Commento al vangelo di domenica 25 gennaio 2015

DOMENICA 25 GENNAIO III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)
padre Gian Franco Scarpitta
Convertirsi e restare saldi
"Il tempo è compiuto e il
Regno di Dio è vicino; convertitevi e
credete al vangelo." Questa espressione,
che secondo Marco costituisce la prima
predicazione di Gesù, è in effetti l'inizio
del "vero Vangelo" di Gesù Cristo. Con
questa espressione infatti cominci
l'annuncio evangelico vero e proprio, il
contenuto essenziale della Buona
Novella del Regno. Essa infatti afferma,
testualmente che con Gesù Cristo Figlio
di Dio è giunto il momento favorevole della salvezza (il tempo) e il Regno di Dio è a
portata di mano. Si è realizzata l'antica promessa e il suo attuarsi in Cristo perdura
nella storia fino alla fine dei tempi perché Cristo è Re universale non soltanto come
Dio e Signore del mondo ma già adesso nelle sue parole e nelle sue opere. In Cristo
Dio regna e arreca la salvezza. Non resta che convertirci, il che significa trasformare
radicalmente noi stessi: pensieri, convinzioni, atteggiamenti, mentalità e assumere il
nuovo punto di vista che è quello di Dio. La conversione è infatti un processo di
trasformazione che rinnova l'uomo interiormente, esaltandolo sotto ogni aspetto e
innalzandolo alla dignità divina e per ciò stesso strappandolo anche all'effimero e alla
peccaminosità. La conversione inizia da Dio, perché lui prende per primo l'iniziativa
di chiamarci alla comunione con sé interpellando il nostro cuore e la nostra coscienza;
essa però richiede un atteggiamento di riposta da parte nostra, un acconsentire e un
aderire all'opera divina che germina in noi. Quindi è un lasciarsi plasmare da Dio, un
radicale trasformare noi stessi e plasmarci secondo aspettative non più nostre (umane)
ma a tutti i costi divine. E' una radicale trasformazione in vista di Dio che incide
innanzitutto sulla persona e impone il radicale mutamento interiore affinché mentalità,
atteggiamenti, costumanze si orientino verso di Dio. La conversione avrà poi i suoi
effetti nelle sincere e motivate opere di carità che ne testimonieranno l'efficacia e
l'effettiva realizzazione. "Convertitevi e credete al vangelo" è la seconda parte del
monito di Gesù che pone la conversone anche come condizione essenziale della fede.
Secondo la struttura esegetica del testo e il suo senso letterale "credere nel vangelo"
vuol dire infatti "radicarsi" ed "essere saldi" in esso senza mai distogliersene. Ma
come sarà possibile realizzare una tale radicalità senza una previa conversione? Come
potremmo mai credere, cioè restare saldi, se non ci saremmo convertiti, scegliendo
solamente Dio alle alternative di questo secolo? La conversione è la radicale necessità
senza la quale non è immaginabile la fede in Dio, la condizione di perseveranza nel
bene e nella realizzazione piena della sua
volontà. Ma cosa può esseri di sprone affinché
noi ci convertiamo? Quale motivazione
fondamentale può mai incoraggiare in noi il
processo di trasformazione interiore? Paolo ci
fornisce una risposta decisiva: "L'amore di Dio
ci spinge alla conversione" (Rm 2, 4). La
certezza di essere amati straordinariamente da
Dio, il fatto che questo suo amore ci ha sedotti
in Cristo recuperandoci al peccato, la certezza
di essere oggetto di predilezione e di attenzione
divina ci sospinge al cambiamento e
all'accettazione del dono che Dio ci fa del suo
Cristo. Alla conversione radicale e sincera.
L'amore di Dio è eloquente soprattutto nel
sangue sparso da Gesù sulla croce, che ce ne dà
la certezza esclusiva e definitiva ragguagliandoci del fatto che Dio non vuole la morte
del peccatore né la sua condanna, ma che questi si converta e viva (Ez 33, 11). Nel
sentirci amati da Dio, ci sentiamo incoraggiati a corrispondere a lui, ad orientare
mente e cuore in sua direzione nella matura consapevolezza che quanto da lui ci
disorienta conduce solo al baratro della dispersione e dell'errore. La conversione non
è imposizione coatta, ma convinzione. Essa chiama in causa non la paura o la
soggezione, quanto piuttosto l'entusiasmo della gioia e della libertà. Cosicché, anche
se è vero che il motivo reale della conversione dei Niniviti è il timore della pena
divina (I Lettura), è altrettanto vero che a far sì che questa città si converta alla
predicazione di Giona è solamente l'affermata misericordia di Dio Padre che ha
mandato appunto un profeta a predicare appositamente che è necessario convertirsi.
E' stata sollecitudine divina il
mettere in guardia i Niniviti
dall'ira incombente, affinché essi
cambiassero vita radicalmente.
Dio
si
fida
dell'uomo e per questo prende
egli per primo l'iniziativa di
chiamarlo alla conversione e
questa fiducia estrema e
incondizionata la si riscontra
soprattutto in Cristo, il quale
chiama al suo seguito persone
forse non del tutto convinte né
tantomeno convertite, le quali vengono scelte anche per una missione di fiducia, come
nel caso del pubblicano Matteo, del traditore Giuda o dello stesso Paolo, sedotto
improvvisamente da Cristo mentre sulla via di Damasco si accanisce contro la
comunità cristiana.
La conversione è un processo continuo che riguarda l'intero corso della
vita cristiana, per cui sarebbe arrogante presunzione essere certi di aver raggiunto
definitivamente l'obiettivo del cambiamento di noi stessi: qualora dovessimo
presumere di esserci convertiti definitivamente senza aver più bisogno di alcun
progresso spirituale, dovremmo in realtà ripercorrere daccapo le nostre tappe perché
la nostra stessa presunzione ci condurrebbe al punto di partenza. Non è esagerato
invece affermare che tutta l'esistenza cristiana è un processo inesauribile di
conversione perché attimo dopo attimo siamo chiamati a fare i conti con la dicotomia
fra l'atteggiamento divino di disponibilità e la reazione umana di insensibilità.
La continua necessità da parte nostra di trasformare la nostra vita ci è
invece di monito e di incoraggiamento affinché il Regno di Dio sia davvero a noi
vicino.