EDITORIALE COLOPHON BARRICATE L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO anno 1°_ numero 5 _ SETTEMBRE - OTTOBRE 2013 registrazione Tribunale di Pesaro n°7/2012 del 23/08/2012 DIRETTORE RESPONSABILE Giancarlo Ridolfi DIRETTRICE DI REDAZIONE Maria Chiara Ballerini REDATTORI Michele Boato, Martino Campagnoli, Matthias Canapini, Eleonora Celi, Franco Cittadini, Fabrizio Cracolici, Mauro Ferri, Lidia Giannotti, Fabio Greggio, Giancarlo Iacchini, Domenico Alessandro Mascialino, Germano Montanari, Max Olla, Laura Tussi, Mao Valpiana DISEGNATORI Elisa Bee, Andrea Bersani, Dario Campagna, Martino Campagnoli, Luciano Capitini, Davide Caviglia, Massimo Cavezzali, Davide Ceccon, Maja Celija, Sauro Ciantini, Alberto Corradi, Pino Creanza, Fabrizio “Bicio” Fabbri, Riccardo Frizzoni, Pasquale La Forgia, Ivan “Hurricane” Manuppelli, Stefano Milani, Davide Pascutti, Michele Petrucci, Redazione Pressenza, Sergio Ponchione, Simone “Nigraz” Pontieri, Andrea Pulito, Elena Rapa, Giuseppe Scapigliati, Danilo “Dast” Strulato, SS-Sunda, Stefano “Persichetti Bros” Tartarotti, Pasquale “Squaz” Todisco, Stefano Zattera. FOTOGRAFI Archivio Acanto, Matthias Canapini, Fabio Greggio, Insidefoto, Luciano Manna, Pressenza WEB Walter Del Prete – E-Leva GRAFICA Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani IMPAGINAZIONE Susanna Galeotti, Acanto STAMPA Tipolito SAT - Pesaro DISTRIBUZIONE IN LIBRERIA Joo Distribuzione – Via F. Argelati, 35 – Milano EDITORE Italo Campagnoli SEDE LEGALE Strada di Monteballante, 12 - 61122 - Pesaro [email protected] [email protected] [email protected] www.barricate.net COPERTINA Stefano Zattera di Maria Chiara Ballerini Due milioni di rifugiati nei paesi limitrofi, oltre quattromila giunti via mare sulle coste italiane, quattro milioni di sfollati interni e almeno novantamila morti, verosimilmente molti di più. L’emergenza umanitaria in Siria –come afferma l’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati – è “la grande tragedia di questo secolo, una vergognosa calamità umanitaria con livelli di sofferenza e esodi mai registrati nella storia più recente”. Per affrontarla, USA in testa seguiti dalla sedicente democraticissima Francia si preparano a un intervento militare, con l’Italia che tentenna sfogliando la margherita: “ripudio sì, ripudio no”. C’è una guerra civile e la si combatte con una guerra tra nazioni. Ovvero, fare brace della pace e strame della Costituzione. Il governo fa la guerra e il cittadino “medio” (in questo caso statunitense) continua la propria routine quotidiana fatta di villette in serie, auto costose e barbecue, mentre sullo sfondo del pianeta, troppo lontano per poter incidere sulla sua vita, si consuma una tragedia che non potrà che ingigantirsi se alimentata con le bombe. È questo il mondo che vogliamo? Quasi nessuno, in cuor suo, direbbe sì. Eppure, una condanna totale, incondizionata e inflessibile della guerra (fatta ovvia eccezione per i movimenti pacifisti, voci troppo spesso disperse e isolate) è sopraggiunta da una sola persona in grado di essere ascoltata: il Papa. Papa Francesco. Il quale non si limita a implorare i potenti di ricordare che “la violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte”, ma denuncia la necessità di “dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve; dire no alla violenza in tutte le sue forme; dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Ce n’è tanto! Ce n’è tanto! E sempre rimane il dubbio: questa guerra di là, quest’altra di là … è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale?” Qualcuno risponda. È davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere armi nel commercio illegale? Il conflitto siriano forse non si prolungherebbe senza forniture ufficiali per il governo e semi-clandestine per le forze ribelli. Le forniture di armi verso la Siria (e ai paesi confinanti) sono aumentate a dismisura negli ultimi anni, anche per opera dell’Italia, nonostante la bella legge 185/90 sull’esportazione di armamenti, puntualmente aggirata dai diversi governi. In questo modo, anche se il nostro governo punterà a una risoluzione politica, l’articolo 11 della Costituzione è già tradito. La nostra pacifica e saggia Costituzione, periodicamente rinnegata o malamente applicata, come dimostrano i tentativi di affossamento dell’articolo 138, la mancata applicazione del 53, gli aggiramenti del numero 1 e del numero 3. I servizi e le interviste presenti in questo numero cercano di approfondire la relazione tra alcuni aspetti fondamentali del nostro vivere e la Carta costituzionale, tra cui lavoro, diritti civili (intervista all’europarlamentare Silvia Costa), pace (Mao Valpiana e il Movimento nonviolento), fiscalità (Associazione articolo 53). Come sempre, i nostri disegnatori hanno realizzato illustrazioni e tavole che accompagnano e potenziano i testi, secondo lo stile che ormai possiamo definire “da Barricate”, a cominciare dalla notevole copertina di Stefano Zattera. Vorrei chiudere questo editoriale ancora con le parole di Papa Francesco, perché oggi sono le uniche che in redazione condividiamo tutti, credenti e non credenti. Perché tutti siamo convinti che la guerra chiama altra guerra e che il nostro prossimo non è un nemico, ma è nostro fratello. Che le sue parole luminose possano essere un faro in questi giorni così bui. “La violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione, guarda al dolore del tuo fratello … e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità.” SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 1 LINGUAGGI GRAFICI: IVAN HURRICANE 2 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: DARIO CAMPAGNA Dario Campagna Nasce a Palermo negli anni ‘80. Frequenta le elementari con lode. Frequenta le medie con lode. Frequenta il liceo con infamia. Frequenta l’università: la triennale con infamia, la specialistica a Urbino con lode. Si interessa al giornalismo senza motivo. Collabora con varie testate online e cartacee. Diviene malauguratamente giornalista pubblicista. Viene chiamato da Vincino a partecipare alla redazione del settimanale di satira Il Male di Vauro e Vincino. Disegna come un pazzo. Ama il dinamico, il colorato e lo sgangherato. Fa vignette sulle boiate che gli passano per la testa, sul suo blog, sui social, per le riviste Mamma! e LeCool Roma. [email protected] dariocampagna.blogspot.it SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 3 ECONOMIA Intervista a Roberto Errico IDEE PER UNA FINANZA A MISURA DI CITTADINO Roberto Errico, membro del Forum per una nuova finanza pubblica e sociale, spiega come il settore potrebbe essere riavvicinato ai bisogni dei cittadini Domenico Alessandro Mascialino Dott. Errico, quali associazioni fanno parte del vostro Forum? Il Forum nasce da un appello all’azione sulle questioni del debito pubblico e del credito, proveniente da associazioni come Attac, Rivolta il debito, ReCommon, Smonta il debito e Centro nuovo modello di sviluppo. Dopo due incontri molto partecipati a Roma al Teatro Valle e alla Ri-Maflow, una fabbrica occupata alle porte di Milano, siamo sfociati nella forma di Forum formato da diversi movimenti e gruppi che vogliono lavorare su questi temi. Hanno aderito numerose realtà, tra cui i Cobas delle poste, il Forum italiano dell’acqua, alcuni pezzi di varie organizzazioni sindacali e l’Arci. Quali sono le vostre idee per riformare la finanza, e da cosa scaturiscono? Il luogo comune della “crisi” è che non ci sono i soldi, che abbiamo vissuto al di sopra delle 4 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE Ph: Archivio Acanto Dopo lo scoppio della crisi del debito, la finanza è stata oggetto delle contestazioni di ampie fasce della popolazione, in Italia e nel mondo. Di qui la necessità di trovare idee per riformarla, almeno nei punti nei quali più si concentrano assurdità e privilegi, per riportarla alla sua corretta funzione sociale. Ne abbiamo parlato con Roberto Errico, bancario, che assieme a numerose associazioni italiane ha avviato un Forum per cercare di rendere virtuoso un settore ormai nel centro del mirino. nostre possibilità e quindi dobbiamo tirare la cinghia. Noi sosteniamo al contrario che i soldi ci sono, perché innanzitutto ci sono quelli dell’evasione fiscale, che sono la punta dell’iceberg. C’è un fisco che è diventato sempre più amico dei ricchi e ha colpito con sempre maggiore violenza i ceti meno abbienti, basti pensare a come si è tirato fuori il denaro negli ultimi anni. Si è aumentata l’Iva ma non si è andato a incidere sulle rendite. Se si punta a rilanciare l’economia aumentando l’Iva, evidentemente l’obiettivo è quello di continuare a colpire i ceti sociali più bassi: disoccupati, pensionati, piccoli lavoratori autonomi. I soldi quindi ci sono, sono nei forzieri nascosti dei paradisi fiscali, nel risparmio degli italiani, specie quello postale. Da qui la nostra campagna per una Cassa depositi e prestiti, un ente di diritto privato di proprietà del Ministero delle finanze per l’81% (per il 19% delle fondazioni bancarie), che dovrebbe tirare fuori i soldi per pagare gli interessi stratosferici sul debito. Questo per noi è un tema centrale. Non vogliamo solo ripubblicizzare la Cdp, ma risocializzarla, il che significa riportarla a finanziare a tassi calmierati gli enti locali, rompendo il cappio del Patto di stabilità. Inoltre la Cdp e altri enti pubblici dovrebbero sostituirsi alle banche, che non fanno più credito, e fare prestiti a tasso molto agevolato alla piccola impresa che Ph: Archivio Acanto sta morendo, ai negozianti che vengono devastati dall’arrivo di outlet e megastore, e a chi vuole aprire un’attività, magari di tipo “ecosostenibile”. Riguardo la sovranità monetaria e l’Euro, come vi posizionate? Nel Forum ci sono diverse sensibilità. La mia posizione è che sia un falso problema, perché uscire dall’Euro non sarebbe né una tragedia né la liberazione dal cappio dell’Europa. Semplicemente, porterebbe problemi iniziali abbastanza gravi e una stabilizzazione successiva durante la quale non cambierebbe praticamente niente. Si tornerebbe al sistema di prima con un’altra moneta e probabilmente parecchia inflazione in più. L’Europa potrebbe anche essere una prospettiva interessante, ma è necessario rifarla da zero perché questa è l’Europa della tecnocrazia che si fa mercato. Il problema centrale è quando il settore pubblico si mette a fare il privato; bisognerebbe riorientare il pubblico a fare il pubblico. La sanità, ad esempio, o è pubblica o non è sanità, così come la scuola. All’Europa si può anche mettere mano, ma bisogna ragionare in modo com- Ph: Archivio Acanto BARRICATE E PALAZZI pletamente opposto a come si fa adesso. È chiaro che, dal punto di vista di Paesi come la Grecia, l’Europa ha dato il peggio di sé, ed è normale che i greci vogliano uscirne, dopo essere stati ridotti in stato comatoso e non potendo certamente riuscire a restituire i prestiti. L’Europa attuale, insomma, è una robaccia, ma non è detto che si debba buttarla completamente a mare. Nel dibattito fra neoliberisti e neokeynesiani, avete delle preferenze o rifiutate entrambi i modelli? Senza dubbio siamo antiliberisti. Riguardo le politiche keynesiane, trovo che funzionino bene in un’economia chiusa. Il moltiplicatore keynesiano funziona quando le frontiere sono tendenzialmente chiuse e quando il consumo che aumenta grazie all’investimento pubblico si orienta verso prodotti interni, verso aziende interne. Fare keynesismo oggi in un Paese come l’Italia, che importa molto più di quanto esporta (pensiamo a petrolio e prodotti informatici), vorrebbe dire finanziare la crescita della Cina. Penso che se Keynes fosse tra noi, si chiederebbe come affrontare il tema della globalizzazione, se essere chiusi o aperti. Anche su questo si discute molto. Se politiche macroeconomiche espansive potrebbero aiutare la ripresa, dobbiamo anche capire che tipo di ripresa. Negli Usa si è stampata moneta in quantità industriale, con tre round di Quantitative Easing della Federal Reserve, i soldi sono stati dati alle banche, che invece di usarli per aiutare la popolazione hanno investito in borsa perché è più remunerativo che seguire un’impresa che cresce in 15-20 anni. Si sta creando così un’altra bolla. Anche in Giappone si sono fatte operazioni simili. Quindi alle banche conviene più investire in titoli azionari a breve termine che ragionare su come far ripartire l’economia. A riprova di questo, il 6,7% dei cittadini americani nel 2012 sono risultati sotto la soglia di povertà assoluta, e il 20% al di sotto della soglia di povertà relativa. I dati più alti dal 1950. Quindi stampare moneta non è tanto utile se va solo ad alimentare l’economia finanziaria. Meglio ragionare sul riprendere le leve del credito, ed ecco ritornare la campagna sulla Cassa depositi e prestiti, e ragionare su come gestire la questione del debito. Lei ha parlato della Banca centrale americana. Visto che SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 5 Ph: Archivio Acanto questa, come quella italiana, è privata, non sarebbe il caso che fossero nazionalizzate per diminuire gli oneri dello Stato verso di loro? Si, la Banca d’Italia è di proprietà delle banche italiane. Il problema però non è nazionalizzare la Banca d’Italia per trasformarla nell’ennesimo carrozzone del pubblico che fa gli affari suoi, dando finanziamenti in base alla provenienza territoriale del Ministro dell’Industria. Il problema è andare oltre le forme del pubblico e privato. Occorre iniziare a ragionare sul fatto che, più che banche pubbliche e basta, servono banche che siano socializzate, un pubblico che sia permeato dalle esigenze delle comunità locali. In modo che intorno a questa banca, pubblica o privata che sia, non si crei un grumo di potere che orienta il credito in un senso o nell’altro. È su questo che bisogna aprire un ragionamento. È storia che gran parte delle banche che si sono formate sul territorio erano governate da entità locali, magari potentati, ma la forma in sé già c’era, erano attività collaterali allo sviluppo del territorio. Bisognerebbe aggiornare questo modello, sostituendo al potentato dell’800 la cittadinanza. La banca vive dei depositi dei clienti, quindi l’interesse dei risparmiatori dovrebbe 6 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE essere preponderante, accanto a quello dei lavoratori della banca e al peso della comunità locale nel suo complesso. Va ridefinito il concetto di come si fa banca e chi ne sia proprietario. A livello politico, come vi rapportate nei confronti dei progetti di democrazia diretta? Siamo sicuramente d’accordo con i progetti di democrazia diretta, ma bisogna intendersi sul concetto di quest’ultima. Il dibattito in merito è ancora vago e a volte si ripetono le stesse dinamiche della democrazia rappresentativa. Quello che si potrà fare in questo ambito lo vedremo strada facendo. Direi che questa è una fase in cui non bisogna stare né con le istituzioni né contro, ma attraversarle. I conflitti vanno costruiti a partire da una relazione istituzionale, ad esempio con i piccoli comuni, che stanno morendo. I sindaci sono diventati dei vigili urbani del Patto di stabilità. Altre idee per una migliore economia scaturite dal vostro Forum? Stiamo cercando di stabilire buone relazioni con le Mag, che sono mutue autogestite, gruppi di persone che mettono assieme parte dei loro risparmi per piccoli progetti simili al microcredito, ma più imperniati sull’eticità. L’altro punto riguarda le banche: le proposte dei legislatori dei vari Paesi partono dal presupposto che non si deve negare la banca universale, che è quella che gestisce i depositi dei propri clienti ma fa anche operazioni strumentali e così via. Il vero tema su cui confrontarsi è come separare il risparmio dalla speculazione. Per fare questo ragionamento occorre capire come è possibile risocializzare alcuni istituti. È necessaria una banca pubblica che sia permeata dalle necessità locali che emergono dal basso, che faccia quello che non fa più nessuno in nessuna parte del mondo, cioè prestiti a tasso agevolato per le cose di pubblica utilità o per aiutare le persone che sono state più colpite dalla crisi. Non penso che stiamo parlando di assaltare il Palazzo d’Inverno. Eppure potremmo essere accusati di radicalismo, perché in questo momento chiunque non segua i diktat che vengono espressi dall’alto è un radicale, uno che vive fuori dal mondo, uno che vuole vivere al di fuori delle proprie possibilità. Noi rigettiamo tutte queste accuse, che non hanno niente di concreto ma che spesso vengono rilanciate dai media. www.perunanuovafinanzapubblica.it LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE PASCUTTI SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 7 LINGUAGGI GRAFICI: LA FORGIA PASQUALE 8 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE BARRICATE E PALAZZI SIGNORAGGIO Intervista ad Antonio Miclavez UN CONTINENTE DI EUROSCHIAVI Antonio Miclavez, tra i primi in Italia a denunciare il fenomeno del signoraggio bancario, ci spiega il problema e le possibili soluzioni Domenico Alessandro Mascialino Il signoraggio è uno di quegli argomenti tabù sui giornali e nei luoghi della politica. Tant’è che chi ne parla viene di solito tacciato come “complottista”. Antonio Miclavez, autore nel 2005 del libro “Euroschiavi” assieme all’avvocato Marco Della Luna, è stato uno dei primi nel nostro Paese ad occuparsi del tema della creazione della moneta e dei profitti che ne derivano per gli istituti di credito, a fronte di un crescente indebitamento per i cittadini. E a notare come l’Euro e l’Unione Europea abbiano rapidamente peggiorato la situazione. Dott. Miclavez, ci spiega in che cosa consistono i fenomeni del signoraggio primario e di quello cosiddetto secondario? Partiamo dal fatto che uno Stato sovrano dovrebbe creare il proprio denaro. E di solito crea il denaro coniando monete, stampando banconote o aprendo La Comunità Europea è stata creata per toglierci le identità nazionali e farci a pezzi con le liberalizzazioni conti bancari. Il signoraggio è la differenza tra il valore scritto sopra la moneta e quanto costa produrla, quindi l’utile che se ne ricava. Il signoraggio primario è il vantaggio che ottiene in questo modo una banca centrale. Questa dovrebbe essere una banca nazionale, cioè del popolo; invece le banche centrali, come la Banca d’Italia, non lo sono più. E se la banca centrale non è del popolo, ma privata, esige dallo Stato, in cambio della moneta emessa, dei titoli di Stato che equivalgono a dei pagherò di quella somma più un interesse. È uno specchietto per le allodole per nascondere il fatto che le banche centrali prestano soldi creati dal nulla agli Stati, facendo profitto su di loro. Quindi il denaro liquido, circolante, derivante dal signoraggio primario equivale a 2mila miliardi, che vanno a formare il debito pubblico. Altri 5mila miliardi derivano dal signoraggio secondario, cioè dal fatto che le banche Euroschiavi In una nuova edizione ampliata e aggiornata, il libro sul potere monetario e sui mali della moneta, le cui tesi, talora bollate come eresia quando apparvero, sembrano drammaticamente confermate dai più recenti sviluppi della crisi. L’incombente disastro socio-economico nasce dalla natura della moneta che usiamo tutti i giorni: la moneta-debito che crea più debito di quanto ne possa estinguere. Il continuo crescere dell’indebitamento fa sì che cresca incessantemente la quota di reddito, privato e pubblico, che viene assorbita dalle banche per interessi passivi. Ciò ha eroso i margini di rendimento fino a costringere le imprese a cessare o fallire. Questa è la causa dell’attuale recessione. Ma anche della nascita di un movimento che ha preso il via nel 2010 con la rivoluzione islandese contro i banchieri che, con le loro speculazioni appoggiate dai politici, avevano portato l’isola dalla prosperità alla crisi finanziaria. Quella rivoluzione, pur non avendo recuperato la sovranità monetaria, ha avuto un clamoroso successo economico. Nel corso del 2011 si sono attivati movimenti di massa in Grecia, Spagna (Indignados), USA (Occupy Wall Street), Italia, Giappone. Titolo: EUROSCHIAVI DEL SIGNORAGGIO – Banca d’Italia, tasse e debito pubblico Autori: Marco Della Luna e Antonio Miclavez Editore: Arianna Editrice SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 9 BARRICATE E PALAZZI moltiplicano il denaro esisten- nazionali e farci a pezzi con le te. Queste infatti arrivano a liberalizzazioni, a favore dei soprestare fino a 50 volte tanto liti che detengono le chiavi del quello di cui sono realmente potere. L’Euro ne è stato l’atto in possesso, essendo tenute per finale, speriamo che salti prelegge a mantenere una riserva sto. di appena il 2% del denaro che Lei in passato ha denunciato fanno circolare. Ci sono anche una forte difficoltà nel trattaaltri trucchi ma, in ogni caso, il re questi temi con la stampa vero riciclaggio avviene quan- “mainstream”. Ora la situado si crea denaro, perché que- zione sta cambiando? sto viene immesAlcuni giornalisti so già sporco di Il denaro circolante di testate famoun crimine, il se, quando gliene peggiore dei cri- che deriva dal signo- ho parlato, hanmini. Si tratta di raggio primario equi- no trovato scuse un’appropriazio- vale a 2mila miliardi improbabili per ne indebita della evitare il tema. Ci sovranità monetaria, che va a sono alcuni giornali meno conovantaggio solo delle banche. sciuti che trattano l’argomento, Perché la situazione con l’Eu- ultimamente poi ne hanno parro è peggiorata, rispetto alla lato anche le Iene e un deputato Lira? del Movimento 5 stelle. Quando La Banca d’Italia era privata già uscì “Euroschiavi” fummo tra i con la Lira, quindi la Lira subiva primi a parlarne, ora mi fa piagià il furto della sovranità mo- cere vedere che l’argomento si netaria. L’Euro per prima cosa sta diffondendo. ci ha inflazionato del 50%. Se- Spesso finora quando si parcondo, l’Euro viene creato dalla lava di signoraggio il tema Banca Centrale Europea, che è veniva relegato nell’ambito un collage di banche sedicen- delle bufale o giù di lì… ti nazionali, in realtà private. Quando ne parlai con Beppe Banchieri e assicuratori hanno Grillo e con Milena Gabanelli creato questo grande gruppo, mi dissero: “Queste cose sono una vera associazione a delin- enormi, la gente poi non ci quere. Hanno creato una valuta crede”. La Gabanelli aggiunse: che si scambia a tassi di cambio “Noi ci occupiamo di cose più fissi, che ha consegnato i vari piccole”. Stati alla mercé delle agenzie Il debito pubblico è una truffa di rating e dei loro giudizi, con che fanno le banche e che pale conseguenze che abbiamo ghiamo con le tasse, ma anche visto, ad esempio, in Grecia. È persone di cultura sembrano una valuta di cui si avvantaggia non voler approfondire la cosa. solo la Germania, che guadagna Quali soluzioni adduce per su di noi, col signoraggio pri- risolvere il problema e creamario, il 5% all’anno. re un’economia veramente al In che modo l’Unione Euro- servizio dei cittadini? pea si sta rivelando un maci- Se si va sul sito www.monetagno sulla vita politica ed eco- complementarecomunale.com nomica italiana? si può trovare la mia visione La Comunità Europea è nata della moneta complementare. per distruggerci. Le sue politi- Ce ne sono tante, e le ho stuche non sono andate a vantag- diate a lungo. Come insegnava gio dei cittadini. Qualche anno Giacinto Auriti, che è stato un fa, ad esempio, pagava milioni po’ il nostro maestro, la moneagli allevatori per ammazzare ta può essere creata anche dal i bovini, favorendo la fine dei Comune, che la può emettere e piccoli allevamenti. Inoltre co- distribuire per aiutare i cittadista tantissimo e i suoi burocra- ni. Una moneta fatta dal territoti fanno girare il denaro come rio per il territorio. Altrimenti, vogliono loro. È stata creata possiamo solo sperare che sia lo apposta per toglierci le identità Stato a tornare a crearla. 