamo preoccuparci della 12 consistenza dell’impasto che sostiene i chicchi d’uva. Fuor di metafora: non curiamoci troppo della sostanza del discorso. Avvertenza. Molte parole di salvataggio esprimono concetti positivi: indicano cioè la retta via da seguire. È il caso, ad esempio, di “solidarietà”, “sobrietà”, “a misura d’uomo”, “condividere” ecc. Purtroppo però tanto più nobile è il significato di una parola, tanto più si tende a eccedere nell’uso di tale parola sino a screditarla. Queste parole pertanto vanno usate con moderazione, evitando un sovradosaggio che può portare effetti indesiderati. Come nell’esempio che segue. “Liberté, egalité, fraternité”: in Francia, queste tre parole erano ripetute ovunque, fino alla noia. Lo statista austriaco Klemens von Metternich (1773-1859) di ritorno da un viaggio a Parigi dichiarò: “Sono così stomacato dall’abuso che i francesi fanno della parola fraternità che se avessi un fratello lo chiamerei cugino”. 13 Parole di salvataggio Amici Dice il proverbio: “Chi trova un amico trova un tesoro”. Bene. C’è una formula magica per fare amicizie con facilità: “Preferisco chiamarli amici, anziché…” • “I nostri clienti? Siamo sempre a loro disposizione. Si è creato un rapporto di cordialità e fiducia. Preferisco chiamarli amici, anziché clienti”. • “Da anni organizziamo un festival della canzone regionale, grazie all’intervento di alcuni sponsor. Sono al nostro fianco sin dalla prima edizione: preferiamo ormai chiamarli amici, anziché sponsor”. Per inciso: ovviamente, giacché li chiamiamo amici, si spera che i nostri clienti non si rivolgano alla concorrenza, e che gli sponsor continuino a elargire il loro contributo. Altro esempio: abbiamo fondato un partito, un movimento, un’associazione. Come definire quelli che aderiscono? Seguaci? Affiliati? Militanti? Macché: “Preferisco chiamarli amici”. Segue puntualizzazio17 ne: “A patto che si attengano scrupolosamente alle mie direttive”. C’è, del resto, un illustre precedente. Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando” (Vangelo di Giovanni, cap. 15). Bella dentro [vedi *Solare] Bisogni indotti Una disquisizione sui mali della società dei consumi deve tassativamente menzionare i “bisogni indotti”. Sono, infatti, proprio i bisogni indotti ad alimentare la spirale del consumismo [vedi *Consumismo]. Ma quali sono i bisogni indotti? Secondo l’accezione più comune, sono i bisogni che non nascono in maniera naturale e spontanea, ma che si formano in seguito a stimolazioni esterne (es. la pubblicità). Si possono quindi definire indotti tutti quei bisogni che non rientrano nei cosiddetti bisogni primari, quelli che lo psicologo Abraham Maslow, nel suo modello di scala dei bisogni, chiama bisogni fisiologici/organici: mangiare, bere, dormire, coprirsi… In quest’ottica, possiamo catalogare come indotti la maggior parte dei nostri attuali bisogni: non solo il bisogno di indossare abiti firmati, ma - estremizzando - anche semplicemente quello di vestirsi. Vestirsi, infatti, non è un bisogno primario (nel senso di 18
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