La Geografia Alessandrina

Storia della Geografia e delle Esplorazioni - A.A. 2004/2005
La Geografia Alessandrina
di Arturo Gallia
La Biblioteca di Alessandria
Le origini
Luogo di cura dell’anima
La distruzione della Grande Biblioteca
Eratostene di Cirene
Il calcolo della misura della Terra
La mappa dell’ecumene
Claudio Tolomeo
L’Almagesto
Le rappresentazioni cartografiche
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Storia della Geografia e delle Esplorazioni - A.A. 2004/2005
La Biblioteca di Alessandria
Le origini
Cacciato da Atene nel 307 a.C. e rifugiatosi a Tebe per qualche tempo, Demetrio Falerèo
scelse come sua dimora permanente la giovane Alessandria, fondata solo 16 anni prima dal
Grande Alessandro. Subito riuscì ad entrare nell’orbita di Tolomeo, di cui ben presto ne
divenne consigliere fidato. Suo fu il suggerimento di “costituire una raccolta di libri sulla
regalità e sull’esercizio del comando e di leggerli”. A lui, stesso, fu dato l’incarico di portare
avanti questa impresa, sostenuta fortemente dal sovrano, che inviò richieste a tutti i
governanti dell’ecumene affinché gli facessero giungere copie delle opere di autori di ogni
specie. Fu inoltre ordinato che venisse ispezionata ogni imbarcazione in arrivo al porto di
Alessandria, che i libri trovati a bordo fossero requisiti e che ne fosse riconsegnata al
proprietario solo una copia, mentre l’originale sarebbe rimasto in custodia nella Grande
Biblioteca.
Luogo di cura dell’anima
La fama di Alessandria e della sua regia Biblioteca iniziava a solcare i mari e i libri
iniziavano a giungere da tutto il Mediterraneo. Un’affluenza tale che spesso furono anche
acquisiti per errore libri falsi, da uomini che vedevano nella ricchezza alessandrina una
propria fonte di guadagno. D’altra parte, illustri uomini e sapienti giungevano nella
metropoli per assaporare l’aria di cultura, spesso facendo a gara per essere ammessi dal
sovrano nel circolo dei dotti della Biblioteca. Nacquero quindi invidie, gelosie e contrasti tra
poeti, scrittori, artisti, scienziati.
Tutti i sapienti del Museo erano accuratamente scelti dal sovrano e, per sicurezza,
rimanevano sempre nella vasta area della reggia, anche nella vita privata. È forse per questo
che Aristofane organizzò una fuga verso Pergamo, centro culturale rivale. Il suo piano, però,
fu scoperto e il dotto arrestato.
Il lavoro degli studiosi del museo era suddiviso in quattro "dipartimenti": letteratura,
matematica, astronomia e medicina. Poiché due di questi erano essenzialmente matematici e
la medicina, attraverso l'astrologia, implicava un po' di matematica, è chiaro che la
matematica stessa occupava una posizione predominante nell'ambiente alessandrino.
Tuttavia, questa distinzione venne gradualmente persa di vista, ammesso che fosse ancora
significativa, già nel I secolo a.C.
Tra gli studi più importanti, vi furono certamente quelli di carattere geografico, che, insieme
a quelli astronomici, miravano ad una totale conoscenza degli elementi fisici naturali.
La distruzione della Grande Biblioteca
Nel 641 l’emiro Amr ibn al-As entrò, senza troppi problemi, con le sue truppe ad
Alessandria d’Egitto. Si insediò nel palazzo reale e diede ordine di saccheggiare la città, ma
esitò nel distruggere la Grande Biblioteca. Un cristiano studioso di Aristotele, Giovanni
Filopono, cercò di persuaderlo nel risparmiare quella ricchezza enumerandogli le imprese e
le vicende legate alla Biblioteca. L’emiro, ammirando i racconti dell’egiziano, chiese
chiarimenti al Califfo Omar, che dopo un mese rispose, ordinando la distruzione immediata
della Biblioteca e di tutto il suo contenuto. Secondo quanto ci tramandano A.Schopenhauer
e il Prof. L.Canfora, queste, probabilmente, furono le parole scritte nella risposta di Omar:
«Se il contenuto dei libri si accorda con il libro di Allàh, noi possiamo farne a meno, dal
momento che il libro di Allàh è più che sufficiente. Se invece contengono qualcosa di
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difforme, non c’è alcun bisogno di conservarli. Procedi e distruggili». Si dice che i rotoli
furono usati come combustibile per i bagni termali di Alessandria, che, secondo Eutichio,
erano circa quattromila, e ci vollero sei mesi per bruciarli tutti.