10 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE SIGNORAGGIO Il tema del signoraggio è stato inquadrato tra le varie teorie “complottiste”. Il problema è invece molto concreto, anche se è vero che il signoraggio, pur generando debito, difficilmente può esserne indicato come la causa prima. Sicuramente rappresenta l’inizio del potere sterminato delle banche private, libere di arricchirsi “vendendo” denaro stampato agli Stati, creando debito e prestando cifre che sono in grado di coprire con le proprie riserve solo per il 2%. LA REDAZIONE DI BARRICATE PRECISA In questa intervista riportiamo un’opinione che riteniamo meritevole di attenzione e riflessione, nonostante nessuno dei due autori del libro sia un economista di professione e soprattutto senza sposare le scelte politiche, culturali e comportamentali degli autori. In particolare ci sentiamo distanti dalla scelta di Miclavez di candidarsi a sindaco di Udine in una lista sostenuta da Forza Nuova. LINK Per chi desidera approfondire, può consultare il blog di Andrea Bizzocchi che riporta una lunga e approfondita intervista a Marco Della Luna: www.andreabizzocchi.it/2011/schiavi-delle-banche-intervista-avv-marco-della-luna GLI AUTORI Antonio Miclavez nasce a Vienna nel 1956. Dentista, imprenditore e appassionato in tecniche di consapevolezza mentale, nel 2000 inizia a interessarsi di macroeconomia e in particolare di creazione del denaro. La sua ricerca culmina con la pubblicazione, insieme all’avvocato Marco Della Luna, del volume “Euroschiavi”, best-seller che ha venduto 26 mila copie ed è arrivato ormai alla quinta edizione. Nel 2013 è stato candidato sindaco alle elezioni comunali di Udine dell’aprile 2013 in una lista sostenuta da Federcontribuenti FVG, MG antiequitalia, FF antiusura, anticasta FI, Forza Nuova. Marco Della Luna nasce nel 1958 a Mantova, dove vive e svolge la libera professione di avvocato.. Nel corso degli anni e degli studi approfondisce le tecniche di manipolazione mentale collettiva e individuale anche religiose (è coautore di “Neuroschiavi”, il primo trattato generale sulla manipolazione mentale e neurale). In seguito si interessa del potere monetario e degli strumenti monetari di dominazione e sfruttamento della società (signoraggio e altri), pubblicando con il dr. A. Miclavez, il saggio “Euroschiavi” e con il prof. Nino Galloni “La Moneta Copernicana”. È inoltre autore di altri saggi sulla dominazione del corpo sociale da parte delle élites finanziarie, come “Basta Italia”, “Polli da spennare”, e il recente “Oligarchia per popoli superflui”. LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE CECCON SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 11 COSTITUZIONE ITALIANA CHI PUÒ SALVI LA COSTITUZIONE Corrosa dall’interno della classe dirigente, presa di mira dagli economisti, snobbata da qualche esperto di diritto, in parte sconosciuta dai cittadini. Chi sono oggi i paladini della Magna Carta italiana? Maria Chiara Ballerini Giovane, sana e robusta. È la nostra Costituzione. Una delle migliori al mondo, un capolavoro giuridico e democratico. Eppure spesso malamente applicata, sempre più criticata e attaccata da più fronti. Menti del pensiero liberale la ritengono lunga, viziata, castrante. Per chi, c’è da chiedersi… Accanirsi sui limiti della Costituzione è come intravedere una lucciola e far finta che il faro abbagliante che ci sta davanti non esista. La vita politica ha subito nel ventennio berlusconiano un’accelerazione inaudita in termini di degrado morale e culturale, ma anche oggi, nonostante la recente ripulitura della facciata del Palazzo, il tentativo di affossamento della Costituzione progredisce semi-indisturbata ed espone i cittadini a rischi enormi nell’ambito dei diritti e della libertà di azione. Nel periodo attuale, in cui il nostro paese è governato da una classe politica non legittimata dal voto ma designata dai partiti (v. legge Porcellum), e proprio quando l’indice di gradimento e la credibilità verso la classe politica da parte dei cittadini sono al minimo, il governo intende mettere mano alla Costituzione. E a cosa punta come primo obiettivo? Ad alterare per decreto -con una proposta di modifica, un sorta di “deroga”- un articolo che appare modesto ma è in Forze reazionarie, realtà centrale, il 138, il quale stabi- gruppi privati e mullisce (guarda caso) tinazionali sembrano regole, procedure voler ridurre all’osso e tempi per cam- la già malconcia sobiare la Costituzio- vranità popolare, che ne. Con l’articolo 138, li intoppa nella loro i padri e le madri libertà di manovra costituenti -gente colta, lungimirante, illuminata da spirito antifascista- si erano preoccupati di tutelare la Costituzione da facili e leggere manipolazioni, elaborando una prassi 12 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE VOCI SOLIDALI 1- Alberto Lucarelli, intervista tratta da Il Fatto Quotidiano del 13 agosto 2013. 2- Da www.wallstreetitalia.com/article/1592227/euro/ jp-morgan-all-eurozona-sbarazzatevidelle-costituzioniantifasciste.aspx l’attacco alla Costituzione avviene in concomitanza con spinte provenienti dall’estero (leggi: USA) per cambiare le Costituzioni europee le quali, nate in seguito alle dittature fasciste, contengono elementi eccessivamente democratici che mettono i bastoni tra le ruote delle banche e dei potentati economico-finanziari. Basta leggere uno stralcio del documento che la JP Morgan ha elaborato come consiglio per l’Europa a superare la crisi del debito: “I sistemi politici e costituzionali del L’appello pubblicato sud (Stati del sud dal Fatto Quotidiadell’Europa, ndr) no contro la riforma presentano tipica- presidenziale e in mente le seguenti difesa del 138, ha c a ra t t e r i s t i c h e : esecutivi deboli nei superato le 440mila confronti dei par- firme lamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche.”2 Insomma, alterando il carattere fondante della sufficientemente rigida affinché ogni modifica nostra Costituzione, forze reazionarie, gruppi avvenisse nella garanzia di massima riflessione e privati e multinazionali sembrano mirare all’ocontrollo sui legislatori, e facendo in modo che i biettivo congiunto di ridurre all’osso la già malcambiamenti non potessero essere attuati “per concia sovranità popolare, che li intoppa nella decreto”, ma solo attraverso un processo condi- loro libertà di manovra. Ma non c’è attacco senza difesa. Sono numerose viso. Alberto Lucarelli, professore ordinario di Diritto in Italia le Associazioni che promuovono la lotta costituzionale, afferma infatti : “La nostra Co- per la tutela della Costituzione, come Libertà e stituzione si dice ‘rigida’ e la sua rigidità è data Giustizia, il Treno delle donne per la Costituzioproprio dal 138, cioè dal procedimento di revi- ne, Salviamo la Costituzione, Associazione Art. sione particolarmente articolato. Ora, certo che 53, Comitati Dossetti per la Costituzione… Tutti si può cambiare la Costituzione, ma non si può uniti nell’impegno affinché vivano in buona salucambiare la rigidità: non si può rendere più faci- te la Costituzione italiana e il principio di sovranile il processo di revisione della Carta. È il nodo tà popolare. fondamentale. Per questo dietro al ddl si cela un Recentemente, diversi esponenti del mondo politico, giuridico, civico e sociale, progetto politico (… ) I sostenitori come Gustavo Zagrebelsky, Alesdi questo disegno di legge ci dico- Con l’articolo 138, sandro Pace, Salvatore Borsellino, no che è una deroga al 138. Ma così i padri e le madri Salvatore Settis, don Luigi Ciotti e non è. Non possiamo considerarlo costituenti si erano tantissimi altri, hanno firmato un una deroga per un semplice motipreoccupati di tutela- appello contro il decreto di legge di vo: l’approvazione delle leggi costituzionali che poi ci saranno per via re la Costituzione da riforma costituzionale, pubblicato di questo procedimento derogato- facili e leggere mani- dal Fatto come petizione che ha superato le 440mila firme: “Non si rio producono effetti permanenti polazioni tratta di un intervento di ‘manutensul sistema costituzionale. Non è zione’ ma di una riscrittura radicale una deroga: va detto e ribadito. Anche se si ammettesse che il nostro ordinamen- della nostra Carta fondamentale non consentita to possa prevedere leggi costituzionali di deroga, dalla Costituzione, aperta all’arbitrio delle conquesto ddl non potrebbe essere qualificato come tingenti maggioranze parlamentari. Chiediamo norma in deroga in quanto determina mutamenti che nell’esprimere il vostro voto in seconda lettura del provvedimento di modifica dell’articolo definitivi.”1 Non appare stramba un’ulteriore coincidenza: 138, consideriate che la maggioranza parlamenSETTEMBRE 2013 - BARRICATE 13 VOCI SOLIDALI tare dei due terzi dei componenti le Camere per evitare il referendum confermativo, in ragione di una legge elettorale che distorce gravemente e incostituzionalmente la rappresentanza popolare, non coincide con la realtà politica del corpo elettorale del nostro Paese. Rispettare questa realtà, vuol dire esprimere in Parlamento un voto che consenta l’indizione di un referendum confermativo sulla revisione dell’articolo 138. Vi chiediamo infine di escludere dalle materie di competenza del Comitato per le riforme costituzionali la riforma del sistema elettorale che proprio per il suo significato politico rilevantissimo ha un effetto distorsivo nell’ottica della revisione costituzionale. È in gioco il futuro della nostra democrazia. Assumetevi la responsabilità di garantirlo.”3 È in gioco il futuro della nostra democrazia. Senza un baluardo che protegga il principio di uguaglianza e di responsabilità dei cittadini, saremo in balia dell’autoritarismo e della personalizzazione del potere, qualunque sia il personaggio di turno che lo rappresenta fisicamente. Chi può, salvi la Costituzione. ALCUNI LINK www.libertaegiustizia.it, sito di Libertà e Giustizia, associazione nata per essere “l’anello mancante fra i migliori fermenti della società e lo spazio ufficiale della politica”, nel 2004 ha cominciato la sua lunga battaglia in difesa della Costituzione http://trenodelledonneperlacostituzione.blogspot.it, blog dell’ associazione Treno Delle donne in difesa della Costituzione, promosso dalla Rete delle Donne Siciliane Per la Rivoluzione Gentile www.comitatidossetti.it, Comitati Dossetti per la Costituzione, http://salviamolacostituzione.wordpress.com, sito dell’associazione Salviamo la Costituzione: aggiornarla, non demolirla www.c3dem.it, Sito di Costituzione Concilio Cittadinanza. Per una rete tra Cattolici e Democratici Si segnalano inoltre i Comitati locali a difesa della Costituzione, presenti in diverse città italiane. illustrazione Bicio Fabbri 3- www. ilfattoquotidiano. it/2013/07/26/ costituzionestravolta-firmecontro-presidenzialismo/667514/ Articolo 138 Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. 14 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 15 LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE CAVIGLIA 16 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE VOCI SOLIDALI EUROPA E COSTITUZIONE Intervista all’onorevole Silvia Costa SILVIA COSTA, IL VOLTO LUMINOSO DELL’EUROPA Può l’Ue diventare un baluardo di rispetto e promozione dei diritti civili? L’europarlamentare apre prospettive incoraggianti imperniate sul concetto di cittadinanza universale Maria Chiara Ballerini 1- Cfr. ultimo rapporto BES ISTATCNEL. Onorevole Silvia Costa, sembra che alcuni principi della Costituzione italiana non riescano ad essere applicati adeguatamente. Come ritiene si possano tutelare nella legislazione comunitaria i diritti civili previsti nel nostro articolo 3? La società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte. In Italia il dato reale è allarmante tanto quanto la sua percezione. Il tasso di occupazione per i lavoratori tra i 20 e i 64 anni è del 61.2%1, una situazione che determina sfiducia per le istituzioni e nel futuro, tra i giovani in particolare. Bisogna aver chiaro che, in tempi globalizzati e difficili come questo, nessun Paese può ottenere da solo le risposte e gli strumenti adeguati ad assumere nuove categorie politiche interpretative delle domande e delle attese della contemporaneità. Il tema della dignità della persona umana si lega oggi indissolubilmente a quello della cittadinanza europea, alle sfide lanciate dalle cosiddette “nuove cittadinanze” (economica, sociale, politica, amministrativa, digitale), al rapporto tra territorio, cittadinanza e vincoli sociali, alla parità tra uomini e donne, al tema della cittadinanza culturale europea e alla cittadinanza attiva nella logica di sussidiarietà, ai diritti politici di cittadinanza, ai concetti di nazionalità e minoranze, all’immigrazione e ai nuovi confini dell’ Ue. Una cittadinanza in cui la cultura dei diritti incontra quella delle responsabilità, rendendo possibile la generazione di una nuova cultura di solidarietà di cui si sente sempre più la necessità e l’urgenza. Considerando i diritti umani come dato fondativo della cittadinanza, ci si rende conto che ogni persona è titolare, in quanto persona, di una cittadinanza universale “primaria”, a cui solo in seconda istanza si affianca quella statuale. L’agenda delle questioni all’ordine del giorno dell’Europa e degli Stati Membri è ormai davanti a noi: la denatalità e l´invecchiamento, la questione giovanile che oggi porta sulle spalle la crisi, un nuovo welfare, la centralità della cultura, educazione e innovazione per una occupazione di qualità, le politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro per donne e uomini, il ruolo dell’economia sociale, le politiche di integrazione degli immigrati e non solo di respingimento, la lotta alla criminalità e alla corruzione, la tutela dei minori, la promozione dei diritti umani nel mondo. In che modo si cerca di garantire ai cittadini dell’Unione identiche opportunità? Crescita intelligente, inclusiva e sostenibile sono gli obiettivi alla base della strategia Europa 2020. Il Parlamento europeo lavora su più fronti per raggiungere questi obiettivi che si stanno traducendo in nuove politiche e forti spostamenti di bilancio di qui al 2020: più fondi per l’educazione, l’istruzione e la mobilità dei giovani. Un innalzamento consistente dei fondi per la cultura, anche attraverso il programma Europa Creativa 2014-2020 per la cultura e la creatività, di cui sono relatrice, e con la nostra proposta per il rilancio degli itinerari culturali e religiosi europei. La risoluzione 2010 sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa ha sostenuto l’introduzione di sistemi di questo tipo in tutti gli Stati membri dell’Unione come il modo più efficace per combattere la povertà, garantire un adeguato SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 17 VOCI SOLIDALI protezione a livello europeo per le vittime di violenza di genere? Si parte dalla constatazione che la violenza contro le donne persiste in tutti i paesi del mondo come la violazione più diffusa dei diritti umani. La nuova norma di diritto civile completa l’Ordine di protezione europeo, che già assicura una protezione analoga nell’ambito del diritto penale. Il regolamento, che si applicherà direttamente in tutti gli Stati membri, garantirà che la protezione accordata in uno Stato membro sia mantenuta quando la vittima viaggia o si trasferisce in un altro Stato membro. Semplificherà inoltre la procedura di richiesta di protezione, eliminando tutte le attuali formalità intermedie. Contemporaneamente, è urgente impegnarsi per contrastare le sussistenti violazioni della dignità della donna nel nostro Paese, che sempre più spesso interessano anche le adolescenti, sulla strada intrapresa attraverso il movimento SeNonOraQuando, con la grande manifestazione di due anni e mezzo fa. Lei ha parlato di cittadinanza europea. Tra gli italiani, tuttavia, si sta diffondendo un certo “euroscettiscismo”. Come ritrovare fiducia? È evidente che c’è bisogno di essere vicini ai cittadini europei mettendo in atto azioni che abbiano un impatto concreto e sensibile sul contesto in cui vivono, sul loro territorio e sulla loro condizione professionale e familiare. Europa 2020, pur dovendosi piegare alle condizioni di rigore e austerity dettate dalla crisi economica globale, ha inteso queste come priorità: a parPh: Archivio Acanto standard di vita e favorire l’integrazione sociale. La misura per l’inclusione sociale prevista dal Fondo sociale Europeo 20142020 e il nuovo strumento di micro-finanza per le piccole imprese e le attività autonome rivolto in particolare alle persone che incontrano difficoltà di accesso al credito tradizionale (disoccupati o lavoratori a rischio, imprese dell’economia sociale). Ancora, è al varo un nuovo programma europeo per l’istituzione di un fondo per aiuti alimentari e misure integrative per le persone indigenti, per il quale, in qualità di relatore ombra, ho presentato emendamenti sia in Commissione FEMM sia in Commissione EMPL. Poi, gli investimenti in innovazione tecnologica, ma anche sociale e di servizi. Una politica di coesione più efficace e mirata al recupero di ritardi nello sviluppo di regioni europee. Una più avanzata tutela della lavoratrice madre, la riduzione della precarietà nel lavoro dei giovani, sostenendo l’innalzamento della istruzione e delle competenze, l’apprendistato e la centralità del contratto a tempo indeterminato, che deve essere più vantaggioso economicamente per il datore di lavoro. Il senso di queste proposte è nella difesa del modello sociale europeo, che non può essere sacrificato sull’altare della crisi economica, non comprendendo che se si rompe la coesione sociale non ci sarà né sviluppo né crescita né futuro. Lei fa parte della Commissione Diritti della Donna e Uguaglianza di Genere. Quali pensa saranno gli effetti concreti dell’approvazione della 18 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE tire da esse, ogni Stato Membro dovrà fare la sua parte e cogliere appieno le opportunità che vengono dall’Ue. Un’azione sinergica, efficiente ed efficace può dare risultati che restituiscono forza all’azione comunitaria e alle istituzioni europee, anche agli occhi dei suoi cittadini. Silvia Costa è nata a Firenze nel 1949. Dopo la laurea in Lettere moderne è diventata giornalista professionista ed ha collaborato a riviste, quotidiani e programmi televisivi della Rai. Deputata alla Camera per tre Legislature (1983-1994), è stata membro effettivo della Commissione Interni e quindi della Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione. Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Università, Ricerca Scientifica e Tecnologica (1993/94), nel Governo Ciampi, è stata Presidente della Commissione Pari opportunità tra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri fino al settembre 2000. Nel 2003 è stata insignita del titolo di Grande Ufficiale della Repubblica dal Presidente Ciampi. Dal 2005 al luglio 2009 è stata assessore all’Istruzione, al Diritto allo Studio e alla Formazione della Regione Lazio. Nel giugno 2009 è stata eletta al Parlamento Europeo. È stata eletta vicepresidente della Delegazione per le relazioni con l’Iraq del Parlamento europeo ed è componente delle Commissione Cultura e Istruzione e componente supplente della Commissione Diritti della Donna e Uguaglianza di Genere e della Commissione per le Libertà Civili, la Giustizia e gli Affari Interni. www.silviacosta.it LINGUAGGI GRAFICI: ANDREA BERSANI Andrea Bersani grafico, illustratore e fumettista, vive e lavora a Bologna. www.andreabersani.it RIDO AMARO Cicogna Editore Genere: satira politica Pagine: 178 Prezzo: Euro 12,90 Acquistabile on-line www.cicognaeditore.it Avere l’occasione di scrivere alcune righe su Andrea Bersani, un caro amico, è un piacere. Il suo stile si avvale di una grafica graffiante e moderna. Molto originale. Le sue vignette e le sue strips sono immediate e fulminanti, piene di critica ironia dalla quale traspare una notevole conoscenza della vita politica e sociale italiana e non. I suoi personaggi, animali, umani o pupazzi surreali son pazzeschi, inimitabili! Le sue battute sembrano attingere da un pozzo senza fondo, così come sono, una via l’altra. Una grande creatività. Quando leggo le vignette di Andrea e una battuta veramente forte mi colpisce, mi dico: accidenti! questa è bellissima, è la meglio di tutte. Poi volto pagina e zac. Eccone una ancora meglio, e un’altra e un’altra ancora! Ci si perde in un orgia di risate. Andrea è persona di carattere, come poche ce ne sono. Ha spirito di sacrificio e pazienza, molta pazienza. Sei grande Andrea! GIOVANNI (GIO) ROMANINI (fumettista). SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 19 LAVORO E COSTITUZIONE ITALIA, REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO L’analisi di Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom-Cgil Giancarlo Iacchini Lavoro e Costituzione: un binomio che si va cementando nelle coscienze dei cittadini più consapevoli, di fronte allo scempio di diritti e legalità che le “leggi” impersonali dell’economia (e quelle ad personam della politica) stanno portando avanti in modo sempre più massiccio e pervasivo. Un binomio che potrebbe persino diventare il nome di un nuovo movimento politico unitario, dopo la grande manifestazione di protesta convocata a Roma per il 5 ottobre da Stefano Rodotà e Maurizio Landini: altro binomio, questo, che sintetizza con plastica evidenza la necessità di unire appunto diritti civili e diritti sociali. “Nel momento in cui l’economia detta indisturbata le sue regole e rischia di travolgere come un bulldozer la vita delle persone – scandisce con forza Rodotà – occorre ripristinare la centralità del lavoro, inteso non solo nella sua materialità, pur fondamentale, ma anche come terreno privilegiato in cui si combatte la quotidiana battaglia per la legalità. Corte costituzionale, Cassazione e giudici ordinari non fanno altro che ribadire, con le loro sentenze, il nesso strettissimo tra lavoro, diritti e legalità democratica”. In piena sintonia il segretario nazionale della FiomCgil, Maurizio Landini, che parte dall’articolo 1 della Costituzione: “Di fatto è stato ormai stravolto. Questa Repubblica non è più fondata sul lavoro, ma sulla disoccupazione da un lato e, dall’altro, sulla precarizzazione e sullo sfruttamento del lavoro che c’è”1. La contraddizione tra la costituzione formale e quella materiale non potrebbe essere più netta: “Innanzitutto il lavoro manca. I livelli di disoccupazione si fanno sempre più preoccupanti in Italia e in tutta Europa. E quando il lavoro c’è, è precario e pagato poco. L’articolo 1 della Costituzione resta ovviamente di fondamentale importanza, ma come un ideale a cui tendere; un ideale da difendere, da ricostruire, da realizzare. Ma faccio notare che il dibattito e la consapevolezza, a questo riguardo, sono del tutto insufficienti. Come creare nuovi posti di lavoro? Ma soprattutto: come far sì che la piena occupazione torni ad essere l’obiettivo dei governi?”. E qui entra in ballo la politica, o meglio l’assenza di politica nel nostro Paese: “Quando ormai quasi la metà dell’elettorato non va più a votare, la democrazia perde consistenza, sia per i cittadini in generale che per i lavoratori nei luoghi di lavoro. Il caso FIAT 20 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE è emblematico, come tentativo di affermare un nuovo sistema di gestione delle imprese, alternativo sia alla Costituzione sia alla stessa civiltà europea, che mette in discussione il diritto dei lavoratori a coalizzarsi per contrattare collettivamente tutti gli aspetti del lavoro e scegliersi L’articolo 1 della la rappresentanza sindacale che vogliono. Ora vorrebbe essere l’impresa Costituzione resta di a scegliersi il sindacato che preferisce, fondamentale mettendo in un angolo o espellendo importanza dalle fabbriche le organizzazioni non gradite, quelle che si oppongono a questo sistema aziendale e corporativo che mette al centro non il lavoro, ma gli interessi della proprietà”. L’Italia potrebbe essere definita oggi il paese più precario d’Europa, prevedendo qualcosa come 46 forme di lavoro a tempo determinato con la presunzione, ormai miseramente fallita, di combattere in questo modo la disoccupazione: “Nessuno può più negare questa evidenza – incalza Landini – L’idea 1- Gli interventi che per creare più posti di lavoro si debba accresce- di Landini sono tratti dal semire la precarietà è stata dimostrata falsa dall’espe- nario “Lavoro rienza. Al contrario, abbiamo visto che precarietà e Costituzione” a Roma il e disoccupazione aumentano simultaneamente. tenutosi 25 maggio 2012: Su questo c’è anche una responsabilità del sinda- www.youtube.com cato: Cgil, Cisl e Uil non sono mai state d’accordo, /watch?v= BEtwMmv61js lasciando così che andasse avanti la frantumazione VOCI SOLIDALI stribuzione a rovescio della ricchezza, a discapito del lavoro, è stata di ben 20 punti! I salari reali sono pesantemente diminuiti e la frantumazione delle forme di lavoro smantella il principio che a parità di lavoro debba esserci una uguale retribuzione. Ma più in generale va affrontata una questione determinante: chi decide, e dove si decidono, investimenti, prodotti e piani industriali? Con quali impatti ambientali? Per rispondere a quali bisogni reali della popolazione? L’enorme concentrazione del potere privato, rappresentato per lo più dalla finanza e dalle multinazionali, rende molto difficile affrontare problemi – ad esempio quello dei costi ecologici dello sviluppo industriale – che richiedono luoghi partecipati (e non ristretti) di discussione e deliberazione. Serve insomma un allargamento della democrazia e della partecipazione, da cui nadel lavoro e che si smantellassero progressivamen- sca un nuovo intervento pubblico nell’economia te quei diritti riconosciuti dallo Statuto dei lavora- capace di restituire alle imprese una funzione sociatori, a partire dalla libertà delle persone anche nei le. Servirebbe un piano straordinario di interventi luoghi di lavoro. Non solo la libertà di fare sindacato, pubblici, ad esempio per la difesa del territorio, che ma anche quella elementare di esprimere le proprie avesse alla base una grande partecipazione demoidee, muovere delle critiche alla direzione azienda- cratica a livello comunale e regionale, con la sinergia le, esprimere un dissenso e un’oppodi lavoro, università, imprese ed enti sizione. Oggi per queste cose si può locali. Bisogna rimettere al centro il essere licenziati anche senza ‘giusta L’Italia potrebbe lavoro come bene comune e interescausa’, perché se anche l’azienda do- essere definita oggi se generale, costruendo una società vesse perdere il ricorso, le bastereb- il paese più precario fondata sulla giustizia e su una magbe monetizzare il danno per il lavora- d’Europa, prevedendo giore uguaglianza nei diritti e nella tore, senza più doverlo riassumere: distribuzione della ricchezza, sulla una specie di elemosina. Si tratta di 46 forme di lavoro a qualità del lavoro, su un modello di una regressione particolarmente tempo determinato sviluppo più rispettoso delle persone grave sul piano dei diritti”. con la presunzione di e dell’ambiente”. Il ricatto della disoccupazione con- combattere la La disamina di Maurizio Landini si sente al management dell’impresa chiude con una domanda-chiave; disoccupazione di impugnare la pistola dalla parte purtroppo, in buona parte, una dodel manico, poiché perdere il lavoro manda retorica: “C’è oggi nel nostro con pochissime possibilità di trovarne un altro ren- Paese una forza politica che assuma fino in fondo, de il dipendente più debole e appunto ricattabile: come suo obiettivo, l’interesse dei lavoratori e dei “Basterebbe introdurre un reddito di cittadinanza disoccupati anziché quello dell’economia, dei suoi come si fa in molti Paesi d’Europa – osserva Landini presunti obblighi e delle sue cosiddette compatibi– per disinnescare almeno in parte questa situazio- lità?”. ne, sottraendo il lavoratore alla spada di Damocle dell’assenza di reddito quando si trova a perdere il posto”. Per questo non sono separabili i diritti dei lavoratori da quelli dei cittadini in generale: “Dal mio punto di vista, parlare oggi di lavoro e Costituzione Art. 1 significa non solo tradurre in realtà l’articolo 1, ma L’Italia è una Repubblica democratica, fonapplicare anche ai luoghi di lavoro tutti i diritti di lidata sul lavoro. La sovranità appartiene al bertà ed eguaglianza sanciti dalla nostra Carta fonpopolo, che la esercita nelle forme e nei limidamentale. Questo finora non è stato fatto per reti della Costituzione. sponsabilità di molti soggetti, sindacato compreso. Pensiamo alla mancanza di una legge sulla rappreArt. 4 sentanza, che nega ai lavoratori il diritto di votare La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il per farsi rappresentare da chi vogliono ed anche per diritto al lavoro e promuove le condizioni esprimere consenso o dissenso rispetto agli accordi che rendano effettivo questo diritto. sottoscritti dalle organizzazioni sindacali”. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, seMa alzando ancora di più lo sguardo, è l’assetto condo le proprie possibilità e la propria scelcomplessivo della società che andrebbe messo in discussione. “Quindici anni fa il 30% del PIL andava ta, un’attività o una funzione che concorra al a profitti e rendite, e tutto il resto (salari, stipendi, progresso materiale o spirituale della società. pensioni) andava al lavoro; da allora ad oggi la rediSETTEMBRE 2013 - BARRICATE 21 LINGUAGGI GRAFICI: ELI BEE 22 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE VOCI SOLIDALI SOLIDARIETÀ E COSTITUZIONE IL MIRAGGIO DELL’UGUAGLIANZA E DELLA DIGNITÀ SOCIALE Ovvero quanto l’articolo 3 della Costituzione sia ben lontano dal suo compimento e come solo il volontariato e l’associazionismo facciano le veci dello Stato illustrazioni Eli Bee Eleonora Celi L’Articolo 3 della Costituzione italiana contiene alcuni dei concetti più significativi della nostra Repubblica, intimamente legati a valori e diritti proclamati sia dalla Rivoluzione Francese che dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Il principio di uguaglianza segna l’ingresso nella modernità, la rottura con un passato in cui la titolarità dei diritti e dei doveri dipendeva dall’estrazione sociale, dalla religione o dal sesso di appartenenza. Ma cosa implica un’uguaglianza formale e sostanziale? E cos’è (diventata) la dignità sociale? Tutti dovrebbero avere medesimi diritti e doveri ed essere sottoposti, in egual misura, alla legge. Allo stesso modo, tutti dovrebbero poter salvaguardare la propria onorabilità e difendere il proprio valore morale all’interno della società. Sono infiniti i concetti connessi e le dissertazioni possibili. Eppure, nessuna puntuale spiegazione sarebbe sufficiente a giustificare il perdurare di discriminazioni, divaricazioni, posizioni consolidate di svantaggio, mancanza di pari opportunità, che l’Italia fronteggia ancora e, forse, ancor di più, oggi. Il compito dello Stato dovrebbe essere quello di agire concretamente per mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza, aiutando chi ha meno e non favorendo chi ha molto. Ma le disparità di trattamento sono parte delle nostre vite quotidiane, tanto da essere universalmente considerata un’eccezione trovarsi in circostanze opposte. Si discrimina quando si trattano in maniera uguale situazioni diverse, ma non di meno quando si trattano in maniera diverse situazioni uguali. Ad ogni livello della società, c’è chi deve continuare a combattere per vedersi riconosciuti alcuni diritti fondamentali. E l’uguaglianza è ancora un concetto precario e aleatorio. Per questa ragione, nessuno si sorprende se un Ministro viene ripetutamente insultato da soggetti politici, nessuno si scandalizza se un divorziato è costretto a dormire per strada e a vivere di stenti o se una donna viene licenziata al rientro dalla maternità, nessuno si sente turbato se una coppia gay viene schernita e allontanata da luoghi pubblici. O meglio, tutti ci sentiamo apparentemente dalla stessa parte della barricata, tutti crediamo di voler condannare tali e tante ingiustizie. Tuttavia, nella vita di tutti i giorni, ognuno di noi si vede travolto dall’indifferenza, consapevole o involontaria, accettando per noi stessi, o per chi ci sta intorno, continue manifestazioni di discriminazione e disuguaglianza. Per quanto siano ancora evidenti le difficoltà a tollerare le differenze “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche”, nell’ultimo decennio sono le distinzioni di “condizioni”, derivanti dall’aspetto economico, il fulcro delle disparità sociali in continuo aumento. Sono forse meno lampanti, ma più devastanti, le problematiche relative alla crisi del sistema Europa e di un sistema Paese SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 23 che non ha saputo produrre politiche assistenzialistiche in grado di garantire “il pieno sviluppo della persona umana”. Come ricorda il Financial Times in una sua recente indagine relativa agli USA1, una società libera e di mercato è basata sull’idea che ciascuno abbia la possibilità di raggiungere il suo massimo potenziale. E noi, ci siamo persi da qualche parte lungo il cammino? L’Italia è il Paese dove è più grande la ricchezza privata, più della Francia e della Germania. Secondo uno studio di Bankitalia, la somma di case, soldi cash nei conto correnti e soldi investiti in titoli e azioni ammonterebbe a 9mila miliardi di euro, quasi cinque volte il debito pubblico italiano. D’altro canto, secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat, gli italiani si scoprono ogni anno più poveri2 e non riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per una vita dignitosa. Il divario tra ricchi e poveri sta diventando incolmabile, con un 10% dei cittadini che possiede il 50% di tutta la ricchezza privata del Paese. Dov’è finita l’uguaglianza? Lo stipendio medio, di chi è tra i fortunati in Italia a lavorare, supera di soli 200 euro la soglia di povertà. E allora può bastare una bolletta più alta, o una spesa di manutenzione, a far crollare non solo il senso di dignità, ma la possibilità di sopravvivenza di milioni di individui e di un’intera nazione. E la situazione sarebbe ancora più drammatica se non esistessero associazioni di volontariato che operano per la difesa dei diritti e che garantiscono l’attuazione, almeno parziale, della nostra meravigliosa Costituzione. Per tornare a crescere, a sviluppare la propria personalità, bisognerebbe prima imparare ad indignarsi. Indignarsi, come suggeriva il celebre Stéphane Hessel3, di fronte al mancato rispetto di principi che, quasi 70 anni fa, sono stati ritenuti fondamentali: “Spetta a noi, tutti insieme, vigilare perché la nostra società sia una società di cui andare fieri. [...] L’interesse generale deve prevalere sull’interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze prodotte dal mondo del lavoro deve prevalere sul potere del denaro. […] Il divario tra i più poveri e i più ricchi non è mai stato così significativo; e mai la corsa al denaro, la competizione, erano state a tal punto incoraggiate”. L’economista francese François Bourguignon si è concentrato sul tanto discusso rapporto tra Disuguaglianza e Crescita4, affermando che esiste un orizzonte possibile in cui la crescita favorisca anche una riduzione della distanza tra ricchi e poveri, ma è un orizzonte in cui la politica economica deve muoversi con cautela, correggendo gli eccessi, intervenendo dove ci sono margini per redistribuire senza affossare l’istinto di impresa, preservando soprattutto l’uguaglianza delle possibilità (come l’accesso all’istruzione). Ma, nonostante la presenza di strumenti e potenzialità, le prospettive future sembrano volerci attrarre verso il trapassato, i nostri Governi continuano ad aumentare gli eccessi e a rendere unico sovrano l’interesse particolare. E noi, cittadini comuni stanchi e provati, rischiamo di dirigerci verso l’arrendevolezza, verso l’accettazione di ciò che è insostenibile. Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale equivale a sentirsi parte di uno stesso, enorme gruppo di persone che lottano per la propria dignità. Per far sì che l’uguaglianza sostanziale non sia solo un obiettivo tendenziale, ma la linfa che guida ogni coscienza civile nel “libero sviluppo della sua personalità”.5 Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 24 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 1- Tim Harford, “How the wealthy keep themselves on top”, Financial Times, 15 agosto 2013. 2- Nel 2012, le persone in povertà relativa sono il 15,8% della popolazione, quelle in povertà assoluta l’8%. Fonte: “La povertà in Italia”, Istat, luglio 2013. 3- Stéphane Hessel(1917– 2013), combattente nella Resistenza Francese durante la II guerra mondiale, con il piccolo libro “Indignezvous!”(Indignatevi!) ha riscosso un incredibile successo a livello mondiale, contribuendo alla nascita del movimento giovanile degli Indignados e ispirando quello di Occupy Wall Street. 4- Bourguignon, La globalizzazione della disuguaglianza, Codice Edizioni, Torino 2013 5- Dall’Art. 22 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. VOCI SOLIDALI PACE E COSTITUZIONE ARTICOLO 11: RIPUDIAMO O NON RIPUDIAMO? Disarmo unilaterale e opposizione preventiva. La proposta del movimento nonviolento per evitare la guerra Mao Valpiana “La fede politica gioca alla guerra” - Illustrazione di Dast L’Italia ripudia la guerra (art. 11). Termine fortissimo, scelto dai costituenti per dire che non si riconosce più come proprio qualcosa che fino a quel momento era pur nostro. Ripudiare significa respingere una persona che abbia avuto con noi un legame sociale o affettivo, non volendo più accettare come giuridicamente o sentimentalmente valido tale legame. Dunque è una rottura definitiva con la guerra. Buttata fuori di casa, cacciata dalla famiglia italiana con ignominia e vergogna. Da poco era caduta la dittatura fascista con il regime nazista, e da poco erano terminati gli orrori della seconda guerra mondiale; il popolo era stanco di sangue e forte si levava il grido “mai più Auschwitz”. La Costituzione utilizza un altro termine forte e unico per definire la necessità di difesa: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52). Parola che evoca dogmi di fede. Se ti attaccano, difenderti è legittimo, ma la Costituzione non ci dice come dobbiamo difenderci. Dice solo che il cittadino deve difendere la comunità, e lascia aperta la questione dei metodi: con le armi o con la nonviolenza? Questa è una scelta politica che spetta al popolo. Per noi nonviolenti resta la contraddizione, irrisolta, di ripudiare la guerra per principio, ma di mantenere le strutture belliche che la guerra rendono possibile: l’esercito e le armi. Per uscire dall’apparente contraddizione fra chi è sempre, e comunque, contro la guerra e chi è favorevole, a volte, ad azioni di forza, bisogna saper vedere la differenza che c’è tra la guerra e un intervento armato; tra un esercito e una polizia internazionale. I nonviolenti sono sempre stati favorevoli alla Legge e alla Polizia, due istituzioni che servono a garantire i deboli dai soprusi dei violenti. È per questo che da anni sono impegnati, a partire dalle iniziative europee di Alexander Langer, sia sul fronte del Diritto e dei Tribunali Internazionali, sia per l’istituzione di Corpi Civili di Pace. Da sempre i SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 25 VOCI SOLIDALI nonviolenti chiedono la diminuzione dei bilanci militari e il sostegno finanziario alla creazione di una polizia internazionale che intervenga nei conflitti a tutela delle parti lese, per disarmare l’aggressore e ristabilire il Diritto. Contemporaneamente al sostegno di questi progetti, i nonviolenti sono contro la preparazione della guerra (qualsiasi guerra: di attacco, di difesa, umanitaria, chirurgica o preventiva), contro il commercio delle armi, contro gli eserciti nazionali, contro i bilanci militari, e lo fanno anche con le varie forme di obiezione di coscienza. La proposta politica di noi nonviolenti non è l’utopia del disarmo mondiale, bensì il realismo del disarmo unilaterale. Vogliamo uno stato che rinunci al proprio esercito militare e si impegni a fornire mezzi, soldi e personale per la polizia internazionale sotto egida delle Nazioni Unite. Dire no alla guerra quando questa è scoppiata, non serve a nulla; bisogna lavorare prima per prevenire il conflitto armato. Innanzitutto abolendo gli eserciti e dotandosi invece degli strumenti efficaci per fermare chi la guerra la vuole fare comunque. Questa strategia nonviolenta si chiama disarmo unilaterale. La storia, anche recente, ha dimostrato che gesti concreti di disarmo unilaterale ottengono risultati decisivi. Di fronte all’installazione nei paesi della Nato dei missili nucleari Cruise, la risposta di Gorbaciov fu il ritiro dei missili nucleari SS 20 dai paesi del Patto di Varsavia. Fu un gesto clamoroso, che diede l’avvio al processo di distensione e contribuì al declino (senza spargimento di sangue) di tanti regimi dittatoriali e al crollo del muro di Berlino. La facile obiezione al disarmo unilaterale è che si rimarrebbe senza difesa. Ci accusano di esporci, in questo modo, ai capricci dei tanti dittatori che potrebbero colpire indisturbati i nostri “interessi vitali” nel mondo (leggi, fonti di energia). In realtà sappiamo ben vedere la differenza fra una democrazia e un totalitarismo. E non abbiamo dubbi da quale parte schierarci. Per quanto imperfetta e calpestata, la democrazia in cui viviamo è un dono prezioso, mentre un regime dittatoriale è una tragedia storica. Ma la guerra non ha aggettivi, non è né democratica, né dittatoriale. È guerra e basta. I bombardamenti di Assad non sono diversi da quelli di Obama. Sappiamo che non si può sconfiggere il terrorismo (quello dei gas chimici) con altro terrorismo (quello dei bombardamenti aerei). Ha detto bene Papa Francesco: “guerra chiama guerra”. Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, era un “oppositore integrale alla guerra”, ma non si è mai posto l’obiettivo velleitario di fermare una guerra in corso (nemmeno quelle scellerate volute dal fascismo), ben sapendo che le radici delle guerre sono forti e profonde e possono essere debellate solo con un ampio movimento di resistenza e non collaborazione nonviolenta. Alla costruzione di un Movimento Nonviolento, Capitini ha dedicato gli ultimi anni intensi della sua vita, proprio per avere a disposizione uno strumento di “opposizione integrale alla guerra”. 