ottica geometrica - Rete Civica di Milano

OTTICA GEOMETRICA
La propagazione rettilinea della luce
Vedrai più avanti che la luce ha delle caratteristiche di tipo indiscutibilmente ondulatorio, però la natura
ed il comportamento della luce ci consentono di interpretare alcuni fenomeni tramite i cosidetti raggi,
ognuno dei quali si può pensare come un segmento di retta lungo cui si propaga appunto la luce. Tale
modello, noto come "ottica geometrica", fu introdotto da Keplero e costituisce una buona
approssimazione della realtà quando la luce si propaga in un mezzo omogeneo ed isotropo,
caratterizzato, cioè, dalle stesse proprietà in ogni sua parte e direzione, ed è di estrema utilità nello studio
degli effetti prodotti dai vari tipi di specchi (piani, concavi e convessi) e dalle lenti. La velocità di
propagazione della luce nel vuoto è una costante della natura, il cui valore è circa 300.000.000 m/s.
Nell'ambito dell'ottica geometrica si fa anche un largo uso di fasci di raggi paralleli: vale la pena di
osservare preliminarmente che si tratta sempre di una approssimazione. Una sorgente di luce emette
radiazione in tutte le direzioni e dunque si ha una divergenza dalla sorgente verso lo spazio circostante.
Per questo i cosiddetti raggi paralleli sono comunque sempre fasci di tipo conico di apertura più o meno
grande e si può determinare un migliore parallelismo quanto più ci si allontana dalla sorgente. Le nuove
tecnologie ci hanno fornito, grazie all'uso di dispositivi a stato solido, fasci di luce laser a basso costo
che vengono generati dalle cosiddette penne ottiche (o penne laser). Si tratta di fasci di luce
generalmente rossa che soddisfano completamente le esigenze di tipo percettivo legate al concetto di
raggio.
La natura rettilinea della luce si evidenzia ogni volta che un fascio di luce proveniente da molto lontano
(in teoria dall‘infinito) proietta un‘ombra netta al di la degli ostacoli, un buon esempio in natura è
costituito dalla luce del sole. Se invece vogliamo produrre in laboratorio un raggio sottile, dobbiamo
mettere una fenditura di collimazione sul percorso della luce prodotta da una sorgente estesa, come
schematizzato nella figura seguente.
Se durante la sua propagazione un raggio luminoso incontra degli ostacoli il suo percorso viene deviato
seguendo delle leggi che dipendono dalla forma dell‘ostacolo (superfici piane o curve) e dal fatto che sia
costituito da un materiale opaco, riflettente (specchi) o trasparente (diottri e lenti).
Un principio fondamentale dell‘ottica geometrica è la reversibilità del cammino ottico: significa che i
cammini dei raggi luminosi possono essere percorsi indifferentemente nei due versi, per esempio un
raggio che, proveniendo da una sorgente, è riflesso secondo un certo angolo su uno specchio, ed è
evidenziato su uno schermo, percorrerebbe esattamente la stessa traiettoria in verso opposto se fossero
scambiati fra di loro sorgente e schermo. Torneremo su questa proprietà più avanti.
Il problema fondamentale dell’ottica geometrica è la determinazione dei raggi a partire da
condizioni note: vedremo più avanti che le condizioni da assegnare sono le proprietà ottiche dei mezzi
di propagazione, caratterizzate dalla distribuzione di una grandezza fisica definita indice di rifrazione.
Riflessione e specchi
Le leggi della riflessione
Il primo fenomeno fisico rilevante che abbiamo osservato, connesso con la propagazione rettilinea della
luce, si definisce riflessione. Ogniqualvolta la luce proveniente da una sorgente luminosa incontra una
superficie riflettente, il raggio rimbalza sulla superficie e viene deviato, formando un certo angolo con il
raggio incidente (luce riflessa).
Le due leggi che regolano la riflessione della luce sono dovute a Cartesio. La figura seguente
schematizza il nostro primo esperimento: la riflessione da uno specchio piano, e riporta anche la
teminologia tecnica utilizzata.
La prima legge della riflessione afferma che il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla
superficie riflettente giacciono sullo stesso piano, detto anche piano di incidenza.
La seconda legge della riflessione afferma invece che l'angolo di incidenza i e l'angolo di riflessione r'
sono uguali tra loro: i = r', dove l'angolo di incidenza i è l'angolo che il raggio incidente forma con la
normale (perpendicolare) alla superficie dello specchio, mentre r' è l'angolo che la normale alla
superficie forma con il raggio riflesso.
Immagini reali e immagini virtuali
Dove appare l'immagine che si forma in uno
specchio piano? Ci è chiaro dalla nostra
esperienza quotidiana che l'immagine di un
oggetto che noi vediamo in uno specchio appare
posizionata dietro lo specchio. Usando le leggi
della riflessione possiamo capire la ragione di
questo fenomeno. Osserviamo la figura a destra:
I prolungamenti di due raggi riflessi si intersecano in un punto che diventa l'immagine dell'oggetto. Da
semplici considerazioni geometriche si può dimostrare che la distanza tra l'oggetto e lo specchio è uguale
alla distanza tra lo specchio e l'immagine dell'oggetto.
L‘immagine di uno specchio piano non è reale (per esempio non si può evidenziare su uno schermo) ma
è una elaborazione del nostro cervello, che considera che la luce provenga dalla direzione con cui incide
sugli occhi, nel nostro caso dal prolungamento dei raggi riflessi. Si parla allora di immagine virtuale.
Un'immagine si dice invece reale quando si forma al punto di intersezione di raggi luminosi reali, che
possono essere visualizzati su uno schermo..
Se l'oggetto non è puntiforme ma esteso è possibile costruire l'immagine dell'oggetto costruendo le
immagini di tutti i suoi punti. In pratica però di solito consideriamo solo alcuni punti notevoli e
schematizziamo la figura ricostruendo solo le immagini di questi, per esempio la base e la punta di una
freccia o di una qualunque figura asimmetrica. Nella figura seguente l‘immagine della base della freccia
è ottenuta con i raggi colorati in verde e della punta con quelli colorati in rosso.
Simmetrie…
L'immagine e l'oggetto sono simmetrici rispetto allo specchio e hanno le stesse dimensioni.
Se guardiamo ora la nostra figura in uno specchio piano, abbiamo la sensazione che la nostra immagine
abbia il lato destro scambiato con il sinistro, per esempio, se io faccio ―ciao‖ con la mano destra, la
persona nello specchio sembra fare lo stesso gesto con la sua mano sinistra. Ma però non ci vediamo
capovolti a testa in giù e piedi in alto. Come mai? Lo specchio può ―distinguere‖ destra e sinistra e alto e
basso? Il nostro concetto di alto e basso è legato alla gravità, come può un rettangolo di vetro argentato
ragionare sulla direzione della gravità? Prova a rispondere prima di guardare la soluzione qui sotto.
Risposta. Come è logico, lo specchio non
distingue affatto la verticale dall‘orizzontale
rispetto al suolo, distingue però un davanti e
dietro della figura che riflette. Cioè tratta in
modo diverso le direzioni parallele al piano
dello specchio e quelle perpendicolari. Nel
disegno seguente la direzione che viene
modificata per simmetria è la direzione y che è
quella perpendicolare alla superficie dello
specchio, mentre non vengono modificate le
posizioni dei punti lungo le direzioni x e z
parallele alla superficie dello specchio. Questa
simmetria si definisce simmetria assiale.
z
z
y
x
y
x
Due Specchi
Dati due specchi piani incidenti, quante immagini si formano di un oggetto posto ad ugual distanza dai
due specchi? E quali simmetrie si costruiscono?.
L‘oggetto S, posto a una stessa distanza da due specchi a 90° fra di loro, e quindi sulla bisettrice
dell‘angolo di 90° tra di essi, genera tre immagini, come si può vedere dalla dalla figura qui sotto:
I1
I3
II
S
I2
I
O
Dalla riflessione con lo specchio verticale, I, si ha l‘immagine I1. L‘immagine è costruita con la regola
dello specchio piano. Il punto d‘incontro dei prolungamenti dei raggi riflessi è il punto immagine I1. Con
ragionamento del tutto analogo si può dimostrare che I2 è l‘immagine di S dopo la riflessione con lo
specchio orizzontale II. Infine, considerando due riflessioni successive negli specchi, come quelle
riportate in blu nella figura, un osservatore O vede anche una terza immagine, I3, in posizione
simmetrica ad S rispetto al vertice dei due specchi. Per costruirla è sufficiente prolungare idealmente gli
specchi ed osservare che essa risulta contemporaneamente l‘immagine di I2 rispetto allo specchio I e di
I1 rispetto allo specchio II. Nelle quattro figure sono riconoscibili 2 simmetrie e 2 rotazioni.
Uno schema più semplice e che si può
generalizzare ad angoli qualunque, purchè
sottomultipli di 180° è mostrato qui a fianco.
Bisogna disegnare le due immagini P1 e P2 ed
osservare quindi che esiste anche una terza
immagine P3 che può essere vista come
sovrapposizione di due immagini virtuali (quella
di P1 prodotta dallo specchio 1 e quella di P1
prodotta dallo specchio 2). Nella figura qui a
lato, dopo aver determinato P1, P2, P3 è stato
tracciato il percorso dei raggi con cui si osserva
P attraverso P3 dopo aver eseguito delle
riflessioni
su
entrambi
gli
specchi.
