BARRICATE n°5

EDITORIALE
COLOPHON
BARRICATE
L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO
anno 1°_ numero 5 _ SETTEMBRE - OTTOBRE 2013
registrazione Tribunale di Pesaro
n°7/2012 del 23/08/2012
DIRETTORE RESPONSABILE
Giancarlo Ridolfi
DIRETTRICE DI REDAZIONE
Maria Chiara Ballerini
REDATTORI
Michele Boato, Martino Campagnoli, Matthias
Canapini, Eleonora Celi, Franco Cittadini, Fabrizio
Cracolici, Mauro Ferri, Lidia Giannotti, Fabio
Greggio, Giancarlo Iacchini, Domenico Alessandro
Mascialino, Germano Montanari, Max Olla, Laura
Tussi, Mao Valpiana
DISEGNATORI
Elisa Bee, Andrea Bersani, Dario Campagna,
Martino Campagnoli, Luciano Capitini, Davide
Caviglia, Massimo Cavezzali, Davide Ceccon, Maja
Celija, Sauro Ciantini, Alberto Corradi, Pino
Creanza, Fabrizio “Bicio” Fabbri, Riccardo Frizzoni,
Pasquale La Forgia, Ivan “Hurricane” Manuppelli,
Stefano Milani, Davide Pascutti, Michele
Petrucci, Redazione Pressenza, Sergio Ponchione,
Simone “Nigraz” Pontieri, Andrea Pulito, Elena
Rapa, Giuseppe Scapigliati, Danilo “Dast” Strulato,
SS-Sunda, Stefano “Persichetti Bros” Tartarotti,
Pasquale “Squaz” Todisco, Stefano Zattera.
FOTOGRAFI
Archivio Acanto, Matthias Canapini, Fabio Greggio,
Insidefoto, Luciano Manna, Pressenza
WEB
Walter Del Prete – E-Leva
GRAFICA
Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani
IMPAGINAZIONE
Susanna Galeotti, Acanto
STAMPA
Tipolito SAT - Pesaro
DISTRIBUZIONE IN LIBRERIA
Joo Distribuzione – Via F. Argelati, 35 – Milano
EDITORE
Italo Campagnoli
SEDE LEGALE
Strada di Monteballante, 12 - 61122 - Pesaro
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[email protected]
www.barricate.net
COPERTINA
Stefano Zattera
di Maria Chiara Ballerini
Due milioni di rifugiati nei paesi limitrofi, oltre quattromila giunti via mare sulle
coste italiane, quattro milioni di sfollati interni e almeno novantamila morti,
verosimilmente molti di più. L’emergenza umanitaria in Siria –come afferma
l’Alto Commissariato dell’ONU per i Rifugiati – è “la grande tragedia di questo
secolo, una vergognosa calamità umanitaria con livelli di sofferenza e esodi
mai registrati nella storia più recente”.
Per affrontarla, USA in testa seguiti dalla sedicente democraticissima Francia
si preparano a un intervento militare, con l’Italia che tentenna sfogliando la
margherita: “ripudio sì, ripudio no”.
C’è una guerra civile e la si combatte con una guerra tra nazioni. Ovvero, fare
brace della pace e strame della Costituzione.
Il governo fa la guerra e il cittadino “medio” (in questo caso statunitense) continua la propria routine quotidiana fatta di villette in serie, auto costose e barbecue, mentre sullo sfondo del pianeta, troppo lontano per poter incidere sulla
sua vita, si consuma una tragedia che non potrà che ingigantirsi se alimentata
con le bombe.
È questo il mondo che vogliamo? Quasi nessuno, in cuor suo, direbbe sì.
Eppure, una condanna totale, incondizionata e inflessibile della guerra (fatta
ovvia eccezione per i movimenti pacifisti, voci troppo spesso disperse e isolate)
è sopraggiunta da una sola persona in grado di essere ascoltata: il Papa. Papa
Francesco. Il quale non si limita a implorare i potenti di ricordare che “la violenza e la guerra hanno il linguaggio della morte”, ma denuncia la necessità di
“dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve; dire no alla violenza
in tutte le sue forme; dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio
illegale. Ce n’è tanto! Ce n’è tanto! E sempre rimane il dubbio: questa guerra di
là, quest’altra di là … è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale?”
Qualcuno risponda. È davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere armi nel commercio illegale?
Il conflitto siriano forse non si prolungherebbe senza forniture ufficiali per il
governo e semi-clandestine per le forze ribelli. Le forniture di armi verso la
Siria (e ai paesi confinanti) sono aumentate a dismisura negli ultimi anni, anche
per opera dell’Italia, nonostante la bella legge 185/90 sull’esportazione di armamenti, puntualmente aggirata dai diversi governi.
In questo modo, anche se il nostro governo punterà a una risoluzione politica,
l’articolo 11 della Costituzione è già tradito.
La nostra pacifica e saggia Costituzione, periodicamente rinnegata o malamente applicata, come dimostrano i tentativi di affossamento dell’articolo 138, la
mancata applicazione del 53, gli aggiramenti del numero 1 e del numero 3. I
servizi e le interviste presenti in questo numero cercano di approfondire la
relazione tra alcuni aspetti fondamentali del nostro vivere e la Carta costituzionale, tra cui lavoro, diritti civili (intervista all’europarlamentare Silvia Costa), pace (Mao Valpiana e il Movimento nonviolento), fiscalità (Associazione
articolo 53).
Come sempre, i nostri disegnatori hanno realizzato illustrazioni e tavole che
accompagnano e potenziano i testi, secondo lo stile che ormai possiamo definire “da Barricate”, a cominciare dalla notevole copertina di Stefano Zattera.
Vorrei chiudere questo editoriale ancora con le parole di Papa Francesco,
perché oggi sono le uniche che in redazione condividiamo tutti, credenti e non
credenti. Perché tutti siamo convinti che la guerra chiama altra guerra e che il
nostro prossimo non è un nemico, ma è nostro fratello.
Che le sue parole luminose possano essere un faro in questi giorni così bui.
“La violenza e la guerra non è mai la via della pace! Ognuno si animi a guardare
nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai
tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che
rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione, guarda al dolore del tuo fratello … e non aggiungere altro dolore,
ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata; e questo non con lo
scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità.”
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LINGUAGGI GRAFICI: IVAN HURRICANE
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: DARIO CAMPAGNA
Dario Campagna
Nasce a Palermo negli anni
‘80. Frequenta le elementari con lode. Frequenta le
medie con lode. Frequenta il
liceo con infamia. Frequenta
l’università: la triennale con
infamia, la specialistica a
Urbino con lode. Si interessa al giornalismo senza
motivo. Collabora con varie
testate online e cartacee.
Diviene malauguratamente
giornalista pubblicista.
Viene chiamato da Vincino
a partecipare alla redazione
del settimanale di satira Il
Male di Vauro e Vincino. Disegna come un pazzo. Ama
il dinamico, il colorato e lo
sgangherato. Fa vignette
sulle boiate che gli passano
per la testa, sul suo blog, sui
social, per le riviste Mamma! e LeCool Roma.
[email protected]
dariocampagna.blogspot.it
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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ECONOMIA
Intervista a Roberto Errico
IDEE PER UNA FINANZA
A MISURA DI CITTADINO
Roberto Errico, membro del Forum per una nuova finanza pubblica e sociale,
spiega come il settore potrebbe essere riavvicinato ai bisogni dei cittadini
Domenico Alessandro Mascialino
Dott. Errico, quali associazioni fanno parte del vostro Forum?
Il Forum nasce da un appello
all’azione sulle questioni del debito pubblico e del credito, proveniente da associazioni come
Attac, Rivolta il debito, ReCommon, Smonta il debito e Centro nuovo modello di sviluppo.
Dopo due incontri molto partecipati a Roma al Teatro Valle
e alla Ri-Maflow, una fabbrica
occupata alle porte di Milano,
siamo sfociati nella forma di
Forum formato da diversi movimenti e gruppi che vogliono
lavorare su questi temi. Hanno
aderito numerose realtà, tra cui
i Cobas delle poste, il Forum italiano dell’acqua, alcuni pezzi di
varie organizzazioni sindacali e
l’Arci.
Quali sono le vostre idee per
riformare la finanza, e da cosa
scaturiscono?
Il luogo comune della “crisi” è
che non ci sono i soldi, che abbiamo vissuto al di sopra delle
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
Ph: Archivio Acanto
Dopo lo scoppio della crisi del debito, la finanza è stata oggetto delle
contestazioni di ampie fasce della
popolazione, in Italia e nel mondo. Di qui la necessità di trovare
idee per riformarla, almeno nei
punti nei quali più si concentrano
assurdità e privilegi, per riportarla
alla sua corretta funzione sociale.
Ne abbiamo parlato con Roberto
Errico, bancario, che assieme a
numerose associazioni italiane ha
avviato un Forum per cercare di
rendere virtuoso un settore ormai
nel centro del mirino.
nostre possibilità e quindi dobbiamo tirare la cinghia. Noi sosteniamo al contrario che i soldi
ci sono, perché innanzitutto ci
sono quelli dell’evasione fiscale,
che sono la punta dell’iceberg.
C’è un fisco che è diventato
sempre più amico dei ricchi e
ha colpito con sempre maggiore violenza i ceti meno abbienti,
basti pensare a come si è tirato
fuori il denaro negli ultimi anni.
Si è aumentata l’Iva ma non si è
andato a incidere sulle rendite.
Se si punta a rilanciare l’economia aumentando l’Iva, evidentemente l’obiettivo è quello di
continuare a colpire i ceti sociali
più bassi: disoccupati, pensionati, piccoli lavoratori autonomi. I soldi quindi ci sono, sono
nei forzieri nascosti dei paradisi
fiscali, nel risparmio degli italiani, specie quello postale. Da
qui la nostra campagna per una
Cassa depositi e prestiti, un ente
di diritto privato di proprietà
del Ministero delle finanze per
l’81% (per il 19% delle fondazioni bancarie), che dovrebbe
tirare fuori i soldi per pagare gli
interessi stratosferici sul debito.
Questo per noi è un tema centrale. Non vogliamo solo ripubblicizzare la Cdp, ma risocializzarla, il che significa riportarla
a finanziare a tassi calmierati gli
enti locali, rompendo il cappio
del Patto di stabilità. Inoltre la
Cdp e altri enti pubblici
dovrebbero sostituirsi alle banche, che non fanno più credito,
e fare prestiti a tasso molto agevolato alla piccola impresa che
Ph: Archivio Acanto
sta morendo, ai negozianti che
vengono devastati dall’arrivo di
outlet e megastore, e a chi vuole
aprire un’attività, magari di tipo
“ecosostenibile”.
Riguardo la sovranità monetaria e l’Euro, come vi posizionate?
Nel Forum ci sono diverse sensibilità. La mia posizione è che sia
un falso problema, perché uscire dall’Euro non sarebbe né una
tragedia né la liberazione dal
cappio dell’Europa. Semplicemente, porterebbe problemi iniziali abbastanza gravi e una stabilizzazione successiva durante
la quale non cambierebbe praticamente niente. Si tornerebbe
al sistema di prima con un’altra
moneta e probabilmente parecchia inflazione in più.
L’Europa potrebbe anche essere una prospettiva interessante,
ma è necessario rifarla da zero
perché questa è l’Europa della
tecnocrazia che si fa mercato.
Il problema centrale è quando il settore pubblico si mette
a fare il privato; bisognerebbe
riorientare il pubblico a fare il
pubblico. La sanità, ad esempio, o è pubblica o non è sanità,
così come la scuola. All’Europa
si può anche mettere mano, ma
bisogna ragionare in modo com-
Ph: Archivio Acanto
BARRICATE E PALAZZI
pletamente opposto a come si fa
adesso. È chiaro che, dal punto
di vista di Paesi come la Grecia,
l’Europa ha dato il peggio di
sé, ed è normale che i greci vogliano uscirne, dopo essere stati
ridotti in stato comatoso e non
potendo certamente riuscire a
restituire i prestiti. L’Europa attuale, insomma, è una robaccia,
ma non è detto che si debba buttarla completamente a mare.
Nel dibattito fra neoliberisti
e neokeynesiani, avete delle
preferenze o rifiutate entrambi i modelli?
Senza dubbio siamo antiliberisti.
Riguardo le politiche keynesiane, trovo che funzionino bene
in un’economia chiusa. Il moltiplicatore keynesiano funziona
quando le frontiere sono tendenzialmente chiuse e quando
il consumo che aumenta grazie
all’investimento pubblico si
orienta verso prodotti interni, verso aziende interne. Fare
keynesismo oggi in un Paese
come l’Italia, che importa molto
più di quanto esporta (pensiamo
a petrolio e prodotti informatici), vorrebbe dire finanziare la
crescita della Cina. Penso che
se Keynes fosse tra noi, si chiederebbe come affrontare il tema
della globalizzazione, se essere
chiusi o aperti. Anche su questo
si discute molto. Se politiche
macroeconomiche espansive potrebbero aiutare la ripresa, dobbiamo anche capire che tipo di
ripresa. Negli Usa si è stampata
moneta in quantità industriale,
con tre round di Quantitative
Easing della Federal Reserve, i
soldi sono stati dati alle banche,
che invece di usarli per aiutare
la popolazione hanno investito
in borsa perché è più remunerativo che seguire un’impresa che
cresce in 15-20 anni. Si sta creando così un’altra bolla. Anche
in Giappone si sono fatte operazioni simili. Quindi alle banche
conviene più investire in titoli
azionari a breve termine che ragionare su come far ripartire l’economia. A riprova di questo, il
6,7% dei cittadini americani nel
2012 sono risultati sotto la soglia di povertà assoluta, e il 20%
al di sotto della soglia di povertà
relativa. I dati più alti dal 1950.
Quindi stampare moneta non
è tanto utile se va solo ad alimentare l’economia finanziaria.
Meglio ragionare sul riprendere
le leve del credito, ed ecco ritornare la campagna sulla Cassa
depositi e prestiti, e ragionare
su come gestire la questione del
debito.
Lei ha parlato della Banca
centrale americana. Visto che
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Ph: Archivio Acanto
questa, come quella italiana,
è privata, non sarebbe il caso
che fossero nazionalizzate per
diminuire gli oneri dello Stato
verso di loro?
Si, la Banca d’Italia è di proprietà delle banche italiane. Il problema però non è nazionalizzare
la Banca d’Italia per trasformarla nell’ennesimo carrozzone del
pubblico che fa gli affari suoi,
dando finanziamenti in base alla
provenienza territoriale del Ministro dell’Industria. Il problema
è andare oltre le forme del pubblico e privato. Occorre iniziare
a ragionare sul fatto che, più che
banche pubbliche e basta, servono banche che siano socializzate, un pubblico che sia permeato
dalle esigenze delle comunità
locali. In modo che intorno a
questa banca, pubblica o privata
che sia, non si crei un grumo di
potere che orienta il credito in
un senso o nell’altro. È su questo
che bisogna aprire un ragionamento. È storia che gran parte
delle banche che si sono formate
sul territorio erano governate da
entità locali, magari potentati,
ma la forma in sé già c’era, erano
attività collaterali allo sviluppo
del territorio. Bisognerebbe aggiornare questo modello, sostituendo al potentato dell’800 la
cittadinanza. La banca vive dei
depositi dei clienti, quindi l’interesse dei risparmiatori dovrebbe
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
essere preponderante, accanto a
quello dei lavoratori della banca
e al peso della comunità locale
nel suo complesso. Va ridefinito
il concetto di come si fa banca e
chi ne sia proprietario.
A livello politico, come vi rapportate nei confronti dei progetti di democrazia diretta?
Siamo sicuramente d’accordo
con i progetti di democrazia diretta, ma bisogna intendersi sul
concetto di quest’ultima. Il dibattito in merito è ancora vago
e a volte si ripetono le stesse
dinamiche della democrazia
rappresentativa. Quello che si
potrà fare in questo ambito lo
vedremo strada facendo. Direi
che questa è una fase in cui non
bisogna stare né con le istituzioni né contro, ma attraversarle. I
conflitti vanno costruiti a partire da una relazione istituzionale,
ad esempio con i piccoli comuni,
che stanno morendo. I sindaci
sono diventati dei vigili urbani
del Patto di stabilità.
Altre idee per una migliore
economia scaturite dal vostro
Forum?
Stiamo cercando di stabilire
buone relazioni con le Mag, che
sono mutue autogestite, gruppi
di persone che mettono assieme
parte dei loro risparmi per piccoli progetti simili al microcredito, ma più imperniati sull’eticità. L’altro punto riguarda le
banche: le proposte dei legislatori dei vari Paesi partono dal
presupposto che non si deve negare la banca universale, che è
quella che gestisce i depositi dei
propri clienti ma fa anche operazioni strumentali e così via. Il
vero tema su cui confrontarsi è
come separare il risparmio dalla speculazione. Per fare questo
ragionamento occorre capire
come è possibile risocializzare
alcuni istituti. È necessaria una
banca pubblica che sia permeata dalle necessità locali che
emergono dal basso, che faccia
quello che non fa più nessuno
in nessuna parte del mondo,
cioè prestiti a tasso agevolato
per le cose di pubblica utilità o
per aiutare le persone che sono
state più colpite dalla crisi. Non
penso che stiamo parlando di assaltare il Palazzo d’Inverno. Eppure potremmo essere accusati
di radicalismo, perché in questo
momento chiunque non segua
i diktat che vengono espressi
dall’alto è un radicale, uno che
vive fuori dal mondo, uno che
vuole vivere al di fuori delle
proprie possibilità. Noi rigettiamo tutte queste accuse, che non
hanno niente di concreto ma che
spesso vengono rilanciate dai
media.
www.perunanuovafinanzapubblica.it
LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE PASCUTTI
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LINGUAGGI GRAFICI: LA FORGIA PASQUALE
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
BARRICATE E PALAZZI
SIGNORAGGIO
Intervista ad Antonio Miclavez
UN CONTINENTE DI EUROSCHIAVI
Antonio Miclavez, tra i primi in Italia a denunciare il fenomeno del
signoraggio bancario, ci spiega il problema e le possibili soluzioni
Domenico Alessandro Mascialino
Il signoraggio è uno di quegli argomenti tabù sui giornali e nei
luoghi della politica. Tant’è che
chi ne parla viene di solito tacciato come “complottista”.
Antonio Miclavez, autore nel
2005 del libro “Euroschiavi” assieme all’avvocato Marco Della
Luna, è stato uno dei primi nel
nostro Paese ad occuparsi del
tema della creazione della moneta e dei profitti che ne derivano
per gli istituti di credito, a fronte
di un crescente indebitamento per
i cittadini. E a notare come l’Euro
e l’Unione Europea abbiano rapidamente peggiorato la situazione.
Dott. Miclavez, ci
spiega in che cosa
consistono i fenomeni del signoraggio primario
e di quello cosiddetto secondario?
Partiamo dal fatto
che uno Stato sovrano dovrebbe creare il proprio denaro. E di solito crea il
denaro coniando monete, stampando banconote o aprendo
La Comunità Europea è stata creata per
toglierci le identità
nazionali e farci a
pezzi con le liberalizzazioni
conti bancari. Il signoraggio è
la differenza tra il valore scritto
sopra la moneta e quanto costa
produrla, quindi l’utile che se
ne ricava. Il signoraggio primario è il vantaggio che ottiene in
questo modo una banca centrale.
Questa dovrebbe essere una
banca nazionale, cioè del popolo; invece le banche centrali,
come la Banca d’Italia, non lo
sono più. E se la banca centrale non è del popolo, ma privata, esige dallo Stato, in cambio
della moneta emessa, dei titoli
di Stato che equivalgono a dei
pagherò di quella somma più
un interesse. È uno specchietto
per le allodole per nascondere
il fatto che le banche centrali
prestano soldi creati dal nulla
agli Stati, facendo profitto su
di loro. Quindi il denaro liquido, circolante, derivante dal
signoraggio primario equivale
a 2mila miliardi, che vanno a
formare il debito pubblico.
Altri 5mila miliardi derivano
dal signoraggio secondario,
cioè dal fatto che le banche
Euroschiavi
In una nuova edizione ampliata
e aggiornata, il libro sul potere
monetario e sui mali della moneta, le cui tesi, talora bollate
come eresia quando apparvero,
sembrano drammaticamente confermate dai più recenti sviluppi
della crisi. L’incombente disastro socio-economico nasce dalla
natura della moneta che usiamo
tutti i giorni: la moneta-debito
che crea più debito di quanto
ne possa estinguere. Il continuo
crescere dell’indebitamento fa
sì che cresca incessantemente la
quota di reddito, privato e pubblico, che viene assorbita dalle
banche per interessi passivi. Ciò
ha eroso i margini di rendimento fino a costringere le imprese a
cessare o fallire. Questa è la causa
dell’attuale recessione. Ma anche
della nascita di un movimento
che ha preso il via nel 2010 con
la rivoluzione islandese contro
i banchieri che, con le loro speculazioni appoggiate dai politici, avevano portato l’isola dalla
prosperità alla crisi finanziaria.
Quella rivoluzione, pur non avendo recuperato la sovranità monetaria, ha avuto un clamoroso successo economico. Nel corso del
2011 si sono
attivati
movimenti di
massa in Grecia,
Spagna
(Indignados),
USA (Occupy
Wall Street),
Italia, Giappone.
Titolo: EUROSCHIAVI DEL SIGNORAGGIO – Banca d’Italia,
tasse e debito pubblico
Autori: Marco Della Luna e Antonio Miclavez
Editore: Arianna Editrice
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BARRICATE E PALAZZI
moltiplicano il denaro esisten- nazionali e farci a pezzi con le
te. Queste infatti arrivano a liberalizzazioni, a favore dei soprestare fino a 50 volte tanto liti che detengono le chiavi del
quello di cui sono realmente potere. L’Euro ne è stato l’atto
in possesso, essendo tenute per finale, speriamo che salti prelegge a mantenere una riserva sto.
di appena il 2% del denaro che Lei in passato ha denunciato
fanno circolare. Ci sono anche una forte difficoltà nel trattaaltri trucchi ma, in ogni caso, il re questi temi con la stampa
vero riciclaggio avviene quan- “mainstream”. Ora la situado si crea denaro, perché que- zione sta cambiando?
sto viene immesAlcuni giornalisti
so già sporco di Il denaro circolante
di testate famoun crimine, il
se, quando gliene
peggiore dei cri- che deriva dal signo- ho parlato, hanmini. Si tratta di raggio primario equi- no trovato scuse
un’appropriazio- vale a 2mila miliardi improbabili per
ne indebita della
evitare il tema. Ci
sovranità monetaria, che va a sono alcuni giornali meno conovantaggio solo delle banche.
sciuti che trattano l’argomento,
Perché la situazione con l’Eu- ultimamente poi ne hanno parro è peggiorata, rispetto alla lato anche le Iene e un deputato
Lira?
del Movimento 5 stelle. Quando
La Banca d’Italia era privata già uscì “Euroschiavi” fummo tra i
con la Lira, quindi la Lira subiva primi a parlarne, ora mi fa piagià il furto della sovranità mo- cere vedere che l’argomento si
netaria. L’Euro per prima cosa sta diffondendo.
ci ha inflazionato del 50%. Se- Spesso finora quando si parcondo, l’Euro viene creato dalla lava di signoraggio il tema
Banca Centrale Europea, che è veniva relegato nell’ambito
un collage di banche sedicen- delle bufale o giù di lì…
ti nazionali, in realtà private. Quando ne parlai con Beppe
Banchieri e assicuratori hanno Grillo e con Milena Gabanelli
creato questo grande gruppo, mi dissero: “Queste cose sono
una vera associazione a delin- enormi, la gente poi non ci
quere. Hanno creato una valuta crede”. La Gabanelli aggiunse:
che si scambia a tassi di cambio “Noi ci occupiamo di cose più
fissi, che ha consegnato i vari piccole”.
