Così dialogheranno Tlc e Over the top

DELLE
www.corrierecomunicazioni.it
n°11. 23 giugno 2014
5
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Svolta networking
IL
FOCUS
L’Sdn trasferisce
sulle reti gli stessi
vantaggi ottenuti
da Google o Yahoo
sui loro datacenter
antoniodini
Nick McKeown è professore
di informatica all’Università di
Stanford, Scott Shenker insegna a Berkeley. Invece, Martin
Casado veniva dal settore della
security informatica, dove è tornato dopo una parentesi di dieci
anni a Stanford. I tre hanno creato
il movimento del Software defined networking, creato la Open
Networking Foundation per promuovere Sdn e OpenFlow, e rivoluzionato il modo in cui verranno
creati i datacenter del futuro.
Il Corriere delle Comunicazioni
ha incontrato in esclusiva Casado
a Los Gatos, in California, a margine di una conferenza organizzata
da NetEvents. “Le grandi aziende
come Google, Amazon, Facebook,
Azure, Tencent, Baidu, Yahoo, tutte
queste hanno costruito i loro giganteschi datacenter da sole, senza che
nessuno glieli avesse venduti. Sono
le aziende più hi-tech del pianeta
con i migliori tecnici e ciascuna
ha fatto a modo suo: in maniera
diversa ma tutte quante hanno
spostato le funzionalità chiave
dall’hardware al software per la
scalabilità e i costi, un quinto di
quanto potevano essere. Creando
datacenter equivalenti ai mainframe degli anni Sessanta: ognuno è
un pezzo unico. Perché non fanno
così anche tutti gli altri?”.
Ottima domanda per iniziare
la nostra conversazione, Martin. Perché?
Perché hanno il controllo totale
del software. Se sei Google o Facebook, hai scritto le tue applicazioni: solo così questo funziona.
Le altre aziende che costruiscono
datacenter non riscrivono le applicazioni, non le controllano e quindi
non possono costruire datacenter
come quelli. Dai grandi centri dati
Gli Sdn rendono
possibile isolare
singoli server,
processi, particelle
con micro reti
virtuali. Potremo
fare security in modi
prima inconcepibili
«Così dialogheranno
Tlc e Over the top»
► Martin Casado, fra i padri fondatori della «lobby» Sdn:
«Chi fa hosting potrà proporre a Apple di usare le sue Api»
come quello di Goldman Sachs a
quello di altre classi enterprise, di
ospedali, di Tlc. Qui entra in gioco
la virtualizzazione del network.
Cos’è quindi la Sdn?
Una conseguenza. Avevamo vir-
Quando abbiamo
fatto le prime
proposte, ci hanno
preso per matti
sui livelli più alti: l’area dell’orchestrazione e
delle applicazioni, dove il valore di business
è più direttamente e chiaramente percepibile
per gli operatori di rete.
Per questi “lavori di cucina” che ruolo avete?
Siamo in prima linea per aiutare a concordare e definire gli standard condivisi da tutti.
Pensiamo sia importante che le interfacce
di programmazione di questo livello non
vengano controllate dai singoli produttori
di tecnologia, cui in cambio viene invece
lasciata libertà sopra e sotto, come dicevo.
Le tecnologie di questo livello-commodity devono essere lasciate ai comitati
per gli standard?
In questo caso preferisco l’idea dei consorzi di aziende. Open vuol dire aperto,
pubblicato, nessuno lo controlla, appartiene alla comunità che libera le interfacce di
programmazione, le Api. C’è una differenza
importante da capire.
Qual è?
I comitati per gli standard fanno i protocolli, cose importanti ma non quelle che dobbiamo fare ora. Le Api invece vengono fatte da
chi realizza il software e poi non dovrebbero
tualizzato il lato server dei datacenter, e ora possiamo virtualizzare il
network fisico. Qualsiasi network:
Cisco, Juniper, un IP over InfiniBand. Così come i grandi datacenter di Google hanno spostato
le funzionalità del network fisico
nelle applicazioni al bordo della
rete, così la network virtualization
può gestire le funzioni attraverso
una forma di controllo centralizzato, un hypervisor, un orchestratore.