Si può dimostrare che il numero n delle immagini prodotte da una sorgente S, posta ad ugual distanza da
due specchi piani che formano fra loro un angolo α, è dato dalla formula seguente:
360°
𝑛=
−1
𝛼
Dunque se i due specchi formano un angolo di 90°, le immagini prodotte sono: n = 360/90 - 1  n = 3
Quante sono, per esempio, le immagini prodotte da una sorgente puntiforme A posta ad ugual distanza
da due specchi piani, che formano tra loro un angolo di 60°?
Il numero delle immagini prodotte dalla sorgente A, posta ad ugual distanza da due specchi piani che
formano un angolo α, si può calcolare utilizzando la formula precedente con α = 60° , per cui si ha:
n = 360/60 - 1  n = 5
E quindi le immagini che si producono sono 5.
Dalla figura qui sotto, si vede che un raggio luminoso, per esempio parallelo allo specchio I, dopo aver
investito A, si riflette sullo specchio II, producendo l‘immagine A5. Dopo tale riflessione, il raggio
incide sullo specchio I originando, questa volta, l‘immagine A2.
Considerando, ora, un raggio qualunque, si vede che dopo la prima riflessione esso genera l‘immagine
A1, dopo la seconda, A4, e, dopo la terza, A3.
Osservando queste immagini, possiamo vedere 3 simmetrie e 3 rotazioni. Ogni volta che otteniamo una
figura componendo tante simmetrie quante rotazioni, parliamo di simmetrie diedrali. La definizione
origina da diedro, termine che designa l‘angolo solido compreso tra due piani incidenti lungo una retta.
Due specchi paralleli
Quante immagini si formeranno, se si dispongono due specchi ad angolo quasi zero, cioè quasi paralleli?
E se fossero proprio paralleli?
Tre specchi, ovvero: il caleidoscopio
Il caleidoscopio (dal greco καλειδοζκοπεω che significa bel guardare) è stato inventato da Sir David
Brewster (1781-1868), un celebre scienziato scozzese che dedicò la sua vita a studiare i principi che
stanno alla base dell'ottica. Brewster costruì il primo caleidoscopio nel 1816 e lo brevettò nel 1817.
Questo brevetto fu però in seguito contestato a causa, sembra, di qualche errore di registrazione. Un
americano (Charles Bush) lo migliorò e lo brevettò nel 1873, iniziando poi a produrre e vendere
caleidoscopi in grandi quantità.
Nel 1819 David Brewster si mise al lavoro per costruire una macchina che, attraverso un gioco formato
da piccoli pezzi di vetro colorato che si riflettevano negli specchi, fosse in grado di produrre arte in
modo automatico e casuale, e potesse essere di conseguenza utilizzato come strumento di ispirazione per
creatori di schemi decorativi e trame artistiche. Brewster chiamò questa macchina caleidoscopio
(καλειδοζκοπεω), ossia, dal greco, "oggetto che permette di vedere belle forme". Purtroppo però, la
meccanicità di questo oggetto non si addiceva alla concezione idealista dell'arte a metà Ottocento, e il
caleidoscopio venne così declassato a "giocattolo". Nel 1919 Brewster pubblicò a Londra un libro
interamente dedicato al caleidoscopio: A Treatise on Kaleidoscope.
Brewster ha scritto molti libri, tra cui un divertente saggio, in voga a Parigi attorno alla metà
dell'Ottocento, dal titolo "Nouveau manuel de magie naturelle et amusante", ossia Nuovo manuale di
magia naturale e divertente. Quest'opera, perfettamente in linea con la curiosità giocosa di molti
scienziati dell'epoca, non parla di occultismo come il titolo potrebbe far supporre, ma di macchine aventi
il semplice scopo di divertire. Il gioco consisteva, e consiste ancora oggi, nell'effetto ottico che tramite
specchi e pezzetti di vetro (o altro materiale riflettente) crea infinite strutture simmetriche
multicolore!
Servono:
- un tubetto di cartone (per esempio un contenitore di pastiglie)
- tre specchietti rettangolari uguali tra di loro in larghezza ed in lunghezza al tubetto (si possono
ritagliare da un vecchio CD)
- 2 cerchietti adatti alla dimensione del tubo di materiale trasparente (si possono ritagliare da un foglio
di plastica piccolo, oppure si può utilizzare una scatolina cilindrica trasparente)
- oggettini colorati
- nastro adesiva o silicone
- forbici
Inserisci nel tubo i tre specchietti componendoli
in modo da formare un prisma con le superfici
che riflettono verso l'interno.
A questo punto chiudi il tubo, da un lato con un
cartoncino a cui avrai fatto un foro centrale (è il
punto da cui guarderemo!)
e dalla parte opposta con i due cerchi trasparenti
tra cui andremo a sistemare oggetti colorati
come bottoni, carta velina, perline, piccole
biglie.
Infine rivesti il caleidoscopio con carta adesiva colorata o con quello che vuoi tu!
Un insieme di più specchi incidenti viene chiamato ―camera degli specchi‖, vediamo il nostro prisma
triangolare nelle foto. Due specchi disposti a 60° formano sei figure simmetriche come abbiamo visto
sopra, il terzo ripete le sei figure traslandole infinite volte e componendo un mosaico.
Specchi sferici
Le leggi della riflessione valgono anche se la superficie su cui incide la luce non è piana. In tal caso però
le normali alla superficie hanno punto per punto direzioni diverse; pertanto anche i raggi luminosi
vengono riflessi in varie direzioni. Gli specchi curvi hanno delle forme che sono originate da figure di
rotazione; per esempio: ruotando di 180° una parabola si ottiene uno specchio parabolico, ruotando un
cerchio, si ottiene uno specchio sferico, ecc…
Specchi concavi
Prendiamo dapprima in considerazione uno specchio sferico, cioè uno specchio che abbia la forma di
una una calotta sferica. Lo specchio si dice concavo se la superficie riflettente è posta nella parte di
calotta rivolta verso il centro della sfera, lo specchio si dice invece convesso se la superficie riflettente è
rivolta dalla parte opposta rispetto al centro della calotta sferica. Si definisce vertice V dello specchio il
punto in cui lo specchio interseca l'asse di simmetria passante per il suo centro C. Tale asse di simmetria
prende il nome di asse ottico principale.
Abbiamo provato in laboratorio a studiare come vengono riflessi raggi incidenti su uno specchio sferico
con speciali angolature ed abbiamo verificato che:
a) Tutti i raggi provenienti da direzioni parallele all'asse ottico principale vengono riflessi in un punto
che prende il nome di fuoco F dello specchio. Si osserva inoltre che il fuoco si trova
approssimativamente nel punto medio del raggio.
b) un raggio di luce che passa per il centro C della calotta sferica ha un angolo di incidenza sullo
specchio uguale a 0°. Pertanto anche l'angolo di riflessione è uguale a 0° e il raggio riflesso è
sovrapposto allo stesso cammino ottico del raggio incidente.
c) un raggio di luce che passa per il fuoco F dello specchio viene riflesso in direzione parallela all‘asse
ottico.
Queste proprietà possono essere utilizzate per costruire l'immagine di un oggetto che si riflette in uno
specchio sferico.
Dobbiamo però distinguere tre casi possibili per quel che concerne la posizione relativa dell'immagine e
dell'oggetto: 1) l'oggetto si trova alla destra del centro C, 2) l'oggetto si trova tra il fuoco F e il centro C,
3) l'oggetto si trova tra il vertice V e il fuoco F. Queste tre possibilità sono raffigurate nella figura
sottostante:
1) Se l'oggetto si trova oltre il centro C si
forma un'immagine reale rimpicciolita e
capovolta dell'oggetto. L'immagine è
reale perché può essere raccolta su uno
schermo.
2) Se l'oggetto si trova tra il fuoco F e il
centro C si forma un'immagine reale,
ingrandita e capovolta dell'oggetto.
3) Se l'oggetto si trova tra il vertice V e il
fuoco F si forma un'immagine virtuale
diritta e ingrandita dell'oggetto alla
sinistra del vertice V. L'immagine è virtuale
perché si forma sui prolungamenti dei raggi
luminosi passanti per l'oggetto e può solo
essere osservata con uno strumento ottico.
Gli specchi concavi possono essere utilizzati per far convergere i raggi del Sole in un unico punto, in
modo da raccogliere l'energia solare e utilizzarla per riscaldare l'acqua per uso domestico o per una
comunità, come nello forno solare sperimentale riportato nella foto seguente, che si trova presso la
cittadina di Saint Louis, nella Francia del Sud. Oppure nella realizzazione degli specchi per i telescopi
perché consente di utilizzare specchi di grande apertura (più propriamente si tratta di specchi parabolici),
sia nella realizzazione delle superfici riflettenti dei fari delle automobili (il filamento dei fari di
profondità viene collocato nel fuoco e ciò consente di ottenere dei fasci di luce quasi paralleli).