Stati alla mercé delle agenzie Il debito pubblico è una truffa
di rating e dei loro giudizi, con che fanno le banche e che pale conseguenze che abbiamo ghiamo con le tasse, ma anche
visto, ad esempio, in Grecia. È persone di cultura sembrano
una valuta di cui si avvantaggia non voler approfondire la cosa.
solo la Germania, che guadagna Quali soluzioni adduce per
su di noi, col signoraggio pri- risolvere il problema e creamario, il 5% all’anno.
re un’economia veramente al
In che modo l’Unione Euro- servizio dei cittadini?
pea si sta rivelando un maci- Se si va sul sito www.monetagno sulla vita politica ed eco- complementarecomunale.com
nomica italiana?
si può trovare la mia visione
La Comunità Europea è nata della moneta complementare.
per distruggerci. Le sue politi- Ce ne sono tante, e le ho stuche non sono andate a vantag- diate a lungo. Come insegnava
gio dei cittadini. Qualche anno Giacinto Auriti, che è stato un
fa, ad esempio, pagava milioni po’ il nostro maestro, la moneagli allevatori per ammazzare ta può essere creata anche dal
i bovini, favorendo la fine dei Comune, che la può emettere e
piccoli allevamenti. Inoltre co- distribuire per aiutare i cittadista tantissimo e i suoi burocra- ni. Una moneta fatta dal territoti fanno girare il denaro come rio per il territorio. Altrimenti,
vogliono loro. È stata creata possiamo solo sperare che sia lo
apposta per toglierci le identità Stato a tornare a crearla.
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SIGNORAGGIO
Il tema del signoraggio è stato inquadrato tra le varie teorie “complottiste”. Il problema è invece molto concreto,
anche se è vero che il signoraggio, pur generando debito,
difficilmente può esserne indicato come la causa prima.
Sicuramente rappresenta l’inizio del potere sterminato
delle banche private, libere di arricchirsi “vendendo” denaro stampato agli Stati, creando debito e prestando cifre
che sono in grado di coprire con le proprie riserve solo
per il 2%.
LA REDAZIONE DI BARRICATE PRECISA
In questa intervista riportiamo un’opinione che riteniamo
meritevole di attenzione e riflessione, nonostante nessuno
dei due autori del libro sia un economista di professione
e soprattutto senza sposare le scelte politiche, culturali e
comportamentali degli autori. In particolare ci sentiamo
distanti dalla scelta di Miclavez di candidarsi a sindaco di
Udine in una lista sostenuta da Forza Nuova.
LINK
Per chi desidera approfondire, può consultare il blog di
Andrea Bizzocchi che riporta una lunga e approfondita
intervista a Marco Della Luna:
www.andreabizzocchi.it/2011/schiavi-delle-banche-intervista-avv-marco-della-luna
GLI AUTORI
Antonio Miclavez nasce a Vienna
nel 1956. Dentista, imprenditore e
appassionato in tecniche di consapevolezza mentale, nel 2000 inizia
a interessarsi di macroeconomia e
in particolare di creazione del denaro. La sua ricerca culmina con la
pubblicazione, insieme all’avvocato Marco Della Luna, del volume “Euroschiavi”, best-seller che ha venduto 26 mila copie ed è arrivato ormai alla
quinta edizione. Nel 2013 è stato candidato sindaco alle
elezioni comunali di Udine dell’aprile 2013 in una lista
sostenuta da Federcontribuenti FVG, MG antiequitalia, FF
antiusura, anticasta FI, Forza Nuova.
Marco Della Luna nasce nel 1958 a Mantova, dove vive
e svolge la libera professione di avvocato.. Nel corso degli anni e degli studi approfondisce le tecniche
di manipolazione mentale collettiva e individuale anche religiose
(è coautore di “Neuroschiavi”, il
primo trattato generale sulla manipolazione mentale e neurale). In
seguito si interessa del potere monetario e degli strumenti monetari di dominazione e sfruttamento della società (signoraggio e altri), pubblicando
con il dr. A. Miclavez, il saggio “Euroschiavi” e con il
prof. Nino Galloni “La Moneta Copernicana”. È inoltre autore di altri saggi sulla dominazione del corpo sociale da
parte delle élites finanziarie, come “Basta Italia”, “Polli da
spennare”, e il recente “Oligarchia per popoli superflui”.
LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE CECCON
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COSTITUZIONE ITALIANA
CHI PUÒ SALVI LA COSTITUZIONE
Corrosa dall’interno della classe dirigente, presa di mira dagli economisti,
snobbata da qualche esperto di diritto, in parte sconosciuta dai cittadini.
Chi sono oggi i paladini della Magna Carta italiana?
Maria Chiara Ballerini
Giovane, sana e robusta. È la nostra Costituzione.
Una delle migliori al mondo, un capolavoro giuridico e democratico. Eppure spesso malamente
applicata, sempre più criticata e attaccata da più
fronti. Menti del pensiero liberale la ritengono
lunga, viziata, castrante. Per chi, c’è da chiedersi… Accanirsi sui limiti della Costituzione è come
intravedere una lucciola e far finta che il faro
abbagliante che ci sta davanti non esista. La vita
politica ha subito nel ventennio berlusconiano
un’accelerazione inaudita in termini di degrado
morale e culturale, ma anche oggi, nonostante
la recente ripulitura della facciata del Palazzo,
il tentativo di affossamento della Costituzione
progredisce semi-indisturbata ed espone i cittadini a rischi enormi nell’ambito dei diritti e della
libertà di azione.
Nel periodo attuale, in cui il nostro paese è governato da una classe politica non legittimata dal
voto ma designata dai partiti (v. legge Porcellum),
e proprio quando l’indice di gradimento e la credibilità verso la classe politica da parte dei cittadini sono al minimo, il governo intende mettere
mano alla Costituzione. E a cosa punta come primo obiettivo? Ad alterare per decreto -con una
proposta di modifica, un sorta di “deroga”- un articolo che appare
modesto ma è in Forze reazionarie,
realtà centrale, il
138, il quale stabi- gruppi privati e mullisce (guarda caso) tinazionali sembrano
regole, procedure voler ridurre all’osso
e tempi per cam- la già malconcia sobiare la Costituzio- vranità popolare, che
ne.
Con l’articolo 138, li intoppa nella loro
i padri e le madri libertà di manovra
costituenti -gente colta, lungimirante, illuminata da spirito antifascista- si erano
preoccupati di tutelare la Costituzione da facili
e leggere manipolazioni, elaborando una prassi
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
VOCI SOLIDALI
1- Alberto Lucarelli,
intervista tratta da Il
Fatto Quotidiano del
13 agosto 2013.
2- Da www.wallstreetitalia.com/article/1592227/euro/
jp-morgan-all-eurozona-sbarazzatevidelle-costituzioniantifasciste.aspx
l’attacco alla Costituzione avviene in concomitanza con spinte provenienti dall’estero (leggi:
USA) per cambiare le Costituzioni europee le
quali, nate in seguito alle dittature fasciste, contengono elementi eccessivamente democratici che
mettono i bastoni tra le ruote delle banche e dei
potentati economico-finanziari. Basta leggere
uno stralcio del documento che la JP Morgan ha
elaborato come consiglio per l’Europa a superare
la crisi del debito:
“I sistemi politici e
costituzionali del L’appello pubblicato
sud (Stati del sud dal Fatto Quotidiadell’Europa,
ndr) no contro la riforma
presentano tipica- presidenziale e in
mente le seguenti
difesa del 138, ha
c a ra t t e r i s t i c h e :
esecutivi deboli nei superato le 440mila
confronti dei par- firme
lamenti; governi
centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele
costituzionali dei diritti dei lavoratori; tecniche
di costruzione del consenso fondate sul clientelismo; e la licenza di protestare se vengono proposte sgradite modifiche dello status quo. La crisi
ha illustrato a quali conseguenze portino queste
caratteristiche.”2
Insomma, alterando il carattere fondante della
sufficientemente rigida affinché ogni modifica nostra Costituzione, forze reazionarie, gruppi
avvenisse nella garanzia di massima riflessione e privati e multinazionali sembrano mirare all’ocontrollo sui legislatori, e facendo in modo che i biettivo congiunto di ridurre all’osso la già malcambiamenti non potessero essere attuati “per concia sovranità popolare, che li intoppa nella
decreto”, ma solo attraverso un processo condi- loro libertà di manovra.
Ma non c’è attacco senza difesa. Sono numerose
viso.
Alberto Lucarelli, professore ordinario di Diritto in Italia le Associazioni che promuovono la lotta
costituzionale, afferma infatti : “La nostra Co- per la tutela della Costituzione, come Libertà e
stituzione si dice ‘rigida’ e la sua rigidità è data Giustizia, il Treno delle donne per la Costituzioproprio dal 138, cioè dal procedimento di revi- ne, Salviamo la Costituzione, Associazione Art.
sione particolarmente articolato. Ora, certo che 53, Comitati Dossetti per la Costituzione… Tutti
si può cambiare la Costituzione, ma non si può uniti nell’impegno affinché vivano in buona salucambiare la rigidità: non si può rendere più faci- te la Costituzione italiana e il principio di sovranile il processo di revisione della Carta. È il nodo tà popolare.
fondamentale. Per questo dietro al ddl si cela un Recentemente, diversi esponenti del mondo politico, giuridico, civico e sociale,
progetto politico (… ) I sostenitori
come Gustavo Zagrebelsky, Alesdi questo disegno di legge ci dico- Con l’articolo 138,
sandro Pace, Salvatore Borsellino,
no che è una deroga al 138. Ma così i padri e le madri
Salvatore Settis, don Luigi Ciotti e
non è. Non possiamo considerarlo costituenti si erano
tantissimi altri, hanno firmato un
una deroga per un semplice motipreoccupati di tutela- appello contro il decreto di legge di
vo: l’approvazione delle leggi costituzionali che poi ci saranno per via re la Costituzione da riforma costituzionale, pubblicato
di questo procedimento derogato- facili e leggere mani- dal Fatto come petizione che ha
superato le 440mila firme: “Non si
rio producono effetti permanenti polazioni
tratta di un intervento di ‘manutensul sistema costituzionale. Non è
zione’ ma di una riscrittura radicale
una deroga: va detto e ribadito.
Anche se si ammettesse che il nostro ordinamen- della nostra Carta fondamentale non consentita
to possa prevedere leggi costituzionali di deroga, dalla Costituzione, aperta all’arbitrio delle conquesto ddl non potrebbe essere qualificato come tingenti maggioranze parlamentari. Chiediamo
norma in deroga in quanto determina mutamenti che nell’esprimere il vostro voto in seconda lettura del provvedimento di modifica dell’articolo
definitivi.”1
Non appare stramba un’ulteriore coincidenza: 138, consideriate che la maggioranza parlamenSETTEMBRE 2013 - BARRICATE
13
VOCI SOLIDALI
tare dei due terzi dei componenti le Camere per
evitare il referendum confermativo, in ragione di
una legge elettorale che distorce gravemente e
incostituzionalmente la rappresentanza popolare, non coincide con la realtà politica del corpo
elettorale del nostro Paese. Rispettare questa
realtà, vuol dire esprimere in Parlamento un
voto che consenta l’indizione di un referendum
confermativo sulla revisione dell’articolo 138.
Vi chiediamo infine di escludere dalle materie di
competenza del Comitato per le riforme costituzionali la riforma del sistema elettorale che proprio per il suo significato politico rilevantissimo
ha un effetto distorsivo nell’ottica della revisione
costituzionale. È in gioco il futuro della nostra
democrazia. Assumetevi la responsabilità di garantirlo.”3
È in gioco il futuro della nostra democrazia. Senza un baluardo che protegga il principio di uguaglianza e di responsabilità dei cittadini, saremo
in balia dell’autoritarismo e della personalizzazione del potere, qualunque sia il personaggio di
turno che lo rappresenta fisicamente.
Chi può, salvi la Costituzione.
ALCUNI LINK
www.libertaegiustizia.it, sito di Libertà e Giustizia, associazione nata per essere “l’anello mancante fra i migliori fermenti della società e lo spazio ufficiale della politica”, nel 2004 ha
cominciato la sua lunga battaglia in difesa della Costituzione
http://trenodelledonneperlacostituzione.blogspot.it, blog
dell’ associazione Treno Delle donne in difesa della Costituzione, promosso dalla Rete delle Donne Siciliane Per la Rivoluzione Gentile
www.comitatidossetti.it, Comitati Dossetti per la Costituzione,
http://salviamolacostituzione.wordpress.com, sito dell’associazione Salviamo la Costituzione: aggiornarla, non demolirla
www.c3dem.it, Sito di Costituzione Concilio Cittadinanza.
Per una rete tra Cattolici e Democratici
Si segnalano inoltre i Comitati locali a difesa della Costituzione, presenti in diverse città italiane.
illustrazione Bicio Fabbri
3- www.
ilfattoquotidiano.
it/2013/07/26/
costituzionestravolta-firmecontro-presidenzialismo/667514/
Articolo 138
Le leggi di revisione della Costituzione e le
altre leggi costituzionali sono adottate da
ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi,
e sono approvate a maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a
referendum popolare quando, entro tre mesi
dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque Consigli
regionali. La legge sottoposta a referendum
non è promulgata, se non è approvata dalla
maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo
a referendum se la legge è stata approvata
nella seconda votazione da ciascuna delle
Camere a maggioranza di due terzi dei suoi
componenti.
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE CAVIGLIA
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
VOCI SOLIDALI
EUROPA E COSTITUZIONE
Intervista all’onorevole Silvia Costa
SILVIA COSTA, IL VOLTO
LUMINOSO DELL’EUROPA
Può l’Ue diventare un baluardo di rispetto e promozione dei diritti civili?
L’europarlamentare apre prospettive incoraggianti imperniate sul concetto
di cittadinanza universale
Maria Chiara Ballerini
1- Cfr. ultimo rapporto BES ISTATCNEL.
Onorevole Silvia Costa, sembra che alcuni principi della
Costituzione italiana non riescano ad essere applicati
adeguatamente. Come ritiene
si possano tutelare nella legislazione comunitaria i diritti
civili previsti nel nostro articolo 3?
La società civile si trova oggi
all’interno di un complesso processo culturale che mostra la
fine di un’epoca e l’incertezza
per la nuova che emerge all’orizzonte.
In Italia il dato reale è allarmante tanto quanto la sua percezione. Il tasso di occupazione per i
lavoratori tra i 20 e i 64 anni è
del 61.2%1, una situazione che
determina sfiducia per le istituzioni e nel futuro, tra i giovani in particolare. Bisogna aver
chiaro che, in tempi globalizzati
e difficili come questo, nessun
Paese può ottenere da solo le
risposte e gli strumenti adeguati ad assumere nuove categorie
politiche interpretative delle domande e delle attese della contemporaneità.
Il tema della dignità della persona umana si lega oggi indissolubilmente a quello della
cittadinanza europea, alle sfide
lanciate dalle cosiddette “nuove
cittadinanze” (economica, sociale, politica, amministrativa,
digitale), al rapporto tra territorio, cittadinanza e vincoli sociali, alla parità tra uomini e donne,
al tema della cittadinanza culturale europea e alla cittadinanza
attiva nella logica di sussidiarietà, ai diritti politici di cittadinanza, ai concetti di nazionalità
e minoranze, all’immigrazione
e ai nuovi confini dell’ Ue. Una
cittadinanza in cui la cultura dei
diritti incontra quella delle responsabilità, rendendo possibile la generazione di una nuova
cultura di solidarietà di cui si
sente sempre più la necessità e
l’urgenza. Considerando i diritti
umani come dato fondativo della cittadinanza, ci si rende conto
che ogni persona è titolare, in
quanto persona, di una cittadinanza universale “primaria”, a
cui solo in seconda istanza si affianca quella statuale.
L’agenda delle questioni all’ordine del giorno dell’Europa
e degli Stati Membri è ormai
davanti a noi: la denatalità e
l´invecchiamento, la questione
giovanile che oggi porta sulle
spalle la crisi, un nuovo welfare,
la centralità della cultura, educazione e innovazione per una
occupazione di qualità, le politiche di conciliazione tra famiglia
e lavoro per donne e uomini, il
ruolo dell’economia sociale, le
politiche di integrazione degli
immigrati e non solo di respingimento, la lotta alla criminalità
e alla corruzione, la tutela dei
minori, la promozione dei diritti
umani nel mondo.
In che modo si cerca di garantire ai cittadini dell’Unione
identiche opportunità?
Crescita intelligente, inclusiva
e sostenibile sono gli obiettivi
alla base della strategia Europa
2020. Il Parlamento europeo lavora su più fronti per raggiungere questi obiettivi che si stanno
traducendo in nuove politiche
e forti spostamenti di bilancio
di qui al 2020: più fondi per
l’educazione, l’istruzione e la
mobilità dei giovani. Un innalzamento consistente dei fondi
per la cultura, anche attraverso
il programma Europa Creativa
2014-2020 per la cultura e la
creatività, di cui sono relatrice,
e con la nostra proposta per il rilancio degli itinerari culturali e
religiosi europei. La risoluzione
2010 sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà
e la promozione di una società
inclusiva in Europa ha sostenuto
l’introduzione di sistemi di questo tipo in tutti gli Stati membri dell’Unione come il modo
più efficace per combattere la
povertà, garantire un adeguato
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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VOCI SOLIDALI
protezione a livello europeo
per le vittime di violenza di
genere?
Si parte dalla constatazione che
la violenza contro le donne persiste in tutti i paesi del mondo
come la violazione più diffusa
dei diritti umani. La nuova norma di diritto civile completa
l’Ordine di protezione europeo,
che già assicura una protezione
analoga nell’ambito del diritto
penale. Il regolamento, che si
applicherà direttamente in tutti gli Stati membri, garantirà
che la protezione accordata in
uno Stato membro sia mantenuta quando la vittima viaggia
o si trasferisce in un altro Stato
membro. Semplificherà inoltre
la procedura di richiesta di protezione, eliminando tutte le attuali formalità intermedie.
Contemporaneamente, è urgente impegnarsi per contrastare le
sussistenti violazioni della dignità della donna nel nostro Paese,
che sempre più spesso interessano anche le adolescenti, sulla
strada intrapresa attraverso il
movimento SeNonOraQuando,
con la grande manifestazione di
due anni e mezzo fa.
Lei ha parlato di cittadinanza europea. Tra gli italiani,
tuttavia, si sta diffondendo
un certo “euroscettiscismo”.
Come ritrovare fiducia?
È evidente che c’è bisogno di
essere vicini ai cittadini europei mettendo in atto azioni che
abbiano un impatto concreto e
sensibile sul contesto in cui vivono, sul loro territorio e sulla
loro condizione professionale e
familiare. Europa 2020, pur dovendosi piegare alle condizioni
di rigore e austerity dettate dalla
crisi economica globale, ha inteso queste come priorità: a parPh: Archivio Acanto
standard di vita e favorire l’integrazione sociale. La misura per
l’inclusione sociale prevista dal
Fondo sociale Europeo 20142020 e il nuovo strumento di
micro-finanza per le piccole imprese e le attività autonome rivolto in particolare alle persone
che incontrano difficoltà di accesso al credito tradizionale (disoccupati o lavoratori a rischio,
imprese dell’economia sociale).
Ancora, è al varo un nuovo
programma europeo per l’istituzione di un fondo per aiuti
alimentari e misure integrative
per le persone indigenti, per il
quale, in qualità di relatore ombra, ho presentato emendamenti sia in Commissione FEMM sia
in Commissione EMPL. Poi, gli
investimenti in innovazione tecnologica, ma anche sociale e di
servizi. Una politica di coesione
più efficace e mirata al recupero
di ritardi nello sviluppo di regioni europee. Una più avanzata
tutela della lavoratrice madre,
la riduzione della precarietà nel
lavoro dei giovani, sostenendo
l’innalzamento della istruzione
e delle competenze, l’apprendistato e la centralità del contratto a tempo indeterminato,
che deve essere più vantaggioso
economicamente per il datore di
lavoro.
Il senso di queste proposte è
nella difesa del modello sociale europeo, che non può essere
sacrificato sull’altare della crisi
economica, non comprendendo
che se si rompe la coesione sociale non ci sarà né sviluppo né
crescita né futuro.
Lei fa parte della Commissione Diritti della Donna e
Uguaglianza di Genere. Quali
pensa saranno gli effetti concreti dell’approvazione della
18
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
tire da esse, ogni Stato Membro
dovrà fare la sua parte e cogliere
appieno le opportunità che vengono dall’Ue. Un’azione sinergica, efficiente ed efficace può
dare risultati che restituiscono
forza all’azione comunitaria e
alle istituzioni europee, anche
agli occhi dei suoi cittadini.
Silvia Costa è nata a Firenze
nel 1949. Dopo la laurea in
Lettere moderne è diventata
giornalista professionista ed ha
collaborato a riviste, quotidiani e programmi televisivi della
Rai. Deputata alla Camera per
tre Legislature (1983-1994), è
stata membro effettivo della
Commissione Interni e quindi
della Commissione Cultura,
Scienza ed Istruzione.
Sottosegretario di Stato al
Ministero dell’Università, Ricerca Scientifica e Tecnologica (1993/94), nel Governo
Ciampi, è stata Presidente
della Commissione Pari opportunità tra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri fino al settembre
2000. Nel 2003 è stata insignita del titolo di Grande Ufficiale
della Repubblica dal Presidente Ciampi.
Dal 2005 al luglio 2009 è stata
assessore all’Istruzione, al Diritto allo Studio e alla Formazione della Regione Lazio.
Nel giugno 2009 è stata eletta
al Parlamento Europeo. È stata
eletta vicepresidente della Delegazione per le relazioni con
l’Iraq del Parlamento europeo
ed è componente delle Commissione Cultura e Istruzione
e componente supplente della
Commissione Diritti della Donna e Uguaglianza di Genere e
della Commissione per le Libertà Civili, la Giustizia e gli
Affari Interni.
www.silviacosta.it
LINGUAGGI GRAFICI: ANDREA BERSANI
Andrea Bersani
grafico, illustratore e
fumettista, vive e lavora a
Bologna.
www.andreabersani.it
RIDO AMARO
Cicogna Editore
Genere: satira politica
Pagine: 178
Prezzo: Euro 12,90
Acquistabile on-line
www.cicognaeditore.it
Avere l’occasione di
scrivere alcune righe su
Andrea Bersani, un caro
amico, è un piacere.
Il suo stile si avvale di una
grafica graffiante e moderna. Molto originale.
Le sue vignette e le sue
strips sono immediate
e fulminanti, piene di
critica ironia dalla quale
traspare una notevole
conoscenza della vita
politica e sociale italiana
e non. I suoi personaggi,
animali, umani o pupazzi
surreali son pazzeschi,
inimitabili!
Le sue battute sembrano
attingere da un pozzo
senza fondo, così come
sono, una via l’altra.