26 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE L’errore madornale in cui spesso cade il movimento per la pace è chiedere ad altri (all’Onu, all’Europa, ai governi, cioè ai responsabili primi) di fermare la guerra, di ritirare le truppe. È una dichiarazione di impotenza. Il compito del movimento pacifista, invece, dovrebbe essere quello di mettere in atto campagne di reale dissociazione dalla guerra (obiezione alle spese militari, obiezione di coscienza, boicottaggi, ecc.) e nel frattempo avviare le alternative ai conflitti armati. Partiti, movimenti, sindacati, intellettuali, chiesa cattolica, cittadini comuni: di tutti è la quotidiana affermazione del proprio aborrimento della guerra e della propria determinazione a opporvisi. Ma, di fatto, in una contraddizione flagrante, viene mantenuto ed ingrassato il suo essenziale strumento portante, l’esercito, alla cui sempre maggiore efficienza distruttiva siamo proni a destinare ogni possibile risorsa (come i cacciabombarideri a capacità nucleare F35). Dal che la guerra, come sempre è stato, continua e continuerà ad essere. Se vogliamo davvero evitare la prossima guerra, dobbiamo da oggi combattere il militarismo in casa nostra, tagliare le spese militari, non pagare per le missioni belliche all’estero, fare obiezione di coscienza ad ogni manifestazione militare, contestare l’esercito. Il lavoro della nonviolenza è soprattutto preventivo. Mao Valpiana è presidente del Movimento Nonviolento Art. 11 L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. FISCO E COSTITUZIONE STATISTICO? NO, STOCASTICO Il segreto di un fisco costituzionale dietro un modello matematico. Nel confronto del 26 luglio a Pesaro organizzato da BARRICATE sulla mancata applicazione dell’articolo 53 emergono due diverse scuole di pensiero per un sistema fiscale equo e solidale. Cioè costituzionale. Mauro Ferri La nostra Costituzione repubblicana è oggetto, ultimamente, di molte attenzioni. Soprattutto di chi vorrebbe correggere alcuni meccanismi che sono così efficaci nel tenere separati i poteri dello Stato da prevenire derive totalitarie alle quali a volte molti nostri concittadini tendono a volersi abbandonare, non si sa se per reconditi interessi, per lassismo o per una forma di infantile masochismo. La Costituzione va difesa, dunque. Ma non solo. Va anche applicata. Perché, almeno sulla questione fiscale, la nostra Carta non lo è mai stata. Come sostiene l’Associazione Articolo 53, per voce del suo presidente Roberto Innocenzi Torelli e del suo responsabile economico Claudio Mazzoccoli, il sistema fiscale italiano non rispetta l’uguaglianza dei cittadini, perché applica regimi differenti in base alle categorie (dipendenti e autonomi), non è pensato per individuare la capacità di contribuzione ma il reddito imponibile e, soprattutto, non essendo in grado di contrastare con efficacia l’evasione fiscale, tende a privilegiare i sistemi forfetari (della serie, pochi, maledetti e subito) e le imposte indirette che, gravando sui consumi, penalizzano soprattutto le fasce più deboli. Concetti, questi, che trovano d’accordo anche l’economista dell’IdV Alessandro Lelli. Dove le due posizioni divergono è su cosa fare per risolvere il problema. Ricapitoliamo. Nel numero 3 di BARRICATE, in un’intervista a Torelli abbiamo illustrato la proposta dell’Associazione Articolo 53, che usa la leva della deduzione fiscale dei consumi per ottenere di fatto l’emersione del sommerso; sono esclusi i consumi di lusso e la deduzione non è mai totale ma va per fasce di capacità contributiva (non di reddito), da un 80% di deducibilità per le fasce più basse al 40% per quelle più elevate. Inoltre, è conditio sine qua non l’abolizione immediata degli studi di settore e dei regimi forfetari, come le cedolari secche e via dicendo. In tre anni, secondo gli autori di questo modello di riforma fiscale, pagheremo tutti il giusto, pagheremo di meno e lo Stato incasserà anche di più. Nel numero successivo, abbiamo sentito il parere di Alessandro Lelli e della fiscalista di Altroconsumo, Tatiana Oneta. Due voci perplesse, non sul fatto che il sistema vada riformato, ma sul principio del28 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE la deducibilità di tutte o quasi le spese. Ci sarebbe il rischio concreto che il reddito fiscale risulti alla fine insufficiente per garantire i servizi dello Stato sociale, anche perché molti consumi sono in gran parte già alla luce del sole, basti solo pensare agli acquisti fatti nei centri commerciali, dove tutto è fatturato. Per Lelli la soluzione è tassare l’uso del contante e imporre la moneta elettronica, bancomat e carte di credito. Tutto diviene tracciabile e il sommerso viene fuori. Il 26 luglio a Pesaro, i due punti di vista si sono confrontati con qualche schermaglia polemica sulla titolarità di alcuni spunti e si sono evidenziate due posizioni inconciliabili sul come fare. Per Lelli il metodo proposto non fa quadrare i conti, perché molti che adesso comunque pagano, non pagherebbero più. Torelli e Mazzoccoli, invece, sostengono che se si esamina con attenzione e senza pregiudizi il loro modello, diventa chiaro come il gettito può addirittura superare quello attuale. I temi sono: “funzionerebbe davvero il modello proposto dall’Associazione Articolo 53?” e “tassa sul contante e moneta elettronica obbligatoria possono essere una valida alternativa?” Lasciando per il momento da parte la questione della moneta elettronica (che ha altre implicazioni non Nella foto: incontro pubblico organizzato da Barricate VOCI SOLIDALI Art. 53 Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. irrilevanti e che, comunque, non è necessariamente in alternativa a quanto sostengono Torelli e Mazzoccoli), cerchiamo di capire meglio come funziona il modello che è alla base della proposta di riforma fiscale avanzata dall’Associazione Articolo 531. 1- Il modello è in costante evoluzione. La versione più recente (103.2) è disponibile sul sito dell’associazione, al link https://sites. google.com/site/articolo53/proposte/ proposta-di-riformadel-sistema-tributario-su-basecostituzionale dove è possibile reperire anche il testo completo della Proposta di Articolo 53 (Riforma Fiscale.3.0.6.5.pdf) 2- Stocastico è un termine utilizzato per definire i processi aleatori dai quali è possibile estrapolare solo delle variabili probabilistiche. Il termine stocastico viene utilizzato nell’ambito della statistica per definire una tipologia di processi. Un processo stocastico viene anche definito aleatorio e presenta delle caratteristiche tali che da questo è possibile estrarre solo delle variabili probabilistiche (http://it.finance. yahoo.com/glossario/stocastico/). “Successioni di variabili causali con cui si intende rappresentare un sistema che si evolve secondo leggi probabilistiche” (dizionario Garzanti) Claudio Mazzoccoli, cosa accadrebbe se rendessimo deducibili le spese secondo i vostri parametri ed eliminassimo gli studi di settore? Sarebbe l’unico sistema in grado di effettuare controlli fiscali 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale, è il cittadino che richiede scontrini e fatture e mette in denunzia copia della documentazione, se non ha pagato con strumenti elettronici. Lo Stato non deve fare altro che fare i controlli incrociati e tirare le somme. Però bisogna motivare i cittadini ad avere questo comportamento. Non certo dicendo: su, fate i bravi, una volta tanto... Sappiamo tutti che la tendenza è quella di non chiedere giustificativi fiscali, se non nei casi in cui è possibile una sostanziosa deduzione. Si tratta di un malcostume che occorre combattere su molti fronti. Purtroppo, nel sistema tributario attuale il meccanismo premia chi non si comporta bene. Perché? Perché nessuno ha interesse a richiedere documenti fiscali per le prestazioni, sapendo che recupererà poco o nulla tra oltre un anno, a fronte di un immediato, visibile risparmio se può comprare in nero. E cosa accade con la vostra proposta? Accade che, aumentando la percentuale di detrazione al decrescere del reddito, le classi meno abbienti, più soggette al ricatto economico, sono spinte a sottrarsi alla tentazione di comprare a nero. Comportamento che, con il sistema attuale, sembra essere incentivato. Se confrontiamo due cittadini con lo stesso reddito, uno con comportamenti virtuosi (chiede tutte le fatture e gli scontrini e scarica quello che oggi gli riesce) e l’altro che cerca di risparmiare su tutto comprando in nero, anche se il primo ha qualche abbattimento dell’imponibile, oggi è penalizzato almeno per il 15%, considerando quanto rimane in tasca al netto degli importi di tasse e spese, cioè il suo essere virtuoso lo penalizza per un 15% rispetto a chi virtuoso non è. Se invece si realizza la riforma fiscale da voi proposta? I comportamenti poco virtuosi non pagano più. Usando l’esempio delle due persone di prima, il contribuente poco virtuoso che vuole avvantaggiarsi comprando in nero, non avendo nulla da portare in detrazione, alla fine si ritroverà con oneri fiscali maggiorati del 18%. Questo vuol dire che per lo stesso reddito si ha un aumento delle tasse. Noi non tassiamo il reddito, ma la capacità contributiva. Se non deduci nulla, vuol dire che puoi contribuire di più. Chiaro. Ma per lo Stato, alla fine, torneranno i conti? Per lo Stato il gettito aumenterebbe comunque di qualche punto percentuale, questo perché il sommerso calerebbe di oltre il 30%. Avete fatto analisi statistiche in merito? No, Il modello reale è estremamente complesso, in quanto è di tipo stocastico2. Cioè, al momento, è teorico. Al momento. Solo l’Agenzia delle Entrate, in quanto depositaria dei dati di dettaglio estremo delle denunzie dei redditi dei cittadini, è titolata a sviluppare e certificare un reale modello completo. Per sciogliere il nodo di chi ha ragione tra i contendenti del 26 luglio, non sarebbe male che qualche voce autorevole, tra tecnici e politici, porti l’argomento nelle segrete aule dell’Agenzia delle Entrate, per fare il passo in avanti che potrebbe essere risolutore, in un senso o nell’altro. Forse. Con il titolo “FISCO ... O SON FESSO? - Come provare a far pagare le tasse a tutti gli italiani e applicare (finalmente!) l’articolo 53 della Costituzione” si è svolta venerdì 26 luglio 2013 a Pesaro, nella sala del Consiglio Provinciale di via Gramsci, la tavola rotonda organizzata da BARRICATE con il patrocinio della Provincia di Pesaro e Urbino e della Confesercenti provinciale. Hanno preso parte al dibattito il presidente dell’Associazione Articolo 53 Roberto Innocenti Torelli, assistito dal suo responsabile economico Claudio Mazzoccoli, e l’ingegnere Alessandro Lelli, economista dell’IdV. Ha introdotto l’argomento Maria Chiara Ballerini, direttrice editoriale di BARRICATE, e ha condotto l’incontro il giornalista Mauro Ferri. Il presidente provinciale Matteo Ricci ha fatto gli onori del padrone di casa. Associazione Articolo 53 La Associazione ARTICOLO 53 nasce alcuni anni fa come iniziativa spontanea di personaggi della società civile a sostegno della battaglia per un FISCO EQUO, SOLIDALE e COSTITUZIONALE. Non ha pertanto alcuna dipendenza partitica e non riceve alcun finanziamento o sovvenzione. Il suo impegno parte dallo Studio della Costituzione, dalla Analisi dei verbali della Assemblea Costituente e dalla verifica puntuale della mancata attuazione del dettato Costituzionale in tutte le forme nel quale il Sistema Tributario è stato gestito dalla classe politica a partire dal 1973 in poi. L’impegno primario della Associazione è dunque quello di difendere la Costituzione attraverso la sua attuazione. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 29 ANTIFASCISMO E COSTITUZIONE MEMORIA E ANTIFASCISMO Il ruolo attivo dell’ANPI per la difesa della Costituzione Laura Tussi e Fabrizio Cracolici “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione.” Piero Calamandrei Il significato e il valore della memoria storica dell’Antifascismo, della Resistenza e della Costituzione che si tramandano tra generazioni, servono a tutelare e capire la nostra Carta Costituzionale, strumento fondamentale per garantire le regole di una convivenza sociale civile. Oggi è necessario difendere uno dei suoi punti più sensibili: “quell’articolo 138 che blinda la nostra Costituzione, impedendo che sia modificata fino al punto di stravolgerne il significato”, come annuncia il consigliere regionale dell’Umbria Orfeo Goracci. “L’articolo 138 è sacro - spiega Goracci - perché impedisce che la Costituzione possa essere facilmente e liberamente manomessa al di fuori della complessa procedura costituzionale. Prescrive due volte il voto di ciascuna camera e prevede anche la possibilità di un referendum popolare di approvazione finale”. L’articolo 138 stabilisce dunque le regole con cui si può cambiare la Costituzione e fornisce le piene garanzie al futuro del nostro Paese. Attualmente l’Articolo 138 è sotto attacco. La banca d’affari statunitense JP Morgan afferma che i sistemi politici dei paesi europei del Sud e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche inadatte a favorire l’integrazione a causa della forte influenza delle idee socialiste; e cita, tra gli aspetti problematici, la tutela garantita ai diritti dei lavoratori. Il suo consiglio ai governi nazionali d’Europa per sopravvivere alla crisi del debito suona come “liberatevi al più presto delle vostre costituzioni antifasciste”. Al contrario, tutta la società civile antifascista ritiene tali affermazioni un’offesa e un grave danno. La politica conservatrice dei mercati dell’alta finanza impone restrizioni economiche, frutto di manovre speculative e di logiche di mercato iperliberiste e capitaliste; queste politiche acconsentono e danno spazio ai raduni neofascisti e neonazisti in Europa, ai movimenti nazifascisti, agli 30 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE estremismi delle nuove destre, alle istituzioni razziste e ai partiti contro le costituzioni antifasciste. Attualmente la situazione di grave crisi strutturale ed economica deve motivare le nuove generazioni ad una forte presa di coscienza e di impegno sociale e civile. L’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia vuole essere la casa dove tutti si trovano, si confrontano, discutono su cosa è stata la Resistenza, non solo per far rivivere la memoria, ma per tradurre in pratica contemporanea i valori della Costituzione. Grazie agli scioperi del 1943 e del 1944 si è ricostruita l’Unità d’Italia su basi democratiche, con una Repubblica fondata sul lavoro e sulle pari dignità. I nostri Padri Costituenti, in seguito alla resistenza antifascista, hanno donato al mondo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Costituzione Italiana del 1948. Dobbiamo onorare la memoria dei nostri Padri e anche delle nostre Madri partigiane, perché nella resistenza antifascista la presenza militante e attiva femminile ha avuto un ruolo prioritario nella lotta per la libertà, la pace, la giustizia, la dignità sociale. L’ANPI è impegnata per difendere la qualità della democrazia e i diritti delle persone che lavorano, per tutelare tutti gli esseri umani da limitazioni e VOCI SOLIDALI discriminazioni in base alla loro appartenenza etnica, di censo e sociale, auspicando un mondo caratterizzato da contesti di pace, affinché gli orrori del passato non possano mai più ripetersi nell’attualità del presente. L’ANPI ha un ruolo attivo rispetto alla realizzazione di un nuovo modello di sviluppo economico e sociale basato sulla condivisione del nostro patrimonio umano e culturale, allontanando gli spettri della guerra e del fascismo, orientando su processi di giustizia ed equità, non basati sulla forza delle armi, ma con propositi di apertura all’altro, nell’accoglienza degli ultimi, dei migranti, degli oppressi, dei diseredati di tutto il pianeta in prospettive mondiali di pace, di cooperazione, collaborazione e di interazione tra culture, opinioni politiche e religioni differenti. Tutti i movimenti antifascisti reputano necessario ripercorrere l’analisi del passato storico per evitare di compiere ancora errori a livello di violazione della dignità delle donne e degli uomini e dei diritti imprescindibili della persona, principi sanciti dalla Carta Costituzionale, intesa non come strumento del passato ma come progetto da realizzare costantemente. XII disposizione transitoria e finale della Costituzione È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista. Legge n. 645/1952 Sanziona chiunque faccia per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. PER NON DIMENTICARE Le città di Nova Milanese e Bolzano per la Memoria Storica e la Pace Il Progetto “Per Non Dimenticare” è stato intrapreso a partire dagli anni ‘70 dall’Amministrazione Comunale e dalla Biblioteca Civica Popolare di Nova Milanese, con la raccolta di video testimonianze, interviste, biografie e documentazioni inerenti la memoria dei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti. Nel 2000, la Biblioteca Civica Popolare di Nova Milanese, nella persona del Responsabile Giuseppe Paleari, in collaborazione con l’Archivio Storico della città di Bolzano, ha realizzato con la RAI e RAI EDUCATIONAL le trasmissioni televisive Testimonianze dai Lager, condotte da importanti personalità della società civile come Gino Strada, Roberto Vecchioni, Moni Ovadia, Massimo Cacciari, Tina Anselmi, Alex Zanotelli e molti altri. Queste trasmissioni, contenute in sintesi nel sito www.testimonianzedailager.rai.it, sono state realizzate sotto la Presidenza RAI di Roberto Zaccaria, tuttora sostenitore del progetto. “Per non dimenticare” è successivamente diventato un Progetto di promozione e valorizzazione del Patrimonio documentalistico e culturale delle Città di Nova Milanese e Bolzano, in collaborazione con l’ANPI. Gli incontri culturali del Progetto sono itineranti, si svolgono nelle scuole, nelle sedi ANPI e ARCI, negli ambiti istituzionali, con la partecipazione di testimoni diretti e indiretti della Deportazione, della Resistenza e della Liberazione. Il progetto si avvale di un ingente lavoro di rete con diverse Amministrazioni Comunali e con realtà istituzionali e personalità impegnate del mondo della cultura, dello spettacolo e della politica, che si occupano di pace, dialogo interculturale e interreligioso, nonviolenza e memoria storica. Il lavoro di ricerca e di comunicazione dell’Amministrazione Comunale di Nova Milanese e della Città di Bolzano sul tema della deportazione nazifascista ha come referenti: Laura Barzaghi, Consiliere Regione Lombardia Rosaria Longoni, Sindaco di Nova Milanese -MB Carla Giacomozzi, Archivio Storico Città di Bolzano Fabrizio Cracolici, Presidente ANPI di Nova MilaneseMB Laura Tussi, Promotrice Progetto “Per Non Dimenticare” Tutto il materiale documentaristico e audiovisivo è contenuto nel sito www.lageredeportazione.org In questi video sono visibili gli incontri del Progetto www.youtube.com/lauratussi SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 31 LINGUAGGI GRAFICI: ELENA RAPA & SS-SUNDA 32 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE BERE MANGIARE RESPIRARE ALIMENTAZIONE PANNOCCHIE CON LE GAMBE (PER NON RIDURCI A DIVENTARLO) Riflessioni leggendo il saggio “Il dilemma dell’onnivoro” di Michael Pollan Mauro Ferri In alto: Michael Pollan In basso: Joel Salatin Che noi siamo quello che mangiamo, lo diciamo e ridiciamo da tempo. C’è anche chi, riduttivamente, considera il corpo umano un complicato tubo digerente. Però, scoprire che gli americani di oggi si sarebbero ridotti a essere pannocchie di mais con gli arti, lascia increduli e sconcertati. Una macabra provocazione? Forse. Ma a leggere l’interessante libro “Il dilemma dell’onnivoro” di Michael Pollan c’è da riflettere non poco su quante manipolazioni si celano dietro i nostri acquisti alimentari e su quanti falsi miti accompagnano le nostre illusioni di qualità del cibo e del vivere. Parliamo di un testo così attento nell’analisi dettagliata di tutta la filiera alimentare americana e ai temi di cosa significa produrre cibo e consumarlo, così rigoroso nelle ricerche e nelle sperimentazioni, che Carlo Petrini, cofondatore di Slow Food assieme al caro Gino Girolomoni, si è spinto a sostenere che questo libro andrebbe diffuso nelle scuole. Pollan, che insegna alla Graduate School of Journalism presso l’Università di Berkeley e collabora con il New York Times Magazine, è scrittore americano capace di sintetizzare e tradurre nella maniera più semplice e comprensibile concetti impegnativi con uno stile letterario piacevole. Per anni ha girato l’America per verificare di persona l’oggetto delle sue indagini. È andato nei campi a seminare mais transgenico, nelle fattorie naturalistiche a tagliare il fieno, ha acquistato e seguito un vitello dall’allevamento dove è nato fino a quello intensivo dove è stato ingrassato (e gonfiato); ha fatto la spesa e studiato le etichette dei grandi magazzini e dei centri bio, ha raccolto cibo selvatico nei boschi e lo ha cucinato, ha anche portato la famiglia a mangiare in macchina il cibo dei fast food. Tutto questo per documentare e capire cosa mangiamo. Cioè che cosa alla fine siamo o rischiamo di essere. Quindi, se è Pollan a dirci che il popolo americano è una pannocchia con gli arti, dobbiamo prenderlo sul serio. Ed ecco che scopriamo che il mais è presente nell’85% del cibo consumato negli Stati Uniti: sotto forma di carne allevata a mais, condita con olio e margarine di mais, addizionata con estratti dal mais e via dicendo. Tutto cominciò con Earl Butz, racconta Pollan, il ministro conservatore dell’era Nixon che ribaltò la politica agricola americana per favorire con finanziamenti statali la produzione di materia prima a basso costo per la catena alimentare industriale, in particolare mais e soia. Sono queste, e soprattutto il mais, alla radice di aberrazioni da mettere paura: le vacche da erbivore diventano mangiatrici di mais, così ingrassano prima e costano meno. Ma