Specchi convessi
Nella sezione precedente abbiamo analizzato
dove si formano le immagini in uno specchio
sferico concavo. La posizione e la natura
dell'immagine dipendono in maniera cruciale
dalla posizione in cui si trova l'oggetto. Se
invece prendiamo uno specchio convesso è
facile rendersi conto che l'immagine risulta
essere
sempre
un'immagine
virtuale,
rimpicciolita e diritta, come si vede nella
figura a destra.
riflessione da uno specchio convesso ed uno concavo
Formula dei punti coniugati
Esiste una formula importante che permette di calcolare dove si viene a formare l'immagine
prodotta da uno specchio curvo. Indichiamo con p la distanza dell'oggetto dal vertice V, con q la
distanza dell'immagine dal vertice V e con f la distanza focale, ossia la distanza del fuoco F dal
vertice V. Allora per specchi di piccola apertura ( per cui il diametro è piccolo in confronto al
raggio di curvatura ) vale la seguente formula dei punti coniugati:
1
𝑝
+
1
𝑞
=
1
𝑓
oppure
1
𝑝
+
1
𝑞
=
2
𝑅
Questa formula vale sia per gli specchi concavi che per gli specchi convessi con la seguente
convenzione: è positiva la distanza di tutto ciò che sta davanti allo specchio, è negativa la
distanza di tutto ciò che sta dietro lo specchio. In base a questa convenzione la distanza p è
sempre positiva, q > 0 se l'immagine è reale, q < 0 se l'immagine è virtuale, la distanza focale f > 0
per lo specchio concavo, mentre f < 0 per lo specchio convesso.
In genere la distanza focale f è una quantità che viene fornita dal costruttore dello specchio, la
distanza p dell'oggetto dal vertice può essere invece facilmente misurata. La formula dei punti
coniugati viene perciò utilizzata in genere per calcolare a quale distanza q dal vertice si viene a
formare l'immagine. Nel caso dello specchio convesso f è un numero negativo e questo fa sì che
q < 0, qualunque sia la posizione in cui collochiamo l'oggetto, basta calcolare la posizione di una
qualsiaisi immagine per convincersene: l'immagine è sempre virtuale. Nel caso dello specchio
concavo, in cui f > 0, abbiamo invece che l'immagine è virtuale (cioè q < 0) solo quando p < f, ossia
quando l'oggetto viene posto tra il vertice V e il fuoco F.
Per concludere questa sezione vogliamo fare alcune considerazioni: prima di tutto notiamo come
la formula
1
𝑝
+
1
𝑞
=
1
𝑓
sia simmetrica per scambio di p e q. Questo significa che se l'immagine di
un oggetto posto a una distanza p dal vertice si viene a formare a una distanza q dal vertice,
quando mettiamo l'oggetto a una distanza q dal vertice la sua immagine si formerà alla distanza p
dal vertice alla quale avevamo posto inizialmente l'oggetto. Per questa ragione i punti a distanza p
e q si dicono coniugati e la formula prende il nome di legge dei punti coniugati.
Se poniamo una sorgente luminosa nel fuoco di uno specchio concavo, poichè per il principio di
reversibilità del cammino luminoso i raggi saranno riflessi tutti parallelamente all'asse principale,
non potremo determinare per F alcun punto coniugato, a meno di considerare il punto all'infinito.
Questa osservazione ci permette di definire il fuoco come il punto coniugato del punto
all'infinito.
Ingrandimento
Si definisce infine ingrandimento G il
rapporto tra le dimensioni dell'immagine e
quelle dell'oggetto: G = QB / AP. Tale fattore
d'ingrandimento può essere riscritto in
termini delle distanze p e q come G = q / p. La
conoscenza delle distanze q e p è quindi
sufficiente per determinare di quanto viene
ingrandito o rimpicciolito l'oggetto posto
davanti allo specchio. La dimostrazione dela
regola è immediata, se si considera che i
triangoli rettangoli APV e BQV, mostrati in
figura, hanno gli angoli AVP e QVB congruenti
e sono pertanto simili, per cui QB/AP =
PV/QV.
A
Q
V
F
P
B
La camera olografica
Concludiamo il nostro studio degli specchi con un curioso strumento che prende il nome ( un po‘
improprio, perché non si tratta propriamente di una procedura olografica ) di camera olografica.
Ponendo un piccolo oggetto all‘interno della camera è guardando in modo che l‘oggetto sia fuori dalla
vista diretta, lo si vede fluttuare nell‘aria, al di sopra dell‘apertura della camera, anche se niente di
concreto si trova in quella posizione. Come funziona questa apparecchiatura che vediamo nella foto?
I raggi luminosi che provengono dall‘oggetto
sono riflessi sulle superfici speculari interne.
Poiche gli specchi sono di sezione sferica o
parabolica, i raggi si riflettono in modo da
convergere
e
produrre
un‘immagine
direttamente sopra l‘oggetto.
Qui a destra puoi vedere lo schema di
funzionamento di questo apparecchio.
ESERCIZI GUIDATI
1. Si ipotizza che i famosi specchi ustori usati da Archimede per bruciare le navi nemiche fossero
specchi sferici. Sapendo che la distanza delle alture, dove erano posti gli specchi, dal mare era
di 100 m, quale doveva essere il raggio di curvatura degli specchi?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
L'equazione dei punti coniugati è:
1
1
2
+
=
𝑝
𝑞
𝑅
Essendo il Sole lontanissimo, i raggi che provengono da esso si possono considerare provenienti
dall'infinito, quindi, in questo caso, p = ∞. Possiamo pensare pertanto che il termine 1/p sia pari a
0. Per bruciare le navi, era necessario che i raggi riflessi convergessero su di esse, cioè a 100 m
dagli specchi: quindi q = 100 m. Allora l'equazione dei punti coniugati, in questo caso, diventa:
1
∞
+
1
100
=
2
𝑅
→
𝑅
2
= 100
 R = 200 m
2. Una freccia luminosa alta 20 cm è disposta verticalmente col proprio centro sull’asse di uno
specchio convesso di raggio 80 cm. Sapendo che la freccia si trova a 2 m dallo specchio, si
determini la distanza e la lunghezza della sua immagine.
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Dalla legge dei punti coniugati:
e passando ai valori numerici:
1
𝑞
1
𝑝
+
=−
1
𝑞
2
80
=−
−
1
200
2
𝑅

=−
1
𝑞
6
200
=−
2
𝑅
−
1
𝑝
 q = - 33,3 cm
il raggio di curvatura dello specchio, essendo nello spazio virtuale, è negativo: R = - 0.8 m.
E quindi l’immagine, virtuale, si viene a formare a 33,3 cm dall’intersezione tra lo specchio e l’asse
ottico principale “ all’interno dello specchio “.
Per l’ingrandimento, utilizzando la:
G = q/p si ottiene: G = 33,3/200 = 0,1665
essendo G positivo, l’immagine risulta dritta e la sua altezza, allora, sarà:
h = 20 cm • 0,1665  h = 3,33 cm
3. Una freccia luminosa alta 10 cm è posta davanti ad uno specchio concavo perpendicolarmente
al suo asse e con la base su questo. Sapendo che il raggio di curvatura dello specchio è di 1 m e
che la freccia è posta alla distanza di 3 m dal suo vertice, si determini la distanza dell’immagine
della freccia e la sua lunghezza. Si dica inoltre se si tratta di un’immagine reale o virtuale e se è
dritta o capovolta.
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Per calcolare la distanza dell’immagine della freccia dal vertice dello specchio, q, si può fare ricorso
all’equazione dei punti coniugati
1
1
2
+
=
𝑝
𝑞
𝑅
dalla quale si ricava:
Si ha:
1
1
2
+
=
300 𝑐𝑚
𝑞
100 𝑐𝑚
1/q = 5/300  q = 300/5  q = 60 cm
Per calcolare la lunghezza dell’immagine, cioè l’ingrandimento G, si ricorre alla formula:
G = q/p  G = 60 cm/300 cm = 1/5
allora l’altezza, h, dell’immagine sarà 1/5 di quella della freccia:
h = 1/5  10 cm  h = 2 cm
Essendo p e q positivi, sono entrambi nello spazio reale, quindi, come si vede anche dalla figura,
l’immagine risulta reale e capovolta.
4. Qual’è il potere di ingrandimento di una lente di lunghezza focale f = 5 cm ? A quale distanza
dalla lente deve essere posto un oggetto per avere questo ingrandimento?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Nel caso della lente d’ingrandimento, q non può essere inferiore alla distanza del punto prossimo (
per un occhio normale è circa 25 cm ) e quindi, tenendo presente che f = 5 cm, si ha:
G = 25 cm/5 cm - 1  G = 4 X
Si può calcolare la distanza cui si deve mettere un oggetto affinchè, con questa lente, sia ingrandito
6 volte: ancora dalla formula dell’ingrandimento:
G = q/p  p = q/G  p = 25/4 = 6,25 cm
5. Un oggetto luminoso è posto ad una distanza p = 0,5 m da uno specchio sferico con raggio di
curvatura R = 2 m. Determinare:
a)
b)
c)
d)
e)
se lo specchio è concavo o convesso;
la sua distanza focale f;
a che distanza q dallo specchio si forma l’immagine;
il tipo d’immagine
l’ingrandimento lineare.