Una grande creatività.
Quando leggo le vignette
di Andrea e una battuta
veramente forte mi
colpisce, mi dico:
accidenti! questa è
bellissima, è la meglio di
tutte. Poi volto pagina e
zac. Eccone una ancora
meglio, e un’altra e un’altra ancora!
Ci si perde in un orgia di
risate. Andrea è persona
di carattere, come poche
ce ne sono. Ha spirito
di sacrificio e pazienza,
molta pazienza.
Sei grande Andrea!
GIOVANNI (GIO)
ROMANINI (fumettista).
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
19
LAVORO E COSTITUZIONE
ITALIA, REPUBBLICA DEMOCRATICA
FONDATA SUL LAVORO
L’analisi di Maurizio Landini, segretario nazionale della Fiom-Cgil
Giancarlo Iacchini
Lavoro e Costituzione: un binomio che si va cementando nelle coscienze dei cittadini più consapevoli, di fronte allo scempio di diritti e legalità che
le “leggi” impersonali dell’economia (e quelle ad
personam della politica) stanno portando avanti in
modo sempre più massiccio e pervasivo. Un binomio che potrebbe persino diventare il nome di un
nuovo movimento politico unitario, dopo la grande
manifestazione di protesta convocata a Roma per
il 5 ottobre da Stefano Rodotà e Maurizio Landini:
altro binomio, questo, che sintetizza con plastica
evidenza la necessità di unire appunto diritti civili
e diritti sociali. “Nel momento in cui l’economia detta indisturbata le sue regole e rischia di travolgere
come un bulldozer la vita delle persone – scandisce
con forza Rodotà – occorre ripristinare la centralità
del lavoro, inteso non solo nella sua materialità, pur
fondamentale, ma anche come terreno privilegiato
in cui si combatte la quotidiana battaglia per la legalità. Corte costituzionale, Cassazione e giudici ordinari non fanno altro che ribadire, con le loro sentenze, il nesso strettissimo tra lavoro, diritti e legalità
democratica”.
In piena sintonia il segretario nazionale della FiomCgil, Maurizio Landini, che parte dall’articolo 1 della Costituzione: “Di fatto è stato ormai stravolto.
Questa Repubblica non è più fondata sul lavoro, ma
sulla disoccupazione da un lato e, dall’altro, sulla
precarizzazione e sullo sfruttamento del lavoro che
c’è”1. La contraddizione tra la costituzione formale
e quella materiale non potrebbe essere più netta:
“Innanzitutto il lavoro manca. I livelli di disoccupazione si fanno sempre più preoccupanti in Italia e
in tutta Europa. E quando il lavoro c’è, è precario e
pagato poco. L’articolo 1 della Costituzione resta
ovviamente di fondamentale importanza, ma come
un ideale a cui tendere; un ideale da difendere, da
ricostruire, da realizzare. Ma faccio notare che il dibattito e la consapevolezza, a questo riguardo, sono
del tutto insufficienti. Come creare nuovi posti di
lavoro? Ma soprattutto: come far sì che la piena occupazione torni ad essere l’obiettivo dei governi?”.
E qui entra in ballo la politica, o meglio l’assenza di
politica nel nostro Paese: “Quando ormai quasi la
metà dell’elettorato non va più a votare, la democrazia perde consistenza, sia per i cittadini in generale
che per i lavoratori nei luoghi di lavoro. Il caso FIAT
20
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
è emblematico, come tentativo di affermare un nuovo sistema di gestione delle imprese, alternativo sia
alla Costituzione sia alla stessa civiltà europea, che
mette in discussione il diritto dei lavoratori a coalizzarsi per contrattare collettivamente
tutti gli aspetti del lavoro e scegliersi
L’articolo 1 della
la rappresentanza sindacale che vogliono. Ora vorrebbe essere l’impresa Costituzione resta di
a scegliersi il sindacato che preferisce, fondamentale
mettendo in un angolo o espellendo importanza
dalle fabbriche le organizzazioni non
gradite, quelle che si oppongono a
questo sistema aziendale e corporativo che mette al
centro non il lavoro, ma gli interessi della proprietà”.
L’Italia potrebbe essere definita oggi il paese più
precario d’Europa, prevedendo qualcosa come 46
forme di lavoro a tempo determinato con la presunzione, ormai miseramente fallita, di combattere in
questo modo la disoccupazione: “Nessuno può più
negare questa evidenza – incalza Landini – L’idea 1- Gli interventi
che per creare più posti di lavoro si debba accresce- di Landini sono
tratti dal semire la precarietà è stata dimostrata falsa dall’espe- nario “Lavoro
rienza. Al contrario, abbiamo visto che precarietà e Costituzione”
a Roma il
e disoccupazione aumentano simultaneamente. tenutosi
25 maggio 2012:
Su questo c’è anche una responsabilità del sinda- www.youtube.com
cato: Cgil, Cisl e Uil non sono mai state d’accordo, /watch?v=
BEtwMmv61js
lasciando così che andasse avanti la frantumazione
VOCI SOLIDALI
stribuzione a rovescio della ricchezza, a discapito
del lavoro, è stata di ben 20 punti! I salari reali sono
pesantemente diminuiti e la frantumazione delle
forme di lavoro smantella il principio che a parità
di lavoro debba esserci una uguale retribuzione.
Ma più in generale va affrontata una questione
determinante: chi decide, e dove si decidono, investimenti, prodotti e piani industriali? Con quali
impatti ambientali? Per rispondere a quali bisogni
reali della popolazione? L’enorme concentrazione
del potere privato, rappresentato per lo più dalla
finanza e dalle multinazionali, rende molto difficile
affrontare problemi – ad esempio quello dei costi
ecologici dello sviluppo industriale – che richiedono luoghi partecipati (e non ristretti) di discussione
e deliberazione. Serve insomma un allargamento
della democrazia e della partecipazione, da cui nadel lavoro e che si smantellassero progressivamen- sca un nuovo intervento pubblico nell’economia
te quei diritti riconosciuti dallo Statuto dei lavora- capace di restituire alle imprese una funzione sociatori, a partire dalla libertà delle persone anche nei le. Servirebbe un piano straordinario di interventi
luoghi di lavoro. Non solo la libertà di fare sindacato, pubblici, ad esempio per la difesa del territorio, che
ma anche quella elementare di esprimere le proprie avesse alla base una grande partecipazione demoidee, muovere delle critiche alla direzione azienda- cratica a livello comunale e regionale, con la sinergia
le, esprimere un dissenso e un’oppodi lavoro, università, imprese ed enti
sizione. Oggi per queste cose si può
locali. Bisogna rimettere al centro il
essere licenziati anche senza ‘giusta L’Italia potrebbe
lavoro come bene comune e interescausa’, perché se anche l’azienda do- essere definita oggi
se generale, costruendo una società
vesse perdere il ricorso, le bastereb- il paese più precario
fondata sulla giustizia e su una magbe monetizzare il danno per il lavora- d’Europa, prevedendo giore uguaglianza nei diritti e nella
tore, senza più doverlo riassumere:
distribuzione della ricchezza, sulla
una specie di elemosina. Si tratta di 46 forme di lavoro a
qualità del lavoro, su un modello di
una regressione particolarmente tempo determinato
sviluppo più rispettoso delle persone
grave sul piano dei diritti”.
con la presunzione di e dell’ambiente”.
Il ricatto della disoccupazione con- combattere la
La disamina di Maurizio Landini si
sente al management dell’impresa
chiude con una domanda-chiave;
disoccupazione
di impugnare la pistola dalla parte
purtroppo, in buona parte, una dodel manico, poiché perdere il lavoro
manda retorica: “C’è oggi nel nostro
con pochissime possibilità di trovarne un altro ren- Paese una forza politica che assuma fino in fondo,
de il dipendente più debole e appunto ricattabile: come suo obiettivo, l’interesse dei lavoratori e dei
“Basterebbe introdurre un reddito di cittadinanza disoccupati anziché quello dell’economia, dei suoi
come si fa in molti Paesi d’Europa – osserva Landini presunti obblighi e delle sue cosiddette compatibi– per disinnescare almeno in parte questa situazio- lità?”.
ne, sottraendo il lavoratore alla spada di Damocle
dell’assenza di reddito quando si trova a perdere il
posto”. Per questo non sono separabili i diritti dei lavoratori da quelli dei cittadini in generale: “Dal mio
punto di vista, parlare oggi di lavoro e Costituzione
Art. 1
significa non solo tradurre in realtà l’articolo 1, ma
L’Italia è una Repubblica democratica, fonapplicare anche ai luoghi di lavoro tutti i diritti di lidata sul lavoro. La sovranità appartiene al
bertà ed eguaglianza sanciti dalla nostra Carta fonpopolo, che la esercita nelle forme e nei limidamentale. Questo finora non è stato fatto per reti della Costituzione.
sponsabilità di molti soggetti, sindacato compreso.
Pensiamo alla mancanza di una legge sulla rappreArt. 4
sentanza, che nega ai lavoratori il diritto di votare
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il
per farsi rappresentare da chi vogliono ed anche per
diritto al lavoro e promuove le condizioni
esprimere consenso o dissenso rispetto agli accordi
che rendano effettivo questo diritto.
sottoscritti dalle organizzazioni sindacali”.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, seMa alzando ancora di più lo sguardo, è l’assetto
condo le proprie possibilità e la propria scelcomplessivo della società che andrebbe messo in
discussione. “Quindici anni fa il 30% del PIL andava
ta, un’attività o una funzione che concorra al
a profitti e rendite, e tutto il resto (salari, stipendi,
progresso materiale o spirituale della società.
pensioni) andava al lavoro; da allora ad oggi la rediSETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: ELI BEE
22
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
VOCI SOLIDALI
SOLIDARIETÀ E COSTITUZIONE
IL MIRAGGIO DELL’UGUAGLIANZA
E DELLA DIGNITÀ SOCIALE
Ovvero quanto l’articolo 3 della Costituzione sia ben lontano dal suo
compimento e come solo il volontariato e l’associazionismo facciano le
veci dello Stato
illustrazioni Eli Bee
Eleonora Celi
L’Articolo 3 della Costituzione italiana contiene
alcuni dei concetti più significativi della nostra
Repubblica, intimamente legati a valori e diritti
proclamati sia dalla Rivoluzione Francese che dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Il principio di uguaglianza segna l’ingresso nella
modernità, la rottura con un passato in cui la titolarità dei diritti e dei doveri dipendeva dall’estrazione sociale, dalla religione o dal sesso di appartenenza. Ma cosa implica un’uguaglianza formale
e sostanziale? E cos’è (diventata) la dignità sociale? Tutti dovrebbero avere medesimi diritti e doveri ed essere sottoposti, in egual misura, alla legge. Allo stesso modo, tutti dovrebbero poter
salvaguardare la propria onorabilità e difendere
il proprio valore morale all’interno della società.
Sono infiniti i concetti connessi e le dissertazioni
possibili. Eppure, nessuna puntuale spiegazione
sarebbe sufficiente a giustificare il perdurare di
discriminazioni, divaricazioni, posizioni consolidate di svantaggio, mancanza di pari opportunità,
che l’Italia fronteggia ancora e, forse, ancor di più,
oggi.
Il compito dello Stato dovrebbe essere quello di
agire concretamente per mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza, aiutando chi ha meno
e non favorendo chi ha molto. Ma le disparità di
trattamento sono parte delle nostre vite quotidiane, tanto da essere universalmente considerata
un’eccezione trovarsi in circostanze opposte. Si
discrimina quando si trattano in maniera uguale
situazioni diverse, ma non di meno quando si trattano in maniera diverse situazioni uguali.
Ad ogni livello della società, c’è chi deve continuare a combattere per vedersi riconosciuti alcuni
diritti fondamentali. E l’uguaglianza è ancora un
concetto precario e aleatorio.
Per questa ragione, nessuno si sorprende se un
Ministro viene ripetutamente insultato da soggetti politici, nessuno si scandalizza se un divorziato è
costretto a dormire per strada e a vivere di stenti o se una donna viene licenziata al rientro dalla
maternità, nessuno si sente turbato se una coppia
gay viene schernita e allontanata da luoghi pubblici. O meglio, tutti ci sentiamo apparentemente
dalla stessa parte della barricata, tutti crediamo
di voler condannare tali e tante ingiustizie. Tuttavia, nella vita di tutti i giorni, ognuno di noi si vede
travolto dall’indifferenza, consapevole o involontaria, accettando per noi stessi, o per chi ci sta intorno, continue manifestazioni di discriminazione
e disuguaglianza.
Per quanto siano ancora evidenti le difficoltà a
tollerare le differenze “di sesso, di razza, di lingua,
di religione, di opinioni politiche”, nell’ultimo decennio sono le distinzioni di “condizioni”, derivanti
dall’aspetto economico, il fulcro delle disparità sociali in continuo aumento. Sono forse meno lampanti, ma più devastanti, le problematiche relative
alla crisi del sistema Europa e di un sistema Paese
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
23
che non ha saputo produrre politiche assistenzialistiche in grado di garantire “il pieno sviluppo della persona umana”.
Come ricorda il Financial Times in una sua recente
indagine relativa agli USA1, una società libera e di
mercato è basata sull’idea che ciascuno abbia la
possibilità di raggiungere il suo massimo potenziale. E noi, ci siamo persi da qualche parte lungo
il cammino?
L’Italia è il Paese dove è più grande la ricchezza privata, più della Francia e della Germania. Secondo
uno studio di Bankitalia, la somma di case, soldi
cash nei conto correnti e soldi investiti in titoli e
azioni ammonterebbe a 9mila miliardi di euro,
quasi cinque volte il debito pubblico italiano. D’altro canto, secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat,
gli italiani si scoprono ogni anno più poveri2 e non
riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per
una vita dignitosa. Il divario tra ricchi e poveri sta
diventando incolmabile, con un 10% dei cittadini
che possiede il 50% di tutta la ricchezza privata
del Paese. Dov’è finita l’uguaglianza?
Lo stipendio medio, di chi è tra i fortunati in Italia
a lavorare, supera di soli 200 euro la soglia di povertà. E allora può bastare una bolletta più alta, o
una spesa di manutenzione, a far crollare non solo
il senso di dignità, ma la possibilità di sopravvivenza di milioni di individui e di un’intera nazione. E
la situazione sarebbe ancora più drammatica se
non esistessero associazioni di volontariato che
operano per la difesa dei diritti e che garantiscono
l’attuazione, almeno parziale, della nostra meravigliosa Costituzione.
Per tornare a crescere, a sviluppare la propria
personalità, bisognerebbe prima imparare ad
indignarsi. Indignarsi, come suggeriva il celebre
Stéphane Hessel3, di fronte al mancato rispetto
di principi che, quasi 70 anni fa, sono stati ritenuti
fondamentali: “Spetta a noi, tutti insieme, vigilare
perché la nostra società sia una società di cui andare fieri. [...] L’interesse generale deve prevalere
sull’interesse particolare, l’equa distribuzione delle ricchezze prodotte dal mondo del lavoro deve
prevalere sul potere del denaro. […] Il divario tra i
più poveri e i più ricchi non è mai stato così significativo; e mai la corsa al denaro, la competizione,
erano state a tal punto incoraggiate”. L’economista
francese François Bourguignon si è concentrato
sul tanto discusso rapporto tra Disuguaglianza
e Crescita4, affermando che esiste un orizzonte
possibile in cui la crescita favorisca anche una riduzione della distanza tra ricchi e poveri, ma è un
orizzonte in cui la politica economica deve muoversi con cautela, correggendo gli eccessi, intervenendo dove ci sono margini per redistribuire
senza affossare l’istinto di impresa, preservando
soprattutto l’uguaglianza delle possibilità (come
l’accesso all’istruzione).
Ma, nonostante la presenza di strumenti e potenzialità, le prospettive future sembrano volerci
attrarre verso il trapassato, i nostri Governi continuano ad aumentare gli eccessi e a rendere unico sovrano l’interesse particolare. E noi, cittadini
comuni stanchi e provati, rischiamo di dirigerci
verso l’arrendevolezza, verso l’accettazione di ciò
che è insostenibile. Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale equivale a sentirsi parte di
uno stesso, enorme gruppo di persone che lottano
per la propria dignità. Per far sì che l’uguaglianza
sostanziale non sia solo un obiettivo tendenziale,
ma la linfa che guida ogni coscienza civile nel “libero sviluppo della sua personalità”.5
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
24
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
1- Tim Harford,
“How the wealthy
keep themselves
on top”, Financial
Times, 15 agosto
2013.
2- Nel 2012, le
persone in povertà
relativa sono
il 15,8% della
popolazione, quelle
in povertà assoluta
l’8%. Fonte: “La
povertà in Italia”,
Istat, luglio 2013.
3- Stéphane Hessel(1917– 2013),
combattente nella
Resistenza Francese
durante la II guerra
mondiale, con il piccolo libro “Indignezvous!”(Indignatevi!)
ha riscosso un
incredibile successo
a livello mondiale, contribuendo
alla nascita del
movimento giovanile
degli Indignados e
ispirando quello di
Occupy Wall Street.
4- Bourguignon, La
globalizzazione della
disuguaglianza,
Codice Edizioni,
Torino 2013
5- Dall’Art. 22
della Dichiarazione
Universale dei Diritti
dell’Uomo.
VOCI SOLIDALI
PACE E COSTITUZIONE
ARTICOLO 11: RIPUDIAMO O
NON RIPUDIAMO?
Disarmo unilaterale e opposizione preventiva.
La proposta del movimento nonviolento per evitare la guerra
Mao Valpiana
“La fede politica gioca alla guerra” - Illustrazione di Dast
L’Italia ripudia la guerra (art. 11). Termine fortissimo,
scelto dai costituenti per dire che non si riconosce
più come proprio qualcosa che fino a quel momento
era pur nostro. Ripudiare significa respingere una
persona che abbia avuto con noi un legame sociale
o affettivo, non volendo più accettare come giuridicamente o sentimentalmente valido tale legame.
Dunque è una rottura definitiva con la guerra. Buttata fuori di casa, cacciata dalla famiglia italiana con
ignominia e vergogna. Da poco era caduta la dittatura fascista con il regime nazista, e da poco erano
terminati gli orrori della seconda guerra mondiale;
il popolo era stanco di sangue e forte si levava il grido “mai più Auschwitz”.
La Costituzione utilizza un altro termine forte e unico per definire la necessità di difesa: “La difesa della
Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52). Parola
che evoca dogmi di fede. Se ti attaccano, difenderti è legittimo, ma la Costituzione non ci dice come
dobbiamo difenderci. Dice solo che il cittadino deve
difendere la comunità, e lascia aperta la questione
dei metodi: con le armi o con la nonviolenza? Questa è una scelta politica che spetta al popolo.
Per noi nonviolenti resta la contraddizione, irrisolta, di ripudiare la guerra per principio, ma di mantenere le strutture belliche che la guerra rendono
possibile: l’esercito e le armi.
Per uscire dall’apparente contraddizione fra chi
è sempre, e comunque, contro la guerra e chi è
favorevole, a volte, ad azioni di forza, bisogna saper vedere la differenza che c’è tra la guerra e un
intervento armato; tra un esercito e una polizia
internazionale. I nonviolenti sono sempre stati favorevoli alla Legge e alla Polizia, due istituzioni che
servono a garantire i deboli dai soprusi dei violenti.
È per questo che da anni sono impegnati, a partire
dalle iniziative europee di Alexander Langer, sia sul
fronte del Diritto e dei Tribunali Internazionali, sia
per l’istituzione di Corpi Civili di Pace. Da sempre i
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
25
VOCI SOLIDALI
nonviolenti chiedono la diminuzione dei bilanci militari e il sostegno finanziario alla creazione di una
polizia internazionale che intervenga nei conflitti a
tutela delle parti lese, per disarmare l’aggressore e
ristabilire il Diritto.
Contemporaneamente al sostegno di questi progetti, i nonviolenti sono contro la preparazione
della guerra (qualsiasi guerra: di attacco, di difesa, umanitaria, chirurgica o preventiva), contro il
commercio delle armi, contro gli eserciti nazionali, contro i bilanci militari, e lo fanno anche con le
varie forme di obiezione di coscienza. La proposta
politica di noi nonviolenti non è l’utopia del disarmo
mondiale, bensì il realismo del disarmo unilaterale.
Vogliamo uno stato che rinunci al proprio esercito
militare e si impegni a fornire mezzi, soldi e personale per la polizia internazionale sotto egida delle
Nazioni Unite. Dire no alla guerra quando questa è
scoppiata, non serve a nulla; bisogna lavorare prima per prevenire il conflitto armato. Innanzitutto
abolendo gli eserciti e dotandosi invece degli strumenti efficaci per fermare chi la guerra la vuole fare
comunque. Questa strategia nonviolenta si chiama
disarmo unilaterale. La storia, anche recente, ha dimostrato che gesti concreti di disarmo unilaterale
ottengono risultati decisivi.
Di fronte all’installazione nei paesi della Nato dei
missili nucleari Cruise, la risposta di Gorbaciov fu il
ritiro dei missili nucleari SS 20 dai paesi del Patto
di Varsavia. Fu un gesto clamoroso, che diede l’avvio al processo di distensione e contribuì al declino
(senza spargimento di sangue) di tanti regimi dittatoriali e al crollo del muro di Berlino.
La facile obiezione al disarmo unilaterale è che si
rimarrebbe senza difesa. Ci accusano di esporci, in
questo modo, ai capricci dei tanti dittatori che potrebbero colpire indisturbati i nostri “interessi vitali” nel mondo (leggi, fonti di energia).
In realtà sappiamo ben vedere la differenza fra una
democrazia e un totalitarismo. E non abbiamo dubbi da quale parte schierarci. Per quanto imperfetta
e calpestata, la democrazia in cui viviamo è un dono
prezioso, mentre un regime dittatoriale è una tragedia storica. Ma la guerra non ha aggettivi, non è
né democratica, né dittatoriale. È guerra e basta. I
bombardamenti di Assad non sono diversi da quelli
di Obama. Sappiamo che non si può sconfiggere il
terrorismo (quello dei gas chimici) con altro terrorismo (quello dei bombardamenti aerei). Ha detto
bene Papa Francesco: “guerra chiama guerra”.
Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, era un “oppositore integrale alla guerra”, ma
non si è mai posto l’obiettivo velleitario di fermare
una guerra in corso (nemmeno quelle scellerate volute dal fascismo), ben sapendo che le radici delle
guerre sono forti e profonde e possono essere debellate solo con un ampio movimento di resistenza
e non collaborazione nonviolenta. Alla costruzione
di un Movimento Nonviolento, Capitini ha dedicato gli ultimi anni intensi della sua vita, proprio per
avere a disposizione uno strumento di “opposizione
integrale alla guerra”.
26
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
L’errore madornale in cui spesso cade il movimento
per la pace è chiedere ad altri (all’Onu, all’Europa,
ai governi, cioè ai responsabili primi) di fermare
la guerra, di ritirare le truppe. È una dichiarazione
di impotenza. Il compito del movimento pacifista,
invece, dovrebbe essere quello di mettere in atto
campagne di reale dissociazione dalla guerra (obiezione alle spese militari, obiezione di coscienza, boicottaggi, ecc.) e nel frattempo avviare le alternative
ai conflitti armati.