Questa, seppur la più accreditata, è solo una leggenda di come andò distrutta la Grande
Biblioteca e del perché se ne persero le tracce nel tempo.
Eratostene di Cirene
Il calcolo della misura della Terra
Eratostene riteneva che le città di Alessandria d'Egitto e Siene (l'odierna Assuan) fossero
situate sullo stesso meridiano (cosa che in realtà non è perfettamente esatta, essendoci una
differenza di circa 3°); conosceva la loro distanza, valutata a quei tempi in 5000 stadi, e
sapeva inoltre che a mezzogiorno del 21 giugno a Siene i corpi non producevano ombra, che
cioè in quell'istante il Sole era sulla verticale della città.
Eratostene misurò con una scafe (strumento a forma di semisfera cava graduata, con infisso
al centro uno stilo o asticciola) l'angolo che i raggi del Sole formavano con la verticale, in
quello stesso istante, ad Alessandria: esso risultò 7° 12’, pari a 1/50 circa della misura
angolare di una intera circonferenza. Poiché il Sole si trova ad enorme distanza da noi e
quindi i raggi che da esso giungono alla Terra si possono considerare paralleli tra loro,
questo angolo doveva essere uguale a quello che la verticale di Siene faceva, al centro della
Terra, con quella di Alessandria; pertanto, moltiplicando per 50 il valore lineare dell'arco
corrispondente (cioè i 5000 stadi di distanza fra le due città), Eratostene otteneva per la
circonferenza terrestre meridiana la lunghezza di 250.000 stadi egiziani, che dovrebbero
corrispondere a 39.357 km: valore sorprendentemente vicino (inferiore di soli 634 km circa)
a quello che oggi accettiamo come vero che è stato determinato molto più tardi con metodi e
strumenti molto più precisi.
L’impresa di Eratostene fu descritta
dallo stesso autore nella sua opera
"Sulla misurazione della Terra" che
purtroppo non ci è giunta; siamo
informati
sul
metodo
usato
soprattutto da Cleomede, Caelestia, I
. Probabilmente le valutazioni erano
basate sul confronto delle altezze
sull'orizzonte di alcune stelle in paesi
differenti.
Le
valutazioni
di
Aristotele non vengono prese in
considerazione perché prive di
accenni sul metodo impiegato.
(Aristotele, De Caelo, II). Secoli
dopo, anche Plinio scrive ancora
sull'esperimento, fornendo una breve
descrizione dell'unità di misura che Eratostene usa per la misurazione (Plinio, Naturalis
historia, II, XII). Troviamo inoltre delle informazioni nel libro di Strabone, Geografia, II.
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La mappa dell’ecumene
Gli studi di Eratostene, oltre che in astronomia, furono fondamentali anche in Geografia. Fu
lui, infatti, a coniarne il nome e a svilupparla e diffonderla in una sua seconda opera molto
nota nell’antichità, Γεωγραφικά, realizzata in tre libri, giunta a noi in pochi frammenti.
Dopo aver tracciato una breve storia della Geografia, nel primo libro, e aver esposto le
proprie teorie astronomiche, nel secondo, descriveva le parti dell’ecumene, nel terzo,
commentando la mappa da lui redatta. Per elaborarla, Eratostene ebbe a disposizione le
numerose fonti che la Grande Biblioteca gli metteva a disposizione. Si ispirò ad Eudosso
per il rapporto 2:1 tra lunghezza e larghezza dell’ecumene, definendo una distanza,
probabilmente esagerata, di 77.800 stadi per la prima, e 38.000 stadi per la seconda. Attinse,
invece, da Dicearco di Messina quando definì delle rette ortogonali di riferimento sulla
mappa, andando a disegnare un meridiano e un parallelo che si intersecassero sull’isola di
Rodi. Un altro segno di riferimento era dato dall’intersezione dello stesso meridiano di Rodi
con il parallelo passante per Alessandria, che col precedente formava, così, una
fascia centrale che comprendeva il mediterraneo ad O e la Siria e l’Asia ad E. Altri
meridiani e paralleli erano tracciati sulla mappa a distanze non regolari. Per quanto riguarda
l’ecumene, Eratostene sosteneva fosse situato nell’emisfero settentrionale e tutt’attorno
circondato dall’Oceano, riprendendo le teorie del Grande Mare di Omero, ma non dava per
certo che quelle fossero le uniche terre abitate. La raffigurazione, infatti, era molto
dettagliata per alcune porzioni, come per tutto il bacino Mediterraneo, mentre risultava