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
a) Essendo R = 2 m, quindi R > 0, per definizione, lo specchio è concavo.
b) La sua distanza focale f, ancora per definizione, è: 2 m/2 = 1 m
c) Dall’equazione dei punti coniugati si ha:
1
0,5
+
1
𝑞
=
1
1

1
𝑞
= 1 − 2 = −1  q = – 1 m
d) Essendo q < 0, l’immagine risulta virtuale.
e) L’ingrandimento è dato dall’equazione:
G = q/p
e quindi:
G = 1/0,5 = + 2
6. Mediante uno specchio sferico simile a quello dell’esercizio precedente, ma di opposta
curvatura, si vuole ottenere un’immagine con la stessa q. Dire di che tipo è lo specchio e la sua
distanza focale f. Calcolare, inoltre, a che distanza p si deve porre l’oggetto e l’ingrandimento
lineare.
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Poichè lo specchio dell’esercizio precedente era concavo, questo, avendo la curvatura opposta, sarà
convesso ed il suo raggio di curvatura, ora è R = –2 m. Calcoliamo la distanza focale:
f= R/2  f = – 2/2 = – 1 m
Dall’equazione dei punti coniugati, essendo R < 0, si avrà:
1
1
2
+
=−
𝑝
𝑞
𝑅
da cui:
1
2
1
1
1
= − 𝑅 − 𝑞  𝑝 = −1 − (−1)  + 𝑝 = 0  p = ∞
𝑝
infatti, se q coincide con f, per definizione, p è all’infinito.
Essendo p = ∞, l’ingrandimento lineare, che è dato dall’equazione:
G = q/p è nullo: G = 1/∞  G = 0 .
7.
Un oggetto luminoso è situato a 3 m da uno specchio concavo. Se la sua immagine si forma ad 1 m,
calcolare il raggio di curvatura dello specchio.
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Dalla legge dei punti coniugati se p = 3 m e q = 1 m, si ha:
1/3 + 1/1 = 2/R  4/3 = 2/R  2/3 = 1/R  R = 3/2 m = 1,5 m
La rifrazione e le lenti
La velocità della luce dipende dal mezzo di propagazione. La luce si propaga in tutti i materiali
trasparenti. Quando la luce passa da un mezzo con velocità v1 a un mezzo con velocità diversa v2
avviene un fenomeno chiamato rifrazione.
Per capire cosa succede quando un raggio di luce, che in realtà non è veramente una retta geometrica, ma
è esteso nello spazio, cambia mezzo di propagazione, ci serviamo di un esempio meccanico, che è
illustrato nella figura successiva. Consideriamo una banda musicale che cammina con velocità v1: nel
tempo Δt i suonatori si muovono di uno spazio Δx1 = v1• Δt. Immaginiamo ora che la prima fila di
suonatori, quando passa dalla zona 1 alla zona 2, cambi velocità, supponiamo per esempio che nella zona
2 la velocità diminuisca (v2 < v1). Ciò significa che nello stesso lasso di tempo Δt ora si muovono di uno
spazio minore di prima Δx2 = v2•Δt
Poiché i suonatori arrivano con una certa inclinazione alla linea di separazione, cambieranno velocità in
tempi successivi, a partire dal primo della fila, progressivamente fino all‘ultimo e così via per tutte le file
che seguono. Il risultato è che cambia la direzione del fronte dei suonatori. Questo fenomeno è detto
rifrazione.
La luce si propaga nel vuoto alla velocità fissa di circa 3.00.108 m/s, in qualunque altro mezzo, la
velocità è inferiore. Questo rallentamento è dovuto al fatto che la radiazione luminosa è in continuazione
assorbita e riemessa dagli atomi e le molecole del mezzo. A un raggio luminoso succede allora lo stesso
fenomeno che succede ai suonatori, cambia cioè direzione di propagazione. Possiamo vedere cosa
avviene nella figura sottostante. Passando dal vuoto a un mezzo materiale, come per esempio vetro o
acqua, il raggio luminoso si avvicina sempre alla normale alla superficie di propagazione.
Per capire se c‘è una legge che correla l‘angolo di incidenza e l‘angolo di rifrazione abbiamo effettuato
un esperimento in laboratorio, usando ancora il proiettore e un semicilindro di plastica, posizionato come
in figura.
i
r
La tabella a destra riporta le misure degli angoli di incidenza e rifrazione nel passaggio da aria a plastica.
Si nota bene che l‘angolo di rifrazione cresce al crescere dell‘angolo di incidenza, ma la proporzionalità
non è diretta. Nella seconda tabella abbiamo provato a calcolare il seno di tutti gli angoli e questa volta il
rapporto 𝑠𝑒𝑛𝑠𝑒𝑛𝑟 𝑖 risulta costante, per noi circa 1,5, indicando chiaramente una proporzionalità diretta.
𝑎𝑟𝑖𝑎
𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎
𝑖𝑎𝑟𝑖𝑎
30
45
60
80
𝑟𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎
20
28
35
41
𝑠𝑒𝑛 𝑖𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑠𝑒𝑛 𝑟𝑎𝑟𝑖𝑎
0,50
0,71
0,87
0,98
0,33
0,47
0,57
0,66
𝑠𝑒𝑛 𝑖𝑎𝑟𝑖𝑎
𝑠𝑒𝑛 𝑟𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎
1,50
1,51
1,51
1,50
𝑖𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑠𝑖𝑐𝑎
30
45
60
80
𝑟𝑎𝑟𝑖𝑎
50
97
riflesso
riflesso
La tabella di destra indica gli angoli misurati nel passaggio inverso da plastica ad aria. Osserviamo che in
questo caso il raggio si allontana dalla normale e addirittura, oltre un certo angolo di incidenza, la luce
viene interamente riflessa, senza più poter uscire dal mezzo di propagazione di provenienza.
Dal modello della banda musicale che cambia direzione perché cambia velocità, possiamo intuire che il
rapporto tra seno dell‘angolo di incidenza e seno dell‘angolo di rifrazione abbia una qualche dipendenza
dalle velocità nei due mezzi. In effetti, la relazione è una proporzionalità diretta tra i seni dei due angoli
di incidenza e rifrazione e le corrispondenti velocità nei due mezzi. Il rapporto che abbiamo misurato in
laboratorio vale circa 3/2 e indica che la luce viaggia nel vuoto con una velocità che è circa una volta e
mezza la sua velocità nella plastica.
Le leggi di Snell
La prima legge della rifrazione afferma che il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla
superficie riflettente giacciono sullo stesso piano, detto anche piano di incidenza.
La seconda legge della rifrazione afferma invece che l'angolo di incidenza 𝑖 e l'angolo di riflessione 𝑟
sono correlari dalla seguente relazione di proporzionalità diretta tra i seni degli angoli e le velocità nei
rispettivi mezzi di propagazione:
𝑠𝑒𝑛 𝑖
𝑠𝑒𝑛 𝑟
𝑣
= 𝑣1 = 𝑛1,2
2
dove l'angolo di incidenza 𝑖 è l'angolo che il raggio incidente forma con la normale alla superficie,
𝑣
mentre 𝑟 è l'angolo che la normale alla superficie forma con il raggio riflesso ed 𝑛1,2 = 𝑣1 si definisce
2
l‘indice di rifrazione relativo del mezzo 1 rispetto al mezzo 2. Si definisce poi indice di rifrazione
assoluto di un certo materiale: n = c/v, il rapporto tra la velocità di progazione della luce nel vuoto
𝑣
e quella nel materiale dato. L‘indice di rifrazione relativo si può allora riscrivere come: 𝑛1,2 = 𝑣1 =
𝑣1
𝑣2
2
𝑐
𝑐
𝑛2
=𝑛 .
1
La tabella riporta gli indici di rifrazione di
alcuni fra i materiali trasparenti più comuni.
Ovviamente quando la luce esce da un mezzo materiale nel vuoto (l‘aria si può considerare simile al
vuoto) la direzione del raggio uscente si allontana dalla normale alla superficie di propagazione, in base
al principio di reversibilità del cammino ottico.
Il fenomeno della rifrazione è responsabile di alcune false percezioni ottiche che appartengono alla
esperienza comune. La più nota riguarda l'impressione che si ha, osservando dall'aria, un corpo immerso
in acqua: esso appare in una posizione più alta di quanto non sia in realtà a causa della deflessione verso
il basso che i raggi luminosi subiscono nel passaggio aria acqua, come si può vedere nella figura
sottostante (e come abbiamo verificato con l‘esperimento della moneta invisibile nella tazza vuota e
visibile nella tazza piena d‘acqua), perchè i prolungamenti dei raggi uscenti dall‘oggetto si intersecano in
un punto virtuale al di sopra della posizione reale dell‘oggetto.
Ovviamente accade la stessa cosa (rovesciata) a chi si trovi entro l'acqua. Se si punta lo sguardo verso
l'alto si ha una visione dell'esterno verso zone più basse rispetto alla direzione prescelta.
Un equilibrio ottico
Un modo diverso dall‘esempio della banda musicale e decisamente più elegante di spiegare la rifrazione
è stato proposto dal grande matematico e fisico francese del ‗700, Pierre de Fermat. Il Principio di
Fermat o del ―tempo minimo‖ afferma che per andare per esempio dal punto A in aria al punto B in
vetro, la luce non segue il percorso di minima distanza, ma ―sceglie‖ il percorso lungo il quale impiega il
tempo minimo possibile. Il risultato è esattamente quello della rifrazione, cioè un cammino spezzato.