Partiti, movimenti, sindacati, intellettuali, chiesa
cattolica, cittadini comuni: di tutti è la quotidiana
affermazione del proprio aborrimento della guerra
e della propria determinazione a opporvisi. Ma, di
fatto, in una contraddizione flagrante, viene mantenuto ed ingrassato il suo essenziale strumento portante, l’esercito, alla cui sempre maggiore efficienza
distruttiva siamo proni a destinare ogni possibile
risorsa (come i cacciabombarideri a capacità nucleare F35). Dal che la guerra, come sempre è stato,
continua e continuerà ad essere.
Se vogliamo davvero evitare la prossima guerra,
dobbiamo da oggi combattere il militarismo in casa
nostra, tagliare le spese militari, non pagare per le
missioni belliche all’estero, fare obiezione di coscienza ad ogni manifestazione militare, contestare
l’esercito.
Il lavoro della nonviolenza è soprattutto preventivo.
Mao Valpiana è presidente del Movimento Nonviolento
Art. 11
L’Italia ripudia la guerra come strumento di
offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità
con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la
pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove
e favorisce le organizzazioni internazionali
rivolte a tale scopo.
FISCO E COSTITUZIONE
STATISTICO? NO, STOCASTICO
Il segreto di un fisco costituzionale dietro un modello matematico.
Nel confronto del 26 luglio a Pesaro organizzato da BARRICATE sulla
mancata applicazione dell’articolo 53 emergono due diverse scuole di
pensiero per un sistema fiscale equo e solidale. Cioè costituzionale.
Mauro Ferri
La nostra Costituzione repubblicana è oggetto, ultimamente, di molte attenzioni. Soprattutto di chi
vorrebbe correggere alcuni meccanismi che sono
così efficaci nel tenere separati i poteri dello Stato
da prevenire derive totalitarie alle quali a volte molti nostri concittadini tendono a volersi abbandonare, non si sa se per reconditi interessi, per lassismo
o per una forma di infantile masochismo. La Costituzione va difesa, dunque. Ma non solo. Va anche
applicata. Perché, almeno sulla questione fiscale, la
nostra Carta non lo è mai stata. Come sostiene l’Associazione Articolo 53, per voce del suo presidente
Roberto Innocenzi Torelli e del suo responsabile
economico Claudio Mazzoccoli, il sistema fiscale
italiano non rispetta l’uguaglianza dei cittadini, perché applica regimi differenti in base alle categorie
(dipendenti e autonomi), non è pensato per individuare la capacità di contribuzione ma il reddito
imponibile e, soprattutto, non essendo in grado di
contrastare con efficacia l’evasione fiscale, tende a
privilegiare i sistemi forfetari (della serie, pochi, maledetti e subito) e le imposte indirette che, gravando
sui consumi, penalizzano soprattutto le fasce più
deboli. Concetti, questi, che trovano d’accordo anche l’economista dell’IdV Alessandro Lelli. Dove le
due posizioni divergono è su cosa fare per risolvere
il problema.
Ricapitoliamo. Nel numero 3 di BARRICATE, in
un’intervista a Torelli abbiamo illustrato la proposta
dell’Associazione Articolo 53, che usa la leva della
deduzione fiscale dei consumi per ottenere di fatto
l’emersione del sommerso; sono esclusi i consumi
di lusso e la deduzione non è mai totale ma va per
fasce di capacità contributiva (non di reddito), da un
80% di deducibilità per le fasce più basse al 40% per
quelle più elevate. Inoltre, è conditio sine qua non
l’abolizione immediata degli studi di settore e dei regimi forfetari, come le cedolari secche e via dicendo.
In tre anni, secondo gli autori di questo modello di
riforma fiscale, pagheremo tutti il giusto, pagheremo di meno e lo Stato incasserà anche di più.
Nel numero successivo, abbiamo sentito il parere di
Alessandro Lelli e della fiscalista di Altroconsumo,
Tatiana Oneta. Due voci perplesse, non sul fatto
che il sistema vada riformato, ma sul principio del28
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
la deducibilità di tutte o quasi le spese. Ci sarebbe il
rischio concreto che il reddito fiscale risulti alla fine
insufficiente per garantire i servizi dello Stato sociale, anche perché molti consumi sono in gran parte
già alla luce del sole, basti solo pensare agli acquisti
fatti nei centri commerciali, dove tutto è fatturato.
Per Lelli la soluzione è tassare l’uso del contante e
imporre la moneta elettronica, bancomat e carte di
credito. Tutto diviene tracciabile e il sommerso viene fuori.
Il 26 luglio a Pesaro, i due punti di vista si sono confrontati con qualche schermaglia polemica sulla
titolarità di alcuni spunti e si sono evidenziate due
posizioni inconciliabili sul come fare. Per Lelli il metodo proposto non fa quadrare i conti, perché molti
che adesso comunque pagano, non pagherebbero
più. Torelli e Mazzoccoli, invece, sostengono che se
si esamina con attenzione e senza pregiudizi il loro
modello, diventa chiaro come il gettito può addirittura superare quello attuale.
I temi sono: “funzionerebbe davvero il modello proposto dall’Associazione Articolo 53?” e “tassa sul
contante e moneta elettronica obbligatoria possono essere una valida alternativa?”
Lasciando per il momento da parte la questione della moneta elettronica (che ha altre implicazioni non
Nella foto: incontro
pubblico organizzato
da Barricate
VOCI SOLIDALI
Art. 53
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a
criteri di progressività.
irrilevanti e che, comunque, non è necessariamente
in alternativa a quanto sostengono Torelli e Mazzoccoli), cerchiamo di capire meglio come funziona
il modello che è alla base della proposta di riforma
fiscale avanzata dall’Associazione Articolo 531.
1- Il modello è in
costante evoluzione.
La versione più
recente (103.2) è
disponibile sul sito
dell’associazione, al
link https://sites.
google.com/site/articolo53/proposte/
proposta-di-riformadel-sistema-tributario-su-basecostituzionale dove è
possibile reperire anche il testo completo
della Proposta di Articolo 53 (Riforma
Fiscale.3.0.6.5.pdf)
2- Stocastico è un
termine utilizzato per definire i
processi aleatori
dai quali è possibile
estrapolare solo
delle variabili probabilistiche. Il termine
stocastico viene utilizzato nell’ambito
della statistica per
definire una tipologia di processi. Un
processo stocastico
viene anche definito
aleatorio e presenta
delle caratteristiche
tali che da questo
è possibile estrarre
solo delle variabili
probabilistiche
(http://it.finance.
yahoo.com/glossario/stocastico/).
“Successioni di
variabili causali
con cui si intende
rappresentare
un sistema che si
evolve secondo leggi
probabilistiche” (dizionario Garzanti)
Claudio Mazzoccoli, cosa accadrebbe se rendessimo deducibili le spese secondo i vostri parametri
ed eliminassimo gli studi di settore?
Sarebbe l’unico sistema in grado di effettuare controlli fiscali 24 ore su 24 su tutto il territorio nazionale, è il cittadino che richiede scontrini e fatture e
mette in denunzia copia della documentazione, se
non ha pagato con strumenti elettronici. Lo Stato
non deve fare altro che fare i controlli incrociati e
tirare le somme.
Però bisogna motivare i cittadini ad avere questo
comportamento. Non certo dicendo: su, fate i bravi, una volta tanto...
Sappiamo tutti che la tendenza è quella di non
chiedere giustificativi fiscali, se non nei casi in cui è
possibile una sostanziosa deduzione. Si tratta di un
malcostume che occorre combattere su molti fronti. Purtroppo, nel sistema tributario attuale il meccanismo premia chi non si comporta bene.
Perché?
Perché nessuno ha interesse a richiedere documenti fiscali per le prestazioni, sapendo che recupererà
poco o nulla tra oltre un anno, a fronte di un immediato, visibile risparmio se può comprare in nero.
E cosa accade con la vostra proposta?
Accade che, aumentando la percentuale di detrazione al decrescere del reddito, le classi meno abbienti,
più soggette al ricatto economico, sono spinte a sottrarsi alla tentazione di comprare a nero.
Comportamento che, con il sistema attuale, sembra essere incentivato.
Se confrontiamo due cittadini con lo stesso reddito, uno con comportamenti virtuosi (chiede tutte
le fatture e gli scontrini e scarica quello che oggi
gli riesce) e l’altro che cerca di risparmiare su tutto
comprando in nero, anche se il primo ha qualche
abbattimento dell’imponibile, oggi è penalizzato
almeno per il 15%, considerando quanto rimane in
tasca al netto degli importi di tasse e spese, cioè il
suo essere virtuoso lo penalizza per un 15% rispetto
a chi virtuoso non è.
Se invece si realizza la riforma fiscale da voi proposta?
I comportamenti poco virtuosi non pagano più.
Usando l’esempio delle due persone di prima, il contribuente poco virtuoso che vuole avvantaggiarsi
comprando in nero, non avendo nulla da portare
in detrazione, alla fine si ritroverà con oneri fiscali
maggiorati del 18%.
Questo vuol dire che per lo stesso reddito si ha un
aumento delle tasse.
Noi non tassiamo il reddito, ma la capacità contributiva. Se non deduci nulla, vuol dire che puoi contribuire di più.
Chiaro. Ma per lo Stato, alla fine, torneranno i conti?
Per lo Stato il gettito aumenterebbe comunque di
qualche punto percentuale, questo perché il sommerso calerebbe di oltre il 30%.
Avete fatto analisi statistiche in merito?
No, Il modello reale è estremamente complesso, in
quanto è di tipo stocastico2.
Cioè, al momento, è teorico.
Al momento. Solo l’Agenzia delle Entrate, in quanto
depositaria dei dati di dettaglio estremo delle denunzie dei redditi dei cittadini, è titolata a sviluppare e certificare un reale modello completo.
Per sciogliere il nodo di chi ha ragione tra i contendenti del 26 luglio, non sarebbe male che qualche
voce autorevole, tra tecnici e politici, porti l’argomento nelle segrete aule dell’Agenzia delle Entrate,
per fare il passo in avanti che potrebbe essere risolutore, in un senso o nell’altro. Forse.
Con il titolo “FISCO ... O SON
FESSO? - Come provare a far
pagare le tasse a tutti gli italiani e applicare (finalmente!)
l’articolo 53 della Costituzione” si è svolta venerdì 26 luglio 2013 a Pesaro, nella sala
del Consiglio Provinciale di
via Gramsci, la tavola rotonda
organizzata da BARRICATE
con il patrocinio della Provincia di Pesaro e Urbino e della
Confesercenti provinciale. Hanno preso parte al dibattito il presidente dell’Associazione Articolo 53
Roberto Innocenti Torelli, assistito dal suo responsabile economico Claudio Mazzoccoli, e l’ingegnere
Alessandro Lelli, economista dell’IdV. Ha introdotto l’argomento Maria Chiara Ballerini, direttrice
editoriale di BARRICATE, e ha condotto l’incontro
il giornalista Mauro Ferri. Il presidente provinciale
Matteo Ricci ha fatto gli onori del padrone di casa.
Associazione Articolo 53
La Associazione ARTICOLO 53 nasce alcuni anni fa come
iniziativa spontanea di personaggi della società civile a
sostegno della battaglia per un FISCO EQUO, SOLIDALE
e COSTITUZIONALE. Non ha pertanto alcuna dipendenza partitica e non riceve alcun finanziamento o sovvenzione. Il suo impegno parte dallo Studio della Costituzione, dalla Analisi dei verbali della Assemblea Costituente
e dalla verifica puntuale della mancata attuazione del
dettato Costituzionale in tutte le forme nel quale il Sistema Tributario è stato gestito dalla classe politica a partire
dal 1973 in poi. L’impegno primario della Associazione è
dunque quello di difendere la Costituzione attraverso la
sua attuazione.
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
29
ANTIFASCISMO E COSTITUZIONE
MEMORIA E ANTIFASCISMO
Il ruolo attivo dell’ANPI per la difesa della Costituzione
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove
è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne
dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono
imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e
la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì
è nata la nostra Costituzione.”
Piero Calamandrei
Il significato e il valore della memoria storica
dell’Antifascismo, della Resistenza e della Costituzione che si tramandano tra generazioni, servono
a tutelare e capire la nostra Carta Costituzionale,
strumento fondamentale per garantire le regole
di una convivenza sociale civile. Oggi è necessario
difendere uno dei suoi punti più sensibili: “quell’articolo 138 che blinda la nostra Costituzione, impedendo che sia modificata fino al punto di stravolgerne il significato”, come annuncia il consigliere
regionale dell’Umbria Orfeo Goracci. “L’articolo
138 è sacro - spiega Goracci - perché impedisce
che la Costituzione possa essere facilmente e liberamente manomessa al di fuori della complessa
procedura costituzionale. Prescrive due volte il
voto di ciascuna camera e prevede anche la possibilità di un referendum popolare di approvazione
finale”. L’articolo 138 stabilisce dunque le regole
con cui si può cambiare la Costituzione e fornisce
le piene garanzie al futuro del nostro Paese.
Attualmente l’Articolo 138 è sotto attacco. La
banca d’affari statunitense JP Morgan afferma
che i sistemi politici dei paesi europei del Sud e in
particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano caratteristiche inadatte a favorire l’integrazione a causa
della forte influenza delle idee socialiste; e cita, tra
gli aspetti problematici, la tutela garantita ai diritti
dei lavoratori. Il suo consiglio ai governi nazionali d’Europa per sopravvivere alla crisi del debito
suona come “liberatevi al più presto delle vostre
costituzioni antifasciste”.
Al contrario, tutta la società civile antifascista ritiene tali affermazioni un’offesa e un grave danno. La politica conservatrice dei mercati dell’alta
finanza impone restrizioni economiche, frutto di
manovre speculative e di logiche di mercato iperliberiste e capitaliste; queste politiche acconsentono e danno spazio ai raduni neofascisti e neonazisti in Europa, ai movimenti nazifascisti, agli
30
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
estremismi delle nuove destre, alle istituzioni razziste e ai partiti contro le costituzioni antifasciste.
Attualmente la situazione di grave crisi strutturale ed economica deve motivare le nuove generazioni ad una forte presa di coscienza e di impegno
sociale e civile.
L’ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia
vuole essere la casa dove tutti si trovano, si confrontano, discutono su cosa è stata la Resistenza,
non solo per far rivivere la memoria, ma per tradurre in pratica contemporanea i valori della Costituzione.
Grazie agli scioperi del 1943 e del 1944 si è ricostruita l’Unità d’Italia su basi democratiche, con
una Repubblica fondata sul lavoro e sulle pari
dignità. I nostri Padri Costituenti, in seguito alla
resistenza antifascista, hanno donato al mondo
la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la
Costituzione Italiana del 1948. Dobbiamo onorare la memoria dei nostri Padri e anche delle nostre
Madri partigiane, perché nella resistenza antifascista la presenza militante e attiva femminile ha
avuto un ruolo prioritario nella lotta per la libertà,
la pace, la giustizia, la dignità sociale.
L’ANPI è impegnata per difendere la qualità della
democrazia e i diritti delle persone che lavorano,
per tutelare tutti gli esseri umani da limitazioni e
VOCI SOLIDALI
discriminazioni in base alla loro appartenenza etnica, di censo e sociale, auspicando un mondo caratterizzato da contesti di pace, affinché gli orrori
del passato non possano mai più ripetersi nell’attualità del presente.
L’ANPI ha un ruolo attivo rispetto alla realizzazione di un nuovo modello di sviluppo economico e
sociale basato sulla condivisione del nostro patrimonio umano e culturale, allontanando gli spettri
della guerra e del fascismo, orientando su processi
di giustizia ed equità, non basati sulla forza delle
armi, ma con propositi di apertura all’altro, nell’accoglienza degli ultimi, dei migranti,
degli oppressi, dei
diseredati di tutto
il pianeta in prospettive mondiali
di pace, di cooperazione, collaborazione e di interazione
tra culture, opinioni
politiche e religioni
differenti.
Tutti i movimenti
antifascisti reputano necessario ripercorrere l’analisi
del passato storico
per evitare di compiere ancora errori
a livello di violazione della dignità
delle donne e degli
uomini e dei diritti
imprescindibili della persona, principi sanciti dalla
Carta Costituzionale, intesa non come strumento
del passato ma come progetto da realizzare costantemente.
XII disposizione transitoria e finale della
Costituzione
È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi
forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all’articolo 48, sono stabilite con
legge, per non oltre un quinquennio dall’entrata in vigore della Costituzione, limitazioni
temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
Legge n. 645/1952
Sanziona chiunque faccia per la costituzione
di un’associazione, di un movimento o di un
gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o
metodi del fascismo, oppure le sue finalità
antidemocratiche.
PER NON DIMENTICARE
Le città di Nova Milanese e Bolzano per la Memoria
Storica e la Pace
Il Progetto “Per Non Dimenticare” è stato intrapreso a
partire dagli anni ‘70 dall’Amministrazione Comunale e
dalla Biblioteca Civica Popolare di Nova Milanese, con
la raccolta di video testimonianze, interviste, biografie
e documentazioni inerenti la memoria dei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti. Nel 2000, la Biblioteca Civica Popolare di Nova Milanese, nella persona
del Responsabile Giuseppe Paleari, in collaborazione con
l’Archivio Storico della città di Bolzano, ha realizzato con
la RAI e RAI EDUCATIONAL le trasmissioni televisive Testimonianze dai Lager, condotte da importanti personalità della società civile come Gino Strada, Roberto Vecchioni, Moni Ovadia, Massimo Cacciari, Tina Anselmi,
Alex Zanotelli e molti altri. Queste trasmissioni, contenute in sintesi nel sito www.testimonianzedailager.rai.it,
sono state realizzate sotto la Presidenza RAI di Roberto
Zaccaria, tuttora sostenitore del progetto.
“Per non dimenticare” è successivamente diventato un
Progetto di promozione e valorizzazione del Patrimonio
documentalistico e culturale delle Città di Nova Milanese e Bolzano, in collaborazione con l’ANPI. Gli incontri
culturali del Progetto sono itineranti, si svolgono nelle
scuole, nelle sedi ANPI e ARCI, negli ambiti istituzionali,
con la partecipazione di testimoni diretti e indiretti della Deportazione, della Resistenza e della Liberazione. Il
progetto si avvale di un ingente lavoro di rete con diverse Amministrazioni Comunali e con realtà istituzionali
e personalità impegnate del mondo della cultura, dello
spettacolo e della politica, che si occupano di pace, dialogo interculturale e interreligioso, nonviolenza e memoria
storica.
Il lavoro di ricerca e di comunicazione dell’Amministrazione Comunale di Nova Milanese e della Città di Bolzano sul tema della deportazione nazifascista ha come
referenti:
Laura Barzaghi, Consiliere Regione Lombardia
Rosaria Longoni, Sindaco di Nova Milanese -MB
Carla Giacomozzi, Archivio Storico Città di Bolzano
Fabrizio Cracolici, Presidente ANPI di Nova MilaneseMB
Laura Tussi, Promotrice Progetto “Per Non Dimenticare”
Tutto il materiale documentaristico e audiovisivo è
contenuto nel sito www.lageredeportazione.org
In questi video sono visibili gli incontri del Progetto
www.youtube.com/lauratussi
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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LINGUAGGI GRAFICI: ELENA RAPA & SS-SUNDA
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
BERE MANGIARE RESPIRARE
ALIMENTAZIONE
PANNOCCHIE CON LE GAMBE
(PER NON RIDURCI A DIVENTARLO)
Riflessioni leggendo il saggio “Il dilemma dell’onnivoro” di Michael Pollan
Mauro Ferri
In alto: Michael
Pollan
In basso: Joel
Salatin
Che noi siamo quello che mangiamo, lo diciamo
e ridiciamo da tempo. C’è anche chi, riduttivamente, considera il corpo umano un complicato
tubo digerente. Però, scoprire che gli americani
di oggi si sarebbero ridotti a essere pannocchie
di mais con gli arti, lascia increduli e sconcertati.
Una macabra provocazione? Forse. Ma a leggere
l’interessante libro “Il dilemma dell’onnivoro” di
Michael Pollan c’è da riflettere non poco su quante manipolazioni si celano dietro i nostri acquisti
alimentari e su quanti falsi miti accompagnano
le nostre illusioni di qualità del cibo e del vivere. Parliamo di un testo così attento nell’analisi
dettagliata di tutta la filiera alimentare americana e ai temi di cosa significa produrre cibo e
consumarlo, così rigoroso nelle ricerche e nelle
sperimentazioni, che Carlo Petrini, cofondatore
di Slow Food assieme al caro Gino Girolomoni, si
è spinto a sostenere che questo libro andrebbe
diffuso nelle scuole.
Pollan, che insegna alla Graduate School of
Journalism presso l’Università di Berkeley e collabora con il New York Times Magazine, è scrittore americano capace di sintetizzare e tradurre
nella maniera più semplice e comprensibile concetti impegnativi con uno stile letterario piacevole. Per anni ha girato l’America per verificare di
persona l’oggetto delle sue indagini. È andato nei
campi a seminare mais transgenico, nelle fattorie
naturalistiche a tagliare il fieno, ha acquistato e
seguito un vitello dall’allevamento dove è nato
fino a quello intensivo dove è stato ingrassato (e
gonfiato); ha fatto la spesa e studiato le etichette
dei grandi magazzini e dei centri bio, ha raccolto
cibo selvatico nei boschi e lo ha cucinato, ha anche portato la famiglia a mangiare in macchina il
cibo dei fast food. Tutto questo per documentare
e capire cosa mangiamo. Cioè che cosa alla fine
siamo o rischiamo di essere. Quindi, se è Pollan
a dirci che il popolo americano è una pannocchia
con gli arti, dobbiamo prenderlo sul serio.
Ed ecco che scopriamo che il mais è presente
nell’85% del cibo consumato negli Stati Uniti:
sotto forma di carne allevata a mais, condita con
olio e margarine di mais, addizionata con estratti dal mais e via dicendo. Tutto cominciò con Earl
Butz, racconta Pollan, il ministro conservatore
dell’era Nixon che ribaltò la politica agricola americana per favorire con finanziamenti statali la
produzione di materia prima a basso costo per la
catena alimentare industriale, in particolare mais
e soia. Sono queste, e soprattutto il mais, alla radice di aberrazioni da mettere paura: le vacche
da erbivore diventano mangiatrici di mais, così
ingrassano prima e costano meno. Ma senza far
lavorare il rumine si ammalano e vengono imbotSETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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BERE MANGIARE RESPIRARE
tite di antibiotici. E poi c’è l’allevamento in cattività, in luoghi ristretti e spesso sporchi; le carni finiscono col contaminarsi e vengono ulteriormente
trattate, persino con ammoniaca.
Tutto ciò è il risultato di un processo di industrializzazione che racchiude nelle mani di pochi potenti marchi il monopolio della lavorazione e della
commercializzazione, causa dell’impoverimento
e dell’indebitamento dei contadini e, parallelamente, di radicali cambiamenti nelle abitudini
alimentari della popolazione, ovviamente in senso negativo: mangiano sempre di più, sempre più
grasso e dolcificato, sono arrivati a fare tre pasti
di carne al giorno e lo fanno chiusi in macchina o
incollati alla tv. Conseguenze? Un aumento impressionante dell’obesità e del diabete di tipo II,
dal 2000 ne sono affetti 1 bambino bianco su 3 e
2 su 5 per i neri e i latini. Contemporaneamente,
per la prima volta nella storia umana, gli ipernutriti (stimati in circa un miliardo) hanno superato
i denutriti (800 milioni).