approssimativa per le aree più remote, come l’Europa Settentrionale, l’Africa Meridionale e
l’Asia Orientale. Contemporaneamente, però, erano raffigurati anche luoghi mitici o di non
chiara localizzazione, come l’isola di Thule (Islanda?), l’isola di Taprobane (Ceylon?) e le
foci del Gange. La carta di Eratostene fu la prima rappresentazione dell’ecumene di cui ci
sia rimasta testimonianza e grandi onori ricevette, quando fu presentata a Tolomeo
Filadelfo, che poteva così “dominare” anche le terre più distanti. Si narra che lo stesso
geografo, su incarico di Tolomeo Filopatore, preparò una spedizione col fine di
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circumnavigare il globo e di scoprire nuove terre. Al comando di una cospicua flotta fu
posto il capitano Rata, coadiuvato dal navigatore Maui. Eratostene non ebbe più notizie
della spedizione e cadde in miseria, ma nascono oggi teorie che mettono in confronto quella
civiltà con le attuali popolazioni polinesiane, portando come elementi di comparazione
leggende su una remota venuta di eroi primigeni, stessa divinità del sole, definita Ra e
somiglianze linguistiche con gli antichi dialetti della cirenaica.
Claudio Tolomeo
L’Almagesto
Come Eratostene, anche Claudio Tolomeo fu poliedrico nei suoi studi. Fu grande astronomo
nonché grande geografo.
La sua opera maggiore di astronomia, la Collezione Matematica, nota dal Medioevo in poi
come Almagesto (dall'arabo Tabrir al-magesthi, a sua volta derivato dal titolo corrente di
Μεγιστηη συνταξις), fu scritta intorno al 150. Essa è una rappresentazione completa della
cosmologia dell'universo e un esaustivo trattato di astronomia matematica. Basandosi sulle
osservazioni e sulle conclusioni degli astronomi precedenti, ma rielaborandole criticamente
e fornendo numerosissime osservazioni proprie, nonché precise rappresentazioni
geometriche dei moti celesti, l'astronomo tracciò un'accurata sistematizzazione della teoria
geocentrica. Elaborò le ipotesi astronomiche e i frutti delle osservazioni dirette in un
modello matematico, che dal punto di vista formale era quasi perfetto, al punto che resistette
per più di un millennio; quando fu criticato, ciò fu possibile soltanto partendo dalle sue
premesse. Cinque erano i punti fondamentali (Il cielo è sferico e si muove come una sfera
attorno ad un asse che passa per il suo centro; la Terra è sferica; la Terra è situata al centro
del cielo; é come un punto nella sfera delle stelle fisse; non è animata da alcun movimento
di traslazione) e solo alla fine del XV sec. furono scardinati completamente.
Le rappresentazioni cartografiche
I suoi studi geografici sono
raccolti nella Γεωγραφική
Υφήγησις. In essa Tolomeo
tratta, in 8 libri, i principi
della geografia, intesa come
conoscenza scientifica del
mondo abitato, le costruzioni
delle carte, riportando in
minuziosi elenchi più di
ottomila luoghi conosciuti
con le coordinate geografiche,
attraverso
le
quali
fu
possibile, in età moderna,
ricostruire le ventisette carte
che componevano l’atlante
dell’opera, di cui la prima (un
planisfero) riassumeva la concezione dell’ecumene per Tolomeo. La carta, realizzata tramite
una proiezione trapezoidale, riportava anch’essa il reticolato ortogonale già suggerito da
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Eratostene, ma, anziché disegnarlo sulla superficie totale, veniva accennato ai bordi della
rappresentazione. Andava, inoltre, perdendosi la concezione di un Grande Mare tutt’intorno,
sostituito da un Oceano Indiano chiuso, i limiti meridionali dell’Africa non definiti così
come quelli dell’Asia nord-orientale. Vi era una maggiore proporzione tra Mediterraneo e
Asia e non si riteneva che
‘ecumene fosse concentrato nel
solo emisfero settentrionale.
Riguardo alle dimensioni del
globo, Tolomeo si distaccava
dai 250.000 stadi calcolati da
Eratostene, correggendo la
misura della circonferenza
terreste in 180.000 stadi.
Questa concezione di un
piccolo globo, sarà poi alla base
delle teorie di Cristoforo
Colombo sulla raggiungibilità
delle Indie via mare navigando
verso occidente.
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