Infatti la luce impiega più tempo a muoversi in un mezzo materiale che non nel vuoto, per cui
―preferisce‖ percorrere un cammino più lungo nel vuoto e uno minore nel vetro; quando è nel vetro cerca
quindi di muoversi nella direzione il più perpendicolare possibile alla superficie di separazione, che è il
cammino più breve, e compiere poi un cammino un po‘ più lungo, ma più veloce, nel vuoto. Il cammino
che segue è proprio una situazione di equilibrio tra le durate dei due percorsi nel mezzo e nel vuoto. Il
percorso rettilineo AB risulterebbe complessivamente più lento. Definendo cammino ottico il prodotto
del segmento l percorso della luce in un dato mezzo, per l‘indice di rifrazione assoluto del mezzo, cioè
l•n, basta fare un semplice conto per convincersi che il cammino minore è proprio quello percorso dalla
luce. Per esempio, il cammino ottico percorso dal raggio luminoso in figura risulta:
ABC = 𝐴𝐵 ∙ 𝑛𝑣𝑢𝑜𝑡𝑜 + 𝐵𝐶 ∙ 𝑛𝑣𝑒𝑡𝑟𝑜 = 3•1 + 4•1.52 = 9,08
Come si vede è inferiore al cammino diretto
AC = 𝐴𝐷 ∙ 𝑛𝑣𝑢𝑜𝑡𝑜 + 𝐷𝐶 ∙ 𝑛𝑣𝑒𝑡𝑟𝑜 = 2,17•1 + 4,67•1.52 = 9,27.
Dopo aver studiato anche la rifrazione possiamo enunciare un unico principio di minimo per le traiettorie
dei raggi luminosi: essi seguono sempre le traiettorie che corrispondono al minor tempo di percorrenza.
Nel caso della riflessione, a causa della costanza della velocità di propagazione, ciò corrisponde a
minimizzare anche la lunghezza del percorso e risulta in un angolo di riflessione uguale a quello di
incidenza. Invece, nel caso della rifrazione è solo il percorso temporale ad avere il valore minimo. E‘
allora anche evidente perché la luce in un mezzo di indice di rifrazione costante si muove in linea retta:
perchè il percorso di lunghezza minima è quello rettilineo.
Approfondimento.
Il raggio (che trasporta una certa quantità di energia) incontrando una superficie di separazione tra due
mezzi con indice di rifrazione diverso, in effetti si separa in due raggi: il primo si propaga nel mezzo
originario e verrà chiamato raggio riflesso, il secondo penetra nel secondo mezzo e sarà chiamato raggio
rifratto. Ovviamente, in accordo con il principio di conservazione dell'energia, i due raggi riflesso e
rifratto trasporteranno una quantità di energia pari a quella di partenza.
La quantità di energia che viene riflessa o rifratta dipende in maniera molto sensibile dall'angolo di
incidenza cioè dall'angolo che il raggio originario forma con la normale alla superficie di separazione.
Per esempio nel passaggio aria acqua e aria vetro, per piccoli angoli è nettamente predominante la
rifrazione mentre la situazione si inverte progressivamente al crescere dell'angolo di incidenza.
La riflessione totale
Consideriamo di nuovo il caso in cui la luce passa da un mezzo con n maggiore, a un mezzo con n
minore. Il raggio tende ad allontanarsi dalla normale. Infatti dalla legge di Snell si ha:
n1sen1 = n2sen2
sen2 = (n1/n2) sen1
(n1/n2) >1
sen2 > sen1
2 > 1
Al limite, vale la relazione:
n1sen1 = n2sen(90°)
n1sen1 = n2
sen1 = n2/n1
Ovvero, esiste un angolo  limite oltre il quale la luce viene totalmente riflessa, come possiamo vedere
nelle figure seguenti.
La riflessione totale è la riflessione ideale, senza dispersione di energia, perché in questa situazione non
esiste più alcun raggio rifratto. Viene allora utilizzata negli apparecchi ottici, quali telescopi, apparecchi
fotografici, ecc., per deviare il percorso della luce.
Il fenomeno della riflessione totale si può osservare fotografando la superficie aria-acqua in una piscina,
stando immersi sott‘acqua. Le sagome delle persone immerse appaiono allora riflesse come in uno
specchio, come si vede nell‘immagine sottostante dove la figura riflessa appare spezzata per via della
superficie increspata dalle bolle d‘aria.
Un‘applicazione importante della riflessione
totale è la guida di luce, una sorta di tubo in cui
la luce che entra da una delle estremità, resta
intrappolata, uscendo infine dall‘altra. Se come
guida si usa un fascio di fibre sottili si parla di
fibre ottiche.
In genere il diametro di una fibra ottica è di
qualche decina di micron (20-100 μm). Sono
composte da un nucleo di vetro o plastica e un
rivestimento con n rivestimento < n nucleo, in modo
da provocare il fenomeno della riflessione totale
per un raggio di luce che cerchi di uscire dal
nucleo centrale della fibra.
Abbiamo simulato la fibra ottica intrappolando
la luce laser nel getto d‘acqua che esce dal foro
alla base di una bottiglia piena d‘acqua.
Le lenti
Lenti convergenti
Le lenti sono degli oggetti di vetro o plastica sagomati in modo che le due superfici siano porzioni di
piano o sfera. Si definisce lente sottile una lente che abbia uno spessore molto inferiore al diametro.
Consideriamo le lenti biconvesse. Osserviamo la figura: nel passaggio da aria a vetro il raggio viene
deviato e si avvicina alla normale convergendo verso l‘asse ottico. Nel successivo passaggio da vetro ad
aria il raggio viene deviato e si allontana dalla normale, convergendo ulteriormente verso l‘asse ottico.
Questa lente viene chiamata convergente
Se un fascio di raggi paralleli incide su una faccia della lente, i raggi verranno deviati tutti sullo stesso
punto, chiamato fuoco della lente. Fuoco di una lente è perciò il punto dove si forma l‘immagine di un
oggetto posto in un punto, sull‘asse ottico, a distanza infinita (concretamente a distanza molto grande)
dalla lente.
Viceversa, in base al principio di reversibilità del cammino ottico, i raggi uscenti da una sorgente
puntiforme posta nel fuoco di una lente escono dalla lente stessa sotto forma di raggi paralleli. È
costruito in questo modo il sistema ottico della sorgente luminosa che abbiamo utilizzato in laboratorio:
ad una sorgente luminosa puntiforme, la lampadina, che emette luce in tutte le direzioni, segue una lente
convergente per ottenere un fascio luminoso cilindrico ed infine un collimatore, per avere dei raggi sottili
rettilinei.
La distanza del fuoco dal centro della lente è detta ancora distanza (o lunghezza) focale f.
I tre raggi principali di una lente convergente, che abbiamo osservato in laboratorio, sono:
Le immagini delle lenti convergenti si costruiscono con i criteri già visti per gli specchi, le
configurazioni possibili però sono solo due.
Approfondimento
Nella seconda configurazione la lente funziona da lente di ingrandimento. Come fa la lente a ingrandire
l'oggetto?
La distanza minima per l'osservazione ravvicinata di oggetti ad occhio nudo è considerata di 250 mm.
Un adulto normale fa fatica a vedere in modo nitido oggetti più vicini di 250 mm. La lente ci permette di
avvicinare l'oggetto ben al di sotto di tale distanza e di vederlo ancora nitido. A causa di questo
avvicinamento lo vedremo più grande. L'occhio umano è capace di funzionare con luce parallela (oggetti
lontani) o di limitata divergenza (oggetti vicini). La lente convergente riduce la divergenza dei raggi
luminosi che ci arrivano da un oggetto molto vicino, e ci permette di vederlo ancora nitido.
L'oggetto da osservare va posto fra il fuoco anteriore F2 e la lente. Per comodità consideriamo che il
centro ottico dell'occhio coincida con il fuoco posteriore F1 della lente (la distanza dell'occhio dalla lente
è abbastanza indifferente. Nella realtà manterremo l'occhio vicino alla lente). Consideriamo un puntooggetto, fra tutti i raggi di luce che partono da questo, prendiamo per comodità quello A, parallelo
all'asse ottico, che viene deviato dalla lente, passa per il fuoco posteriore F1 e finisce sulla retina.
Prendiamo anche il raggio B che passa per il centro della lente, non viene deviato, viene intercettato
dall'occhio e interseca il raggio A sulla retina formando un punto-immagine. L'immagine prodotta sulla
retina viene vista nello spazio (per convenzione si considera posta a 250 mm di distanza), ma non è
un'immagine reale nel senso che possa impressionare una pellicola. Essa viene perciò definita virtuale.
Questa immagine viene percepita diritta, nonostante che nell'occhio essa risulti capovolta. Anche quando
non usiamo lenti l'immagine del mondo si forma capovolta sulla retina. E' il cervello che ce la fa vedere
diritta.
In origine i due raggi A e B nella figura seguente hanno una elevata divergenza, al di qua della lente la
loro divergenza è limitata. Se l'oggetto fosse posto in F2, la lente renderebbe paralleli i raggi A e B e
l'occhio, per vedere l'immagine nitida, si accomoderebbe all'infinito. In sintesi, come dicevamo, la lente
di ingrandimento riduce la divergenza della luce proveniente da un oggetto molto vicino, consente di
osservarlo nitidamente anche al di sotto dei 250 mm e di vederlo quindi più grande.