Secondo Pollan, anche il biologico non se la passa
bene: non appena è diventato un business, sempre grazie alla complicità dei governi, le classificazioni sono diventate più permissive e le tecniche di lavorazione sempre più industrializzate,
per non parlare delle decine di additivi, sapori
artificiali e agenti chimici camuffati da nomi di
fantasia, utili solo alla lavorazione del prodotto.
Al consumatore si vende l’illusione di qualità naturali in prodotti che, anche se migliori delle produzioni industriali standard, rimangono lontani
da quello che vorrebbero far credere di essere.
Ma c’è chi reagisce a queste prospettive apocalittiche. In prima fila troviamo i “neo contadini”,
gente che ha cercato e ritrovato un legame con la
terra non più vissuta come destino di forzate tradizioni, ma come scelta consapevole e motivata.
I neo contadini si ribellano ai dettami delle leggi
del mercato e dell’industria, rifiutano di pagare
costosi balzelli ai vari organismi per ottenere certificati di facciata, detestano spendere soldi ed
energia per spedire e distribuire i loro prodotti.
Joel Salatin è un neo contadino che ha creato a
Swoope, in Virginia, la sua azienda agricola, la
Polyface , dove tutto si alleva secondo il metodo
naturale e in ciclo virtuoso: le vacche pascolano
spostandosi in vari appezzamenti; poi lasciano il
posto alle galline, che razzolano sui ceppi d’erba
brucati, ripuliscono gli escrementi dalle larve e
a loro volta concimano il terreno creando nuova
erba e mantenendo un humus che i terreni trattati con agenti chimici non vedranno mai più. La
Polyface produce ottimi e variegati prodotti, ma
per assaggiarli e acquistarli bisogna andare in
loco.
È necessario rendersi conto che il cibo “naturale”
o “organico” non può essere separato dalla valutazione di altri fattori quali il consumo di energia,
le condizioni di crescita di piante e di animali, le
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
condizioni di lavoro dei contadini e braccianti e
la difesa della capacità riproduttiva del terreno.
È un modo di produzione che non si presta alle
settorializzazioni delle catene industriali e delle
filiere commerciali. Richiede sensibilità, competenza, tanto lavoro e, soprattutto, tanta cultura,
intesa sia come conoscenza, sia come sviluppo
della capacità di ragionare. Sono le doti di un neo
contadino, l’homo novus cui sono aggrappate alcune delle speranze per un mondo migliore.
Analizzando il pasto medio di un fast food
(quello più consumato dalla popolazione):
- bibite, 100% di carbonio derivante da mais
- frappè, 78%
- condimento per insalata, 65%
- nuggets (crocchette di pollo), 56%
- cheesburgher, 52%
- patate fritte, 23%.
Ogni anno 135 milioni di quintali di raccolto
annuale di mais in America si trasformano
in 8 miliardi di chili di HFCS, lo sciroppo
di mais che ha raggiunto la dolcezza dello
zucchero e che prima del 1980 l’uomo non
aveva mai assaggiato. Nel 1985 gli americani
ne consumavano 20 chili a testa ogni anno,
ora sono passati a 30 e contemporaneamente i 51 chili di zucchero sono diventati 71!
(Fonte: M. Pollan, Il Dilemma dell’Onnivoro,
Adelphi).
Secondo i calcoli fatti da David Pimentel, professore di
ecologia alla Cornell University, coltivare, refrigerare,
lavare, confezionare e trasportare un sacchetto di insalata bio da una costa all’altra dell’America necessita
almeno 4.600 calorie di energia ricavata da combustibile fossile, cioè 57 calorie di energia per ogni caloria
alimentare. L’insalata industriale non bio richiede solo
un 4% in più di calorie. Proviamo a fare questo calcolo
su ogni prodotto, latte, carne, uova, cibi pronti…
1- www.polyfacefarms.com
LINGUAGGI GRAFICI: ALBERTO CORRADI
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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VENETO
VI PRESENTO IL VENETO
Michele Boato
Sono sette le province del Veneto, ognuna con il
proprio dialetto.
In realtà le “lingue” venete sono molte di più, perché, per esempio, il chioggiotto è sì una variante
“arcaica” del veneziano, ma ha una musica tutta
sua, con lo strascico che ricorda la lunga permanenza delle truppe genovesi, fermatesi a Chioggia
perché incapaci di arrivare a Venezia, dopo che la
Serenissima aveva fatto togliere tutti i pali (“bricole”) che segnano i canali della laguna, facendo così
impaludare le loro navi. E nell’Altipiano dei 7 Comuni di Asiago (patria dello scrittore Rigoni Stern
e del regista Ermanno Olmi), la parlata è molto
diversa da quella di Vicenza, capoluogo di quella
provincia.
Per non parlare del Bellunese, che presenta la conca dell’Alpago con un dialetto parente stretto del
friulano, Cortina d’Ampezzo di radice ladina, ecc.
ecc.
Ogni zona è un fiorire di culture e letterature diverse: Goldoni a Venezia, Ruzante a Padova, Noventa
e Ippolito Nievo nel Veneto orientale, Pascutto nel
Rodigino, Piovene e Rigoni Stern nel Vicentino,
Buzzati nel Bellunese, Zanzotto nel Trevigiano.
Eppure c’è un fortissimo sentire comune, un’iden36
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
tità veneta (il leone di san Marco, più di mille anni
di Repubblica Serenissima, dalla fine del 1600 alla
fine del 1700) che supera tutte le particolarità.
Tra Veneti si parla la nostra lingua, come non succede in nessun’altra regione d’Italia, tranne forse la
Sardegna: non solo in famiglia o tra amici, ma nei
negozi, negli uffici, nei Consigli Comunali e, spesso,
anche a scuola. L’italiano non è la lingua madre; risulta spesso freddo e un po’ straniero.
Perciò in Argentina ci sono milioni di figli e nipoti
degli emigrati veneti di inizio ‘900, che, oltre allo
spagnolo, parlano i vari dialetti veneti, ma non l’italiano.
Questo spiega anche il perché della nascita in Veneto della Liga Veneta (successivamente fagocitata dalla Lega Nord di Bossi e Maroni) e del sospetto
e distanza che segnano da sempre i rapporti tra la
grande maggioranza dei Veneti e lo stato centrale.
Andare oltre il triste “Modello Veneto”
Questo senso di appartenenza, purtroppo, non si è
trasformato né in uno spirito federalista alla Catalana, e neppure nella difesa del proprio territorio
dalle invasioni barbariche del “Modello Veneto”:
fabbriche diffuse, dilagare delle periferie, conge-
VENETO – LA TERRA RACCONTA
EPPURE SOFFIA
Un libro, anzi uno spettacolo.
stione del traffico.
È quello che il poeta Zanzotto chiama “paesaggio
dei capannoni”, triste stravolgimento che si è imposto dagli anni ‘60, portando gli abitanti ad un senso
di “spaesamento”, al non riconoscere i propri luoghi d’origine.
Non c’è solo l’assalto scomposto e prepotente
alla città di Venezia da parte di decine di migliaia
di persone al giorno, con navi da crociera sempre
più ampie, enormi condomini che calpestano la città, la laguna e i suoi abitanti. C’è l’invasione delle
Grandi Opere: una ventina di nuove autostrade e
superstrade, con annessi elefantiaci caselli e infinite “bretelle” contro cui si oppongono solo i poveri
David dei Comitati, mentre i Golia della finanza
vanno a braccetto con i loro portaborse della politica multicolore.
Nel libro e spettacolo “Eppure soffia” descrivo una
ventina di questi casi, dal Vajont a Veneto City,
nella speranza di rafforzare la memoria e risvegliare l’indignazione, premessa ad un cambiamento
sempre più urgente.
Michele Boato, nel libro “Eppure Soffia”, racconta in modo originale ma puntuale tutta la storia
“ecologica” degli ultimi 50 anni del Veneto. Gli argomenti sono trattati attraverso una breve storia,
immagini significative e testi per canzoni o poesie,
e sono suddivisi in quattro sezioni: Acqua, Aria,
Energia, Terra.
ACQUA. Si comincia con l’alluvione del Polesine
nel 1951, quando il Po si riprese le terre che l’uomo
gli aveva malamente sottratto, proseguendo con le
devastanti estrazioni di metano operate dall’Eni e
l’enorme tragedia annunciata del Vajont del 1963,
passando per l’inquinamento dei fiumi e arrivando
ai giorni nostri con la battaglia contro le Grandi
Navi.
ARIA. La prima zona industriale degli anni ‘20, la
chimica spinta degli anni ‘50 con il Petrolchimico che doveva prendere energia dalla centrale del
Vajont, prontamente sostituita da quella di Fusina,
che si porta dietro le morti bianche degli anni ‘70.
Poi arriva il fosgene (quello che il Duce spargeva
sugli etiopi) e negli anni ‘80 una pericolosa fuga di
gas mette a rischio 40mila operai. Negli anni ‘90 il
coraggioso blocco delle navi dei fanghi con piccole barche. Nel 2000 la vittoria sulla chimica della
morte.
ENERGIA. Dalla raccolta differenziata fino ai rifiuti
zero, le battaglie contro le discariche, gli inceneritori, la centrale a carbone di Porto Tolle, gli elettrodotti e le antenne.
TERRA. Il cemento e i capannoni sul paesaggio e
le ville palladiane. Poi Le cave, le autostrade, gli
impianti di risalita. Tante battaglie e tante vittorie
contro l’erosione del territorio e il ritorno dei giovani alla terra.
Il libro sarà distribuito con Gaia, la rivista edita
dall’ Ecoistituto del Veneto Alex Langer, a cui è
possibile richiederlo o riceverlo attraverso l’abbonamento.
“Eppure Soffia” diventerà uno spettacolo che verrà
presentato il 3 Ottobre alle ore 21 al Centro Candiani di Mestre.
www.ecoistituto-italia.org
L’autore
Michele Boato è direttore dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, è stato deputato per i Verdi e
assessore regionale. Collabora con Barricate dal
primo numero, ha firmato vari articoli e la rubrica
“Succede Domani”.
Nelle foto: 1970, fuga di gas fosgene dal Petrolchimico di Marghera.
Giugno 1988, piccole barche bloccano le navi che
scaricano veleni.
Settembre 1988, si festeggia la vittoria.
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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VENETO – LA TERRA RACCONTA
SUCCEDE DOMANI
MOSE
di Michele Boato
13 Novembre 2017. Oggi arriva a Venezia il Presidente del Consiglio,
assieme ad uno stuolo di ministri e sottosegretari. Arrivano anche molti
ex ministri ai Lavori Pubblici, come Di Pietro, Lunardi e Paolo Costa, ed ex
Presidenti della Regione, come Galan e Zaia.
Vogliono esserci tutti ad inaugurare la più importante, la più innovativa,
la più prestigiosa opera pubblica italiana: il Modulo Sperimentale, le dighe mobili; insomma, il Mose.
L’opera che, dividendo le acque del mare da quelle della laguna, finalmente salva Venezia dalle acque alte, come Mosè ha salvato il popolo d’Israele dal faraone, dividendo le acque del Mar Rosso.
L’eccitazione è al massimo, ci sono anche Sua Eminenza il Patriarca e il
Sindaco con la fascia.
Peccato che manchi il principale artefice dell’opera, l’ing. Mazzacurati
che per oltre 20 anni ha diretto e poi presieduto il Consorzio Venezia
Nuova, il fac-totum del Mose: è momentaneamente occupato a tenere
in ordine la cella n.110, al piano terra del carcere di S. Maria Maggiore
a Venezia.
Il Consorzio si scioglie oggi, dopo aver distribuito oltre 7 miliardi di euro,
un po’ in appalti, un po’ per finanziare alcuni partiti e oliare gli ingranaggi.
Tocca a Belèn, casta madrina della cerimonia, lanciare la bottiglia di spumante e poi, via ai festeggiamenti, sopra l’isola artificiale che, per ospitare la centrale termoelettrica che serve ad azionare le dighe, ha rubato ai
veneziani la spiaggia del Bacàn.
C’è un po’ troppo vento di scirocco, che spinge l’acqua dal mare in laguna:
in un paio d’ore è prevista un’acqua alta di 110 cm sul medio mare.
“Benissimo!” grida con un sorriso tirato il Presidente Fabris “Così vedremo le dighe mobili in funzione”. Parte l’ordine di alzarle dal fondo delle
bocche di porto, ed eccole emergere in perfetta sincronia.
“Visto che spettacolo? Quando l’acqua fuori crescerà, noi, dentro la laguna, saremo al sicuro”.
L’allegra compagnia di clienti, papaveri e ballerine applaude entusiasta.
Qualcuno si commuove.
Il prosecco scorre a fiumi e anche le seppioline scendono che è un piacere.
Il vento non cessa; “Me pare quelo del 4 novembre del ‘66” dice un portaborse, un po’ preoccupato.
Non ha torto. Nel giro di mezz’ora, il dislivello dell’acqua, tra fuori e dentro
le dighe, è di quasi un metro e il vento non accenna a calmarsi.
“Guarda le paratoie” sussurra Alberto, giornalista ficcanaso, al suo ex
collega Silvio. “Non vedi qualcosa di strano?” “Vedo quello che l’ing. Di
Tella prevede da anni: stanno andando in risonanza: ora oscillano discretamente, tra un po’ potrebbero andare in tilt. Io me la filo; tu vieni?”
“E come faccio a fare l’articolo più importante della mia vita, se me ne
vado proprio adesso?” risponde Alberto. “Auguri allora!” Silvio monta sulla sua barca a vela e se la fila col vento in poppa.
Alberto invece lo ritroveremo, frastornato, a tentare di scrivere l’articolo
al Pronto Soccorso dell’Ospedale di SS. Giovanni e Paolo. È assieme a una
parte della compagnia di clienti, papaveri e ballerine: quelli che, sapendo
nuotare bene, si sono salvati dall’onda gigantesca che, dal Mose, li ha scaraventati verso l’isola di S. Erasmo.
Gli altri si aggiungono al salatissimo conto di questo gioiello di tecnologia
e tangenti italiane.
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
VENETO – LA TERRA RACCONTA
SOLIDARIETÀ
SERVIRE E LOTTARE
La comunità Emmaus a Villafranca di Verona.
Parla il presidente Renzo Fior
MCB
Foto: festa bilancio
annuale
1- www.emmausvillafranca.org
2- Renzo Fior,
presidente Emmaus
Italia e responsabile
della comunità di
Villafranca.
Prendendo il nome di un paese della Palestina, Emmaus è il
movimento fondato in Francia
dall’Abbé Pierre nel 1949, che
oggi comprende oltre 400 gruppi presenti in tutto il mondo.
A Villafranca di Verona la Comunità Emmaus nasce nel 1985 per
approfondire in spirito collettivo i temi della solidarietà, della
pace, della nonviolenza, per poi diventare comunità di accoglienza. Oltre 300 persone sono passate
dalla Comunità di Villafranca, “una Comunità che
vorremmo fosse sempre di più un luogo di vita e di
lavoro a misura d’Uomo. La sfida per la Comunità,
oggi, è di dimostrare che se si possiede qualcosa, la
vera gioia sta nel condividerlo con altri, specie con
coloro che si trovano nel bisogno”.1
La comunità è oggi impegnata su tutti i fronti, dalla
solidarietà all’accoglienza, alla difesa dell’ambiente, alla sensibilizzazione culturale sui temi della
pace e della condivisione. Ha favorito a Villafranca la nascita della Cooperativa sociale “SOS Casa”,
che si occupa di gestire alloggi ad affitto agevolato, e della Cooperativa “Buona Terra”, che gestisce
un negozio di prodotti biologici e del commercio
“equo e solidale”. La comunità sostiene inoltre diversi gruppi, associazioni e comunità nel mondo
che lavorano per la dignità dell’Uomo, contro la miseria e lo sfruttamento. Ha fatto parte della Rete
provinciale per i senza fissa dimora e collabora con
associazioni del territorio per andare incontro alle
persone che vivono sulla strada, occupandosi di
sollecitare le realtà vicine e le istituzioni affinché
vengano date risposte, soprattutto nel periodo
invernale. “Inizialmente Emmaus si è fatta carico
di tutte le spese – specifica il presidente Renzo
Fior - accogliendo chiunque lo richiedesse, senza
distinzioni; successivamente, quando la gestione
della Rete è passata al comune di Verona, la comunità ha continuato a prestare opera di assistenza.
Emmaus – continua Fior - ha inoltre promosso una
rete di oltre 50 associazioni sul tema dell’accoglienza degli stranieri, con iniziative di sensibilizzazione, incontri e flash mob nel territorio provinciale, affinché la figura dello straniero non venisse
considerata fonte di problemi , bensì portatrice di
cultura e ricchezza.”
L’ultima sfida è la creazione di una nuova comunità
Emmaus ad Aselogna: si tratta di
ristrutturare una villa del 1600
che potrà già nel 2014 dare
ospitalità a 25-30 persone che
vivono sulla strada. Un grosso
impegno intrapreso per tentare di rispondere alla crescente
richiesta da parte di persone in
difficoltà, cui i Comuni non riescono a far fronte per cronica
mancanza di fondi.
“È per noi tutti fonte di soddisfazione e di orgoglio
poter dimostrare nei fatti che la frase che per tanto
tempo e con insistenza l’Abbé ha ripetuto nella sua
vita ‘servire per primi i più sofferenti’ diventa realtà e si concretizza nella crescita di spazi dove tante
persone che hanno come unico destino una vita
di strada e di emarginazione possono trovare uno
spazio per una vita decente e dignitosa. Queste
persone a loro volta partecipano alla sfida di Emmaus: poveri che aiutano altri poveri. La filosofia
del ‘vetro rotto’, come diciamo spesso ad Emmaus,
del saper cioè guardare al di là del nostro quotidiano e dello spazio rassicurante in cui viviamo, ci
spinge a farci carico di tanti che sempre più spesso
e numerosi si rivolgono alle comunità. Le comunità
Emmaus sono oggi subissate di richieste: persone
che hanno perso il lavoro, anche professionisti,
che si trovano nel giro di poco tempo a vivere sulla
strada, persone che i servizi sociali dei comuni, di
tanti comuni italiani, abbandonano a loro stessi dicendo che non ci sono soldi…”2
Solidarietà e accoglienza, dunque, ma anche lotta
per eliminare l’origine dell’ingiustizia, secondo gli
insegnamenti dell’Abbé Pierre: ”Servire per primo
il più sofferente e lottare per distruggere le cause
della miseria”.
Il progetto di costruzione della nuova comunità ad Aselogna
ha coperto ad oggi il 62% del costo totale.
Si può contribuire con una donazione sul Conto Corrente c/o
Banca Popolare Etica:
IBAN IT29G0501812101000000112523
Causale: Comunità Emmaus Aselogna
Le somme donate godono dei benefici fiscali previsti per le
Onlus.
Per informazioni e contatti:
Località Emmaus 1, Villafranca di Verona – 37069 – VR
telefono: 045 633 70 69 – Fax: 045 630 21 74
e-mail: [email protected]
sito web: www.emmausvillafranca.org
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
39
CIVISMO
Intervista al Sindaco Andrea Franceschi
“MAI ZEDE”
La resistenza del giovane sindaco di Cortina d’Ampezzo tra lotte per
l’ambiente, impegno civico, partecipazione cittadina e strane vicende
giudiziarie
Franco Cittadini
Quando Andrea Franceschi, nel
2007, venne eletto sindaco di
Cortina, la notizia fece subito il
giro d’Italia, non solo per la notorietà del luogo, ma perché il candidato non apparteneva a nessun
partito, non proveniva da nessuna
esperienza politica precedente,
non era radicato in quell’ambiente, aveva solo 28 anni e aveva
fatto tutto da solo, parlando semplicemente con i suoi concittadini.
Passati i clamori mediatici della prima ora, la sua lista civica
“Progetto per Cortina” è comunque rimasta un esempio virtuoso
e di riferimento per il movimento
civico italiano e probabilmente
anche per gli abitanti di Cortina,
se cinque anni dopo Franceschi è
stato rieletto con il 54% dei voti
al primo turno. E nonostante fosse
già stato coinvolto in una vicenda
grottesca.
Andrea Franceschi, vuole
raccontarci
sinteticamente
cosa è successo?
Appena insediato, mi sono dovuto confrontare con una situazione abbastanza frequente
negli Enti pubblici: chi comandava non erano i rappresentanti degli elettori, ma i burocrati. Da lì ho iniziato una vera e
propria lotta che ha portato ad
eliminare le figure dirigenziali
e risparmiare 600mila euro di
super-stipendi in cinque anni.
Ovviamente, questo ha anche
creato una certa fronda contro questa amministrazione di
40
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
giovani che voleva cambiare le
cose. Sono fioccate animosità e
denunce. L’ultima, nata da una
ex responsabile di servizio non
riconfermata, ha portato all’ennesima indagine e a tre capi
d’accusa: turbativa d’asta, violenza privata, abuso d’ufficio.
Nel merito, si tratta di un bando di gara per il monitoraggio
della raccolta dei rifiuti. Io ho
chiesto, via mail, alla funzionaria di ridurre le spese per il
comune e, successivamente, di
cambiare un parametro per permettere anche ad altri soggetti,
fuori Cortina, di partecipare. La
funzionaria ha fatto di testa sua,
riducendo solo parzialmente la
cifra del bando e non modificando i requisiti di partecipazione, ma la Procura ha interpretato il mio intervento come
illegittimo. Stesso discorso per
un sms mandato al comandate
dei vigili, dove chiedevo di lasciare in magazzino l’autovelox
e concentrarsi sulla caccia agli
abusi edilizi. Due interventi che
rivendico: ho agito senza interesse personale facendo il mio
lavoro di Sindaco. Per questo il
processo che - mi auguro presto
- verrà celebrato è importante:
alla fine si stabilirà se i Sindaci
possono davvero amministrare
o sono lì solo a scaldare la poltrona.
Successivamente si è arrivati ad un provvedimento giudiziario senza precedenti,
l’ “esilio forzato” del primo
cittadino dalla propria città.
Come è stato possibile?
Quello che sta succedendo a
Cortina è gravissimo, oltre che
molto strano. Di fatto, dopo
aver chiuso le indagini e prima
ancora che il Giudice per l’udienza preliminare abbia deciso
se rinviarmi a giudizio o meno,
è successo che mi hanno mes-
Copertina del libro
di Franceschi
VENETO – LA TERRA RACCONTA
In alto: Cortina,
marcia di solidarietà
con il Sindaco
so agli arresti domiciliari per
21 giorni e, successivamente,
mandato in esilio da Cortina
per quasi quattro mesi. E questo senza che ci fosse un processo e con la stessa Procura che
ammette che non ho agito per
tornaconto personale o per avere vantaggi diretti o indiretti di
nessun tipo. Da quando poi il
Comune di Cortina ha deciso di
affidare alla Provincia la stesura
di tutti i bandi, è venuta anche
a cadere l’unica giustificazione
dell’esilio: la possibilità di reiterare il presunto reato. Eppure,
ciononostante, un sindaco eletto e incensurato, senza neppure
aver iniziato il dibattimento, è
stato strappato dal suo paese e
dalla carica alla quale i suoi cittadini lo avevano indicato. Perché? È quello che ho chiesto al
Presidente Giorgio Napolitano:
di guardare verso Cortina, perché qui sta succedendo qualcosa senza precedenti.