senza far lavorare il rumine si ammalano e vengono imbotSETTEMBRE 2013 - BARRICATE 33 BERE MANGIARE RESPIRARE tite di antibiotici. E poi c’è l’allevamento in cattività, in luoghi ristretti e spesso sporchi; le carni finiscono col contaminarsi e vengono ulteriormente trattate, persino con ammoniaca. Tutto ciò è il risultato di un processo di industrializzazione che racchiude nelle mani di pochi potenti marchi il monopolio della lavorazione e della commercializzazione, causa dell’impoverimento e dell’indebitamento dei contadini e, parallelamente, di radicali cambiamenti nelle abitudini alimentari della popolazione, ovviamente in senso negativo: mangiano sempre di più, sempre più grasso e dolcificato, sono arrivati a fare tre pasti di carne al giorno e lo fanno chiusi in macchina o incollati alla tv. Conseguenze? Un aumento impressionante dell’obesità e del diabete di tipo II, dal 2000 ne sono affetti 1 bambino bianco su 3 e 2 su 5 per i neri e i latini. Contemporaneamente, per la prima volta nella storia umana, gli ipernutriti (stimati in circa un miliardo) hanno superato i denutriti (800 milioni). Secondo Pollan, anche il biologico non se la passa bene: non appena è diventato un business, sempre grazie alla complicità dei governi, le classificazioni sono diventate più permissive e le tecniche di lavorazione sempre più industrializzate, per non parlare delle decine di additivi, sapori artificiali e agenti chimici camuffati da nomi di fantasia, utili solo alla lavorazione del prodotto. Al consumatore si vende l’illusione di qualità naturali in prodotti che, anche se migliori delle produzioni industriali standard, rimangono lontani da quello che vorrebbero far credere di essere. Ma c’è chi reagisce a queste prospettive apocalittiche. In prima fila troviamo i “neo contadini”, gente che ha cercato e ritrovato un legame con la terra non più vissuta come destino di forzate tradizioni, ma come scelta consapevole e motivata. I neo contadini si ribellano ai dettami delle leggi del mercato e dell’industria, rifiutano di pagare costosi balzelli ai vari organismi per ottenere certificati di facciata, detestano spendere soldi ed energia per spedire e distribuire i loro prodotti. Joel Salatin è un neo contadino che ha creato a Swoope, in Virginia, la sua azienda agricola, la Polyface , dove tutto si alleva secondo il metodo naturale e in ciclo virtuoso: le vacche pascolano spostandosi in vari appezzamenti; poi lasciano il posto alle galline, che razzolano sui ceppi d’erba brucati, ripuliscono gli escrementi dalle larve e a loro volta concimano il terreno creando nuova erba e mantenendo un humus che i terreni trattati con agenti chimici non vedranno mai più. La Polyface produce ottimi e variegati prodotti, ma per assaggiarli e acquistarli bisogna andare in loco. È necessario rendersi conto che il cibo “naturale” o “organico” non può essere separato dalla valutazione di altri fattori quali il consumo di energia, le condizioni di crescita di piante e di animali, le 34 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE condizioni di lavoro dei contadini e braccianti e la difesa della capacità riproduttiva del terreno. È un modo di produzione che non si presta alle settorializzazioni delle catene industriali e delle filiere commerciali. Richiede sensibilità, competenza, tanto lavoro e, soprattutto, tanta cultura, intesa sia come conoscenza, sia come sviluppo della capacità di ragionare. Sono le doti di un neo contadino, l’homo novus cui sono aggrappate alcune delle speranze per un mondo migliore. Analizzando il pasto medio di un fast food (quello più consumato dalla popolazione): - bibite, 100% di carbonio derivante da mais - frappè, 78% - condimento per insalata, 65% - nuggets (crocchette di pollo), 56% - cheesburgher, 52% - patate fritte, 23%. Ogni anno 135 milioni di quintali di raccolto annuale di mais in America si trasformano in 8 miliardi di chili di HFCS, lo sciroppo di mais che ha raggiunto la dolcezza dello zucchero e che prima del 1980 l’uomo non aveva mai assaggiato. Nel 1985 gli americani ne consumavano 20 chili a testa ogni anno, ora sono passati a 30 e contemporaneamente i 51 chili di zucchero sono diventati 71! (Fonte: M. Pollan, Il Dilemma dell’Onnivoro, Adelphi). Secondo i calcoli fatti da David Pimentel, professore di ecologia alla Cornell University, coltivare, refrigerare, lavare, confezionare e trasportare un sacchetto di insalata bio da una costa all’altra dell’America necessita almeno 4.600 calorie di energia ricavata da combustibile fossile, cioè 57 calorie di energia per ogni caloria alimentare. L’insalata industriale non bio richiede solo un 4% in più di calorie. Proviamo a fare questo calcolo su ogni prodotto, latte, carne, uova, cibi pronti… 1- www.polyfacefarms.com LINGUAGGI GRAFICI: ALBERTO CORRADI SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 35 VENETO VI PRESENTO IL VENETO Michele Boato Sono sette le province del Veneto, ognuna con il proprio dialetto. In realtà le “lingue” venete sono molte di più, perché, per esempio, il chioggiotto è sì una variante “arcaica” del veneziano, ma ha una musica tutta sua, con lo strascico che ricorda la lunga permanenza delle truppe genovesi, fermatesi a Chioggia perché incapaci di arrivare a Venezia, dopo che la Serenissima aveva fatto togliere tutti i pali (“bricole”) che segnano i canali della laguna, facendo così impaludare le loro navi. E nell’Altipiano dei 7 Comuni di Asiago (patria dello scrittore Rigoni Stern e del regista Ermanno Olmi), la parlata è molto diversa da quella di Vicenza, capoluogo di quella provincia. Per non parlare del Bellunese, che presenta la conca dell’Alpago con un dialetto parente stretto del friulano, Cortina d’Ampezzo di radice ladina, ecc. ecc. Ogni zona è un fiorire di culture e letterature diverse: Goldoni a Venezia, Ruzante a Padova, Noventa e Ippolito Nievo nel Veneto orientale, Pascutto nel Rodigino, Piovene e Rigoni Stern nel Vicentino, Buzzati nel Bellunese, Zanzotto nel Trevigiano. Eppure c’è un fortissimo sentire comune, un’iden36 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE tità veneta (il leone di san Marco, più di mille anni di Repubblica Serenissima, dalla fine del 1600 alla fine del 1700) che supera tutte le particolarità. Tra Veneti si parla la nostra lingua, come non succede in nessun’altra regione d’Italia, tranne forse la Sardegna: non solo in famiglia o tra amici, ma nei negozi, negli uffici, nei Consigli Comunali e, spesso, anche a scuola. L’italiano non è la lingua madre; risulta spesso freddo e un po’ straniero. Perciò in Argentina ci sono milioni di figli e nipoti degli emigrati veneti di inizio ‘900, che, oltre allo spagnolo, parlano i vari dialetti veneti, ma non l’italiano. Questo spiega anche il perché della nascita in Veneto della Liga Veneta (successivamente fagocitata dalla Lega Nord di Bossi e Maroni) e del sospetto e distanza che segnano da sempre i rapporti tra la grande maggioranza dei Veneti e lo stato centrale. Andare oltre il triste “Modello Veneto” Questo senso di appartenenza, purtroppo, non si è trasformato né in uno spirito federalista alla Catalana, e neppure nella difesa del proprio territorio dalle invasioni barbariche del “Modello Veneto”: fabbriche diffuse, dilagare delle periferie, conge- VENETO – LA TERRA RACCONTA EPPURE SOFFIA Un libro, anzi uno spettacolo. stione del traffico. È quello che il poeta Zanzotto chiama “paesaggio dei capannoni”, triste stravolgimento che si è imposto dagli anni ‘60, portando gli abitanti ad un senso di “spaesamento”, al non riconoscere i propri luoghi d’origine. Non c’è solo l’assalto scomposto e prepotente alla città di Venezia da parte di decine di migliaia di persone al giorno, con navi da crociera sempre più ampie, enormi condomini che calpestano la città, la laguna e i suoi abitanti. C’è l’invasione delle Grandi Opere: una ventina di nuove autostrade e superstrade, con annessi elefantiaci caselli e infinite “bretelle” contro cui si oppongono solo i poveri David dei Comitati, mentre i Golia della finanza vanno a braccetto con i loro portaborse della politica multicolore. Nel libro e spettacolo “Eppure soffia” descrivo una ventina di questi casi, dal Vajont a Veneto City, nella speranza di rafforzare la memoria e risvegliare l’indignazione, premessa ad un cambiamento sempre più urgente. Michele Boato, nel libro “Eppure Soffia”, racconta in modo originale ma puntuale tutta la storia “ecologica” degli ultimi 50 anni del Veneto. Gli argomenti sono trattati attraverso una breve storia, immagini significative e testi per canzoni o poesie, e sono suddivisi in quattro sezioni: Acqua, Aria, Energia, Terra. ACQUA. Si comincia con l’alluvione del Polesine nel 1951, quando il Po si riprese le terre che l’uomo gli aveva malamente sottratto, proseguendo con le devastanti estrazioni di metano operate dall’Eni e l’enorme tragedia annunciata del Vajont del 1963, passando per l’inquinamento dei fiumi e arrivando ai giorni nostri con la battaglia contro le Grandi Navi. ARIA. La prima zona industriale degli anni ‘20, la chimica spinta degli anni ‘50 con il Petrolchimico che doveva prendere energia dalla centrale del Vajont, prontamente sostituita da quella di Fusina, che si porta dietro le morti bianche degli anni ‘70. Poi arriva il fosgene (quello che il Duce spargeva sugli etiopi) e negli anni ‘80 una pericolosa fuga di gas mette a rischio 40mila operai. Negli anni ‘90 il coraggioso blocco delle navi dei fanghi con piccole barche. Nel 2000 la vittoria sulla chimica della morte. ENERGIA. Dalla raccolta differenziata fino ai rifiuti zero, le battaglie contro le discariche, gli inceneritori, la centrale a carbone di Porto Tolle, gli elettrodotti e le antenne. TERRA. Il cemento e i capannoni sul paesaggio e le ville palladiane. Poi Le cave, le autostrade, gli impianti di risalita. Tante battaglie e tante vittorie contro l’erosione del territorio e il ritorno dei giovani alla terra. Il libro sarà distribuito con Gaia, la rivista edita dall’ Ecoistituto del Veneto Alex Langer, a cui è possibile richiederlo o riceverlo attraverso l’abbonamento. “Eppure Soffia” diventerà uno spettacolo che verrà presentato il 3 Ottobre alle ore 21 al Centro Candiani di Mestre. www.ecoistituto-italia.org L’autore Michele Boato è direttore dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, è stato deputato per i Verdi e assessore regionale. Collabora con Barricate dal primo numero, ha firmato vari articoli e la rubrica “Succede Domani”. Nelle foto: 1970, fuga di gas fosgene dal Petrolchimico di Marghera. Giugno 1988, piccole barche bloccano le navi che scaricano veleni. Settembre 1988, si festeggia la vittoria. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 37 VENETO – LA TERRA RACCONTA SUCCEDE DOMANI MOSE di Michele Boato 13 Novembre 2017. Oggi arriva a Venezia il Presidente del Consiglio, assieme ad uno stuolo di ministri e sottosegretari. Arrivano anche molti ex ministri ai Lavori Pubblici, come Di Pietro, Lunardi e Paolo Costa, ed ex Presidenti della Regione, come Galan e Zaia. Vogliono esserci tutti ad inaugurare la più importante, la più innovativa, la più prestigiosa opera pubblica italiana: il Modulo Sperimentale, le dighe mobili; insomma, il Mose. L’opera che, dividendo le acque del mare da quelle della laguna, finalmente salva Venezia dalle acque alte, come Mosè ha salvato il popolo d’Israele dal faraone, dividendo le acque del Mar Rosso. L’eccitazione è al massimo, ci sono anche Sua Eminenza il Patriarca e il Sindaco con la fascia. Peccato che manchi il principale artefice dell’opera, l’ing. Mazzacurati che per oltre 20 anni ha diretto e poi presieduto il Consorzio Venezia Nuova, il fac-totum del Mose: è momentaneamente occupato a tenere in ordine la cella n.110, al piano terra del carcere di S. Maria Maggiore a Venezia. Il Consorzio si scioglie oggi, dopo aver distribuito oltre 7 miliardi di euro, un po’ in appalti, un po’ per finanziare alcuni partiti e oliare gli ingranaggi. Tocca a Belèn, casta madrina della cerimonia, lanciare la bottiglia di spumante e poi, via ai festeggiamenti, sopra l’isola artificiale che, per ospitare la centrale termoelettrica che serve ad azionare le dighe, ha rubato ai veneziani la spiaggia del Bacàn. C’è un po’ troppo vento di scirocco, che spinge l’acqua dal mare in laguna: in un paio d’ore è prevista un’acqua alta di 110 cm sul medio mare. “Benissimo!” grida con un sorriso tirato il Presidente Fabris “Così vedremo le dighe mobili in funzione”. Parte l’ordine di alzarle dal fondo delle bocche di porto, ed eccole emergere in perfetta sincronia. “Visto che spettacolo? Quando l’acqua fuori crescerà, noi, dentro la laguna, saremo al sicuro”. L’allegra compagnia di clienti, papaveri e ballerine applaude entusiasta. Qualcuno si commuove. Il prosecco scorre a fiumi e anche le seppioline scendono che è un piacere. Il vento non cessa; “Me pare quelo del 4 novembre del ‘66” dice un portaborse, un po’ preoccupato. Non ha torto. Nel giro di mezz’ora, il dislivello dell’acqua, tra fuori e dentro le dighe, è di quasi un metro e il vento non accenna a calmarsi. “Guarda le paratoie” sussurra Alberto, giornalista ficcanaso, al suo ex collega Silvio. “Non vedi qualcosa di strano?” “Vedo quello che l’ing. Di Tella prevede da anni: stanno andando in risonanza: ora oscillano discretamente, tra un po’ potrebbero andare in tilt. Io me la filo; tu vieni?” “E come faccio a fare l’articolo più importante della mia vita, se me ne vado proprio adesso?” risponde Alberto. “Auguri allora!” Silvio monta sulla sua barca a vela e se la fila col vento in poppa. Alberto invece lo ritroveremo, frastornato, a tentare di scrivere l’articolo al Pronto Soccorso dell’Ospedale di SS. Giovanni e Paolo. È assieme a una parte della compagnia di clienti, papaveri e ballerine: quelli che, sapendo nuotare bene, si sono salvati dall’onda gigantesca che, dal Mose, li ha scaraventati verso l’isola di S. Erasmo. Gli altri si aggiungono al salatissimo conto di questo gioiello di tecnologia e tangenti italiane. 38 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE VENETO – LA TERRA RACCONTA SOLIDARIETÀ SERVIRE E LOTTARE La comunità Emmaus a Villafranca di Verona. Parla il presidente Renzo Fior MCB Foto: festa bilancio annuale 1- www.emmausvillafranca.org 2- Renzo Fior, presidente Emmaus Italia e responsabile della comunità di Villafranca. Prendendo il nome di un paese della Palestina, Emmaus è il movimento fondato in Francia dall’Abbé Pierre nel 1949, che oggi comprende oltre 400 gruppi presenti in tutto il mondo. A Villafranca di Verona la Comunità Emmaus nasce nel 1985 per approfondire in spirito collettivo i temi della solidarietà, della pace, della nonviolenza, per poi diventare comunità di accoglienza. Oltre 300 persone sono passate dalla Comunità di Villafranca, “una Comunità che vorremmo fosse sempre di più un luogo di vita e di lavoro a misura d’Uomo. La sfida per la Comunità, oggi, è di dimostrare che se si possiede qualcosa, la vera gioia sta nel condividerlo con altri, specie con coloro che si trovano nel bisogno”.1 La comunità è oggi impegnata su tutti i fronti, dalla solidarietà all’accoglienza, alla difesa dell’ambiente, alla sensibilizzazione culturale sui temi della pace e della condivisione. Ha favorito a Villafranca la nascita della Cooperativa sociale “SOS Casa”, che si occupa di gestire alloggi ad affitto agevolato, e della Cooperativa “Buona Terra”, che gestisce un negozio di prodotti biologici e del commercio “equo e solidale”. La comunità sostiene inoltre diversi gruppi, associazioni e comunità nel mondo che lavorano per la dignità dell’Uomo, contro la miseria e lo sfruttamento. Ha fatto parte della Rete provinciale per i senza fissa dimora e collabora con associazioni del territorio per andare incontro alle persone che vivono sulla strada, occupandosi di sollecitare le realtà vicine e le istituzioni affinché vengano date risposte, soprattutto nel periodo invernale. “Inizialmente Emmaus si è fatta carico di tutte le spese – specifica il presidente Renzo Fior - accogliendo chiunque lo richiedesse, senza distinzioni; successivamente, quando la gestione della Rete è passata al comune di Verona, la comunità ha continuato a prestare opera di assistenza. Emmaus – continua Fior - ha inoltre promosso una rete di oltre 50 associazioni sul tema dell’accoglienza degli stranieri, con iniziative di sensibilizzazione, incontri e flash mob nel territorio provinciale, affinché la figura dello straniero non venisse considerata fonte di problemi , bensì portatrice di cultura e ricchezza.” L’ultima sfida è la creazione di una nuova comunità Emmaus ad Aselogna: si tratta di ristrutturare una villa del 1600 che potrà già nel 2014 dare ospitalità a 25-30 persone che vivono sulla strada. Un grosso impegno intrapreso per tentare di rispondere alla crescente richiesta da parte di persone in difficoltà, cui i Comuni non riescono a far fronte per cronica mancanza di fondi. “È per noi tutti fonte di soddisfazione e di orgoglio poter dimostrare nei fatti che la frase che per tanto tempo e con insistenza l’Abbé ha ripetuto nella sua vita ‘servire per primi i più sofferenti’ diventa realtà e si concretizza nella crescita di spazi dove tante persone che hanno come unico destino una vita di strada e di emarginazione possono trovare uno spazio per una vita decente e dignitosa. Queste persone a loro volta partecipano alla sfida di Emmaus: poveri che aiutano altri poveri. La filosofia del ‘vetro rotto’, come diciamo spesso ad Emmaus, del saper cioè guardare al di là del nostro quotidiano e dello spazio rassicurante in cui viviamo, ci spinge a farci carico di tanti che sempre più spesso e numerosi si rivolgono alle comunità. Le comunità Emmaus sono oggi subissate di richieste: persone che hanno perso il lavoro, anche professionisti, che si trovano nel giro di poco tempo a vivere sulla strada, persone che i servizi sociali dei comuni, di tanti comuni italiani, abbandonano a loro stessi dicendo che non ci sono soldi…”2 Solidarietà e accoglienza, dunque, ma anche lotta per eliminare l’origine dell’ingiustizia, secondo gli insegnamenti dell’Abbé Pierre: ”Servire per primo il più sofferente e lottare per distruggere le cause della miseria”. Il progetto di costruzione della nuova comunità ad Aselogna ha coperto ad oggi il 62% del costo totale. Si può contribuire con una donazione sul Conto Corrente c/o Banca Popolare Etica: IBAN IT29G0501812101000000112523 Causale: Comunità Emmaus Aselogna Le somme donate godono dei benefici fiscali previsti per le Onlus. Per informazioni e contatti: Località Emmaus 1, Villafranca di Verona – 37069 – VR telefono: 045 633 70 69 – Fax: 045 630 21 74 e-mail: [email protected] sito web: www.emmausvillafranca.org SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 39 CIVISMO Intervista al Sindaco Andrea Franceschi “MAI ZEDE” La resistenza del giovane sindaco di Cortina d’Ampezzo tra lotte per l’ambiente, impegno civico, partecipazione cittadina e strane vicende giudiziarie Franco Cittadini Quando Andrea Franceschi, nel 2007, venne eletto sindaco di Cortina, la notizia fece subito il giro d’Italia, non solo per la notorietà del luogo, ma perché il candidato non apparteneva a nessun partito, non proveniva da nessuna esperienza politica precedente, non era radicato in quell’ambiente, aveva solo 28 anni e aveva fatto tutto da solo, parlando semplicemente con i suoi concittadini. Passati i clamori mediatici della prima ora, la sua lista civica “Progetto per Cortina” è comunque rimasta un esempio virtuoso e di riferimento per il movimento civico italiano e probabilmente anche per gli abitanti di Cortina, se cinque anni dopo Franceschi è stato rieletto con il 54% dei voti al primo turno. E nonostante fosse già stato coinvolto in una vicenda grottesca. Andrea Franceschi, vuole raccontarci sinteticamente cosa è successo? Appena insediato, mi sono dovuto confrontare con una situazione abbastanza frequente negli Enti pubblici: chi comandava non erano i rappresentanti degli elettori, ma i burocrati. Da lì ho iniziato una vera e propria lotta che ha portato ad eliminare le figure dirigenziali e risparmiare 600mila euro di super-stipendi in cinque anni. Ovviamente, questo ha anche creato una certa fronda contro questa amministrazione di 40 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE giovani che voleva cambiare le cose. Sono fioccate animosità e denunce. L’ultima, nata da una ex responsabile di servizio non riconfermata, ha portato all’ennesima indagine e a tre capi d’accusa: turbativa d’asta, violenza privata, abuso d’ufficio. Nel merito, si tratta di un bando di gara per il monitoraggio della raccolta dei rifiuti. Io ho chiesto, via mail, alla funzionaria di ridurre le spese per il comune e, successivamente, di cambiare un parametro per permettere anche ad altri soggetti, fuori Cortina, di partecipare. La funzionaria ha fatto di testa sua, riducendo solo parzialmente la cifra del bando e non modificando i requisiti di partecipazione, ma la Procura ha interpretato il mio intervento come illegittimo. Stesso discorso per un sms mandato al comandate dei vigili, dove chiedevo di lasciare in magazzino l’autovelox e concentrarsi sulla caccia agli abusi edilizi. Due interventi che rivendico: ho agito senza interesse personale facendo il mio lavoro di Sindaco. Per questo il processo che - mi auguro presto - verrà celebrato è importante: alla fine si stabilirà se i Sindaci possono davvero amministrare o sono lì solo a scaldare la poltrona. Successivamente si è arrivati ad un provvedimento giudiziario senza precedenti, l’ “esilio forzato” del primo cittadino dalla propria città. Come è stato possibile? Quello che sta succedendo a Cortina è gravissimo, oltre che molto strano. Di fatto, dopo aver chiuso le indagini e prima ancora che il Giudice per l’udienza preliminare abbia deciso se rinviarmi a giudizio o meno, è successo che mi hanno mes- Copertina del libro di Franceschi VENETO – LA TERRA RACCONTA In alto: Cortina, marcia di solidarietà con il Sindaco so agli arresti domiciliari per 21 giorni e, successivamente, mandato in esilio da Cortina per quasi quattro mesi. E questo senza che ci