Lenti divergenti
Una lente biconcava è detta divergente. I tre raggi principali di una lente divergente sono:
Le immagini di una lente divergente si
ottengono con lo stesso criterio delle lenti
convergenti, l‘immagine è sempre virtuale e
diritta.
L‘occhio umano non distingue tra immagine
virtuale e immagine reale, poiche l‘immagine è
virtuale e dritta, è posta tra lente e fuoco, è dallo
stesso lato dell‘oggetto, rispetto alla lente.
Equazione delle lenti sottili
Per calcolare la posizione delle immagini, vale ancora l‘equazione dei punti coniugati già vista per gli
specchi curvi, che in questo caso è anche definita equazione delle lenti sottili, come pure rimane uguale
la definizione di ingrandimento G, con le seguenti convenzioni per il segno:
a) Distanza focale
f>0 per lenti convergenti (convesse)
f<0 per lenti divergenti (concave)
b) Ingrandimento
G>0 per immagini dritte
G<0 per immagini rovesciate
c) Distanza dell‘immagine
q>0 per immagini reali
q<0 per immagini virtuali
d) Distanza dell‘oggetto
p>0 per oggetti reali (dai quali la luce diverge)
p<0 per oggetti virtuali (verso i quali la luce converge)
Il potere diottrico
La capacità di una lente di rifrangere la luce è legata alla sua distanza focale:
 distanza focale grande, piccola rifrazione
 distanza focale piccola, grande rifrazione
Defininiamo operativamente il potere diottrico (o potenza) di una lente come reciproco della distanza
1
focale espressa in metri:
𝑃 =
𝑓
Il potere diottrico ha le dimensioni di m-1 e si misura in diottrie
•Esempio:
•una lente con 10 diottrie ha distanza focale f =1/(10 m-1) = 0.1 m = 10 cm (convergente)
•una lente con -10 diottrie ha distanza focale f=1/(-10 m-1)= -0.1 m = -10 cm (divergente)
Approfondimenti
Gli strumenti ottici
Se pongo in sequenza due lenti convesse, la prima formerà un‘immagine reale dell‘oggetto osservato, se
facciamo in modo di osservare questa immagine con la seconda, che funzionerà da lente di
ingrandimento, questa produrrà un‘immagine virtuale ingrandita. Le immagini seguenti mostrano la
struttura di un cannocchiale e di un microscopio.
Cosa distingue un microscopio da un cannocchiale? Solo la distanza dell‘oggetto dalla lente obiettivo, la
struttura ottica è la stessa, ma nel cannocchiale gli oggetti sono molto lontani, nel microscopio molto
vicini, dando luogo a un doppio successivo ingrandimento.
L’occhio
Per concludere vediamo brevemente un sistema ottico speciale per la nostra vita: l‘occhio. Tecnicamente
l‘occhio si definisce un diottro, cioè un sistema ottico costituito da due materiali con indice di rifrazione
diverso, separati da una superficie sferica, in cui la luce subisce un‘unica rifrazione nel passaggio da un
materiale all‘altro. Se osserviamo la tabella degli indici di rifrazione, vediamo che in effetti il
cambiamento più significativo si ha nel passaggio tra il vuoto e la cornea, perché tutti i liquidi che
riempiono la cavità dell‘occhio hanno indici quasi uguali fra loro.
Punti prossimo e remoto
Si definisce punto prossimo la minima distanza alla quale si riesce a mettere a fuoco un oggetto; il punto
prossimo varia con l‘età, perché varia la capacità di deformazione del cristallino:
 Persona giovanissima: 10 cm
 Persona giovane: 25 cm
 Persona matura: > 40 cm
Si definisce punto remoto la massima distanza alla quale si riesce a mettere a fuoco un oggetto:
normalmente è all‘infinito.
Occhio normale (media sulla popolazione mondiale):
 Punto prossimo: 25 cm
 Punto remoto: infinito
Le lenti spesse
Un‘ultima precisazione. Le lenti sottili vengono considerate prive di spessore, quindi si considera che il
percorso dei raggi devia in corrispondenza del piano a cui viene idealmente ridotta la lente (fig. 8/A). In
realtà, il percorso di un raggio di luce è rettilineo all'interno di un mezzo omogeneo e deflette in
corrispondenza del passaggio ad un altro mezzo con indice di rifrazione diverso. Quindi, un raggio di
luce che colpisce una lente, devia al momento in cui penetra nel vetro e devia nuovamente quando
riemerge (fig. 8/B). Per arrivare al concetto di nodo, consideriamo quel raggio che, fra tutti quelli che
colpiscono una lente reale (o spessa), riemerge mantenendo la stessa direzione che aveva prima di
attraversarla. Come abbiamo detto, all'interno della lente, questo raggio segue una direzione differente,
tale da collegare i punti di ingresso e di uscita dei raggi incidente ed emergente, che abbiamo detto essere
paralleli (fig. 8/C). Il prolungamento ideale dei due raggi esterni fino alla loro intersezione con l'asse
ottico, individua due punti che sono chiamati nodi. La distanza focale di una lente va riferita al nodo più
vicino.
Si capisce ora come applicare a lenti reali le formule per le
lenti sottili introduca un errore riconducibile alla distanza
fra i nodi. Tuttavia, per dimensionamenti di massima di
strumenti ottici, questo errore è piccolo e lo si accetta in
cambio di una maggiore semplicità dei calcoli. Nel caso in
cui abbiate bisogno di una maggiore precisione, dovrete
invece fare riferimento alle formule relative alle lenti
spesse che si trovano sui testi di ottica.
ESERCIZI GUIDATI
1. Qual‘è il potere diottrico ( in diottrie ) di una lente necessaria a correggere la miopia in una persona
con un punto remoto di 250 cm? Nel calcolo si operi l‘opportuna approssimazione. Si ricordi, inoltre
che la miopia ( capacità di vedere soltanto da vicino ) è un difetto di vista per cui l‘occhio non è in
grado di accomodare gli oggetti più lontani di una certa distanza ( punto remoto ).
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Il punto remoto, per un occhio sano, è all‘infinito. Quindi, il compito della lente sarà quello di ―portare‖
alla distanza di 250 cm da essa l‘immagine che si trova all‘infinito o, comunque, molto lontano. E poichè
tale immagine dovrà essere dalla stessa parte della sorgente e visibile senza l‘ausilio di uno schermo,
essa dovrà essere virtuale; allora la distanza tra essa e la lente, q, sarà negativa.
Dall‘equazione dei punti coniugati, si ha:
1/p + 1/q = 1/f
la quale se: p = ∞ e q = - 250 cm = - 2,5 m diventa: 1/f = 1/- 2,5 m  f = - 2,5 m
mentre il potere diottrico, essendo f espresso in metri è: D = 1/f = 1/- 2,5 m = - 0,4 diottrie
2.
Determinare l‘angolo di rifrazione corrispondente ad un raggio luminoso che incide sulla superficie
di separazione vetro-aria, formando con la normale un angolo di 30°.
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Dalla Legge di Snell,
dove:
n2 = indice di rifrazione dell‘aria
n1 = indice di rifrazione del vetro
si ricava:
sin ˆ r = n1/n2 ⋅ sin ˆ i
nella quale, sostituendo i numeri, si ha:
sin ˆ r = 1,5/1 sin 30° = 1,5 ⋅ 0,5 = 0,75 ⇒ sin ˆ r = 0,75
ˆ r = arc sin 0,75 ≈ 48,6° cioè: ˆ r ≈ 48,6°
3. La lente di una macchina fotografica ha una lunghezza focale di +10 cm.
( a ) Se la macchina è messa a fuoco su un bambino distante 2 m dalla lente, qual‘è la distanza tra lente e
pellicola?
( b ) Se il bambino è alto 1 m, quant‘è l‘altezza dell‘immagine sulla pellicola?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
( a ) Dalla legge dei punti coniugati,
1/p + 1/q = 1/f
sapendo per ipotesi che f = 10 cm e che il bambino dista 2 m, cioè che p = 2 m = 200 cm, si ha:
1/200 + 1/q = 1/10  1/q = (20 – 1)/200  1/q = 19/200  q = 200/19 ≈ 10,53 cm
( b ) Per l‘altezza dell‘immagine sulla pellicola, si utilizza la formula dell‘ingrandimento:
G = q/p = 10,53 cm/200 cm ≈ 0,053
quindi, sapendo che il bambino è alto 1 m, si ha:
h' = h • G
e quindi:
h' = 100 cm • 0,053  h' = 5,3 cm.