Da più parti, come nelle sue
stesse dichiarazioni, questo
accanimento è stato messo
in relazione al “blitz di Capodanno”, ovvero l’operazione più mediatica che sostanziale
- scatenata dal governo Monti
nel 2011 attraverso l’Agenzia
delle Entrate e la Guardia di
Finanza. Pensa ancora che
sia nato tutto da lì?
Io penso di essere un Sindaco
giovane e, come tutti i giovani
di questo Paese, non ne posso
più di quella forma di ipocrisia
istituzionale che serve solo a
coprire le magagne dello Stato.
Se c’è qualcosa che non va, lo
dico e agisco. Quando è arrivata l’Agenzia delle Entrate a Cortina e ho visto che stavano dipingendo un quadro fuorviante,
ho chiesto una cosa semplicissima: fornite l’esito dei controlli.
Io sapevo, e lo sapevano anche
Befera & company, che il Blitz
era stato un fiasco, dal loro
punto di vista. Avevano fatto
un’operazione militare e terroristica – c’è gente che ancora si
ricorda quando gli svuotavano i
sacchetti della spesa in macchina – per trovare 35 casi sospetti
e pochissimi dati anomali. Un
risultato, ovvero, addirittura al
di sotto della media nazionale.
L’Agenzia si comportò malissimo, perché fornì l’unico caso
che aveva scoperto e lo presentò come la norma, dando di
Cortina un’immagine falsa. La
verità, però, è che a loro serviva
un capro espiatorio, un agnello
sacrificale che aiutasse gli italiani a farsi tartassare dal Governo Monti al grido di “anche i
ricchi piangono”. Ma fu un operazione folle: dopo, molti clienti non tornarono più a Cortina,
danneggiando tutti gli esercenti
onesti e, con loro, l’erario che
perse milioni di tasse sui guadagni perduti.. Forse sto pagando
anche la verità svelata, assieme
alla lotta contro le speculazioni
e al cemento, contro una mega
centralina da oltre cento milioni di euro che minaccia di distruggere il nostro fiume Boite e
a tanti altri casi in cui ho seguito la mia coscienza. In Italia chi
dice la verità non gode di molte
protezioni e relazioni “cuscinetto”. Ma ha il sostegno delle persone per bene.
Quali sono oggi le sue prospettive politiche e i suoi
obiettivi?
La mia prospettiva politica è
che siano le persone a scegliere
da chi essere rappresentante, e
non i poteri forti. Voglio difendere questo principio e il ruolo
dei Sindaci: l’unico anello tra
persone e politica che non si
sia spezzato. Non so se chiedere
di ridurre la cifra di un bando
o chiedere al comandante dei
vigili di non tartassare i cittadini sia un reato penale, questo
lo stabilirà il processo, ma di
certo ho la coscienza a posto.
Per questo sono deciso ad andare avanti fino in fondo. Se mi
dimettessi tornerei subito libero e – è chiaro – la mia situazione giuridica migliorerebbe
in un istante, ma non mollerò
solo perché mi hanno imposto
questa prova. Ho preso un impegno con la gente di Cortina
e voglio mantenerlo, tornando
a fare il sindaco e portando a
compimento il processo di rinnovamento in corso. Alla fine
del processo scopriremo quale
ruolo debbano avere i primi
cittadini e sono certo che si dimostrerà che ho agito per il meglio. Il motto degli Ampezzani
è “Mai Zede”. Vuol dire “mai
cedere”. Così farò io.
Andrea Franceschi ha raccontato nel dettaglio la sua storia nel
libro “Un sindaco in esilio”, edito
da Marsilio.
Il libro ha già venduto 4000 copie, si può ordinare in qualsiasi
libreria o online (amazon, ecc.) e
si trova anche in formato ebook
(itunes store, kobo, ecc.).
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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GRANDI OPERE
DIGIUNO PER L’AMBIENTE
Don Albino Bizzotto contro le “grandi opere” che minacciano la salute del
territorio veneto
Maria Chiara Ballerini
In Italia vengono consumati in media 8 metri quadrati di suolo al secondo1 e il Veneto, regione verde
di valli e montagne, non fa purtroppo eccezione: “Il
Veneto sta andando avanti con celerità sul fronte
delle grandi opere necessarie alla sicurezza e all’economia”2- sostiene l’assessore regionale. Ma la
quantità di superstrade e autostrade in costruzione e in progetto, oltre a non sembrare necessarie,
mettono a rischio l’ecosistema e la salute pubblica,
per non parlare della bellezza di un paesaggio tra i
più belli del paese.
Contro la realizzazione scriteriata delle cosiddette “grandi opere”, don Albino Bizzotto, fondatore
dell’associazione Beati i Costruttori di Pace, digiuna per protesta dal 16 agosto scorso, supportato
da rappresentanti istituzionali e di organizzazioni
come Legambiente, Ecoistituto del Veneto, Libera
di Rovigo, Mountain Wilderness del Veneto e molti
altri. Queste iniziative di digiuno collettivo “a staffetta”, affiancate da assemblee e incontri pubblici,
andranno avanti per tutto il mese di settembre in
decine di siti della regione minacciati da scempi
ambientali. L’obiettivo è informare e sensibilizzare
la popolazione del territorio e richiamare l’attenzione delle autorità politiche sul problema della
massiccia e crescente cementificazione e consumo di suolo, responsabili del progressivo degrado
dell’ambiente.
“Solo in Veneto dal 1990 al 2010 la superficie agricola è diminuita di 279.830 ettari, cioè del 21,5%;
vale a dire 40 ettari al giorno. Siamo sopra a un vulcano. (…) In Veneto c’è una programmazione politica che ha accettato i grandi investimenti privati
come prioritari, senza considerare minimamente
la partecipazione dei cittadini. In particolare, mi
riferisco al piano regionale che riguarda le autostrade e le altre mega opere, che avranno un impatto devastante sul territorio. Tutte realizzate in
project financing, tra l’altro. Da Veneto City alla
Città della Moda, fino alla Pedemontana, che è una
vera voragine. Opere inutili, che servono solo a
fare soldi a spese dei cittadini.”3
Un altro esempio drammatico è la cava delle “Vianelle”, situata a Marano Vicentino, che sta per essere convertita da sito per rifiuti inerti a sito per
42
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
Foto: Don Albino
digiuna contro le
grandi opere
rifiuti misti (64 codici); essa si trova sopra una delle
ricariche d’acqua più grandi d’Europa ed alimenta
gli acquedotti di un bacino di quasi un milione di
persone fra Vicenza, Padova e Rovigo: “Un eventuale danneggiamento del manto di protezione
della discarica, andrebbe ad inquinare tutto il bacino acquifero, con conseguenze talmente gravi da
essere inimmaginabili.”4
A questo proposito, Don Albino comunica con
soddisfazione la decisione di Piera Moro, Sindaco
di Marano, una dimostrazione di partecipazione e
solidarietà : “La sua idea è continuare l’iniziativa da
me intrapresa, digiunando per 12 giorni assieme
all’intera Giunta Comunale. La decisione di Piera
Moro è stata per me un’illuminazione. Perché nelle
situazioni di particolare gravità e urgenza non passiamo il testimone a rotazione, al fine di mantenere
sempre viva l’attenzione e la mobilitazione su questioni che richiedono la massima partecipazione?
Per questa ragione ringrazio la Sindaco di Marano
Vicentino e rilancio la proposta, secondo me veramente straordinaria, ai comitati che stanno lottando a sostegno di questa e altre istanze connesse
alla questione ambientale.”5
Altri sindaci, oltre ai comitati, stanno valutando la
possibilità di aggiungersi al digiuno durante settembre. “Digiuno – ci anticipa don Albino- che troverà il 28 e 29 del mese una realizzazione corale, in
rete, in tutta la regione Veneto.”
1- www.isprambiente.gov.it/files/
comunicati-stampa/
comunicato_stampa_
consumo_suolo.pdf
2- Assessore regionale alle politiche
della mobilità Renato Chisso, su www.
cronacadelveneto.
com/index.php?id_
news=14493
3- http://corrieredelveneto.corriere.
it/veneto/notizie/
cronaca/2013/16agosto-2013/
don-albino-bizzottonon-mangio-salvareveneto-grandi-opere-2222640624498.
shtml
4- www.eco-magazine.info/eco-news/
rassegna-stampaeco-news/2335/
marano-vicentinoalla-discarica-vianelle-troppi-rischiper-lambiente.html
5- Don Albino Bizzotto, comunicato
del 23 agosto 2013.
VENETO – LA TERRA RACCONTA
AMBIENTE
IL GUARDIANO DELLA FORESTA
Toio De Savorgnani e la difesa dell’area protetta del Cansiglio
F. C.
Raduno di Casera
Palatina del 2011
1- Per Cansiglio si
intendono la Piana e
la Foresta, ma anche
le cime circostanti,
dal Pizzoc-Millifret
fino al Col NudoCavallo, un’area
che si estende sia in
Veneto che in Friuli,
tra le provincie di
Treviso, Belluno
e Pordenone. Le
associazioni ambientaliste di entrambe
le regioni chiedono
l’istituzione di due
Riserve Naturali
contigue.
La sera di mercoledì 14 agosto di quest’anno, scendendo dal Cansiglio1 sulla strada provinciale 422
verso Fregona (TV) dopo una giornata di lavoro,
Toio De Savorgnani sente rumori metallici provenire dalla sua auto. Dopo essersi fermato si accorge che manca un bullone di una ruota posteriore
e gli altri tre sono quasi del tutto allentati: un atto
chiaramente doloso.
De Savorgnani, esponente ambientalista e dirigente di Mountain Wilderness, da oltre trent’anni conduce battaglie per la tutela del territorio,
in particolare per la creazione di un’area protetta
che comprenda tutto l’Altopiano e la Foresta che lo
circonda. Nei giorni precedenti aveva messo sotto
accusa il mondo della caccia per il piano di abbattimento dei cervi nella Foresta del Cansiglio. Non
c’erano state minacce esplicite, anche se il conflitto
dura da molti anni e non solo sui cervi. Infatti risalgono alla fine degli anni ‘90 le prime manifestazioni
contro gli impianti di risalita che avrebbero dovuto
collegare Veneto e Friuli: alla prima marcia di ambientalisti ed alpinisti del 1998 vennero distrutte
ben tre auto dei partecipanti e sbarrate le strade
con alberi tagliati; lo scorso anno è stata bruciata
la malga dove le associazioni si davano appuntamento.
Toio è anche una guida naturalistica e parlare con
lui è come seguirlo su per i sentieri delle sue montagne. “La foresta del Cansiglio è un incredibile
concentrato di biodiversità e storia. È una delle foreste meglio conservate in Italia, nota in tutta Europa poiché è sempre stata di proprietà pubblica,
infatti già da prima dell’anno 1000 era proprietà
del vescovado di Belluno, passata poi nel periodo
successivo al Comune di Belluno che la controllava. E quando Belluno spontaneamente si mise
sotto la protezione della Serenissima Repubblica
di Venezia, capì immediatamente l’importanza di
quella grande foresta di faggi giganteschi, molto
vicina alla pianura e con fiumi importanti che ne
lambivano le pendici, quali Piave e Livenza. In quei
lunghi secoli di presenza veneziana, il Cansiglio era
chiamato Gran Boscho da Reme, per ricordarne
sempre la destinazione. Foresta tanto importante
che a partire dall’inizio del 1400 Venezia esercitò
su di essa un controllo sempre più stretto, fino ad
arrivare nel 1548 a dichiararla demanio della Re-
pubblica, controllata direttamente dal Doge e dal
Consiglio dei X. La foreste è sempre stata percepita come un bene pubblico, di tutti. Qui l’uomo di
Neanderthal andava a caccia, qui forse già i romani
tagliavano gli alberi, tanto giganteschi da valer la
pena di trasportarli fino a Roma, qui con la lungimiranza tecnica di Venezia nacque la selvicoltura moderna, cioè il modo di coltivare il bosco che ancora
oggi utilizziamo su tutto il pianeta, tranne dove si
fa il taglio raso, cioè il disboscamento totale. Quassù si rifugiarono moltissimi partigiani durante la
Resistenza, qui venivano paracadutati i consiglieri militari alleati, tra i quali il Maggiore inglese Bill
Tilman, uno dei più famosi alpinisti dell’epoca, noto
per le sue arditissime salite in Himalaya.”
Con questo spirito e senso di appartenenza, De Savorgnani difende da sempre il territorio da una ormai superata ed inaccettabile visione dello sviluppo della montagna basato solo sullo sci da discesa
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
43
-altro tema caldo dell’area- che tiene banco ormai
da quarant’anni e, nonostante la crisi economica
e i cambiamenti climatici, c’è ancora chi si ostina
a perseguire. “Tutto è cominciato con gli impianti
di risalita per le piste sciistiche, un sistema collaudato per trovare soldi pubblici e aprire la strada
anche alla colonizzazione edilizia, come da sempre
succede nel vicino Pian Cavallo. Ci provano dagli
anni ‘70, ma noi veneti, sostenuti anche dai sindaci friulani che hanno visto distruggere il proprio
ambiente (come ad esempio è accaduto a Budoia),
ci siamo sempre battuti con fermezza e successo.
Tutti assieme: CAI, WWF, Lega Ambiente e gli amici dell’Ecoistituto del Veneto in testa. La via dello
sviluppo ‘pesante’ è stato perseguito da tutte le
correnti politiche, infatti in Friuli è stato proprio
Illy, area centrosinistra, maestro di sci e appassionato sciatore, che da presidente della regione Friuli ha imposto uno stanziamento di ben 200 milioni
di euro per gli impianti di tutta la regione (30 per il
Piancavallo), mentre lasciava in abbandono Aquileia, Patrimonio dell’Umanità-Unesco e uno dei
principali siti archeologici romani, straordinaria
meta turistica. Così hanno devastato Piancavallo,
da dove nei giorni limpidi puoi vedere Venezia, che
con i suoi 1280 mt di altezza, raggiunge appena la
quota minima per una pista da sci”.
Del resto, proprio in Friuli è stato speso un patrimonio vergognoso sotto questa voce e in tanti
sono finiti in galera per falso in bilancio. “La cosa
più triste è stato vedere come la corruzione e la
spartizione del denaro pubblico abbiano completamente travolto e seppellito valori che avevano
animato i partiti politici nel periodo della loro nascita, proprio qui dove l’onestà e la solidarietà erano principi forti alla base dell’impegno politico di
cattolici e comunisti. È la solita storia delle grandi
opere che muovono somme enormi e aprono la
strada alla corruzione e alle infiltrazioni criminali”.
Toio ha dedicato molto tempo, anche quando era
consigliere comunale verde a Vittorio Veneto,
all’autostrada che avrebbe dovuto collegare Venezia a Monaco, la A 27. “Puoi vedere lo spreco
nel tratto di autostrada che sono riusciti a realizzare nel periodo d’oro delle tangenti: file di piloni
raddoppiate, una per ogni corsia, una vera follia e
uno sperpero colossale. Fu addirittura Montanelli, da direttore de Il Giornale, a definirla ‘il mostro
delle Dolomiti’. Dopo anni di lotte siamo riusciti
a fermarla a Longarone. Fu Alex Langer che riuscì a bloccare in sede europea quei finanziamenti
che avrebbero sostenuto l’autostrada Alemagna,
prontamente ribattezzata da noi Alè Magna o anche Alemafia”.
Insomma, asfalto e cemento a erodere territorio.
“Non solo. Il Cansiglio ha la ‘sfortuna’ di avere il
così detto ‘oro bianco’, il carbonato di calcio, e quindi anche le cave sono sempre state un problema
enorme, che però ci sta pensando la crisi a risolvere. Ora abbiamo un’altra sfida contro la distruzione
del paesaggio: il progetto di mega pale eoliche che
vorrebbero posizionare sulle creste del monte Piz44
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
zoc, proprio sulla grande rotta pedemontana dove
passano centinaia di migliaia di uccelli migratori, le
pale verrebbero viste fin da Venezia. Le pale eoliche producono energia pulita, ma queste avrebbero un costo ambientale così sproporzionato che
sarebbe come accendersi una sigaretta con una
carta da 500€!”
Ogni anno viene organizzata una marcia per incontrarsi tra amanti dell’ambiente e frequentatori
della montagna, per parlare dei problemi ma anche
dei risultati, e ribadire che il Cansiglio è un’area
importante, che merita l’istituzione di una o più
aree protette. E non solo un’area protetta in senso
stretto, poiché il Cansiglio ha così tanti elementi di
importanza da avere i numeri per aspirare ad essere riconosciuto quale Riserva della Biosfera- Patrimonio Unesco.
Quest’anno sarà la 26° edizione, appuntamento
per tutti il 10 di novembre, informazioni sul sito
dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer.
www.mountainwilderness.it
www.sentierinatura.it
www.ecoistituto-italia.org
I danni alla montagna provocati dalle
piste di risalita:
sbancamento, piloni e stazioni sui
ghiacciai
LINGUAGGI GRAFICI: MICHELE PETRUCCI
DEDICATO A BRUNO ANGOLETTA DISEGNATORE VENETO
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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GRANDI NAVI
S.O.S. LAGUNA
Il passaggio delle grandi navi da crociera mette a repentaglio la bellezza,
la sicurezza e la vivibilità stessa della laguna di Venezia
La lotta al passaggio delle grandi navi nella laguna
di Venezia nasce dalla preoccupazione per la salute degli abitanti e per i danni che possono provocare al fragile sistema urbano di una delle più belle
città al mondo.
Si valuta che ogni nave da crociera inquini al pari
di 14mila automobili; nei fumi vi sono polveri sottili, ossido d’azoto, biossido di zolfo e di carbonio,
idrocarburi tra i quali il micidiale benzo(a)pirene.
Diversi studi sostengono che ogni anno nel mondo muoiano 84mila persone per i fumi prodotti
dal traffico marittimo. A Venezia nel Bacino di San
Marco e in Canale della Giudecca ne passano 1300
all’anno, più 700 traghetti.
Già dal 2007 il Direttore generale di ARPA Veneto, Andrea Drago, presentava in una conferenza
stampa uno studio sulle stime delle emissioni inquinanti del Porto di Venezia, che contribuisce per
il 14% del PM10 prodotto dai vari macrosettori inquinanti presenti nel territorio comunale: “i politici
e gli amministratori locali debbono trarre le conseguenze da questi dati e intervenire per ridurre in
modo adeguato le emissioni delle altre fonti inquinanti, a cominciare dalle centrali elettriche e dalle
navi che bruciano carburanti molto inquinanti”.
Negli ultimi 15 anni il traffico croceristico è cresciuto a Venezia in maniera esponenziale: i passeggeri sono aumentati del 439% e il numero degli
attracchi delle navi è passato da 206 nel 1997 a
655 nel 2011. Senza contare i traghetti per la Grecia (351). Con un milione e 795mila passeggeri imbarcati o sbarcati nel 2011, Venezia è diventata il
primo “home port” croceristico del Mediterraneo.
L’attracco avviene nel cuore storico di Venezia, a
150 metri dal Palazzo Ducale, con un impatto visivo impressionante: le navi sono evidentemente
fuori scala con la città, 300 e più metri di lunghezza, 50 di larghezza, 60 d’altezza.
Gli effetti idrodinamici provocati dal passaggio
delle navi su un tessuto urbano antico, fragile e delicato, o sull’ambiente lagunare, sono devastanti.
Ci sono poi l’inquinamento elettromagnetico per i
radar sempre accesi e quello marino per le pitture
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SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
Illustrazione Davide Ceccon
Germano Montanari
antivegetative delle carene; i rumori assordanti,
giorno e notte, delle navi all’ormeggio a ridosso
delle case; le vibrazioni che liquefanno i leganti
delle malte di case e monumenti; il rischio di incidenti. C’è inoltre l’impatto turistico: nel luglio 201,
da sei navi ormeggiate contemporaneamente in
Marittima sono sbarcati in città in un solo giorno
35mila croceristi, che si sono aggiunti ai 60 – 70
mila ospiti presenti quotidianamente in una città
il cui numero di abitanti è già sceso sotto la soglia
dei 59mila. Venezia si sta trasformando in un parco
tematico.
In tanti sono dubbiosi sui reali vantaggi economici che il crocerismo porterebbe alla città, ma tutti
sono consapevoli dei suoi costi ambientali, fisici,
sociali. Su questo tema, l’unico studio non di parte
è stato prodotto dall’Ente Croato per il Turismo,
VENETO – LA TERRA RACCONTA
poiché le navi da crociera che partono da Venezia
costeggiano la Dalmazia e fanno tappa anche a
Dubrovnik, dove la popolazione è scesa sul piede
di guerra. Lo studio ha dimostrato che il beneficio
economico annuale per la Croazia può essere stimato in una cifra tra i 33,7 e i 37,2 milioni di euro,
mentre il danno ambientale va calcolato in almeno
273 milioni di euro.
Nel gennaio del 2012, il Consiglio Comunale di
Venezia ha accolto e approvato un emendamento,
presentato dal Comitato No Grandi Navi – Laguna Bene Comune, con cui assumeva “come proprio
obiettivo la definitiva estromissione delle navi
incompatibili con la città storica e con il contesto
lagunare”. La petizione popolare “Fuori dalla Laguna le navi incompatibili”, che chiede di vietare immediatamente l’accesso alla navi al di sopra delle
40.000 tonnellata di stazza lorda e di installare
centraline Arpav per monitorare l’aria, viene sottoscritta da oltre 12.500 persone. Oltre al comitato si sono mobilitate tante altre associazioni, tra
le quali WWF, Italia Nostra, Lega Ambiente, Arci,
il FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), Ambiente
Venezia, che ha prodotto un dossier documentato e l’ha inviato alle autorità. Tantissime anche le
adesioni di personaggi noti. Adriano Celentano, da
mesi impegnato in questa battaglia, ha lanciato e
sostenuto una campagna pubblicata per decine di
giorni di seguito sulle pagine de Il Fatto Quotidiano e ha dedicato una canzone, scaricabile on line,
all’argomento.
Agli inizi di giugno c’è stata una grande manifestazione che ha visto la partecipazione di un centinaio
di barche sul canale e migliaia di manifestanti in
terra, che la polizia non ha mancato di caricare.
Eppure tutta questa mobilitazione si scontra come
sempre contro il muro di gomma della politica. Il
sindaco Giorgio Orsoni sembra impegnato in un
duro scontro col presidente dell’Autorità portuale
Paolo Costa, ex sindaco pure lui, ma l’impressione
è che si tratti di un gioco delle parti, per lasciare
tutto come sta. Al Comitato No Grandi Navi non
piacciono né l’una né l’altra delle due possibilità
alternative al passaggio delle grandi navi davanti
a San Marco sulle quali sindaco ed ex si starebbero accapigliando. Per Costa, le navi dovrebbero
entrare dalla bocca di porto di Malamocco passando dal Canale dei Petroli e poi uscirvi di nuovo
(sempre che alla fine non spunti fuori la sorpresa
di una specie di “senso unico”, con l’uscita dal Lido,
come avviene ora). Ma questa “soluzione” prevede
lo scavo del piccolo canale Contorta Sant’Angelo,
che dalla profondità di 1,80 mt sarebbe portato a
10 mt. e dalla larghezza di 6 mt verrebbe portato
a quasi 200. Per Orsoni, invece, le navi dovrebbero andare a un nuovo terminal croceristico a Porto
Marghera -dove esattamente non si sa- sempre via
Malamocco e Canale dei Petroli. “Per noi – afferma
Silvio Testa, portavoce del Comitato – entrambe
le proposte sono peggiori del male, poiché portare le navi in Marittima dalla porta di servizio o
nasconderle alla vista a porto Marghera manter-
rebbe tutte le criticità e in primis l’inquinamento,
devastando definitivamente la laguna aggravando
l’erosione dei fondali”.