fosse un processo e con la stessa Procura che ammette che non ho agito per tornaconto personale o per avere vantaggi diretti o indiretti di nessun tipo. Da quando poi il Comune di Cortina ha deciso di affidare alla Provincia la stesura di tutti i bandi, è venuta anche a cadere l’unica giustificazione dell’esilio: la possibilità di reiterare il presunto reato. Eppure, ciononostante, un sindaco eletto e incensurato, senza neppure aver iniziato il dibattimento, è stato strappato dal suo paese e dalla carica alla quale i suoi cittadini lo avevano indicato. Perché? È quello che ho chiesto al Presidente Giorgio Napolitano: di guardare verso Cortina, perché qui sta succedendo qualcosa senza precedenti. Da più parti, come nelle sue stesse dichiarazioni, questo accanimento è stato messo in relazione al “blitz di Capodanno”, ovvero l’operazione più mediatica che sostanziale - scatenata dal governo Monti nel 2011 attraverso l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza. Pensa ancora che sia nato tutto da lì? Io penso di essere un Sindaco giovane e, come tutti i giovani di questo Paese, non ne posso più di quella forma di ipocrisia istituzionale che serve solo a coprire le magagne dello Stato. Se c’è qualcosa che non va, lo dico e agisco. Quando è arrivata l’Agenzia delle Entrate a Cortina e ho visto che stavano dipingendo un quadro fuorviante, ho chiesto una cosa semplicissima: fornite l’esito dei controlli. Io sapevo, e lo sapevano anche Befera & company, che il Blitz era stato un fiasco, dal loro punto di vista. Avevano fatto un’operazione militare e terroristica – c’è gente che ancora si ricorda quando gli svuotavano i sacchetti della spesa in macchina – per trovare 35 casi sospetti e pochissimi dati anomali. Un risultato, ovvero, addirittura al di sotto della media nazionale. L’Agenzia si comportò malissimo, perché fornì l’unico caso che aveva scoperto e lo presentò come la norma, dando di Cortina un’immagine falsa. La verità, però, è che a loro serviva un capro espiatorio, un agnello sacrificale che aiutasse gli italiani a farsi tartassare dal Governo Monti al grido di “anche i ricchi piangono”. Ma fu un operazione folle: dopo, molti clienti non tornarono più a Cortina, danneggiando tutti gli esercenti onesti e, con loro, l’erario che perse milioni di tasse sui guadagni perduti.. Forse sto pagando anche la verità svelata, assieme alla lotta contro le speculazioni e al cemento, contro una mega centralina da oltre cento milioni di euro che minaccia di distruggere il nostro fiume Boite e a tanti altri casi in cui ho seguito la mia coscienza. In Italia chi dice la verità non gode di molte protezioni e relazioni “cuscinetto”. Ma ha il sostegno delle persone per bene. Quali sono oggi le sue prospettive politiche e i suoi obiettivi? La mia prospettiva politica è che siano le persone a scegliere da chi essere rappresentante, e non i poteri forti. Voglio difendere questo principio e il ruolo dei Sindaci: l’unico anello tra persone e politica che non si sia spezzato. Non so se chiedere di ridurre la cifra di un bando o chiedere al comandante dei vigili di non tartassare i cittadini sia un reato penale, questo lo stabilirà il processo, ma di certo ho la coscienza a posto. Per questo sono deciso ad andare avanti fino in fondo. Se mi dimettessi tornerei subito libero e – è chiaro – la mia situazione giuridica migliorerebbe in un istante, ma non mollerò solo perché mi hanno imposto questa prova. Ho preso un impegno con la gente di Cortina e voglio mantenerlo, tornando a fare il sindaco e portando a compimento il processo di rinnovamento in corso. Alla fine del processo scopriremo quale ruolo debbano avere i primi cittadini e sono certo che si dimostrerà che ho agito per il meglio. Il motto degli Ampezzani è “Mai Zede”. Vuol dire “mai cedere”. Così farò io. Andrea Franceschi ha raccontato nel dettaglio la sua storia nel libro “Un sindaco in esilio”, edito da Marsilio. Il libro ha già venduto 4000 copie, si può ordinare in qualsiasi libreria o online (amazon, ecc.) e si trova anche in formato ebook (itunes store, kobo, ecc.). SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 41 GRANDI OPERE DIGIUNO PER L’AMBIENTE Don Albino Bizzotto contro le “grandi opere” che minacciano la salute del territorio veneto Maria Chiara Ballerini In Italia vengono consumati in media 8 metri quadrati di suolo al secondo1 e il Veneto, regione verde di valli e montagne, non fa purtroppo eccezione: “Il Veneto sta andando avanti con celerità sul fronte delle grandi opere necessarie alla sicurezza e all’economia”2- sostiene l’assessore regionale. Ma la quantità di superstrade e autostrade in costruzione e in progetto, oltre a non sembrare necessarie, mettono a rischio l’ecosistema e la salute pubblica, per non parlare della bellezza di un paesaggio tra i più belli del paese. Contro la realizzazione scriteriata delle cosiddette “grandi opere”, don Albino Bizzotto, fondatore dell’associazione Beati i Costruttori di Pace, digiuna per protesta dal 16 agosto scorso, supportato da rappresentanti istituzionali e di organizzazioni come Legambiente, Ecoistituto del Veneto, Libera di Rovigo, Mountain Wilderness del Veneto e molti altri. Queste iniziative di digiuno collettivo “a staffetta”, affiancate da assemblee e incontri pubblici, andranno avanti per tutto il mese di settembre in decine di siti della regione minacciati da scempi ambientali. L’obiettivo è informare e sensibilizzare la popolazione del territorio e richiamare l’attenzione delle autorità politiche sul problema della massiccia e crescente cementificazione e consumo di suolo, responsabili del progressivo degrado dell’ambiente. “Solo in Veneto dal 1990 al 2010 la superficie agricola è diminuita di 279.830 ettari, cioè del 21,5%; vale a dire 40 ettari al giorno. Siamo sopra a un vulcano. (…) In Veneto c’è una programmazione politica che ha accettato i grandi investimenti privati come prioritari, senza considerare minimamente la partecipazione dei cittadini. In particolare, mi riferisco al piano regionale che riguarda le autostrade e le altre mega opere, che avranno un impatto devastante sul territorio. Tutte realizzate in project financing, tra l’altro. Da Veneto City alla Città della Moda, fino alla Pedemontana, che è una vera voragine. Opere inutili, che servono solo a fare soldi a spese dei cittadini.”3 Un altro esempio drammatico è la cava delle “Vianelle”, situata a Marano Vicentino, che sta per essere convertita da sito per rifiuti inerti a sito per 42 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE Foto: Don Albino digiuna contro le grandi opere rifiuti misti (64 codici); essa si trova sopra una delle ricariche d’acqua più grandi d’Europa ed alimenta gli acquedotti di un bacino di quasi un milione di persone fra Vicenza, Padova e Rovigo: “Un eventuale danneggiamento del manto di protezione della discarica, andrebbe ad inquinare tutto il bacino acquifero, con conseguenze talmente gravi da essere inimmaginabili.”4 A questo proposito, Don Albino comunica con soddisfazione la decisione di Piera Moro, Sindaco di Marano, una dimostrazione di partecipazione e solidarietà : “La sua idea è continuare l’iniziativa da me intrapresa, digiunando per 12 giorni assieme all’intera Giunta Comunale. La decisione di Piera Moro è stata per me un’illuminazione. Perché nelle situazioni di particolare gravità e urgenza non passiamo il testimone a rotazione, al fine di mantenere sempre viva l’attenzione e la mobilitazione su questioni che richiedono la massima partecipazione? Per questa ragione ringrazio la Sindaco di Marano Vicentino e rilancio la proposta, secondo me veramente straordinaria, ai comitati che stanno lottando a sostegno di questa e altre istanze connesse alla questione ambientale.”5 Altri sindaci, oltre ai comitati, stanno valutando la possibilità di aggiungersi al digiuno durante settembre. “Digiuno – ci anticipa don Albino- che troverà il 28 e 29 del mese una realizzazione corale, in rete, in tutta la regione Veneto.” 1- www.isprambiente.gov.it/files/ comunicati-stampa/ comunicato_stampa_ consumo_suolo.pdf 2- Assessore regionale alle politiche della mobilità Renato Chisso, su www. cronacadelveneto. com/index.php?id_ news=14493 3- http://corrieredelveneto.corriere. it/veneto/notizie/ cronaca/2013/16agosto-2013/ don-albino-bizzottonon-mangio-salvareveneto-grandi-opere-2222640624498. shtml 4- www.eco-magazine.info/eco-news/ rassegna-stampaeco-news/2335/ marano-vicentinoalla-discarica-vianelle-troppi-rischiper-lambiente.html 5- Don Albino Bizzotto, comunicato del 23 agosto 2013. VENETO – LA TERRA RACCONTA AMBIENTE IL GUARDIANO DELLA FORESTA Toio De Savorgnani e la difesa dell’area protetta del Cansiglio F. C. Raduno di Casera Palatina del 2011 1- Per Cansiglio si intendono la Piana e la Foresta, ma anche le cime circostanti, dal Pizzoc-Millifret fino al Col NudoCavallo, un’area che si estende sia in Veneto che in Friuli, tra le provincie di Treviso, Belluno e Pordenone. Le associazioni ambientaliste di entrambe le regioni chiedono l’istituzione di due Riserve Naturali contigue. La sera di mercoledì 14 agosto di quest’anno, scendendo dal Cansiglio1 sulla strada provinciale 422 verso Fregona (TV) dopo una giornata di lavoro, Toio De Savorgnani sente rumori metallici provenire dalla sua auto. Dopo essersi fermato si accorge che manca un bullone di una ruota posteriore e gli altri tre sono quasi del tutto allentati: un atto chiaramente doloso. De Savorgnani, esponente ambientalista e dirigente di Mountain Wilderness, da oltre trent’anni conduce battaglie per la tutela del territorio, in particolare per la creazione di un’area protetta che comprenda tutto l’Altopiano e la Foresta che lo circonda. Nei giorni precedenti aveva messo sotto accusa il mondo della caccia per il piano di abbattimento dei cervi nella Foresta del Cansiglio. Non c’erano state minacce esplicite, anche se il conflitto dura da molti anni e non solo sui cervi. Infatti risalgono alla fine degli anni ‘90 le prime manifestazioni contro gli impianti di risalita che avrebbero dovuto collegare Veneto e Friuli: alla prima marcia di ambientalisti ed alpinisti del 1998 vennero distrutte ben tre auto dei partecipanti e sbarrate le strade con alberi tagliati; lo scorso anno è stata bruciata la malga dove le associazioni si davano appuntamento. Toio è anche una guida naturalistica e parlare con lui è come seguirlo su per i sentieri delle sue montagne. “La foresta del Cansiglio è un incredibile concentrato di biodiversità e storia. È una delle foreste meglio conservate in Italia, nota in tutta Europa poiché è sempre stata di proprietà pubblica, infatti già da prima dell’anno 1000 era proprietà del vescovado di Belluno, passata poi nel periodo successivo al Comune di Belluno che la controllava. E quando Belluno spontaneamente si mise sotto la protezione della Serenissima Repubblica di Venezia, capì immediatamente l’importanza di quella grande foresta di faggi giganteschi, molto vicina alla pianura e con fiumi importanti che ne lambivano le pendici, quali Piave e Livenza. In quei lunghi secoli di presenza veneziana, il Cansiglio era chiamato Gran Boscho da Reme, per ricordarne sempre la destinazione. Foresta tanto importante che a partire dall’inizio del 1400 Venezia esercitò su di essa un controllo sempre più stretto, fino ad arrivare nel 1548 a dichiararla demanio della Re- pubblica, controllata direttamente dal Doge e dal Consiglio dei X. La foreste è sempre stata percepita come un bene pubblico, di tutti. Qui l’uomo di Neanderthal andava a caccia, qui forse già i romani tagliavano gli alberi, tanto giganteschi da valer la pena di trasportarli fino a Roma, qui con la lungimiranza tecnica di Venezia nacque la selvicoltura moderna, cioè il modo di coltivare il bosco che ancora oggi utilizziamo su tutto il pianeta, tranne dove si fa il taglio raso, cioè il disboscamento totale. Quassù si rifugiarono moltissimi partigiani durante la Resistenza, qui venivano paracadutati i consiglieri militari alleati, tra i quali il Maggiore inglese Bill Tilman, uno dei più famosi alpinisti dell’epoca, noto per le sue arditissime salite in Himalaya.” Con questo spirito e senso di appartenenza, De Savorgnani difende da sempre il territorio da una ormai superata ed inaccettabile visione dello sviluppo della montagna basato solo sullo sci da discesa SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 43 -altro tema caldo dell’area- che tiene banco ormai da quarant’anni e, nonostante la crisi economica e i cambiamenti climatici, c’è ancora chi si ostina a perseguire. “Tutto è cominciato con gli impianti di risalita per le piste sciistiche, un sistema collaudato per trovare soldi pubblici e aprire la strada anche alla colonizzazione edilizia, come da sempre succede nel vicino Pian Cavallo. Ci provano dagli anni ‘70, ma noi veneti, sostenuti anche dai sindaci friulani che hanno visto distruggere il proprio ambiente (come ad esempio è accaduto a Budoia), ci siamo sempre battuti con fermezza e successo. Tutti assieme: CAI, WWF, Lega Ambiente e gli amici dell’Ecoistituto del Veneto in testa. La via dello sviluppo ‘pesante’ è stato perseguito da tutte le correnti politiche, infatti in Friuli è stato proprio Illy, area centrosinistra, maestro di sci e appassionato sciatore, che da presidente della regione Friuli ha imposto uno stanziamento di ben 200 milioni di euro per gli impianti di tutta la regione (30 per il Piancavallo), mentre lasciava in abbandono Aquileia, Patrimonio dell’Umanità-Unesco e uno dei principali siti archeologici romani, straordinaria meta turistica. Così hanno devastato Piancavallo, da dove nei giorni limpidi puoi vedere Venezia, che con i suoi 1280 mt di altezza, raggiunge appena la quota minima per una pista da sci”. Del resto, proprio in Friuli è stato speso un patrimonio vergognoso sotto questa voce e in tanti sono finiti in galera per falso in bilancio. “La cosa più triste è stato vedere come la corruzione e la spartizione del denaro pubblico abbiano completamente travolto e seppellito valori che avevano animato i partiti politici nel periodo della loro nascita, proprio qui dove l’onestà e la solidarietà erano principi forti alla base dell’impegno politico di cattolici e comunisti. È la solita storia delle grandi opere che muovono somme enormi e aprono la strada alla corruzione e alle infiltrazioni criminali”. Toio ha dedicato molto tempo, anche quando era consigliere comunale verde a Vittorio Veneto, all’autostrada che avrebbe dovuto collegare Venezia a Monaco, la A 27. “Puoi vedere lo spreco nel tratto di autostrada che sono riusciti a realizzare nel periodo d’oro delle tangenti: file di piloni raddoppiate, una per ogni corsia, una vera follia e uno sperpero colossale. Fu addirittura Montanelli, da direttore de Il Giornale, a definirla ‘il mostro delle Dolomiti’. Dopo anni di lotte siamo riusciti a fermarla a Longarone. Fu Alex Langer che riuscì a bloccare in sede europea quei finanziamenti che avrebbero sostenuto l’autostrada Alemagna, prontamente ribattezzata da noi Alè Magna o anche Alemafia”. Insomma, asfalto e cemento a erodere territorio. “Non solo. Il Cansiglio ha la ‘sfortuna’ di avere il così detto ‘oro bianco’, il carbonato di calcio, e quindi anche le cave sono sempre state un problema enorme, che però ci sta pensando la crisi a risolvere. Ora abbiamo un’altra sfida contro la distruzione del paesaggio: il progetto di mega pale eoliche che vorrebbero posizionare sulle creste del monte Piz44 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE zoc, proprio sulla grande rotta pedemontana dove passano centinaia di migliaia di uccelli migratori, le pale verrebbero viste fin da Venezia. Le pale eoliche producono energia pulita, ma queste avrebbero un costo ambientale così sproporzionato che sarebbe come accendersi una sigaretta con una carta da 500€!” Ogni anno viene organizzata una marcia per incontrarsi tra amanti dell’ambiente e frequentatori della montagna, per parlare dei problemi ma anche dei risultati, e ribadire che il Cansiglio è un’area importante, che merita l’istituzione di una o più aree protette. E non solo un’area protetta in senso stretto, poiché il Cansiglio ha così tanti elementi di importanza da avere i numeri per aspirare ad essere riconosciuto quale Riserva della Biosfera- Patrimonio Unesco. Quest’anno sarà la 26° edizione, appuntamento per tutti il 10 di novembre, informazioni sul sito dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer. www.mountainwilderness.it www.sentierinatura.it www.ecoistituto-italia.org I danni alla montagna provocati dalle piste di risalita: sbancamento, piloni e stazioni sui ghiacciai LINGUAGGI GRAFICI: MICHELE PETRUCCI DEDICATO A BRUNO ANGOLETTA DISEGNATORE VENETO SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 45 GRANDI NAVI S.O.S. LAGUNA Il passaggio delle grandi navi da crociera mette a repentaglio la bellezza, la sicurezza e la vivibilità stessa della laguna di Venezia La lotta al passaggio delle grandi navi nella laguna di Venezia nasce dalla preoccupazione per la salute degli abitanti e per i danni che possono provocare al fragile sistema urbano di una delle più belle città al mondo. Si valuta che ogni nave da crociera inquini al pari di 14mila automobili; nei fumi vi sono polveri sottili, ossido d’azoto, biossido di zolfo e di carbonio, idrocarburi tra i quali il micidiale benzo(a)pirene. Diversi studi sostengono che ogni anno nel mondo muoiano 84mila persone per i fumi prodotti dal traffico marittimo. A Venezia nel Bacino di San Marco e in Canale della Giudecca ne passano 1300 all’anno, più 700 traghetti. Già dal 2007 il Direttore generale di ARPA Veneto, Andrea Drago, presentava in una conferenza stampa uno studio sulle stime delle emissioni inquinanti del Porto di Venezia, che contribuisce per il 14% del PM10 prodotto dai vari macrosettori inquinanti presenti nel territorio comunale: “i politici e gli amministratori locali debbono trarre le conseguenze da questi dati e intervenire per ridurre in modo adeguato le emissioni delle altre fonti inquinanti, a cominciare dalle centrali elettriche e dalle navi che bruciano carburanti molto inquinanti”. Negli ultimi 15 anni il traffico croceristico è cresciuto a Venezia in maniera esponenziale: i passeggeri sono aumentati del 439% e il numero degli attracchi delle navi è passato da 206 nel 1997 a 655 nel 2011. Senza contare i traghetti per la Grecia (351). Con un milione e 795mila passeggeri imbarcati o sbarcati nel 2011, Venezia è diventata il primo “home port” croceristico del Mediterraneo. L’attracco avviene nel cuore storico di Venezia, a 150 metri dal Palazzo Ducale, con un impatto visivo impressionante: le navi sono evidentemente fuori scala con la città, 300 e più metri di lunghezza, 50 di larghezza, 60 d’altezza. Gli effetti idrodinamici provocati dal passaggio delle navi su un tessuto urbano antico, fragile e delicato, o sull’ambiente lagunare, sono devastanti. Ci sono poi l’inquinamento elettromagnetico per i radar sempre accesi e quello marino per le pitture 46 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE Illustrazione Davide Ceccon Germano Montanari antivegetative delle carene; i rumori assordanti, giorno e notte, delle navi all’ormeggio a ridosso delle case; le vibrazioni che liquefanno i leganti delle malte di case e monumenti; il rischio di incidenti. C’è inoltre l’impatto turistico: nel luglio 201, da sei navi ormeggiate contemporaneamente in Marittima sono sbarcati in città in un solo giorno 35mila croceristi, che si sono aggiunti ai 60 – 70 mila ospiti presenti quotidianamente in una città il cui numero di abitanti è già sceso sotto la soglia dei 59mila. Venezia si sta trasformando in un parco tematico. In tanti sono dubbiosi sui reali vantaggi economici che il crocerismo porterebbe alla città, ma tutti sono consapevoli dei suoi costi ambientali, fisici, sociali. Su questo tema, l’unico studio non di parte è stato prodotto dall’Ente Croato per il Turismo, VENETO – LA TERRA RACCONTA poiché le navi da crociera che partono da Venezia costeggiano la Dalmazia e fanno tappa anche a Dubrovnik, dove la popolazione è scesa sul piede di guerra. Lo studio ha dimostrato che il beneficio economico annuale per la Croazia può essere stimato in una cifra tra i 33,7 e i 37,2 milioni di euro, mentre il danno ambientale va calcolato in almeno 273 milioni di euro. Nel gennaio del 2012, il Consiglio Comunale di Venezia ha accolto e approvato un emendamento, presentato dal Comitato No Grandi Navi – Laguna Bene Comune, con cui assumeva “come proprio obiettivo la definitiva estromissione delle navi incompatibili con la città storica e con il contesto lagunare”. La petizione popolare “Fuori dalla Laguna le navi incompatibili”, che chiede di vietare immediatamente l’accesso alla navi al di sopra delle 40.000 tonnellata di stazza lorda e di installare centraline Arpav per monitorare l’aria, viene sottoscritta da oltre 12.500 persone. Oltre al comitato si sono mobilitate tante altre associazioni, tra le quali WWF, Italia Nostra, Lega Ambiente, Arci, il FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), Ambiente Venezia, che ha prodotto un dossier documentato e l’ha inviato alle autorità. Tantissime anche le adesioni di personaggi noti. Adriano Celentano, da mesi impegnato in questa battaglia, ha lanciato e sostenuto una campagna pubblicata per decine di giorni di seguito sulle pagine de Il Fatto Quotidiano e ha dedicato una canzone, scaricabile on line, all’argomento. Agli inizi di giugno c’è stata una grande manifestazione che ha visto la partecipazione di un centinaio di barche sul canale e migliaia di manifestanti in terra, che la polizia non ha mancato di caricare. Eppure tutta questa mobilitazione si scontra come sempre contro il muro di gomma della politica. Il sindaco Giorgio Orsoni sembra impegnato in un duro scontro col presidente dell’Autorità portuale Paolo Costa, ex sindaco pure lui, ma l’impressione è che si tratti di un gioco delle parti, per lasciare tutto come sta. Al Comitato No Grandi Navi non piacciono né l’una né l’altra delle due possibilità alternative al passaggio delle grandi navi davanti a San Marco sulle