4. Un proiettore di diapositive è posto ad una distanza di 12 m da uno schermo largo 1,5 m. Quale
distanza focale deve avere la lente se si vuole che l‘immagine di una diapositiva da 35 mm copra
tutto lo schermo?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Volendo che una diapositiva larga 35 mm, proiettata, copra del tutto lo schermo largo 1,5 m, cioè 1500
mm, occorrerà un ingrandimento, G, di:
1500/35 ≈ 42,9
Dalla formula dell‘ingrandimento, si ha:
G = q/p  p = q/G = 12/42,9  p =0,28 m
Per la distanza focale, f, si utilizza la formula dei punti coniugati:
1/p + 1/q = 1/f  1/f = 1/0,28 + 1/12  1/f ≈ 3,65 m-1  f = 0,27 m
cioè f = 27 cm
5. Determinare la distanza focale delle lenti per occhiali adatti ad una persona che ha il punto prossimo
a 150 cm. Qual‘è potere diottrico di queste lenti (in diottrie)?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Per un occhio normale il punto prossimo deve essere a 25 cm. Occorre, quindi, una lente che dia le
immagini degli oggetti situati a 25 cm da essa, a 150 cm sempre dalla stessa parte, e quindi, tali
immagini, devono essere virtuali. Dalla legge dei punti coniugati, si ha:
1/f = 1/p + 1/q  1/f = 1/25 – 1/–150 = 5/150 = 1/30  f = + 30 cm
Il potere diottrico in diottrie è dato da 1 / f con f espresso in metri ( allora 30 cm = 3,0 • 10-1 m ); quindi
il potere diottrico delle lenti cercate, P, sarà:
P = 1/3,0 • 10-1 ≈ 3,3 diottrie
6. A che distanza si trova un albero alto 25 m se la sua immagine sulla retina è 10 mm?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Se l‘albero è alto 25 m = 2500 cm e la sua immagine è alta 10 mm = 1 cm, l‘ingrandimento, sarà dato
dal rapporto tra queste due altezze:
G = 1/2500 = 4 •10-4
ma, inoltre, dalla definizione di ingrandimento, si ha:
G = q/p
dove q è la distanza dell‘immagine dalla lente ( in questo caso quella del cristallino dalla retina che si sa
essere circa 2 cm = 2 • 10-2 m ), e p, quella tra l‘oggetto e la lente. Avendo, ora, sia G che q, non resta
che calcolare p:
p = q/G = 2/4 •10-4 = 1/2 • 104 = 5,0 •103 cm = 50 m
7. Qual‘è la distanza focale di una lente di ingrandimento che ha un potere d‘ingrandimento di 10×? A
che distanza deve essere l‘oggetto perché si abbia questo ingrandimento?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Nel caso delle lenti d‘ingrandimento,
𝐺 = 25/𝑓 − 1 ⇒ 10 = 25/𝑓 − 1 ⇒ 11 = 25/𝑓 ⇒ 𝑓 = 2/11 ≈ 2,3 𝑐𝑚
E per trovare la distanza, q, cui deve essere l‘oggetto per avere l‘ingrandimento 10 ×, si risolve un
sistema tra la definizione d‘ingrandimento e la legge dei punti coniugati:
𝑞
= 10
𝑞 = 10 𝑝
𝑝
10 + 1
1
1
1
1 ⇒
=
1 1 1 ⇒
+
=
10 𝑝
𝑓
+ =
𝑝 10𝑝 𝑓
𝑝 𝑞 𝑓
e quindi:
11/10 𝑝 = 11/25 ⇒ 𝑓 = 10 𝑝/11 = 25/11 ⇒ 10 𝑝 = 25 ⇒ 𝑝 = 2,5 𝑐𝑚
8. Una macchina fotografica con teleobiettivo di distanza focale 500 mm scatta una foto di un oggetto
distante 60 m. A che distanza dall‘oggetto si dovrebbe porre una macchina fotografica con obiettivo
di 50 mm per avere un‘immagine delle stesse dimensioni?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Per avere un‘immagine delle stesse dimensioni, si deve avere lo stesso ingrandimento:
G = q/p = q'/p'
Dall‘equazione dei punti coniugati si ha:
1/p + 1/q = 1/f  1/q = 1/f – 1/p = (p – f)/f p  q = f p/(p – f)
ed ora:
G = 1/p • f p/(p – f) = f/(p – f)
e quindi:
G = 5 • 102/(60 • 103 - 5 • 102) = 5 • 102/(600•102-5 •102 ) = 5 • 102/595 •102 = 5/595 = 1/119
Se G rimane costante, ma f diventa 50 mm, esplicitando p dall‘equazione precedente, si ha:
G = f/(p – f)  f = (p – f) G  p = f + f G/G = f/G • ( 1 + G )
cioè:
𝑝 = 50 ⋅ 119 ⋅ ( 1 + 1/119 ) = 50 ⋅ 119 ⋅ 120/119 = 50 ⋅ 120 ⇒ 𝑝 = 6000 𝑚𝑚 = 6𝑚
9. Dal punto di vista ottico, una macchina fotografica può essere considerata semplicemente come una
lente convergente ( l‘obiettivo ), che forma un‘immagine reale su di uno schermo ( la pellicola ). Se
la distanza focale vale 50 mm, e se l‘obiettivo può essere spostato verso l‘esterno, allontanandolo
dalla pellicola fino a 60 mm, quanto vale la distanza minima a cui questa macchina può fotografare?
⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯ SOLUZIONE ⎯⎯⎯ * ⎯⎯⎯
Nell‘equazione dei punti coniugati:
1/p + 1/q = 1/f
bisogna trovare il valore di p quando:
q = 60 mm
f = 50 mm
e cioè:
1/p = 1/f – 1/q ⇒ 1/p = q – f/q f ⇒ p = q f/q - f ⇒ p = 60 ⋅ 50/60 - 50 = 3000/10 = 300 mm = 30 cm
La luce non va in linea retta? Il mezzo non è omogeneo!
Abbiamo visto che in un mezzo omogeneo, dove l‘indice di rifrazione è uguale in ogni punto, la luce
procede in linea retta, eventualmente spezzata da una riflessione. Però quando il mezzo di propagazione
non è più omgeneo, per esempio sussiste una variazione continua di indice di rifrazione, la situazione
può essere ben diversa.
Abbiamo visto in laboratorio che in una soluzione satura di zucchero in acqua, dove la densità della
soluzione cambia progressivamente con continuità dall‘alto verso il basso, la luce che attraversa il
mezzo segue un percorso curvilineo. Questo percorso è il risultato di una successione continua di
rifrazioni in un mezzo dove l‘indice di rifrazione aumenta con continuità dall‘alto verso il basso e quindi
l‘angolo di rifrazione diminuisce progressivamente, avvicinando il raggio alla normale.
Approfondimento
La propagazione in un mezzo non omogeneo è all‘origine della nota illusione ottica del miraggio.
I miraggi sono fenomeni relativamente comuni legati alle leggi della rifrazione e della riflessione. Essi si
formano quando la temperatura dell'aria varia bruscamente con l'altezza dal suolo. Poiché a temperature
diverse corrispondono densità diverse, in queste condizioni è come se l'aria fosse formata da tanti strati
sovrapposti costituiti da mezzi trasparenti con diverso indice di rifrazione.
I miraggi sono divisi in due classi principali: miraggi inferiori e miraggi superiori.
I miraggi inferiori sono i più comuni, e si verificano quando la temperatura del suolo è estremamente
elevata. In queste condizioni la temperatura dell'aria diminuisce bruscamente allontanandosi dal suolo, e
quindi la densità e l'indice di rifrazione degli strati d'aria aumentano con l'altezza. Un raggio di luce
proveniente da un oggetto, ad esempio una palma, può allora arrivare all'osservatore con due diversi
percorsi: uno diretto parallelamente al suolo o con una piccola inclinazione che avrà una traiettoria
normale ed un secondo diretto verso il basso. Per esempio quando, in estate, l‘asfalto è molto caldo, gli
strati d‘aria prossimi al suolo sono più caldi di quelli soprastanti e la densità dell‘aria aumenta dal basso
verso l‘alto. Il secondo raggio proveniente dagli oggetti curva allora verso l‘alto e chi osserva ha la
percezione che l‘immagine si trovi al di sotto del suolo, come se ci fosse uno strato d‘acqua che riflette
le immagini.
miraggio inferiore
I miraggi superiori si formano in maniera analoga a quelli inferiori quando la temperatura dell'aria
cresce anziché decrescere allontanandosi dal suolo. In queste condizioni la densità e l'indice di rifrazione
degli strati d'aria diminuiscono con l'altezza, e un raggio può essere rifratto in modo che la sorgente
sembri trovarsi sospesa in aria. Il miraggio superiore viene percepito quando gli strati più bassi
dell'atmosfera subiscono un brusco ed anomalo raffreddamento o quando uno strato di aria calda si
inserisce in una zona di aria molto più fredda. Anche in questo caso risulterà una doppia immagine
dell‘oggetto, ma questa volta l'immagine illusoria verrà vista in alto come sospesa in cielo.
Questo effetto può prodursi sopra distese d'acqua fredda o su grandi superfici gelate, oppure ad alte
quote.Un esempio famoso di miraggio superiore è la cosiddetta fata morgana, in cui la sorgente viene
vista galleggiare in cielo, capovolta. Spesso le fate morgane appaiono parzialmente sovrapposte
all'immagine reale, creando così effetti ancor più irreali. (vedi sotto: miraggi multipli)
Miraggio superiore: la città di Messina fra le nuvole.
Miraggio laterale
Può essere percepito in presenza di alte muraglie quando sono surriscaldate dal sole e quando gli strati
d'aria di differente temperatura sono disposti in piani verticali. In questo caso la muraglia sostituisce il
suolo ed i raggi che colpiscono il muro secondo una retta perpendicolare subiscono gli stessi effetti di
deviazione di traiettoria che sono stati descritti.