Qui si tocca una questione storica, ben documentata e approfondita sul sito del comitato, che riguarda la concezione stessa del mantenere una
laguna e saperci vivere, cognizione ormai persa fin
dalla scomparsa dei Dogi e della Repubblica Veneziana. “La soluzione vera al problema del crocerismo – conclude Silvio Testa – è cambiare modello,
rinunciare al gigantismo che fa solo gli interessi
delle compagnie da crociera e far entrare in laguna
solo navi compatibili col suo recupero morfologico e con la scala della città. Tutte le altre debbono restare fuori. Sul “come”, ci sono ampi spazi di
ragionamento per salvaguardare salute, ambiente,
lavoro”.
www.nograndinavi.it
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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Tre giorni a sp
IN GIRO PER IL PARCO FORESTA DEL CANSIGLIO
In giro per il Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi alla ricerca dei paesaggi incontaminati della
regione, tra valli e montagne ricche di una varietà spettacolare di piante e
fiori (un quarto della flora italiana) e popolate da
camosci, cervi, marmotte,
uccelli rapaci e di recente
anche da linci ed orsi. Senza dimenticare i siti arche-
48
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
ologici preistorici, le piccole chiese pedemontane,
i borghi medievali e anche
le strade militari, le “malghe” e le tante tradizioni
popolari ancora vive.
Il nostro percorso verso la
scoperta di questo angolo delle Dolomiti comincia
dalla Foresta demaniale del
Cansiglio, cui accediamo venendo da sud, dopo una visita alla bella città di Treviso.
Il Cansiglio è un altopiano
carsico delle Prealpi Carniche, a cavallo tra le province di Treviso, Belluno e
Pordenone, delimitato a Sud
e a Sud-Est dalla pianura
veneto-friulana, a Nord-Est
dal gruppo del Monte Cavallo, a Nord dalla conca
dell’Alpago e a Ovest dalla Val Lapisina con la sella
del Fadalto. La sua grande
foresta, seconda in Italia
per estensione, è formata da
faggete, abeti bianchi, larici,
betulle, e popolata da molte specie animali. Intorno si
estendono rigogliosi pascoli
punteggiati di malghe, costruzioni rustiche adibite ad
abitazione per i pastori nel
periodo estivo, che ospita
anche la stalla per le bestie e
la casera per la lavorazione
del latte.
VENETO – LA TERRA RACCONTA
passo
MONTE DOLADA
I monti che circondano la
conca dell’Alpago sono il
Dolada (1.939 m), il Col Mat
(1.980), il Col Nudo (con i
suoi 2.472 la cima più alta
delle prealpi Venete), la Pala
di Castello (2.199), il monte
Teverone (2.347), il Col Piero
(2.000), il Crepon (2.110), il
Crep Nudo (2.207), il Venal
(2.212), l’Antander (2.184),
LAGO DI SANTA CROCE
Proseguendo verso nord costeggiamo lo specchio d’acqua del lago di Santa Croce.
Sorta di anfiteatro azzurro
dominato dal monte Dolada,
dalla foresta del Cansiglio e
dalla fiancata del Nevegàl,
il lago è secondo bacino del
Veneto. Dalla primavera fino
all’autunno, ogni pomeriggio
più o meno alla stessa ora, sul
lago comincia a soffiare un
vento costante da sud verso
nord, con una intensità variabile tra i 5 e i 10 m/s, detto
“termico” perché provocato
dalla differenza termica che
si verifica tra le montagne
sovrastanti l’altopiano dell’Alpago a nord e la Pianura padano-veneta a sud. Questa caratteristica rende il lago -per
altro frequentato soprattutto
da famiglie con bambini- una
meta prediletta dagli amanti
del windsurf, dei velisti, dei
kiters e naturalmente dai pescatori, grazie all’abbondanza
di trote, carpe e lucci.
il Messer (2.231), il Castelat
(2.203), il Guslon (2.193), la
Cima delle Vacche (2.057),
il Cavallo (2.251), il Cimon
della Palantina (2.193), il
Tremol (2.007), il monte Costa (1.316) e il Faverghera
(1.610).
Dal monte Dolada è possibile lanciarsi in volo con il
parapendio.
CONCA DELL’ALPAGO
Alla conca dell’Alpago appartengono cinque comuni:
Puos, Tambre, Chies, Pieve e
Farra, tutti interessanti da visitare e costituiti a loro volta
da piccole frazioni che hanno
conservato l’antica struttura
edilizia, con le case di pietra
e i timpani a gradoni. A Farra
si trovano diversi edifici religiosi di valore, come la Parrocchiale, la chiesetta di San
Vigilio, probabilmente la più
antica dell’Alpago, la chiesa
di Santa Croce e il piccolo
santuario della Madonna del
Runal. Ci hanno colpito il Museo di Storia Naturale a Chies
d’Alpago, il Giardino Botanico Alpino “G. Lorenzoni” e
il Museo Ecologico Zanardo
a Pian del Cansiglio, e il Museo Etnografico e di cultura
cimbra “E. Servadei” a Pian
Osteria. Di Pieve d’Alpago
ricordiamo invece la meravigliosa posizione panoramica e
i gelati artigianali alla noce e
al mirtillo.
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
49
CERTOSA DI VEDANA
Addentrandosi nel cuore del
Parco passando per la località di Sospirolo, dove tra un
piccolo lago di origine glaciale e il paesaggio delle masiere sorge la Certosa di Vedana. In origine ospizio, fu
trasformato in Certosa nel
XV secolo e fu quasi sempre
abitata dai monaci certosini
francesi, mentre oggi è diventata sede di una comunità di monache di clausura.
All’interno della chiesa si
trovano due tele di Sebastiano Ricci, mentre la cappella
delle reliquie è adorna di innumerevoli ex voto.
MINIERE DI
VALLE IMPERINA
LAGHI DEL
MIS
La Valle del Mis è un’area
protetta, il che vuol dire che
non solo è incantevole, ma è
anche pura e incontaminata,
una vera oasi di pace, anche
grazie alla scarsa presenza
di strutture ricettive. Qui si
snodano numerosi itinerari
escursionistici per scoprire le meraviglie del Parco,
come la strada panoramica
che costeggia il lago con vi-
50
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
sta mozzafiato sui Monti del
Sole, il sentiero naturalistico
in Val Falcina, la passeggiata (e il bagno) ai Cadini del
Brentòn, forre dalle acque
trasparenti note anche come
“pignatte del Mis”, e la Cascata della Soffia, grotta in
cui l’acqua si insinua impetuosamente creando suggestivi spruzzi e fragori.
All’estremità nord-ovest del
Parco, in direzione Rivamonte Agordino, sorgono le infrastrutture del centro minerario
di Valle Imperina, risalente
al 1400 e funzionante fino
al 1962. Gli edifici sono stati
quasi interamente restaurati
ed è possibile visitare le sale,
le gallerie, i forni di fusione,
un’opportunità unica di rivivere la storia di una delle più
antiche e importanti miniere
italiane.
LINGUAGGI GRAFICI: SERGIO PONCHIONE
Sergio Ponchione
Esordisce negli anni’90
sulla rivista Maltese
Narrazioni per poi
disegnare Jona¬than
Steele per Bonelli
Editore e Star Comics.
È autore del volume
Obliquomo, edito da
Co¬conino Press e
pubblicato anche in
Francia. Con la serie
Grotesque, tradotta
anche negli USA da
Fantagraphics, ha
vinto il Premio Gran
Guinigi a Lucca 2009.
Ha collaborato con
vari editori (Zanichelli,
Rizzoli, Mondadori)
e pubblicato su
riviste come Linus,
Internazionale, XL e
Puck. Ha disegnato
l’albo Verso la Terra
Promessa per il
Premio Exodus di La
Spezia, l’albo Comics
for Engineers per
Moltimedia/ABB e con il
racconto Storia di Aiace,
Fumettista Tenace
per l’antologia Gang
Bang de Il Manifesto
ha vinto il Premio
Micheluzzi a Napoli
Comicon 2012. Ha
realizzato la copertina
dell’ultimo libro di
Antonio Caprarica
(Sperling&Kupfer).
Il prossimo autunno
usciranno il nuovo albo
DKW, omaggio a tre
maestri del fumetto
americano, Ditko, Kirby
e Wood, e un libro
illustrato per ragazzi
per il bicentenario di
Giuseppe Verdi.
http://mondobliquo.
blogspot.com/
http://ponchione-splog.
blogspot.com/
La tavola che
pubblichiamo è
ispirata a “Sette piani”,
un racconto di Dino
Buzzati.
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
51
ARTE
FRANCA RAME
L’ALTRA METÀ DEL NOBEL
Questo doveva essere un articolo su Franca Rame, prima che lei mancasse.
Ora invece diventa una testimonianza di una grande amica, di una grande
signora del teatro: la Leonessa, come l’hanno definita
Fabio Greggio
Franca era una donna solare. Bellissima, alta ed
elegante. Quella dei Rame era un’antica famiglia
di teatranti del 1600. Un giorno -ricorda Francamentre gioca con la sorella sul balcone, sente il padre che parla di lei con la madre: “Ormai Franca è
grande, può iniziare a recitare sul palcoscenico con
noi”. Aveva appena compiuto i tre anni.
Nella compagnia del padre si recitava “all’improvvisa”, in altre parole esisteva un canovaccio di storia
sulla quale gli attori recitavano a braccio, in modalità ben lontana dal birignao accademico: “Noi non
recitiamo, parliamo normalmente”. Alla fine degli
anni ‘40 la compagnia assume un giovane attore
appena uscito dall’Accademia. Il padre gli insegna a
“non recitare”. È dura, ma alla fine il giovane acquisisce un’importante lezione. Lui si chiamava Enrico
Maria Salerno e sarebbe diventato un mostro sacro del cinema e della Tv nei decenni a venire.
Agli inizi degli anni ‘50, la ventenne Franca Rame,
alta, “…troppo, una bellezza imbarazzante…” come
dice Dario Fo, inizia la sua carriera nel teatro del52
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
la Rivista con Tino Scotti e il suo spettacolo “Ghe
pensi mi”, un successo epocale. In pochi anni Franca diventa soubrette e poi attrice di film leggeri dai
grandi incassi. La sua avvenenza non passa inosservata, diventa la donna più bella d’Italia a detta
di molti, la sua figura sensuale appare su copertine e riviste. Da tutti definita “La Bomba Atomica”,
recita con i grandi di allora che se la contendono:
Renato Rascel, Walter Chiari, Carlo Campanini ed
altri.
Alla fine degli anni ‘50, con il marito Dario Fo, pittore e autore, forma una compagnia e inizia quel
sodalizio che cambierà una parte del Teatro italiano: il teatro epico di Fo-Rame. Punto focale della
loro storia la Canzonissima del 1962, popolare
gara canora da loro condotta. Per la prima volta
nella giovane storia della televisione italiana, si assiste a sketches con fondo di denuncia sulle morti
bianche, le morti sul lavoro. Cosa che non piace ai
dirigenti molto vicini alla DC di allora. Dopo alcune minacce di censura, cala la mannaia dopo solo
In alto, Franca e
Dario.
A destra: Milano,
31 maggio 2013 Funerale di Franca
Rame
Ph: Fabio Greggio
poche puntate. La coppia è allontanata dalla Rai
tra polemiche clamorose e giornali impazziti per
il caso. Non ritorneranno più in Tv per i successivi
tredici anni.
Quello che poi è stato, lo conosciamo tutti: il teatro
di denuncia, gli spettacoli nelle fabbriche occupate, l’impegno politico. Dario e Franca, connubio indissolubile di coppia e di teatro, diventano l’icona
di un’intera generazione italiana, tra Che Guevara
e Guccini, Cuba e Mao. Fino a quel seggio di senatrice nel 2006, tanto sofferto e doloroso per Franca che si accorge del degrado della politica, delle
meschinità, degli inciuci, dei faccendieri disinvolti.
Uscirà un libro postumo su questa sua esperienza,
in puro stile Rame: fatti, nomi e cognomi. “Bisogna
conoscerla questa donna per capire chi era…” dice
il suo grande amico Enzo Jannacci, che al Cimitero Monumentale, nel Famedio, dove sono sepolti i
grandi milanesi, sta proprio accanto a Franca.
Ed io racconterò in brevi aneddoti chi era davvero
nella vita questa grande donna.
Dopo un’intervista telefonica per Radio Onda Italiana, stazione radiofonica di Amsterdam in lingua
italiana, confezionai un video con l’audio della
chiacchierata e immagini contestuali, sottolineate
da musica ed effetti. Le piacque molto. Mi telefonò
inaspettatamente e mi invitò nella sua bella casa di
Porta Romana. Fu subito amicizia, vera, bella, simpatica. Lei mi riversò una montagna di video, alcuni
noti e altri inediti, da confezionare per un canale
YouTube che aprii per lei, FrancaRameVideo, e poi
per il marito, DarioFoVideo. Il suo video in cui recita lo stupro ebbe subito decine di migliaia di visioni. Quando lo vide, mi disse: “Hai fatto un montaggio straordinario”. Mi invitò poi nella sua casa di
campagna, nell’entroterra di Cesenatico, dove per
tre anni trascorsi le ferie presso la famiglia Fo. Lunghe chiacchierate, risate, pranzi in riva al mare… Lì
ebbi l’onore di conoscere bene la famiglia Fo nella sua intimità. Franca mi ha raccontò a puntate la
sua spettacolare vita e ogni suo racconto era imperniato su un episodio comico. Si rideva, lei indietreggiava col capo e la sua chioma bionda bicolore,
sigaretta sempre in mano, con quella sua risata di
gola… Aneddoti anche inediti, scoop di richieste di
matrimonio, immagini non conosciute di volti noti.
E quella volta che arrestarono Dario in Sardegna e
lei recitò sopra una 500 Fiat. Poi all’imbrunire “Dài
Ph: Insidefoto
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
andiamo a dormire in Hotel, che tanto Dario per
stasera il tetto ce l’ha…ahahah!”. I mobili di casa
acquistati da un falegname ex galeotto della Banda del Buco di Torino, la Rai che voleva distruggere
tutti i video di Dario e che lei acquistò per nulla facendo un affare incredibile, il figlio Jacopo e il suo
incantevole agriturismo vicino a Gubbio… Dopo
l’ennesimo battibecco con Dario, si girava verso di
noi: “Cinquant’anni così, ragazzi…”
Molto di più si potrebbe raccontare di questa signora che con il marito ha cambiato e creato il
modo di fare teatro. I loro testi sono in giro per il
mondo. Fo-Rame sono gli autori italiani più interpretati, le loro opere sono in scena in Cina, Argentina, Usa, Australia, Romania. Nel nord Europa
sono un’istituzione e ogni loro vista in Danimarca
o Svezia era evento da fan all’aeroporto. Conservo
ancora una cartolina di Dario Fo dalla Svezia: “Caro
Fabio, la Svezia è così folle da dedicarmi due francobolli. Per fortuna in Italia c’è gente che non ne sa
niente”. Dario Fo è l’unico autore italiano a essere
stato ammesso alla prestigiosa Académie Française. Franca, l’artefice del genio Fo, è sempre al suo
fianco: corregge, crea, suggerisce, boccia, approva.
Suoi gli editing dei testi scritti, sue le traduzioni dal
grammelot inventato da Dario.
Per tutti coloro che lei ha onorato della sua amicizia resta un vuoto incolmabile, donne orfane di un
punto di riferimento generazionale, una compagna
unica, coraggiosa, generosa. Lei che ha aiutato centinaia di persone in difficoltà, che sapeva cogliere
la disperazione, che aveva il senso dell’ingiustizia
contro cui lottare. Franca violentata nel 1973 da
un manipolo di vigliacchi fascisti, ebbe il coraggio
di portare in scena il suo stupro. Un giorno organizzai per lei una serata al ridotto del Teatro Fraschini di Pavia, con proiezione del suo monologo sullo
stupro da lei subito. Si ritirò in una saletta e aspettò la fine dalla proiezione. “Posso recitarlo, ma non
posso rivederlo, Fabio. Mi sento morire”.
Chi era Franca Rame?
Franca era il sole. Aveva luce attorno a lei, la vita,
i drammi. Con lei mai un attimo di tregua, sempre
attenta alle evoluzioni tecnologiche e sociali. Era
un giorno d’estate sull’aia, quando batte forte. La
luna non era cosa per lei.
Ciao Franca, ti vogliamo bene. E non fare casino
lassù.
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
53
PROTESTE IN TURCHIA
in collaborazione con
LA TURCHIA CONTINUA A RESISTERE
Redazione italiana di Pressenza
www.pressenza.com/it
Dal 30 di maggio tutta la Turchia è in mobilitazione. L’inizio è stato il Parco Gezi, l’ultimo atto della
cementificazione selvaggia di Istanbul. La tendopoli che aveva nonviolentemente occupato il parco è stata sgombrata, ma questo non ha fermato le
manifestazioni.
“La protesta silenziosa in piazza Taksim va avanti.
In ogni momento della giornata decine di persone
si fermano in silenzio a guardare il ritratto del padre fondatore Mustafa Kemal Atatürk, imitando il
gesto provocatorio dell’ormai celebre Erdem Gunduz (lo “Standing Man” che ha dato il via a questa
protesta silenziosa, stando immobile e zitto, dritto
come un albero in piazza Taksim per quasi sei ore,
citato su Twitter con l’hashtag #duranadam, n.d.r.).
File di scarpe e manichini spezzati arricchiscono
questa provocatoria coreografia.” Così racconta
Andrea Di Grazia, videomaker indipendente che
ha inviato a Pressenza il video www.youtube.com/
watch?v=hVl7oQNRb0w
La protesta fa il giro del mondo e viene “imitata”
anche in Italia.
Dopo le proteste plateali di vario tipo arrivano le
assemblee: ovunque nelle piazze e nei parchi di
molte città turche la gente si siede e si riunisce,
senza autorizzazione. Si fa un’assemblea per parlare della democrazia, della repressione, della legge
elettorale; finita l’assemblea, si condivide una cena
insieme.
Le assemblee hanno rallentato un po’ in agosto, ma
contano di ripartire alla grande in settembre.
Ecco alcune testimonianze raccolte dagli inviati di
Pressenza a Istanbul e Ankara.
Mentre ci dirigevamo verso Kizilay abbiamo visto un muro ricoperto di foto che rappresentano
la storia della protesta a partire dal 30 maggio.
Ogni giorno la gente si riunisce per manifestare in
silenzio; sono sempre di più e il governo di Erdogan cerca di bloccarli con i lacrimogeni e gli idranti.
Loro però ritornano il giorno dopo, pur sapendo
che finirà tutto in modo violento. La polizia arresta
sempre più persone che se ne stanno semplicemente in piedi leggendo un libro o con le mani in
tasca, con la scusa che ostacolano la circolazione.
Ad Ankara gli attacchi della polizia a Dikmen, Kennedy Sokak e Tunali continuano fino alle quattro
della mattina. Secondo il proprietario di un caffè
dove ci fermiamo spesso, ormai questa non è più
solo una protesta dei turchi, ma si va diffondendo
in tutto il mondo con lo stesso obiettivo: porre fine
a un sistema violento e corrotto che vuole solo di54
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
fendere il proprio potere. Ci ha parlato di un futuro
senza frontiere, dove tutti gli esseri umani saranno uguali, un mondo umanista. Sa che diffondiamo
foto e informazioni su quello che sta succedendo e
ci ha ringraziato molto per questo. Mente stavamo
parlando abbiamo sentito degli slogan per strada:
stava passando un lungo corteo per chiedere che il
poliziotto che ha assassinato Methem sparandogli
da un metro di distanza venga processato. La stessa protesta era in corso a Istanbul.
Una sera abbiamo deciso di tornare a Kizilay per
vedere se c’era qualche manifestazione di protesta
a Güven Park. All’improvviso è comparsa una lunga processione di persone che tenevano in mano
delle candele: camminavano in silenzio, dirette
verso il punto della piazza dove è sorto una specie
di altare di omaggio e commemorazione dei quattro giovani uccisi dalla polizia nelle ultime settimane. Arrivati là ognuno posava a terra la sua candela
e una persona le sistemava intorno alle foto dei
quattro giovani. C’era molta gente tutt’intorno, in
piedi e seduta, in un’atmosfera tranquilla e dignitosa, e tutti firmavano la petizione che noi abbiamo
sottoscritto ieri, per chiedere che i responsabili
della morte dei manifestanti vengano processati.
Il silenzio era rotto dai clacson delle auto che passavano e dagli applausi delle persone intorno alla
piazza. Sembra che negli ultimi due giorni il numero di persone che partecipano a questa nuova
forma di protesta sia aumentato molto. La gente
sta creando una sua forma di spiritualità, forse non
Cena collettiva per il
ramadan.
IL MOVIMENTO DELL’INFORMAZIONE
in modo cosciente, ma esprimendo comunque un
sentimento molto intenso.
La riunione di coordinamento è una riunione informativa, non decisionale, è una riunione in cui non
si prendono decisioni. I rappresentanti delle assemblee di zona mettono a disposizione di tutti gli
In alto: su un muro
di Ankara la storia
della protesta.
In basso: tende
a Kugulu Park,
assemblea all’aperto,
presidio a Guven
Park
altri le informazioni, le idee, le proposte, le azioni,
ecc. sviluppate nella loro assemblea. In alcuni casi
i rappresentanti delle assemblee di zona cambiano
effettuando una turnazione; in altri casi sono scelti
in base alla loro capacità di parlare e sintetizzare.
Ma i ragazzi con cui ho parlato sono coscienti che
è meglio evitare “leader” o “rappresentanti permanenti”, che non corrispondono alla nuova sensibilità dei movimenti che si stanno sviluppando
in questi ultimi anni nel mondo. Come abbiamo già
visto in altri Paesi, i leader non vengono accettati
in questi nuovi movimenti. Così come non vengono
condivise ideologie del passato. La nuova sensibilità è orizzontale, non c’è posto per chi vuole concentrare potere decisionale nelle mani proprie o di
un gruppo di persone.
Devo segnalare una difficoltà che ho notato anche
qui in Turchia: spesso in queste situazioni arrivano gruppi con una ideologia comune, a volte militanti di partiti politici o altri tipi di organizzazioni,
che tentano di dare alla gente, alle assemblee, alle
manifestazioni e alle attività, la direzione che loro
ritengono migliore in base alle proprie idee. Non
capiscono che la nuova sensibilità che sta cominciando ad esprimersi in tanti luoghi del mondo
non si muove in base ad ideologie, ma in base ad
un modo di sentire, in cui le persone sono accomunate dall’aspirazione ad un mondo basato sulla
nonviolenza e sul rifiuto di leader e rappresentanti.