Sposti le funzionalità dal network
fisico ai bordi della rete e poi le
esponi alle varie attività come se
Dan Pitt executive director della Open Networking
Foundation
più venir cambiate. Per questo non siamo
interessati ai comitati per fare standard: parliamo invece di consorzi di aziende che fanno
i software e che quindi mettono in comune
le Api, lasciandole libere, come ho detto,
per tutta la comunità di cui fanno parte. In
questa maniera nessuno è proprietario della
tecnologia e non c’è il rischio che a un certo
punto cambi le Api, mettendo in fuori gioco
il lavoro fatto da tutti gli altri.
si trattasse di un network fisico ma
in realtà è un’astrazione virtuale.
Cosa vuol dire per il business?
Queste astrazioni virtuali funzionano come macchine virtuali:
possono crearle in tempi rapidissimi, fargli fare quel che vogliamo,
comandarne un esercito come se
fosse una sola. Sotto, nel mondo
fisico, posso usare qualsiasi tipo di
hardware. Quando lo abbiamo proposto la reazione è stata divertente.
Cos’è successo?
Pensavano fossimo pazzi. Una
Ha detto che tutto si sposterà nel
cloud. Quali saranno le conseguenze?
Nel lungo termine la maggior parte dell’IT
verrà fatta nel cloud pubblico e non più nei
piccoli dipartimenti IT di ciascuna piccola o
media o grande azienda. Questo permetterà
ai fornitori di cloud di avere economia di
scala in termini di tecnologia, di competenze,
di sicurezza da abilitare offerte molto variegate. Ci saranno requisiti stringenti di elasticità, di latenza, di scala che permetteranno
infrastrutture estremamente flessibili: tutte
le componenti verranno create e installate
per essere in grandi contenitori comuni di
risorse e potranno essere riconfigurate dinamicamente via software. Tutto ciò è un altro
modo per capire il senso delle trasformazione
in commodity delle componenti hardware.
Cosa ne risulta?
Che si tratta di una tendenza naturale della tecnologia che nessuno può contrastare.
Invece, l’unico modo con il quale si possono far incontrare i bisogni del business con
quelli di un cloud multi-tenant è la possibilità
di controllare in remoto via software tutti i
suoi elementi, grazie a tecnologie di base le
cui Api siano aperte a tutti. A.D.
cosa del genere, rompeva paradigmi ritenuti sacrosanti. Nel 2010
pensavano fosse fantascienza. Nel
2011 hanno cominciato a pensare
fosse plausibile. Nel 2012 comunque chi lo proponeva era ritenuto
un folle che si prendeva rischi
ingiustificabili. Nel 2013 però ci
chiedevano di aiutarli a capire. Oggi, nel 2014, ci sono test e si va in
produzione con i primi progetti.
La funzione che viene più avvantaggiata dagli Sdn?
Molte. Di una non si parla mai: è
la sicurezza. Ne serve tantissima.
Non solo perché questo cambiamento libera risorse che all’80%
dovrebbero andare in sicurezza.
Ma perché l’orchestrazione, gli
ipervisori offrono un’opportunità
pazzesca che ancora nessuno vede.
Qual è?
Si possono virtualizzare le reti e
crearne una ad hoc per ogni app.
Oggi la difesa nei datacenter è perimetrale: se si entra si guadagna
il controllo di tutto. Con gli Sdn si
possono isolare i singoli server, i
singoli processi, le singole particelle con micro reti virtuali. Possiamo
fare security a strati verticali e orizzontali, in modo prima inconcepibile. Davanti a noi ci sono ondate
di opportunità mai viste prima.
Per gli Ott cosa cambia?
Anziché avere hosting di server
e rete virtuale per erogare servizi,
i service provider possono andare
nei datacenter e chiedere accesso alle Api, le interfacce di programmazione, della rete virtuale.
Cioè: chi fa hosting può proporre
a Netflix o ad Apple di usare le
sue Api e programmarsi da solo
le funzioni: un modello di business
differente che permetterebbe ad
esempio alle telco di dialogare con
gli Ott, anziché scontrarsi e basta.
Anche perché la virtualizzazione
sta finendo di cambiare il mondo.
In che modo?
Prendiamo VmWare: 500mila
clienti, 50 milioni di macchine
virtuali con una media di tre porte
di connessione virtuale ciascuna:
150 milioni di porte. Oggi VmWare è una delle maggiori aziende di
networking al mondo per numero
di porte, accanto a Cisco e Juniper,
e non vende un pezzo di hardware.
Se non è rivoluzione questa.