quali sindaco ed ex si starebbero accapigliando. Per Costa, le navi dovrebbero entrare dalla bocca di porto di Malamocco passando dal Canale dei Petroli e poi uscirvi di nuovo (sempre che alla fine non spunti fuori la sorpresa di una specie di “senso unico”, con l’uscita dal Lido, come avviene ora). Ma questa “soluzione” prevede lo scavo del piccolo canale Contorta Sant’Angelo, che dalla profondità di 1,80 mt sarebbe portato a 10 mt. e dalla larghezza di 6 mt verrebbe portato a quasi 200. Per Orsoni, invece, le navi dovrebbero andare a un nuovo terminal croceristico a Porto Marghera -dove esattamente non si sa- sempre via Malamocco e Canale dei Petroli. “Per noi – afferma Silvio Testa, portavoce del Comitato – entrambe le proposte sono peggiori del male, poiché portare le navi in Marittima dalla porta di servizio o nasconderle alla vista a porto Marghera manter- rebbe tutte le criticità e in primis l’inquinamento, devastando definitivamente la laguna aggravando l’erosione dei fondali”. Qui si tocca una questione storica, ben documentata e approfondita sul sito del comitato, che riguarda la concezione stessa del mantenere una laguna e saperci vivere, cognizione ormai persa fin dalla scomparsa dei Dogi e della Repubblica Veneziana. “La soluzione vera al problema del crocerismo – conclude Silvio Testa – è cambiare modello, rinunciare al gigantismo che fa solo gli interessi delle compagnie da crociera e far entrare in laguna solo navi compatibili col suo recupero morfologico e con la scala della città. Tutte le altre debbono restare fuori. Sul “come”, ci sono ampi spazi di ragionamento per salvaguardare salute, ambiente, lavoro”. www.nograndinavi.it SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 47 Tre giorni a sp IN GIRO PER IL PARCO FORESTA DEL CANSIGLIO In giro per il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi alla ricerca dei paesaggi incontaminati della regione, tra valli e montagne ricche di una varietà spettacolare di piante e fiori (un quarto della flora italiana) e popolate da camosci, cervi, marmotte, uccelli rapaci e di recente anche da linci ed orsi. Senza dimenticare i siti arche- 48 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE ologici preistorici, le piccole chiese pedemontane, i borghi medievali e anche le strade militari, le “malghe” e le tante tradizioni popolari ancora vive. Il nostro percorso verso la scoperta di questo angolo delle Dolomiti comincia dalla Foresta demaniale del Cansiglio, cui accediamo venendo da sud, dopo una visita alla bella città di Treviso. Il Cansiglio è un altopiano carsico delle Prealpi Carniche, a cavallo tra le province di Treviso, Belluno e Pordenone, delimitato a Sud e a Sud-Est dalla pianura veneto-friulana, a Nord-Est dal gruppo del Monte Cavallo, a Nord dalla conca dell’Alpago e a Ovest dalla Val Lapisina con la sella del Fadalto. La sua grande foresta, seconda in Italia per estensione, è formata da faggete, abeti bianchi, larici, betulle, e popolata da molte specie animali. Intorno si estendono rigogliosi pascoli punteggiati di malghe, costruzioni rustiche adibite ad abitazione per i pastori nel periodo estivo, che ospita anche la stalla per le bestie e la casera per la lavorazione del latte. VENETO – LA TERRA RACCONTA passo MONTE DOLADA I monti che circondano la conca dell’Alpago sono il Dolada (1.939 m), il Col Mat (1.980), il Col Nudo (con i suoi 2.472 la cima più alta delle prealpi Venete), la Pala di Castello (2.199), il monte Teverone (2.347), il Col Piero (2.000), il Crepon (2.110), il Crep Nudo (2.207), il Venal (2.212), l’Antander (2.184), LAGO DI SANTA CROCE Proseguendo verso nord costeggiamo lo specchio d’acqua del lago di Santa Croce. Sorta di anfiteatro azzurro dominato dal monte Dolada, dalla foresta del Cansiglio e dalla fiancata del Nevegàl, il lago è secondo bacino del Veneto. Dalla primavera fino all’autunno, ogni pomeriggio più o meno alla stessa ora, sul lago comincia a soffiare un vento costante da sud verso nord, con una intensità variabile tra i 5 e i 10 m/s, detto “termico” perché provocato dalla differenza termica che si verifica tra le montagne sovrastanti l’altopiano dell’Alpago a nord e la Pianura padano-veneta a sud. Questa caratteristica rende il lago -per altro frequentato soprattutto da famiglie con bambini- una meta prediletta dagli amanti del windsurf, dei velisti, dei kiters e naturalmente dai pescatori, grazie all’abbondanza di trote, carpe e lucci. il Messer (2.231), il Castelat (2.203), il Guslon (2.193), la Cima delle Vacche (2.057), il Cavallo (2.251), il Cimon della Palantina (2.193), il Tremol (2.007), il monte Costa (1.316) e il Faverghera (1.610). Dal monte Dolada è possibile lanciarsi in volo con il parapendio. CONCA DELL’ALPAGO Alla conca dell’Alpago appartengono cinque comuni: Puos, Tambre, Chies, Pieve e Farra, tutti interessanti da visitare e costituiti a loro volta da piccole frazioni che hanno conservato l’antica struttura edilizia, con le case di pietra e i timpani a gradoni. A Farra si trovano diversi edifici religiosi di valore, come la Parrocchiale, la chiesetta di San Vigilio, probabilmente la più antica dell’Alpago, la chiesa di Santa Croce e il piccolo santuario della Madonna del Runal. Ci hanno colpito il Museo di Storia Naturale a Chies d’Alpago, il Giardino Botanico Alpino “G. Lorenzoni” e il Museo Ecologico Zanardo a Pian del Cansiglio, e il Museo Etnografico e di cultura cimbra “E. Servadei” a Pian Osteria. Di Pieve d’Alpago ricordiamo invece la meravigliosa posizione panoramica e i gelati artigianali alla noce e al mirtillo. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 49 CERTOSA DI VEDANA Addentrandosi nel cuore del Parco passando per la località di Sospirolo, dove tra un piccolo lago di origine glaciale e il paesaggio delle masiere sorge la Certosa di Vedana. In origine ospizio, fu trasformato in Certosa nel XV secolo e fu quasi sempre abitata dai monaci certosini francesi, mentre oggi è diventata sede di una comunità di monache di clausura. All’interno della chiesa si trovano due tele di Sebastiano Ricci, mentre la cappella delle reliquie è adorna di innumerevoli ex voto. MINIERE DI VALLE IMPERINA LAGHI DEL MIS La Valle del Mis è un’area protetta, il che vuol dire che non solo è incantevole, ma è anche pura e incontaminata, una vera oasi di pace, anche grazie alla scarsa presenza di strutture ricettive. Qui si snodano numerosi itinerari escursionistici per scoprire le meraviglie del Parco, come la strada panoramica che costeggia il lago con vi- 50 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE sta mozzafiato sui Monti del Sole, il sentiero naturalistico in Val Falcina, la passeggiata (e il bagno) ai Cadini del Brentòn, forre dalle acque trasparenti note anche come “pignatte del Mis”, e la Cascata della Soffia, grotta in cui l’acqua si insinua impetuosamente creando suggestivi spruzzi e fragori. All’estremità nord-ovest del Parco, in direzione Rivamonte Agordino, sorgono le infrastrutture del centro minerario di Valle Imperina, risalente al 1400 e funzionante fino al 1962. Gli edifici sono stati quasi interamente restaurati ed è possibile visitare le sale, le gallerie, i forni di fusione, un’opportunità unica di rivivere la storia di una delle più antiche e importanti miniere italiane. LINGUAGGI GRAFICI: SERGIO PONCHIONE Sergio Ponchione Esordisce negli anni’90 sulla rivista Maltese Narrazioni per poi disegnare Jona¬than Steele per Bonelli Editore e Star Comics. È autore del volume Obliquomo, edito da Co¬conino Press e pubblicato anche in Francia. Con la serie Grotesque, tradotta anche negli USA da Fantagraphics, ha vinto il Premio Gran Guinigi a Lucca 2009. Ha collaborato con vari editori (Zanichelli, Rizzoli, Mondadori) e pubblicato su riviste come Linus, Internazionale, XL e Puck. Ha disegnato l’albo Verso la Terra Promessa per il Premio Exodus di La Spezia, l’albo Comics for Engineers per Moltimedia/ABB e con il racconto Storia di Aiace, Fumettista Tenace per l’antologia Gang Bang de Il Manifesto ha vinto il Premio Micheluzzi a Napoli Comicon 2012. Ha realizzato la copertina dell’ultimo libro di Antonio Caprarica (Sperling&Kupfer). Il prossimo autunno usciranno il nuovo albo DKW, omaggio a tre maestri del fumetto americano, Ditko, Kirby e Wood, e un libro illustrato per ragazzi per il bicentenario di Giuseppe Verdi. http://mondobliquo. blogspot.com/ http://ponchione-splog. blogspot.com/ La tavola che pubblichiamo è ispirata a “Sette piani”, un racconto di Dino Buzzati. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 51 ARTE FRANCA RAME L’ALTRA METÀ DEL NOBEL Questo doveva essere un articolo su Franca Rame, prima che lei mancasse. Ora invece diventa una testimonianza di una grande amica, di una grande signora del teatro: la Leonessa, come l’hanno definita Fabio Greggio Franca era una donna solare. Bellissima, alta ed elegante. Quella dei Rame era un’antica famiglia di teatranti del 1600. Un giorno -ricorda Francamentre gioca con la sorella sul balcone, sente il padre che parla di lei con la madre: “Ormai Franca è grande, può iniziare a recitare sul palcoscenico con noi”. Aveva appena compiuto i tre anni. Nella compagnia del padre si recitava “all’improvvisa”, in altre parole esisteva un canovaccio di storia sulla quale gli attori recitavano a braccio, in modalità ben lontana dal birignao accademico: “Noi non recitiamo, parliamo normalmente”. Alla fine degli anni ‘40 la compagnia assume un giovane attore appena uscito dall’Accademia. Il padre gli insegna a “non recitare”. È dura, ma alla fine il giovane acquisisce un’importante lezione. Lui si chiamava Enrico Maria Salerno e sarebbe diventato un mostro sacro del cinema e della Tv nei decenni a venire. Agli inizi degli anni ‘50, la ventenne Franca Rame, alta, “…troppo, una bellezza imbarazzante…” come dice Dario Fo, inizia la sua carriera nel teatro del52 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE la Rivista con Tino Scotti e il suo spettacolo “Ghe pensi mi”, un successo epocale. In pochi anni Franca diventa soubrette e poi attrice di film leggeri dai grandi incassi. La sua avvenenza non passa inosservata, diventa la donna più bella d’Italia a detta di molti, la sua figura sensuale appare su copertine e riviste. Da tutti definita “La Bomba Atomica”, recita con i grandi di allora che se la contendono: Renato Rascel, Walter Chiari, Carlo Campanini ed altri. Alla fine degli anni ‘50, con il marito Dario Fo, pittore e autore, forma una compagnia e inizia quel sodalizio che cambierà una parte del Teatro italiano: il teatro epico di Fo-Rame. Punto focale della loro storia la Canzonissima del 1962, popolare gara canora da loro condotta. Per la prima volta nella giovane storia della televisione italiana, si assiste a sketches con fondo di denuncia sulle morti bianche, le morti sul lavoro. Cosa che non piace ai dirigenti molto vicini alla DC di allora. Dopo alcune minacce di censura, cala la mannaia dopo solo In alto, Franca e Dario. A destra: Milano, 31 maggio 2013 Funerale di Franca Rame Ph: Fabio Greggio poche puntate. La coppia è allontanata dalla Rai tra polemiche clamorose e giornali impazziti per il caso. Non ritorneranno più in Tv per i successivi tredici anni. Quello che poi è stato, lo conosciamo tutti: il teatro di denuncia, gli spettacoli nelle fabbriche occupate, l’impegno politico. Dario e Franca, connubio indissolubile di coppia e di teatro, diventano l’icona di un’intera generazione italiana, tra Che Guevara e Guccini, Cuba e Mao. Fino a quel seggio di senatrice nel 2006, tanto sofferto e doloroso per Franca che si accorge del degrado della politica, delle meschinità, degli inciuci, dei faccendieri disinvolti. Uscirà un libro postumo su questa sua esperienza, in puro stile Rame: fatti, nomi e cognomi. “Bisogna conoscerla questa donna per capire chi era…” dice il suo grande amico Enzo Jannacci, che al Cimitero Monumentale, nel Famedio, dove sono sepolti i grandi milanesi, sta proprio accanto a Franca. Ed io racconterò in brevi aneddoti chi era davvero nella vita questa grande donna. Dopo un’intervista telefonica per Radio Onda Italiana, stazione radiofonica di Amsterdam in lingua italiana, confezionai un video con l’audio della chiacchierata e immagini contestuali, sottolineate da musica ed effetti. Le piacque molto. Mi telefonò inaspettatamente e mi invitò nella sua bella casa di Porta Romana. Fu subito amicizia, vera, bella, simpatica. Lei mi riversò una montagna di video, alcuni noti e altri inediti, da confezionare per un canale YouTube che aprii per lei, FrancaRameVideo, e poi per il marito, DarioFoVideo. Il suo video in cui recita lo stupro ebbe subito decine di migliaia di visioni. Quando lo vide, mi disse: “Hai fatto un montaggio straordinario”. Mi invitò poi nella sua casa di campagna, nell’entroterra di Cesenatico, dove per tre anni trascorsi le ferie presso la famiglia Fo. Lunghe chiacchierate, risate, pranzi in riva al mare… Lì ebbi l’onore di conoscere bene la famiglia Fo nella sua intimità. Franca mi ha raccontò a puntate la sua spettacolare vita e ogni suo racconto era imperniato su un episodio comico. Si rideva, lei indietreggiava col capo e la sua chioma bionda bicolore, sigaretta sempre in mano, con quella sua risata di gola… Aneddoti anche inediti, scoop di richieste di matrimonio, immagini non conosciute di volti noti. E quella volta che arrestarono Dario in Sardegna e lei recitò sopra una 500 Fiat. Poi all’imbrunire “Dài Ph: Insidefoto LA CULTURA DIETRO LE RIGHE andiamo a dormire in Hotel, che tanto Dario per stasera il tetto ce l’ha…ahahah!”. I mobili di casa acquistati da un falegname ex galeotto della Banda del Buco di Torino, la Rai che voleva distruggere tutti i video di Dario e che lei acquistò per nulla facendo un affare incredibile, il figlio Jacopo e il suo incantevole agriturismo vicino a Gubbio… Dopo l’ennesimo battibecco con Dario, si girava verso di noi: “Cinquant’anni così, ragazzi…” Molto di più si potrebbe raccontare di questa signora che con il marito ha cambiato e creato il modo di fare teatro. I loro testi sono in giro per il mondo. Fo-Rame sono gli autori italiani più interpretati, le loro opere sono in scena in Cina, Argentina, Usa, Australia, Romania. Nel nord Europa sono un’istituzione e ogni loro vista in Danimarca o Svezia era evento da fan all’aeroporto. Conservo ancora una cartolina di Dario Fo dalla Svezia: “Caro Fabio, la Svezia è così folle da dedicarmi due francobolli. Per fortuna in Italia c’è gente che non ne sa niente”. Dario Fo è l’unico autore italiano a essere stato ammesso alla prestigiosa Académie Française. Franca, l’artefice del genio Fo, è sempre al suo fianco: corregge, crea, suggerisce, boccia, approva. Suoi gli editing dei testi scritti, sue le traduzioni dal grammelot inventato da Dario. Per tutti coloro che lei ha onorato della sua amicizia resta un vuoto incolmabile, donne orfane di un punto di riferimento generazionale, una compagna unica, coraggiosa, generosa. Lei che ha aiutato centinaia di persone in difficoltà, che sapeva cogliere la disperazione, che aveva il senso dell’ingiustizia contro cui lottare. Franca violentata nel 1973 da un manipolo di vigliacchi fascisti, ebbe il coraggio di portare in scena il suo stupro. Un giorno organizzai per lei una serata al ridotto del Teatro Fraschini di Pavia, con proiezione del suo monologo sullo stupro da lei subito. Si ritirò in una saletta e aspettò la fine dalla proiezione. “Posso recitarlo, ma non posso rivederlo, Fabio. Mi sento morire”. Chi era Franca Rame? Franca era il sole. Aveva luce attorno a lei, la vita, i drammi. Con lei mai un attimo di tregua, sempre attenta alle evoluzioni tecnologiche e sociali. Era un giorno d’estate sull’aia, quando batte forte. La luna non era cosa per lei. Ciao Franca, ti vogliamo bene. E non fare casino lassù. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 53 PROTESTE IN TURCHIA in collaborazione con LA TURCHIA CONTINUA A RESISTERE Redazione italiana di Pressenza www.pressenza.com/it Dal 30 di maggio tutta la Turchia è in mobilitazione. L’inizio è stato il Parco Gezi, l’ultimo atto della cementificazione selvaggia di Istanbul. La tendopoli che aveva nonviolentemente occupato il parco è stata sgombrata, ma questo non ha fermato le manifestazioni. “La protesta silenziosa in piazza Taksim va avanti. In ogni momento della giornata decine di persone si fermano in silenzio a guardare il ritratto del padre fondatore Mustafa Kemal Atatürk, imitando il gesto provocatorio dell’ormai celebre Erdem Gunduz (lo “Standing Man” che ha dato il via a questa protesta silenziosa, stando immobile e zitto, dritto come un albero in piazza Taksim per quasi sei ore, citato su Twitter con l’hashtag #duranadam, n.d.r.). File di scarpe e manichini spezzati arricchiscono questa provocatoria coreografia.” Così racconta Andrea Di Grazia, videomaker indipendente che ha inviato a Pressenza il video www.youtube.com/ watch?v=hVl7oQNRb0w La protesta fa il giro del mondo e viene “imitata” anche in Italia. Dopo le proteste plateali di vario tipo arrivano le assemblee: ovunque nelle piazze e nei parchi di molte città turche la gente si siede e si riunisce, senza autorizzazione. Si fa un’assemblea per parlare della democrazia, della repressione, della legge elettorale; finita l’assemblea, si condivide una cena insieme. Le assemblee hanno rallentato un po’ in agosto, ma contano di ripartire alla grande in settembre. Ecco alcune testimonianze raccolte dagli inviati di Pressenza a Istanbul e Ankara. Mentre ci dirigevamo verso Kizilay abbiamo visto un muro ricoperto di foto che rappresentano la storia della protesta a partire dal 30 maggio. Ogni giorno la gente si riunisce per manifestare in silenzio; sono sempre di più e il governo di Erdogan cerca di bloccarli con i lacrimogeni e gli idranti. Loro però ritornano il giorno dopo, pur sapendo che finirà tutto in modo violento. La polizia arresta sempre più persone che se ne stanno semplicemente in piedi leggendo un libro o con le mani in tasca, con la scusa che ostacolano la circolazione. Ad Ankara gli attacchi della polizia a Dikmen, Kennedy Sokak e Tunali continuano fino alle quattro della mattina. Secondo il proprietario di un caffè dove ci fermiamo spesso, ormai questa non è più solo una protesta dei turchi, ma si va diffondendo in tutto il mondo con lo stesso obiettivo: porre fine a un sistema violento e corrotto che vuole solo di54 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE fendere il proprio potere. Ci ha parlato di un futuro senza frontiere, dove tutti gli esseri umani saranno uguali, un mondo umanista. Sa che diffondiamo foto e informazioni su quello che sta succedendo e ci ha ringraziato molto per questo. Mente stavamo parlando abbiamo sentito degli slogan per strada: stava passando un lungo corteo per chiedere che il poliziotto che ha assassinato Methem sparandogli da un metro di distanza venga processato. La stessa protesta era in corso a Istanbul. Una sera abbiamo deciso di tornare a Kizilay per vedere se c’era qualche manifestazione di protesta a Güven Park. All’improvviso è comparsa una lunga processione di persone che tenevano in mano delle candele: camminavano in silenzio, dirette verso il punto della piazza dove è sorto una specie di altare di omaggio e commemorazione dei quattro giovani uccisi dalla polizia nelle ultime settimane. Arrivati là ognuno posava a terra la sua candela e una persona le sistemava intorno alle foto dei quattro giovani. C’era molta gente tutt’intorno, in piedi e seduta, in un’atmosfera tranquilla e dignitosa, e tutti firmavano la petizione che noi abbiamo sottoscritto ieri, per chiedere che i responsabili della morte dei manifestanti vengano processati. Il silenzio era rotto dai clacson delle auto che passavano e dagli applausi delle persone intorno alla piazza. Sembra che negli ultimi due giorni il numero di persone che partecipano a questa nuova forma di protesta sia aumentato molto. La gente sta creando una sua forma di spiritualità, forse non Cena collettiva per il ramadan. IL MOVIMENTO DELL’INFORMAZIONE in modo cosciente, ma esprimendo comunque un sentimento molto intenso. La riunione di coordinamento è una riunione informativa, non decisionale, è una riunione in cui non si prendono decisioni. I rappresentanti delle assemblee di zona mettono a disposizione di tutti gli In alto: su un muro di Ankara la storia della protesta. In basso: tende a Kugulu Park, assemblea all’aperto, presidio a Guven Park altri le informazioni, le idee, le proposte, le azioni, ecc. sviluppate nella loro assemblea. In alcuni casi i rappresentanti delle assemblee di zona cambiano effettuando una turnazione; in altri casi sono scelti in base alla loro capacità di parlare e sintetizzare. Ma i ragazzi con cui ho parlato sono coscienti che è meglio evitare “leader” o “rappresentanti permanenti”, che non corrispondono alla nuova sensibilità dei movimenti che si stanno sviluppando in questi ultimi anni nel mondo. Come abbiamo già visto in altri Paesi, i leader non vengono accettati in questi nuovi movimenti. Così come non vengono condivise ideologie del passato. La nuova sensibilità è orizzontale, non c’è posto per chi vuole concentrare potere decisionale nelle mani proprie o di un gruppo di persone. Devo segnalare una difficoltà che ho notato anche qui in Turchia: spesso in queste situazioni arrivano gruppi con una ideologia comune, a volte militanti di partiti politici o altri tipi di organizzazioni, che tentano di dare alla gente, alle assemblee, alle manifestazioni e alle attività, la direzione che loro ritengono migliore in base alle proprie idee. Non capiscono che la nuova sensibilità che sta cominciando ad esprimersi in tanti luoghi del mondo non si muove in base ad ideologie, ma in base ad un modo di sentire, in cui le persone sono accomunate dall’aspirazione ad un mondo basato sulla nonviolenza e sul rifiuto di leader e rappresentanti. I rappresentanti delle varie assemblee dovrebbero cambiare continuamente, in modo da non rischiare che diventino leader, e anche per dare la possibilità a tutti di fare esperienza ed imparare a “rappresentare” un insieme di persone diverse che, anche se partono da una sensibilità comune, esprimono sempre una grande varietà di punti di vista, i quali a volte non coincidono nemmeno con i punti di vista degli stessi rappresentanti… Ma è proprio l’espressione della diversità uno dei punti di forza della nuova sensibilità! Tutte le foto e le testimonianze di quest’articolo sono di volontari umanisti che hanno svolto funzione di “inviati speciali” di Pressenza in Turchia in questi mesi; i loro nomi non sono citati per motivi di sicurezza. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 55 SALUTE in collaborazione con TARANTO, CODICE 048: UNA NUOVA STORIA RACCONTATA A ROVESCIO PeaceLink diffonde il numero degli esentati dal ticket per aver avuto un tumore - 8916 assistiti - che giustamente richiama l’attenzione di molti e della stampa nazionale. Politici locali parlano di spettacolarizzazione. Eppure è un dato ufficiale, autentico e utilizzabile per approfondimenti e valutazioni anche in altre città Ph: Luciano Manna Lidia Giannotti – Peacelink Dopo anni di silenzio sulle atroci conseguenze dell’inquinamento e dei gravi reati di cui è accusata la dirigenza Ilva, descritte dalle perizie disposte dai giudici e dallo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, c’è una parte della classe politica che riflette e lavora secondo tutti i dati disponibili? 8916 tumori 8916 persone a Taranto usufruiscono di un’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari, identificata con il codice 048, per accertate patologie neoplastiche maligne. Su quel numero PeaceLink ha richiesto attenzione, prestata tra gli altri dal Presidente dell’Ordine dei medici. Alcuni pensano però che non la meriti: da leggere l’invito alla “sobrietà” 56 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE dell’assessore regionale all’agricoltura, che fa sue anche le parole di un parlamentare PD: “occorre evitare strumentalizzazioni o screditamenti di una intera città e della sua classe dirigente … allontanare gli sciacalli che utilizzano la dolorosa vicenda dei tarantini per farsi propaganda”.1 Per la verità, a tanti è stato utile, se mai, il silenzio che ha coperto quel dolore. E sobrio non è stato adottare (da parte dei governi Monti e Letta) due decreti–legge paralleli alle indagini penali. Non perché non servissero leggi per la città, scoperto il verminaio di crimine e corruzione cresciuto all’ombra dell’Ilva e dell’incapacità delle istituzioni; ma le sole norme a effetto immediato hanno paralizzato 1- www.cosmopolismedia.it/ categoria/8politica/4446nardoni-per-tarantopiu-sobrieta-e-menospettacolarizzazione. html Ph: Luciano Manna IL MOVIMENTO DELL’INFORMAZIONE gli unici provvedimenti che tutelavano sul serio la salute dei cittadini: le ordinanze di sequestro degli impianti più inquinanti, confermate nei tre gradi di giurisdizione. La popolazione di Taranto è sempre “fuori agenda” Fa riflettere che la concentrazione di codici 048 aumenti tra i residenti nel quartiere Tamburi accanto all’Ilva (1 ogni 18 residenti) e diminuisca più lontano (1 ogni 26 residenti), ma si può operare ogni tipo di verifiche e confronti. Sulla veemenza dei commenti c’è poco da dire. Quale convergenza ci può essere tra quelle dichiarazioni e l’interesse dei cittadini di Taranto? È difficile non vedere la volontà - e comunque l’effetto - di non mettere in luce i fatti, la popolazione e gli operai in carne e ossa e la loro sofferenza; è stata tenuta distinta dalle concrete decisioni politiche che si adottavano, ma ne è direttamente toccata, perché sono state consentite modalità di funzionamento degli impianti che secondo le perizie sono causa di uno sconvolgente inquinamento, di malattia e di morte. Conoscenza e “open data” Secondo noi, ogni informazione in più è una ricchezza, e anche le nostre istituzioni e il nostro ordinamento ne sono convinti. La P.A. raccoglie e produce un’infinità di dati che, a partire dalla normativa europea, devono essere valorizzati e resi fruibili dalle varie componenti della società per soddisfare e stimolare esigenze economiche, scientifiche, giornalistiche, artistiche. Dopo la direttiva 2003/98/CE, l’Agenda Digitale mette ora l’accento sulla rete (la locuzione “Open Data” fa riferimento a dati posti on line in formato aperto). La disponibilità di dati nei settori amministrativi è un valore enorme, apre strade di collaborazione e moltiplica il valore del singolo dato, grazie all’integrazione tra informazioni di qualità e alla maggiore comunicabilità a tutte le fasce della popolazione e confrontabilità, sulla rete e in una prospettiva internazionale. Si favoriscono così l’innovazione e un avanzamento complessivo delle condizioni sociali e intellettuali delle nostre comunità. Posizioni chiare Un atteggiamento di retroguardia in quest’ambito segnala inadeguatezza rispetto alla possibilità di chi si occupa di politica, di amministrazione o d’informazione, di favorire i processi di cambiamento e di puntare a un più alto livello di democrazia, di progresso e di giustizia sociale. La popolazione di Taranto sta soffrendo da anni. Ciò che parla di quella sofferenza noi non lo nascondiamo. Quando è stato richiesto silenzio, non c’è stato mai alcun bene per la gente del Sud, e la sofferenza è più ingiusta perché Taranto viene indotta da più parti ad accettarla. La strada da scegliere per noi è chiara. Per lasciare tranquille le popolazioni… o le industrie? Due fatti - tra i tanti paradossali, spiegabili solo con la forza di alcuni interessi economici e la diseguaglianza che alimenta – vanno ricordati: 1) nell’analoga situazione sanitaria emersa a Genova–Cornigliano, le cokerie sono state fermate (a Taranto, a pochi metri dalle case, inquinano di più dopo il trasferimento della produzione di Genova); 2) il 12 ottobre 2012 fu presentato lo studio Sentieri 2, che aggiorna al 2009 il precedente Studio sulla mortalità, aumentata ancora nei 44 siti considerati. Ma nulla è accaduto, come se di quei morti non ci si fosse accorti. Il primo Studio (1995-2002) contava 3508 morti per inquinamento (e resta da spiegare un incremento in realtà di 10.000 morti). La gente abita vicino a centrali elettriche, industrie chimiche, inceneritori: perché tutto resta nell’ombra? Più giornalisti dovrebbero rivolgere domande al Ministro della Salute su Mantova, Grado, Fidenza, Massa Carrara, Falconara, Priolo, Bolzano… 298 comuni e 5 milioni e mezzo di abitanti! Segui la vicenda su www.peacelik.it SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 57 BALCANI VERSO EST Foto e testo di Matthias Canapini “La ricerca della verità è più preziosa del suo reale possesso” (Gotthold E. Lessing) Credo che un viaggio alla ricerca della libertà assoluta rimarrà sempre un’utopia. Non basta prendere un treno, zaino in spalla ed andare per essere liberi. Credo che ormai una delle poche libertà concesse all’interno di questa società sia quella di essere sé stessi. Prendere coscienza di ciò che realmente ci circonda, poi pretendere il diritto di andare oltre l’apparenza. Ciò che ho fatto in questo mese, l’ho fatto per amore del viaggio sì, ma soprattutto per mostrare ad altre persone cosa si può nascondere dietro ai trafiletti televisivi letti distrattamente tra un boccone e l’altro. Incontrare, capire e poi documentare un’umanità che si perde nello scorrere della quotidianità, schiacciata spesso dall’indiffe58 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE renza e dalla disinformazione. Credo anche che dovremmo cambiare modo di pensare, avere un punto di vista proprio. Non è cosi semplice come si pensa avere un’opinione in cui realmente ci si riconosce, quando in ogni momento veniamo bombardati da pubblicità, atteggiamenti e idee altrui. Sono partito per questi motivi e anche per tanti altri. Ma credo che il succo del discorso sia questo: la curiosità. Mettermi in cammino per toccare con mano l’attualità e raccontare storie che su radio o tv non si sentiranno mai. Per la stessa ragione, durante il mio viaggio ho preferito dormire con gli zingari nei parchi di Tirana o con i barboni tossicodipendenti nei treni di Belgrado. Almeno ho potuto osservare e capire cosa vuol dire svegliarsi al mattino e non avere niente, se non una misera coperta per ripararsi dal freddo, essere discriminati e cercare vie d’uscita nell’alcool, nelle droghe o in fanatici culti Bambino rom a Skhodra FOTO PARLANTI religiosi. Un viaggio per relazionarmi con chi soffre e con chi crede ancora in qualcosa, per poi accorgermi, infine, di aver conosciuto anche una parte nuova di me stesso. In alto: donne in nero al memorial di Srebrenica. In basso: Salonicco fabbrica occupata, Istambul manifestazione, Sophia manifestazione. Il mio viaggio è iniziato a Skhodra, in Albania. Qui ho incontrato comunità rom che ogni giorno tentano di sopravvivere tra l’indifferenza e la discriminazione. Cumuli di lamiere e sacchi della spazzatura danno vita ad abitazioni. Le fognature a cielo aperto emanano un odore pungente. Noti da subito frotte di bambini giocare su un ponte instabile in legno e ferro battuto che divide il quartiere rom dal resto della città. Ai lati, immensi grattacieli circondano l’area. L’ombra del progresso. Ho continuato il viaggio a bordo di vecchi treni malmessi, seguendo ferrovie arrugginite dal tempo. I vetri rotti, fiancate con fori di proiettili. Si respira un’aria di altri tempi. Signore dagli abiti tipici fabbricano accessori di lana colorata, utili da rivendere al mercato di Tirana. Ho attraversato l’Albania alla vigilia delle elezioni. Ogni città era un tripudio di colori e slogan. Le campagne elettorali in pieno fermento, disordini in numerose città del paese. Bandiere e cortei di automobili rombanti riempivano le strade. Gruppi di sostenitori strappavano a forza i manifesti del partito rivale. Mi sono spinto poi fino a sud e ho raggiunto Salonnico, città industriale a nord della Grecia, per incontrare una decina di operai che da circa 1 anno occupano la fabbrica Vio.Me, riconvertendo il modello di produzione sulle basi morali del movimento operaio: solidarietà e giustizia sociale. Poi la Turchia. Dopo aver passato un mese seguendo le proteste dal computer di casa, parlare coi protestanti ad Istanbul ed Ankara è stata come una liberazione. Discutendo con gli studenti ho potuto SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 59 FOTO PARLANTI capire la realtà della situazione e le cause che hanno spinto tantissimi cittadini turchi a scendere nelle strade per manifestare contro il governo di Erdogan, accusato di voler islamizzare molti assetti della società. I forum in città vanno tuttora avanti. Si organizzano campagne di sensibilizzazione, giochi per bambini e letture collettive. Secondo molti, da settembre si riprenderà con gli scontri e le violenze. Qui non si combatte più per quattro alberi -dice Osan- ormai si combatte contro il sistema, per conquistarsi un futuro migliore. Lasciandomi alle spalle la grande umanità incontrata, mi sono diretto in Kosovo per documentare l’universo delle adozioni. Un mondo burocratico ma solidale, dove Aibi, una ONG italiana, offre sostegno emotivo a bambini abbandonati dalle proprie famiglie. Lasciandomi guidare dalla fantasia, mi sono poi gettato poi lungo le vie di Sophia (Bulgaria) dove erano, e sono in corso, proteste giornaliere per chiedere le dimissioni dell’attuale governo. Bambini, anziani e studenti che riempiono le strade all’urlo di “ostavska” (dimissioni). Dopo aver attraversato cinque paesi e cercato di capire le loro dinamiche documentando gli avvenimenti attuali, mi sono ritrovato a Belgrado per vivere, forse, l’ultima storia di questo viaggio. Sicuramente la più dolorosa che ho affrontato. Ho scelto di finire il mio viaggio a Belgrado alla vigilia del 18° anniversario del genocidio di Srebrenica. Mi sono unito al movimento delle Donne in Nero, per accompagnarle al memoriale di Potocari, il giorno seguente. Una volta sul posto, mi sono perso tra gli sguardi dei parenti delle vittime. 409 bare si stagliavano tra la folla. Anche un anno fa mi aveva colpito un foglio posto sul muro esterno del complesso. Il nome del caro ucciso, con a fianco il numero della bara. Ed anche questa volta i famigliari si aggiravano tra queste verdi “scatole” semivuote, fino a quando non trovavano quella giusta su cui piangere. L’esperienza è forte. 1995-2013. Diciotto anni. Molte persone si stringevano forte. Mi sono seduto in mezzo a loro. Il silenzio è l’unica cosa che puoi ascoltare in un momento simile, rotto a tratti dalla voce del muezzin che recita i versetti del corano. Ha cominciato a piovere sempre più forte. Le donne coprivano le bare con un fazzoletto o una sciarpa. Le lacrime si mescolavano alla pioggia. Un signore mi ha guardato, mi ha abbracciato e mi ha coperto col suo ombrello. Al termine della cerimonia una signora mi ha notato e improvvisamente mi ha chiesto da dove venivo. “Grazie italiano di essere qui, racconta questa storia, hai la mia protezione … buona fortuna”. Se conoscete parole per descrivere tutto ciò, per favore fatemelo sapere. Io davvero non ne trovo. In alto: Albania, campo rom. A sinistra: Srebrenica, preghiere al cimitero, treni d’Albania. 60 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE FUMETTO A STRISCE CHE RIMANE DEI PEANUTS Max Olla Cosa rimane dei Peanuts? Ma verrebbe prima da farsi un’altra domanda. Sono davvero andati via dopo la fine della serie il 13 febbraio del 2000 e dopo la morte di Schulz? Sfogliando i giornali in giro per il mondo, molti quotidiani, il mensile Linus in Italia, li vediamo pubblicati puntualmente, ogni giorno, settimana, mese, come se niente fosse accaduto. Nel gergo dei cultori delle comic strip si usa l’espressione “strisce zombie”, chiamate così perché continuano a camminare sui fogli della stampa anche dopo la fine della serie. Un altro celebre esempio è dato da Calvin & Hobbes, diffusa solo fuori dagli States in seguito al malumore di Watterson contro i syndicate americani. Abbiamo sentito un vuoto allo stomaco alla scomparsa di Schulz. Le sue disposizioni vietavano il passaggio della serie nelle mani di altri disegnatori o sceneggiatori. E forse è stato un bene. I Peanutsiani sono una stirpe raffinata, niente a che vedere con quelle bocche buone dei lettori di Blondie che pur di avere la pappa famigliare non hanno mai fatto storie per i cambi di mano. Noi, i Linusiani, avremmo avuto il fucile pronto. C’è un precedente famoso in tema: Pogo di Walt Kelly, conside- li. Ti ricordi lo zio o l’innamorata che ce li aveva fatti conoscere. Le magliette, le tazze, le spille. Le ristampe in piccole edizioni economiche BUR da leggere sotto l’ombrellone e in treno. Snoopy che appariva ovunque a dire la sua. La copertina di Linus entrata nei nostri modi di pensare e dire. Passione mai finita, a giudicare dalla quantità di pagine tributo e nostalgiche su Facebook. Erano davvero la striscia universale, anche il più indifferente e ostile ai fumetti sapeva qualcosa di loro. Il paradigma della striscia. Centinaia di autori hanno coltivato le loro matite su quel modello tanto da non avere più ora consapevolezza di quante influenze li abbiano impregnati. Il vuoto non è mai arrivato. La bellezza di 21.010 tavole disegnate in 50 anni ha permesso un disinvolto riciclo continuo. Tanto non c’era essere umano, per quanto appassionato, in grado di ricordarle tutte. E poi ancora: raccolte, riedizioni, “il meglio di”, oppure integrali per annata, tematiche, serie oro, libri dedica… Un’orgia editoriale. Schulz aveva conquistato almeno tre generazioni diverse in quei 50 anni, dalle camicette e maglioncini stile American graffiti, ai sessantottini, fino agli edonisti arrivati dopo. Tutta gente con rata svaporata e senza anima quando per breve tempo passò di mano dopo la sua scomparsa. Per chi li ha amati fin dall’infanzia, i Peanuts erano una presenza costante, accompagnava tutta la vita, sui diari, nelle piccole raccolte tascabi- soldi per comprare libri ora. E gli editori lo sanno. Schulz aveva creato un congegno infinito. Ogni giorno a quel suo tavolo da disegno, alla stessa ora, stesse matite e pennini, stesse procedure. Il carillon partiva, i personaggi avevano una perSETTEMBRE 2013 - BARRICATE 61 sonalità talmente forte che comunque qualcosa veniva fuori. Qualche volta ripetitivo: quante volte abbiamo visto stiracchiare con abilità da mestierante i voli di Woodstock sulla cuccia. I trucchi della professione (leggi tormentoni) non gli mancavano. Avrebbe potuto continuare per altri vent’anni se la salute avesse retto. Avrebbe potuto smettere vent’anni prima e niente sarebbe cambiato. Lo so, l’ho detta grossa. Venti forse no, ma gli ultimi dieci potreste toglierli tranquillamente. I Peanuts sono stati grandissimi, ma già a metà degli anni ‘80 erano comparse almeno un paio di strisce, Bloom County e Calvin & Hobbes, che avevano assorbito gli insegnamenti del modello di Schulz e lo superavano quanto a creatività, imprevedibilità, umorismo. Del resto, le opinioni sulla creatività, la stessa filo- lato melanconico di Schulz. Descrivendolo come cupo, ansioso, preda di depressioni feroci e attacchi di panico. Scoperto? Non serviva un corso di psicologia per capire che da qualche parte doveva pur venire quella caratterizzazione dei suoi bambini, con le loro solitudini, tristezze, amarezze, velate sotto un umorismo poetico e delicato. La striscia poi è sempre stata perfida, cattivissima, molto più di un qualsiasi Dylan Dog. Con una malvagità psicologica fredda e persecutoria, ben celata sotto poesia e filosofia. O davvero pensate che per rappresentare la crudeltà servano visioni splatter e parolacce, volgarità e teste mozzate? Comunque la regola aurea è: non ci interessa l’autore e nemmeno i suoi demoni, ma come li racconta. E poi, vogliamo dirla tutta? Schulz non era roba da “santo subito”, aveva i suoi bravi coc- sofia sul continuare in eterno una strip, sono molto diverse tra i grandi autori. E le comic strip sono bestie strane. Non sono come un libro, un film o un disco, o come una storia a fumetti, se volete. Non hanno un inizio e soprattutto non hanno una fine, non chiudi la copertina e c’è un vissero felici e contenti. Sono un mondo parallelo che l’autore inventa e vanno avanti con un ritmo quotidiano, settimanale. C’è chi ha detto basta dopo soli dieci anni, come Watterson con il suo Calvin. Perfetto così, voglio mantenere il ricordo immacolato, non voglio cadere schiavo della ripetitività. E non c’è verso di tornare indietro, per quanto i fan si lagnino. Così è stato anche per il pinguino Opus di Berkeley Breathed, pur con alterne vicende e qualche ritorno. Che cosa è successo in questi anni? C’è chi ha tentato di frugare nell’immondezza e ha scoperto il lato oscuro dei Peanuts. Affondando il coltello nella vita privata e collegando alcuni eventi a tutta una serie ben precisa di tavole, si è scoperto il ci, un matrimonio fallito, frustrazioni, vicende di vita come tutti, amava il denaro. A differenza di Watterson, si è ben guardato dall’opporsi alla commercializzazione selvaggia dei Peanuts con gadget e film. I Peanuts erano e sono ancora una bella macchina sforna soldi. L’United Features, il syndicate che li distribuisce, quello che doveva essere più geloso e attaccato alla pecunia, ha tirato fuori l’unica azione davvero rivoluzionaria, senza timori economici, liberando gli archivi in internet. Facciamoli vedere tutti e a tutti gratis, se mai si troverà qualcuno che si metterà a leggerli davanti a un monitor in rete dalla prima strip del 1950 all’ultima del 2000. Cosa rimane dei Peanuts? Resta la verità dei personaggi, immortale nei nostri pensieri. La verità dell’ansia di Charlie Brown, per esempio, uno specchio della nostra. Restano gli insegnamenti di Schulz per gli autori suoi eredi: “Per un fumettista è estremamente importante essere un osservatore”. Resta la verità ma anche la sospensione 62 SETTEMBRE 2013 - BARRICATE Le strisce tributo che illustrano l’articolo sono un omaggio di Persichetti Bros, Singloids (singloids. com); Giuseppe Scapigliati, Vincenzina (www.vincenzina. net); Sauro Ciantini, Palmiro (www. palmiro.it); Pino Creanza, Tom & Ponsi (www. pinocreanza.it); la vignetta è di Davide Caviglia (strolippo. wordpress.com). LINGUAGGI GRAFICI: BALLOON magica dell’incredulità quando un cane dorme e scrive a macchina sul tetto spiovente di una cuccia. I Peanuts erano tutto questo assieme. I Peanuts che valore hanno oggi? Stanno su quello stretto confine tra vecchio e classico. È forse ancora presto per dirlo. Sono messi molto bene per la seconda opzione, quella della classicità, del valore senza tempo, come Mozart e Beatles, come i paperi e topi di Disney. Dipende da quanto saranno apprezzati dalle nuove generazioni. Se quella splendida miscela di umorismo, poesia, filosofia, disegno minimale espressivo saprà dire qualcosa anche a qualche prossimo lattante alfabetizzato, se sapranno conquistarlo fino a non poterne far a meno come è capitato a noi, allora sì, saranno un classico. Combattono la stessa nostra battaglia per la salvezza di un genere di fumetto bellissimo, quello che ha dato origine a tutti gli altri, il più popolare e universale quanto a lettori. Allo stesso tempo, serve liberarsi del loro retaggio, soprattutto dei rimpianti del passato, di quello stato di striscia zombie che fa tanto “ah, le strisce di una volta, quelle sì che erano belle”. Schulz non ne ha più bisogno per assurgere all’empireo. Diamo ai Peanuts il loro posto nell’olimpo delle raccolte, assieme alle altre serie divine del secolo scorso, Krazy Kat, Little Nemo, Pogo, B.C. e tanti altri. A nessuno salta in mente di riproporli tutti i giorni. Spazio allora su quotidiani e periodici alle nuove strip creative. Ce ne sono, nel mondo e in Italia, il genere è vitale come sempre. Elaboriamo il lutto per la fine dei Peanuts e di Calvin & Hobbes, noi lettori, la critica fumettistica, gli autori, gli editori. Si ringraziano i disegnatori Ciantini, Creanza, Scapigliati, Persichetti Bros e Cavezzali, autori delle strisce e della vignetta che corredano questo articolo. SETTEMBRE 2013 - BARRICATE 63 www.ettorebaldo.it www.vincenzina.net www.pinocreanza.it www.palmiro.it www.singloids.com
© Copyright 2024 ExpyDoc