Miraggi multipli
Un esempio particolare è quello definito Fata Morgana, osservabile in certe condizioni meteorologiche
nelle Stretto di Messina e negli Stati Uniti nella regione dei Grandi Laghi. È dovuto ad una irregolare
distribuzione dell'indice di rifrazione in vari strati dell'aria che fa sì che i raggi luminosi provenienti da
uno stesso punto vengano deviati in varie direzioni. Si vedrà così apparire, al di sopra del mare e riflessa
sull'acqua, l'immagine di costruzioni fantastiche ricche di torri e pinnacoli che la fantasia dei poeti ha
attribuito per abitazione alla leggendaria sorella di re Artù (la Fata Morgana, che in lingua bretone
significa la fata delle acque). Caratteristica della Fata Morgana è l‘estrema instabilità delle immagini che
dona al suo aspetto una maggiore attrattiva.
Rifrazione Atmosferica
È noto che la pressione dell'aria, e con essa la sua
densità, decresce con l'altezza; se, cioè, al livello del
mare un metro cubo d'aria pesa mediamente 1,29 kg a
5500 metri il suo peso è ridotto di circa la metà. Ma
variando la densità dell'aria varia altresì il suo indice di
rifrazione, come attestato dall'importante legge di
Lorentz-Lorentz. Di conseguenza i raggi luminosi che
provengono dagli astri devono attraversare, nell'ultima
parte del loro cammino, un mezzo non omogeneo di
densità via via crescente, col risultato che s'incurvano
verso il basso. Si guardi la figura qui a sinistra. Se la
stella si trova in S, per un osservatore O situato sulla
superficie terrestre sembra che la stella sia in realtà
Incurvamento di un raggio luminoso che penetra
situata in S', ossia un poco più alta sull'orizzonte;
nell'atmosfera (molto esagerato!)
questa apparente elevazione prende appunto il nome di
Rifrazione Astronomica e può assumere il valore massimo di 36' per gli oggetti prossimi all'orizzonte
(allo zenit quest'angolo è ovviamente nullo i quanto i raggi giungono perpendicolarmente). La
conseguenza di questo è che quando il Sole o la Luna sono prossimi all'orizzonte in assenza di atmosfera
sarebbero già tramontati da quasi 3 minuti! Un fenomeno strettamente collegato al miraggio e
abbastanza comune è quello per cui il Sole o la Luna, prossimi al tramonto sul mare o dietro un
orizzonte perfettamente sgombro, appaiono talvolta divisi in due parti deformate in modo tale da non
sembrare porzioni dello stesso disco. Anche qui abbiamo a che fare con uno sdoppiamento del percorso
della luce emessa dagli astri dovuto alla rifrazione atmosferica.
Scintillazione Stellare
Quando l'aria è instabile si ha un continuo ribollimento
fra cellule d'aria calda e d'aria fredda che, per quanto
già accennato, avendo diversa densità possiedono
indici di rifrazione leggermente diversi. Questo fa sì
che un raggio proveniente da una stella subirà continue
deviazioni, non potendo seguire una traiettoria
rettilinea. Non solo. Attraversando queste celle d'aria di
forma irregolare e in perenne movimento il raggio di
luce verrà di continuo scomposto, ricomposto,
indebolito e rinforzato molte volte al secondo. Il
risultato lo possiamo facilmente osservare. Per le stelle
luminose basse sull'orizzonte — come Sirio che a causa
della declinazione negativa non si alza mai al sopra dei
30° — l'effetto viene enfatizzato a causa del maggior
Percorso irregolare della luce di una stella in atmosfera
turbolenta. La stella scintilla e l'immagine telescopica
strato atmosferico che la luce deve attraversare. In
risulta dilatata.
questo caso possiamo notare la bianca Alfa del Cane
Maggiore scomporsi continuamente come un brillante
sotto i riflettori. Ma perché nelle stesse condizioni i pianeti non scintillano o lo fanno molto meno?
Perché a differenza delle stelle i pianeti hanno dimensioni apparenti apprezzabili. Se immaginiamo i loro
dischetti costituiti da un reticolo di punti, è evidente che ognuno di questi si mette a scintillare, ma
questo avviene in modo del tutto casuale per ogni punto, col risultato che le loro mutevoli intensità
luminose si sommano in tutti i modi possibili dando origine a un valore medio. È un po' come quando
siamo sotto la doccia. Dal momento che dalla bocchetta escono tantissime gocce noi non abbiamo la
percezione delle singole, ma di un flusso continuo d'acqua.
Tuttavia anche se virtualmente privi di scintillazione è sconsigliabile osservare i pianeti in una notte di
turbolenza; questo perché i singoli punti che costituiscono il disco planetario si allargano e di
conseguenza di sovrappongono, dando origine a un'immagine confusa e priva di dettagli.
ESERCIZI
1. Una ragazza alta 1,60 m si trova a una distanza di 5,0 m da uno specchio e nota che la sua immagine
riflessa è dritta e alta solamente 12 cm. Lo specchio è concavo o convesso? Quanto vale il suo raggio
di curvatura? [R= 81 cm]
2. Uno specchio concavo produce un ingrandimento pari a 1,8 quando un oggetto è posto a 25 cm da
esso (ad esempio il viso di una donna che si trucca). Quanto misura il suo raggio di curvatura? [R=
112,5 m]
3. Una freccia di altezza 10 cm è posta davanti a uno specchio concavo di raggio 1 m a distanza 3 m.
Costruisci graficamente l‘immagine e determina la distanza, l‘ingrandimento e l‘altezza
dell‘immagine. È diritta o capovolta? [R. q = - 60 cm, G=0,2, h=2 cm]
4. Una freccia di altezza 30 cm è posta davanti a uno specchio concavo di raggio -0,8 m a distanza 2 m.
Costruisci graficamente l‘immagine e determina la distanza, l‘ingrandimento e l‘altezza
dell‘immagine. È diritta o capovolta? [R. q = - 33 cm, G=-1/6, h=-5 cm]
5. Una freccia è posta davanti a uno specchio di fuoco 0,25 m. A quale distanza devi porre la freccia
per ottenere un ingrandimento 3? [R. p = 33 cm]
6. Un oggetto è posto davanti a uno specchio concavo di fuoco 2 m a una distanza di 6 m. Determinare
l‘ingrandimento. [R. G = 0,5]
7. Un oggetto è posto a 60 cm da uno specchio sferico. Lo specchio ne forma una immagine virtuale ad
una distanza di 15 cm. Determina il fuoco, il raggio di curvatura, il tipo di specchio e
l‘ingrandimento. [R. r = 40 cm ; f = 80 cm G=-0,25]
8. La luce passa dal vetro all‘aria con un angolo di incidenza di 40°. Qual è l‘angolo di rifrazione? [R.
74° ]
9. Un raggio di luce passa dall‘acqua al vetro con un angolo di incidenza di 45°. Qual è l‘angolo di
rifrazione? [R. 38° ]
10. Un raggio di luce passa dal vetro all‘aria con un angolo di incidenza di 30°. Qual è l‘angolo di
rifrazione? Se il vetro fosse immerso in acqua, quale sarebbe l‘angolo di rifrazione? [R. 18,2°,
24,6°]
11. Trova l‘angolo di riflessione totale per la luce che passi dal vetro a: aria, acqua, olio di indice di
rifrazione 1,49. [R. 42°, 62°, 83°]
12. Una lente ha lunghezza focale di 20 cm. Un oggetto è posto a 75 cm dalla lente. A quale distanza, al
di là della lente, si forma l‘immagine della sorgente? [R. q = 27 cm]
13. Un oggetto è posto a 20 cm da una lente sottile di distanza focale 0,25 cm. A quale distanza dal
centro si forma l‘immagine? [R. q = - 1 m]
14. Una candela viene posta a 30 cm da una lente di distanza focale 15 cm. Dove si forma l‘immagine?
[R. q = 30 cm]
15. Un ragazzo utilizza una lente convergente di distanza focale 10 cm. L‘immagine virtuale
dell‘oggetto che guarda si forma a 25 cm dalla lente. Calcolare la posizione dell‘oggetto e
l‘ingrandimento della lente. [R. p = 17 cm ; G=1,47 ]
16. Un oggetto è posto a 1 m da una lente divergente e l‘immagine si forma a 25 cm dal centro della
lente. Calcola la distanza focale. Dove va posizionato l‘oggetto per avere un‘immagine rimpicciolita
di 2/3? [R. f = – 33 cm ; p 75cm]
17. 6) Una lente divergente, di distanza focale -25 cm produce di un oggetto un‘immagine virtuale a 20
cm dal centro ottico. Dove viene posto l‘oggetto? Qual è l‘ingrandimento prodotto dalla lente? [R. p
= 100 cm
G= -0,2]
18. Un miope corregge la vista con delle lenti da -7 diottrie. Qual è la distanza focale delle lenti?
[R. f = 0,14 cm]
19. In una lente convergente la distanza oggetto-immagine è 100 cm, la distanza lente-immagine misura
20 cm. Qual è la distanza focale della lente? [R. f = 16 cm]
20. Con una lente convergente si ottiene un‘immagine reale di un oggetto, posto sull‘asse ottico e
distante 30 cm dal centro ottico. L‘immagine è doppia dell‘oggetto. A quale distanza si trova
l‘immagine? Qual è la distanza focale della lente? [R. q = 60 cm ; f = 20 cm ]