I rappresentanti delle varie assemblee dovrebbero
cambiare continuamente, in modo da non rischiare
che diventino leader, e anche per dare la possibilità a tutti di fare esperienza ed imparare a “rappresentare” un insieme di persone diverse che, anche
se partono da una sensibilità comune, esprimono
sempre una grande varietà di punti di vista, i quali a
volte non coincidono nemmeno con i punti di vista
degli stessi rappresentanti… Ma è proprio l’espressione della diversità uno dei punti di forza della
nuova sensibilità!
Tutte le foto e le testimonianze di quest’articolo sono
di volontari umanisti che hanno svolto funzione di “inviati speciali” di Pressenza in Turchia in questi mesi; i
loro nomi non sono citati per motivi di sicurezza.
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
55
SALUTE
in collaborazione con
TARANTO, CODICE 048: UNA NUOVA
STORIA RACCONTATA A ROVESCIO
PeaceLink diffonde il numero degli esentati dal ticket per aver avuto un
tumore - 8916 assistiti - che giustamente richiama l’attenzione di molti
e della stampa nazionale. Politici locali parlano di spettacolarizzazione.
Eppure è un dato ufficiale, autentico e utilizzabile per approfondimenti e
valutazioni anche in altre città
Ph: Luciano Manna
Lidia Giannotti – Peacelink
Dopo anni di silenzio sulle atroci conseguenze
dell’inquinamento e dei gravi reati di cui è accusata
la dirigenza Ilva, descritte dalle perizie disposte dai
giudici e dallo studio Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità, c’è una parte della classe politica che
riflette e lavora secondo tutti i dati disponibili?
8916 tumori
8916 persone a Taranto usufruiscono di un’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari, identificata con il codice 048, per accertate patologie neoplastiche maligne. Su quel numero PeaceLink ha
richiesto attenzione, prestata tra gli altri dal Presidente dell’Ordine dei medici. Alcuni pensano però
che non la meriti: da leggere l’invito alla “sobrietà”
56
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
dell’assessore regionale all’agricoltura, che fa sue
anche le parole di un parlamentare PD: “occorre
evitare strumentalizzazioni o screditamenti di una
intera città e della sua classe dirigente … allontanare gli sciacalli che utilizzano la dolorosa vicenda dei
tarantini per farsi propaganda”.1
Per la verità, a tanti è stato utile, se mai, il silenzio
che ha coperto quel dolore. E sobrio non è stato
adottare (da parte dei governi Monti e Letta) due
decreti–legge paralleli alle indagini penali. Non
perché non servissero leggi per la città, scoperto il
verminaio di crimine e corruzione cresciuto all’ombra dell’Ilva e dell’incapacità delle istituzioni; ma le
sole norme a effetto immediato hanno paralizzato
1- www.cosmopolismedia.it/
categoria/8politica/4446nardoni-per-tarantopiu-sobrieta-e-menospettacolarizzazione.
html
Ph: Luciano Manna
IL MOVIMENTO DELL’INFORMAZIONE
gli unici provvedimenti che tutelavano sul serio la
salute dei cittadini: le ordinanze di sequestro degli
impianti più inquinanti, confermate nei tre gradi di
giurisdizione.
La popolazione di Taranto è sempre “fuori agenda”
Fa riflettere che la concentrazione di codici 048
aumenti tra i residenti nel quartiere Tamburi accanto all’Ilva (1 ogni 18 residenti) e diminuisca più
lontano (1 ogni 26 residenti), ma si può operare
ogni tipo di verifiche e confronti. Sulla veemenza
dei commenti c’è poco da dire. Quale convergenza
ci può essere tra quelle dichiarazioni e l’interesse
dei cittadini di Taranto? È difficile non vedere la volontà - e comunque l’effetto - di non mettere in luce
i fatti, la popolazione e gli operai in carne e ossa e
la loro sofferenza; è stata tenuta distinta dalle concrete decisioni politiche che si adottavano, ma ne
è direttamente toccata, perché sono state consentite modalità di funzionamento degli impianti che
secondo le perizie sono causa di uno sconvolgente
inquinamento, di malattia e di morte.
Conoscenza e “open data”
Secondo noi, ogni informazione in più è una ricchezza, e anche le nostre istituzioni e il nostro
ordinamento ne sono convinti. La P.A. raccoglie
e produce un’infinità di dati che, a partire dalla
normativa europea, devono essere valorizzati e
resi fruibili dalle varie componenti della società
per soddisfare e stimolare esigenze economiche,
scientifiche, giornalistiche, artistiche. Dopo la direttiva 2003/98/CE, l’Agenda Digitale mette ora
l’accento sulla rete (la locuzione “Open Data” fa
riferimento a dati posti on line in formato aperto).
La disponibilità di dati nei settori amministrativi è
un valore enorme, apre strade di collaborazione e
moltiplica il valore del singolo dato, grazie all’integrazione tra informazioni di qualità e alla maggiore
comunicabilità a tutte le fasce della popolazione e
confrontabilità, sulla rete e in una prospettiva internazionale. Si favoriscono così l’innovazione e un
avanzamento complessivo delle condizioni sociali
e intellettuali delle nostre comunità.
Posizioni chiare
Un atteggiamento di retroguardia in quest’ambito
segnala inadeguatezza rispetto alla possibilità di
chi si occupa di politica, di amministrazione o d’informazione, di favorire i processi di cambiamento
e di puntare a un più alto livello di democrazia, di
progresso e di giustizia sociale. La popolazione
di Taranto sta soffrendo da anni. Ciò che parla di
quella sofferenza noi non lo nascondiamo. Quando
è stato richiesto silenzio, non c’è stato mai alcun
bene per la gente del Sud, e la sofferenza è più ingiusta perché Taranto viene indotta da più parti ad
accettarla. La strada da scegliere per noi è chiara.
Per lasciare tranquille le popolazioni… o le industrie?
Due fatti - tra i tanti paradossali, spiegabili solo
con la forza di alcuni interessi economici e la diseguaglianza che alimenta – vanno ricordati: 1)
nell’analoga situazione sanitaria emersa a Genova–Cornigliano, le cokerie sono state fermate (a
Taranto, a pochi metri dalle case, inquinano di più
dopo il trasferimento della produzione di Genova);
2) il 12 ottobre 2012 fu presentato lo studio Sentieri 2, che aggiorna al 2009 il precedente Studio
sulla mortalità, aumentata ancora nei 44 siti considerati. Ma nulla è accaduto, come se di quei morti
non ci si fosse accorti. Il primo Studio (1995-2002)
contava 3508 morti per inquinamento (e resta da
spiegare un incremento in realtà di 10.000 morti).
La gente abita vicino a centrali elettriche, industrie
chimiche, inceneritori: perché tutto resta nell’ombra? Più giornalisti dovrebbero rivolgere domande
al Ministro della Salute su Mantova, Grado, Fidenza, Massa Carrara, Falconara, Priolo, Bolzano…
298 comuni e 5 milioni e mezzo di abitanti!
Segui la vicenda su www.peacelik.it
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
57
BALCANI
VERSO EST
Foto e testo di Matthias Canapini
“La ricerca della verità è più preziosa del suo reale possesso”
(Gotthold E. Lessing)
Credo che un viaggio alla ricerca della libertà assoluta rimarrà sempre un’utopia. Non basta prendere
un treno, zaino in spalla ed andare per essere liberi. Credo che ormai una delle poche libertà concesse all’interno di questa società sia quella di essere
sé stessi. Prendere coscienza di ciò che realmente
ci circonda, poi pretendere il diritto di andare oltre
l’apparenza. Ciò che ho fatto in questo mese, l’ho
fatto per amore del viaggio sì, ma soprattutto per
mostrare ad altre persone cosa si può nascondere
dietro ai trafiletti televisivi letti distrattamente tra
un boccone e l’altro. Incontrare, capire e poi documentare un’umanità che si perde nello scorrere
della quotidianità, schiacciata spesso dall’indiffe58
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
renza e dalla disinformazione. Credo anche che
dovremmo cambiare modo di pensare, avere un
punto di vista proprio. Non è cosi semplice come si
pensa avere un’opinione in cui realmente ci si riconosce, quando in ogni momento veniamo bombardati da pubblicità, atteggiamenti e idee altrui. Sono
partito per questi motivi e anche per tanti altri. Ma
credo che il succo del discorso sia questo: la curiosità. Mettermi in cammino per toccare con mano
l’attualità e raccontare storie che su radio o tv non
si sentiranno mai. Per la stessa ragione, durante il
mio viaggio ho preferito dormire con gli zingari nei
parchi di Tirana o con i barboni tossicodipendenti
nei treni di Belgrado. Almeno ho potuto osservare
e capire cosa vuol dire svegliarsi al mattino e non
avere niente, se non una misera coperta per ripararsi dal freddo, essere discriminati e cercare vie
d’uscita nell’alcool, nelle droghe o in fanatici culti
Bambino rom a
Skhodra
FOTO PARLANTI
religiosi. Un viaggio per relazionarmi con chi soffre
e con chi crede ancora in qualcosa, per poi accorgermi, infine, di aver conosciuto anche una parte
nuova di me stesso.
In alto: donne in
nero al memorial di
Srebrenica.
In basso: Salonicco
fabbrica occupata,
Istambul manifestazione, Sophia
manifestazione.
Il mio viaggio è iniziato a Skhodra, in Albania. Qui
ho incontrato comunità rom che ogni giorno tentano di sopravvivere tra l’indifferenza e la discriminazione. Cumuli di lamiere e sacchi della spazzatura danno vita ad abitazioni. Le fognature a
cielo aperto emanano un odore pungente. Noti da
subito frotte di bambini giocare su un ponte instabile in legno e ferro battuto che divide il quartiere
rom dal resto della città. Ai lati, immensi grattacieli
circondano l’area. L’ombra del progresso. Ho continuato il viaggio a bordo di vecchi treni malmessi,
seguendo ferrovie arrugginite dal tempo. I vetri
rotti, fiancate con fori di proiettili. Si respira un’aria
di altri tempi. Signore dagli abiti tipici fabbricano
accessori di lana colorata, utili da rivendere al mercato di Tirana. Ho attraversato l’Albania alla vigilia
delle elezioni. Ogni città era un tripudio di colori e
slogan. Le campagne elettorali in pieno fermento,
disordini in numerose città del paese. Bandiere e
cortei di automobili rombanti riempivano le strade. Gruppi di sostenitori strappavano a forza i manifesti del partito rivale.
Mi sono spinto poi fino a sud e ho raggiunto Salonnico, città industriale a nord della Grecia, per
incontrare una decina di operai che da circa 1 anno
occupano la fabbrica Vio.Me, riconvertendo il modello di produzione sulle basi morali del movimento operaio: solidarietà e giustizia sociale.
Poi la Turchia. Dopo aver passato un mese seguendo le proteste dal computer di casa, parlare coi
protestanti ad Istanbul ed Ankara è stata come una
liberazione. Discutendo con gli studenti ho potuto
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
59
FOTO PARLANTI
capire la realtà della situazione e le cause che hanno spinto tantissimi cittadini turchi a scendere nelle strade per manifestare contro il governo di Erdogan, accusato di voler islamizzare molti assetti
della società. I forum in città vanno tuttora avanti.
Si organizzano campagne di sensibilizzazione, giochi per bambini e letture collettive. Secondo molti,
da settembre si riprenderà con gli scontri e le violenze. Qui non si combatte più per quattro alberi
-dice Osan- ormai si combatte contro il sistema,
per conquistarsi un futuro migliore. Lasciandomi
alle spalle la grande umanità incontrata, mi sono
diretto in Kosovo per documentare l’universo delle
adozioni. Un mondo burocratico ma solidale, dove
Aibi, una ONG italiana, offre sostegno emotivo a
bambini abbandonati dalle proprie famiglie.
Lasciandomi guidare dalla fantasia, mi sono poi
gettato poi lungo le vie di Sophia (Bulgaria) dove
erano, e sono in corso, proteste giornaliere per
chiedere le dimissioni dell’attuale governo. Bambini, anziani e studenti che riempiono le strade all’urlo di “ostavska” (dimissioni).
Dopo aver attraversato cinque paesi e cercato di
capire le loro dinamiche documentando gli avvenimenti attuali, mi sono ritrovato a Belgrado per
vivere, forse, l’ultima storia di questo viaggio. Sicuramente la più dolorosa che ho affrontato. Ho scelto di finire il mio viaggio a Belgrado alla vigilia del
18° anniversario del genocidio di Srebrenica. Mi
sono unito al movimento delle Donne in Nero, per
accompagnarle al memoriale di Potocari, il giorno
seguente. Una volta sul posto, mi sono perso tra gli
sguardi dei parenti delle vittime. 409 bare si stagliavano tra la folla. Anche un anno fa mi aveva colpito un foglio posto sul muro esterno del complesso. Il nome del caro ucciso, con a fianco il numero
della bara. Ed anche questa volta i famigliari si aggiravano tra queste verdi “scatole” semivuote, fino
a quando non trovavano quella giusta su cui piangere. L’esperienza è forte. 1995-2013. Diciotto
anni. Molte persone si stringevano forte. Mi sono
seduto in mezzo a loro. Il silenzio è l’unica cosa che
puoi ascoltare in un momento simile, rotto a tratti
dalla voce del muezzin che recita i versetti del corano. Ha cominciato a piovere sempre più forte. Le
donne coprivano le bare con un fazzoletto o una
sciarpa. Le lacrime si mescolavano alla pioggia. Un
signore mi ha guardato, mi ha abbracciato e mi ha
coperto col suo ombrello.
Al termine della cerimonia una signora mi ha notato e improvvisamente mi ha chiesto da dove venivo. “Grazie italiano di essere qui, racconta questa
storia, hai la mia protezione … buona fortuna”. Se
conoscete parole per descrivere tutto ciò, per favore fatemelo sapere. Io davvero non ne trovo.
In alto: Albania,
campo rom.
A sinistra: Srebrenica, preghiere
al cimitero, treni
d’Albania.
60
SETTEMBRE 2013 - BARRICATE
FUMETTO A STRISCE
CHE RIMANE DEI PEANUTS
Max Olla
Cosa rimane dei Peanuts? Ma verrebbe prima da
farsi un’altra domanda. Sono davvero andati via
dopo la fine della serie il 13 febbraio del 2000 e
dopo la morte di Schulz? Sfogliando i giornali in
giro per il mondo, molti quotidiani, il mensile Linus in Italia, li vediamo pubblicati puntualmente, ogni giorno, settimana, mese, come se niente
fosse accaduto. Nel gergo dei cultori delle comic
strip si usa l’espressione “strisce zombie”, chiamate così perché continuano a camminare sui fogli della stampa anche dopo la fine della serie. Un
altro celebre esempio è dato da Calvin & Hobbes,
diffusa solo fuori dagli States in seguito al malumore di Watterson contro i syndicate americani.
Abbiamo sentito un vuoto allo stomaco alla
scomparsa di Schulz.
Le sue disposizioni vietavano il passaggio della
serie nelle mani di altri disegnatori o sceneggiatori. E forse è stato un bene. I Peanutsiani sono
una stirpe raffinata, niente a che vedere con
quelle bocche buone dei lettori di Blondie che
pur di avere la pappa famigliare non hanno mai
fatto storie per i cambi di mano. Noi, i Linusiani,
avremmo avuto il fucile pronto. C’è un precedente famoso in tema: Pogo di Walt Kelly, conside-
li. Ti ricordi lo zio o l’innamorata che ce li aveva
fatti conoscere. Le magliette, le tazze, le spille.
Le ristampe in piccole edizioni economiche BUR
da leggere sotto l’ombrellone e in treno. Snoopy
che appariva ovunque a dire la sua. La copertina
di Linus entrata nei nostri modi di pensare e dire.
Passione mai finita, a giudicare dalla quantità di
pagine tributo e nostalgiche su Facebook. Erano
davvero la striscia universale, anche il più indifferente e ostile ai fumetti sapeva qualcosa di loro. Il
paradigma della striscia. Centinaia di autori hanno coltivato le loro matite su quel modello tanto
da non avere più ora consapevolezza di quante
influenze li abbiano impregnati.
Il vuoto non è mai arrivato. La bellezza di 21.010
tavole disegnate in 50 anni ha permesso un disinvolto riciclo continuo. Tanto non c’era essere
umano, per quanto appassionato, in grado di ricordarle tutte. E poi ancora: raccolte, riedizioni,
“il meglio di”, oppure integrali per annata, tematiche, serie oro, libri dedica… Un’orgia editoriale.
Schulz aveva conquistato almeno tre generazioni diverse in quei 50 anni, dalle camicette e maglioncini stile American graffiti, ai sessantottini,
fino agli edonisti arrivati dopo. Tutta gente con
rata svaporata e senza anima quando per breve
tempo passò di mano dopo la sua scomparsa.
Per chi li ha amati fin dall’infanzia, i Peanuts erano una presenza costante, accompagnava tutta
la vita, sui diari, nelle piccole raccolte tascabi-
soldi per comprare libri ora. E gli editori lo sanno.
Schulz aveva creato un congegno infinito. Ogni
giorno a quel suo tavolo da disegno, alla stessa
ora, stesse matite e pennini, stesse procedure.
Il carillon partiva, i personaggi avevano una perSETTEMBRE 2013 - BARRICATE
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sonalità talmente forte che comunque qualcosa
veniva fuori. Qualche volta ripetitivo: quante
volte abbiamo visto stiracchiare con abilità da
mestierante i voli di Woodstock sulla cuccia. I
trucchi della professione (leggi tormentoni) non
gli mancavano. Avrebbe potuto continuare per
altri vent’anni se la salute avesse retto. Avrebbe
potuto smettere vent’anni prima e niente sarebbe cambiato. Lo so, l’ho detta grossa. Venti forse
no, ma gli ultimi dieci potreste toglierli tranquillamente. I Peanuts sono stati grandissimi, ma già
a metà degli anni ‘80 erano comparse almeno un
paio di strisce, Bloom County e Calvin & Hobbes,
che avevano assorbito gli insegnamenti del modello di Schulz e lo superavano quanto a creatività, imprevedibilità, umorismo.
Del resto, le opinioni sulla creatività, la stessa filo-
lato melanconico di Schulz. Descrivendolo come
cupo, ansioso, preda di depressioni feroci e attacchi di panico. Scoperto? Non serviva un corso
di psicologia per capire che da qualche parte doveva pur venire quella caratterizzazione dei suoi
bambini, con le loro solitudini, tristezze, amarezze, velate sotto un umorismo poetico e delicato.
La striscia poi è sempre stata perfida, cattivissima, molto più di un qualsiasi Dylan Dog. Con una
malvagità psicologica fredda e persecutoria, ben
celata sotto poesia e filosofia. O davvero pensate
che per rappresentare la crudeltà servano visioni
splatter e parolacce, volgarità e teste mozzate?
Comunque la regola aurea è: non ci interessa
l’autore e nemmeno i suoi demoni, ma come li
racconta. E poi, vogliamo dirla tutta? Schulz non
era roba da “santo subito”, aveva i suoi bravi coc-
sofia sul continuare in eterno una strip, sono molto diverse tra i grandi autori. E le comic strip sono
bestie strane. Non sono come un libro, un film o
un disco, o come una storia a fumetti, se volete.
Non hanno un inizio e soprattutto non hanno una
fine, non chiudi la copertina e c’è un vissero felici
e contenti. Sono un mondo parallelo che l’autore
inventa e vanno avanti con un ritmo quotidiano,
settimanale. C’è chi ha detto basta dopo soli dieci
anni, come Watterson con il suo Calvin. Perfetto così, voglio mantenere il ricordo immacolato,
non voglio cadere schiavo della ripetitività. E non
c’è verso di tornare indietro, per quanto i fan si
lagnino. Così è stato anche per il pinguino Opus
di Berkeley Breathed, pur con alterne vicende e
qualche ritorno.
Che cosa è successo in questi anni? C’è chi ha tentato di frugare nell’immondezza e ha scoperto il
lato oscuro dei Peanuts. Affondando il coltello
nella vita privata e collegando alcuni eventi a tutta una serie ben precisa di tavole, si è scoperto il
ci, un matrimonio fallito, frustrazioni, vicende
di vita come tutti, amava il denaro. A differenza
di Watterson, si è ben guardato dall’opporsi alla
commercializzazione selvaggia dei Peanuts con
gadget e film. I Peanuts erano e sono ancora una
bella macchina sforna soldi.
L’United Features, il syndicate che li distribuisce,
quello che doveva essere più geloso e attaccato
alla pecunia, ha tirato fuori l’unica azione davvero
rivoluzionaria, senza timori economici, liberando
gli archivi in internet. Facciamoli vedere tutti e a
tutti gratis, se mai si troverà qualcuno che si metterà a leggerli davanti a un monitor in rete dalla
prima strip del 1950 all’ultima del 2000.
Cosa rimane dei Peanuts? Resta la verità dei personaggi, immortale nei nostri pensieri. La verità
dell’ansia di Charlie Brown, per esempio, uno
specchio della nostra. Restano gli insegnamenti
di Schulz per gli autori suoi eredi: “Per un fumettista è estremamente importante essere un osservatore”. Resta la verità ma anche la sospensione
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Le strisce tributo che
illustrano l’articolo
sono un omaggio
di Persichetti Bros,
Singloids (singloids.
com); Giuseppe Scapigliati, Vincenzina
(www.vincenzina.
net); Sauro Ciantini,
Palmiro (www.
palmiro.it); Pino
Creanza, Tom
& Ponsi (www.
pinocreanza.it); la
vignetta è di Davide
Caviglia (strolippo.
wordpress.com).
LINGUAGGI GRAFICI: BALLOON
magica dell’incredulità quando un cane dorme e
scrive a macchina sul tetto spiovente di una cuccia. I Peanuts erano tutto questo assieme.
I Peanuts che valore hanno oggi? Stanno su quello
stretto confine tra vecchio e classico. È forse ancora presto per dirlo. Sono messi molto bene per
la seconda opzione, quella della classicità, del valore senza tempo, come Mozart e Beatles, come i
paperi e topi di Disney. Dipende da quanto saranno apprezzati dalle nuove generazioni. Se quella
splendida miscela di umorismo, poesia, filosofia,
disegno minimale espressivo saprà dire qualcosa
anche a qualche prossimo lattante alfabetizzato,
se sapranno conquistarlo fino a non poterne far a
meno come è capitato a noi, allora sì, saranno un
classico. Combattono la stessa nostra battaglia
per la salvezza di un genere di fumetto bellissimo,
quello che ha dato origine a tutti gli altri, il più popolare e universale quanto a lettori.
Allo stesso tempo, serve liberarsi del loro retaggio, soprattutto dei rimpianti del passato, di quello stato di striscia zombie che fa tanto “ah, le strisce di una volta, quelle sì che erano belle”. Schulz
non ne ha più bisogno per assurgere all’empireo.
Diamo ai Peanuts il loro posto nell’olimpo delle
raccolte, assieme alle altre serie divine del secolo
scorso, Krazy Kat, Little Nemo, Pogo, B.C. e tanti
altri. A nessuno salta in mente di riproporli tutti i
giorni. Spazio allora su quotidiani e periodici alle
nuove strip creative. Ce ne sono, nel mondo e in
Italia, il genere è vitale come sempre. Elaboriamo
il lutto per la fine dei Peanuts e di Calvin & Hobbes, noi lettori, la critica fumettistica, gli autori,
gli editori.
Si ringraziano i disegnatori Ciantini, Creanza, Scapigliati, Persichetti Bros e Cavezzali, autori delle strisce e della vignetta che corredano questo articolo.
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www.vincenzina.net
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